Scegli le funzioni sperimentali da provare

Questo documento è un estratto del sito web EUR-Lex.

Documento 62004CJ0206

    Sentenza della Corte (Prima Sezione) del 23 marzo 2006.
    Mülhens GmbH & Co. KG contro Ufficio per l'armonizzazione nel mercato interno (marchi, disegni e modelli) (UAMI).
    Ricorso contro una pronuncia del Tribunale di primo grado - Marchio comunitario - Art. 8, n. 1, lett. b), del regolamento (CE) nº 40/94 - Rischio di confusione - Marchio denominativo ZIRH - Opposizione del titolare del marchio comunitario SIR.
    Causa C-206/04 P.

    Raccolta della Giurisprudenza 2006 I-02717

    Identificatore ECLI: ECLI:EU:C:2006:194

    Causa C-206/04 P

    Mülhens GmbH & Co. KG

    contro

    Ufficio per l’armonizzazione nel mercato interno

    (marchi, disegni e modelli) (UAMI)

    «Ricorso contro una pronuncia del Tribunale di primo grado — Marchio comunitario — Art. 8, n. 1, lett. b), del regolamento (CE) n. 40/94 — Rischio di confusione — Marchio denominativo ZIRH — Opposizione del titolare del marchio comunitario SIR»

    Conclusioni dell’avvocato generale D. Ruiz-Jarabo Colomer, presentate il 10 novembre 2005 

    Sentenza della Corte (Prima Sezione) 23 marzo 2006 

    Massime della sentenza

    1.     Marchio comunitario — Definizione e acquisizione del marchio comunitario — Impedimenti relativi alla registrazione — Opposizione da parte di un titolare di un marchio anteriore identico o simile registrato per prodotti o servizi identici o simili

    [Regolamento (CE) del Consiglio n. 40/94, art.  8, n. 1, lett.  b)]

    2.     Ricorso contro una pronuncia del Tribunale di primo grado — Motivi — Erronea valutazione dei fatti — Irricevibilità — Controllo da parte della Corte della valutazione degli elementi di fatto sottoposti al Tribunale — Esclusioni salvo caso di snaturamento

    (Art. 225 CE; Statuto della Corte di giustizia, art. 58, primo comma)

    1.     Nel valutare il rischio di confusione, ai sensi dell’art. 8, n. 1, lett. b) del regolamento n. 40/94 sul marchio comunitario, tra due segni che non sono simili sul piano visivo e concettuale, ma che presentano una somiglianza sul piano fonetico in taluni paesi, non si può escludere che la semplice somiglianza fonetica dei marchi possa creare un rischio di confusione ai sensi della detta disposizione. Tuttavia, l’esistenza di un tale rischio dev’essere accertata nell’ambito di una valutazione globale per quanto riguarda la somiglianza concettuale, visiva e fonetica tra i segni in esame. Al riguardo la valutazione di un’eventuale somiglianza fonetica è soltanto uno dei fattori pertinenti della detta valutazione globale, di modo che non sussista necessariamente un rischio di confusione ogni volta che sia dimostrata una semplice somiglianza fonetica tra i due segni.

    Inoltre, la detta valutazione globale implica che le differenze concettuali e visive tra due segni possano neutralizzare determinate somiglianze fonetiche tra di essi, purché almeno uno di questi segni abbia, nella prospettiva del pubblico rilevante, un significato chiaro e determinato, di modo che questo pubblico possa coglierlo direttamente.

    (v. punti 19-22, 35)

    2.     Risulta dagli artt. 225, n. 1, secondo comma, CE e 58, primo comma, dello Statuto della Corte di giustizia che l’impugnazione di una pronuncia del Tribunale è limitata alle questioni di diritto. Il Tribunale è dunque competente in via esclusiva ad accertare e a valutare i fatti pertinenti, nonché a valutare gli elementi di prova. La valutazione di tali fatti ed elementi di prova non costituisce quindi, salvo il caso di loro snaturamento, una questione di diritto, come tale soggetta al sindacato della Corte nell’ambito di un’impugnazione.

    (v. punti 28, 41)




    SENTENZA DELLA CORTE (Prima Sezione)

    23 marzo 2006 (*)

    «Ricorso contro una pronuncia del Tribunale di primo grado – Marchio comunitario – Art. 8, n. 1, lett. b), del regolamento (CE) n. 40/94 – Rischio di confusione – Marchio denominativo ZIRH – Opposizione del titolare del marchio comunitario SIR»

    Nel procedimento C-206/04 P,

    avente ad oggetto il ricorso contro una pronuncia del Tribunale di primo grado, proposto, ai sensi dell’art. 56 dello Statuto della Corte di giustizia, il 6 maggio 2004,

    Mülhens GmbH & Co. KG, con sede in Colonia (Germania), rappresentata dai sigg. T. Schulte-Beckhausen e C. Musiol, Rechtsanwälte,

    ricorrente,

    procedimento in cui le altre parti sono:

    Ufficio per l’armonizzazione nel mercato interno (marchi, disegni e modelli) (UAMI), rappresentato dalla sig.ra S. Laitinen e dal sig. A. von Mühlendahl, in qualità di agenti,

    convenuto in primo grado,

    Zirh International Corp., con sede in New York (Stati Uniti), rappresentata dal sig. L. Kouker, Rechtsanwalt,

    interveniente in primo grado,

    LA CORTE (Prima Sezione),

    composta dal sig. P. Jann, presidente di sezione, dalla sig.ra N. Colneric, dai sigg. J. N. Cunha Rodrigues, M. Ilešič (relatore) ed E. Levits, giudici,

    avvocato generale: sig. D. Ruiz-Jarabo Colomer

    cancelliere: sig.ra M. Ferreira, amministratore principale,

    vista la fase scritta del procedimento e in seguito alla trattazione orale del 6 ottobre 2005,

    sentite le conclusioni dell’avvocato generale, presentate all’udienza del 10 novembre 2005,

    ha pronunciato la seguente

    Sentenza

    1       Con il ricorso la Mülhens GmbH & Co. KG chiede l’annullamento della sentenza del Tribunale di primo grado delle Comunità europee 3 marzo 2004, causa T‑355/02, Mülhens/UAMI – Zirh International (ZIRH) (Racc. pag. II‑791; in prosieguo: la «sentenza impugnata»), mediante la quale il Tribunale ha respinto il suo ricorso mirante all’annullamento della decisione della seconda commissione di ricorso dell’Ufficio per l’armonizzazione nel mercato interno (marchi, disegni e modelli) (UAMI) 1º ottobre 2002 (procedimento R 247/2001-3), che respinge l’opposizione proposta dalla ricorrente contro la domanda di registrazione del segno denominativo «ZIRH» (in prosieguo: la «decisione controversa»).

     Contesto normativo

    2       L’art. 8, n. 1, del regolamento (CE) del Consiglio 20 dicembre 1993, n. 40/94, sul marchio comunitario (GU L 11, pag. 1), prevede:

    «In seguito all’opposizione del titolare di un marchio anteriore il marchio richiesto è escluso dalla registrazione:

    (…)

    b)      se a causa dell’identità o della somiglianza di detto marchio col marchio anteriore e dell’identità o somiglianza dei prodotti o servizi per i quali i due marchi sono stati richiesti, sussiste un rischio di confusione per il pubblico del territorio nel quale il marchio anteriore è tutelato; il rischio di confusione comprende il rischio di associazione con il marchio anteriore».

    3       L’art. 8, n. 2, di tale regolamento recita:

    «Ai sensi del paragrafo 1 si intendono per “marchi anteriori”:

    a)      i seguenti tipi di marchi la cui data di deposito sia anteriore a quella della domanda di marchio comunitario, tenuto conto, ove occorra, del diritto di priorità invocato per i medesimi:

    (…)

    i)      marchi comunitari (…)

    (…)».

    4       L’art. 8, n. 1, lett. b), del regolamento n. 40/94 è redatto in termini sostenzialmente identici a quelli dell’art. 4, n. 1, lett. b), della prima direttiva del Consiglio 21 dicembre 1988, 89/104/CEE, sul ravvicinamento delle legislazioni degli Stati membri in materia di marchi d’impresa (GU 1989, L 40, pag. 1).

     Antefatti della controversia

    5       Il 21 settembre 1999 la Zirh International Corp. (in prosieguo: la «Zirh Corp.») presentava presso l’UAMI una domanda di registrazione di marchio comunitario del segno denominativo «ZIRH» per prodotti e servizi delle classi 3, 5 e 42, ai sensi dell’Accordo di Nizza 15 giugno 1957, relativo alla classificazione internazionale dei prodotti e dei servizi ai fini della registrazione dei marchi, come riveduto e modificato (in prosieguo: l’«Accordo di Nizza»).

    6       Il 24 maggio 2000 la ricorrente ha proposto opposizione, ai sensi dell’art. 42 del regolamento n. 40/94, avverso la detta domanda di registrazione di marchio per tutti i prodotti e servizi indicati nella domanda stessa. L’opposizione era basata sull’esistenza di un marchio comunitario anteriore, vale a dire un marchio misto, denominativo e figurativo, costituito dall’elemento denominativo «SIR» accompagnato da una figura araldica, registrato per prodotti ricompresi nella classe 3 dell’Accordo di Nizza e corrispondenti alla descrizione seguente: «Prodotti di profumeria, oli essenziali, cosmetici, lozioni per capelli, dentifrici, saponi» (in prosieguo: il «marchio anteriore»).

    7       Con decisione 29 giugno 2001, la divisione di opposizione dell’UAMI ha respinto l’opposizione essenzialmente sulla base del rilievo che, sebbene i prodotti e servizi in causa siano commercializzati attraverso gli stessi canali di distribuzione o gli stessi punti vendita, le differenze tra i due marchi prevalgono manifestamente sulla somiglianza fonetica che può esistere tra i detti marchi in talune lingue ufficiali dell’Unione europea, in modo tale che non esiste rischio di confusione tra di essi.

    8       Il 10 luglio 2001 la ricorrente ha proposto ricorso contro questa decisione dinanzi alla seconda commissione di ricorso dell’UAMI, che, con la decisione controversa, ha respinto il ricorso confermando la decisione della divisione di opposizione della quale ha adottato la motivazione.

     Il procedimento dinanzi al Tribunale e la sentenza impugnata

    9       Con atto introduttivo depositato presso la cancelleria del Tribunale il 4 dicembre 2002, la ricorrente ha proposto contro la decisione controversa un ricorso inteso ad ottenerne l’annullamento sul fondamento di un unico motivo attinente alla violazione della nozione di rischio di confusione, ai sensi dell’art. 8, n. 1, lett. b), del regolamento n. 40/94.

    10     Il Tribunale ha in primo luogo ricordato, ai punti 33-43 della sentenza impugnata, le disposizioni applicabili e la giurisprudenza rilevante in materia di rischio di confusione con un marchio anteriore.

    11     Il Tribunale ha poi proceduto alla valutazione globale dell’insieme dei fattori pertinenti tenendo conto, in particolare, dei loro elementi distintivi e dominanti, e ha considerato in seguito che la somiglianza fonetica esistente tra i marchi in causa è neutralizzata in larga misura. Il Tribunale si è espresso nei seguenti termini:

    «44      Per quanto attiene al raffronto visivo dei marchi in conflitto, si deve anzitutto rilevare che, per quanto gli elementi denominativi di questi due marchi possiedano in comune la seconda e la terza delle lettere utilizzate, vale a dire la sillaba «ir», essi presentano differenze visive non trascurabili. Infatti, le prime lettere, rispettivamente la «s» e la «z», sono diverse. Inoltre, i detti elementi denominativi sono composti da un numero diverso di lettere, poiché nel marchio richiesto le lettere «ir» sono seguite dalla lettera «h». Per di più, il segno denominativo del marchio anteriore è accompagnato da una figura araldica, laddove il marchio richiesto è costituito esclusivamente da un segno denominativo redatto in caratteri ordinari. Pertanto, nella valutazione visiva complessiva dei segni di cui trattasi, l’esistenza di elementi specifici dei rispettivi segni fa sì che la loro impressione complessiva risulti differente.

    45      Quanto alla somiglianza fonetica, l’UAMI non contesta che gli elementi denominativi contenuti nei due marchi presentino somiglianze in talune lingue ufficiali dell’Unione europea. Infatti, come giustamente osservato dall’UAMI al punto 26 del proprio controricorso, in vari Stati membri il marchio anteriore sarà probabilmente pronunciato all’inglese, atteso che «sir» costituisce un termine inglese noto, presumibilmente conosciuto anche dal pubblico non anglofono. Sebbene il marchio comunitario richiesto possa essere pronunciato in modi differenti in talune lingue, si deve ritenere che, come riconosciuto dall’UAMI, i marchi di cui trattasi siano simili sul piano fonetico, quantomeno nei paesi anglofoni e in Spagna, dato che le rispettive differenze di pronuncia tra l’inglese e lo spagnolo non risultano particolarmente marcate. Sul piano fonetico, in tali paesi i marchi devono essere quindi considerati simili.

    46      Per quanto attiene al raffronto, sul piano concettuale, dei marchi in conflitto, la ricorrente non contesta le valutazioni dell’UAMI al riguardo. Infatti, come correttamente sostenuto dall’Ufficio, non sussiste somiglianza sul piano concettuale, dato che sembra probabile che il consumatore medio degli Stati membri faccia riferimento alla parola inglese «sir» in considerazione dell’estesa notorietà di tale termine in Europa. Poiché il termine «zirh» non presenta significato apparente in alcuna delle undici lingue ufficiali dell’Unione europea, il grande pubblico percepirà quindi la parola «zirh» come neologismo. Si deve pertanto ritenere che, sul piano concettuale, non esista somiglianza tra i due marchi.

    47      Si deve conseguentemente rilevare che non sussiste somiglianza tra i marchi «sir» e «zirh», né sul piano visivo né su quello concettuale. Sul piano fonetico, i due detti marchi risultano simili in alcuni paesi. A tal riguardo, va osservato che, secondo la giurisprudenza, non si può escludere che la sola somiglianza fonetica dei marchi possa creare un rischio di confusione [v. sentenza [della Corte 22 giugno 1999, causa C-342/97,] Lloyd Schuhfabrik Meyer [Racc. pag. I-3819], punto 28, e sentenza del Tribunale 15 gennaio 2003, causa T‑99/01, Mystery Drinks/UAMI – Karlsberg Brauerei (MYSTERY), Racc. pag. II-43, punto 42].

    48      Orbene, come già rilevato supra ai punti 39 e 42, occorre procedere ad una valutazione globale di tutti gli elementi pertinenti della specie, fondata sull’impressione complessiva prodotta dai marchi di cui trattasi, tenendo conto, in particolare, dei loro elementi distintivi e dominanti.

    49      Infatti, secondo la giurisprudenza del Tribunale, le somiglianze fonetiche possono essere neutralizzate dalle differenze concettuali che distinguono i marchi in questione. Una siffatta neutralizzazione richiede che almeno uno dei marchi di cui trattasi abbia, nella prospettiva del pubblico rilevante, un significato chiaro e determinato, di modo che tale pubblico possa immediatamente comprenderlo [v. sentenza [del Tribunale 14 ottobre 2003, causa T-292/01, Phillips-Van Heusen/UAMI – Pash Textilvertrieb und Einzelhandel (BASS), Racc. pag. II‑4335, punto 54].

    50      Nella specie, ciò vale con riguardo all’elemento denominativo del marchio anteriore SIR come già rilevato supra al punto 46. Tale analisi non è inficiata dal fatto che questo segno denominativo non designi alcuna caratteristica dei prodotti per i quali è stata effettuata la registrazione del marchio medesimo. Tale circostanza non impedisce, infatti, al pubblico rilevante di comprendere immediatamente il significato di tale elemento denominativo del marchio anteriore. È sufficiente che uno dei marchi in questione sia dotato di un siffatto significato affinché, laddove l’altro marchio non ha un siffatto significato o ha solo un significato del tutto diverso, vengano in larga misura neutralizzate le somiglianze fonetiche esistenti tra i marchi medesimi (v., in tal senso, sentenza BASS [precedentemente citata], punto 54).

    51      Nella specie, tale neutralizzazione è avvalorata dal fatto che i marchi SIR e ZIRH presentano parimenti differenze visive. In tale contesto, occorre rilevare, come correttamente osservato dall’UAMI, che il grado di somiglianza fonetica tra due marchi presenta un’importanza ridotta nel caso di prodotti commercializzati in modo tale che, di regola, il pubblico rilevante, al momento dell’acquisto, percepisca in modo visivo il marchio che li designa (v., in tal senso, sentenza BASS, [precedentemente citata], punto 55).

    52      Ciò vale per i prodotti di cui trattasi nella specie, contrariamente a quanto sostenuto dalla ricorrente. Infatti, gli argomenti della ricorrente, secondo cui la vendita dei prodotti oggetto del marchio anteriore non verrebbe effettuata esclusivamente sulla base del loro aspetto visivo e secondo cui un canale importante di commercializzazione dei prodotti della ricorrente sarebbe costituito da profumerie, parrucchieri e istituti di bellezza, non inficiano tale conclusione.

    53      A tal riguardo si deve rilevare che la ricorrente non ha minimamente dimostrato che i propri prodotti vengano abitualmente commercializzati in maniera tale che il pubblico non abbia alcuna percezione visiva del marchio. La ricorrente si limita infatti a sostenere che esisterebbe un canale tradizionale di commercializzazione costituito dalle profumerie, dai parrucchieri e dagli istituti di bellezza, ragion per cui il prodotto non potrebbe essere preso direttamente dal consumatore, bensì solamente tramite un venditore.

    54      Anche ammesso che le profumerie, i parrucchieri e gli istituti di bellezza possano costituire canali importanti di commercializzazione dei prodotti della ricorrente, è pacifico che, anche in tali luoghi, i prodotti vengono generalmente presentati su scaffali in modo da consentirne l’esame visivo da parte dei consumatori. Pertanto, anche se non è escluso che i prodotti di cui trattasi possano essere parimenti venduti sulla base di un ordinativo orale, non si può ritenere che tale modalità costituisca il modo di commercializzazione abituale di tali prodotti».

    12     Pertanto, il Tribunale ha concluso, al punto 55 della sentenza impugnata, che il grado di somiglianza tra i marchi in questione non è sufficientemente elevato per considerare che il pubblico rilevante possa credere che i prodotti di cui trattasi provengano dalla stessa impresa o eventualmente da imprese economicamente collegate, ed ha conseguentemente respinto il ricorso della ricorrente.

     Il ricorso contro la pronuncia del Tribunale di primo grado

    13     La ricorrente chiede che la Corte voglia annullare la sentenza impugnata nonché la decisione contestata e condannare l’UAMI alle spese. A sostegno del ricorso essa invoca un motivo unico, che consta di due parti, e attiene alla violazione dell’art. 8, n. 1, lett. b), del regolamento n. 40/94. Ognuna delle due parti contiene due differenti censure.

    14     L’UAMI e la Zirh Corp. chiedono il rigetto del ricorso e la condanna della ricorrente alle spese.

     Sulla prima parte del motivo unico (il rischio di confusione)

     La prima censura

    –       Argomenti delle parti

    15     La ricorrente sostiene che la somiglianza parziale e l’identità parziale tra i prodotti e i servizi considerati, da un lato, e la somiglianza fonetica tra i marchi di cui trattasi, dall’altro, inducono a concludere per l’esistenza di un rischio di confusione tra i detti marchi. Secondo la ricorrente, che invoca al riguardo il punto 28 della citata sentenza Lloyd Schuhfabrik Meyer, l’art. 8, n. 1, lett. b), del regolamento n. 40/94 implica che la somiglianza manifesta in base ad uno dei criteri sensoriali dimostri l’esistenza di un rischio di confusione. Nella fattispecie, tale rischio deriverebbe dalla somiglianza fonetica.

    16     L’UAMI non contesta l’analisi svolta dalla ricorrente per quanto riguarda la somiglianza tra i marchi. Tuttavia, esso considera che la portata della citata sentenza Lloyd Schuhfabrik Meyer consiste soltanto nell’ammettere la possibilità che la somiglianza fonetica sia sufficiente a dimostrare il rischio di confusione.

    –       Giudizio della Corte

    17     Occorre ricordare preliminarmente che, secondo il settimo ‘considerando’ del regolamento n. 40/94, la valutazione del rischio di confusione dipende da numerosi fattori tra cui, in particolare, la notorietà del marchio sul mercato, l’associazione che può essere fatta tra il marchio e il segno usato o registrato, il grado di somiglianza tra il marchio e il segno e tra i prodotti o servizi designati.

    18     L’esistenza di un rischio di confusione nella mente del pubblico deve essere oggetto di valutazione globale, in considerazione di tutti i fattori pertinenti del caso di specie (v., in questo senso, a proposito della direttiva 89/104, sentenze della Corte 11 novembre 1997, causa C-251/95, SABEL, Racc. pag. I-6191, punto 22, e 22 giugno 2000, causa C-425/98, Marca Mode, Racc. pag. I-4861, punto 40).

    19     Tale valutazione globale deve fondarsi, per quanto attiene alla somiglianza visiva, fonetica o concettuale dei segni di cui trattasi, sull’impressione complessiva prodotta dai segni, in considerazione, in particolare, degli elementi distintivi e dominanti dei segni medesimi (v., in particolare, a proposito della direttiva 89/104, sentenze SABEL, citata, punto 23, e Lloyd Schuhfabrik Meyer, citata, punto 25).

    20     Al riguardo, dopo aver valutato l’impressione complessiva prodotta dai due segni di cui trattasi, il Tribunale ha constatato, al punto 47 della sentenza impugnata, che tali segni non sono simili sul piano visivo e concettuale, ma che, per contro, presentano una somiglianza sul piano fonetico in taluni paesi e non ha escluso che tale unica somiglianza possa creare un rischio di confusione.

    21     Non si può escludere che la sola somiglianza fonetica dei marchi possa creare un rischio di confusione ai sensi dell’art. 8, n. 1, lett. b), del regolamento n. 40/94 (v., a proposito della direttiva n. 89/104, la sentenza Lloyd Schuhfabrik Meyer, citata, punto 28). Tuttavia, occorre ricordare che l’esistenza di un tale rischio dev’essere accertata nell’ambito di una valutazione globale per quanto riguarda la somiglianza concettuale, visiva e fonetica tra i segni in esame. Al riguardo la valutazione di un’eventuale somiglianza fonetica è soltanto uno dei fattori pertinenti della detta valutazione globale.

    22     Pertanto, non si può dedurre dal punto 28 della sentenza Lloyd Schuhfabrik Meyer che sussista necessariamente un rischio di confusione ogni volta che sia dimostrata una semplice somiglianza fonetica tra due segni.

    23     Il Tribunale ha dunque giustamente esaminato l’impressione complessiva prodotta dai due segni considerati, per quanto riguarda la loro eventuale somiglianza concettuale, visiva e fonetica, nell’ambito della valutazione globale del rischio di confusione.

    24     Ne consegue che la prima censura della prima parte del motivo unico deve essere dichiarata infondata.

     La seconda censura

    –       Argomenti delle parti

    25     Secondo la ricorrente, la somiglianza fonetica è sufficiente a dimostrare l’esistenza di un rischio di confusione, se i prodotti designati dai marchi considerati non vengono acquistati esclusivamente a vista. Orbene, con riferimento ai prodotti in esame, i consumatori non avrebbero la possibilità di servirsi da soli in un gran numero di negozi nei quali essi dovrebbero, pertanto, chiederli esplicitamente. Per di più, tali prodotti verrebbero comunemente acquistati per telefono. Secondo la ricorrente, il consumatore, che in tutti questi casi ha soltanto una percezione fonetica del marchio «SIR», non conosce le caratteristiche visive dei prodotti designati da tale marchio.

    26     Secondo l’UAMI, la somiglianza fonetica non è decisiva nella fattispecie poiché i prodotti di cui trattasi vengono di regola acquistati a vista. Infatti, a suo avviso, tali prodotti vengono commercializzati in modo tale che, all’atto dell’acquisto, il pubblico rilevante ha la percezione che il marchio designi in modo visivo tali prodotti. Pertanto, sebbene sia possibile riferirsi verbalmente ai prodotti di cui trattasi, l’UAMI considera che il canale di distribuzione che richiede una domanda verbale non rappresenta la situazione tipica o media di acquisto di tali prodotti. Conseguentemente, esso conclude che non esiste, nella fattispecie, alcun rischio di confusione ai sensi dell’art. 8, n. 1, lett. b), del regolamento n. 40/94.

    –       Giudizio della Corte

    27     Per quanto riguarda la seconda censura formulata dalla ricorrente, relativa alle implicazioni dei sistemi di commercializzazione dei prodotti considerati, va constatato che il ricorso mira, in realtà, ad ottenere che la Corte sostituisca la propria valutazione dei fatti a quella del Tribunale.

    28     Orbene, la decisione del Tribunale, contenuta ai punti 52-54 della sentenza impugnata, secondo cui i prodotti di cui trattasi vengono generalmente commercializzati in modo tale da permetterne l’esame visivo da parte del pubblico rilevante, costituisce una valutazione di fatto il cui controllo non rientra fra le competenze della Corte nell’ambito di un’impugnazione. Infatti, in conformità agli artt. 225, n. 1, secondo comma, CE e 58, primo comma, dello Statuto della Corte di giustizia, l’impugnazione di una pronuncia del Tribunale è limitata alle questioni di diritto. Il Tribunale è dunque competente in via esclusiva ad accertare e a valutare i fatti pertinenti, nonché a valutare gli elementi di prova. La valutazione di tali fatti ed elementi di prova non costituisce, quindi, salvo il caso di loro snaturamento, una questione di diritto, come tale soggetta al sindacato della Corte nell’ambito di un’impugnazione (v. sentenza 15 settembre 2005, causa C‑37/03 P, BioID/UAMI, Racc. pag. I‑7975, punto 43 e giurisprudenza ivi richiamata).

    29     Poiché la ricorrente non ha invocato alcuno snaturamento dei fatti e degli elementi di prova sottoposti all’esame del Tribunale, occorre dichiarare irricevibile la seconda censura della prima parte del motivo unico.

    30     Occorre pertanto constatare che, con riferimento alla prima parte del motivo unico, il Tribunale non ha disatteso la portata dell’art. 8, n. 1, lett. b), del regolamento n. 40/94.

    31     Dalle precedenti considerazioni risulta che la prima parte del motivo unico deve essere dichiarata in parte infondata e in parte irricevibile.

     Sulla seconda parte del motivo unico (la neutralizzazione della somiglianza fonetica)

     La prima censura

    –       Argomenti delle parti

    32     La ricorrente sostiene che la premessa del ragionamento del Tribunale, espressa ai punti 48 e 49 della sentenza impugnata, è erronea. Infatti, secondo la ricorrente, la somiglianza fonetica non può essere neutralizzata da differenze visive e concettuali.

    33     L’UAMI sostiene che, se la Corte recepisce il ragionamento sviluppato dal Tribunale nella sentenza Phillips-Van Heusen/UAMI – Pash Textilvertrieb und Einzelhandel (BASS) (citata, punto 54), secondo cui le differenze concettuali e visive che separano due marchi sono tali da neutralizzare determinate somiglianze fonetiche purché almeno uno di questi marchi abbia, nella prospettiva del pubblico rilevante, un significato chiaro e determinato, in modo tale che il detto pubblico possa coglierlo immediatamente, essa deve applicarlo nella presente controversia.

    –       Giudizio della Corte

    34     Come si è ricordato al punto 19 della presente sentenza, la valutazione globale, per quanto riguarda la somiglianza visiva, fonetica o concettuale dei marchi di cui trattasi, deve essere basata sull’impressione complessiva prodotta dai detti marchi, tenendo conto, in particolare, degli elementi distintivi e dominanti di essi.

    35     La detta valutazione globale implica che le differenze concettuali e visive tra due segni possano neutralizzare determinate somiglianze fonetiche tra di essi, purché almeno uno di questi segni abbia, nella prospettiva del pubblico rilevante, un significato chiaro e determinato, di modo che questo pubblico possa coglierlo direttamente (v., in questo senso, sentenza 12 gennaio 2006, causa C-361/04 P, Ruiz-Picasso e a./UAMI, Racc. pag. I‑643, punto 20).

    36     Pertanto, dopo aver enunciato giustamente, ai punti 48 e 49 della sentenza impugnata, che la valutazione globale include anche la valutazione degli elementi distintivi e dominanti dei segni di cui trattasi e che le somiglianze fonetiche possono essere neutralizzate dalle differenze concettuali tra i detti segni, il Tribunale ha potuto, senza misconoscere la portata dell’art. 8, n. 1, lett. b), del regolamento n. 40/94, giudicare che il grado di somiglianza tra i segni considerati non è abbastanza elevato per considerare che il pubblico rilevante possa credere che i prodotti di cui trattasi provengano dalla stessa impresa o, eventualmente, da imprese legate economicamente.

    37     Ne consegue che la prima censura della seconda parte del motivo unico deve essere dichiarata infondata.

     La seconda censura

    –       Argomenti delle parti

    38     La ricorrente sostiene che il significato essenziale del marchio «SIR» appare chiaramente soltanto se tale marchio viene pronunciato all’inglese. La sua pronuncia in tutte le altre lingue ufficiali dell’Unione europea non avrebbe alcun senso e costituirebbe un puro segno di fantasia. Pertanto, secondo la ricorrente, il Tribunale non poteva considerare che, nella fattispecie, uno dei marchi di cui trattasi avesse un significato chiaro e determinato per decidere che la somiglianza fonetica fosse neutralizzata dalle differenze concettuali e visive che separano tali marchi. Il Tribunale avrebbe pertanto commesso un errore di diritto nell’interpretazione dell’art. 8, n. 1, lett. b), del regolamento n. 40/94.

    39     L’UAMI considera che il marchio figurativo «SIR» presenta un significato chiaro e determinato, ai sensi della sentenza del Tribunale Phillips-Van Heusen/UAMI – Pash Textilvertrieb und Einzelhandel (BASS) (citata, punto 54). Pertanto, il Tribunale non avrebbe commesso un errore di diritto nell’interpretazione dell’art. 8, n. 1, lett. b), del regolamento n. 40/94.

    –       Giudizio della Corte

    40     Per quanto riguarda la seconda censura formulata dalla ricorrente, relativa alla valutazione delle differenze concettuali e visive dei segni considerati, va constatato che il ricorso mira, in realtà, ad ottenere che la Corte sostituisca la propria valutazione dei fatti a quella del Tribunale.

    41     È sufficiente osservare, al riguardo, che la decisione del Tribunale, contenuta ai punti 50 e 51 della sentenza impugnata, secondo cui le differenze concettuali e visive tra i segni di cui trattasi neutralizzano la loro somiglianza fonetica, costituisce una valutazione di fatto il cui controllo non rientra fra le competenze della Corte nell’ambito di un’impugnazione. Infatti, risulta dall’art. 225, n. 1, secondo comma, CE e dall’art. 58, primo comma, dello Statuto della Corte di giustizia che l’impugnazione è limitata alle questioni di diritto. Il Tribunale è, dunque, competente in via esclusiva ad accertare e valutare i fatti pertinenti, nonché a valutare gli elementi di prova. La valutazione di tali fatti ed elementi di prova non costituisce, quindi, una questione di diritto, come tale soggetta al sindacato della Corte nell’ambito di un’impugnazione, salvo il caso di snaturamento di tali fatti e di tali elementi (v. sentenza BioID/UAMI, citata, punto 43, e giurisprudenza ivi richiamata).

    42     Poiché la ricorrente non ha invocato lo snaturamento dei fatti e degli elementi di prova sottoposti all’esame del Tribunale, occorre dichiarare irricevibile la seconda censura della seconda parte del motivo unico.

    43     Va pertanto constatato che, per quanto riguarda la seconda parte del motivo unico, il Tribunale non ha disatteso la portata dell’art. 8, n. 1, lett. b), del regolamento n. 40/94.

    44     Dalle precedenti considerazioni risulta che la seconda parte del motivo unico deve essere dichiarata in parte infondata e in parte irricevibile.

    45     Poiché nessuna delle parti del motivo unico invocato dalla ricorrente a sostegno del ricorso è fondata, il ricorso deve essere respinto.

     Sulle spese

    46     Ai sensi dell’art. 69, n. 2, del regolamento di procedura, applicabile al ricorso d’impugnazione a norma dell’art. 118 del medesimo regolamento, la parte soccombente è condannata le spese se ne è stata fatta domanda. Poiché l’UAMI e la Zirh Corp. ne hanno fatto domanda, la ricorrente, rimasta soccombente, dev’essere condannata alle spese.

    Per questi motivi, la Corte (Prima Sezione) dichiara e statuisce:

    1)      Il ricorso è respinto.

    2)      La Mülhens GmbH & Co. KG è condannata alle spese.

    Firme


    * Lingua processuale: l'inglese.

    In alto