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Documento 62000CJ0016

Sentenza della Corte (Prima Sezione) del 27 settembre 2001.
Cibo Participations SA contro Directeur régional des impôts du Nord-Pas-de-Calais.
Domanda di pronuncia pregiudiziale: Tribunal administratif de Lille - Francia.
Sesta direttiva IVA - Attività economica - Interferenza di una holding nella gestione delle controllate - Detrazione dell'IVA che grava sui servizi acquistati dalla holding nell'ambito di un'assunzione di partecipazione in una controllata - Riscossione di dividendi da parte della holding.
Causa C-16/00.

Raccolta della Giurisprudenza 2001 I-06663

Identificatore ECLI: ECLI:EU:C:2001:495

62000J0016

Sentenza della Corte (Prima Sezione) del 27 settembre 2001. - Cibo Participations SA contro Directeur régional des impôts du Nord-Pas-de-Calais. - Domanda di pronuncia pregiudiziale: Tribunal administratif de Lille - Francia. - Sesta direttiva IVA - Attività economica - Interferenza di una holding nella gestione delle controllate - Detrazione dell'IVA che grava sui servizi acquistati dalla holding nell'ambito di un'assunzione di partecipazione in una controllata - Riscossione di dividendi da parte della holding. - Causa C-16/00.

raccolta della giurisprudenza 2001 pagina I-06663


Massima
Parti
Motivazione della sentenza
Decisione relativa alle spese
Dispositivo

Parole chiave


1. Disposizioni fiscali - Armonizzazione delle legislazioni - Imposte sulla cifra d'affari - Sistema comune d'imposta sul valore aggiunto - Attività economiche ai sensi dell'art. 4 della sesta direttiva - Interferenza di una holding nella gestione delle controllate - Inclusione subordinata al compimento di operazioni soggette all'imposta sul valore aggiunto ai sensi dell'art. 2 della direttiva

(Direttiva del Consiglio 77/388/CEE, artt. 2 e 4, n. 2)

2. Disposizioni fiscali - Armonizzazione delle legislazioni - Imposte sulla cifra d'affari - Sistema comune d'imposta sul valore aggiunto - Detrazione dell'imposta pagata a monte - Holding che effettua contemporaneamente operazioni imponibili e operazioni esenti - Spese sostenute per i servizi acquistati nell'ambito di un'assunzione di partecipazione in una controllata - Diritto a detrazione - Presupposti

(Direttiva del Consiglio 77/388, artt. 17, n. 2, 3 e 5)

3. Disposizioni fiscali - Armonizzazione delle legislazioni - Imposte sulla cifra d'affari - Sistema comune d'imposta sul valore aggiunto - Sesta direttiva - Ambito di applicazione - Riscossione di dividendi - Esclusione

(Direttiva del Consiglio 77/388, art. 2)

Massima


1. L'interferenza di una holding nella gestione delle società nelle quali ha assunto partecipazioni costituisce un'attività economica ai sensi dell'art. 4, n. 2, della sesta direttiva 77/388 in materia di armonizzazione delle legislazioni degli Stati membri relative alle imposte sulla cifra di affari, ove essa implichi il compimento di operazioni soggette all'imposta sul valore aggiunto ai sensi dell'art. 2 di tale direttiva, quali la prestazione di servizi amministrativi, finanziari, commerciali e tecnici da parte della holding alle sue controllate.

( v. punto 22 e dispositivo 1 )

2. Le spese sostenute da una holding per i vari servizi da essa acquistati nell'ambito di un'assunzione di partecipazione in una controllata fanno parte delle sue spese generali e presentano quindi, in via di principio, un nesso immediato e diretto con il complesso della sua attività economica. Pertanto, se la holding effettua nel contempo operazioni che danno diritto a detrazione e operazioni che non conferiscono tale diritto, dall'art. 17, n. 5, primo comma, della sesta direttiva 77/388 in materia di armonizzazione delle legislazioni degli Stati membri relative alle imposte sulla cifra di affari risulta che essa può unicamente detrarre la parte dell'imposta sul valore aggiunto proporzionale all'importo relativo alle operazioni del primo tipo.

( v. punto 35, dispositivo 2 )

3. Non costituendo il corrispettivo di alcuna attività economica ai sensi della sesta direttiva 77/388 in materia di armonizzazione delle legislazioni degli Stati membri relative alle imposte sulla cifra di affari, la riscossione di dividendi non rientra nell'ambito d'applicazione dell'imposta sul valore aggiunto.

( v. punti 41, 45, dispositivo 3 )

Parti


Nel procedimento C-16/00,

avente ad oggetto la domanda di pronuncia pregiudiziale proposta alla Corte, a norma dell'art. 234 CE, dal tribunal administratif de Lille (Francia) nella causa dinanzi ad esso pendente tra

Cibo Participations SA

e

Directeur régional des impôts du Nord-Pas-de-Calais,

domanda vertente sull'interpretazione dell'art. 4, nn. 1 e 2, dell'art. 13, parte B, lett. d), dell'art. 17, nn. 2, lett. a), e dell'art. 5, della sesta direttiva del Consiglio 17 maggio 1977, 77/388/CEE, in materia di armonizzazione delle legislazioni degli Stati membri relative alle imposte sulla cifra di affari - Sistema comune di imposta sul valore aggiunto: base imponibile uniforme (GU L 145, pag. 1),

LA CORTE (Prima Sezione),

composta dai sigg. M. Wathelet, presidente di sezione, P. Jann e L. Sevón (relatore), giudici,

avvocato generale: sig.ra C. Stix-Hackl

cancelliere: D. Louterman-Hubeau, capodivisione

viste le osservazioni scritte presentate:

- per la Cibo Participations SA, dall'avv. M. Pourbaix, avocat;

- per il governo francese, dalla sig.ra K. Rispal-Bellanger e dal sig. S. Seam, in qualità di agenti;

- per la Commissione delle Comunità europee, dai sigg. E. Traversa, C. Giolito e dalla sig.ra H. Michard, in qualità di agenti;

vista la relazione d'udienza,

sentite le osservazioni orali della Cibo Participations SA, del governo francese e della Commissione, all'udienza del 14 dicembre 2000,

sentite le conclusioni dell'avvocato generale, presentate all'udienza del 6 marzo 2001,

ha pronunciato la seguente

Sentenza

Motivazione della sentenza


1 Con sentenza 6 gennaio 2000, pervenuta in cancelleria il 19 gennaio seguente, il tribunal administratif de Lille ha proposto alla Corte, a norma dell'art. 234 CE, tre questioni pregiudiziali vertenti sull'interpretazione dell'art. 4, nn. 1 e 2, dell'art. 13, parte B, lett. d), dell'art. 17, nn. 2, lett. a), e dell'art. 5, della sesta direttiva del Consiglio 17 maggio 1977, 77/388/CEE, in materia di armonizzazione delle legislazioni degli Stati membri relative alle imposte sulla cifra di affari - Sistema comune di imposta sul valore aggiunto: base imponibile uniforme (GU L 145, pag. 1, in prosieguo: la «sesta direttiva»).

2 Tali questioni sono state sollevate nell'ambito di una controversia tra la Cibo Partecipations SA (in prosieguo: la «Cibo») e il direttore regionale delle imposte del Nord-Pas-de-Calais in merito alla questione se, ed eventualmente in che misura, una holding possa detrarre l'imposta sul valore aggiunto (in prosieguo: l'«IVA») che grava sui servizi acquistati nell'ambito dell'assunzione di partecipazioni nelle sue controllate.

La normativa comunitaria

3 L'art. 2, punto 1, della sesta direttiva assoggetta all'IVA le cessioni di beni e le prestazioni di servizi effettuate a titolo oneroso all'interno del paese da un soggetto passivo che agisce in quanto tale. Ai sensi dell'art. 4, n. 1, della suddetta direttiva, si considera soggetto passivo chiunque eserciti in modo indipendente una delle attività economiche di cui al n. 2 della medesima disposizione. La nozione di «attività economiche» è definita dall'art. 4, n. 2, della sesta direttiva: essa comprende tutte le attività di produttore, di commerciante o di prestatore di servizi, e in particolare le operazioni che comportino lo sfruttamento di un bene materiale o immateriale per ricavarne introiti aventi un certo carattere di stabilità.

4 L'art. 13, parte B, lett. d), punto 5, della sesta direttiva prevede:

«Fatte salve le altre disposizioni comunitarie, gli Stati membri esonerano (...):

(...)

d) le operazioni seguenti:

(...)

5. le operazioni, compresa la negoziazione, eccettuate la custodia e la gestione, relative ad azioni, quote parti di società o associazioni, obbligazioni, altri titoli, ad esclusione:

- dei titoli rappresentativi di merci;

- dei diritti o titoli di cui all'articolo 5, paragrafo 3».

5 L'art. 17 della sesta direttiva, intitolato «Origine e portata del diritto a deduzione», dispone, al n. 2, lett. a), che «[n]ella misura in cui beni e servizi sono impiegati ai fini di sue operazioni soggette ad imposta, il soggetto passivo è autorizzato a dedurre dall'imposta di cui è debitore (...) l'imposta sul valore aggiunto dovut[a] o assolta per le merci che gli sono o gli saranno fornite e per i servizi che gli sono o gli saranno prestati da un altro soggetto passivo».

6 Per quanto riguarda i beni ed i servizi utilizzati da un soggetto passivo per effettuare nel contempo operazioni che danno diritto a detrazione e operazioni che non conferiscono tale diritto, l'art. 17, n. 5, primo comma, della sesta direttiva precisa che «la deduzione è ammessa soltanto per il prorata dell'imposta sul valore aggiunto relativo alla prima categoria di operazioni». Ai sensi dell'art. 17, n. 5, secondo comma, della medesima direttiva, «[d]etto prorata è determinato ai sensi dell'articolo 19 per il complesso delle operazioni compiute dal soggetto passivo».

7 L'art. 19, nn. 1 e 2, della sesta direttiva recita:

«1. Il prorata di deduzione previsto dall'articolo 17, paragrafo 5, primo comma, risulta da una frazione avente:

- al numeratore l'importo totale della cifra d'affari annua, al netto dell'imposta valore aggiunto, relativo alle operazioni che danno diritto a deduzione ai sensi dell'articolo 17, paragrafi 2 e 3,

- al denominatore l'importo totale della cifra d'affari annua, al netto dell'imposta sul valore aggiunto, relativo alle operazioni che figurano al numeratore e a quelle che non danno diritto a deduzione. Gli Stati membri possono includere anche nel denominatore l'importo di sovvenzioni diverse da quelle di cui all'articolo 11 A, paragrafo 1, lettera a).

Il prorata viene determinato su base annuale, in percentuale e viene arrotondato all'unità superiore.

2. In deroga alle disposizioni del paragrafo 1, per il calcolo del prorata di deduzione, non si tiene conto dell'importo della cifra d'affari relativa alle cessioni di beni d'investimento che il soggetto passivo ha utilizzato nella sua impresa. Non si tiene neppure conto dell'importo della cifra d'affari relativa alle operazioni accessorie, immobiliari o finanziarie o a quelle di cui all'articolo 13, punto B, lettera d), anche quando si tratta di operazioni accessorie (...)».

La causa principale e le questioni pregiudiziali

8 La Cibo è una holding che detiene cospicue partecipazioni in tre imprese specializzate nel settore delle biciclette. Essa è stata costituita dalla società Compagnie d'importation des laines (in prosieguo: la «CIL»), suo azionista di maggioranza.

9 Dalla sentenza di rinvio risulta che la Cibo contesta dinanzi al tribunal administratif de Lille l'avviso di accertamento rettificativo IVA conseguente al rifiuto dell'amministrazione fiscale di ammettere la detrazione dell'IVA praticata dalla Cibo, per il periodo 2 novembre 1993-31 dicembre 1994, relativa a varie prestazioni di servizi che le sono state fatturate da terzi nell'ambito delle operazioni di assunzione di partecipazioni nelle sue controllate. Dette prestazioni riguardavano in particolare verifiche contabili di società, un intervento nell'ambito della negoziazione del prezzo di acquisto delle azioni, l'organizzazione dell'assunzione di controllo delle società e un intervento in materia giuridica e fiscale.

10 A sostegno della sua domanda di detrazione, la Cibo fa valere che il suo presidente ha assunto la presidenza delle tre controllate, che essa presta servizi retribuiti a queste ultime, che la CIL mette a sua disposizione, dietro remunerazione, persone competenti ad intervenire presso le controllate nel settore della direzione generale, amministrativa, finanziaria, commerciale e tecnica e che detti servizi sono stati fatturati alle controllate sulla base di un forfait pari allo 0,5% delle loro cifre d'affari. La Cibo sostiene di interferire in tal modo nella gestione delle controllate e che, di conseguenza, le spese connesse alle sue assunzioni di partecipazioni rientrano nell'ambito di applicazione dell'IVA in quanto spese generali, dato che tali spese sono collegate all'attività generale della holding.

11 Secondo il giudice di rinvio, l'amministrazione fiscale francese replica che la Cibo trae la parte sostanziale della sua cifra d'affari dalla riscossione di dividendi. Inoltre, da un lato, la Cibo non realizzerebbe operazioni commerciali in nome proprio e, dall'altro, le società del gruppo rimarrebbero giuridicamente indipendenti, poiché la Cibo si limiterebbe, a prescindere dal suo ruolo finanziario, a garantire dietro remunerazione un'attività di consulenza e di animazione della politica del gruppo. Di conseguenza, non vi sarebbe interferenza diretta o indiretta della Cibo nella gestione delle sue controllate. Le spese connesse all'assunzione di partecipazioni non sarebbero collegate a prestazioni di servizi in favore delle controllate. Riguarderebbero esclusivamente il possesso di partecipazioni e la riscossione di dividendi, che non rientrerebbero nell'ambito di applicazione dell'IVA.

12 Nel caso in cui si consideri, ciononostante, che la Cibo interferisce nella gestione delle sue controllate, l'amministrazione fiscale francese sostiene che i dividendi devono essere collegati all'attività economica della società e quindi ai suoi introiti che rientrano nell'ambito di applicazione dell'IVA, ma che, essendo questi ultimi esenti ai sensi dell'art. 13, parte B, lett. d), della sesta direttiva, occorre calcolare un prorata di detrazione.

13 In tali circostanze, il tribunal administratif de Lille ha deciso di sospendere il giudizio e di sottoporre alla Corte le seguenti questioni pregiudiziali:

«1) Quale sia il criterio da seguire per la definizione dell'interferenza. Se esso possa essere costituito in particolare dall'esistenza di prestazioni retribuite, o dall'animazione di un gruppo da parte di una holding, oppure dalla gestione di fatto, che esclude qualsiasi indipendenza della controllata, ovvero da qualsiasi altro elemento.

2) In caso d'interferenza, se la riscossione di dividendi esuli dall'ambito di applicazione dell'imposta sul valore aggiunto per un motivo diverso dall'attività economica, in quanto non costituisce il corrispettivo di un'operazione di fornitura di beni o di prestazione di servizi, ovvero, tenuto conto del fatto che le spese vengono sostenute per l'acquisto di azioni avente come oggetto diretto la partecipazione ad attività economiche, se la riscossione di dividendi rientri nell'ambito dell'imposta sul valore aggiunto e, in tal caso, se essa sia esentata dall'art. 13, parte B, lett. d), punto 1, della sesta direttiva o soggetta ad imposta.

3) Nel caso in cui la riscossione di dividendi esuli dall'ambito di applicazione dell'imposta sul valore aggiunto, quali ne siano le conseguenze sulla questione dei diritti a detrazione:

- se sia assolutamente escluso il diritto a detrazione dell'imposta relativa alle spese sostenute per l'acquisto di azioni, dato che non concorrono ad alcuna operazione soggetta ad imposta,

- oppure se la detrazione debba essere ammessa trattandosi di spese generali».

Sulle questioni pregiudiziali

Sulla prima questione

14 Con la prima questione il giudice di rinvio chiede, in sostanza, quale criterio debba utilizzarsi per valutare se l'interferenza di una holding nella gestione delle società nelle quali ha assunto partecipazioni costituisca un'attività economica ai sensi dell'art. 4, n. 2, della sesta direttiva.

Osservazioni presentate alla Corte

15 La Cibo fa valere che in due ipotesi l'acquisizione di partecipazione in un'impresa è accompagnata da un'interferenza nella sua gestione e di conseguenza costituisce un'attività economica che rientra nell'ambito di applicazione dell'IVA. La prima ipotesi sarebbe quella in cui l'acquisizione riguardi la quasi totalità del capitale e l'azionista prenda in mano le sorti della controllata, intervenga nella sua gestione e ne nomini il personale dirigente, pur rispettandone la personalità giuridica. In questo caso, l'azionista sarebbe il più delle volte indotto a fornire alla controllata prestazioni retribuite. La seconda ipotesi sarebbe simile alla prima, con la differenza che la holding non rispetterebbe più il normale funzionamento della controllata assumendone la gestione di fatto.

16 Il governo francese ritiene che, nella materia considerata, per interferenza si intenda un'influenza determinante sulla gestione dell'impresa in cui viene esercitata. Il controllo delle decisioni di quest'ultima da parte di un'impresa avente un oggetto sociale simile o complementare, in forza del possesso, di diritto o di fatto, della maggioranza dei diritti di voto, dovrebbe consentire di presumere l'esistenza di un'interferenza. Un'interferenza potrebbe parimenti stabilirsi sulla base di una serie di indizi risultanti dall'analisi, sotto il controllo del giudice fiscale, dei rapporti giuridici, finanziari, societari e amministrativi delle imprese interessate. La constatazione che una controllata usufruisca, contro remunerazione, di prestazioni di servizi di per sé non sarebbe sufficiente a dimostrare l'esistenza di un'interferenza.

17 La Commissione sostiene che le questioni pregiudiziali vanno esaminate sotto il profilo della qualificazione delle operazioni alla luce dell'art. 4 della sesta direttiva, in combinato disposto con l'art. 2 della medesima. Al riguardo, essa osserva che la Cibo è una holding mista nel senso che, oltre alla gestione del proprio portafoglio, esercita per le controllate attività distinte di consulenza e di gestione, in corrispettivo delle quali percepisce una retribuzione. Per ciascuna spesa di una siffatta holding si dovrebbe stabilire se essa debba essere collegata ad operazioni che non rientrano nell'ambito di applicazione della sesta direttiva, ad operazioni che vi rientrano, ma esenti, o ad operazioni che vi rientrano e non sono esenti.

Giudizio della Corte

18 Si deve ricordare che, secondo una costante giurisprudenza, l'art. 4 della sesta direttiva dev'essere interpretato nel senso che una holding il cui unico scopo sia l'assunzione di partecipazioni presso altre imprese, senza che tale società interferisca in modo diretto o indiretto nella gestione delle stesse, non ha la qualità di soggetto passivo dell'IVA e non ha diritto a detrazioni in base all'art. 17 della sesta direttiva, fatti salvi i diritti che la detta holding possiede nella sua qualità di azionista o di socio (v. sentenze 20 giugno 1991, causa C-60/90, Polysar Investments Netherlands, Racc. pag. I-3111, punto 17, e 14 novembre 2000, causa C-142/99, Floridienne e Berginvest, Racc. pag. I-9567, punto 17).

19 Dalla giurisprudenza risulta che tale conclusione è fondata in particolare sulla constatazione che il mero acquisto e la mera detenzione di quote societarie non devono essere ritenuti attività economiche, ai sensi della sesta direttiva, che conferiscono al soggetto che le abbia effettuate la qualità di soggetto passivo. Infatti, la semplice assunzione di partecipazioni finanziarie in altre imprese non costituisce sfruttamento di un bene al fine di trarne introiti che abbiano carattere stabile, in quanto l'eventuale dividendo, frutto della detta partecipazione, discende dalla mera proprietà del bene (v. sentenze 22 giugno 1993, causa C-333/91, Sofitam, Racc. pag. I-3513, punto 12, e 6 febbraio 1997, causa C-80/95, Harnas & Helm, Racc. pag. I-745, punto 15).

20 Tuttavia, la Corte ha affermato che ciò non vale qualora la partecipazione sia accompagnata da un'interferenza diretta o indiretta nella gestione delle imprese in cui si è realizzata l'assunzione di partecipazioni, fatti salvi i diritti che chi detiene le partecipazioni possiede nella sua qualità di azionista o socio (v. precitate sentenze Polysar Investments Netherlands, punto 14, e Floridienne e Berginvest, punto 18).

21 Dal punto 19 della sentenza Floridienne e Berginvest risulta che va considerata attività economica ai sensi dell'art. 4, n. 2, della sesta direttiva un'interferenza siffatta nella gestione delle controllate, ove essa implichi il compimento di operazioni soggette all'IVA ai sensi dell'art. 2 di tale direttiva, quali la prestazione di servizi amministrativi, finanziari, commerciali e tecnici da parte di una holding quale la Cibo alle sue controllate.

22 Pertanto, la prima questione pregiudiziale va risolta nel senso che l'interferenza di una holding nella gestione delle società nelle quali ha assunto partecipazioni costituisce un'attività economica ai sensi dell'art. 4, n. 2, della sesta direttiva, ove essa implichi il compimento di operazioni soggette all'IVA ai sensi dell'art. 2 di tale direttiva, quali la prestazione di servizi amministrativi, finanziari, commerciali e tecnici da parte della holding alle sue controllate.

Sulla terza questione

23 Con la terza questione, che occorre esaminare prima della seconda, il giudice di rinvio chiede, in sostanza, se una holding possa detrarre l'IVA che grava sulle spese sostenute per i vari servizi da essa acquistati nell'ambito di un'assunzione di partecipazione in una controllata.

Osservazioni presentate alla Corte

24 La Cibo fa valere che una società che interferisce nella gestione delle sue controllate realizza introiti imponibili attraverso le prestazioni che essa fornisce alle sue controllate. Dalla sentenza 6 aprile 1995, causa C-4/94, BLP Group (Racc. pag. I-983), relativa ad una holding mista che aveva ceduto titoli di una controllata, risulterebbe che la detrazione dell'IVA che grava su prestazioni effettuate nell'ambito di una siffatta operazione è esclusa nei limiti in cui detta operazione costituisce un'operazione esente e le dette prestazioni presentano un nesso immediato e diretto con quest'ultima. Pertanto, l'acquirente di titoli, che in tale qualità non effettuerebbe alcuna operazione soggetta ad imposta o esente, dovrebbe poter detrarre l'IVA che grava su prestazioni dello stesso tipo, che costituirebbero spese generali.

25 Il governo francese ritiene che, dal momento che un'impresa che acquista, detiene o cede partecipazioni in un'altra impresa e interferisce direttamente nella gestione di detta impresa possiede la qualità di soggetto passivo dell'IVA a norma degli artt. 2 e 4 della sesta direttiva, le spese sostenute per l'assunzione di tali partecipazioni debbano essere considerate pertinenti all'attività generale dell'impresa, che consiste nel realizzare operazioni che danno diritto a detrazione e a percepire dividendi esenti che non conferiscono tale diritto.

26 La Commissione fa valere che qualsiasi diritto a detrazione dell'imposta relativa alle spese sostenute per l'acquisto di azioni è escluso ove tali spese non concorrano ad alcuna operazione che rientra nell'ambito di applicazione dell'IVA.

Giudizio della Corte

27 In via preliminare, occorre ricordare che il sistema delle detrazioni è inteso ad esonerare interamente l'imprenditore dall'IVA dovuta o pagata nell'ambito di tutte le sue attività economiche. Il sistema comune dell'IVA garantisce, di conseguenza, la perfetta neutralità dell'imposizione fiscale per tutte le attività economiche, indipendentemente dallo scopo o dai risultati di dette attività, purché queste siano, in linea di principio, di per sé soggette all'IVA (v. sentenze 8 giugno 2000, causa C-98/98, Midland Bank, Racc. pag. I-4177, punto 19, e 22 febbraio 2001, causa C-408/98, Abbey National, Racc. pag. I-1361, punto 24).

28 L'art. 17, n. 5, della sesta direttiva, alla luce del quale deve essere interpretato l'art. 17, n. 2, stabilisce il regime applicabile al diritto a detrazione dell'IVA nel caso in cui quest'ultima si riferisca ad operazioni a monte utilizzate dal soggetto passivo «sia per operazioni che danno diritto a deduzione di cui ai paragrafi 2 e 3, sia per operazioni che non conferiscono tale diritto», limitando il diritto a detrazione alla parte dell'IVA proporzionale all'importo relativo alle operazioni del primo tipo. L'uso, in tale norma, dell'espressione «per operazioni» dimostra che, per conferire il diritto a detrazione di cui al n. 2, i beni o servizi acquistati devono presentare un nesso immediato e diretto con le operazioni a valle che conferiscono il diritto a detrazione e che, a tal riguardo, è indifferente lo scopo ultimo perseguito dal soggetto passivo (v. precitate sentenze BLP Group, punti 18 e 19; Midland Bank, punto 20, e Abbey National, punto 25).

29 Secondo una giurisprudenza costante, l'art. 2 della prima direttiva del Consiglio 11 aprile 1967, 67/227/CEE, in materia di armonizzazione delle legislazioni degli Stati membri relative alle imposte sulla cifra d'affari (GU 1967, n. 71, pag. 1301, in prosieguo: la «prima direttiva») e l'art. 17, nn. 2, 3 e 5, della sesta direttiva devono essere interpretati nel senso che, in linea di principio, l'esistenza di un nesso immediato e diretto tra una specifica operazione a monte e una o più operazioni a valle, che conferiscono un diritto a detrazione, è necessario affinché il diritto a detrarre l'IVA assolta a monte sia riconosciuto in capo al soggetto passivo e al fine di determinare la portata di siffatto diritto (precitate sentenze Midland Bank, punto 24, e Abbey National, punto 26).

30 Occorre inoltre ricordare che, in base al principio fondamentale inerente al sistema dell'IVA e risultante dagli artt. 2 delle direttive prima e sesta, l'IVA si applica a qualsiasi operazione di produzione o di distribuzione, detratta l'IVA gravante direttamente sul costo dei diversi elementi costitutivi del prezzo (v. precitate sentenze Midland Bank, punto 29, e Abbey National, punto 27).

31 Da questo principio, nonché dal criterio secondo il quale, per conferire il diritto a detrazione, i beni o servizi acquistati devono presentare un nesso immediato e diretto con le operazioni a valle che conferiscono il diritto a detrazione, discende che il diritto a detrarre l'IVA che ha gravato sui detti beni o servizi presuppone che le spese compiute per acquistare questi ultimi debbano aver fatto parte degli elementi costitutivi del prezzo delle operazioni a valle che conferiscono il diritto a detrazione. Le dette spese devono pertanto far parte dei costi di queste operazioni a valle che conferiscono il diritto a detrazione, le quali profittano dei beni e dei servizi acquistati (v. sentenze citate Midland Bank, punto 30, e Abbey National, punto 28).

32 E'giocoforza constatare che non esiste un nesso immediato e diretto tra i diversi servizi acquistati da una holding nell'ambito di un'assunzione di partecipazione in una controllata e una o più operazioni a valle che conferiscono il diritto a detrazione. Infatti, l'importo dell'IVA pagata dalla holding sulle spese sostenute per detti servizi non grava direttamente sui vari elementi costitutivi del prezzo delle sue operazioni a valle che conferiscono il diritto a detrazione. Queste spese non fanno parte dei costi delle operazioni a valle le quali profittano dei detti servizi.

33 Viceversa, i costi di questi servizi fanno parte delle spese generali del soggetto passivo e, in quanto tali, sono elementi costitutivi del prezzo dei prodotti di un'impresa. Servizi di tal genere presentano pertanto, in linea di principio, un nesso immediato e diretto con il complesso dell'attività economica del soggetto passivo (v. sentenze BLP Group, punto 25; Midland Bank, punto 31, e Abbey National, punti 35 e 36).

34 A questo proposito, dall'art. 17, n. 5, primo comma, della sesta direttiva risulta che un soggetto passivo, se usa beni e servizi per effettuare nel contempo operazioni che danno diritto a detrazione e operazioni che non conferiscono tale diritto, può unicamente detrarre la parte dell'IVA proporzionale all'importo relativo alle operazioni del primo tipo.

35 La terza questione pregiudiziale va risolta quindi nel senso che le spese sostenute da una holding per i vari servizi da essa acquistati nell'ambito di un'assunzione di partecipazione in una controllata fanno parte delle sue spese generali e presentano quindi, in via di principio, un nesso immediato e diretto con il complesso della sua attività economica. Pertanto, se la holding effettua nel contempo operazioni che danno diritto a detrazione e operazioni che non conferiscono tale diritto, dall'art. 17, n. 5, primo comma, della sesta direttiva risulta che essa può unicamente detrarre la parte dell'IVA proporzionale all'importo relativo alle operazioni del primo tipo.

Sulla seconda questione

36 Con la seconda questione il giudice di rinvio intende, in sostanza, accertare se la riscossione di dividendi rientri nell'ambito di applicazione dell'IVA.

Osservazioni presentate alla Corte

37 La Cibo fa valere che i dividendi non rientrano mai nell'ambito di applicazione dell'IVA come definito dalla sesta direttiva. A tale proposito non si dovrebbe distinguere a seconda che la holding interferisca o meno nella gestione delle controllate. Infatti, i dividendi non sarebbero il corrispettivo di un atto o di una determinata operazione dell'azionista e non avrebbero alcun nesso con l'attività economica di gestione eventualmente esercitata dall'azionista in caso di interferenza. D'altro canto, essi discenderebbero semplicemente dalla proprietà dell'azione.

38 Il governo francese sostiene che i proventi percepiti da una holding, in particolare i dividendi, rientrano nell'ambito di applicazione dell'IVA quando risultano dal possesso di partecipazioni in un'impresa nella cui gestione la holding interferisce. Infatti, tali proventi deriverebbero necessariamente dallo sfruttamento di un bene per ricavarne introiti aventi un certo carattere di stabilità, ai sensi dell'art. 4, n. 2, della sesta direttiva. Al riguardo, il fatto che la riscossione di dividendi rivesta, per sua natura, carattere aleatorio sarebbe privo di rilevanza.

39 Tuttavia, i dividendi percepiti, pur rientrando nell'ambito di applicazione dell'IVA, sarebbero esenti da quest'ultima a norma dell'art. 13, parte B, lett. d), punto 5, della sesta direttiva. Pertanto, i dividendi, rientrando nell'ambito di applicazione dell'IVA ma non conferendo il diritto a detrazione, dovrebbero figurare unicamente al denominatore del prorata di detrazione per l'applicazione degli artt. 17, n. 5, e 19, n. 1, della sesta direttiva.

40 Secondo la Commissione, è impossibile considerare la riscossione di dividendi come il corrispettivo di un'attività di gestione esercitata da una holding in quanto non esiste un vero nesso diretto tra le suddette (v. sentenza 3 marzo 1994, causa C-16/93, Tolsma, Racc. pag. I-743, punti 13 e 14). Ora, in un caso come quello della causa principale, un siffatto nesso diretto mancherebbe.

Giudizio della Corte

41 La Corte ha già statuito che, non costituendo il corrispettivo di alcuna attività economica, la riscossione di dividendi non rientra nell'ambito d'applicazione dell'IVA e, di conseguenza, i dividendi derivanti dal possesso di partecipazioni esulano dal sistema dei diritti a detrazione (sentenze Sofitam, punto 13, e Floridienne e Berginvest, punto 21).

42 Tale esclusione è giustificata in particolare da talune caratteristiche dei dividendi. Innanzi tutto, è pacifico che l'attribuzione di dividendi presuppone di regola l'esistenza di profitti da distribuire e dipende quindi dal risultato dell'esercizio societario. Inoltre, il prorata di dividendo viene determinato in funzione del tipo di partecipazione, in particolare delle categorie di azioni, e non in ragione dell'identità del possessore di tale o talaltra partecipazione. Occorre infine rilevare che i dividendi rappresentano, per loro stessa natura, il frutto della partecipazione in una società e discendono dalla mera proprietà del bene (v. precitate sentenze Polysar Investments Netherlands, punto 13, e Floridienne e Berginvest, punto 22).

43 Infatti, tenuto conto appunto del fatto che l'importo del dividendo dipende così parzialmente da un'alea e che il diritto al dividendo è esclusivamente in funzione del possesso di partecipazioni, non sussiste tra il dividendo e una prestazione di servizi, anche se fornita da un azionista che percepisce tale dividendo, un nesso diretto necessario perché esso possa costituire il corrispettivo dei detti servizi (v. sentenza Floridienne e Berginvest, citata punto 23).

44 In tale contesto, occorre sottolineare come, dal momento che la riscossione di dividendi non rientra nell'ambito di applicazione dell'IVA, dal denominatore della frazione utilizzata per il calcolo del prorata di detrazione ai sensi dell'art. 19 della sesta direttiva si debbano escludere i dividendi distribuiti dalla sue controllate ad una holding che è soggetto passivo dell'IVA per altre attività e che fornisce a dette controllate servizi di gestione (v. sentenza Floridienne e Berginvest, citata punto 32).

45 La seconda questione va pertanto risolta nel senso che la riscossione di dividendi non rientra nell'ambito di applicazione dell'IVA.

Decisione relativa alle spese


Sulle spese

46 Le spese sostenute dal governo francese e dalla Commissione, che hanno presentato osservazioni alla Corte, non possono dar luogo a rifusione. Nei confronti delle parti nella causa principale il presente procedimento costituisce un incidente sollevato dinanzi al giudice nazionale, cui spetta quindi statuire sulle spese.

Dispositivo


Per questi motivi,

LA CORTE (Prima Sezione),

pronunciandosi sulle questioni sottopostele dal tribunal administratif de Lille, con sentenza 6 gennaio 2000, dichiara:

1) L'interferenza di una holding nella gestione delle società nelle quali ha assunto partecipazioni costituisce un'attività economica ai sensi dell'art. 4, n. 2, della sesta direttiva del Consiglio 17 maggio 1977, 77/388/CEE, in materia di armonizzazione delle legislazioni degli Stati membri relative alle imposte sulla cifra di affari - Sistema comune di imposta sul valore aggiunto: base imponibile uniforme, ove essa implichi il compimento di operazioni soggette all'imposta sul valore aggiunto ai sensi dell'art. 2 di tale direttiva, quali la prestazione di servizi amministrativi, finanziari, commerciali e tecnici da parte della holding alle sue controllate.

2) Le spese sostenute da una holding per i vari servizi da essa acquistati nell'ambito di un'assunzione di partecipazione in una controllata fanno parte delle sue spese generali e presentano quindi, in via di principio, un nesso immediato e diretto con il complesso della sua attività economica. Pertanto, se la holding effettua nel contempo operazioni che danno diritto a detrazione e operazioni che non conferiscono tale diritto, dall'art. 17, n. 5, primo comma, della sesta direttiva 77/388 risulta che essa può unicamente detrarre la parte dell'imposta sul valore aggiunto proporzionale all'importo relativo alle operazioni del primo tipo.

3) La riscossione di dividendi non rientra nell'ambito di applicazione dell'imposta sul valore aggiunto.

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