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Documento 62003CC0291

Conclusioni dell'avvocato generale Léger del 12 maggio 2005.
MyTravel plc contro Commissioners of Customs & Excise.
Domanda di pronuncia pregiudiziale: VAT and Duties Tribunal, Manchester - Regno Unito.
Sesta direttiva IVA - Regime delle agenzie di viaggi - Viaggi "tutto compreso" - Prestazioni acquisite presso terzi e prestazioni proprie - Metodo di calcolo dell'imposta.
Causa C-291/03.

Raccolta della Giurisprudenza 2005 I-08477

Identificatore ECLI: ECLI:EU:C:2005:283

CONCLUSIONI DELL’AVVOCATO GENERALE

PHILIPPE LÉGER

presentate il 12 maggio 2005 1(1)

Causa C‑291/03

My Travel plc

contro

Commissioners of Customs & Excise

(domanda di pronuncia pregiudiziale proposta dal VAT and Duties Tribunal, Manchester (Regno Unito))

«IVA – Art. 26 della sesta direttiva IVA – Regime delle agenzie di viaggi e degli organizzatori di giri turistici – Prestazioni proprie e prestazioni acquisite presso terzi – Metodo di calcolo della base imponibile – Ripartizione del prezzo forfettario tra le prestazioni acquisite e le prestazioni proprie – Applicazione del metodo del valore di mercato»





1.     La sesta direttiva 77/388/CEE (2) prevede all’art. 26 un regime speciale in materia di imposta sul valore aggiunto (in prosieguo: l’«IVA») per le agenzie di viaggi e gli organizzatori di giri turistici. Tale regime speciale si applica a quelle agenzie e a quegli organizzatori che, dietro pagamento di un prezzo forfettario, forniscono ai viaggiatori una prestazione comprensiva di più servizi, in particolare in materia di alloggio e di trasporto, acquisiti presso terzi. Secondo lo stesso regime, la base imponibile per l’IVA non è costituita dal prezzo al netto dell’imposta, ma dal margine di profitto realizzato dall’agenzia, cioè dalla differenza tra il prezzo al netto dell’imposta pagato dall’acquirente e il costo dei servizi che l’agenzia ha acquisito presso terzi.

2.     Nella sentenza 22 ottobre 1998, Madgett e Baldwin (3), la Corte di giustizia ha precisato che, quando la prestazione fornita da un’agenzia di viaggi per un prezzo forfettario è composta di prestazioni in parte acquisite presso terzi e in parte fornite dall’agenzia stessa, il regime speciale dell’art. 26 della sesta direttiva si applica solo alle prestazioni fornite da terzi.

3.     La Corte si è anche pronunciata sul metodo da applicare per individuare la quota del prezzo forfettario relativa alle prestazioni fornite dalla stessa agenzia di viaggi. Precisamente, la questione era se tale metodo dovesse tenere conto del costo effettivo di tali prestazioni per l’operatore, come richiedeva la legislazione del Regno Unito di Gran Bretagna e Irlanda del Nord, oppure del loro valore di mercato. La Corte ha dichiarato che non si può esigere che un operatore economico calcoli la quota della somma forfettaria corrispondente alle prestazioni proprie applicando il criterio dei costi effettivi, qualora sia possibile valutare detta quota della somma forfettaria in base al valore di mercato di prestazioni analoghe.

4.     In seguito a tale sentenza, la società Airtours, divenuta My Travel plc (4), un organizzatore di giri turistici pure soggetto all’IVA nel Regno Unito e che aveva calcolato il suo debito d’imposta per gli anni dal 1995 al 1999 applicando il criterio dei costi effettivi, ha chiesto alla sua amministrazione nazionale la possibilità di ricalcolare quest’ultimo, per determinati anni, utilizzando il metodo del valore di mercato.

5.     Il VAT and Duties Tribunal, Manchester (Commissione tributaria competente del Regno Unito), chiede alla Corte di stabilire se e in quali circostanze un organizzatore di giri turistici quale la My Travel possa ricalcolare il suo debito IVA conformemente al metodo del valore di mercato descritto nella citata sentenza Madgett e Baldwin.

I –    Contesto normativo

A –    L’art. 26 della sesta direttiva

6.     I servizi forniti dalle agenzie di viaggi e dagli organizzatori di giri turistici sono caratterizzati dal fatto che, il più delle volte, per un prezzo forfettario, sono composti da più prestazioni, in particolare in materia di trasporto e di alloggio, effettuate sia all’interno sia all’esterno del territorio dello Stato membro in cui l’impresa ha la sua sede o un centro di attività stabile.

7.     All’applicazione delle norme di diritto ordinario concernenti il luogo di imposizione, la base imponibile e la detrazione dell’imposta pagata a monte si frapporrebbero, a causa della varietà delle prestazioni e del luogo in cui vengono fornite, difficoltà pratiche per detti operatori economici, che sarebbero atte ad ostacolare l’esercizio della loro attività. Così, al fine di recuperare l’imposta pagata a monte sulle prestazioni di servizi acquisiti da altre imprese per l’organizzazione del viaggio, detti soggetti passivi sarebbero costretti ad adempiere le formalità amministrative necessarie in ciascuno Stato membro in cui hanno acquisito tali prestazioni.

8.     L’art. 26 della sesta direttiva mira quindi a semplificare l’applicazione delle norme comunitarie in materia di IVA per tali operatori (5) e, in particolare, è diretto a garantire una detrazione semplificata dell’imposta pagata a monte, qualunque sia lo Stato membro in cui è stata riscossa (6).

9.     L’art. 26 instaura così un regime speciale in favore delle agenzie di viaggi e degli organizzatori di giri turistici che agiscono in nome proprio nei confronti del viaggiatore e che utilizzano per l’esecuzione del viaggio beni e servizi forniti da altri soggetti passivi (7).

10.   Secondo tale regime, tutte le operazioni effettuate dall’agenzia di viaggi sono considerate come una prestazione di servizi unica e quest’ultima è assoggettata all’imposta nel luogo in cui tale agenzia ha stabilito la sede della sua attività o un centro di attività stabile a partire dal quale essa ha fornito la prestazione di servizi (8).

11.   Detto regime speciale prevede pure una deroga al regime generale enunciato all’art. 11, parte A, n. 1, lett. a), della sesta direttiva, secondo il quale la base imponibile IVA è costituita dall’intero corrispettivo versato al prestatore da parte dell’acquirente (9). L’art. 26, n. 2, terza frase, della stessa direttiva così dispone:

«Per questa prestazione di servizio è considerata come base imponibile e come prezzo al netto dell’imposta, ai sensi dell’articolo 22, paragrafo 3, lettera b), il margine dell’agenzia di viaggi, cioè la differenza tra l’importo totale a carico del viaggiatore, al netto dell’imposta sul valore aggiunto, ed il costo effettivo sostenuto dall’agenzia di viaggi per le cessioni e le prestazioni di servizi di altri soggetti passivi, nella misura in cui da tali operazioni il viaggiatore tragga direttamente vantaggio».

12.   A corollario di tale base imponibile ridotta al margine di profitto, «[g]li importi dell’[IVA] imputati all’agenzia di viaggi da altri soggetti passivi per le operazioni di cui al paragrafo 2 e dalle quali il viaggiatore trae direttamente vantaggio non sono né deducibili, né rimborsabili in alcuno Stato membro» (10).

B –    Il diritto nazionale

13.   L’art. 26 della sesta direttiva è stato recepito nel Regno Unito mediante l’art. 52 del Value Added Tax Act 1994 (legge britannica 1994 relativa all’IVA) e mediante il Value Added Tax (Tour Operators) Order 1987 (regolamento britannico 1987 relativo all’IVA applicabile agli organizzatori di giri turistici).

14.   Il metodo di calcolo del margine di profitto realizzato dagli organizzatori di giri turistici che forniscono ai viaggiatori prestazioni acquisite presso terzi è stabilito, per i periodi di imposizione in questione nella causa principale, dalla circolare dei Commissioners of Customs and Excise (11) n. 709/5/88, poi sostituita dalla circolare n. 709/5/96, dette «Tour Operators’ Margin Scheme» (regime riguardante il margine applicabile agli organizzatori di giri turistici). Il giudice del rinvio precisa che, ai fini del presente procedimento, i regimi previsti da queste due circolari si possono considerare identici (12).

15.   Il regime TOMS prevede che l’organizzatore di giri turistici, i cui pacchetti comprendano sia prestazioni acquisite presso terzi sia prestazioni proprie, debba ripartire l’importo totale del pacchetto in base al costo sostenuto per le prestazioni di ciascuna delle due categorie. Il costo delle prestazioni acquisite corrisponde al prezzo richiesto all’organizzatore di giri turistici da parte del fornitore terzo. Il costo delle prestazioni proprie viene calcolato in base alla contabilità di tale organizzatore. Una volta stabiliti i distinti importi per il costo dei servizi acquisiti e per quello dei servizi propri, egli deve detrarre la somma di questi costi dall’importo totale del pacchetto per ottenere il margine complessivo. L’operatore deve inoltre ripartire tale margine complessivo in base al rapporto tra il costo totale delle prestazioni proprie e quello delle prestazioni acquisite. Il margine delle prestazioni acquisite è allora assoggettato al regime dell’art. 26 della sesta direttiva e la quota della somma forfettaria corrispondente alle prestazioni proprie è oggetto di imposizione conformemente alla disciplina generale di cui alla stessa direttiva.

C –    La sentenza Madgett e Baldwin

16.   I sigg. Madgett e Baldwin gestivano un albergo situato nel Devon, in Inghilterra. La loro clientela si componeva, al 90%, di clienti che acquistavano un pacchetto «tutto compreso», cioè pagavano un prezzo fisso quale corrispettivo di un alloggio con trattamento di mezza pensione, del loro trasporto da diversi punti di raccolta e di un’escursione di un giorno in autobus. Gli altri clienti dell’albergo si occupavano personalmente del proprio trasporto andata e ritorno fino all’albergo, non fruivano della visita turistica e non pagavano lo stesso prezzo. I sigg. Madgett e Baldwin, per garantire il trasporto dei loro clienti fino all’albergo e i viaggi in autobus, ricorrevano a imprese terze.

17.   In detta sentenza, la Corte prima ha dichiarato, da una parte, che il regime speciale dell’art. 26 della sesta direttiva, benché miri a risolvere i problemi legati all’acquisizione delle prestazioni in diversi Stati membri, è del pari applicabile qualora le prestazioni siano fornite in un solo Stato (13). Dall’altra, la Corte ha dichiarato che tale applicazione non doveva essere limitata ai soli operatori economici formalmente qualificati agenzie di viaggi o organizzatori di giri turistici, ma che essa doveva estendersi anche ad albergatori come i sigg. Madgett e Baldwin, che forniscono servizi legati a viaggi acquisiti presso terzi, dato che tali servizi non rivestono un carattere puramente accessorio rispetto alle loro prestazioni proprie di albergatori (14).

18.   La Corte ha poi affrontato la questione di come si debba calcolare il margine imponibile qualora il pacchetto comprenda prestazioni proprie e servizi acquisiti.

19.   In primo luogo, essa ha dedotto dal contenuto dell’art. 26 della sesta direttiva, dai suoi obiettivi e dal suo carattere derogatorio al regime generale che il regime particolare di detto articolo si deve applicare unicamente alle prestazioni acquisite presso terzi (15).

20.   Da questa analisi consegue che l’agenzia di viaggi deve procedere alla ripartizione del prezzo forfettario pagato dai suoi clienti, in modo da individuare il margine praticato sulle prestazioni acquisite presso terzi. Tuttavia, l’art. 26 della sesta direttiva, in quanto non prevede l’ipotesi di viaggi a prezzo forfettario comprensivi sia di prestazioni acquisite presso terzi sia di prestazioni proprie, non stabilisce i criteri che consentano di calcolare detto margine e di detrarre dal prezzo forfettario quanto corrisponde alle prestazioni proprie. Inoltre, siccome tale prezzo forfettario comprende sia le prestazioni acquisite sia le prestazioni proprie, la nozione di «corrispettivo», ai sensi dell’art. 11, parte A, n. 1, lett. a), della stessa direttiva, non può neppure essere utilizzata per determinare la base imponibile di queste ultime.

21.   Il giudice del rinvio ha quindi interrogato la Corte sull’unità di riferimento da utilizzare al fine di ricavare la quota della somma forfettaria imputabile alle prestazioni proprie. Egli ha suggerito due metodi possibili basati, l’uno, sul costo effettivo delle prestazioni per l’operatore, conformemente al regime TOMS, e, l’altro, sul valore di mercato. Questo secondo metodo consisteva nel prendere come riferimento, per determinare il valore dell’alloggio fornito dagli albergatori nell’ambito del pacchetto, il prezzo delle camere e del trattamento di mezza pensione fatturato ai clienti che non fruivano di tale pacchetto. Secondo tale metodo, è sufficiente dedurre da detto pacchetto il valore complessivo dell’alloggio, ottenuto a partire dal prezzo praticato al di fuori del pacchetto, per calcolare il valore delle prestazioni acquisite, poiché questo valore dell’alloggio comprende sia il margine di profitto sia i costi di quest’ultimo. La deduzione del prezzo delle prestazioni acquisite presso terzi conduce quindi al margine imponibile ai sensi dell’art. 26 della sesta direttiva.

22.   Posta di fronte a tale scelta, la Corte ha dichiarato che nessuno dei due metodi proposti consente di determinare esattamente quale sia stato il corrispettivo effettivamente percepito dall’operatore a fronte delle prestazioni che egli ha fornito in proprio. Infatti, il metodo basato sui costi effettivi non rende fedelmente conto della composizione del pacchetto, perché nulla consente di presupporre che i margini di ciascuna delle due categorie di prestazioni componenti il pacchetto siano proporzionali alla quota costituita dai loro rispettivi costi (16).

23.   Allo stesso modo, il metodo basato sul valore di mercato delle prestazioni proprie, determinato nel caso di specie sulla base del prezzo delle camere e del trattamento di mezza pensione praticato dall’albergo qualora i clienti non fruiscano del pacchetto, può del pari comportare una certa arbitrarietà, in quanto il prezzo dell’alloggio fornito nell’ambito del pacchetto, non è necessariamente identico al prezzo dell’alloggio proposto quale prestazione unica (17).

24.   Tuttavia, la Corte ha osservato che quest’ultimo metodo presenta il vantaggio della semplicità rispetto al metodo dei costi effettivi. Essa ha concluso la propria analisi con i punti seguenti:

«45      Ora, il metodo dei costi effettivi riguardo alle prestazioni proprie abbisogna di una serie di complesse operazioni di sub-ripartizione e impone un notevole lavoro supplementare all’operatore economico. Per contro, l’impiego del valore di mercato delle prestazioni proprie presenta, come ha osservato l’avvocato generale al paragrafo 76 delle conclusioni, il vantaggio della semplicità, dato che non è necessario separare i diversi elementi del valore delle prestazioni proprie.

46      Di conseguenza – tenuto conto del fatto che nella fattispecie è pacifico che il calcolo dell’IVA sul margine delle prestazioni acquisite presso terzi impiegando l’uno o l’altro metodo conduce, in linea di massima, ad un’IVA identica – non si può richiedere ad un operatore economico di calcolare la quota della somma forfettaria corrispondente alla prestazione propria secondo il principio dei costi effettivi qualora sia possibile ricavare detta quota dalla somma unitaria in base al valore di mercato di prestazioni analoghe a quelle che compongono il pacchetto “tutto compreso”.

47      Alla luce di quanto precede, occorre risolvere le (…) questioni sollevate dal VAT and Duties Tribunal nel modo seguente: l’art. 26 della sesta direttiva deve essere interpretato nel senso che, qualora un operatore economico assoggettato alle disposizioni di detto articolo effettui, dietro pagamento di un prezzo forfettario, operazioni composte da prestazioni di servizi fornite in parte da lui stesso e in parte da altri soggetti passivi, il regime IVA previsto da detta disposizione si applica unicamente alle prestazioni di servizi fornite da terzi. Non si può esigere che un operatore economico calcoli la quota della somma forfettaria corrispondente alla prestazione propria in base al principio dei costi effettivi qualora sia possibile ricavare tale quota della somma forfettaria in base al valore di mercato di prestazioni analoghe a quelle che compongono il pacchetto “tutto compreso”».

II –  Fatti della causa principale

25.   La My Travel organizza vacanze a prezzo forfettario in paesi stranieri. Detta società si procura sistematicamente l’alloggio presso terzi. Tuttavia, siccome possiede una propria compagnia aerea, generalmente garantisce il trasporto dei viaggiatori verso il loro luogo di vacanze.

26.   La My Travel vende al pubblico anche semplici biglietti aerei, detti «seat only» (biglietti per il solo volo), corrispondenti a posti a bordo del proprio apparecchio oppure a posti acquistati presso altre società, nonché vende posti ad altri organizzatori di giri turistici, detti «broked seats» (posti venduti come intermediario).

27.   La società ha dichiarato il proprio debito IVA relativo agli anni dal 1995 al 1999 applicando il regime TOMS. In seguito alla citata sentenza Madgett e Baldwin, essa ha ricalcolato il suo debito IVA per i tre esercizi 1995, 1996 e 1997 detraendo un «valore di mercato» dei posti venduti nell’ambito di vacanze a prezzo forfettario.

28.   Per determinare tale valore di mercato, la My Travel ha utilizzato due metodi. Per il 1995 e, sembra, per il 1996, essa ha preso come punto di partenza il costo dei biglietti aerei venduti nell’ambito dei pacchetti, al quale ha aggiunto una «percentuale di aumento» pari a quella che afferma di avere realizzato nello stesso periodo sulle vendite di biglietti per il solo volo.

29.   Nel corso del 1995, la My Travel ha venduto anche pacchetti vacanze comprensivi di crociere, di viaggi aerei con noleggio di autoveicolo e di alloggi in campeggio. Tuttavia, essa ha ricalcolato il suo debito applicando il metodo del valore di mercato solo per quanto riguarda i viaggi aerei, ritenendo di non avere termini di comparazione adeguati per le altre prestazioni proprie.

30.   Per il 1997 la My Travel, basandosi su un documento interno chiamato «Route Profitability Report» (relazione sulla redditività degli itinerari), ha valutato il «ricavo medio per passeggero» da essa ottenuto sui biglietti aerei venduti al pubblico al di fuori del pacchetto, pari a 153 sterline inglesi (GBP).

31.   Dopo avere ricalcolato su tali basi il costo dei biglietti aerei venduti nell’ambito dei pacchetti vacanze, la My Travel ha chiesto all’Ufficio IVA il rimborso di importi pari a GBP 212 000 per il 1995, GBP 2 004 857 per il 1996 e GBP 711 051 per il 1997.

32.   La rilevanza di questi importi è in particolare dovuta al fatto che il metodo impiegato dalla My Travel determina l’aumento della quota del prezzo forfettario imputata al trasporto e che questo, in forza del diritto nazionale vigente, è assoggettato ad un’imposizione ad aliquota zero.

33.   L’Ufficio IVA ha respinto tali domande. Così come ha sostenuto davanti al giudice del rinvio, dalla citata sentenza Madgett e Baldwin risulta, a suo parere, che il metodo fondato sul valore di mercato non può essere utilizzato qualora, come nel caso della My Travel, esso non offra il vantaggio della semplicità, produca un importo artificioso quanto al margine sulle prestazioni acquisite e modifichi sensibilmente il debito IVA. L’Ufficio IVA ha sostenuto, inoltre, che tale sentenza non consente di applicare selettivamente tale metodo e che la somma di GBP 153 non rappresenta il valore di mercato dei posti aerei venduti nell’ambito dei pacchetti.

34.   La My Travel, al contrario, ha sostenuto che, nella citata sentenza Madgett e Baldwin, la Corte ha respinto l’argomento secondo cui il criterio dei costi effettivi rappresenterebbe un indicatore più affidabile del valore delle diverse componenti di un pacchetto. Essa ha anche fatto valere che non si può esigere che i due metodi conducano a debiti IVA identici, perché ciò costringerebbe gli operatori ad effettuare i calcoli corrispondenti a ciascuno di essi. Quanto al motivo accolto in tale sentenza, relativo al carattere più semplice del metodo basato sul valore di mercato, esso costituirebbe solo un fattore preso in considerazione per giungere alla soluzione accolta, e non una condizione alla quale sarebbe subordinata l’applicazione di detto metodo.

35.   Secondo la My Travel, essa sarebbe legittimata ad applicare il metodo basato sul valore di mercato dato che dispone di un elemento di comparazione soddisfacente, come è il caso dei trasporti aerei, e l’art. 26 della sesta direttiva non osterebbe alla contemporanea applicazione di detto metodo e di quello basato sui costi effettivi. Quanto all’importo di GBP 153, esso rappresenterebbe il valore medio dei biglietti aerei venduti separatamente e potrebbe servire da base di valutazione dei viaggi forniti nell’ambito dei pacchetti perché, nella citata sentenza Madgett e Baldwin, la Corte non ha richiesto che l’operatore determini il valore di mercato delle prestazioni proprie in base a prestazioni identiche, ma con riferimento a prestazioni analoghe.

III – Questioni pregiudiziali

36.   È alla luce di tali elementi che il VAT and Duties Tribunal, Manchester, ha stabilito di sospendere il procedimento e di sottoporre alla Corte le seguenti questioni pregiudiziali, vertenti sull’interpretazione dell’art. 26 della sesta direttiva e della citata sentenza Madgett e Baldwin:

«1)      In quali circostanze, qualora sia possibile, un organizzatore di giri turistici, il quale abbia effettuato la propria dichiarazione [IVA] concernente un determinato esercizio in base al metodo dei costi effettivi, che era l’unico metodo contemplato dalla normativa nazionale che ha recepito la direttiva, possa successivamente ricalcolare il debito IVA utilizzando in parte il metodo del valore di mercato descritto nel punto 46 della suddetta sentenza.

a)      In particolare se tale organizzatore di giri turistici possa applicare selettivamente il metodo del valore di mercato in relazione a esercizi diversi e, in caso affermativo, in quali circostanze.

b)      Se un organizzatore di giri turistici il quale venda al pubblico, al di fuori di un pacchetto, alcune prestazioni proprie comprese nei suoi pacchetti (nella fattispecie, trasporti aerei), ma non venda al pubblico, al di fuori di detta formula, altre prestazioni proprie comprese in alcuni dei suoi pacchetti (nella fattispecie, crociere e servizi di campeggio), possa:

–      utilizzare il metodo del valore di mercato per tali pacchetti (che costituiscono la grande maggioranza) nel caso in cui possa stabilire il valore di tutte le prestazioni proprie (nella fattispecie, trasporti aerei) sulla base delle vendite al pubblico effettuate al di fuori del pacchetto;

–      qualora il pacchetto comprenda prestazioni proprie che detto organizzatore di giri turistici non vende al pubblico al di fuori del pacchetto (nella fattispecie, servizi di campeggio e crociere), se l’organizzatore possa utilizzare il metodo del valore di mercato per stabilire il valore delle prestazioni proprie che offre al pubblico al di fuori di detta formula (nella fattispecie, trasporti aerei) nel caso in cui non sia stato possibile stabilire il valore di mercato delle altre componenti del pacchetto.

c)      Se la combinazione dei metodi debba essere i) più semplice o ii) notevolmente più semplice o iii) non notevolmente più complessa.

d)      Se il metodo del valore di mercato debba condurre ad un debito IVA identico o molto simile a quello determinato mediante il metodo basato sui costi.

2)      Se, nelle circostanze del caso di specie, la quota della prestazione propria consistente nel trasporto aereo venduta come componente di un pacchetto vacanza sia individuabile: a) nel costo medio di un posto aereo aumentato del margine medio ottenuto dall’organizzatore di giri turistici sulle vendite di posti per il solo volo nell’esercizio considerato; ovvero: b) nel ricavo medio da lui ottenuto sulle vendite di posti per il solo volo nell’esercizio considerato».

IV – Analisi

A –    Sulla prima questione

37.   La prima questione pregiudiziale comprende più domande. In via preliminare, il giudice del rinvio, così come emerge, in particolare, dai termini «qualora sia possibile» che figurano nella prima frase di tale questione, desidera sapere se un organizzatore di giri turistici, che ha effettuato la propria dichiarazione IVA concernente un determinato periodo d’imposizione applicando il metodo contemplato dalla normativa nazionale che ha recepito la sesta direttiva, possa ricalcolare il proprio debito IVA a norma di una sentenza della Corte, secondo il metodo dichiarato, in tale sentenza, conforme a detta direttiva.

38.   Sono del parere che occorra rispondere in senso affermativo a tale domanda. È pacifico in giurisprudenza che, quando la Corte, nell’ambito della competenza che le conferisce l’art. 234 CE, interpreta una disposizione del diritto comunitario, essa precisa il senso e la portata di tale disposizione così come avrebbe dovuto essere intesa ed applicata sin dalla sua entrata in vigore (18). Lo stesso vale nel caso in cui la Corte medesima, a titolo eccezionale, limiti nella propria sentenza l’efficacia nel tempo di tale interpretazione (19). Una sentenza pregiudiziale è destinata quindi a produrre effetti sui rapporti giuridici sorti prima della sua pronuncia e ciò anche se tali rapporti non costituivano oggetto di una controversia pendente. Ne risulta, in particolare, che una norma di diritto comunitario così interpretata deve essere applicata da un organo amministrativo nell’ambito delle proprie competenze anche a rapporti giuridici sorti e costituiti prima della sentenza della Corte resa sulla domanda d’interpretazione (20).

39.   È anche giurisprudenza consolidata che, qualora uno Stato membro abbia riscosso da un soggetto determinate somme in violazione di norme di diritto comunitario nell’interpretazione datane dalla Corte, tale soggetto ha diritto di ottenerne il rimborso. Secondo una formula abitualmente ripetuta, questo diritto al rimborso costituisce la conseguenza e il complemento dei diritti che sono conferiti a detto soggetto dalle disposizioni del diritto comunitario nell’interpretazione datane dalla Corte (21).

40.   È anche pacifico che, sebbene, in mancanza di disciplina comunitaria in materia di rimborso delle imposte, spetti all’ordinamento giuridico interno di ciascuno Stato membro stabilire le modalità secondo le quali tale diritto può essere esercitato, tali modalità devono rispettare i principi di equivalenza e di effettività, cioè esse non devono essere meno favorevoli di quelle concernenti analoghe azioni fondate su disposizioni di diritto interno, né congegnate in modo da rendere praticamente impossibile l’esercizio dei diritti conferiti dall’ordinamento giuridico comunitario (22). Conformemente a tale giurisprudenza, un soggetto passivo che abbia indebitamente versato determinate somme a titolo d’IVA può chiedere il rimborso di quelle indebitamente versate sin dall’ entrata in vigore della normativa nazionale contraria alla sesta direttiva, seguendo le modalità procedurali stabilite dal suo ordinamento giuridico interno, sempreché rispondano ai requisiti di equivalenza e di effettività (23).

41.   Dall’insieme di tale giurisprudenza, a mio parere, si può logicamente dedurre che un soggetto passivo, che si veda così riconoscere il diritto di ottenere dalla sua amministrazione o dal suo giudice nazionale, secondo le modalità previste dal diritto interno, a condizione del rispetto dei principi di equivalenza e di effettività, il rimborso dell’IVA indebitamente versata, deve anche avere la possibilità, nelle stesse circostanze, di ricalcolare l’importo dell’imposta di cui è debitore, secondo il metodo dichiarato dalla Corte conforme al diritto comunitario, e di rettificare, di conseguenza, le proprie dichiarazioni IVA.

42.   Propongo dunque di rispondere a questa domanda preliminare dichiarando che un’agenzia di viaggi o un organizzatore di giri turistici, che ha effettuato la propria dichiarazione IVA per un periodo d’imposizione in base al metodo contemplato dalla normativa nazionale che ha recepito la sesta direttiva, ha il diritto di ricalcolare il proprio debito IVA in base al metodo dichiarato conforme al diritto comunitario dalla Corte, secondo le modalità previste dal proprio diritto nazionale, che devono rispettare i principi di equivalenza e di effettività.

43.   Nell’ambito della prima questione, il giudice del rinvio interroga la Corte anche sulle circostanze in cui un organizzatore di giri turistici che, dietro pagamento di un prezzo forfettario, offre prestazioni fornite direttamente da lui e prestazioni effettuate da terzi, possa applicare il metodo fondato sul valore di mercato per ricavare la quota di tale prezzo forfettario corrispondente alle prestazioni proprie.

44.   In sostanza, il giudice del rinvio chiede precisamente se l’art. 26 della sesta direttiva debba essere interpretato nel senso che un’agenzia di viaggi o un organizzatore di giri turistici che, dietro pagamento di un prezzo forfettario, fornisce al viaggiatore prestazioni acquisite e prestazioni proprie debba calcolare, in via di principio, la quota della somma forfettaria corrispondente alle prestazioni proprie in base al loro valore di mercato, nel caso in cui tale valore possa essere determinato, oppure se detto soggetto passivo possa scegliere liberamente di applicare questo criterio o quello dei costi effettivi. In tale contesto, detto giudice chiede anche alla Corte in quale misura l’applicazione del metodo basato sul valore di mercato debba essere più semplice per il soggetto passivo interessato e se essa sia sottoposta alla condizione che conduca ad un debito IVA identico o molto simile a quello che sarebbe stato ottenuto applicando il metodo basato sul costo effettivo delle prestazioni.

45.   Il giudice del rinvio chiede anche se il criterio del valore di mercato si applichi alle prestazioni proprie il cui valore può essere determinato qualora, nell’ambito dello stesso periodo d’imposizione, il valore di mercato di alcune componenti proprie del pacchetto non possa essere stabilito perché il soggetto passivo non vende prestazioni analoghe al di fuori del pacchetto.

46.   Il giudice del rinvio spiega che pone tali questioni perché nella citata sentenza Madgett e Baldwin, non ha trovato nessun elemento che serva a dimostrare che la Corte abbia voluto restringere, in una maniera o nell’altra, l’applicazione del metodo basato sul valore di mercato qualora ad un soggetto passivo sia possibile «ricavare tale quota della somma forfettaria in base al valore di mercato di prestazioni analoghe a quelle che compongono il pacchetto “tutto compreso”». Il giudice del rinvio non è neppure stato in grado di stabilire con certezza se i punti 43‑47 di tale sentenza contengano condizioni che devono obbligatoriamente essere soddisfatte affinché un soggetto passivo sia autorizzato ad applicare tale metodo di ripartizione, oppure se tali punti espongano semplicemente i fattori di cui la Corte ha tenuto conto per giungere alla propria decisione.

47.   Tali questioni mi inducono ad esaminare, in primo luogo, se la citata sentenza Madgett e Baldwin debba essere intesa nel senso che la possibilità, per un soggetto passivo, di ripartire il prezzo forfettario utilizzando il criterio del valore di mercato è sottoposta alle condizioni che l’applicazione di detto metodo sia effettivamente più semplice nel caso specifico di tale soggetto, e che essa conduca ad un debito IVA equivalente a quello che si otterrebbe a partire dal criterio dei costi effettivi.

48.   Vedrò in secondo luogo, all’occorrenza, se il metodo fondato sul valore di mercato possa essere liberamente applicato da un soggetto passivo relativamente all’uno o all’altro periodo d’imposizione. Esaminerò, in ultimo luogo, se un soggetto passivo possa impiegare tale metodo per alcune prestazioni proprie solo qualora, nell’ambito di uno stesso periodo d’imposizione, egli non sia in grado di stabilire il valore di mercato delle altre componenti proprie del pacchetto.

49.   Occorre quindi esaminare, prima di tutto, se la ripartizione, da parte di un soggetto passivo di cui all’art. 26 della sesta direttiva, del prezzo forfettario applicando il criterio del valore di mercato sia subordinata alla condizione che l’impiego di tale criterio sia effettivamente più semplice nella situazione particolare, e conduca ad un debito IVA simile a quello ottenibile a partire dal criterio dei costi effettivi. Si tratta di appurare se, come sostiene il governo del Regno Unito, un soggetto passivo quale la My Travel non possa legittimamente modificare le proprie dichiarazioni IVA applicando il criterio del valore di mercato, per la ragione che sarebbe stato in grado di effettuarle senza difficoltà particolari applicando il criterio dei costi effettivi e che tale modifica avrebbe l’effetto di ridurre il suo debito tributario in maniera significativa.

50.   Non condivido l’interpretazione della citata sentenza Madgett e Baldwin, difesa dal governo del Regno Unito.

51.   A mio parere, dall’esame del punto 45 di tale sentenza emerge che i motivi per i quali la Corte ha ritenuto che il metodo basato sul valore di mercato presenti il vantaggio della semplicità non si ricollegano alle circostanze particolari di tale causa. La Corte non ha riscontrato detta maggiore semplicità nella situazione specifica dei sigg. Madgett e Baldwin, ma nelle modalità generali di applicazione dei due metodi posti a confronto, riferendosi espressamente al paragrafo 76 delle conclusioni da me presentate in tale causa (24). È dunque perché il metodo basato sul valore di mercato presenta, intrinsecamente, il vantaggio della semplicità rispetto a quello basato sui costi effettivi che, secondo detta sentenza, esso merita di essere accolto (25).

52.   Inoltre, come sottolineano il giudice del rinvio e la ricorrente nella causa principale, subordinare l’applicazione di tale metodo per determinare l’IVA dovuta da parte di un’agenzia di viaggi o di un organizzatore di giri turistici alla condizione che, nella situazione particolare di ciascun soggetto passivo, essa sia effettivamente più semplice di quella basata sui costi effettivi tornerebbe a far dipendere la determinazione della base imponibile, che costituisce un elemento essenziale del sistema dell’IVA, da una valutazione piena d’incertezze e da una certa dose di soggettività. Una tale condizione andrebbe quindi contro il principio della certezza del diritto che esige, in particolare nelle materie che, come l’IVA, comportano ripercussioni finanziarie, che la disciplina comunitaria presenti caratteri di certezza e di prevedibilità (26).

53.   La circostanza che un soggetto passivo come la My Travel abbia potuto effettuare le proprie dichiarazioni IVA secondo il regime TOMS, applicando il metodo dei costi effettivi, senza incontrare, sembra, difficoltà particolari non dovrebbe quindi impedire, a mio parere, che essa le effettui nuovamente impiegando il metodo basato sul valore di mercato.

54.   Inoltre non ritengo neppure che la menzione di cui al punto 46 della citata sentenza Madgett e Baldwin, secondo la quale «tenuto conto del fatto che nella fattispecie è pacifico che il calcolo dell’IVA sul margine delle prestazioni acquisite presso terzi impiegando l’uno o l’altro metodo conduce, in linea di massima, ad un’IVA identica», debba essere intesa come espressione di una condizione alla quale si troverebbe subordinata l’applicazione del criterio del valore di mercato. Una tale interpretazione non corrisponde, secondo me, alla formulazione della motivazione esaminata. Infatti tale argomento è presentato tra trattini, dopo i termini «di conseguenza», che indicano che la conclusione espressa dalla Corte al detto punto 46 e al punto seguente deriva dagli elementi illustrati nei punti precedenti. La circostanza secondo cui i due metodi posti a confronto producono in quella fattispecie un debito tributario identico appare quindi come un elemento ultroneo.

55.   Inoltre, l’interpretazione sostenuta dal Regno Unito avrebbe l’effetto di costringere i soggetti passivi ad effettuare, dopo avere compilato la loro dichiarazione fiscale conformemente al metodo fondato sul valore di mercato, tutte le operazioni necessarie all’applicazione del metodo fondato sui costi effettivi. Tale soluzione priverebbe quindi l’applicazione del criterio del valore di mercato del vantaggio per cui la Corte ha dichiarato che esso doveva costituire il criterio adeguato, secondo cui tale criterio è, in senso generale, più facile da attuare di quello dei costi effettivi. Tale soluzione potrebbe anche rendere inoperante l’applicazione del criterio del valore di mercato qualora, come nella fattispecie, le prestazioni proprie e le prestazioni acquisite si trovino assoggettate ad aliquote IVA differenti.

56.   L’applicazione da parte di un soggetto passivo di cui all’art. 26 della sesta direttiva, che fornisce ai viaggiatori in corrispettivo di un prezzo forfettario prestazioni acquisite e prestazioni proprie, del criterio del valore di mercato per ripartire tale prezzo forfettario non è dunque subordinata, a mio parere, alla condizione che essa conduca ad un debito IVA equivalente a quello ottenibile utilizzando il criterio dei costi effettivi. La circostanza, nella causa principale, che l’applicazione di tale criterio avrebbe per conseguenza di ridurre in maniera significativa il debito fiscale della My Travel non dovrebbe quindi, in quanto tale, costituire un ostacolo a tale applicazione.

57.   Occorre esaminare, in secondo luogo, se l’applicazione del criterio del valore di mercato, qualora quest’ultimo possa essere determinato, debba essere lasciata alla discrezionalità del soggetto passivo.

58.   L’importanza di tale questione emerge chiaramente dall’ordinanza di rinvio. Si tratta di accertare se un soggetto passivo come la My Travel, che ha effettuato le proprie dichiarazioni IVA per gli esercizi dal 1995 al 1999 applicando il criterio dei costi effettivi, possa ricalcolare il suo debito fiscale utilizzando il criterio del valore di mercato solo per i tre anni per i quali l’applicazione di quest’ultimo metodo produce l’effetto di ridurre il suo debito tributario in maniera significativa.

59.   Come osserva il giudice del rinvio, è vero che la formulazione della soluzione alle questioni data dalla Corte nella citata sentenza Madgett e Baldwin, ai sensi della quale «[n]on si può esigere che un operatore economico calcoli la quota della somma forfettaria corrispondente alla prestazione propria in base al principio dei costi effettivi qualora sia possibile ricavare detta quota della somma forfettaria in base al valore di mercato di prestazioni analoghe a quelle che compongono il pacchetto “tutto compreso”» (27), può presentare su tale punto una certa ambiguità. Tuttavia, non credo che, tramite tale soluzione, la Corte abbia voluto dire che un soggetto passivo, che possa determinare il valore di mercato delle sue prestazioni proprie, possa scegliere liberamente di applicare tale criterio o quello dei costi effettivi al solo scopo di ridurre il suo debito tributario.

60.   Un tale approccio non sarebbe conforme, a mio parere, al principio fondamentale sul quale si basa l’IVA. Occorre ricordare, infatti, che tale principio risiede nel fatto che detta imposta costituisce un’imposta sui consumi. Essa è esattamente proporzionale al prezzo dei beni e dei servizi ed è riscossa dai soggetti passivi in ciascuna fase del processo di produzione o di distribuzione per conto dell’amministrazione tributaria, cui tali soggetti sono tenuti a versarla, e dunque essa grava, in definitiva, solo sul consumatore finale (28). L’attuazione di tale sistema implica, di conseguenza, che i soggetti passivi vengano identificati dall’autorità fiscale dei loro paesi, che tengano una contabilità precisa e che presentino a tale autorità dichiarazioni periodiche. Secondo il principio fondamentale di tale sistema e le sue modalità di funzionamento, l’IVA da riscuotere dalle autorità fiscali deve dunque essere pari all’imposta effettivamente incassata presso il consumatore finale.

61.   Le modalità d’applicazione del regime particolare previsto dall’art. 26 della sesta direttiva a beneficio delle agenzia di viaggi e degli organizzatori di giri turistici, quando il soggetto passivo fornisce al viaggiatore dietro pagamento di un prezzo forfettario allo stesso tempo prestazioni acquisite e prestazioni proprie, non dovrebbero rimettere in discussione detto principio fondamentale del sistema IVA. Condivido, pertanto, la posizione espressa dalla Commissione delle Comunità europee, secondo cui il metodo di ripartizione del prezzo del pacchetto dovrebbe essere tale, in linea di massima, da condurre, per quanto riguarda le prestazioni proprie, ad un risultato che si accosti il più possibile a quello che si otterrebbe dall’applicazione del regime normale dell’IVA, quale risulta dall’art. 11, parte A, n. 1, lett. a), di detta direttiva e dalla giurisprudenza costante, secondo la quale la base imponibile deve essere costituita dal corrispettivo realmente ricevuto dall’operatore per i beni o i servizi che egli ha fornito, non già da un valore stimato secondo criteri obiettivi (29).

62.   Tuttavia, non sono convinto, a differenza della Commissione, che il criterio del valore di mercato sia da preferire a quello dei costi effettivi perché, secondo quest’istituzione, presenterebbe il vantaggio di consentire, in maniera generale, di determinare con più esattezza le quote del prezzo forfettario che devono essere attribuite, rispettivamente, alle prestazioni acquisite e alle prestazioni proprie. Non è in considerazione di un tale vantaggio che la Corte, nella citata sentenza Madgett e Baldwin, ha deciso di accogliere tale criterio come il criterio di ripartizione adeguato.

63.   In tale sentenza la Corte ha osservato, infatti, che il metodo basato sul valore di mercato presenta pure una certa arbitrarietà, perché esso induce a presumere che il prezzo delle prestazioni proprie offerte nell’ambito del pacchetto sia identico al loro prezzo quando tali prestazioni sono proposte come prestazioni uniche. Nella causa principale, ciò significa presumere che il prezzo del biglietto aereo venduto dalla My Travel nell’ambito di vacanze a prezzo forfettario sia identico al prezzo di un biglietto aereo per la stessa destinazione quando è venduto da questo soggetto passivo separatamente. Orbene, tale premessa non è sempre fondata. Come ho spiegato nelle conclusioni da me presentate nella citata causa Madgett e Baldwin (30), non è raro che il ricorso ad un pacchetto costituisca l’occasione per proporre un servizio ad un prezzo inferiore per rendere l’offerta di un insieme di prestazioni più interessante.

64.   Secondo la citata sentenza Madgett e Baldwin, il metodo basato sul valore di mercato deve essere accolto non, come sostiene la Commissione, perché esso consentirebbe, in via generale, di ottenere un risultato il più vicino possibile a quello che produrrebbe l’applicazione del regime normale dell’IVA, ma perché esso è intrinsecamente più semplice di quello basato sui costi effettivi.

65.   Tuttavia, secondo me, ciò non deve indurre a riconoscere ad un soggetto passivo la possibilità di utilizzare tale criterio in maniera discrezionale, a seconda che abbia o meno l’effetto di ridurre il suo debito tributario rispetto a quello che risulterebbe in base al metodo basato sui costi effettivi. Da una parte, infatti, nessun elemento nella citata sentenza Madgett e Baldwin, consente effettivamente di avvalorare la tesi secondo cui la Corte abbia voluto attribuire un tale diritto agli operatori economici.

66.   Dall’altra, l’interpretazione di detta sentenza proposta dalla My Travel avrebbe per conseguenza di consentire ai soggetti passivi di modificare a loro piacimento la base imponibile quale disciplinata dall’art. 26 della sesta direttiva e quella soggetta al regime generale. Orbene, attribuire un tale potere ai soggetti passivi potrebbe avere la conseguenza di consentire loro di aumentare artificiosamente la base imponibile sottoposta all’aliquota meno elevata e di creare così una disparità concorrenziale tra operatori economici, in favore di coloro che hanno stabilito la sede della loro attività o un di un centro di attività stabile in uno Stato membro che sottopone alcune operazioni ad aliquote molto ridotte oppure nulle come il Regno Unito per quanto concerne il trasporto di persone (31). Una tale interpretazione, pertanto, potrebbe contrastare con il principio della neutralità concorrenziale dell’IVA.

67.   È importante ricordare, a questo proposito, che il legislatore comunitario, come emerge dal nono ‘considerando’ della sesta direttiva, ha voluto che la base imponibile fosse armonizzata «affinché l’applicazione alle operazioni imponibili dell’aliquota comunitaria conduca a risultati comparabili in tutti gli Stati membri». L’armonizzazione della base imponibile mira dunque a garantire che situazioni simili da un punto di vista economico o commerciale siano oggetto di un trattamento identico rispetto all’applicazione del sistema dell’IVA. Questa armonizzazione contribuisce così a garantire la neutralità di tale sistema.

68.   Condivido perciò la posizione della Commissione, secondo la quale la ripartizione del prezzo forfettario tra le prestazioni acquisite e le prestazioni proprie dovrebbe essere effettuata sulla base del valore di mercato di queste ultime prestazioni, ogni volta che tale valore possa essere determinato.

69.   Tuttavia mi sembra difficile escludere totalmente che si possa derogare a tale principio. Come si è visto, il criterio del valore di mercato comporta anch’esso una certa arbitrarietà e uno dei principi fondamentali dell’IVA è la sua neutralità per i soggetti passivi. È pacifico che, nel regime generale dell’IVA, la base imponibile dell’imposta da riscuotere da parte delle autorità fiscali non può essere superiore al corrispettivo effettivamente pagato dal consumatore finale (32). Quindi, mi sembrerebbe possibile ammettere che un’agenzia di viaggi o un organizzatore di giri turistici, che possa dimostrare che il metodo basato sui costi effettivi rende fedelmente conto della struttura reale del pacchetto, possa procedere alla ripartizione dei suoi prezzi forfettari applicando tale metodo al posto di quello basato sul valore di mercato.

70.   Ciò potrebbe avvenire, per esempio, quando un soggetto passivo di imposta sia in grado di dimostrare, partendo dalla propria contabilità, che per il periodo d’imposizione in questione egli ha sistematicamente fissato i propri prezzi forfettari in modo da produrre un margine fisso di profitto su ogni voce di spesa che egli sostiene. Mi sembra che, in un tal caso, l’obiettivo dell’armonizzazione della base imponibile, che induce ad erigere il criterio del valore di mercato a criterio di principio, debba cedere il passo all’esigenza di neutralità.

71.   Sono quindi del parere che un’agenzia di viaggi o un organizzatore di giri turistici che, dietro pagamento di un prezzo forfettario, fornisce al viaggiatore prestazioni acquisite e prestazioni proprie debba, in linea di massima, ricavare la quota della somma forfettaria corrispondente alle prestazioni proprie in base al loro valore di mercato, purché tale valore possa essere determinato, salvo che sia in grado di dimostrare che, per il periodo imponibile considerato, il metodo basato sul criterio dei costi effettivi dia fedelmente conto della reale struttura del pacchetto.

72.   Spetta all’amministrazione tributaria nazionale e, all’occorrenza, al giudice nazionale valutare se è possibile ricavare la quota della somma forfettaria corrispondente alle prestazioni proprie in base al loro valore di mercato.

73.   Nella citata sentenza Madgett e Baldwin, la Corte ha dichiarato che detto valore di mercato doveva essere determinato in base al prezzo di prestazioni analoghe fornite dal soggetto passivo stesso al di fuori del pacchetto (33). La Commissione, da parte sua, ritiene che si possa anche tenere conto di prestazioni analoghe fornite da altri soggetti passivi.

74.   Non sono favorevole a quest’ultima soluzione per le seguenti ragioni. Innanzitutto, essa si ricollega alla proposta che era stata fatta dal governo svedese nella citata sentenza Madgett e Baldwin, e che sebbene non sia stata espressamente respinta dalla Corte, non è stata accolta nella sua sentenza. Inoltre, come avevo osservato nelle conclusioni da me presentate in tale causa (34), tale soluzione potrebbe presentare più difficoltà che vantaggi. Da un lato, infatti, il valore accolto in base a prestazioni analoghe fornite da altri soggetti passivi sarebbe in gran parte fittizio, poiché non avrebbe alcuna attinenza diretta con la prestazione che deve essere sottoposta ad imposizione. Dall’altro, esisterebbe un rischio di imprecisione dovuto al fatto che il valore di riferimento potrebbe essere contestato ed essere così oggetto di diatribe tra periti.

75.   I fatti della causa principale mi sembrano piuttosto tali da confermare la mia analisi. La grande fluttuazione dei prezzi dei biglietti aerei e la diversità del loro costo in funzione delle destinazioni, dovute in particolare alla concorrenza intrapresa in questo campo dalle società dette «low cost» (a basso prezzo), potrebbero rendere difficile e soggetta a discussioni la determinazione di valori di paragone pertinenti a partire da trasporti effettuati da altri soggetti passivi. Inoltre, il giudice del rinvio non rimette in discussione il modo di determinare il valore di mercato delle prestazioni proprie, quale emerge dalla citata sentenza Madgett e Baldwin. Spetterà quindi a tale giudice valutare se i biglietti aerei venduti dalla My Travel separatamente possano costituire prestazioni analoghe a quelle fornite da tale soggetto passivo nell’ambito dei pacchetti e, eventualmente, stabilire il valore di mercato di tali biglietti in base ai prezzi di quelli venduti singolarmente.

76.   Nella fattispecie, si chiede anche come procedere alla ripartizione del prezzo forfettario quando un soggetto passivo non è in grado di determinare il valore di mercato di alcune prestazioni proprie, perché non vende prestazioni analoghe al di fuori del pacchetto. Tale caso corrisponde all’esercizio 1995, durante il quale la My Travel ha venduto a prezzo forfettario alcune vacanze per le quali ha fornito essa stessa, oltre al trasporto aereo, crociere ed alloggi in camping, mentre non vendeva prestazioni di tal genere al di fuori del pacchetto. Il giudice del rinvio chiede così, in terzo luogo, se, qualora il pacchetto comprenda prestazioni proprie il cui valore di mercato non possa essere determinato perché il soggetto passivo non vende prestazioni analoghe al di fuori del pacchetto, tale criterio si applichi nondimeno alle prestazioni proprie il cui valore possa essere conosciuto.

77.   La circostanza che il valore di mercato non possa essere determinato per l’integralità delle prestazioni proprie fornite dal soggetto passivo non può giustificare, a mio parere, la deroga all’applicazione di tale criterio per la valutazione di prestazioni il cui valore può essere conosciuto. In una tale situazione, è vero che il soggetto passivo si trova costretto a ripartire il prezzo forfettario utilizzando i due metodi di calcolo. Esso deve così determinare il valore di mercato delle prestazioni proprie che vende al di fuori del pacchetto per dedurre il loro valore dal prezzo forfettario, poi deve procedere alla ripartizione del saldo di tale prezzo tra le prestazioni acquisite e le altre prestazioni proprie per determinare il margine imponibile ai sensi dell’art. 26 della sesta direttiva, applicando il metodo basato sui costi effettivi.

78.   Non credo tuttavia che l’applicazione combinata dei due metodi si scontri con difficoltà di ordine pratico insormontabili. Il giudice del rinvio non ha menzionato tali difficoltà e dalla documentazione emerge che la My Travel è stata in grado di ricalcolare il suo debito IVA per il 1995 deducendo solamente il valore di mercato dei trasporti aerei. Inoltre, ho precedentemente esposto per quali ragioni, a mio parere, l’applicazione del criterio del valore di mercato non debba essere subordinata alla condizione che sia più facile da applicare nella situazione particolare di ciascun soggetto passivo.

79.   Inoltre, benché l’art. 26 della sesta direttiva sia diretto ad adeguare le norme applicabili in materia di IVA alle specificità dell’attività di un’agenzia di viaggi e a ridurre così le difficoltà pratiche che potrebbero intralciare detta attività, il regime stabilito da tale articolo, contrariamente a quello instaurato in favore delle piccole imprese e dei produttori agricoli (35), non mira a semplificare gli obblighi contabili che implica il sistema normale dell’IVA. Infatti, l’art. 26, n. 3, prevede che, nel caso in cui le operazioni per le quali tali operatori economici hanno fatto ricorso ad altri soggetti passivi vengano effettuate tanto all’interno quanto all’esterno della Comunità europea, sia esentata solo la quota del prezzo forfettario che concerne le operazioni svolte fuori della Comunità. Si vede bene che l’applicazione di una tale disposizione può del pari obbligare le agenzie di viaggi a procedere ad operazioni di ripartizione dei loro prezzi forfettari piuttosto tecniche (36).

80.   Non vedo quindi, nel caso esaminato, ragioni sufficienti per escludere l’applicazione del criterio del valore di mercato e compromettere così l’obiettivo d’armonizzazione della base imponibile perseguito dalla sesta direttiva. Pertanto, come la Commissione, credo che un soggetto passivo, nell’ambito di uno stesso periodo d’imposizione, possa applicare il metodo del valore di mercato ad alcune prestazioni e non ad altre quando non è in grado di determinare il valore di mercato di queste altre prestazioni.

81.   Alla luce di tutte queste considerazioni, propongo di risolvere la prima questione dichiarando che l’art. 26 della sesta direttiva deve essere interpretato nel senso che un’agenzia di viaggi o un organizzatore di giri turistici che, dietro pagamento di un prezzo forfettario, fornisce al viaggiatore prestazioni acquisite presso terzi e prestazioni effettuate da esso stesso deve calcolare, in via di principio, la quota della somma forfettaria corrispondente alle prestazioni proprie in base al loro valore di mercato, nel caso in cui tale valore possa essere determinato. In un caso del genere, un soggetto passivo può applicare il criterio dei costi effettivi solo se dimostra che tale metodo rende fedelmente conto della reale struttura del pacchetto. L’applicazione del criterio del valore di mercato non è subordinata alla condizione che essa sia più semplice di quella del metodo basato sui costi effettivi, né alla condizione che essa conduca ad un debito IVA identico o simile a quello che risulterebbe dal metodo basato sui costi effettivi. Pertanto:

–       un’agenzia di viaggi o un organizzatore di giri turistici non può utilizzare in modo discrezionale il metodo basato sul valore di mercato;

–       il criterio del valore di mercato si applica per le prestazioni proprie il cui valore può essere determinato, anche se, nell’ambito dello stesso periodo d’imposizione, il valore di alcune componenti proprie del pacchetto non possa essere determinato perché il soggetto passivo non vende prestazioni analoghe al di fuori del pacchetto.

B –    Sulla seconda questione

82.   Ricordo che, con la sua seconda questione, il giudice del rinvio chiede se, nelle circostanze della fattispecie di cui alla causa principale, sia possibile fissare la quota delle prestazioni proprie relative ai viaggi aerei venduti nell’ambito delle vacanze a prezzo forfettario prendendo in considerazione o il costo medio di un posto aereo aumentato del margine medio realizzato dall’organizzatore di giri turistici sulle vendite di soli voli, durante l’esercizio in questione, o il ricavo medio realizzato dall’organizzatore di giri turistici sulle vendite di soli voli, durante il medesimo esercizio.

83.   Con tale questione, detto giudice chiede quindi alla Corte chiarimenti sul modo di determinare concretamente il valore di mercato delle prestazioni proprie fornite dalla My Travel nell’ambito delle vacanze a prezzo forfettario che essa vende.

84.   Occorre ricordare che, ai sensi dell’art. 234 CE, la Corte non è competente ad applicare le norme comunitarie ad un caso concreto, ma solo a pronunciarsi sull’interpretazione del trattato CE e degli atti emanati dagli organi della Comunità (37). Tale questione eccede dunque, a mio parere, la competenza che detto articolo attribuisce alla Corte, poiché essa dovrebbe necessariamente esaminare i calcoli effettuati dalla My Travel nelle nuove dichiarazioni IVA. Inoltre il giudice del rinvio osserva esso stesso che, se la Corte dovesse decidere che tale società è legittimata ad applicare il criterio del valore di mercato, essa dovrebbe stabilire il metodo preciso di calcolo di tale valore in una nuova udienza dedicata a tale questione e tenuta in formazione collegiale, con la partecipazione di due persone qualificate in materia di contabilità.

85.   Tuttavia, nell’ambito dell’interpretazione dell’art. 26 della sesta direttiva e come sviluppo delle indicazioni già fornite sul modo di ripartire il prezzo forfettario qualora un soggetto passivo fornisca prestazioni acquisite e prestazioni proprie, la Corte, a mio parere, potrebbe rispondere alla domanda contenuta in tale questione, attinente al punto per determinare il valore di mercato, se sia possibile basarsi su valori medi.

86.   Come la Commissione, credo che niente impedisca una tale pratica. Al contrario, un valore medio può rivelarsi più rappresentativo quando, come nel caso di specie, il prezzo di prestazioni analoghe vendute al di fuori del pacchetto presenti variazioni rilevanti (38). Il giudice del rinvio potrebbe dunque legittimamente determinare il valore di mercato dei viaggi aerei venduti dalla My Travel nell’ambito di vacanze a prezzo forfettario in base al prezzo medio di vendita dei biglietti aerei venduti da tale soggetto passivo per la stessa destinazione o per una destinazione comparabile. Spetterà a detto giudice apportare a tali medie le correzioni necessarie per tenere conto del fatto che, nell’ambito dei pacchetti, alcuni posti aerei sono offerti ai figli dei viaggiatori gratuitamente o a prezzi ridotti.

87.   Propongo quindi di risolvere la seconda questione dichiarando che spetta al giudice nazionale determinare, alla luce delle circostanze della causa principale, il valore di mercato dei viaggi in aereo forniti dalla My Travel nell’ambito delle vacanze a prezzo forfettario. Il giudice del rinvio può determinare tale valore di mercato basandosi su valori medi.

V –    Conclusione

88.   In base alle considerazioni che precedono, propongo di risolvere le questioni sollevate dal VAT and Duties Tribunal, Manchester, dichiarando quanto segue:

«1)      Un’agenzia di viaggi o un organizzatore di giri turistici, che ha effettuato la propria dichiarazione concernente l’imposta sul valore aggiunto per un periodo d’imposizione in base al metodo contemplato dalla normativa nazionale che ha recepito la sesta direttiva del Consiglio 17 maggio 1977, 77/388/CEE, in materia di armonizzazione delle legislazioni degli Stati membri relative alle imposte sulla cifra di affari – Sistema comune di imposta sul valore aggiunto: base imponibile uniforme, ha il diritto di ricalcolare il proprio debito d’imposta sul valore aggiunto in base al metodo dichiarato conforme al diritto comunitario dalla Corte, secondo le modalità previste dal proprio diritto nazionale, che devono rispettare i principi di equivalenza e di effettività.

2)      L’art. 26 della sesta direttiva 77/388 deve essere interpretato nel senso che un’agenzia di viaggi o un organizzatore di giri turistici che, dietro pagamento di un prezzo forfettario, fornisce al viaggiatore prestazioni acquisite presso terzi e prestazioni effettuate da esso stesso deve calcolare, in via di principio, la quota della somma forfettaria corrispondente alle prestazioni proprie in base al loro valore di mercato, nel caso in cui tale valore possa essere determinato. In un caso del genere, un soggetto passivo può applicare il criterio dei costi effettivi solo se dimostra che tale criterio rende fedelmente conto della reale struttura del pacchetto. L’applicazione del criterio del valore di mercato non è subordinata alla condizione che essa sia più semplice di quella del metodo basato sui costi effettivi, né alla condizione che essa conduca ad un debito d’imposta sul valore aggiunto identico o simile a quello che risulterebbe dal metodo basato sui costi effettivi. Pertanto:

–       un’agenzia di viaggi o un organizzatore di giri turistici non può applicare in modo discrezionale il metodo basato sul valore di mercato;

–       il criterio del valore di mercato si applica per le prestazioni proprie il cui valore può essere determinato, anche se, nell’ambito dello stesso periodo d’imposizione, il valore di alcune componenti proprie del pacchetto non possa essere determinato perché il soggetto passivo non vende prestazioni analoghe al di fuori del pacchetto.

3)      Spetta al giudice nazionale determinare, in base ai fatti della causa principale, il valore di mercato dei viaggi in aereo forniti dalla My Travel plc nell’ambito delle vacanze a prezzo forfettario. Il giudice del rinvio può determinare tale valore di mercato basandosi su valori medi».


1 1 – Lingua originale: il francese.


2 – Direttiva del Consiglio 17 maggio 1977, in materia di armonizzazione delle legislazioni degli Stati membri relative alle imposte sulla cifra di affari – Sistema comune di imposta sul valore aggiunto: base imponibile uniforme (GU L 145, pag. 1; in prosieguo: la «sesta direttiva»).


3 – Cause riunite C‑308/96 e C‑94/97 (Racc. pag. I‑6229).


4 – In prosieguo: la «My Travel».


5 – Sentenze 12 novembre 1992, causa C‑163/91, Van Ginkel (Racc. pag. I‑5723, punto 15), nonché Madgett e Baldwin, citata (punto 18).


6 – Sentenza 19 giugno 2003, causa C‑149/01, First Choice Holidays (Racc. pag. I‑6289, punto 25).


7 – Art. 26, n. 1.


8 – Art. 26, n. 2, prima e seconda frase.


9 – Ai sensi dell'art. 11, parte A, n. 1, lett. a), della sesta direttiva: «La base imponibile è costituita: a) per le forniture di beni e le prestazioni di servizi diverse da quelle di cui alle lettere b), c) e d), da tutto ciò che costituisce il corrispettivo versato o da versare al fornitore o al prestatore per tali operazioni da parte dell'acquirente, del destinatario o di un terzo, comprese le sovvenzioni direttamente connesse con il prezzo di tali operazioni».


10 – Art. 26, n. 4.


11 – Ufficio britannico competente in materia di IVA; in prosieguo: l'«Ufficio IVA».


12 – In prosieguo: il «regime TOMS».


13 – Punto 19.


14 – Punti 20-27.


15 – Punti 32-35.


16 – Punto 43.


17 – Punto 44.


18 – V., in particolare, sentenze 27 marzo 1980, causa 61/79, Denkavit italiana (Racc. pag. 1205, punto 16); 6 luglio 1995, causa C‑62/93, BP Soupergaz (Racc. pag. I‑1883, punto 39), e 13 gennaio 2004, causa C‑453/00, Kühne & Heitz (Racc. pag. I‑837, punto 21).


19 – V., in particolare, sentenze Denkavit italiana, citata (punto17), e 29 novembre 2001, causa C‑366/99, Griesmar (Racc. pag. I‑9383, punto 74).V., per un'applicazione recente di tali principi in materia d'IVA, sentenza 17 febbraio 2005, cause riunite C‑453/02 e C‑462/02, Linneweber e Akritidis (non ancora pubblicata nella Raccolta, punti 41-45).


20 – V., in particolare, sentenze 22 giugno 1989, causa 103/88, Fratelli Costanzo (Racc. pag. 1839, punto 33); 19 gennaio 1993, causa C‑101/91, Commissione/Italia (Racc. pag. I‑191, punto 24); 28 giugno 2001, causa C‑118/00, Larsy (Racc. pag. I‑5063, punto 52), e sentenza Kühne & Heitz, citata (punto 22).


21 – V., in particolare, sentenze 2 febbraio 1988, causa 309/85, Barra (Racc. pag. 355, punto 17), e 2 ottobre 2003, causa C‑147/01, Weber’s Wine World e a. (Racc. pag. I‑11365, punto 93).


22 – V., in particolare, sentenze 9 novembre 1983, causa 199/82, San Giorgio (Racc. pag. 3595, punto 12), e Weber’s Wine World e a., citata (punto 103).


23 – Sentenza BP Soupergaz, citata (punto 42). V., anche, sentenza 11 luglio 2002, causa C‑62/00, Marks & Spencer (Racc. pag. I‑6325, punto 47).


24 – Tale paragrafo era formulato come segue: «La detrazione del valore di mercato delle prestazioni proprie, di per sé, presenta il vantaggio della semplicità, pur non riflettendo esattamente, come ho già detto, la struttura del prezzo di queste prestazioni nell'ambito del pacchetto “tutto compreso”. Mentre, secondo il metodo basato sul calcolo dei costi, bisogna identificare il margine imponibile partendo dal margine comune, qui non è necessario distinguere i diversi elementi del valore delle prestazioni. Il margine e i costi costituiscono insieme il valore di riferimento delle prestazioni proprie, che è sufficiente detrarre dal prezzo “tutto compreso” per ottenere il valore delle prestazioni acquisite. L'operazione, precedentemente descritta, di detrazione del prezzo di queste ultime prestazioni conduce poi al margine imponibile, così ottenuto senza che sia necessario scomporre il valore delle prestazioni proprie».


25 – Ai paragrafi 77 e 78 delle conclusioni da me presentate nella stessa causa avevo aggiunto che il metodo dei costi richiede una ricostruzione complessa dei vari elementi del prezzo di costo che non si può realizzare senza una ripartizione delle spese generali tra le prestazioni proprie, la cui detrazione dal prezzo «tutto compreso» darà il margine comune, che servirà al calcolo della base imponibile, e le prestazioni proprie estranee al pacchetto. Inoltre, il ricorso al valore di mercato evita le incertezze riguardanti la natura dei costi che dovrebbero essere dedotti. Infatti, l'art. 26, n. 2, terza frase, della sesta direttiva prevede la deduzione del costo effettivo sostenuto dall'agenzia di viaggi per le prestazioni acquisite, se e in quanto da tali prestazioni il viaggiatore tragga direttamente vantaggio. Di conseguenza, le spese generali, che non posseggono tale requisito, ma servono ciò nonostante all'insieme dell'attività dell'operatore economico, fanno parte del margine imponibile delle prestazioni acquisite mentre sono escluse dal margine delle prestazioni proprie. Il calcolo dei costi obbligherebbe a ripartire queste spese tra l'una e l'altra di queste categorie di prestazioni. Orbene, i valori di mercato delle prestazioni proprie le includono già e il calcolo del margine delle prestazioni acquisite non richiede una loro individuazione.


26 – V. sentenza 13 marzo 1990, causa C‑30/89, Commissione/Francia (Racc. pag. I‑691, punto 23), e, per quanto concerne più specificamente il regime particolare contemplato all'art. 26 della sesta direttiva, sentenza 27 ottobre 1992, causa C‑74/91, Commissione/Germania (Racc. pag. I‑5437, punto 17).


27 – Punti 47 della motivazione e 2, seconda frase, del dispositivo.


28 – V., in particolare, per una presentazione del sistema dell'IVA, sentenza 24 ottobre 1996, causa C‑317/94, Gibbs (Racc. pag. I‑5339, punti 18-24).


29 – V., a proposito della nozione equivalente di «controvalore», di cui nella seconda direttiva del Consiglio 11 aprile 1967, 67/228/CEE, in materia di armonizzazione delle legislazioni degli Stati membri relative alle imposte sulla cifra d'affari – Struttura e modalità d'applicazione del sistema comune d'imposta sul valore aggiunto (GU 1967, n. 71, pag. 1303), sentenza 5 febbraio 1981, causa 154/80, Coöperatieve Aardappelenbewaarplaats (Racc. pag. 445, punto 13); a proposito della nozione di «corrispettivo» di cui alla sesta direttiva, sentenze 23 novembre 1988, causa 230/87, Naturally Yours Cosmetics (Racc. pag. 6365, punto 16); 2 giugno 1994, causa C‑33/93, Empire Stores (Racc. pag. I‑2329, punto 18); Madgett e Baldwin, citata (punto 40), e 3 luglio 2001, causa C‑380/99, Bertelsmann (Racc. pag. I‑5163, punto 22).


30 – Paragrafo 69.


31 – Le norme applicabili all'aliquota IVA sono contemplate, soprattutto, dall'art. 12, n. 3, della sesta direttiva. Secondo le versioni di tale articolo applicabili agli esercizi contabili considerati nel caso di specie, gli Stati membri devono fissare un'aliquota normale d'IVA che non sia inferiore al 15%. Essi possono parimenti stabilire una o due aliquote ridotte, applicabili ad alcune forniture di beni e prestazioni di servizi, che non siano inferiori al 5%. Alcuni Stati membri hanno tuttavia, a titolo transitorio, la possibilità di fissare aliquote inferiori a tali aliquote ridotte (v., per una presentazione delle aliquote applicabili nei diversi Stati membri, la relazione della Commissione 22 ottobre 2001, COM(2001) 599 def., sulle aliquote ridotte IVA, elaborata in conformità all'articolo 12, paragrafo 4, della sesta direttiva).


32 – Sentenze Gibbs, citata (punto 19), e 15 ottobre 2002, causa C‑427/98, Commissione/ Germania (Racc. pag. I‑8315, punti 28 e 29).


33 – Punto 44. Si trattava, si ricordi, del prezzo delle camere e del trattamento di mezza pensione praticato dall'albergo qualora i clienti non fruiscano del pacchetto.


34 – Paragrafo 72.


35 – Ho ricordato le ragioni che hanno indotto il legislatore comunitario a prevedere determinati regimi particolari in favore di tali operatori economici ai paragrafi 3-5 e 39 delle conclusioni da me presentate nella causa Harbs (sentenza 15 luglio 2004, causa C‑321/02, non ancora pubblicata nella Raccolta).


36 – V., per quanto concerne le difficoltà tecniche che può presentare detta suddivisione nel caso di prestazioni di trasporto aereo, sentenza Commissione/Germania, citata (punto 12).


37 – Sentenze 15 luglio 1964, causa 100/63, Van Der Veen (Racc. pag. 1091, particolare pag. 1106); 2 dicembre 1964, causa 24/64, Dingemans (Racc. pag. 1241, in particolare pag. 1255); 22 ottobre 1998, cause riunite C‑9/97 e C‑118/97, Jokela e Pitkäranta (Racc. pag. I‑6267, punto 30); 25 febbraio 1999, causa C‑86/97, Trans-Ex-Import (Racc. pag. I‑1041, punto 15); 7 settembre 1999, causa C‑61/98, De Haan (Racc. pag. I‑5003, punto 29), e 10 maggio 2001, causa C‑203/99, Veedfald (Racc. pag. I‑3569, punto 31).


38 – Il governo del Regno Unito dichiara che i biglietti aerei venduti nel giugno 1997 dalla My Travel con destinazione Palma (Spagna) sono stati venduti a 18 prezzi diversi (punto 4.15 delle sue osservazioni scritte).

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