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Documento 62001CJ0040

Sentenza della Corte dell'11 marzo 2003.
Ansul BV contro Ajax Brandbeveiliging BV.
Domanda di pronuncia pregiudiziale: Hoge Raad der Nederlanden - Paesi Bassi.
Marchi - Direttiva 89/104/CEE - Art. 12, n.1 - Decadenza dei diritti del titolare di un marchio - Concetto di uso effettivo del marchio - Attività consistente nella manutenzione di prodotti già in commercio, con vendita di pezzi di ricambio e di accessori.
Causa C-40/01.

Raccolta della Giurisprudenza 2003 I-02439

Identificatore ECLI: ECLI:EU:C:2003:145

62001J0040

Sentenza della Corte dell'11 marzo 2003. - Ansul BV contro Ajax Brandbeveiliging BV. - Domanda di pronuncia pregiudiziale: Hoge Raad der Nederlanden - Paesi Bassi. - Marchi - Direttiva 89/104/CEE - Art. 12, n.1 - Decadenza dei diritti del titolare di un marchio - Concetto di uso effettivo del marchio - Attività consistente nella manutenzione di prodotti già in commercio, con vendita di pezzi di ricambio e di accessori. - Causa C-40/01.

raccolta della giurisprudenza 2003 pagina I-02439


Parti
Motivazione della sentenza
Decisione relativa alle spese
Dispositivo

Parti


Nel procedimento C-40/01,

avente ad oggetto una domanda di pronuncia pregiudiziale proposta alla Corte, ai sensi dell'art. 234 CE, dallo Hoge Raad der Nederlanden (Paesi Bassi) nella causa dinanzi ad esso pendente tra

Ansul BV

e

Ajax Brandbeveiliging BV,

domanda vertente sull'interpretazione dell'art. 12, n. 1, della prima direttiva del Consiglio 21 dicembre 1988, 89/104/CEE, sul ravvicinamento delle legislazioni degli Stati membri in materia di marchi d'impresa (GU 1989, L 40, pag. 1),

LA CORTE,

composta dai sigg. G.C. Rodríguez Iglesias, presidente, J.-P. Puissochet (relatore), M. Wathelet e C.W.A. Timmermans, presidenti di sezione, C. Gulmann, A. La Pergola, P. Jann e V. Skouris, dalle sig.re F. Macken e N. Colneric e dal sig. S. von Bahr, giudici,

avvocato generale: sig. D. Ruiz-Jarabo Colomer

cancelliere: sig.ra M.-F. Contet, amministratore principale

viste le osservazioni scritte presentate:

- per l'Ansul BV, dai sigg. E.J. Louwers e T. Cohen Jehoram, advocaten;

- per l'Ajax Brandbeveiliging BV, dal sig. R.E.P. de Ranitz, advocaat;

- per il governo dei Paesi Bassi, dal sig. H.G. Sevenster, in qualità di agente;

- per la Commissione delle Comunità europee, dalla sig.ra K. Banks e dal sig. H.M.H. Speyart, in qualità di agenti,

vista la relazione d'udienza,

sentite le osservazioni orali dell'Ansul BV e della Commissione, all'udienza del 4 giugno 2002,

sentite le conclusioni dell'avvocato generale, presentate all'udienza del 2 luglio 2002,

ha pronunciato la seguente

Sentenza

Motivazione della sentenza


1 Con sentenza 26 gennaio 2001, pervenuta in cancelleria il successivo 31 gennaio, lo Hoge Raad der Nederlanden (Corte suprema dei Paesi Bassi) ha sottoposto alla Corte, ai sensi dell'art. 234 CE, due questioni pregiudiziali vertenti sull'interpretazione dell'art. 12, n. 1, della prima direttiva del Consiglio 21 dicembre 1988, 89/104/CEE, sul ravvicinamento delle legislazioni degli Stati membri in materia di marchi d'impresa (GU 1989, L 40, pag. 1; in prosieguo: la «direttiva»).

2 Tali questioni sono state sollevate nell'ambito di un procedimento in cui le società di diritto olandese Ansul BV (in prosieguo: l'«Ansul») e Ajax Brandbeveiliging BV (in prosieguo: l'«Ajax») si contendevano il diritto d'uso del marchio Minimax per contrassegnare merci e servizi da esse commercializzati.

Contesto normativo

Normativa comunitaria

3 L'art. 10, nn. 1-3, della direttiva così dispone:

«1. Se, entro cinque anni dalla data in cui si è chiusa la procedura di registrazione, il marchio di impresa non ha formato oggetto da parte del titolare di un uso effettivo nello Stato membro interessato per i prodotti o servizi per i quali è stato registrato, o se tale uso è stato sospeso per un periodo ininterrotto di cinque anni, il marchio di impresa è sottoposto alle sanzioni previste nella presente direttiva, salvo motivo legittimo per il mancato uso.

2. Ai sensi del paragrafo 1 sono inoltre considerate come uso:

a) l'uso del marchio di impresa in una forma che si differenzia per taluni elementi che non alterano il carattere distintivo del marchio di impresa nella forma in cui esso è stato registrato;

b) l'apposizione del marchio di impresa sui prodotti o sul loro condizionamento nello Stato membro interessato solo ai fini dell'esportazione.

3. Si considera come uso del marchio di impresa da parte del titolare l'uso del marchio di impresa col consenso del titolare o l'uso del marchio di impresa da parte di una qualsiasi persona abilitata ad utilizzare un marchio collettivo o un marchio di garanzia o certificazione».

4 Ai sensi dell'art. 12, n. 1, della direttiva:

«Il marchio di impresa è suscettibile di decadenza se entro un periodo ininterrotto di cinque anni esso non ha formato oggetto di uso effettivo nello Stato membro interessato per i prodotti o servizi per i quali è stato registrato e non sussistono motivi legittimi per il suo mancato uso; tuttavia nessuno può affermare che un marchio di impresa sia decaduto qualora, tra la scadenza di detto periodo e la presentazione della domanda di decadenza, sia iniziato o reiniziato l'uso effettivo del marchio di impresa; tuttavia se si effettuano preparativi per l'inizio o il reinizio dell'uso del marchio di impresa solo dopo che il titolare abbia saputo che dovrebbe essere presentata una domanda di decadenza, non vengono presi in considerazione l'inizio o il reinizio dell'uso del marchio di impresa entro un termine di tre mesi prima della presentazione della domanda di decadenza, il quale decorre al massimo a partire dalla scadenza del periodo ininterrotto di cinque anni di mancato uso».

Normativa nazionale

5 L'art. 5, n. 3, della legge uniforme del Benelux sui marchi 19 marzo 1962, entrata in vigore il 1_ gennaio 1971 (Bulletin Benelux 1962-2, pag. 59; in prosieguo: la «LBM»), nella versione vigente fino al 31 dicembre 1995, recitava quanto segue:

«Il diritto di marchio si estingue:

(...)

3. qualora, salvo sussistano motivi legittimi, il marchio non sia stato utilizzato dal titolare né da un licenziatario all'interno del territorio del Benelux, nei tre anni successivi al suo deposito, o entro un periodo ininterrotto di cinque anni; in caso di lite, il giudice può decidere che l'onere della prova circa l'uso del marchio ricada, in tutto o in parte, sul titolare dello stesso; tuttavia, chiunque intenda far valere il mancato uso del marchio negli ultimi sei anni deve dimostrarlo.

(...)».

6 Nella versione in vigore dal 1_ gennaio 1996, risultante dal protocollo sottoscritto il 2 dicembre 1992 (Nederlands Traktatenblad 1993, n. 12, pag. 1) per assicurare la trasposizione della direttiva, la LBM dispone, all'art. 5, nn. 2 e 3:

«2. Entro i limiti indicati all'art. 14, lett. c), il diritto di marchio si estingue:

a) quando, per un periodo ininterrotto di cinque anni, salvo giustificato motivo, il marchio non ha formato oggetto di uso nel territorio del Benelux, in relazione ai prodotti per i quali è stato registrato; in caso di lite, il giudice può decidere che l'onere della prova circa l'uso del marchio ricada, in tutto o in parte, sul titolare del marchio.

(...)

3. Ai fini dell'applicazione del secondo paragrafo, lett. a), per uso del marchio deve ugualmente intendersi:

a) l'uso del marchio in una forma che si differenzia per taluni elementi che non alterano il carattere distintivo del marchio di impresa nella forma in cui esso è stato registrato;

b) l'apposizione sui prodotti o sul loro condizionamento esclusivamente ai fini dell'esportazione; e

c) l'uso da parte di un terzo con il consenso del titolare del marchio».

7 L'art. 14, lett. c), della LBM definisce le condizioni in cui è possibile domandare alle autorità nazionali competenti la decadenza della registrazione di un marchio.

8 Le disposizioni della LBM menzionate sopra, ai punti 5-7, si applicano, mutatis mutandis, ai sensi dell'art. 39 di tale testo, ai marchi che contrassegnano servizi.

Causa principale

9 Dal 15 settembre 1971 l'Ansul è titolare del marchio denominativo Minimax, registrato presso l'ufficio marchi del Benelux con il n. 052713 per designare prodotti appartenenti a diverse classi merceologiche, in particolare estintori e prodotti connessi.

10 Nel 1988 l'autorizzazione dell'Ansul a commercializzare i suoi estintori sotto il marchio Minimax è scaduta. Almeno dal 2 maggio 1989, dunque, l'Ansul non vende più estintori recanti tale marchio.

11 Dal maggio 1989 al 1994 l'Ansul ha tuttavia venduto componenti e preparati per estintori della marca Minimax ad imprese che provvedevano alla loro manutenzione. Nel medesimo lasso di tempo essa ha anche controllato, riveduto e riparato dispositivi recanti il marchio Minimax, apposto tale marchio sulle fatture relative alle dette prestazioni e applicato sui dispositivi in questione adesivi raffiguranti lo stesso marchio, nonché etichette sulle quali erano impresse le parole «Gebruisklaar Minimax» («Minimax pronto per l'uso»). L'Ansul ha peraltro venduto tali adesivi ed etichette alle imprese che provvedevano alla manutenzione degli estintori.

12 L'Ajax è una filiale della società di diritto tedesco Minimax GmbH. Essa smercia nei Paesi Bassi materiali di protezione antincendio e articoli affini, segnatamente estintori, della società principale.

13 In Germania la Minimax GmbH è titolare del marchio Minimax da più di cinquant'anni. Dal 16 marzo 1992 essa è altresì titolare nel Benelux del marchio denominativo e figurativo «Minimax», registrato con il n. 517006, disegnato e articolato in una certa maniera, per diversi prodotti, in particolare estintori e preparati per estintori, nonché per servizi come l'installazione, la riparazione, la manutenzione e il rifornimento degli estintori.

14 Nel 1994 l'Ajax e la Minimax GmbH hanno effettivamente iniziato ad utilizzare il marchio Minimax nel Benelux. L'Ansul si è opposta, con lettera 19 gennaio 1994.

15 Il 13 giugno seguente l'Ansul ha depositato il marchio denominativo Minimax per alcuni servizi, tra i quali la riparazione e la manutenzione di estintori. L'Ufficio marchi del Benelux ha registrato il detto marchio con il n. 549146.

16 L'8 febbraio 1995 l'Ajax ha invitato l'Ansul a comparire dinanzi all'Arrondissementsrechtbank te Rotterdam (Tribunale di Rotterdam) (Paesi Bassi), chiedendo la declaratoria di decadenza dei diritti di quest'ultima sul marchio Minimax, registrato nel 1971 con il n. 052713, per mancato uso, nonché l'annullamento dei relativi atti di registrazione, effettuata nel 1994 con il n. 549146, per deposito doloso del marchio. L'Ansul si è opposta a tali pretese e ha chiesto, in via riconvenzionale, che fosse interdetto all'Ajax l'uso del marchio Minimax all'interno del Benelux.

17 Con sentenza 18 aprile 1996 l'Arrondissementsrechtbank te Rotterdam ha respinto le richieste dell'Ajax ed accolto quelle riconvenzionali dell'Ansul. All'Ajax è stato così interdetto l'uso del marchio Minimax nel Benelux.

18 Contro tale sentenza l'Ajax ha interposto appello dinanzi al Gerechtshof te 's-Gravenhage (Corte d'appello dell'Aja) (Paesi Bassi), che ha considerato come dal 1989 l'Ansul non avesse più fatto uso effettivo del marchio Minimax. In particolare, da quella data l'Ansul non avrebbe più venduto nuovi prodotti, bensì si sarebbe limitata a effettuare la manutenzione, rivedere e riparare i dispositivi già in uso. L'utilizzo degli adesivi e delle etichette recanti tale marchio non avrebbe avuto l'effetto di contraddistinguere gli estintori e, anche ritenendo che integrasse un uso del marchio, quest'ultimo non sarebbe stato effettivo nel senso dell'art. 5, n. 3, della LBM, non essendo diretto a trovare o a mantenere uno sbocco per tali estintori.

19 Conseguentemente, con sentenza 5 novembre 1998, il Gerechtshof ha annullato la sentenza impugnata, dichiarando decaduti i diritti dell'Ansul sul marchio registrato nel 1971 con il n. 052713 e nulli quelli sul marchio registrato nel 1994 con il n. 549146, nonché ordinando la cancellazione di ambedue le registrazioni.

20 L'Ansul ha proposto ricorso in cassazione dinanzi allo Hoge Raad der Nederlanden, che ha considerato come l'esito della causa principale dipendesse dall'interpretazione della nozione di «uso effettivo» di un marchio, quale definita all'art. 5, n. 3, della LBM.

21 Lo Hoge Raad ha indicato che un marchio è oggetto di un uso effettivo ai sensi della LBM qualora «il segno interessato venga anche di fatto impiegato, nell'ambito degli scambi commerciali, per contraddistinguere le merci o i servizi di un'impresa». Al riguardo il giudice nazionale ha osservato che, per accertare l'uso effettivo del marchio, si dovevano prendere in considerazione «tutti i fatti e le circostanze propri del caso di specie» e valutare dal loro complesso se, «in relazione a quanto nel settore economico interessato viene considerato giustificato sul piano degli usi e su quello commerciale, (...) l'uso sia diretto a trovare o a mantenere uno sbocco commerciale per le merci ed i servizi contrassegnati dal marchio e non solo ed esclusivamente a mantenere in essere il marchio». Lo Hoge Raad ha aggiunto, facendo riferimento alla sentenza della Corte di giustizia del Benelux 27 gennaio 1981, Turmac/Reynolds (A 80/1, Jur. 1980-81, pag. 23), che, «per quanto riguarda tali fatti e circostanze, si devono in linea di massima considerare la natura, l'ampiezza, la frequenza, la regolarità nonché la durata dell'uso unitamente alla natura della merce o del servizio e alla natura e alle dimensioni dell'impresa».

22 Lo Hoge Raad der Nederlanden ha considerato, d'altro canto, che l'interpretazione dell'art. 5, n. 3, della LBM doveva accordarsi a quella della corrispondente nozione di «uso effettivo» di cui all'art. 12, n. 1, della direttiva. Di conseguenza esso ha deciso di sospendere il giudizio e di sottoporre alla Corte le seguenti questioni pregiudiziali:

«1) Se l'espressione "ha formato oggetto di uso effettivo" figurante all'art. 12, n. 1, della direttiva 89/104 debba essere interpretata nel modo descritto al precedente punto 3.4 [ossia, come illustrato al punto 21 della presente sentenza, nel senso di uso effettivo di un marchio in conformità alla LBM] e, in caso di risposta negativa, in base a quali (altri) criteri debba essere stabilito il significato dell'espressione "uso effettivo".

2) Se possa poi parlarsi di "uso effettivo" nel senso in precedenza illustrato qualora con il marchio non vengano smerciati nuovi prodotti ma vengano invece eseguite altre attività come in precedenza specificato al punto 3.1, sub v) e vi) [ossia quelle esercitate dall'Ansul dal 1989 al 1994, descritte al punto 11 della presente sentenza]».

Sulla prima questione

23 Con la sua prima questione il giudice del rinvio domanda, in sostanza, come debba essere interpretata la nozione di uso effettivo del marchio di cui all'art. 12, n. 1, della direttiva, figurante altresì al suo art. 10, n. 1, in particolare se tale nozione possa essere definita sulla scorta dei medesimi criteri sottesi a quello di «uso effettivo» del marchio ai termini dell'art. 5 della LBM oppure sulla base di altri criteri.

24 Tale questione si pone in quanto, come evidenziato al punto 3.5 della sentenza di rinvio, il Gerechtshof te 's-Gravenhage, per giungere alla conclusione che l'Ansul non avesse fatto un uso effettivo del marchio Minimax, ha ritenuto determinante la circostanza che essa, con tale marchio, non avesse smerciato nuovi estintori, ma solo effettuato la revisione di dispositivi già in uso e sul mercato. Orbene, l'Ansul fa valere dinanzi al giudice del rinvio che tale argomento è irrilevante per valutare se l'uso di un marchio sia effettivo ai sensi della LBM.

25 Occorre preliminarmente stabilire se, in situazioni come quella oggetto della causa principale, la nozione di «uso effettivo» del marchio di cui agli artt. 10 e 12 della direttiva debba ricevere nell'ordinamento comunitario un'interpretazione uniforme.

26 Dalle esigenze tanto dell'applicazione uniforme del diritto comunitario quanto del principio d'uguaglianza discende che una disposizione di diritto comunitario che non contenga alcun espresso richiamo al diritto degli Stati membri per quanto riguarda la determinazione del suo senso e della sua portata deve normalmente dar luogo, nell'intera Comunità, ad un'interpretazione autonoma ed uniforme da effettuarsi tenendo conto del contesto della disposizione e dello scopo perseguito dalla normativa (sentenza 19 settembre 2000, causa C-287/98, Linster, Racc. pag. I-6917, punto 43).

27 Anche se, a tenore del terzo `considerando' della direttiva, «non appare attualmente necessario procedere ad un ravvicinamento completo delle legislazioni degli Stati membri in tema di marchi di impresa», è pur vero che la direttiva contiene un'armonizzazione relativa a norme sostanziali che rivestono un'importanza fondamentale in materia, vale a dire, secondo lo stesso `considerando', norme relative a disposizioni nazionali che hanno un'incidenza più diretta sul funzionamento del mercato interno, e che detto `considerando' non esclude che l'armonizzazione relativa a dette norme sia completa (sentenza 16 luglio 1998, causa C-355/96, Silhouette International Schmied, Racc. pag. I-4799, punto 23).

28 Così, dal settimo `considerando' della direttiva risulta che «la realizzazione degli obiettivi perseguiti [dal ravvicinamento delle legislazioni degli Stati membri] presuppone che l'acquisizione e la conservazione del diritto sul marchio di impresa registrato siano in linea di massima subordinate, in tutti gli Stati membri, alle stesse condizioni». L'ottavo `considerando' enuncia che, «per ridurre il numero totale dei marchi di impresa registrati e tutelati nella Comunità e di conseguenza il numero dei conflitti che possono insorgere a riguardo, occorre prescrivere che i marchi di impresa registrati vengano effettivamente usati a pena di decadenza». Il nono `considerando' indica, ancora, che «è fondamentale, per agevolare la libera circolazione dei prodotti e la libera prestazione dei servizi, procurare che i marchi di impresa registrati abbiano ormai, negli ordinamenti giuridici di tutti gli Stati membri, la medesima tutela». Gli artt. 10 e 15 della direttiva fissano le condizioni di fondo dalla cui realizzazione dipendono sia il mantenimento dei diritti conferiti dall'uso del marchio al suo titolare, sia la loro eventuale contestazione specie in mancanza di uso effettivo dello stesso, nozione - questa di uso effettivo - che costituisce l'elemento determinante perché i diritti sul marchio siano mantenuti.

29 Dal complesso delle disposizioni riportate al punto precedente risulta che il legislatore comunitario ha inteso subordinare il mantenimento dei diritti sul marchio alla medesima condizione, quella dell'uso effettivo, in tutti gli Stati membri, affinché il livello di tutela assicurato al marchio non muti in funzione della legge considerata (v., in tal senso, sentenza 20 novembre 2001, cause riunite da C-414/99 a C-416/99, Zino Davidoff e Levi Strauss, Racc. pag. I-8691, punti 41 e 42).

30 La medesima nozione di «uso effettivo» ricorre, del resto, agli artt. 15 e 50 del regolamento (CE) del Consiglio 20 dicembre 1993, n. 40/94, sul marchio comunitario (GU 1994, L 11, pag. 1), quale criterio di decadenza dei diritti conferiti da tale marchio.

31 Compete pertanto alla Corte interpretare in maniera uniforme la nozione di «uso effettivo» di cui agli artt. 10 e 12 della direttiva.

32 Per definire la nozione di «uso effettivo» occorre innanzi tutto ricordare, come si fa al dodicesimo `considerando' della direttiva, che «tutti gli Stati membri della Comunità sono parti contraenti della convenzione di Parigi per la protezione della proprietà industriale [e] che è necessario che le disposizioni della presente direttiva siano in perfetta armonia con quelle della convenzione di Parigi».

33 Orbene, a termini del suo art. 5, parte C, n. 1, la convenzione di Parigi si limita a prevedere, in merito alla decadenza per non uso, quanto segue:

«Se in un paese l'utilizzazione del marchio registrato è obbligatoria, la registrazione non potrà essere annullata se non dopo trascorso un equo periodo e solo nel caso in cui l'interessato non giustifichi la causa della sua inazione».

34 La convenzione di Parigi non contiene, dunque, nessun elemento che permetta di chiarire la nozione di «uso effettivo», la cui portata può risultare, allora, solo analizzando le disposizioni stesse della direttiva.

35 La direttiva, poi, come osserva l'Ansul, precisa al suo ottavo `considerando' che i marchi devono essere «effettivamente usati a pena di decadenza». L'«uso effettivo» [«usage sérieux» nella versione francese] consiste quindi in uno sfruttamento reale del marchio. Lo confermano, in particolare, la versione olandese della direttiva che, all'ottavo `considerando', adopera l'espressione «werkelijk wordt gebruikt», ed altre ancora, come le versioni spagnola («uso efectivo»), italiana («uso effettivo») ed inglese («genuine use»).

36 Così, per «uso effettivo» deve intendersi un uso non simbolico, ossia finalizzato al mero mantenimento dei diritti conferiti dal marchio, bensì conforme alla funzione essenziale del marchio, che consiste nel garantire al consumatore o all'utilizzatore finale l'identità di origine di un prodotto o di un servizio, consentendo loro di distinguere senza confusione possibile tale prodotto o tale servizio da quelli di provenienza diversa.

37 Ne discende che, perché il suo uso sia «effettivo», il marchio dev'essere utilizzato sul mercato delle merci o dei servizi che ne sono contrassegnati e non solamente in seno all'impresa interessata. La tutela del marchio e gli effetti della sua registrazione nei confronti dei terzi verrebbero meno ove il marchio perdesse la sua funzione commerciale, consistente nel trovare o mantenere uno sbocco per le merci ed i servizi cui è apposto rispetto alle merci o ai servizi di altre imprese. L'utilizzazione del marchio deve concernere, così, merci o servizi che sono già in commercio o la cui commercializzazione, preparata dall'impresa per guadagnarsi una clientela, specie mediante campagne pubblicitarie, è imminente. Un uso siffatto è possibile sia al titolare del marchio sia, come previsto all'art. 10, n. 3, della direttiva, a terzi abilitati ad utilizzarlo.

38 Occorre infine prendere in considerazione, nel verificare l'uso effettivo del marchio, tutti i fatti e le circostanze che possono provare la realtà del suo sfruttamento commerciale, segnatamente gli usi considerati giustificati, nel settore economico interessato, per mantenere o trovare quote di mercato per le merci ovvero i servizi contrassegnati dal marchio.

39 Così, nel valutare la fattispecie, si potrà tener conto, in particolare, della natura della merce o del servizio in questione, delle caratteristiche del mercato interessato, dell'ampiezza e della frequenza dell'uso del marchio. Perché un uso possa essere ritenuto effettivo, infatti, non occorre che esso sia sempre quantitativamente rilevante, in quanto tale qualificazione dipende dalle caratteristiche della merce o del servizio di cui trattasi sul mercato corrispondente.

40 Peraltro, l'uso del marchio può assumere, talvolta, carattere effettivo anche riguardo a merci già commercializzate, per le quali sia stato registrato, che non sono più oggetto di nuove offerte di vendita.

41 E' il caso, in particolare, in cui il titolare del marchio con il quale tali merci sono state immesse sul mercato venda elementi che entrano nella composizione o nella struttura di tali prodotti già in commercio facendo uso effettivo del medesimo marchio, alle condizioni enunciate ai punti 35-39 della presente sentenza. Poiché i detti elementi costituiscono parte integrante di tali merci e sono messi in vendita col medesimo marchio, con riferimento ad essi si deve ritenere che l'uso effettivo del marchio attenga proprio alle merci già commercializzate e non pregiudichi i diritti del titolare sulle stesse.

42 E' altresì il caso in cui il titolare del marchio utilizzi effettivamente quest'ultimo, alle medesime condizioni, per merci o servizi che non entrano nella composizione o nella struttura di prodotti già in commercio, ma sono direttamente pertinenti ad essi e puntano a soddisfare i bisogni della medesima clientela. Ciò si può verificare nelle operazioni post-vendita, quali la vendita di accessori o di prodotti connessi oppure la prestazione di servizi di manutenzione e riparazione.

43 Alla luce delle considerazioni sopra svolte, la prima questione dev'essere risolta dichiarando che l'art. 12, n. 1, della direttiva dev'essere interpretato nel senso che sussiste un «uso effettivo» del marchio allorché questo assolve alla sua funzione essenziale che è di garantire l'identità di origine dei prodotti o dei servizi per i quali è stato registrato, al fine di trovare o di mantenere per essi uno sbocco, ad esclusione degli usi simbolici, che sono tesi soltanto a conservare i diritti conferiti dal marchio. Nel verificare l'uso effettivo del marchio, occorre prendere in considerazione tutti i fatti e le circostanze che possono provare la realtà del suo sfruttamento commerciale, segnatamente gli usi considerati giustificati, nel settore economico interessato, per mantenere o trovare quote di mercato per le merci ovvero i servizi contrassegnati dal marchio, la natura di tali merci o servizi, le caratteristiche del mercato, l'ampiezza e la frequenza dell'uso del marchio. La circostanza che l'uso del marchio non riguardi merci offerte sul mercato ex novo, bensì prodotti già in commercio, non esclude di per sé che tale uso sia effettivo, qualora il detto marchio sia realmente utilizzato dal suo titolare per elementi che entrano nella composizione o nella struttura di tali prodotti ovvero per merci o servizi che sono direttamente pertinenti ai prodotti già in commercio e puntano a soddisfare i bisogni della medesima clientela.

Sulla seconda questione

44 Con la sua seconda questione il giudice del rinvio chiede, in sostanza, alla Corte se, alla luce della risposta alla prima questione, l'uso del marchio Minimax da parte dell'Ansul dal 1989 al 1994 nell'ambito delle attività commerciali descritte al punto 11 della presente sentenza sia «normale» nel senso della LBM ovvero «effettivo» nel senso dell'art. 12 della direttiva.

45 Orbene, non occorre che la Corte risponda a tale questione. Spetta infatti al giudice nazionale, nella ripartizione dei compiti stabilita all'art. 234 CE, applicare le norme di diritto comunitario, così come interpretate dalla Corte, al caso concreto che è chiamato a risolvere (v. sentenza 8 febbraio 1990, causa C-320/88, Shipping and Forwarding Enterprise Safe, Racc. pag. I-285, punto 11).

46 In tali circostanze la seconda questione va risolta nel senso che spetta al giudice del rinvio, per la soluzione della controversia per la quale è adito, trarre le conseguenze derivanti dalla nozione di diritto comunitario di «uso effettivo» del marchio, quale interpretata dalla Corte nella risposta alla prima questione pregiudiziale.

Decisione relativa alle spese


Sulle spese

47 Le spese sostenute dal governo olandese e dalla Commissione, che hanno presentato osservazioni alla Corte, non possono dar luogo a rifusione. Nei confronti delle parti nella causa principale il presente procedimento costituisce un incidente sollevato dinanzi al giudice nazionale, cui spetta quindi statuire sulle spese.

Dispositivo


Per questi motivi,

LA CORTE,

pronunciandosi sulle questioni sottopostele dallo Hoge Raad der Nederlanden con sentenza 26 gennaio 2001, dichiara:

1) L'art. 12, n. 1, della prima direttiva del Consiglio 21 dicembre 1988, 89/104/CEE, sul ravvicinamento delle legislazioni degli Stati membri in materia di marchi d'impresa, dev'essere interpretato nel senso che sussiste un «uso effettivo» del marchio allorché questo assolve alla sua funzione essenziale che è di garantire l'identità di origine dei prodotti o dei servizi per i quali è stato registrato, al fine di trovare o di mantenere per essi uno sbocco, ad esclusione degli usi simbolici, che sono tesi soltanto a conservare i diritti conferiti dal marchio. Nel verificare l'uso effettivo del marchio, occorre prendere in considerazione tutti i fatti e le circostanze che possono provare la realtà del suo sfruttamento commerciale, segnatamente gli usi considerati giustificati, nel settore economico interessato, per mantenere o trovare quote di mercato per le merci ovvero i servizi contrassegnati dal marchio, la natura di tali merci o servizi, le caratteristiche del mercato, l'ampiezza e la frequenza dell'uso del marchio. La circostanza che l'uso del marchio non riguardi merci offerte sul mercato ex novo, bensì prodotti già in commercio, non esclude di per sé che tale uso sia effettivo, qualora il detto marchio sia realmente utilizzato dal suo titolare per elementi che entrano nella composizione o nella struttura di tali prodotti ovvero per merci o servizi che sono direttamente pertinenti ai prodotti già in commercio e puntano a soddisfare i bisogni della medesima clientela.

2) Spetta al giudice del rinvio, per la soluzione della controversia per la quale è adito, trarre le conseguenze derivanti dalla nozione di diritto comunitario di «uso effettivo» del marchio, quale interpretata dalla Corte nella risposta alla prima questione pregiudiziale.

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