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Judgment of the Court (First Chamber) of 9 September 2004.#Kingdom of Spain (C-184/02) and Republic of Finland (C-223/02) v European Parliament and Council of the European Union.#Directive 2002/15/CE - Organisation of the working time of road transport workers - Self-employed drivers - Legal basis - Freedom to pursue an occupation - Principle of equal treatment - Proportionality - Obligation to state reasons.#Joined cases C-184/02 and C-223/02.
Sentenza della Corte (Prima Sezione) del 9 settembre 2004. Regno di Spagna (C-184/02) e Repubblica finlandese (C-223/02) contro Parlamento europeo e Consiglio dell'Unione europea. Direttiva 2002/15/CE - Organizzazione dell'orario di lavoro degli autotrasportatori - Autotrasportatori autonomi - Fondamento giuridico - Libero esercizio di una professione - Principio della parità di trattamento - Proporzionalità - Obbligo di motivazione. Cause riunite C-184/02 e C-223/02.
Sentenza della Corte (Prima Sezione) del 9 settembre 2004. Regno di Spagna (C-184/02) e Repubblica finlandese (C-223/02) contro Parlamento europeo e Consiglio dell'Unione europea. Direttiva 2002/15/CE - Organizzazione dell'orario di lavoro degli autotrasportatori - Autotrasportatori autonomi - Fondamento giuridico - Libero esercizio di una professione - Principio della parità di trattamento - Proporzionalità - Obbligo di motivazione. Cause riunite C-184/02 e C-223/02.
Parlamento europeo e Consiglio dell’Unione europea
«Direttiva 2002/15/CE — Organizzazione dell’orario di lavoro degli autotrasportatori — Autotrasportatori autonomi — Fondamento giuridico — Libero esercizio di una professione — Principio della parità di trattamento — Proporzionalità — Obbligo di motivazione»
Massime della sentenza
1. Trasporti — Trasporti su strada — Norme di politica sociale e di sicurezza stradale — Direttiva 2002/15 concernente l’organizzazione
dell’orario di lavoro — Fondamento giuridico
[Art. 71, n. 1, lett. c) e d), CE; direttiva del Parlamento europeo e del Consiglio 2002/15/CE]
2. Diritto comunitario — Principi — Diritti fondamentali — Libero esercizio delle attività lavorative — Restrizioni — Presupposti
— Direttiva 2002/15 concernente l’organizzazione dell’orario di lavoro — Misure relative agli autotrasportatori autonomi —
Misure giustificate dall’interesse generale relativo alla sicurezza stradale — Insussistenza di violazione di detto principio
(Direttiva del Parlamento europeo e del Consiglio 2002/15)
3. Trasporti — Trasporti su strada — Norme di politica sociale e di sicurezza stradale — Direttiva 2002/15 concernente l’organizzazione
dell’orario di lavoro — Misure diverse relative agli autotrasportatori dipendenti e agli autotrasportatori autonomi — Violazione
del principio di parità di trattamento — Insussistenza
(Direttiva del Parlamento europeo e del Consiglio 2002/15)
4. Trasporti — Trasporti su strada — Norme di politica sociale e di sicurezza stradale — Direttiva 2002/15 concernente l’organizzazione
dell’orario di lavoro — Misure relative agli autotrasportatori autonomi non implicanti un ostacolo alla creazione e allo sviluppo
delle piccole e medie imprese — Insussistenza di violazione dell’art. 137, n. 2, CE
(Art. 137, n. 2, primo comma, seconda frase, CE; direttiva del Parlamento europeo e del Consiglio 2002/15)
1. La regolamentazione dell'orario di lavoro degli autotrasportatori autonomi considerata dalla direttiva 2002/15, concernente
l’organizzazione dell’orario di lavoro delle persone che effettuano operazioni mobili di autotrasporto, persegue un obiettivo
di sicurezza stradale quale previsto dall’art. 71, n. 1, lett. c), CE. Essa, infatti, prescrive talune misure miranti a contenere
entro limiti ragionevoli la cadenza settimanale di lavoro dell’autotrasportatore autonomo, trattandosi di attività idonee
a influenzare la sua guida a causa dei loro effetti sul suo stato di affaticamento e a imporgli periodi minimi di recupero.
Tali misure mirano quindi, innegabilmente, a migliorare la sicurezza stradale, la quale può essere compromessa non soltanto
da periodi di guida troppo lunghi, ma anche da un accumulo eccessivo di attività diverse dalla guida.
D’altro canto, misure del genere non possono che contribuire ad eliminare disparità tali da falsare sostanzialmente le condizioni
di concorrenza nei trasporti e risultano quindi «utili», ai sensi dell’art. 71, n. 1, lett. d), CE, per l’instaurazione di
una politica comune dei trasporti.
(v. punti 33-34, 40)
2. Il libero esercizio di un’attività lavorativa fa parte dei principi generali del diritto comunitario. Lo stesso vale per la
libera iniziativa privata, la quale si confonde con il libero esercizio di un’attività lavorativa. Tali libertà non appaiono
tuttavia come prerogative assolute, ma devono essere considerate rispetto alla loro funzione nella società. Di conseguenza,
esse possono subire alcune restrizioni, purché queste rispondano ad obiettivi di interesse generale e non costituiscano, riguardo
allo scopo perseguito, un intervento sproporzionato e inammissibile che leda la sostanza stessa delle libertà così garantite.
A questo proposito, tenuto conto dell’ampio potere discrezionale di cui dispone per adottare le misure utili ai fini di una
politica comune dei trasporti, il legislatore comunitario ha potuto ritenere che misure, come quelle contenute nella direttiva
2002/15, concernente l’organizzazione dell’orario di lavoro delle persone che effettuano operazioni mobili di autotrasporto,
miranti a disciplinare il tempo dedicato dall’autotrasportatore autonomo alle attività direttamente legate al trasporto su
strada, senza intaccare la libertà del medesimo di organizzare come vuole i compiti generali inerenti allo status di lavoratore
autonomo costituiscano provvedimenti adeguati e ragionevoli riguardo all’obiettivo della sicurezza stradale.
(v. punti 51-52, 56, 58)
3. La direttiva 2002/15, concernente l’organizzazione dell’orario di lavoro delle persone che effettuano operazioni mobili di
autotrasporto, non viola il principio di non discriminazione poiché prescrive misure diverse per gli autotrasportatori autonomi
e per gli autotrasportatori dipendenti, che si trovano rispettivamente in situazioni diverse. Infatti, gli autotrasportatori
autonomi devono svolgere, oltre alle attività direttamente legate al trasporto su strada, mansioni amministrative generali
estranee agli autotrasportatori dipendenti, fatto di cui la direttiva ha tenuto conto nelle misure relative agli autotrasportatori
autonomi.
(v. punti 65-66)
4. L’art. 137, n. 2, primo comma, seconda frase, CE implica che siano presi in considerazione gli interessi economici peculiari
delle piccole e medie imprese all’atto dell’adozione di misure rientranti nella sfera d’applicazione del n. 1, primo trattino,
del medesimo articolo, ma non osta a che tali imprese siano oggetto di misure vincolanti.
Pertanto, non può considerarsi contraria a detto articolo la regolamentazione dell’orario di lavoro degli autotrasportatori
autonomi prevista dalla direttiva 2002/15, concernente l’organizzazione dell’orario di lavoro delle persone che effettuano
operazioni mobili di autotrasporto. Infatti, detta regolamentazione corrisponde ad un’equilibrata presa in considerazione
dell’obiettivo della sicurezza stradale, da un lato, e delle peculiarità dello status di autotrasportatore autonomo legate
alle mansioni generali di amministrazione dell’impresa di quest’ultimo, dall’altro, senza imporre vincoli tali da intralciare
la creazione e lo sviluppo delle piccole e medie imprese.
(v. punti 72-73)
SENTENZA DELLA CORTE (Prima Sezione) 9 settembre 2004(1)
Nelle cause riunite C‑184/02 e C‑223/02,aventi ad oggetto due ricorsi di annullamento ai sensi dell'art. 230 CE, proposti il 16 maggio e il 12 giugno 2002,
Regno di Spagna, rappresentato inizialmente dalla sig.ra R. Silva de Lapuerta, successivamente dalla sig.ra N. Díaz Abad, in qualità di agenti,
con domicilio eletto in Lussemburgo,
ricorrente nella causa C-184/02,
eRepubblica di Finlandia, rappresentata dalla sig.ra T. Pynnä, in qualità di agente, con domicilio eletto in Lussemburgo,
ricorrente nella causa C-223/02,
contro
Parlamento europeo, rappresentato dalla sig.ra Gómez-Leal e dal sig. C. Pennera (causa C-184/02) nonché dai sigg. H. von Hertzen e G. Ricci (causa
C‑223/02), in qualità di agenti, con domicilio eletto in Lussemburgo,eConsiglio dell'Unione europea, rappresentato dai sigg. A. Lopes Sabino e G.-L. Ramos Ruano (causa C‑184/02) nonché dai sigg. A. Lopes Sabino e H. Erno (causa
C‑223/02), in qualità di agenti,
convenuti,
sostenuti daCommissione delle Comunità europee, rappresentata dai sigg. F. Castillo de la Torre e W. Wils (causa C‑184/02) e dai sigg. M. Huttunen e W. Wils (causa C‑223/02),
in qualità di agenti, con domicilio eletto in Lussemburgo,
interveniente,
LA CORTE (Prima Sezione),,
composta dal sig. P. Jann, presidente di sezione, dai sigg. A. Rosas, S. von Bahr, K. Lenaerts (relatore) e K. Schiemann,
giudici,
avvocato generale: sig.ra C. Stix-Hackl cancelliere: sig.ra M. Múgica Arzamendi, amministratore principale
vista la fase scritta del procedimento e in seguito alla trattazione orale del 5 febbraio 2004,viste le osservazioni presentate dalle parti,
sentite le conclusioni dell'avvocato generale, presentate all'udienza del 30 marzo 2004,
ha pronunciato la seguente
Sentenza
1
Con il ricorso in oggetto il Regno di Spagna (causa C‑184/02) chiede l’annullamento della direttiva del Parlamento europeo
e del Consiglio 11 marzo 2002, 2002/15/CE, concernente l’organizzazione dell’orario di lavoro delle persone che effettuano
operazioni mobili di autotrasporto (GU L 80, pag. 35; in prosieguo: la «direttiva impugnata»). Tale ricorso è stato oggetto
di una correzione il 3 giugno 2002.
2
Con il ricorso in oggetto la Repubblica di Finlandia (causa C‑223/02) chiede l’annullamento della direttiva impugnata laddove
questa riguarda gli autotrasportatori autonomi.
3
Con ordinanze del presidente della Corte datate, rispettivamente, 4 ottobre 2002 e 7 novembre 2002, la Commissione delle Comunità
europee è stata ammessa a intervenire a sostegno delle conclusioni del Parlamento e del Consiglio.
4
Essendo le due cause connesse tra loro, il presidente della Prima Sezione della Corte, con ordinanza 7 gennaio 2004, ha deciso
di riunire le cause C‑184/02 e C‑223/02 ai fini della trattazione orale e della sentenza, secondo quanto dispone l’art. 43
del regolamento di procedura.
Ambito normativo
5
Il 20 dicembre 1985 il Consiglio ha adottato il regolamento (CEE) n. 3820/85, relativo all’armonizzazione di alcune disposizioni
in materia sociale nel settore dei trasporti su strada (GU L 370, pag. 1). Tale regolamento, applicabile agli autotrasportatori
dipendenti e autonomi, disciplina essenzialmente il periodo di guida e di riposo in materia di autotrasporto.
6
Il 23 novembre 1993 il Consiglio ha adottato la direttiva 93/104/CE, concernente taluni aspetti dell’organizzazione dell’orario
di lavoro (GU L 307, pag. 18). Questa disciplina i periodi minimi di riposo giornaliero e settimanale, le ferie annuali, le
pause e la durata massima settimanale del lavoro, nonché taluni aspetti del lavoro notturno, del lavoro a turni e del ritmo
di lavoro.
7
Inizialmente escluso dall’ambito di applicazione della direttiva 93/104, il settore dei trasporti stradali è stato inserito
in tale ambito con la direttiva del Parlamento europeo e del Consiglio 22 giugno 2000, 2000/34/CE, che modifica la direttiva
93/104/CE del Consiglio concernente taluni aspetti dell’organizzazione dell’orario di lavoro, al fine di comprendere i settori
e le attività esclusi dalla suddetta direttiva (GU L 195, pag. 41). In virtù di tale direttiva modificativa, le disposizioni
della direttiva 93/104 relative al riposo giornaliero e settimanale, alla pausa e alla durata del lavoro notturno non sono
tuttavia applicabili ai lavoratori mobili.
8
Nel 2002 è stata adottata la direttiva impugnata. Ai termini dell’art. 1, questa mira a «(…) stabilire prescrizioni minime
in materia di organizzazione dell’orario di lavoro per migliorare la tutela della salute e della sicurezza delle persone che
effettuano operazioni mobili di autotrasporto, per migliorare la sicurezza stradale e ravvicinare maggiormente le condizioni
di concorrenza».
9
L’art. 2, n. 1, della direttiva impugnata, relativa alla sua sfera di applicazione, dispone quanto segue:
«La presente direttiva si applica ai lavoratori mobili alle dipendenze di imprese stabilite in uno Stato membro che partecipano
ad attività di autotrasporto contemplate dal regolamento (CEE) n. 3820/85 oppure, in difetto, dall’accordo AETR.
Senza pregiudizio delle disposizioni del comma seguente, la presente direttiva si applica agli autotrasportatori autonomi
a decorrere dal 23 marzo 2009.
Al più tardi due anni prima di tale data, la Commissione presenta una relazione al Parlamento europeo e al Consiglio. Tale
relazione analizza le conseguenze dell’esclusione degli autotrasportatori autonomi dal campo di applicazione della direttiva
sulla sicurezza stradale, sulle condizioni di concorrenza, sulla struttura della professione nonché sugli aspetti sociali.
Le circostanze, in ogni Stato membro, relative alla struttura dell’industria dei trasporti e all’ambiente di lavoro della
professione del trasporto su strada saranno prese in considerazione. Sulla base di questa relazione la Commissione presenterà
una proposta intesa, a seconda del caso:
–
a stabilire le modalità di inclusione degli autotrasportatori autonomi nel campo di applicazione della direttiva per quanto
attiene a talune categorie di autotrasportatori autonomi che non partecipano ad attività di autotrasporto in altri Stati membri
e che sono soggetti a vincoli locali per motivi oggettivi, quali la posizione periferica, le lunghe distanze interne e un
ambiente concorrenziale particolare, oppure
–
a non includere gli autotrasportatori autonomi nel campo di applicazione della direttiva».
10
L’art. 3 della direttiva impugnata definisce le nozioni di «orario di lavoro», di «tempi di disponibilità», di «posto di lavoro»,
di «lavoratore mobile», di «autotrasportatore autonomo», di «persona che effettua operazioni mobili di autotrasporto», di
«settimana», di «notte» e di «lavoro notturno».
11
All’art. 3, lett. a), di detta direttiva, l’«orario di lavoro» è definito come segue:
«1)
nel caso dei lavoratori mobili: ogni periodo compreso fra l’inizio e la fine del lavoro durante il quale il lavoratore mobile
è sul posto di lavoro, a disposizione del datore di lavoro ed esercita le sue funzioni o attività, ossia:
–
il tempo dedicato a tutte le operazioni di autotrasporto. In particolare tali operazioni comprendono:
i)
la guida;
ii)
il carico e lo scarico;
iii)
la supervisione della salita o discesa di passeggeri dal veicolo;
iv)
la pulizia e la manutenzione tecnica del veicolo;
v)
ogni altra operazione volta a garantire la sicurezza del veicolo, del carico e dei passeggeri o ad adempiere gli obblighi
legali o regolamentari direttamente legati al trasporto specifico in corso, incluse la sorveglianza delle operazioni di carico
e scarico, le formalità amministrative di polizia, di dogana, di immigrazione ecc.;
–
i periodi di tempo durante i quali il lavoratore mobile non può disporre liberamente del proprio tempo e deve rimanere sul
posto di lavoro, pronto a svolgere il suo lavoro normale, occupato in compiti connessi all’attività di servizio, in particolare
i periodi di attesa per carico e scarico, qualora non se ne conosca in anticipo la durata probabile, vale a dire o prima della
partenza o poco prima dell’inizio effettivo del periodo considerato, oppure conformemente alle condizioni generali negoziate
fra le parti sociali e/o definite dalla normativa degli Stati membri;
2)
nel caso degli autotrasportatori autonomi, questa stessa definizione si applica al periodo compreso fra l’inizio e la fine
del lavoro durante il quale l’autotrasportatore autonomo è sul posto di lavoro, a disposizione del cliente ed esercita le
sue funzioni o attività, ad eccezione delle mansioni amministrative generali non direttamente legate al trasporto specifico
in corso.
(…)».
12
All’art. 3, lett. e), primo comma, della direttiva impugnata, l’autotrasportatore autonomo è definito come «(…) una persona
la cui attività professionale principale consiste nel trasporto su strada di passeggeri o merci dietro remunerazione ai sensi
della legislazione comunitaria, in virtù di una licenza comunitaria o di un’altra autorizzazione professionale ad effettuare
il suddetto trasporto, che è abilitata a lavorare per conto proprio e che non è legata a un datore di lavoro da un contratto
di lavoro o da un altro rapporto di lavoro di tipo gerarchico, che è libera di organizzare le attività in questione, il cui
reddito dipende direttamente dagli utili realizzati e che è libera di intrattenere, individualmente o attraverso una cooperazione
tra autotrasportatori autonomi, relazioni commerciali con più clienti».
13
La direttiva impugnata disciplina, essenzialmente, la durata massima settimanale della prestazione di lavoro (art. 4), i riposi
intermedi (art. 5), il periodo di riposo degli apprendisti e dei tirocinanti (art. 6) ed il lavoro notturno (art. 7).
Sulla ricevibilità del ricorso nella causa C‑184/02
14
Il Parlamento e il Consiglio eccepiscono l’irricevibilità del ricorso nella causa in esame. Fanno valere che il Parlamento
non è designato come convenuto nel ricorso, mentre la direttiva impugnata è una direttiva adottata da queste due istituzioni
in base al procedimento di cui all’art. 251 CE. Rilevano inoltre che nel ricorso si chiede la condanna del solo Consiglio
alle spese.
15
Essi aggiungono che dal combinato disposto degli artt. 21, primo comma, dello Statuto CE della Corte e 38, nn. 1, lett. b),
e 7, del regolamento di procedura discende che la mancanza di menzione del Parlamento come convenuto non costituisce un semplice
errore materiale e non può essere sanata. Essi negano pertanto che la lettera inviata alla cancelleria della Corte dal Regno
di Spagna dopo il deposito del ricorso e che aggiunge il Parlamento come convenuto consenta di concludere per la ricevibilità
del ricorso.
16
Occorre rilevare che la correzione apportata dal Regno di Spagna dopo il deposito del ricorso e che designa il Parlamento
e il Consiglio come convenuti è avvenuta entro il termine del ricorso.
17
In ogni caso, l’individuazione, nella versione iniziale del ricorso, della direttiva 2002/15 «del Parlamento europeo e del
Consiglio» come oggetto del ricorso di annullamento equivale alla designazione, implicita ma certa, tanto del Parlamento quanto
del Consiglio come convenuti e non consente di dubitare del fatto che il ricorrente, intendesse, sin dall’origine, indirizzare
il ricorso contro queste due istituzioni. La correzione menzionata al punto precedente deve quindi essere considerata come
un chiarimento, e non come una modifica o una regolarizzazione del ricorso avente ad oggetto un elemento ex art. 38, n. 1,
del regolamento di procedura.
18
Ne discende che il ricorso nella causa C‑184/02 è ricevibile.
Sulla ricevibilità del ricorso nella causa C‑223/02
19
Il Parlamento e la Commissione eccepiscono l’irricevibilità del ricorso in questa causa lamentando una mancanza di precisione,
in contrasto con i precetti dell’art. 38, n. 1, del regolamento di procedura, per quanto concerne l’oggetto della lite e le
conclusioni formulate nel ricorso. Il Parlamento sottolinea che la Repubblica di Finlandia non individua espressamente le
disposizioni della direttiva impugnata di cui chiede l’annullamento. La Commissione fa valere che questo Stato membro non
precisa nel ricorso se persegue l’annullamento di tutte le disposizioni di cui al punto 2 di detto ricorso, di talune di tali
disposizioni o di taluni termini figuranti in queste ultime.
20
Tuttavia, risulta inequivocabilmente dal ricorso che oggetto del ricorso stesso è la direttiva impugnata laddove questa riguarda
gli autotrasportatori autonomi, quali definiti all’art. 3, lett. e), e che la domanda della Repubblica di Finlandia mira all’annullamento
di questa direttiva nella misura precitata.
21
L’elenco, al punto 2 del ricorso, degli elementi della direttiva impugnata contenenti una specifica allusione agli autotrasportatori
autonomi, vale a dire l’ottavo ‘considerando’ e le disposizioni degli artt. 2, n. 1, e 3, lett. a), punto 2), lett. e) e f),
di quest’ultima direttiva, contribuisce a circoscrivere con tutta la precisione necessaria l’oggetto del ricorso di annullamento
in esame.
22
Ne consegue che il ricorso nella causa C-223/02 è ricevibile.
Nel merito
23
A sostegno delle loro domande di annullamento i ricorrenti adducono motivi sia comuni, sia specifici delle loro cause, riguardanti
l’esistenza di un eccesso di potere, violazioni del diritto al libero esercizio dell’attività professionale e del diritto
alla libera iniziativa privata, violazione del principio di proporzionalità e il fatto che la direttiva impugnata non ha ad
oggetto la sicurezza stradale, violazioni del principio di non discriminazione e dell’art. 74 CE, violazione degli artt. 137,
n. 2, CE e 157 CE, nonché un difetto di motivazione.
Sul motivo relativo all’esistenza di un eccesso di potere
24
La Repubblica di Finlandia sostiene che né l’art. 71 CE né l’art. 137, n. 2, CE attribuiscono alla Comunità il potere di disciplinare
l’orario di lavoro degli autotrasportatori autonomi.
25
Per quanto riguarda l’art. 71 CE, essa afferma che la direttiva impugnata disciplina l’uso dell’orario di lavoro degli autotrasportatori
autonomi in una misura che va ben oltre gli obiettivi di sicurezza stradale e di ravvicinamento delle condizioni di concorrenza,
oggetto di detto articolo. Per quanto attiene all’obiettivo della sicurezza stradale, essa sostiene che la direttiva impugnata
non disciplina soltanto l’orario di guida, ma anche l’orario di lavoro complessivo degli autotrasportatori autonomi, mentre
non è affatto dimostrato che le attività, diverse dalla guida, collegate al trasporto costituiscano fattori di rischio per
la sicurezza stradale. Quanto all’obiettivo relativo al ravvicinamento delle condizioni di concorrenza, essa sostiene che
neanche tale obiettivo può giustificare l’inclusione degli autotrasportatori autonomi nella sfera di applicazione della direttiva
impugnata, poiché, da un lato, i ‘considerando’ della detta direttiva non consentono di misurare i suoi effetti reali sulle
condizioni di concorrenza e, dall’altro, le disposizioni di tale direttiva mirano piuttosto ad aumentare le distorsioni di
concorrenza sfavorendo le piccole e medie imprese.
26
Per quanto concerne l’art. 137, n. 2, CE, la Repubblica di Finlandia sostiene che tale disposizione non autorizza la Comunità
ad adottare misure concernenti l’orario di lavoro degli autotrasportatori autonomi.
27
Occorre rilevare che la direttiva impugnata si basa sugli artt. 71 CE e 137, n. 2, CE.
28
Dall’art. 71, n. 1, CE emerge che, ai fini dell’attuazione di una politica comune dei trasporti e tenuto conto degli aspetti
peculiari di questi ultimi, il Consiglio, deliberando secondo la procedura di codecisione di cui all’art. 251 CE, è competente
a stabilire, in particolare, «le misure atte a migliorare la sicurezza dei trasporti» [lett. c)] e «ogni altra utile disposizione»
[lett. d)].
29
Secondo una giurisprudenza costante, il Trattato, assegnando al Consiglio il compito di instaurare una politica comune dei
trasporti, gli conferisce un ampio potere normativo quanto all’adozione di norme comuni adeguate (sentenze 28 novembre 1978,
causa 97/78, Schumalla, Racc. pag. 2311, punto 4, e 17 luglio 1997, cause riunite C‑248/95 e C‑249/95, SAM Schiffahrt e Stapf,
Racc. pag. I‑4475, punto 23).
30
Risulta inoltre dal testo chiaro dell’art. 71, n. 1, lett. c), CE e dalle precisazioni fornite dalla Corte sulla nozione di
«ogni altra utile disposizione» di cui all’art. 71, n. 1, lett. d), CE (sentenza Schumalla, precitata, punto 6) che, in base
all’art. 71 CE, il legislatore comunitario è autorizzato – il che del resto è ammesso dalla Repubblica finlandese – ad adottare
disposizioni comuni volte a migliorare la sicurezza stradale e ad eliminare le disparità nazionali tali da falsare sostanzialmente
le condizioni di concorrenza nel settore dei trasporti.
31
La Repubblica di Finlandia obietta tuttavia che le disposizioni della direttiva impugnata concernenti gli autotrasportatori
autonomi non contribuiscono, contrariamente a quanto enunciato nell’art. 1 di detta direttiva, agli obiettivi della sicurezza
stradale e di ravvicinamento delle condizioni di concorrenza oggetto dell’art. 71 CE.
32
Va esaminata la fondatezza di tale argomentazione.
33
Per quanto attiene, anzitutto, all’obiettivo della sicurezza stradale, si deve rilevare che, all’art. 3, lett. a), punto 2),
la direttiva impugnata definisce i periodi di attività lavorativa da considerare come orario di lavoro nel caso degli autotrasportatori
autonomi. In combinato disposto con le disposizioni dell’art. 4 di detta direttiva, relative alla durata massima settimanale
di lavoro, tale definizione limita il numero di ore che un trasportatore autonomo può dedicare, ogni settimana, alle attività
direttamente collegate al trasporto stradale. Per garantire il rispetto di tale limitazione settimanale, l’art. 9 della direttiva
impugnata impone la registrazione dell’orario di lavoro. L’art. 5 della stessa direttiva fissa inoltre, in particolare con
riferimento agli autotrasportatori autonomi, la frequenza e la durata minime dei riposi intermedi.
34
Le misure esposte al punto precedente mirano a contenere entro limiti ragionevoli la cadenza settimanale di lavoro dell’autotrasportatore
autonomo, trattandosi di attività idonee a influenzare la sua guida a causa dei loro effetti sul suo stato di affaticamento
e a imporgli periodi minimi di recupero. Esse mirano quindi innegabilmente a migliorare la sicurezza stradale, la quale, contrariamente
a quanto affermato dalla Repubblica di Finlandia, può essere compromessa non soltanto da periodi di guida troppo lunghi, ma
anche da un accumulo eccessivo di attività diverse dalla guida, quali quelle enunciate all’art. 3, lett. a), punto 1), primo
trattino, sub ii) - v), della direttiva impugnata, direttamente collegate alle operazioni di trasporto stradale (v., in tal
senso, sentenze 9 giugno 1994, causa C‑394/92, Michielsen e GTS, Racc. pag. I‑2479, punto 14, e 18 gennaio 2001, causa C‑297/99,
Skills Motor Coaches e a., Racc. pag. I‑573, punti 24 e 25).
35
La direttiva impugnata considera del pari all’art. 7 l’assoggettamento degli autotrasportatori autonomi alle limitazioni che
essa fissa in materia di durata del lavoro notturno. Tenuto conto dell’influenza particolare che il lavoro notturno può avere
sull’organismo umano, sullo stato di affaticamento dell’autotrasportatore e, quindi, sulla sua guida, anche tale misura mira
ad accrescere la sicurezza stradale.
36
Va quindi considerato che la regolamentazione dell’orario di lavoro degli autotrasportatori autonomi considerata dalla direttiva
impugnata persegue un obiettivo di sicurezza stradale. Come giustamente sottolineano il Parlamento e la Commissione, tale
regolamentazione completa utilmente le disposizioni del regolamento n. 3820/85, le quali riguardano soltanto uno degli elementi
che compromettono la sicurezza stradale, vale a dire periodi di guida eccessivamente lunghi da parte dell’autotrasportatore.
37
La precedente analisi non può essere messa in discussione dal fatto, addotto dal Regno di Spagna, che l’art. 2, n. 1, terzo
comma, della direttiva impugnata prevede che, per determinare lo status definitivo degli autotrasportatori autonomi riguardo
a detta direttiva, la Commissione presenti al Parlamento e al Consiglio, entro il 23 marzo 2007, una relazione concernente,
in particolare, le conseguenze dell’esclusione attuale degli autotrasportatori autonomi dalla sfera di applicazione della
direttiva sulla sicurezza stradale.
38
Come ha esposto il Parlamento nei suoi atti e come è stato confermato in udienza dalle varie istituzioni, tale disposizione
costituisce il risultato di un compromesso in seno al Consiglio sulla proposta della Commissione che prevedeva l’immediato
assoggettamento dei detti autotrasportatori alla direttiva impugnata «per motivi collegati principalmente alla sicurezza stradale»
[v. i punti 4 e 5 della comunicazione della Commissione al Parlamento europeo e al Consiglio, 21 giugno 2000, intitolata «Verso
un trasporto stradale di qualità più sicuro e più concorrenziale nella Comunità», COM (2000) 364 def.]. Essa non è tale da
far venir meno la fondatezza delle considerazioni relative agli effetti di periodi di attività di trasporto stradale troppo
lunghi nonché del lavoro notturno sullo stato di affaticamento dell’autotrasportatore e, pertanto, sulla sua guida. Essa non
è quindi tale da invalidare la conclusione secondo cui l’obiettivo della sicurezza stradale giustifica pienamente la regolamentazione
degli orari di lavoro degli autotrasportatori autonomi contemplata dalla direttiva impugnata.
39
Per quanto concerne, poi, l’obiettivo del ravvicinamento delle condizioni di concorrenza, le disposizioni della direttiva
impugnata enunciate ai punti 33 e 35 della presente sentenza mirano a coordinare le normative nazionali su aspetti essenziali
del tempo dedicato dagli autotrasportatori autonomi alle loro attività di trasporto stradale. Esse contribuiscono, per tale
motivo, ad eliminare per detti aspetti le disparità tra gli Stati membri atte a falsare la concorrenza nella professione di
autotrasportatore autonomo.
40
È stato del resto affermato che disposizioni comuni che, come quelle esposte ai punti 33 e 35 della presente sentenza, mirano
a migliorare la sicurezza stradale, possono soltanto contribuire a eliminare disparità tali da falsare sostanzialmente le
condizioni di concorrenza nei trasporti e risultano quindi «utili», ai sensi dell’art. 71, n. 1, lett. d), CE, per l'instaurazione
di una politica comune dei trasporti (v., precitata sentenza, Schumalla, punto 6).
41
Alla luce di quanto precede, si deve concludere che la regolamentazione dell’orario di lavoro degli autotrasportatori autonomi
considerata nella direttiva impugnata può contribuire alla realizzazione degli obiettivi di sicurezza stradale e di ravvicinamento
delle condizioni di concorrenza enunciati all’art. 1 della detta direttiva. Ne consegue che l’art. 71 CE offre un fondamento
giuridico adeguato e sufficiente ai fini dell’applicazione della direttiva impugnata a tale categoria di autotrasportatori.
42
Per quanto concerne l’art. 137, n. 2, CE, va rilevato che la procedura legislativa prevista da tale disposizione per l’adozione
di misure volte a migliorare l’ambiente di lavoro per tutelare la salute e la sicurezza dei lavoratori è identica a quella
prescritta dall’art. 71 CE.
43
Quindi il ricorso all’art. 137, n. 2, CE come fondamento giuridico secondario della direttiva impugnata non ha, comunque,
avuto incidenza sulla procedura seguita per l’adozione della detta direttiva.
44
Ciò considerato, non è necessario pronunciarsi sul punto se l’art. 137, n. 2, CE fornisca del pari un fondamento giuridico
adeguato per le misure contemplate dalla direttiva impugnata riguardo agli autotrasportatori autonomi [v. del pari sentenza
10 dicembre 2002, causa C‑491/01, British American Tobacco (Investments) e Imperial Tobacco, Racc. pag. I‑11453, punto 98,
e, a contrario, sentenza 11 giugno 1991, detta «biossido di titanio», causa C‑300/89, Commissione/Consiglio, Racc. pag. I‑2867,
punti 18‑21].
45
Alla luce di quanto precede, il motivo esaminato deve essere respinto.
Sui motivi relativi alla violazione del diritto al libero esercizio di un’attività lavorativa e alla libera iniziativa privata,
alla violazione del principio di proporzionalità e al fatto che la direttiva impugnata non ha ad oggetto la sicurezza stradale
46
Il Regno di Spagna sostiene, da un lato, che l’inclusione degli autotrasportatori autonomi nell'ambito di applicazione della
direttiva impugnata ha l’effetto di impedire a detti autotrasportatori di dedicare tutti i loro sforzi e tutto il loro tempo
al successo ed alla valorizzazione della loro impresa, e costituisce una inammissibile lesione del loro diritto al libero
esercizio di un’attività lavorativa e alla libera iniziativa privata.
47
D’altro lato, il Regno di Spagna fa valere che, contrariamente a quanto esposto al quarto e decimo ‘considerando’ nonchᄅ all’art. 1
della direttiva impugnata, l’obiettivo della sicurezza stradale non può essere conseguito da detta direttiva, che è una regolamentazione
sociale che mira unicamente a migliorare le condizioni di vita e di lavoro degli autotrasportatori. Esso sostiene che, pur
essendo giustificato disciplinare l’orario di lavoro dei dipendenti, tenuto conto della loro subordinazione rispetto al datore
di lavoro, non vi è tale bisogno di tutela per gli imprenditori autonomi, i quali devono rimanere liberi di organizzare le
loro attività come vogliono.
48
La Repubblica di Finlandia adduce, da un lato, che l’inclusione degli autotrasportatori autonomi nell'ambito di applicazione
della direttiva impugnata costituisce una violazione del principio di proporzionalità. Essa sostiene, in primo luogo, che
l’obiettivo di tutela delle persone non giustifica affatto la regolamentazione dell’orario di lavoro degli autotrasportatori
autonomi, in secondo luogo, che l’obiettivo di sicurezza stradale è già preso in considerazione dal regolamento n. 3820/85
e che se ne terrebbe conto in modo altrettanto efficace e meno lesivo della libertà lavorativa rafforzando il controllo del
rispetto di detto regolamento e, in terzo luogo, che detta direttiva non precisa in quale misura essa possa contribuire al
conseguimento dell’obiettivo legato al ravvicinamento delle condizioni di concorrenza.
49
D’altro lato, la Repubblica di Finlandia afferma che l’assoggettamento degli autotrasportatori autonomi alla direttiva impugnata
viola il principio del libero esercizio di un’attività lavorativa, il quale implica che l’imprenditore deve poter liberamente
decidere dell’importanza e dell’organizzazione dell’orario di lavoro che intende dedicare alle sue attività lavorative. Essa
afferma che, quanto agli autotrasportatori autonomi, detta direttiva disciplina varie attività diverse dalla guida e impone
loro di tenere un registro dell’orario di lavoro, il che costituisce un’inammissibile violazione del loro diritto di organizzare
liberamente le loro attività.
50
In limine, si deve sottolineare che, in udienza, il Regno di Spagna ha precisato che il suo motivo, presentato al punto 47
della presente sentenza, riguardante il fatto che la direttiva impugnata non ha ad oggetto la sicurezza stradale, mira a denunciare
la lesione sproporzionata che detta direttiva costituisce per la libertà di cui devono godere gli autotrasportatori autonomi
nell’organizzare le loro attività lavorative. Tale motivo si confonde quindi con il motivo relativo ad una violazione del
diritto al libero esercizio di un’attività lavorativa e alla libera iniziativa privata.
51
Il libero esercizio di un’attività lavorativa fa parte dei principi generali del diritto comunitario (sentenze 10 gennaio
1992, causa C‑177/90, Kühn, Racc. pag. I-35, punto 16; 5 ottobre 1994, causa C‑280/93, Germania/Consiglio, Racc. pag. I-4973,
punto 78, nonché SAM Schiffahrt e Stapf, precitata, punto 72). Lo stesso vale per la libera iniziativa privata, la quale si
confonde con il libero esercizio di un’attività lavorativa (sentenza 21 febbraio 1991, cause riunite C‑143/88 e C‑92/89, Zuckerfabrik
Süderdithmarschen e Zuckerfabrik Soest, Racc. pag. I-415, punti 72-77).
52
Tali libertà non appaiono tuttavia come prerogative assolute, ma devono essere considerate rispetto alla loro funzione nella
società. Di conseguenza, esse possono subire alcune restrizioni, purché queste rispondano ad obiettivi di interesse generale
e non costituiscano, riguardo allo scopo perseguito, un intervento sproporzionato e inammissibile che leda la sostanza stessa
delle libertà così garantite (v., in particolare, sentenza 28 aprile 1998, causa C‑200/96, Metronome Musik, Racc. pag. I-1953,
punto 21).
53
Nel caso di specie va constatato che la regolamentazione dell’orario di lavoro degli autotrasportatori autonomi considerata
dalla direttiva impugnata mira a migliorare la sicurezza stradale (v. punti 33-36 della presente sentenza) e risponde quindi
ad un obiettivo di interesse generale (v. sentenze 5 ottobre 1994, causa C‑55/93, Van Schaik, Racc. pag. I-4837, punto 19,
e 12 ottobre 2000, causa C‑314/98, Snellers, Racc. pag. I-8633, punto 55).
54
Come rilevato dall’avvocato generale nei paragrafi 112‑116 delle conclusioni, tale regolamentazione, anche se interferisce
sulle modalità di esercizio dell’attività lavorativa di autotrasportatore autonomo, non incide tuttavia sull’esistenza stessa
della libertà di esercitare tale attività.
55
Inoltre, come sottolineano il Parlamento e la Commissione, la direttiva impugnata opera, quanto agli autotrasportatori autonomi,
una netta distinzione tra, da un lato, le attività direttamente collegate al trasporto stradale, come quelle elencate all’art. 3,
lett. a), punto 1), della detta direttiva, che costituiscono oggetto delle misure di organizzazione dell’orario di lavoro
istituite dalla stessa direttiva, e, dall’altro, le «mansioni amministrative generali non direttamente legate al trasporto
specifico in corso» di cui al punto 2) della medesima disposizione, le quali non sono considerate da detta direttiva.
56
Tenuto conto dell’ampio potere discrezionale di cui dispone per adottare le misure utili ai fini di una politica comune dei
trasporti (v. sentenza SAM Schiffahrt e Stapf, precitata, punti 23-25), il legislatore comunitario ha potuto considerare che
misure miranti a disciplinare il tempo dedicato alle attività direttamente legate al trasporto stradale, senza intaccare la
libertà dell’autotrasportatore che ha optato per lo status di lavoratore autonomo di organizzare come vuole i compiti generali
propri di tale status, costituiscono provvedimenti adeguati e ragionevoli riguardo all’obiettivo della sicurezza stradale.
57
Quanto al principio di proporzionalità, va ricordato che, secondo la costante giurisprudenza della Corte, tale principio,
che fa parte dei principi generali del diritto comunitario, richiede che le misure considerate non superino i limiti di ciò
che è idoneo e necessario per il conseguimento degli scopi perseguiti dalla normativa di cui trattasi, fermo restando che,
qualora sia possibile una scelta tra più misure appropriate, si deve ricorrere alla meno restrittiva (v., in particolare,
sentenze 16 dicembre 1999, causa C‑101/98, UDL, Racc. pag. I–8841, punto 30, e 12 marzo 2002, cause riunite C‑27/00 e C‑122/00,
Omega Air e a., Racc. pag. I‑2569, punto 62).
58
Nella specie, le considerazioni esposte ai punti 54-56 della presente sentenza portano a stabilire che le disposizioni della
direttiva impugnata relative agli autotrasportatori autonomi, le quali intendono evitare che questi adottino, per le attività
direttamente legate al trasporto stradale, un ritmo di lavoro che possa compromettere la sicurezza stradale, senza ledere
la loro libertà di organizzare le proprie mansioni amministrative generali nel modo che essi ritengono più conforme ai propri
interessi, non violano il principio di proporzionalità.
59
Occorre aggiungere che, contrariamente a quanto sostiene la Repubblica di Finlandia, un rafforzamento del controllo delle
limitazioni dell’orario di guida fissate dal regolamento n. 3820/85 non può essere considerato come una soluzione altrettanto
efficace e meno vincolante delle disposizioni censurate. Infatti, esso non sarebbe di alcuna utilità per limitare, in misura
ragionevole, la durata dell’orario di lavoro dedicata dall’autotrasportatore autonomo alle attività, diverse dalla guida,
che sono direttamente legate al trasporto stradale e che possono influire sul suo stato di affaticamento e sulla sua guida
a danno della sicurezza stradale.
60
Tenuto conto di quanto precede, la regolamentazione dell’orario di lavoro degli autotrasportatori autonomi, contemplata nella
direttiva impugnata, non può essere considerata come un intervento sproporzionato e intollerabile che lede la sostanza stessa
dei diritti al libero esercizio di un’attività lavorativa e alla libera iniziativa privata, né come una violazione del principio
di proporzionalità.
61
Ne consegue che i motivi esaminati devono essere respinti interamente.
Sul motivo relativo alle violazioni del principio di non discriminazione e dell’art. 74 CE
62
Il Regno di Spagna fa valere che gli autotrasportatori autonomi, essendo inclusi nella sfera di applicazione della direttiva
impugnata, subiscono una discriminazione ingiustificata rispetto ai lavoratori dipendenti, poiché situazioni rigorosamente
diverse sono trattate in modo identico, mentre ciò non è giustificato da alcuna ragione oggettiva. Esso sostiene del pari
che tale inclusione viola il disposto dell’art. 74 CE.
63
Il Regno di Spagna aggiunge che la sicurezza stradale e la garanzia della libera concorrenza non costituiscono ragioni oggettive
che possano giustificare che gli autotrasportatori autonomi siano trattati in modo identico ai lavoratori dipendenti. A suo
avviso, da un lato, la sicurezza stradale non costituisce l’obiettivo della direttiva impugnata e, dall’altro, l’esclusione
degli autotrasportatori autonomi dalla sfera di applicazione della detta direttiva non può falsare la concorrenza sul mercato
dei trasporti, tenuto conto, in particolare, delle limitazioni degli orari di guida stabilite dal regolamento n. 3820/85.
64
Occorre ricordare che, secondo una giurisprudenza costante, il principio di non discriminazione vuole che situazioni analoghe
non siano trattate in modo differente e situazioni differenti non siano trattate in modo identico, salvo che ciò non risulti
obiettivamente giustificato (v., in particolare, sentenze Omega Air e a., precitata, punto 79, e 9 settembre 2003, causa C‑137/00,
MilK Marque e National Farmers’Union, Racc. pag. I‑7975, punto 126).
65
Nel caso di specie, si deve rilevare che, quanto all’organizzazione dell’orario di lavoro, cui fa riferimento la direttiva
impugnata, gli autotrasportatori autonomi e gli autotrasportatori dipendenti non si trovano nella stessa situazione. I primi
devono, infatti, svolgere, oltre alle attività direttamente collegate al trasporto stradale, mansioni amministrative generali
estranee ai secondi.
66
Dal disposto dell’art. 3, lett. a), della direttiva impugnata riguardo alla definizione dell’orario di lavoro, rispettivamente
nel caso dei lavoratori mobili dipendenti e nel caso degli autotrasportatori autonomi, emerge che il legislatore comunitario
ha tenuto conto di tale differenza di situazione. Infatti, per quanto concerne i lavoratori dipendenti, tale direttiva disciplina
tutto il loro orario di lavoro, vale a dire l’orario dedicato alle attività di trasporto stradale, quali enunciate al detto
art. 3, lett. a), punto 1), primo trattino, ma anche «i periodi di tempo durante i quali il lavoratore mobile non può disporre
liberamente del proprio tempo e deve rimanere nel posto di lavoro, pronto a svolgere il suo lavoro normale, occupato in compiti
connessi all’attività di servizio (…)» [art. 3, lett. a), punto 1), secondo trattino]. Quanto agli autotrasportatori autonomi,
essa si limita ad inquadrare la parte delle attività che questi ultimi hanno in comune con i lavoratori dipendenti, vale a
dire le attività precitate di trasporto stradale, pur lasciando al di fuori della sua sfera di applicazione le attività, proprie
della condizione di lavoratore autonomo, corrispondenti alle «(…) mansioni amministrative generali non direttamente legate
al trasporto specifico in corso» [art. 3, lett. a), punto 2)].
67
Occorre peraltro insistere sul fatto che le attività collegate al trasporto stradale si intendono nello stesso senso per gli
autotrasportatori dipendenti e per gli autotrasportatori autonomi e riguardano, in entrambi i casi, non solo la guida, ma
anche una serie di altre attività direttamente collegate al trasporto stradale, quali il carico e lo scarico, l'assistenza
ai passeggeri all'atto di salire e scendere dal veicolo, la pulizia e la manutenzione tecnica del veicolo e ogni altra operazione
volta a garantire la sicurezza del veicolo, del carico e dei passeggeri nonché ad adempiere gli obblighi legali o regolamentari
(formalità amministrative, doganali…). È quindi infondato l’argomento del Regno di Spagna secondo cui la direttiva impugnata
obbligherebbe soltanto gli autotrasportatori autonomi a imputare al loro orario di lavoro attività diverse dalla guida e porrebbe
quindi i lavoratori dipendenti in una situazione più favorevole di quella degli autotrasportatori autonomi per quanto concerne
la destinazione della durata dell’orario di lavoro autorizzata all’orario di guida consentito dal regolamento n. 3820/85.
68
Infine, ammettendo che la direttiva impugnata debba essere considerata come «una misura in materia di prezzi e condizioni
di trasporto» ai sensi dell’art. 74 CE, l’analisi esposta sopra ai punti 54-56 della presente sentenza nonché le condizioni
secondo le quali è contemplata all’art. 2, n. 1, della detta direttiva l’inclusione degli autotrasportatori autonomi nella
sfera di applicazione di questa escludono che il legislatore comunitario sia venuto meno al suo obbligo di tener conto della
situazione economica dei trasportatori, autonomi nel caso di specie.
Sul motivo relativo ad una violazione degli artt. 137, n. 2, CE e 157 CE
69
La Repubblica di Finlandia sostiene che le limitazioni della direttiva impugnata in materia di orario di lavoro gravano principalmente
sulle piccole e medie imprese, le quali, a differenza delle grandi imprese, non hanno le risorse umane necessarie per procedere
ad una ripartizione dei compiti che consenta agli autotrasportatori di sfruttare tutto il tempo di guida autorizzato dalla
detta direttiva, mentre altri dipendenti si occupano, senza limitazione dell’orario di lavoro stabilita da detta direttiva,
delle attività che esulano dalla guida dei veicoli. Essa conclude quindi per una violazione dell’art. 137, n. 2, CE.
70
Essa fa del pari valere che la limitazione dell’orario di lavoro degli autotrasportatori autonomi frena lo sviluppo delle
piccole imprese, poiché, ai rischi propri di qualsiasi impresa, tale limitazione aggiunge restrizioni ingiustificate alla
libertà di dedicare il tempo voluto alla gestione dell’impresa, il che contrasta con l’obiettivo di competitività dell’industria
europea enunciato dall’art. 157 CE. Essa afferma che l’applicazione della direttiva impugnata agli autotrasportatori autonomi
rischia sicuramente di tradursi in un rafforzamento della posizione delle grandi imprese di trasporto, in un indebolimento
della concorrenza ed in una riduzione delle possibilità di occupazione nelle piccole e medie imprese.
71
Va osservato che, quanto all’art. 137, n. 2, CE, la Repubblica finlandese fa riferimento in particolare alla disposizione
figurante al primo comma, lett. b), seconda frase, secondo la quale le direttive basate sull’art. 137, n. 2, e che mirano
alla tutela della salute e della sicurezza dei lavoratori ai sensi del n. 1, lett. a), dello stesso articolo evitano di imporre
vincoli amministrativi, finanziari e giuridici tali da ostacolare la creazione e lo sviluppo di piccole e medie imprese.
72
Ammettendo che le disposizioni della direttiva impugnata concernenti gli autotrasportatori autonomi, le uniche contestate
nel caso di specie, si basino, oltre che sull’art. 71 CE, sull’art. 137, n. 2, CE, occorre sottolineare che la disposizione
del Trattato CE di cui al punto precedente implica che siano presi in considerazione gli interessi economici peculiari delle
piccole e medie imprese all’atto dell’adozione di misure di cui all’art. 137, n. 1, lett. a), CE, ma non osta a che tali imprese
siano oggetto di misure vincolanti [v., quanto al precedente art. 118, n. 2, secondo comma, del Trattato CE (gli artt. 117‑120
del Trattato CE sono stati sostituiti con gli artt. 136 CE ‑ 143 CE), sentenza 12 novembre 1996, causa C‑84/94, Regno Unito/Consiglio,
Racc. pag. I-5755, punto 44].
73
La regolamentazione dell’orario di lavoro degli autotrasportatori autonomi considerata nella direttiva impugnata corrisponde,
come è stato esposto ai punti 53-56 della presente sentenza, ad un’equilibrata presa in considerazione dell’obiettivo della
sicurezza stradale, da un lato, e delle peculiarità dello status di lavoratore autonomo legate alle mansioni generali di amministrazione
dell’impresa di quest’ultimo, dall’altro. In tali circostanze, non si può considerare che essa imponga vincoli tali da intralciare
la creazione e lo sviluppo delle piccole e medie imprese.
74
L’art. 157 CE, dal canto suo, prevede che, al fine di garantire le condizioni necessarie alla competitività dell’industria
comunitaria, le azioni condotte dalla Comunità a titolo della politica industriale o a titolo di altre disposizioni del Trattato
mirino, in particolare, a promuovere un ambiente favorevole all’iniziativa e allo sviluppo delle imprese di tutta la Comunità,
segnatamente delle piccole e medie imprese.
75
Tuttavia, nella fattispecie, oltre a quanto è stato ricordato al punto 73 della presente sentenza, si deve constatare che
la tesi della Repubblica finlandese relativa ad una violazione dell’art. 157 CE si basa, in parte, sulla premessa – errata
alla luce dell’esclusione delle mansioni amministrative generali dalla definizione dell’orario di lavoro dell'autotrasportatore
autonomo – secondo cui la direttiva impugnata intende disciplinare l’orario dedicato da tale autotrasportatore alla gestione
generale della sua impresa, e, in parte, su mere congetture quanto all’asserito impatto che ci si dovrebbe attendere da tale
direttiva sulla posizione rispettiva delle grandi e delle piccole e medie imprese.
76
Il motivo esaminato deve essere quindi respinto.
Sui motivi relativi ad un difetto di motivazione
77
Il Regno di Spagna sostiene che l’inclusione degli autotrasportatori autonomi nell'ambito di applicazione della direttiva
impugnata non si basa su alcuna giustificazione adeguata. Esso denuncia la mancanza di rigore e di logica dell’ottavo ‘considerando’
della detta direttiva e sottolinea la mancanza di solidità del ragionamento del legislatore. Aggiunge che, data l’eccezionalità
dell’instaurazione di limiti al tempo dedicato da un imprenditore indipendente all’esercizio delle sue attività, tale assoggettamento
implica una motivazione più dettagliata dell’esposizione sommaria figurante in detto ‘considerando’.
78
La Repubblica di Finlandia sostiene che il Parlamento e il Consiglio non hanno adempiuto l’obbligo di motivazione, poiché
i ‘considerando’ della direttiva impugnata non precisano le distorsioni di concorrenza che questa intende sopprimere, né i
mezzi previsti a tal fine. Essa aggiunge che tale direttiva, pur senza dover motivare ciascuna scelta tecnica effettuata dal
legislatore, avrebbe dovuto quanto meno individuare, per ciascun obiettivo perseguito, i problemi esistenti e i mezzi considerati
per eliminarli, tenuto conto, in particolare, della violazione della libera iniziativa privata compiuta da tale legislazione.
79
Va tuttavia sottolineato come le considerazioni relative alle lacune del quadro giuridico attuale, esposte al primo e al secondo
‘considerando’ della direttiva impugnata, nonché gli obiettivi generali di sicurezza stradale e di ravvicinamento delle condizioni
di concorrenza, individuati nel quarto, nel decimo e nell’undicesimo ‘considerando’ della detta direttiva, riguardino del
pari gli autotrasportatori autonomi e siano sufficienti quindi, riguardo agli obblighi di motivazione posti dalla giurisprudenza
in materia di atti di portata generale (v., per esempio, sentenze 19 novembre 1998, causa C‑150/94, Regno Unito/Consiglio,
Racc. pag. I-7235, punti 25 e 26, nonché 7 novembre 2000, causa C‑168/98, Lussemburgo/Parlamento e Consiglio, Racc. pag. I-9131,
punti 62 e 66), a giustificare la possibile applicazione a termine della direttiva a questa categoria di persone che svolgono
attività mobili di trasporto.
80
Inoltre, come giustamente rilevano il Parlamento e la Commissione, il Regno di Spagna e la Repubblica di Finlandia, partecipando
ai lavori del Consiglio, sono stati direttamente implicati nel processo di elaborazione della direttiva impugnata e conoscono
quindi i motivi che sono alla base delle disposizioni di questa direttiva riguardanti agli autotrasportatori autonomi (v.,
in tal senso, sentenza 22 giugno 1993, causa C‑54/91, Germania/Commissione, Racc. pag. I-3399, punto 11).
81
Ne consegue che il motivo qui esaminato deve essere respinto.
82
Alla luce di quanto precede, i ricorsi vanno respinti interamente.
Sulle spese
83
Ai termini dell’art. 69, n. 2, del regolamento di procedura, la parte soccombente è condannata alle spese se ne è stata fatta
domanda. Il Regno di Spagna e la Repubblica di Finlandia sono rimasti soccombenti e quindi, conformemente alle domande del
Parlamento e del Consiglio, vanno condannati alle proprie spese e a quelle sostenute dalle istituzioni convenute. Ai sensi
dell’art. 69, n. 4, dello stesso regolamento, l’istituzione che è intervenuta nella causa sopporta le proprie spese. La Commissione,
interveniente, sopporta quindi le proprie spese.
Per questi motivi, la Corte (Prima Sezione) dichiara e statuisce:
1)
I ricorsi sono respinti.
2)
I ricorrenti sopporteranno le proprie spese, nonché quelle sostenute dai convenuti.