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Documento 62005CJ0246

    Sentenza della Corte (Terza Sezione) del 14 giugno 2007.
    Armin Häupl contro Lidl Stiftung & Co. KG.
    Domanda di pronuncia pregiudiziale: Oberster Patent- und Markensenat - Austria.
    Diritto dei marchi - Art. 10, n. 1, della direttiva 89/104/CEE - Mancato uso effettivo di un marchio - Nozione di "data in cui si è chiusa la procedura di registrazione".
    Causa C-246/05.

    Raccolta della Giurisprudenza 2007 I-04673

    Identificatore ECLI: ECLI:EU:C:2007:340

    Causa C-246/05

    Armin Häupl

    contro

    Lidl Stiftung & Co. KG

    (domanda di pronuncia pregiudiziale proposta dall’Oberster Patent- und Markensenat)

    «Diritto dei marchi — Art. 10, n. 1, della direttiva 89/104/CEE — Mancato uso effettivo di un marchio — Nozione di “data in cui si è chiusa la procedura di registrazione”»

    Conclusioni dell’avvocato generale D. Ruiz-Jarabo Colomer, presentate il 26 ottobre 2006 

    Sentenza della Corte (Terza Sezione) 14 giugno 2007 

    Massime della sentenza

    1.     Ravvicinamento delle legislazioni — Marchi — Direttiva 89/104 — Mancato uso effettivo di un marchio — Termine quinquennale — Nozione di «data in cui si è chiusa la procedura di registrazione»

    (Direttiva del Consiglio 89/104, art. 10, n. 1)

    2.     Ravvicinamento delle legislazioni — Marchi — Direttiva 89/104 — Mancato uso effettivo di un marchio — Nozione di «motivi legittimi» per il mancato uso

    (Direttiva del Consiglio 89/104, art. 12, n. 1)

    1.     La «data in cui si è chiusa la procedura di registrazione», ai sensi dell’art. 10, n. 1, della direttiva 89/104 sui marchi, dev’essere determinata in ogni Stato membro sulla base delle norme procedurali ivi vigenti in materia di registrazione.

    Infatti, tale disposizione definisce l’inizio del periodo di utilizzo e, dunque, il dies a quo del termine quinquennale da essa previsto in relazione alla procedura di registrazione, materia questa non armonizzata dalla direttiva. Ne consegue che gli Stati membri sono liberi di disciplinare la procedura di registrazione e che, di conseguenza, spetta loro decidere, in particolare, quando questa sia da considerarsi conclusa.

    (v. punti 27-31, dispositivo 1)

    2.     L’art. 12, n. 1, della direttiva 89/104 sui marchi dev’essere interpretato nel senso che costituiscono «motivi legittimi per il mancato uso» di un marchio gli ostacoli aventi un legame diretto con il detto marchio tale da renderne l’uso impossibile o irragionevole e che sono indipendenti dalla volontà del titolare del marchio medesimo.

    (v. punto 55, dispositivo 2)







    SENTENZA DELLA CORTE (Terza Sezione)

    14 giugno 2007 (*)

    «Diritto dei marchi – Art. 10, n. 1, della direttiva 89/104/CEE – Mancato uso effettivo di un marchio – Nozione di “data in cui si è chiusa la procedura di registrazione”»

    Nel procedimento C‑246/05,

    avente ad oggetto la domanda di pronuncia pregiudiziale proposta alla Corte, ai sensi dell’art. 234 CE, dall’Oberster Patent‑ und Markensenat (Austria), con ordinanza 9 febbraio 2005, pervenuta in cancelleria il 10 giugno 2005, nella causa tra

    Armin Häupl

    e

    Lidl Stiftung & Co. KG,

    LA CORTE (Terza Sezione),

    composta dal sig. A. Rosas, presidente della Terza Sezione, dai sigg. A. Tizzano, A. Borg Barthet (relatore), U. Lõhmus e A.Ó Caoimh, giudici,

    avvocato generale: sig. D. Ruiz-Jarabo Colomer

    cancelliere: sig. B. Fülöp, amministratore

    vista la fase scritta del procedimento e in seguito alla trattazione orale del 21 settembre 2006,

    considerate le osservazioni presentate:

    –       per il sig. A. Häupl, Patentanwalt, da lui stesso, assistito dal sig. W. Ellmeyer, Patentanwalt;

    –       per la Lidl Stiftung & Co. KG, dal sig. H. Sonn, Patentanwalt;

    –       per il governo austriaco, dalla sig.ra C. Pesendorfer, in qualità di agente;

    –       per il governo francese, dai sigg. G. de Bergues e J.-Ch. Niollet nonché dalla sig.ra A.-L. During, in qualità di agenti;

    –       per la Commissione delle Comunità europee, dai sigg. G. Braun, N.B. Rasmussen e W. Wils, in qualità di agenti,

    sentite le conclusioni dell’avvocato generale, presentate all’udienza del 26 ottobre 2006,

    ha pronunciato la seguente

    Sentenza

    1       La presente domanda di pronuncia pregiudiziale verte sull’interpretazione degli artt. 10, n. 1, e 12, n. 1, della prima direttiva del Consiglio 21 dicembre 1988, 89/104/CEE, sul ravvicinamento delle legislazioni degli Stati membri in materia di marchi d’impresa (GU 1989, L 40, pag. 1; in prosieguo: la «direttiva»).

    2       Tale domanda è stata presentata nell’ambito di una controversia tra il sig. Häupl e la Lidl Stiftung & Co. KG (in prosieguo: la «Lidl») in ordine all’annullamento di un marchio di cui quest’ultima è titolare.

     Ambito normativo

     La normativa comunitaria

    3       L’art. 10, n. 1, della direttiva così dispone:

    «Se, entro cinque anni dalla data in cui si è chiusa la procedura di registrazione, il marchio di impresa non ha formato oggetto da parte del titolare di un uso effettivo nello Stato membro interessato per i prodotti o servizi per i quali è stato registrato, o se tale uso è stato sospeso per un periodo ininterrotto di cinque anni, il marchio di impresa è sottoposto alle sanzioni previste nella presente direttiva, salvo motivo legittimo per il mancato uso».

    4       A termini dell’art. 12, n. 1, della direttiva, «[i]l marchio di impresa è suscettibile di decadenza se entro un periodo ininterrotto di cinque anni esso non ha formato oggetto di uso effettivo nello Stato membro interessato per i prodotti o servizi per i quali è stato registrato e non sussistono motivi legittimi per il suo mancato uso (…)».

     La normativa internazionale

    5       L’art. 3, n. 4, dell’Accordo di Madrid 14 aprile 1891, per la registrazione internazionale dei marchi, riveduto da ultimo a Stoccolma il 14 luglio 1967 ed emendato il 28 settembre 1979 (in prosieguo: l’«Accordo di Madrid»), enuncia che «l’Ufficio internazionale [dell’Organizzazione mondiale della proprietà intellettuale (OMPI); in prosieguo: l’“Ufficio internazionale”] registrerà immediatamente i marchi depositati in conformità all’articolo 1. La registrazione porterà la data della domanda di registrazione internazionale presso il paese d’origine, a condizione che la domanda sia stata ricevuta dall’Ufficio internazionale entro due mesi da tale data (…)».

    6       L’Accordo sugli aspetti dei diritti di proprietà intellettuale attinenti al commercio, contenuto nell’allegato 1C dell’Accordo di Marrakech 15 aprile 1994, che istituisce l’Organizzazione mondiale del commercio, è stato approvato, a nome della Comunità europea, mediante la decisione 22 dicembre 1994, 94/800/CE, relativa alla conclusione a nome della Comunità europea, per le materie di sua competenza, degli accordi dei negoziati multilaterali dell’Uruguay Round (1986‑1994) (GU L 336, pag. 1; in prosieguo: l’«Accordo ADPIC»). All’art. 19, n. 1, esso menziona, nei seguenti termini, l’obbligo di uso del marchio registrato:

    «Qualora l’uso costituisca una condizione necessaria per il mantenimento di una registrazione, la registrazione può essere annullata soltanto dopo un periodo ininterrotto di non uso di almeno tre anni, a meno che il titolare del marchio non adduca motivi legittimi basati sull’esistenza di impedimenti all’uso del marchio. Circostanze indipendenti dalla volontà del titolare del [marchio] tali da costituire un impedimento alla sua utilizzazione, quali restrizioni all’importazione o altre condizioni stabilite dal governo per i prodotti o servizi protetti dal marchio, sono considerate legittimi motivi di non uso».

     La normativa nazionale

    7       Secondo l’art. 19 della legge austriaca 1970, sulla tutela dei marchi (Markenschutzgesetz 1970, BGBl. 260/1970; in prosieguo: il «MSchG»), il «diritto al marchio nasce il giorno dell’iscrizione nel registro dei marchi (registrazione). Il periodo di tutela cessa dopo 10 anni dalla fine del mese in cui è avvenuta la registrazione».

    8       L’art. 33a, n. 1, del MSchG è così formulato:

    «Chiunque è legittimato a chiedere la cancellazione di un marchio che sia stato registrato in Austria da almeno cinque anni o che goda di tutela a tenore dell’art. 2, n. 2, qualora il marchio di cui trattasi non sia stato oggetto di un uso effettivo in Austria a titolo di segno distintivo (art. 10a) né da parte del titolare né da parte di un terzo con il consenso di quest’ultimo, per i prodotti o i servizi riguardo ai quali è stato registrato, negli ultimi cinque anni precedenti la data di deposito della domanda di cancellazione, salvo che il titolare non sia in grado di giustificare il mancato uso».

    9       Conformemente al suo art. 2, l’applicazione del MSchG si estende, per analogia, ai diritti di marchio acquisiti, per il territorio della Repubblica d’Austria, sul fondamento di accordi internazionali.

     Causa principale e questioni pregiudiziali

    10     La Lidl è titolare del marchio figurativo e denominativo Le Chef DE CUISINE. Il marchio di base tedesco è tutelato sin dall’8 luglio 1993 e il marchio internazionale – registrato anche per l’Austria – dal 12 ottobre 1993. Quest’ultimo è stato pubblicato il 2 dicembre 1993 dall’Ufficio internazionale e notificato agli Stati contraenti designati.

    11     La Lidl gestisce una catena di supermercati aperta in Germania fin dal 1973. In Austria, un primo supermercato Lidl è stato aperto il 5 novembre 1998. La resistente nella causa principale commercializza pietanze pronte con il marchio. Le Chef DE CUISINE unicamente nei propri punti vendita. Prima dell’apertura dei suoi primi supermercati in Austria, la Lidl ha presentato il prodotto all’interno della sua impresa, ha preso accordi con i fornitori e ha cominciato a immagazzinare le merci già consegnate.

    12     In data 13 ottobre 1998 il sig. Häupl ha chiesto la cancellazione di detto marchio per mancato uso riguardo al territorio della Repubblica d’Austria, sulla base dell’art. 33a, n. 1, del MSchG. A suo avviso, il decorso del termine quinquennale previsto da tale disposizione sarebbe cominciato dall’inizio del periodo di tutela, ossia dal 12 ottobre 1993. La Lidl si è opposta a tale domanda di cancellazione. Essa ha fatto valere che il decorso del predetto termine sarebbe iniziato il 2 dicembre 1993, per cui esso sarebbe scaduto solo il 2 dicembre 1998. Orbene, a tale data essa metteva in vendita nel suo primo supermercato austriaco taluni prodotti recanti il marchio in questione. Essa ha inoltre sottolineato che fin dal 1994 aveva pianificato un’espansione in Austria, ma che l’apertura di nuovi supermercati in detto Stato membro sarebbe stata ritardata da «impedimenti burocratici», segnatamente dai ritardi nel rilascio delle licenze di esercizio.

    13     La Nichtigkeitsabteilung des Patentamtes (divisione di annullamento dell’ufficio brevetti austriaco) ha dichiarato il marchio invalido in Austria con effetto dal 12 novembre 1998. La Lidl ha impugnato tale decisione dinanzi all’Oberster Patent‑ und Markensenat (Supremo organo giurisdizionale amministrativo austriaco, competente in materia di marchi e brevetti).

    14     In siffatte circostanze, l’Oberster Patent‑ und Markensenat ha deciso di sospendere il giudizio e di sottoporre alla Corte le seguenti questioni pregiudiziali:

    «1)      Se l’art. 10, n. 1, [della direttiva, 89 /104 /CEE] debba essere interpretato nel senso che con l’espressione “data in cui si è chiusa la procedura di registrazione” si intende l’inizio del periodo di tutela.

    2)      Se l’art. 12, n. 1, [di tale direttiva] debba essere interpretato nel senso che sussistono motivi legittimi per il mancato uso del marchio qualora l’attuazione della strategia imprenditoriale perseguita dal titolare del marchio venga ritardata per motivi estranei all’impresa, o se il titolare del marchio sia tenuto a modificare la sua strategia imprenditoriale al fine di poter utilizzare il marchio entro il termine prescritto».

     Sulla competenza della Corte

    15     Prima di risolvere le questioni sollevate, occorre verificare se l’Oberster Patent‑ und Markensenat si configuri come organo giurisdizionale ai sensi dell’art. 234 CE e, pertanto, se la Corte sia competente a pronunciarsi sulle questioni che le sono state deferite.

    16     Da una giurisprudenza costante si evince che per valutare se l’organo del rinvio possegga le caratteristiche di un giudice ai sensi di detta disposizione, questione unicamente di diritto comunitario, la Corte tiene conto di un insieme di elementi, quali il fondamento legale dell’organo, il suo carattere permanente, l’obbligatorietà della sua giurisdizione, la natura contraddittoria del procedimento, il fatto che l’organo applichi norme giuridiche e che sia indipendente (v., in particolare, sentenze 17 settembre 1997, causa C‑54/96, Dorsch Consult, Racc. pag. I‑4961, punto 23, e 31 maggio 2005, causa C‑53/03, Syfait e a., Racc. pag. I‑4609, punto 29).

    17     A tale proposito, è opportuno considerare, come ha fatto l’avvocato generale ai paragrafi 25-29 delle sue conclusioni, le disposizioni di cui alla legge austriaca 1970 in materia di brevetti (Patentgesetz 1970, BGBl. 259/1970; in prosieguo: il «Patentgesetz»).

    18     Dagli artt. 74 e 75 di detta legge, che disciplinano la competenza e la composizione dell’Oberster Patent‑ und Markensenat, emerge anzitutto che l’organo prima citato soddisfa i criteri relativi al fondamento legale e all’indipendenza. Inoltre, l’art. 74, n. 9, della medesima legge dispone esplicitamente che i suoi membri esercitino le loro funzioni in piena indipendenza, senza essere vincolati ad alcuna istruzione. L’art. 74, nn. 6 e 7, prevede che il loro mandato quinquennale sia rinnovabile e possa cessare anticipatamente soltanto per cause eccezionali e ben definite, quali la perdita della cittadinanza austriaca oppure una limitazione della capacità giuridica.

    19     Il carattere permanente dell’Oberster Patent‑ und Markensenat può essere dedotto dagli artt. 70, nn. 2 e 3, nonché 74, n. 1, del Patentgesetz, che prevedono la competenza del medesimo a conoscere dei ricorsi avverso le decisioni della Nichtigkeitsabteilung des Patentamtes nonché della Beschwerdeabteilung des Patentamtes (commissione di ricorso dell’ufficio brevetti austriaco) senza alcun limite di tempo. Il carattere obbligatorio della giurisdizione di suddetto organo emerge da queste stesse disposizioni, giacché la sua competenza a decidere i ricorsi summenzionati è prevista dalla legge e non ha carattere facoltativo.

    20     Per quanto concerne la procedura dinanzi all’Oberster Patent‑ und Markensenat, l’art. 140, n. 1, del Patentgesetz rinvia agli artt. 113-127 e 129-136 della citata legge, i quali stabiliscono precisamente le regole procedurali, dalle quali si ricava che l’organo in esame applica norme giuridiche e che il procedimento dinanzi ad esso si svolge in contraddittorio.

    21     Da quanto precede risulta che l’Oberster Patent‑ und Markensenat è un organo giurisdizionale ai sensi dell’art. 234 CE e che, pertanto, la Corte è competente a risolvere le questioni sottopostele da quest’ultimo.

     Sulle questioni pregiudiziali

     Sulla prima questione

    22     Mediante la prima questione pregiudiziale il giudice del rinvio chiede se l’art. 10, n. 1, della direttiva debba essere interpretato nel senso che con l’espressione «data in cui si è chiusa la procedura di registrazione» si intende l’inizio del periodo di tutela. Egli desidera sapere dunque se il termine quinquennale, impartito al titolare di un marchio per iniziare a farne un uso effettivo, decorra dal momento in cui inizia il periodo di tutela del marchio interessato.

    23     Il ricorrente nella causa principale nonché il governo austriaco ritengono che la data di registrazione, vale a dire il momento a partire dal quale ha inizio il periodo di tutela secondo il diritto austriaco, coincida con la «data in cui si è chiusa la procedura di registrazione» ai sensi dell’art. 10, n. 1, della direttiva.

    24     Al contrario, per la resistente nella causa principale, per il governo francese nonché per la Commissione delle Comunità europee, con l’espressione «data in cui si è chiusa la procedura di registrazione» si fa riferimento non all’inizio della durata della tutela, bensì alla data in cui si è concluso il procedimento d’esame presso l’ufficio di ciò incaricato. Nell’ipotesi di una procedura di registrazione internazionale ai sensi dell’Accordo di Madrid, questa non potrebbe concludersi prima che sia scaduto il termine di cui dispongono le autorità nazionali per formulare un diniego provvisorio di tutela o prima che dette autorità abbiano definitivamente confermato la tutela.

    25     Al fine di risolvere la questione proposta, occorre anzitutto sottolineare che la registrazione internazionale di un marchio, quale quella di cui trattasi nella causa principale, coinvolge più ordinamenti giuridici. Trovano infatti applicazione, da un lato, le disposizioni dell’Accordo di Madrid, che disciplinano essenzialmente quella parte della registrazione che ha luogo presso l’Ufficio internazionale, e, dall’altro, le disposizioni legislative nazionali, che devono essere conformi al diritto comunitario, in particolar modo alla direttiva. A tale proposito, l’art. 1 di quest’ultima prevede che essa «si applica ai marchi (…) che sono oggetto di una registrazione internazionale che produce effetti in uno Stato membro».

    26     Occorre inoltre precisare, come indicato nel terzo ‘considerando’ della direttiva, che questa non mira al ravvicinamento completo delle legislazioni degli Stati membri in tema di marchi. Il suo quinto ‘considerando’ sottolinea, a tale riguardo, che «gli Stati membri mantengono (…) la piena libertà di fissare le disposizioni procedurali relative alla registrazione, alla decadenza o alla nullità dei marchi di impresa acquisiti in seguito a registrazione; (…) spetta loro, ad esempio, stabilire la forma delle procedure di registrazione e di nullità, decidere se debbano essere fatti valere diritti anteriori nella procedura di registrazione o nella procedura di nullità ovvero in entrambe, o ancora, qualora possano essere fatti valere diritti anteriori nella procedura di registrazione, prevedere una procedura di opposizione o un esame d’ufficio, ovvero entrambi (…)». Dai summenzionati ‘considerando’ della direttiva emerge dunque che essa non armonizza l’aspetto procedurale della registrazione dei marchi.

    27     Per l’interpretazione dell’art. 10, n. 1, della direttiva, occorre tener conto di queste considerazioni. A tale proposito, è opportuno notare che la citata disposizione non determina in modo univoco l’inizio del periodo di utilizzo e, dunque, il dies a quo del termine quinquennale da essa previsto. In effetti, in base alla sua formulazione, tale dies a quo viene definito in relazione alla procedura di registrazione e quindi ad una materia non armonizzata dalla direttiva. Come evidenziato dalla Commissione, siffatta formulazione consente di adattare il termine prima indicato alle caratteristiche peculiari delle procedure nazionali.

    28     Ne consegue che gli Stati membri sono liberi di disciplinare la procedura di registrazione e che, di conseguenza, spetta loro decidere, in particolare, quando questa sia da considerarsi conclusa.

    29     Nel caso di una registrazione internazionale, quale quella in esame nella causa principale, compete quindi agli Stati membri per i quali è stata depositata la domanda di registrazione determinare, secondo le proprie norme procedurali, il momento in cui si chiude la registrazione.

    30     Conseguentemente, non può essere accolta la tesi, sostenuta dal ricorrente nel procedimento principale, secondo la quale la data di registrazione coincide con la «data in cui si è chiusa la procedura di registrazione» ai sensi dell’art. 10, n. 1, della direttiva. Siffatta tesi equivale, infatti, ad interpretare quest’ultima disposizione unicamente alla luce delle norme procedurali austriache, allorché la determinazione della data cui si fa riferimento nella disposizione in parola può variare da una legislazione nazionale all’altra, per le ragioni esposte ai punti precedenti.

    31     Sulla scorta delle precedenti considerazioni, occorre risolvere la prima questione pregiudiziale dichiarando che la «data in cui si è chiusa la procedura di registrazione», ai sensi dell’art. 10, n. 1, della direttiva, dev’essere determinata in ogni Stato membro sulla base delle norme procedurali ivi vigenti in materia di registrazione.

     Sulla seconda questione

    32     Con la sua seconda questione il giudice del rinvio chiede se l’art. 12, n. 1, della direttiva debba essere interpretato nel senso che sussistono motivi legittimi per il mancato uso del marchio qualora l’attuazione della strategia imprenditoriale, perseguita dal titolare del marchio, venga ritardata per cause estranee all’impresa o se, in un caso del genere, il titolare del marchio sia tenuto a modificare la detta strategia al fine di poter utilizzare il marchio entro il termine prescritto.

    33     Dall’ordinanza di rinvio si ricava, a tale riguardo, che il differimento della commercializzazione sul mercato austriaco dei prodotti recanti il marchio controverso nella causa principale sia dipeso, da un lato, dalla strategia della Lidl, consistente nel commercializzare tali prodotti esclusivamente presso i propri punti vendita e, dall’altro, dal fatto che l’apertura dei suoi primi supermercati austriaci sarebbe stata ritardata da «impedimenti burocratici».

    34     Il governo austriaco esprime dubbi circa la ricevibilità di tale questione, considerando che questa sia formulata in termini estremamente astratti e che la descrizione dei fatti non sia abbastanza concreta.

    35     Se è vero che l’ordinanza di rinvio contiene soltanto un breve sunto delle circostanze di fatto sottese alla seconda questione, allorché le parti della causa principale evocano invece una moltitudine di elementi di fatto, ciò nondimeno tale circostanza, nel caso di specie, non è tale da comportare l’irricevibilità della questione. L’esposizione delle circostanze di fatto da parte del giudice del rinvio, pur essendo succinta, consente ciò nondimeno alla Corte di comprendere sufficientemente il contesto in cui si colloca detta questione, per poter fornire una risposta utile che consenta al detto giudice di definire la controversia principale tenendo conto di tutti gli elementi di fatto, che spetta a lui solo valutare. Pertanto, occorre considerare ricevibile la seconda questione.

    36     Per quanto attiene al merito, le osservazioni sottoposte alla Corte in ordine all’interpretazione dell’art. 12, n. 1, della direttiva convergono nell’attribuire all’espressione «motivi legittimi» il senso di circostanze estranee o indipendenti dalla volontà dell’impresa interessata.

    37     Il ricorrente nella causa principale precisa tuttavia che una strategia imprenditoriale non può mai costituire, in quanto tale, una scusante e che occorre in ogni caso valutare il comportamento concreto del titolare del marchio in reazione alle difficoltà estranee all’impresa.

    38     Per quanto riguarda la resistente nella causa principale, essa ritiene che le cause estranee all’impresa che ritardano l’attuazione di una strategia imprenditoriale accorta sul piano economico costituiscano motivi legittimi per il mancato uso del marchio.

    39     Secondo la Commissione, non sussiste un motivo legittimo per il mancato uso di un marchio qualora l’attuazione della strategia imprenditoriale perseguita dal titolare del marchio, al quale, di norma, essa compete, sia stata ritardata per cause estranee allo stesso, ma costui non abbia adattato tale strategia imprenditoriale in tempo debito.

    40     Secondo il governo austriaco, sussistono motivi legittimi per il mancato uso di un marchio qualora esso sia riconducibile ad un ritardo nell’attuazione di una strategia imprenditoriale, seriamente perseguita, imputabile a cause estranee all’impresa, in particolare a motivi legali o a ragioni economiche imperative.

    41     Infine, il governo francese rileva che per «motivi legittimi» occorre intendere circostanze indipendenti dalla volontà dell’impresa, quali le prescrizioni dei pubblici poteri ovvero casi di forza maggiore.

    42     È opportuno stabilire, in via preliminare, se la nozione di «motivi legittimi», di cui all’art. 12, n. 1, della direttiva, richieda un’interpretazione uniforme.

    43     Tanto l’applicazione uniforme del diritto comunitario quanto il principio della parità di trattamento esigono che i termini di una disposizione di diritto comunitario che non contengono alcun espresso richiamo al diritto degli Stati membri per quanto riguarda la determinazione del senso e della portata della medesima devono ricevere, nell’intera Comunità europea, un’interpretazione autonoma ed uniforme (v., in tal senso, sentenze 19 settembre 2000, causa C‑287/98, Linster, Racc. pag. I‑6917, punto 43, e 11 marzo 2003, causa C‑40/01, Ansul, Racc. pag. I-2439, punto 26).

    44     Nella citata sentenza Ansul (punto 31), la Corte ha dichiarato che la nozione di «uso effettivo», di cui agli artt. 10 e 12 della direttiva, dev’essere interpretata in maniera uniforme. Dal settimo, ottavo e nono ‘considerando’ della direttiva, nonché dagli artt. 10-15 di quest’ultima, risulta infatti che il legislatore comunitario ha inteso subordinare il mantenimento dei diritti sul marchio alla medesima condizione, quella dell’uso effettivo, in tutti gli Stati membri, di modo che il livello di tutela assicurato al marchio non muti in funzione della legge considerata (sentenza citata, punti 27-29). Orbene, poiché l’obiettivo cui mirano i motivi legittimi è quello di poter giustificare situazioni in cui sia mancato l’uso effettivo del marchio al fine di evitare la decadenza di quest’ultimo, la loro funzione è dunque strettamente connessa a quella dell’uso effettivo, di modo che la nozione di «motivi legittimi» risponde allo stesso principio di interpretazione uniforme della nozione di «uso effettivo» del marchio.

    45     Spetta pertanto alla Corte dare un’interpretazione uniforme alla nozione di «motivi legittimi per il mancato uso» di cui all’art. 12, n. 1, della direttiva.

    46     Tale norma disciplina il caso in cui un marchio sia stato registrato, ma il suo titolare non ne abbia fatto uso. Il marchio è suscettibile di decadenza qualora tale situazione si protragga ininterrottamente per cinque anni, a meno che il suo titolare non possa addurre legittimi motivi.

    47     Orbene, è giocoforza constatare che questa disposizione non contiene alcuna indicazione circa la natura e le caratteristiche dei «motivi legittimi» da essa menzionati.

    48     Tuttavia, l’art. 19, n. 1, dell’Accordo APDIC, di cui è parte la Comunità europea, disciplina parimenti l’obbligo di uso del marchio nonché le ragioni che possono giustificare il mancato uso dello stesso. La definizione di tale nozione, in esso contenuta, può quindi costituire un elemento interpretativo dell’analoga nozione di motivi legittimi, impiegata nell’ambito della direttiva

    49     Così, a norma dell’art. 19, n. 1, dell’Accordo ADPIC, vengono considerate motivi legittimi per il mancato uso talune circostanze indipendenti dalla volontà del titolare di un marchio, tali da costituire un impedimento alla sua utilizzazione.

    50     È quindi opportuno stabilire quali tipi di circostanze costituiscano un impedimento all’uso del marchio, ai sensi della disposizione in parola. Non di rado, infatti, circostanze indipendenti dalla volontà del titolare del marchio finiscono per ostacolare, in una o più occasioni, quanto predisposto in vista dell’uso di tale marchio, trattandosi tuttavia, in buona parte dei casi, di difficoltà sormontabili. 

    51     A tale riguardo occorre rilevare che l’ottavo ‘considerando’ della direttiva afferma che, «per ridurre il numero totale dei marchi registrati (…) nella Comunità (…), occorre prescrivere che i marchi registrati vengano effettivamente usati a pena di decadenza». Da tale ‘considerando’ si desume che conferire una portata troppo ampia alla nozione di legittimi motivi per il mancato uso del marchio sarebbe contrario alla ratio insita nell’art. 12, n. 1, della direttiva. La realizzazione dell’obiettivo enunciato in tale ‘considerando’ risulterebbe infatti compromessa qualora ogni ostacolo, benché minimo, ma pur sempre indipendente dalla volontà del titolare di un marchio, fosse sufficiente a giustificarne il mancato uso.

    52     In particolare, come sottolineato a giusto titolo dall’avvocato generale al paragrafo 79 delle sue conclusioni, non è sufficiente che «impedimenti burocratici» come quelli invocati nella causa principale non dipendano dal libero arbitrio del titolare del marchio, dovendo essi risultare inoltre così direttamente legati al marchio che l’impiego di quest’ultimo dipenda dall’esito positivo delle pratiche amministrative di cui trattasi.

    53     Occorre precisare, tuttavia, che l’ostacolo in questione non deve necessariamente rendere l’uso del marchio impossibile affinché lo si possa considerare in rapporto sufficientemente diretto con il marchio, potendosi trattare altresì di un ostacolo che ne renda irragionevole l’uso. In effetti, qualora l’ostacolo sia tale da compromettere seriamente un uso appropriato del marchio, non si può ragionevolmente chiedere al suo titolare di utilizzarlo nonostante tutto. Così, a mò di esempio, non si potrebbe ragionevolmente chiedere al titolare di un marchio di commercializzare i propri prodotti presso i punti vendita dei suoi concorrenti. In simili casi, non appare ragionevole esigere che il titolare del marchio modifichi la sua strategia imprenditoriale per rendere l’uso del detto marchio comunque possibile.

    54     Ne consegue che solo ostacoli aventi un legame sufficientemente diretto con il marchio da rendere l’uso impossibile o irragionevole e che siano indipendenti dalla volontà del titolare del detto marchio possono essere qualificati come «motivi legittimi per il suo mancato uso». Occorre accertare, caso per caso, se un mutamento della strategia imprenditoriale, volto al superamento dell’ostacolo in questione, renda irragionevole l’uso di detto marchio. Spetta al giudice del rinvio, che è investito della causa principale ed è l’unico a conoscere i fatti rilevanti, effettuare questa valutazione nell’ambito di tale controversia.

    55     Alla luce delle considerazioni che precedono, occorre risolvere la seconda questione pregiudiziale dichiarando che l’art. 12, n. 1, della direttiva dev’essere interpretato nel senso che costituiscono «motivi legittimi per il mancato uso» di un marchio gli ostacoli aventi un legame diretto con il detto marchio tale da renderne l’uso impossibile o irragionevole e che sono indipendenti dalla volontà del titolare del marchio medesimo. Spetta al giudice del rinvio valutare gli elementi di fatto della causa principale alla luce di queste indicazioni.

     Sulle spese

    56     Nei confronti delle parti nella causa principale il presente procedimento costituisce un incidente sollevato dinanzi al giudice nazionale, cui spetta quindi statuire sulle spese. Le spese sostenute da altri soggetti per presentare osservazioni alla Corte non possono dar luogo a rifusione.

    Per questi motivi, la Corte (Terza Sezione) dichiara:

    1)      La «data in cui si è chiusa la procedura di registrazione», ai sensi dell’art. 10, n. 1, della prima direttiva del Consiglio 21 dicembre 1988, 89/104/CEE, sul ravvicinamento delle legislazioni degli Stati membri in materia di marchi d’impresa, dev’essere determinata in ogni Stato membro sulla base delle norme procedurali ivi vigenti in materia di registrazione.

    2)      L’art. 12, n. 1, della direttiva 89/104 dev’essere interpretato nel senso che costituiscono «motivi legittimi per il mancato uso» di un marchio gli ostacoli aventi un legame diretto con il detto marchio tale da renderne l’uso impossibile o irragionevole e che sono indipendenti dalla volontà del titolare del marchio medesimo. Spetta al giudice del rinvio valutare gli elementi di fatto della causa principale alla luce di queste indicazioni.

    Firme


    * Lingua processuale: il tedesco.

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