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Documento 62005CJ0128
Judgment of the Court (Third Chamber) of 28 September 2006. # Commission of the European Communities v Republic of Austria. # Failure of a Member State to fulfil obligations - Sixth VAT Directive - International transport undertakings established in another Member State - Annual turnover in Austria EUR 22 000 or less - Simplified procedures for charging and collecting the VAT. # Case C-128/05.
Sentenza della Corte (Terza Sezione) del 28 settembre 2006.
Commissione delle Comunità europee contro Repubblica d'Austria.
Inadempimento di uno Stato - Sesta direttiva IVA - Imprese di trasporto internazionale di persone stabilite in un altro Stato membro - Fatturato annuo in Austria inferiore o pari a EUR 22 000 - Modalità semplificate di imposizione e riscossione dell'IVA.
Causa C-128/05.
Sentenza della Corte (Terza Sezione) del 28 settembre 2006.
Commissione delle Comunità europee contro Repubblica d'Austria.
Inadempimento di uno Stato - Sesta direttiva IVA - Imprese di trasporto internazionale di persone stabilite in un altro Stato membro - Fatturato annuo in Austria inferiore o pari a EUR 22 000 - Modalità semplificate di imposizione e riscossione dell'IVA.
Causa C-128/05.
Raccolta della Giurisprudenza 2006 I-09265
Identificatore ECLI: ECLI:EU:C:2006:612
Causa C-128/05
Commissione delle Comunità europee
contro
Repubblica d’Austria
«Inadempimento di uno Stato — Sesta direttiva IVA — Imprese di trasporto internazionale di persone stabilite in un altro Stato membro — Fatturato annuo in Austria inferiore o pari a EUR 22 000 — Modalità semplificate di imposizione e riscossione dell’IVA»
Conclusioni dell’avvocato generale E. Sharpston, presentate il 27 aprile 2006
Sentenza della Corte (Terza Sezione) 28 settembre 2006
Massime della sentenza
Disposizioni tributarie — Armonizzazione delle legislazioni — Imposte sulla cifra d’affari — Sistema comune d’imposta sul valore aggiunto — Regime particolare per le piccole imprese
[Direttiva del Consiglio 77/388, artt. 18, nn. 1, lett. a), e 2, 22, nn. 3‑5, e 24, n. 1]
Viene meno agli obblighi per esso derivanti dagli art. 18, nn. 1, lett. a), e 2, e 22, nn. 3‑5, della sesta direttiva 77/388, in materia di armonizzazione delle legislazioni degli Stati membri relative alle imposte sulla cifra di affari, uno Stato membro che consenta a soggetti passivi non stabiliti in tale Stato membro, che vi effettuino attività di trasporto di persone, di non presentare dichiarazioni dei redditi e di non pagare l’importo netto dell’imposta sul valore aggiunto quando il loro fatturato ivi realizzato non superi un determinato importo, considerando che, in questo caso, l’importo dell’imposta dovuta equivale all’importo dell’imposta deducibile, e che assoggetti l’applicazione del regime semplificato alla condizione che tale imposta non venga indicata nelle fatture o nei documenti sostitutivi.
Un regime siffatto eccede, infatti, i poteri di cui dispongono gli Stati membri in applicazione dell’art. 24, n. 1, della sesta direttiva, in quanto non instaura «modalità semplificate di imposizione e riscossione dell’imposta», ma esenta le imprese interessate dall’obbligo di dichiarare e di versare l’imposta sul valore aggiunto.
(v. punti 27, 29 e dispositivo)
SENTENZA DELLA CORTE (Terza Sezione)
28 settembre 2006 (*)
«Inadempimento di uno Stato – Sesta direttiva IVA – Imprese di trasporto internazionale di persone stabilite in un altro Stato membro – Fatturato annuo in Austria inferiore o pari a EUR 22 000 – Modalità semplificate di imposizione e riscossione dell’IVA»
Nel procedimento C‑128/05,
avente ad oggetto un ricorso per inadempimento ai sensi dell’art. 226 CE, proposto il 18 marzo 2005,
Commissione delle Comunità europee, rappresentata dal sig. D. Triantafyllou, in qualità di agente, con domicilio eletto in Lussemburgo,
ricorrente,
contro
Repubblica d’Austria, rappresentata inizialmente dal sig. H. Dossi, successivamente dal sig. M. Fruhmann, in qualità di agenti, con domicilio eletto in Lussemburgo,
convenuta,
LA CORTE (Terza Sezione),
composta dal sig. A. Rosas, presidente di sezione, dai sigg. J.‑P. Puissochet, A. Borg Barthet (relatore), U. Lõhmus e A. Ó Caoimh, giudici,
avvocato generale: sig.ra E. Sharpston
cancelliere: sig. R. Grass
vista la fase scritta del procedimento,
sentite le conclusioni dell’avvocato generale, presentate all’udienza del 27 aprile 2006,
ha pronunciato la seguente
Sentenza
1 Mediante il suo ricorso, la Commissione delle Comunità europee chiede alla Corte di constatare che, consentendo a soggetti passivi non stabiliti in Austria che effettuino attività di trasporto di persone in tale Stato membro di non presentare dichiarazioni dei redditi e di non pagare l’importo netto dell’imposta sul valore aggiunto (in prosieguo: l’«IVA») quando il loro fatturato ivi realizzato non supera EUR 22 000, considerando che, in questo caso, l’importo dell’IVA dovuta equivale a quello dell’IVA deducibile, e assoggettando l’applicazione del regime semplificato alla condizione che tale imposta non venga indicata nelle fatture o nei documenti sostitutivi, la Repubblica d’Austria ha violato gli obblighi ad essa derivanti dagli artt. 2, 6, 9, n. 2, lett. b), 17, 18 e 22, nn. 3‑5, della sesta direttiva del Consiglio 17 maggio 1977, 77/388/CEE, in materia di armonizzazione delle legislazioni degli Stati membri relative alle imposte sulla cifra di affari – Sistema comune di imposta sul valore aggiunto: base imponibile uniforme (GU L 145, pag. 1; in prosieguo: la «sesta direttiva»).
Contesto normativo
La sesta direttiva
2 In virtù dell’art. 2, punto 1, della sesta direttiva, sono soggette all’IVA tutte le prestazioni di servizi effettuate a titolo oneroso all’interno di uno Stato membro.
3 Ai sensi dell’art. 6, n. 1, primo comma, della detta direttiva «[s]i considera “prestazion[e] di servizi” ogni operazione che non costituisce cessione di un bene ai sensi dell’articolo 5».
4 L’art. 9, n. 2, lett. b), della stessa direttiva stabilisce che «il luogo delle prestazioni di trasporto è quello dove avviene il trasporto in funzione delle distanze percorse».
5 Gli artt. 17 e 18 della sesta direttiva fissano le regole che disciplinano l’origine, la portata e le modalità di esercizio del diritto a deduzione, che costituisce la pietra angolare del sistema IVA.
6 L’art. 18, n. 1, lett. a), prevede in particolare che, per poter esercitare il diritto a deduzione, il soggetto passivo deve, «per la deduzione di cui all’articolo 17, paragrafo 2, lettera a), essere in possesso di una fattura redatta ai sensi dell’articolo 22, paragrafo 3». Ai sensi del n. 2, primo comma, dello stesso articolo, «[i]l soggetto passivo opera la deduzione sottraendo dall’importo totale dell’imposta sul valore aggiunto dovuta per un dato periodo fiscale l’ammontare dell’imposta per la quale, nello stesso periodo, è sorto e può essere esercitato in virtù delle disposizioni del paragrafo 1 il diritto a deduzione».
7 L’art. 22 della sesta direttiva prevede, ai nn. 3, 4 e 5, rispettivamente le condizioni per l’emissione delle fatture, le modalità di presentazione periodica delle dichiarazioni e l’obbligo per ogni soggetto passivo di pagare l’importo netto dell’IVA dovuta al momento della presentazione della dichiarazione periodica.
8 L’art. 24, n. 1, della detta direttiva, intitolato «Regime particolare delle piccole imprese», così recita:
«Gli Stati membri che incontrano difficoltà ad assoggettare al regime normale dell’imposta le piccole imprese, data la loro attività o struttura, hanno la facoltà nei limiti e alle condizioni da essi fissati – ma ferma restando la consultazione di cui all’articolo 29 – di applicare modalità semplificate di imposizione e riscossione dell’imposta, in particolare regimi forfettari, i cui effetti non possono però determinare uno sgravio dell’imposta».
9 Inoltre, lo stesso art. 24, nn. 2‑7, permette agli Stati membri di mantenere o di introdurre franchigie o riduzioni decrescenti dell’IVA per i soggetti passivi la cui fatturato annuo non sia superiore a EUR 5 000.
La normativa nazionale
10 Il regolamento del Ministro delle Finanze che fissa tassi medi per il calcolo degli importi deducibili da parte di imprese straniere che effettuano servizi di trasporto internazionale di persone (BGBl. II, 166/2002; in prosieguo: il «regolamento del Ministro delle Finanze») così dispone:
«Sulla base dell’art. 14, n. 1, punto 2, dell’Umsatzsteuergesetz [legge sul fatturato] 1994, BGBl. 663/1994, nella versione risultante dalla legge federale BGBl. I, 56/2002, è stabilito quanto segue:
Art. 1. Gli imprenditori che non abbiano sul territorio nazionale domicilio (sede), stabilimento o residenza abituale e il cui fatturato, ai sensi dell’art. 1, n. 1, punti 1 e 2, non superi EUR 22 000 in un dato periodo fiscale, possono calcolare gli importi deducibili, conformemente all’art. 12 della legge sul fatturato del 1994, in relazione al proprio fatturato derivante dal trasporto internazionale occasionale di persone effettuato mediante veicoli e rimorchi non immatricolati in Austria, applicando l’aliquota media del 10% sul fatturato ottenuto mediante tale attività (art. 1, n. 1, punti 1 e 2, della legge sul fatturato del 1994), se non emettono fatture ai sensi dell’art. 11 della legge sul fatturato del 1994 per le suddette prestazioni relative al trasporto internazionale di persone.
Art. 2. L’aliquota media compensa tutti gli importi deducibili collegati alle prestazioni di cui all’art. 1 relative al trasporto internazionale di persone.
Art. 3. Se l’importo deducibile è calcolato in conformità dell’art. 1, l’imprenditore è esente dall’obbligo di tenere una contabilità ai sensi dell’art. 18, n. 2, punti 5 e 6, della legge sul fatturato annuo del 1994.
Art. 4. Il presente regolamento si applica alle operazioni e agli eventi successivi al 31 marzo 2002».
Procedimento precontenzioso
11 Con lettere, rispettivamente, del 13 marzo 2000 e del 17 ottobre 2003, la Commissione ha inviato una diffida e una diffida integrativa alla Repubblica d’Austria, invitandola a farle pervenire le sue osservazioni entro due mesi a partire dalla seconda lettera citata.
12 Il 9 luglio 2004, dopo aver acquisito conoscenza della risposta della Repubblica d’Austria alla detta lettera, la Commissione ha emesso un parere motivato invitando questo Stato membro ad adottare le misure necessarie per conformarsi a tale parere nel termine di due mesi a decorrere dalla sua notifica. Le autorità austriache hanno risposto al detto parere motivato con lettera del 6 settembre 2004.
13 Non considerando soddisfacente tale risposta, la Commissione ha deciso di introdurre il presente ricorso.
Sul ricorso
Sulla portata della controversia
14 La Commissione addebita alla Repubblica d’Austria di aver violato, mediante il regolamento del Ministro delle Finanze, gli artt. 2, 6, 9, n. 2, lett. b), 17, 18 e 22, nn. 3‑5, della sesta direttiva. Lo Stato membro basa integralmente la propria difesa sulle disposizioni dell’art. 24, n. 1, dello stesso testo normativo.
15 Come rilevato dall’avvocato generale ai paragrafi 24‑26 delle conclusioni, non tutte le disposizioni invocate dalla Commissione sono pertinenti nell’ambito del ricorso da essa presentato. Infatti, gli artt. 2, 6, 9, n. 2, lett. b), e 17 della sesta direttiva enunciano principi alla cui luce devono essere applicati i presupposti procedurali indicati dagli artt. 18 e 22 della stessa. Ora, nelle memorie della Commissione non si spiega in che modo il regolamento del Ministro delle Finanze abbia violato i principi secondo cui le prestazioni di servizi sono assoggettate all’IVA (art. 2 della detta direttiva); il trasporto di persone costituisce una prestazione di servizi (art. 6); il luogo delle prestazioni di trasporto internazionale di persone è fissato in funzione delle distanze percorse in ogni Stato membro [art. 9, n. 2, lett. b)], e un soggetto passivo ha diritto di dedurre l’IVA assolta a monte dall’imposta a valle, o eventualmente di ottenere un rimborso dell’imposta a monte (art. 17). Il regime instaurato dal detto regolamento presuppone, al contrario, l’applicazione di tutti i principi appena menzionati. Potrebbe, tuttavia, rivelarsi contrario alle disposizioni di cui agli artt. 18 e 22 della stessa direttiva riguardanti la fatturazione dell’IVA, la contabilità ad essa relativa e la presentazione delle dichiarazioni.
16 Conseguentemente, qualora la difesa sostenuta dalla Repubblica d’Austria, fondata integralmente sull’applicabilità dell’art. 24, n. 1, della sesta direttiva al detto regime, dovesse essere respinta, potrebbe essere constatata solamente una violazione degli artt. 18, nn. 1, lett. a), e 2, nonché 22, nn. 3‑5, della Sesta direttiva.
17 Il ragionamento della Commissione si articola su tre argomenti principali volti a dimostrare che il regime di deroga istituito dal regolamento del Ministro delle Finanze non può rientrare nell’ambito dell’art. 24, n. 1, della sesta direttiva. Innanzi tutto, tale regime si applica alle imprese che realizzano in Austria un fatturato annuo inferiore a EUR 22 000, il che non corrisponderebbe alla nozione di «piccole imprese» prevista da tale norma. La Repubblica d’Austria, poi, non avrebbe dimostrato che tale regime non determina uno sgravio d’imposta. Infine, la detta norma autorizzerebbe gli Stati membri a procedere a semplificazioni, ma non consentirebbe loro di accordare una franchigia totale alle imprese interessate.
18 La Repubblica d’Austria respinge tali obiezioni sostenendo che il regime specifico previsto per gli imprenditori non stabiliti in Austria che esercitano un’attività di trasporto internazionale di persone e il cui fatturato annuo sia ivi inferiore a EUR 22 000 è coperto dall’art. 24, n. 1, della sesta direttiva.
19 Al fine di valutare la fondatezza del ricorso, si deve pertanto verificare se, ai sensi dell’art. 24, n. 1, della sesta direttiva, si possa considerare che il regime istituito dal regolamento del Ministro delle Finanze ha fissato «modalità semplificate di imposizione e riscossione dell’imposta», se si traduca in uno sgravio fiscale e se si applichi solo alle «piccole imprese». Sotto questo profilo, basta che il detto regime non soddisfi uno di tali criteri perché la citata norma non debba applicarsi.
Sulle modalità semplificate di imposizione e riscossione
Argomenti delle parti
20 La Commissione sostiene che il regime istituito dal regolamento del Ministro delle Finanze dispensa le imprese interessate dall’obbligo di emettere fatture, di contabilizzare l’IVA oltre che, di conseguenza, di dichiararla e di versarla. Dato che l’aliquota applicabile al trasporto di persone è del 10% e che si ammette una deduzione della medesima percentuale, ne risulta, secondo la Commissione, che il debito fiscale è azzerato. Un simile regime, quindi, non costituirebbe una semplificazione delle modalità di imposizione e riscossione dell’IVA, ma equivarrebbe ad un’esenzione, andando oltre quanto consentito dall’art. 24, n. 1, della sesta direttiva.
21 In ordine all’argomento secondo cui la dispensa istituita dal detto regime costituirebbe l’aspetto formale di una semplificazione eccessiva che equivarrebbe ad un’esenzione, la Repubblica d’Austria replica che l’art. 24, n. 1, della sesta direttiva non prevede alcuna restrizione su tale punto. Fa peraltro valere che tale norma attribuisce agli Stati membri un ampio potere discrezionale in ordine all’introduzione di regime forfettari o altre modalità semplificate di imposizione o di riscossione dell’IVA per le piccole imprese, rinviando a questo proposito alla sentenza 12 luglio 1988, cause riunite 138/86 e 139/86, Direct Cosmetics e Laughtons Photographs (Racc. pag. 3937, punto 41).
Giudizio della Corte
22 Occorre anzitutto rilevare che l’art. 24, n. 1, della sesta direttiva riconosce agli Stati membri la facoltà di applicare un regime particolare alle piccole imprese, il che costituisce un’eccezione al regime normale istituito da tale direttiva (v., in questo senso, sentenza 22 ottobre 1998, cause riunite C‑308/96 e C‑94/97, Madgett e Baldwin, Racc. pag. I‑6229, punto 34). Al pari degli altri regimi particolari previsti in particolare agli artt. 25 e 26 della stessa direttiva, il regime previsto al detto art. 24 deve essere applicato unicamente nei limiti di quanto necessario al raggiungimento del suo obiettivo (v., in questo senso, sentenza 8 dicembre 2005, causa C‑280/04, Jyske Finans, Racc. pag. I‑10683, punto 35). Inoltre, secondo la giurisprudenza costante, le eccezioni o le deroghe ad una regola generale devono essere interpretate restrittivamente (sentenze 18 gennaio 2001, causa C‑83/99, Commissione/Spagna, Racc. pag. I‑445, punto 19, e 15 luglio 2004, causa C‑321/02, Harbs, Racc. pag. I‑7101, punto 27).
23 Peraltro, contrariamente a quanto sostiene la Repubblica d’Austria, dalla citata sentenza Direct Cosmetics e Laughtons Photographs non si può dedurre che gli Stati membri godano di un ampio margine di discrezionalità nella scelta delle modalità semplificate di imposizione che decidano di introdurre in materia di IVA. Infatti, dal punto 41 della detta sentenza emerge che la Corte ha ivi unicamente verificato la portata del margine di discrezionalità di cui dispone uno Stato membro nel momento di decidere se adottare o meno misure semplificate nell’ambito dell’art. 24, n. 1, della sesta direttiva.
24 Il regime istituito dal regolamento del Ministro delle Finanze esonera dall’obbligo di tenere una contabilità in materia di IVA le imprese che esercitino un’attività di trasporto internazionale di persone e rispondano a determinati criteri. Essendo dispensate dall’emettere fatture che indichino l’IVA, tali imprese possono applicare un’aliquota media sul fatturato annuo realizzato in Austria equivalente a quella deducibile, ma, in questo caso, non possono più far valere altri importi deducibili nell’ambito della procedura di rimborso. Tale esenzione si traduce, quindi, nel fatto che l’IVA non è dichiarata né versata, fenomeno, del resto, non contestato dalla Repubblica d’Austria.
25 Orbene, l’art. 24, n. 1, della sesta direttiva prevede che gli Stati membri abbiano la possibilità «di applicare modalità semplificate di imposizione e riscossione dell’imposta, in particolare regimi forfettari». Dal testo della norma non risulta che esse possano esentare integralmente le piccole imprese dall’obbligo di assolvere l’IVA, in quanto le modalità di imposizione possono essere solamente semplificate, senza che sia prevista la possibilità di sopprimere integralmente l’assoggettamento all’IVA delle imprese interessate. Nel caso di un’esenzione quale quella prevista dal regolamento del Ministro delle Finanze, l’IVA non è d’altronde riscossa, cosicché non si tratta più di «modalità di riscossione», per quanto molto semplificate, a cui tale norma fa tuttavia esplicitamente riferimento. Inoltre, i «regimi forfettari» menzionati a titolo di esempio di modalità semplificate di imposizione dimostrano che, nel regime previsto da quella norma, le imprese sono effettivamente tenute a versare l’IVA. Pertanto, la nozione di «modalità semplificate» non può includere un’assoluta mancanza di imposizione e di riscossione di tale tributo.
26 Quest’interpretazione è corroborata dall’art. 24, nn. 2‑5, della sesta direttiva, disposizioni che menzionano esplicitamente la possibilità per gli Stati membri di applicare una «franchigia dall’imposta», laddove tali termini non figurano al n. 1 dello stesso articolo. Tale mancata menzione implica che le franchigie dall’imposta non rientrano tra le modalità semplificate di imposizione che possono essere attuate dagli Stati membri ai sensi del detto n. 1.
27 Dalle osservazioni che precedono discende che il regime istituito dal regolamento del Ministro delle Finanze eccede i poteri di cui dispongono gli Stati membri in applicazione dell’art. 24, n. 1, della sesta direttiva, in quanto non instaura «modalità semplificate di imposizione e riscossione dell’imposta», ma esenta le imprese interessate dall’obbligo di dichiarare e di versare l’IVA. Ne deriva che non è necessario esaminare la fondatezza degli altri argomenti invocati dalla Commissione per dimostrare che, contrariamente a quanto sostenuto dalla Repubblica d’Austria, il detto regime non può essere giustificato in relazione alla detta norma.
28 Pertanto, il citato regime deve essere considerato in contrasto con le disposizioni della sesta direttiva.
29 Conseguentemente, si deve dichiarare che, consentendo a soggetti passivi non stabiliti in Austria che effettuino attività di trasporto di persone in tale Stato membro di non presentare dichiarazioni dei redditi e di non pagare l’importo netto dell’IVA quando il loro fatturato ivi realizzato non superi EUR 22 000, considerando che, in questo caso, l’importo dell’IVA dovuta equivale a quello dell’IVA deducibile, e assoggettando l’applicazione del regime semplificato alla condizione che tale imposta non venga indicata nelle fatture o nei documenti sostitutivi, la Repubblica d’Austria ha violato gli obblighi ad essa derivanti dall’art. 18, nn. 1, lett. a), e 2, e dall’art. 22, nn. 3‑5, della sesta direttiva.
Sulle spese
30 Ai sensi dell’art. 69, n. 2, del regolamento di procedura, la parte soccombente è condannata alle spese. La Repubblica d’Austria è rimasta soccombente e va pertanto condannata alle spese conformemente alle conclusioni della Commissione.
Per questi motivi, la Corte (Terza Sezione) dichiara e statuisce:
1) Consentendo a soggetti passivi non stabiliti in Austria che effettuino attività di trasporto di persone in tale Stato membro di non presentare dichiarazioni dei redditi e di non pagare l’importo netto dell’imposta sul valore aggiunto quando il loro fatturato annuo ivi realizzato non superi EUR 22 000, considerando che, in questo caso, l’importo dell’imposta dovuta equivale a quello dell’imposta deducibile, e assoggettando l’applicazione del regime semplificato alla condizione che tale imposta non venga indicata nelle fatture o nei documenti sostitutivi, la Repubblica d’Austria ha violato gli obblighi ad essa derivanti dall’art. 18, nn. 1, lett. a), e 2, e dall’art. 22, nn. 3‑5, della sesta direttiva del Consiglio 17 maggio 1977, 77/388/CEE, in materia di armonizzazione delle legislazioni degli Stati membri relative alle imposte sulla cifra di affari – Sistema comune di imposta sul valore aggiunto: base imponibile uniforme.
2) Per il resto, il ricorso è respinto.
3) La Repubblica d’Austria è condannata alle spese.
Firme
* Lingua processuale: il tedesco.