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Documento 62005CJ0392

    Sentenza della Corte (Quarta Sezione) del 26 aprile 2007.
    Georgios Alevizos contro Ypourgos Oikonomikon.
    Domanda di pronuncia pregiudiziale: Symvoulio tis Epikrateias - Grecia.
    Libera circolazione dei lavoratori - Direttiva 83/183/CEE - Art. 6 - Importazione definitiva in uno Stato membro di un veicolo ad uso privato proveniente da un altro Stato membro - Membro delle forze armate di uno Stato membro temporaneamente assegnato ad un altro Stato membro per ragioni di servizio - Nozione di "residenza normale".
    Causa C-392/05.

    Raccolta della Giurisprudenza 2007 I-03505

    Identificatore ECLI: ECLI:EU:C:2007:251

    Parti
    Motivazione della sentenza
    Dispositivo

    Parti

    Nel procedimento C‑392/05,

    avente ad oggetto la domanda di pronuncia pregiudiziale proposta alla Corte, ai sensi dell’art. 234 CE, dal Symvoulio tis Epikrateias (Grecia) con decisione 30 giugno 2005, pervenuta in cancelleria il 31 ottobre 2005, nella causa tra

    Georgios Alevizos

    e

    Ypourgos Oikonomikon,

    LA CORTE (Quarta Sezione),

    composta dal sig. K. Lenaerts (relatore), presidente di sezione, dal sig. E. Juhász, dalla sig.ra R. Silva de Lapuerta, dai sigg. J. Malenovský e T. von Danwitz, giudici,

    avvocato generale: sig.ra J. Kokott

    cancelliere: sig.ra L. Hewlett, amministratore principale

    vista la fase scritta del procedimento e in seguito alla trattazione orale del 14 dicembre 2006,

    considerate le osservazioni presentate:

    – per il sig. Alevizos, dall’avv. P. Damouli, dikigoros;

    – per il governo ellenico, dai sigg. M. Apessos, I. Bakopoulos e K. Boskovits, in qualità di agenti;

    – per la Commissione delle Comunità europee, dal sig. D. Triantafyllou, in qualità di agente,

    sentite le conclusioni dell’avvocato generale, presentate all’udienza del 25 gennaio 2007,

    ha pronunciato la seguente

    Sentenza

    Motivazione della sentenza

    1. La domanda di pronuncia pregiudiziale verte sull’interpretazione dell’art. 6 della direttiva del Consiglio 28 marzo 1983, 83/183/CEE, relativa alle franchigie fiscali applicabili alle importazioni definitive di beni personali di privati provenienti da uno Stato membro (GU L 105, pag. 64), quale modificata dalla direttiva del Consiglio 23 novembre 1989, 89/604/CEE (GU L 348, pag. 28; in prosieguo: la «direttiva 83/183»).

    2. Tale domanda è stata presentata nell’ambito di una controversia tra il sig. Alevizos e l’Ypourgos Oikonomikon (Ministro delle Finanze ellenico) relativamente ad accise e ad una tassa speciale aggiuntiva unica d’immatricolazione (in prosieguo: la «tassa speciale d’immatricolazione») che egli aveva dovuto versare al momento dell’importazione definitiva in Grecia di un veicolo ad uso privato proveniente dall’Italia.

    Contesto normativo

    La normativa comunitaria

    La direttiva 83/183

    3. Il primo e il secondo ‘considerando’ della direttiva 83/183 così recitano:

    «considerando che, affinché la popolazione degli Stati membri prenda maggiormente coscienza dell’esistenza della Comunità europea, occorre proseguire a favore dei privati l’azione intrapresa allo scopo di creare, nella Comunità, condizioni analoghe a quelle di un mercato interno;

    considerando in particolare che gli ostacoli fiscali che si oppongono all’importazione in uno Stato membro, da parte dei privati, di beni personali che si trovano in un altro Stato membro sono tali da intralciare la libera circolazione delle persone nella Comunità; che occorre perciò eliminarli nei limiti del possibile, introducendo franchigie fiscali».

    4. Ai sensi dell’art. 1, n. 1, della direttiva 83/183, gli Stati membri concedono, alle condizioni e nei casi indicati da tale direttiva, «una franchigia dalle imposte sulla cifra d’affari, dalle accise e dalle altre imposte sui consumi normalmente esigibili all’atto dell’importazione definitiva, da parte di privati, di beni personali provenienti da un altro Stato membro».

    5. Il n. 2 del medesimo art. 1 dispone quanto segue:

    «Non sono presi in considerazione dalla presente direttiva i diritti e le imposte specifici e/o periodici concernenti l’utilizzazione di questi beni all’interno del paese, quali ad esempio diritti riscossi all’atto dell’immatricolazione di autovetture, tasse di circolazione stradale, canoni televisivi».

    6. L’art. 2 della direttiva 83/183 così prevede:

    «1. Sono considerati “beni personali”, a norma della presente direttiva, i beni destinati all’uso personale degli interessati o alle necessità della loro famiglia. Questi beni, per loro natura o quantità, non debbono riflettere nessuna preoccupazione d’ordine commerciale, né debbono essere destinati ad un’attività economica ai sensi dell’articolo 4 della direttiva 77/388/CEE. (…)

    2. La franchigia prevista all’articolo 1 è concessa per i beni personali che:

    (...)

    b) sono stati effettivamente destinati all’uso dell’interessato prima del trasferimento della residenza o dello stabilimento di una residenza secondaria. Gli Stati membri possono esigere che i veicoli stradali a motore (compresi i loro rimorchi), le roulottes da campeggio, le abitazioni trasportabili, le imbarcazioni da diporto e gli aerei da turismo siano destinati all’uso dell’interessato da almeno sei mesi prima del trasferimento di residenza.

    (…)».

    7. L’art. 6, n. 1, della direttiva 83/183, relativo a «[n]orme generali per la determinazione della residenza», definisce come segue la nozione di «residenza normale» ai sensi della stessa direttiva:

    «Ai fini dell’applicazione della presente direttiva, si intende per “residenza normale” il luogo in cui una persona dimora abitualmente, ossia durante almeno 185 giorni all’anno, a motivo di legami personali e professionali oppure, nel caso di una persona senza legami professionali, a motivo di legami personali che rivelano l’esistenza di una stretta correlazione tra la persona in questione e il luogo in cui abita.

    Tuttavia, nel caso di una persona i cui legami professionali siano risultati in un luogo diverso da quello dei suoi legami personali e che pertanto sia indotta a soggiornare alternativamente in luoghi diversi situati in due o più Stati membri, si presume che la residenza normale sia quella del luogo dei legami personali, purché tale persona vi ritorni regolarmente. Questa condizione non è richiesta allorché la persona effettua un soggiorno in uno Stato membro per l’esecuzione di una missione di durata determinata. La frequenza di un’università o di una scuola non implica il trasferimento della residenza normale».

    8. Ai sensi dell’art. 7, n. 1, lett. a), della direttiva 83/183, la franchigia prevista dall’art. 1 della stessa direttiva è concessa per l’importazione di beni personali effettuata da un privato in occasione del trasferimento della residenza abituale.

    La direttiva 92/12/CEE

    9. Il terzo, il quarto e il ventesimo ‘considerando’ della direttiva del Consiglio 25 febbraio 1992, 92/12/CEE, relativa al regime generale, alla detenzione, alla circolazione ed ai controlli dei prodotti soggetti ad accisa (GU L 76, pag. 1), enunciano quanto segue:

    «considerando che deve essere definita la nozione di prodotti soggetti ad accisa; che solo le merci considerate tali in tutti gli Stati membri possono essere oggetto di norme comunitarie; (…)

    considerando che, per assicurare l’instaurazione e il funzionamento del mercato interno, occorre che l’esigibilità delle accise sia identica in tutti gli Stati membri;

    (…)

    considerando che, a motivo della soppressione del principio della tassazione all’importazione nelle relazioni tra gli Stati membri, le disposizioni relative alle esenzioni e alle franchigie all’importazione divengono prive di oggetto nell’ambito delle relazioni tra gli Stati membri e che occorre quindi sopprimere tali disposizioni e modificare di conseguenza le direttive interessate».

    10. Ai sensi del suo art. 1, n. 1, la direttiva 92/12 ha come oggetto quello di «stabili[re] il regime dei prodotti sottoposti alle accise e ad altre imposte indirette gravanti, direttamente o indirettamente, sul consumo di questi prodotti, ad esclusione dell’imposta sul valore aggiunto e delle imposte stabilite dalla Comunità».

    11. L’art. 3, n. 1, della direttiva 92/12 dispone quanto segue:

    «La presente direttiva è applicabile, a livello comunitario, ai prodotti seguenti, come definiti nelle direttive ad essi relative:

    – gli oli minerali,

    – l’alcole e le bevande alcoliche,

    – i tabacchi lavorati».

    12. Ai sensi dell’art. 23, n. 3, della direttiva 92/12:

    «Le disposizioni relative ai diritti d’accisa previste dalle direttive seguenti cessano di essere in vigore il 31 dicembre 1992:

    (…)

    – direttiva 83/183/CEE (…),

    (…)».

    La normativa nazionale

    13. La direttiva 83/183 è stata recepita nell’ordinamento ellenico dal decreto D.264/23 del Ministro delle Finanze 8 marzo 1985 (FEK B’ 139/18.3.1985). Tale decreto è stato sostituito dal decreto D.245/11 del Ministro delle Finanze 1º marzo 1988 (FEK B’ 195/6.4.1988; in prosieguo: il «decreto D.245/11»).

    14. Ai sensi del suo art. 1, n. 1, il decreto D.245/11 «stabilisce i casi in cui è concessa l’esenzione dai dazi e dalle altre imposte per i beni personali importati da privati».

    15. L’art. 2, n. 1, lett. c), del decreto D.245/11, nella versione risultante dall’art. 15 della legge 2187/1994 (FEK A’ 16), che è stato adottato in seguito alla sentenza della Corte 2 agosto 1993, causa C‑9/92, Commissione/Grecia (Racc. pag. I‑4467), riprende la definizione della nozione di residenza normale contenuta all’art. 6, n. 1, della direttiva 83/183.

    16. L’art. 3, n. 1, del decreto D.245/11 enuncia il principio dell’esenzione dai dazi doganali e dalle altre imposte per i beni personali importati da persone fisiche che trasferiscono la loro residenza normale da un altro Stato verso la Grecia.

    17. Al capo 8 del decreto D.245/11 si trovava un art. 25, che disponeva quanto segue:

    «1. Le esenzioni di cui all’art. 3 del presente decreto sono concesse ai beni personali importati da cittadini greci aventi la residenza normale in Grecia, che siano partiti dalla Grecia per lavorare all’estero, ove siano stati impiegati, con rapporto di lavoro subordinato o meno, per più di due (2) anni consecutivi, e che al termine del rapporto di lavoro siano rientrati in Grecia per stabilirvisi definitivamente.

    2. Rientrano tra i beneficiari dell’esenzione di cui al paragrafo precedente anche i cittadini greci che siano impiegati pubblici (ivi compresi gli appartenenti al corpo diplomatico), i dipendenti appartenenti all’ordine giudiziario, gli ufficiali, i sottoufficiali e i soldati delle forze armate, delle forze dell’ordine e della polizia portuale, assegnati all’estero per più di due (2) anni consecutivi esclusivamente in esecuzione delle loro mansioni e che allo scadere del loro incarico rientrino in Grecia a titolo di trasferimento o definitivamente».

    18. L’art. 6, n. 13, della legge n. 2459/1997, recante abolizione delle esenzioni fiscali e altre disposizioni (FEK A’ 17), ha in particolare abrogato l’art. 25 del decreto D.245/11 «relativamente alla franchigia per i beni personali dei lavoratori greci all’estero, e soltanto per quanto riguarda i mezzi di trasporto». Ai sensi di questa stessa disposizione, «[p]er quanto riguarda le autovetture in possesso delle citate persone al 31 dicembre 1996, in caso di sdoganamento entro sei (6) mesi dalla pubblicazione della presente legge nella Gazzetta ufficiale della Repubblica ellenica , l’accisa sarà calcolata sulla base dei coefficienti di cui all’art. 37 della legge n. 1882/1990, come modificata». Tale disposizione è entrata in vigore il 1º gennaio 1997. Il termine previsto da detto art. 6, n. 13, è stato prorogato al 31 dicembre 1997 dall’art. 32, n. 1, della legge n. 2523/1997 (FEK A’ 179).

    19. La direttiva 92/12 è stata recepita nell’ordinamento ellenico con la legge n. 2127/1993, recante armonizzazione con il diritto comunitario del regime fiscale dei prodotti petroliferi, dell’alcole etilico e delle bevande alcoliche, nonché dei tabacchi lavorati, ed altre disposizioni (FEK A’ 48).

    20. L’art. 75 della legge 2127/1993 prevede quanto segue:

    «Gli autoveicoli e le motociclette che soddisfano i presupposti di cui agli artt. 9 e 10 del Trattato CEE e che sono inviati o trasferiti all’interno del Paese da altri Stati membri della Comunità sono soggetti all’accisa prevista per i veicoli corrispondenti importati o prodotti nel territorio nazionale».

    21. L’art. 83 della stessa legge così dispone:

    «L’esenzione parziale o totale dall’accisa prevista dalle disposizioni di volta in volta vigenti sui veicoli importati definitivamente da paesi terzi si applica anche ai veicoli di cui all’art. 75, alle condizioni ivi specificate».

    Controversia principale e questione pregiudiziale

    22. Il sig. Alevizos, ufficiale dell’aeronautica militare ellenica, dal 12 luglio 1995 all’8 agosto 1997 è stato assegnato, con decreto del Ministro della Difesa ellenico, presso il Quartier generale delle Forze Alleate del Sud Europa, avente sede in Napoli, occupando un posto in seno all’Organizzazione del Trattato Nord Atlantico (North Atlantic Treaty Organisation; in prosieguo: la «NATO»). Una decisione del comandante dell’Intendenza generale dell’aeronautica militare ha approvato il trasferimento, a spese del servizio, della moglie e dei due figli del sig. Alevizos.

    23. Al termine del periodo di servizio previsto in tale sede, il consolato generale della Repubblica ellenica a Napoli ha rilasciato al sig. Alevizos e ai suoi familiari un certificato di rientro in Grecia, in cui si dichiarava che al sig. Alevizos era applicabile il capo 8 del decreto D.245/11.

    24. A tale certificato era allegata una dichiarazione dell’interessato relativa alla sua intenzione di importare in Grecia un autoveicolo ad uso privato, di marca Mercedes, modello E 200 (anno di fabbricazione 1996), che egli aveva acquistato in Germania il 17 dicembre 1996 e di cui era entrato in possesso il 23 dicembre 1996.

    25. Al suo ritorno in Grecia, il sig. Alevizos ha depositato presso la dogana di Eleusi la dichiarazione di trasporto relativa a tale veicolo.

    26. Con decisione 28 agosto 1997, detto ufficio doganale ha chiesto al sig. Alevizos il versamento di una somma pari a 4 136 413 dracme greche (GRD) a titolo di diritti di accisa, ai sensi dell’art. 75 della legge n. 2127/1993. Tale somma era stata calcolata, conformemente all’art. 6, n. 13, della legge n. 2459/1997, sulla base dei coefficienti ridotti di cui all’art. 37 della legge n. 1882/1990 allora vigente. Con la stessa decisione, all’interessato è stata anche richiesta una somma pari a GRD 1 470 775 a titolo di tassa speciale d’immatricolazione, in forza dell’art. 15, n. 7, della legge n. 2367/1953.

    27. Dopo aver versato le somme a lui richieste, a titolo sia di accise sia di tassa speciale d’immatricolazione (in prosieguo, insieme: i «tributi di cui alla causa principale»), il sig. Alevizos ha proposto un ricorso contro la decisione di riscossione 28 agosto 1997 dinanzi al Dioikitiko Protodikeio Athinon (Tribunale amministrativo di primo grado di Atene, Grecia), il quale ha parzialmente riformato tale decisione aumentando la percentuale di deduzione per usura del veicolo derivante da un uso normale.

    28. Il sig. Alevizos ha impugnato in appello tale decisione dinanzi al Dioikitiko Efeteio Athinon (Corte amministrativa d’appello di Atene).

    29. Quest’ultimo giudice, confermando la decisione resa in primo grado, ha statuito che il soggiorno del sig. Alevizos a Napoli costituiva una missione di servizio di durata determinata e che, durante l’assegnazione presso la NATO in tale città, la sua residenza normale, ai sensi degli artt. 6, n. 1, della direttiva 83/183 e 2 del decreto D.245/11, era rimasta in Grecia, dove si trovava il centro stabile dei suoi interessi personali e professionali, indipendentemente dal fatto che i suoi familiari lo avessero seguito in Italia.

    30. Il Dioikitiko Efeteio Athinon ha quindi statuito che il caso del sig. Alevizos non rientrava nell’ambito di applicazione dell’art. 3 del decreto D.245/11, bensì in quello degli artt. 25, nn. 1 e 2, dello stesso decreto e 6, n. 13, della legge n. 2459/1997, che ha abrogato, con effetti dal 1° gennaio 1997, le disposizioni di detto art. 25.

    31. Il sig. Alevizos ha proposto un ricorso in cassazione contro la sentenza del Dioikitiko Efeteio Athinon dinanzi al giudice del rinvio.

    32. In tale contesto, nutrendo alcuni dubbi relativamente all’interpretazione da dare alla nozione di «residenza normale» ai sensi dell’art. 6, n. 1, della direttiva 83/183, il Symvoulio tis Epikrateias (Consiglio di Stato ellenico) ha deciso di sospendere il giudizio e di sottoporre alla Corte la seguente questione pregiudiziale:

    «Se i dipendenti pubblici e gli ufficiali, sottoufficiali e soldati delle forze armate, delle forze dell’ordine e della polizia portuale siano soggetti, come gli altri lavoratori, alle disposizioni dell’art. 6 della direttiva del Consiglio 83/183/CEE e possano acquisire la “residenza normale” in un altro paese ove dimorano per almeno 185 giorni all’anno in esecuzione di una missione di servizio per un periodo determinato o se conservino, anche nel corso della loro missione in tale altro paese, la propria residenza normale in Grecia, indipendentemente dal fatto che abbiano trasferito nell’altro paese i loro legami personali e professionali».

    Sulla questione pregiudiziale

    33. Con la sua questione, il giudice del rinvio chiede in sostanza se l’art. 6, n. 1, della direttiva 83/183 vada interpretato nel senso che un membro del personale della pubblica amministrazione, delle forze armate, delle forze dell’ordine o della polizia portuale di uno Stato membro che dimori almeno 185 giorni all’anno in un altro Stato membro con i suoi familiari al fine svolgere in quest’ultimo Stato una missione di servizio di una durata determinata abbia, per la durata di tale missione, la sua residenza normale, ai sensi di detto art. 6, n. 1, in tale altro Stato membro o, al contrario, se mantenga tale residenza nel primo Stato membro.

    34. Prima di risolvere tale questione, occorre verificare se la direttiva 83/183 sia applicabile alla causa principale.

    Sull’applicabilità della direttiva 83/183

    35. Per quanto riguarda l’applicazione temporale della direttiva 83/183, occorre esaminare innanzi tutto l’argomento del governo ellenico secondo il quale le disposizioni di tale direttiva relative alle accise avevano cessato, in forza della direttiva 92/12, di essere applicabili alla data del trasferimento del veicolo del sig. Alevizos dall’Italia verso la Grecia.

    36. Al riguardo si deve rilevare che l’art. 3, n. 1, della direttiva 92/12 definisce il proprio ambito di applicazione sulla base di tre categorie di prodotti tassativamente elencati, i quali corrispondono, come emerge dal terzo ‘considerando’ di detta direttiva, alle merci considerate quali prodotti soggetti ad accisa «in tutti gli Stati membri». Tale elenco non comprende gli autoveicoli, che sono quindi esclusi dall’ambito di applicazione di tale direttiva.

    37. Come rilevato dall’avvocato generale ai paragrafi 33 e 34 delle conclusioni, non si può ammettere, per motivi inerenti segnatamente alla certezza del diritto, che ad una disposizione particolare della direttiva 92/12 – in concreto il suo art. 23, n. 3 – sia riconosciuto, in assenza di qualunque indicazione espressa del legislatore in tal senso, un ambito di applicazione più esteso di quello assegnato, in via generale, a tale direttiva dal suo art. 3, n. 1.

    38. Inoltre, mentre per i prodotti di cui all’art. 3, n. 1, della direttiva 92/12 l’armonizzazione realizzata dalla stessa, in particolare attraverso l’uniformazione dei criteri di esigibilità delle accise all’interno della Comunità, al fine di assicurare l’instaurazione e il funzionamento del mercato interno (v. quarto ‘considerando’ di tale direttiva; v. anche sentenze 2 aprile 1998, causa C‑296/95, EMU Tabac e a., Racc. pag. I‑1605, punto 22; 5 aprile 2001, causa, C‑325/99, Van de Water, Racc. pag. I‑2729, punto 39, e 29 aprile 2004, causa C‑240/01, Commissione/Germania, Racc. pag. I‑4733, punto 36), permette di evitare le doppie imposizioni nelle relazioni tra Stati membri, rendendo quindi superflua l’applicazione a tali prodotti delle disposizioni della direttiva 83/183 relative alle franchigie all’importazione in materia di accise (v. ventesimo ‘considerando’ della direttiva 92/12), la situazione è diversa per gli altri prodotti.

    39. Infatti, in assenza di una misura di armonizzazione comunitaria paragonabile a quelle introdotte dalla direttiva 92/12 per i prodotti indicati dal suo art. 3, n. 1, questi altri prodotti incorrono nel rischio di una doppia imposizione nell’ambito delle relazioni intracomunitarie, come rilevato dall’avvocato generale al paragrafo 37 delle sue conclusioni. In considerazione dell’obiettivo di realizzare il mercato interno, un tale rischio giustifica che le disposizioni della direttiva 83/183 in materia di franchigie fiscali continuino ad essere applicate a tali prodotti.

    40. Ne deriva che l’art. 23, n. 3, della direttiva 92/12, secondo cui le disposizioni della direttiva 83/183 relative ai diritti d’accisa cessano di essere in vigore il 31 dicembre 1992, produce effetto su queste ultime solo per quanto riguarda le tre categorie di prodotti elencate dall’art. 3, n. 1, della direttiva 92/12. Dette disposizioni sono quindi restate applicabili dopo tale data per quanto riguarda gli altri prodotti, quali gli autoveicoli, che non rientrano nell’ambito di applicazione della direttiva 92/12.

    41. In secondo luogo, occorre verificare, per quanto riguarda l’ambito di applicazione ratione personae della direttiva 83/183, se, come sostiene il governo ellenico, questa riguardi unicamente le importazioni di beni effettuate da lavoratori ai sensi dell’art. 39 CE, ad esclusione di quelle effettuate dal personale di un’amministrazione pubblica, come nel caso del sig. Alevizos.

    42. A questo proposito si deve innanzi tutto rilevare che la direttiva 83/183 è stata adottata in base all’art. 99 del Trattato CE (divenuto art. 93 CE). Tale disposizione ha autorizzato il Consiglio delle Comunità europee a procedere all’armonizzazione delle legislazioni nazionali relative, fra l’altro, alle accise, nella misura in cui detta armonizzazione sia necessaria per assicurare l’instaurazione e il funzionamento del mercato interno (sentenza Commissione/Germania, cit., punto 35).

    43. Peraltro, da una lettura congiunta del primo e del secondo ‘considerando’ della direttiva 83/183 con gli artt. 1 e 2 della stessa emerge che tale direttiva è stata adottata a favore dei «privati» al fine di migliorare la libera circolazione delle «persone» all’interno della Comunità e di aumentare così il sentimento di appartenenza a quest’ultima e che, a tal fine, essa intende agevolare le importazioni di beni personali, definiti come i beni destinati «all’uso personale degli interessati o alle necessità della loro famiglia».

    44. Pertanto, l’ambito di applicazione ratione personae della direttiva 83/183 non può essere limitato ai lavoratori ai sensi dell’art. 39 CE, né può escludere, tra questi, quelli che lavorano nell’ambito della pubblica amministrazione di uno Stato membro.

    45. Ne consegue che una situazione quale quella del sig. Alevizos rientra nell’ambito di applicazione personale della direttiva 83/183.

    46. In terzo luogo, occorre esaminare l’ambito di applicazione ratione materiae della direttiva 83/183 per quanto riguarda i tributi di cui alla causa principale.

    47. Ai sensi dell’art. 1, n. 1, della direttiva 83/183, rientrano in particolare nell’ambito di applicazione della franchigia prevista da tale disposizione «le accise e (…) altre imposte sui consumi normalmente esigibili all’atto dell’importazione definitiva, da parte di privati, di beni personali provenienti da un altro Stato membro».

    48. Nel caso di specie, ai sensi del diritto nazionale applicabile, uno dei tributi di cui alla causa principale consiste in «accise» (v. punto 26 della presente sentenza) e rientra quindi in via generale nell’ambito di applicazione della franchigia fiscale prevista dall’art. 1, n. 1, della direttiva 83/183. Tuttavia, poiché la denominazione del tributo data dal diritto nazionale non è, di per sé, determinante (v. sentenza 15 luglio 2004, causa C‑365/02, Lindfors, Racc. pag. I‑7183, punto 24), spetterà al giudice del rinvio verificare se tale tributo possa essere considerato normalmente esigibile all’atto dell’importazione definitiva in Grecia di un veicolo personale proveniente da un altro Stato membro, come richiesto da detto art. 1, n. 1.

    49. Per quanto riguarda la tassa speciale d’immatricolazione, parimenti richiesta all’interessato (v. punto 26 della presente sentenza), occorre ricordare che, ai sensi della giurisprudenza costante della Corte, per rientrare nell’ambito di applicazione della franchigia fiscale di cui all’art. 1, n. 1, della direttiva 83/183, la tassa in questione deve corrispondere, secondo il diritto nazionale applicabile, ad un’imposizione connessa all’importazione in quanto tale. Invece, se nelle disposizioni nazionali che disciplinano la tassa in questione il fatto all’origine della stessa consiste in una circostanza diversa dall’operazione d’importazione, quale la prima immatricolazione o l’utilizzo del veicolo nel territorio nazionale, detta tassa non rientra nell’ambito di applicazione dell’art. 1, n. 1, della direttiva 83/183 (v. sentenze 29 aprile 2004, causa C‑387/01, Weigel, Racc. pag. I‑4981, punto 47; Lindfors, cit., punto 26, e 16 giugno 2005, causa C‑138/04, Commissione/Danimarca, non pubblicata nella Raccolta, punto 13).

    50. Data l’assenza, nel fascicolo sottoposto alla Corte, di qualsiasi indicazione relativa al fatto all’origine della tassa speciale d’immatricolazione (di cui alla causa principale), spetterà al giudice del rinvio procedere ai necessari accertamenti, alla luce della giurisprudenza menzionata al punto precedente, sulla base delle disposizioni nazionali rilevanti.

    51. Da quanto precede risulta che accise quali quelle di cui alla causa principale rientrano nell’ambito di applicazione della franchigia fiscale prevista dall’art. 1, n. 1, della direttiva 83/183 qualora risulti che sono normalmente esigibili all’atto dell’importazione definitiva, da parte di un privato, di un veicolo ad uso privato proveniente da un altro Stato membro, il che andrà accertato dal giudice del rinvio. Detto art. 1, n. 1, è parimenti applicabile ad una tassa speciale aggiuntiva unica d’immatricolazione quale quella di cui alla causa principale qualora risulti che essa è connessa all’operazione d’importazione stessa del veicolo, il che dovrà essere verificato dal giudice del rinvio.

    52. Nel caso in cui i tributi di cui alla causa principale rientrino nell’ambito di applicazione della franchigia fiscale prevista dall’art. 1, n. 1, della direttiva 83/183, si porrà allora la questione dell’interpretazione dell’art. 6, n. 1, di tale direttiva.

    Sull’interpretazione dell’art. 6, n. 1, della direttiva 83/183

    53. A tale proposito occorre, da un lato, ricordare che, ai sensi dei suoi ‘considerando’, lo scopo della direttiva 83/183, alla luce del quale va risolta la questione posta, consiste nel favorire l’esercizio della libera circolazione dei privati all’interno della Comunità. L’eliminazione degli ostacoli fiscali alle importazioni in uno Stato membro di beni personali che si trovano in un altro Stato membro si rivela, in tale prospettiva, particolarmente necessaria ai fini della creazione di condizioni analoghe a quelle di un mercato interno (v., per analogia, sentenza 12 luglio 2001, causa C‑262/99, Louloudakis, Racc. pag. I‑5547, punto 58).

    54. Dall’altro, per quanto riguarda l’art. 7 della direttiva del Consiglio 28 marzo 1983, 83/182/CEE, relativa alle franchigie fiscali applicabili all’interno della Comunità in materia d’importazione temporanea di taluni mezzi di trasporto (GU L 105, pag. 59), che definisce la nozione di residenza normale in termini analoghi a quelli utilizzati dall’art. 6 della direttiva 83/183, la Corte ha già statuito che i criteri di determinazione di tale nozione contemplano tanto il legame, professionale e personale, di una persona con un dato luogo, quanto la durata di tale legame, e che essi devono quindi essere esaminati cumulativamente (v. sentenze 23 aprile 1991, causa C‑297/89, Ryborg, Racc. pag. I‑1943, punto 19, e Louloudakis, cit., punto 51).

    55. La residenza normale dev’essere considerata come il luogo in cui l’interessato ha stabilito il centro permanente dei suoi interessi (v., per analogia, citate sentenze Ryborg, punto 19, e Louloudakis, punto 51).

    56. Il criterio della permanenza rinvia alla condizione secondo la quale l’interessato deve dimorare abitualmente nel luogo in questione per almeno 185 giorni all’anno. Nella causa principale, in cui, sulla base degli accertamenti operati dal giudice del rinvio, tale condizione risulta soddisfatta, la durata determinata dell’assegnazione del sig. Alevizos ad un posto presso la NATO in Italia non esclude quindi, di per sé, che questi avesse la sua residenza normale in tale Stato membro durante il periodo in questione.

    57. Tutti gli elementi di fatto rilevanti devono essere presi in considerazione al fine di determinare la residenza normale in quanto centro permanente degli interessi della persona di cui trattasi (v. sentenza Ryborg, cit., punto 20), vale a dire, in particolare, la presenza fisica di quest’ultima, quella dei suoi familiari, la disponibilità di un’abitazione, il luogo dove i figli frequentano effettivamente la scuola, il luogo d’esercizio delle attività professionali, il luogo in cui vi siano interessi patrimoniali, quello dei legami amministrativi con le autorità pubbliche e gli organismi sociali, nei limiti in cui i detti elementi traducano la volontà di tale persona di conferire una determinata stabilità al luogo di collegamento, a motivo di una continuità che risulti da un’abitudine di vita e dallo svolgimento di rapporti sociali e professionali normali (sentenza Louloudakis, cit., punto 55).

    58. Occorre aggiungere che, benché, ai sensi dell’art. 6, n. 1, secondo comma, della direttiva 83/183, l’elemento relativo alla frequentazione di un istituto scolastico non implichi il trasferimento della residenza normale nel caso in cui riguardi l’interessato stesso, tuttavia, considerato nel contesto familiare, esso può costituire l’indizio di tale trasferimento nel caso in cui, come è stato precisato dal sig. Alevizos nelle osservazioni scritte, riguardi i suoi figli (v., per analogia, sentenza Louloudakis, cit., punto 56).

    59. Quanto all’argomento del governo ellenico secondo il quale il sig. Alevizos avrebbe nel caso di specie mantenuto, durante il periodo della sua assegnazione ad un posto presso la NATO in Italia, i suoi legami professionali con l’amministrazione ellenica nonché un collegamento sociale e fiscale con la Grecia, si deve rilevare, da un lato, che tale eventuale circostanza non può cancellare il fatto che, in detto periodo, l’interessato ha esercitato la sua attività professionale in Italia, in cui all’epoca si trovava il centro dei suoi legami professionali, come rilevato dall’avvocato generale al paragrafo 66 delle conclusioni.

    60. D’altro lato, dall’art. 6, n. 1, secondo comma, della direttiva 83/183 emerge che tale disposizione privilegia i legami personali nel caso in cui l’interessato non disponga di legami personali e professionali concentrati in un solo Stato membro (v., per analogia, sentenza Louloudakis, cit., punto 52).

    61. Così, l’art. 6, n. 1, della direttiva 83/183 prevede che si prendano in considerazione sia i legami professionali sia i legami personali in un dato luogo e dev’essere interpretato nel senso che, qualora una valutazione globale dei legami professionali e personali non sia sufficiente ad individuare il centro permanente degli interessi della persona di cui trattasi, ai fini di tale individuazione va data preminenza ai legami personali (v., per analogia, sentenza Louloudakis, cit., punto 53).

    62. Da quanto precede deriva che l’art. 6, n. 1, della direttiva 83/183 dev’essere interpretato nel senso che un membro del personale della pubblica amministrazione, delle forze armate, delle forze dell’ordine o della polizia portuale di uno Stato membro che dimori almeno 185 giorni all’anno in un altro Stato membro con i suoi familiari al fine di svolgere in quest’ultimo Stato una missione di servizio di una durata determinata ha, per la durata di tale missione, la sua residenza normale, ai sensi di detto art. 6, n. 1, in tale altro Stato membro.

    Sugli artt. 18 CE e 39 CE

    63. In udienza la Commissione delle Comunità europee ha sostenuto che la causa principale poteva essere esaminata anche alla luce degli artt. 18 CE e 39 CE.

    64. Al riguardo, benché formalmente il giudice del rinvio abbia limitato la sua questione all’interpretazione dell’art. 6 della direttiva 83/183, ciò non osta a che la Corte fornisca al giudice nazionale tutti gli elementi interpretativi di diritto comunitario che possono consentirgli di dirimere la controversia sottopostagli, a prescindere dal fatto che vi abbia fatto o no riferimento nel formulare la sua questione (v., in tal senso, sentenze 12 dicembre 1990, causa C‑241/89, SARPP, Racc. pag. I‑4695, punto 8; 4 marzo 1999, causa C‑87/97, Consorzio per la tutela del formaggio Gorgonzola, Racc. pag. I‑1301, punto 16; Weigel, cit., punto 44, e Lindfors, cit., punto 32).

    65. Nel caso di specie, per l’ipotesi in cui i tributi di cui alla causa principale non rientrino nell’ambito di applicazione dell’art. 1, n. 1, della direttiva 83/183, occorre esaminare l’incidenza dell’applicazione di tali tributi sul diritto di un cittadino comunitario quale il sig. Alevizos alla libera circolazione, sancito dagli artt. 18 CE e 39 CE.

    66. Ai sensi di una giurisprudenza consolidata, l’art. 18 CE, che enuncia, in linea generale, il diritto di ogni cittadino dell’Unione di circolare e soggiornare liberamente nel territorio degli Stati membri, trova specifica espressione nell’art. 39 CE, per quel che riguarda la libera circolazione dei lavoratori (v. sentenze 26 novembre 2002, causa C‑100/01, Oteiza Olazabal, Racc. pag. I‑10981, punto 26, e 9 novembre 2006, causa C‑520/04, Turpeinen, Racc. pag. I‑10685, punto 13). In tale contesto, occorre verificare preliminarmente se la causa principale possa rientrare nell’ambito di applicazione dell’art. 39 CE.

    67. A tale proposito si ricorda che la nozione di «lavoratore», ai sensi dell’art. 39 CE, riveste portata comunitaria e non dev’essere interpretata in modo restrittivo. Dev’essere considerata «lavoratore» ogni persona che presti attività reali ed effettive, ad esclusione di attività talmente ridotte da porsi come puramente marginali ed accessorie. La caratteristica del rapporto di lavoro è data, secondo la giurisprudenza della Corte, dalla circostanza che una persona fornisca, per un certo periodo di tempo, a favore di un’altra e sotto la direzione di quest’ultima, prestazioni in contropartita delle quali riceve una retribuzione (v., in particolare, sentenze 3 luglio 1986, causa 66/85, Lawrie-Blum, Racc. pag. 2121, punti 16 e 17; 23 marzo 2004, causa C‑138/02, Collins, Racc. pag. I‑2703, punto 26, e 7 settembre 2004, causa C‑456/02, Trojani, Racc. pag. I‑7573, punto 15).

    68. Come risulta da una giurisprudenza consolidata, la natura giuridica del rapporto di lavoro non è determinante ai fini dell’applicazione dell’art. 39 CE (v., in particolare, sentenze 12 febbraio 1974, causa 152/73, Sotgiu, Racc. pag. 153, punto 5; 31 maggio 1989, causa 344/87, Bettray, Racc. pag. 1621, punto 16, e Trojani, cit., punto 16). Il fatto che il lavoratore abbia la qualifica di impiegato pubblico o che il suo rapporto di dipendenza sia disciplinato, invece che dal diritto privato, dal diritto pubblico è irrilevante al riguardo (v. sentenza Sotgiu, cit., punto 5).

    69. Inoltre, anche ammettendo che la funzione ricoperta dal sig. Alevizos nell’aeronautica militare greca prima della sua assegnazione temporanea ad un posto presso la NATO possa rientrare nella nozione di «impiego nella pubblica amministrazione» di cui all’art. 39, n. 4, CE, in quanto implichi la partecipazione, diretta o indiretta, all’esercizio dei pubblici poteri ed alle mansioni che hanno ad oggetto la tutela degli interessi generali dello Stato o delle altre collettività pubbliche (v., al riguardo, sentenze 17 dicembre 1980, causa 149/79, Commissione/Belgio, Racc. pag. 3881, punto 10; 2 luglio 1996, causa C‑290/94, Commissione/Grecia, Racc. pag. I‑3285, punto 2, e 30 settembre 2003, causa C‑47/02, Anker e a., Racc. pag. I‑10447, punto 58), occorre ricordare che, tenuto conto del carattere fondamentale che assume nel sistema del Trattato CE il principio della libera circolazione dei lavoratori all’interno della Comunità, alle deroghe ammesse da tale disposizione non può essere attribuita una portata più ampia di quella connessa al perseguimento del loro specifico scopo (sentenza Sotgiu, cit., punto 4).

    70. Tale scopo consiste nel riservare agli Stati membri la possibilità di assumere cittadini stranieri soltanto per taluni impieghi della pubblica amministrazione (sentenza Sotgiu, cit., punto 4), che presuppongono, da parte dei loro titolari, l’esistenza di un rapporto particolare di solidarietà nei confronti dello Stato, nonché la reciprocità di diritti e di doveri che costituiscono il fondamento del vincolo di cittadinanza (v. sentenza Commissione/Belgio, cit., punto 10). L’art. 39, n. 4, CE non può invece avere l’effetto di privare un lavoratore, già entrato al servizio della pubblica amministrazione di uno Stato membro, dell’applicazione delle disposizioni contenute ai nn. 1 e 3 di detto art. 39 CE (v., in tal senso, sentenza Sotgiu, cit., punto 4).

    71. Peraltro, nel caso di specie, nessun elemento del fascicolo indica che la riscossione dei tributi di cui alla causa principale sia connessa allo status di ufficiale dell’aeronautica militare greca del sig. Alevizos. Questi è soggetto a detti tributi in quanto persona che trasferisce la sua residenza da uno Stato membro ad un altro.

    72. Relativamente alla temporanea assegnazione del sig. Alevizos ad un posto presso la NATO, da una costante giurisprudenza risulta che un cittadino comunitario che lavori in uno Stato membro diverso dal suo Stato d’origine non perde la qualità di «lavoratore», ai sensi dell’art. 39, n. 1, CE, per il fatto di occupare un impiego all’interno di un’organizzazione internazionale (v., in particolare, sentenze 15 marzo 1989, cause riunite 389/87 e 390/87, Echternach e Moritz, Racc. pag. 723, punti 11 e 15; 13 novembre 2003, causa C‑209/01, Schilling e Fleck-Schilling, Racc. pag. I‑13389, punto 28; 16 dicembre 2004, causa C‑293/03, My, Racc. pag. I‑12013, punto 37, e 16 febbraio 2006, causa C‑185/04, Öberg, Racc. pag. I‑1453, punto 12).

    73. Ne consegue che ad un cittadino di uno Stato membro come il sig. Alevizos non può negarsi il beneficio dei diritti e della tutela conferitigli dall’art. 39 CE (v., in tal senso, sentenza Öberg, cit., punto 13).

    74. Da una giurisprudenza costante della Corte risulta che il complesso delle norme del Trattato relative alla libera circolazione delle persone è volto ad agevolare i cittadini comunitari nell’esercizio di attività lavorative di qualsivoglia natura nel territorio della Comunità (v., in particolare, sentenze 15 dicembre 1995, causa C‑415/93, Bosman, Racc. pag. I‑4921, punto 94; 26 gennaio 1999, causa C‑18/95, Terhoeve, Racc. pag. I‑345, punto 37; 27 gennaio 2000, causa C‑190/98, Graf, Racc. pag. I‑493, punto 21, e Weigel, cit., punto 52).

    75. Nel caso di specie, la riscossione dei tributi di cui alla causa principale potrebbe produrre l’effetto di scoraggiare l’interessato dal ritornare nel suo Stato membro d’origine se, a causa della normativa di detto Stato, il ritorno, dopo l’espletamento di un’attività professionale in un altro Stato membro, comportasse conseguenze sfavorevoli relativamente alla situazione fiscale dei lavoratori che non hanno esercitato il loro diritto alla libera circolazione. Conseguenze del genere sarebbero quindi idonee a dissuadere un cittadino di uno Stato membro dal lasciare tale Stato per esercitare la sua attività nel territorio di un altro Stato membro e dall’esercitare il suo diritto alla libera circolazione (v., in tal senso, sentenze 7 luglio 1992, causa C‑370/90, Singh, Racc. pag. I‑4265, punti 19 e 23, e 11 luglio 2002, causa C‑224/98, D’Hoop, Racc. pag. I‑6191, punto 31).

    76. Tuttavia, il Trattato CE non garantisce ad un lavoratore che il trasferimento delle sue attività in uno Stato membro diverso da quello in cui risiedeva precedentemente sia neutrale sotto il profilo fiscale. Tenuto conto delle differenze tra le legislazioni degli Stati membri in materia, un simile trasferimento può, secondo i casi, essere più o meno favorevole o sfavorevole per il lavoratore sul piano delle imposte indirette. Ne risulta che, in linea di principio, un eventuale svantaggio rispetto alla situazione in cui il lavoratore esercitava le sue attività prima del trasferimento non è contrario alle disposizioni dell’art. 39 CE, se tale regime non crea condizioni di svantaggio per detto lavoratore rispetto a coloro che già in precedenza erano assoggettati a tale imposizione (v. sentenze citate Weigel, punto 55, e Lindfors, punto 34).

    77. In tale contesto, la compatibilità dei tributi di cui alla causa principale con l’art. 39 CE dipenderà, in particolare, dalle aliquote di tali tributi e dalle loro modalità di applicazione (v. sentenza Commissione/Danimarca, cit., punto 16).

    78. Nel caso concreto, spetterà al giudice del rinvio verificare se le disposizioni nazionali che disciplinano i tributi di cui alla causa principale si fondano su criteri obiettivi e garantiscono, in particolare per quanto riguarda la presa in considerazione della svalutazione reale del veicolo tassato (v., in tal senso, sentenze 11 dicembre 1990, causa C‑47/88, Commissione/Danimarca, Racc. pag. I‑4509, punti 19-22; Weigel, cit., punto 70, e 5 ottobre 2006, cause riunite C‑290/05 e C‑333/05, Nádasdi e Németh, Racc. pag. I‑10115, punti 47 e 51-57), che il sig. Alevizos non sia posto in una situazione meno favorevole di quella di un lavoratore che abbia risieduto permanentemente in Grecia (v., in tal senso, sentenza Lindfors, cit., punto 35).

    79. Se il giudice del rinvio dovesse constatare l’esistenza di una situazione meno favorevole, sarà suo compito esaminare se tale disparità di trattamento sia giustificata da considerazioni oggettive, indipendenti dalla residenza delle persone interessate, e adeguatamente commisurate allo scopo legittimamente perseguito dall’ordinamento nazionale (v. citate sentenze D’Hoop, punto 36, e Lindfors, punto 35).

    80. Poiché alla controversia principale è applicabile l’art. 39 CE, non è necessario pronunciarsi sull’interpretazione dell’art. 18 CE (v., in tal senso, sentenza Oteiza Olazabal, cit., punto 26).

    81. Alla luce dell’insieme delle considerazioni che precedono, occorre risolvere la questione posta dichiarando che:

    – Accise quali quelle di cui alla causa principale rientrano nell’ambito di applicazione della franchigia fiscale prevista dall’art. 1, n. 1, della direttiva 83/183 qualora risulti che sono normalmente esigibili all’atto dell’importazione definitiva, da parte di un privato, di un veicolo ad uso privato proveniente da un altro Stato membro, il che andrà accertato dal giudice del rinvio. Detto art. 1, n. 1, è parimenti applicabile ad una tassa speciale aggiuntiva unica d’immatricolazione quale quella di cui alla causa principale, qualora risulti che essa è connessa all’operazione d’importazione stessa del veicolo, il che dovrà essere verificato dal giudice del rinvio.

    – L’art. 6, n. 1, della direttiva 83/183 dev’essere interpretato nel senso che un membro del personale della pubblica amministrazione, delle forze armate, delle forze dell’ordine o della polizia portuale di uno Stato membro che dimori almeno 185 giorni all’anno in un altro Stato membro con i suoi familiari al fine di svolgervi una missione di servizio di una durata determinata ha, per la durata di tale missione, la sua residenza normale, ai sensi di detto art. 6, n. 1, in tale altro Stato membro.

    – Qualora, al termine degli accertamenti operati dal giudice del rinvio, risulti che i tributi di cui alla causa principale non rientrano nell’ambito di applicazione della franchigia fiscale prevista dall’art. 1, n. 1, della direttiva 83/183, spetterà a tale giudice, sulla base dei requisiti sanciti dall’art. 39 CE, verificare se l’applicazione della normativa nazionale che disciplina tali tributi sia idonea a garantire che, in relazione agli stessi, la persona che procede, nell’ambito di un trasferimento di residenza, all’importazione di un veicolo nello Stato membro d’origine non sia posta in una situazione meno favorevole di quella in cui si trovano le persone che hanno risieduto permanentemente in tale Stato membro e, eventualmente, se una tale disparità di trattamento sia giustificata da considerazioni oggettive, indipendenti dalla residenza delle persone interessate e proporzionate allo scopo legittimamente perseguito dalla normativa nazionale.

    Sulle spese

    82. Nei confronti delle parti nella causa principale il presente procedimento costituisce un incidente sollevato dinanzi al giudice nazionale, cui spetta quindi statuire sulle spese. Le spese sostenute da altri soggetti per presentare osservazioni alla Corte non possono dar luogo a rifusione.

    Dispositivo

    Per questi motivi, la Corte (Quarta Sezione) dichiara:

    Accise quali quelle di cui alla causa principale rientrano nell’ambito di applicazione della franchigia fiscale prevista dall’art. 1, n. 1, della direttiva del Consiglio 28 marzo 1983, 83/183/CEE, relativa alle franchigie fiscali applicabili alle importazioni definitive di beni personali di privati provenienti da uno Stato membro, come modificata dalla direttiva del Consiglio 23 novembre 1989, 89/604/CEE, qualora risulti che sono normalmente esigibili all’atto dell’importazione definitiva, da parte di un privato, di un veicolo ad uso privato proveniente da un altro Stato membro, il che andrà accertato dal giudice del rinvio. Detto art. 1, n. 1, è parimenti applicabile ad una tassa speciale aggiuntiva unica d’immatricolazione quale quella di cui alla causa principale, qualora risulti che essa è connessa all’operazione d’importazione stessa del veicolo, il che dovrà essere verificato dal giudice del rinvio.

    L’art. 6, n. 1, della direttiva 83/183 dev’essere interpretato nel senso che un membro del personale della pubblica amministrazione, delle forze armate, delle forze dell’ordine o della polizia portuale di uno Stato membro che dimori almeno 185 giorni all’anno in un altro Stato membro con i suoi familiari al fine di svolgervi una missione di servizio di una durata determinata ha, per la durata di tale missione, la sua residenza normale, ai sensi di detto art. 6, n. 1, in tale altro Stato membro.

    Qualora, al termine degli accertamenti operati dal giudice del rinvio, risulti che i tributi di cui alla causa principale non rientrano nell’ambito di applicazione della franchigia fiscale prevista dall’art. 1, n. 1, della direttiva 83/183, spetterà a tale giudice, sulla base dei requisiti sanciti dall’art. 39 CE, verificare se l’applicazione della normativa nazionale che disciplina tali tributi sia tale da garantire che, in relazione agli stessi, la persona che procede, nell’ambito di un trasferimento di residenza, all’importazione di un veicolo nello Stato membro d’origine non sia posta in una situazione meno favorevole di quella in cui si trovano le persone che hanno risieduto permanentemente in tale Stato membro e, eventualmente, se una tale disparità di trattamento sia giustificata da considerazioni oggettive, indipendenti dalla residenza delle persone interessate e proporzionate allo scopo legittimamente perseguito dalla normativa nazionale.

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