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Documento 61998CJ0432

    Sentenza della Corte del 5 ottobre 2000.
    Consiglio dell'Unione europea contro Christiane Chvatal e altri, Antoinette Losch e Corte di giustizia delle Comunità europee.
    Ricorso contro una pronuncia del Tribunale di primo grado - Dipendenti - Cessazione definitiva dal servizio in occasione dell'adesione di nuovi Stati membri - Eccezione di illegittimità del regolamento (CE, Euratom, CECA) n. 2688/95 - Irricevibilità dell'eccezione.
    Cause riunite C-432/98 P e C-433/98 P.

    Raccolta della Giurisprudenza 2000 I-08535

    Identificatore ECLI: ECLI:EU:C:2000:545

    61998J0432

    Sentenza della Corte del 5 ottobre 2000. - Consiglio dell'Unione europea contro Christiane Chvatal e altri, Antoinette Losch e Corte di giustizia delle Comunità europee. - Ricorso contro una pronuncia del Tribunale di primo grado - Dipendenti - Cessazione definitiva dal servizio in occasione dell'adesione di nuovi Stati membri - Eccezione di illegittimità del regolamento (CE, Euratom, CECA) n. 2688/95 - Irricevibilità dell'eccezione. - Cause riunite C-432/98 P e C-433/98 P..

    raccolta della giurisprudenza 2000 pagina I-08535


    Massima
    Parti
    Motivazione della sentenza
    Decisione relativa alle spese
    Dispositivo

    Parole chiave


    1. Ricorso contro una pronuncia del Tribunale di primo grado - Ricevibilità - Valutazione in rapporto alla controversia oggetto della causa - Istituzione intervenuta in primo grado che sia risultata parzialmente o totalmente soccombente nelle sue conclusioni - Condizione sufficiente

    (Statuto CE della Corte di giustizia, art. 49)

    2. Dipendenti - Cessazione definitiva dal servizio - Esodo volontario - Misura che necessita di un fondamento giuridico specifico - Regolamento del Consiglio n. 2688/95, che autorizza il Parlamento europeo a prendere misure di esodo volontario a favore dei suoi dipendenti- Ricorso di dipendenti della Corte di giustizia che contestano in via di eccezione la legittimità del regolamento n. 2688/95 - Irricevibilità

    (Regolamento del Consiglio n. 2688/95)

    Massima


    1. I presupposti per la ricevibilità dei ricorsi previsti dall'art. 49 dello Statuto CE e dalle corrispondenti disposizioni degli Statuti CECA e CEEA della Corte di giustizia devono essere valutati esclusivamente in rapporto alla controversia oggetto della causa. Il fatto che la motivazione di una decisione del Tribunale divenuta definitiva accolga un'eccezione di illegittimità sollevata nei confronti di un atto regolamentare non impedisce all'autore di un ricorso ricevibile di contestare, in un'altra controversia, l'illegittimità dello stesso regolamento.

    Risulta, inoltre, dall'art. 49, secondo comma, dello Statuto CE e dalle corrispondenti disposizioni degli Statuti CECA e CEEA della Corte di giustizia che è sufficiente che un'istituzione intervenuta in primo grado sia risultata parzialmente o totalmente soccombente nelle sue conclusioni perché essa sia legittimata a proporre un ricorso dinanzi alla Corte.

    ( v. punti 22-23 )

    2. Misure di cessazione definitiva dal servizio come quelle consentite dal regolamento del Consiglio n. 2688/95 non trovano la loro origine legale nello Statuto e non rappresentano quindi un elemento ordinario nella carriera delle persone interessate. Siffatte misure, dette di «esodo volontario», devono al contrario essere esaminate come una pratica alla quale la Comunità ha fatto ricorso in modo puntuale nell'interesse del buon funzionamento delle proprie istituzioni.

    Ne discende, da un lato, che una domanda di iscrizione in un elenco di persone che hanno manifestato il loro interesse per una siffatta misura presuppone l'esistenza di una disposizione regolamentare specifica e legittima che le fornisca una base giuridica e, dall'altro, che, anche in presenza di una simile disposizione, l'istituzione interessata non è obbligata né ad accogliere le domande presentatele né ad utilizzare, pur parzialmente, la facoltà, di cui dispone, di decidere la cessazione definitiva dal servizio di una parte dei suoi dipendenti.

    Poiché il regolamento n. 2688/95 del Consiglio ha autorizzato solo il Parlamento europeo a prendere misure di esodo volontario e poiché, quindi, esso non può fornire una base giuridica alle domande di dipendenti di altre istituzioni, a torto il Tribunale ha dichiarato ricevibile l'eccezione di illegittimità del detto regolamento sollevata da dipendenti della Corte di giustizia nell'ambito di una controversia avente ad oggetto l'annullamento di una decisione dell'autorità che ha il potere di nomina che respingeva la loro domanda d'iscrizione nell'elenco delle persone interessate a misure di esodo volontario. Infatti, la legittimità delle risposte inviate dall'autorità che ha il potere di nomina non può essere inficiata dai vizi che potrebbero colpire un regolamento che non si applica alla Corte di giustizia.

    ( v. punti 28-34 )

    Parti


    Nei procedimenti riuniti C-432/98 P e C-433/98 P,

    Consiglio dell'Unione europea, rappresentato dai signori J.-P. Jacqué, direttore presso il servizio giuridico, D. Canga Fano e dalla signora T. Blanchet, membri dello stesso servizio, in qualità di agenti, con domicilio eletto in Lussemburgo presso il signor A. Morbilli, direttore generale della direzione «Affari giuridici» della Banca europea per gli investimenti, 100, boulevard Konrad Adenauer,

    ricorrente,

    sostenuto da

    Regno di Spagna, rappresentato dalla signora N. Díaz Abad, abogado del Estado, in qualità di agente, con domicilio eletto in Lussemburgo presso la sede dell'ambasciata di Spagna, 4-6, boulevard Emmanuel Servais,

    interveniente in sede di impugnazione,

    aventi ad oggetto taluni ricorsi proposti nei confronti delle sentenze del Tribunale di primo grado delle Comunità europee (Quinta Sezione) 30 settembre 1998, causa T-154/96, Chvatal e a./Corte di giustizia (Racc. PI pagg. I-A-527 e II-1579), e causa T-13/97, Losch/Corte di giustizia (Racc. PI pagg. I-A-543 e II-1633), ricorsi diretti ad ottenere l'annullamento di tali sentenze,

    procedimento in cui le altre parti sono:

    Christiane Chvatal e altri, dipendenti della Corte di giustizia delle Comunità europee, con gli avv.ti J.-N. Louis e T. Demaseure, del foro di Bruxelles, con domicilio eletto in Lussemburgo presso la Société de gestion fiduciaire, boîte postale 585,

    Antoinette Losch, dipendente della Corte di giustizia delle Comunità europee, con gli avv.ti J.-N. Louis e T. Demaseure, del foro di Bruxelles, con domicilio eletto in Lussemburgo presso la Société de gestion fiduciaire, boîte postale 585,

    ricorrenti in primo grado,

    Corte di giustizia delle Comunità europee, L - 2925 Lussemburgo,

    convenuta in primo grado,

    e

    Regno dei Paesi Bassi, Bezuidenhoutseweg, 67, L'Aia,

    interveniente in primo grado,

    LA CORTE,

    composta dai signori G.C. Rodríguez Iglesias, presidente, J.C. Moitinho de Almeida, D.A.O. Edward, L. Sevón e R. Schintgen, presidenti di sezione, C. Gulmann, A. La Pergola, J.-P. Puissochet (relatore), H. Ragnemalm, M. Wathelet e V. Skouris, giudici,

    avvocato generale: S. Alber

    cancelliere: signora D. Louterman-Hubeau, amministratore principale

    vista la relazione d'udienza,

    sentite le difese orali svolte dalle parti all'udienza dell'11 aprile 2000,

    sentite le conclusioni dell'avvocato generale, presentate all'udienza del 6 giugno 2000,

    ha pronunciato la seguente

    Sentenza

    Motivazione della sentenza


    1 Con due atti introduttivi depositati nella cancelleria della Corte il 1° dicembre 1998, il Consiglio dell'Unione europea ha proposto, ai sensi dell'art. 49 dello Statuto CE e delle corrispondenti disposizioni degli Statuti CECA e CEEA della Corte di giustizia, da un lato, un ricorso nei confronti della sentenza del Tribunale di primo grado delle Comunità europee 30 settembre 1998, causa T-154/96, Chvatal e a./Corte di giustizia (Racc. PI pagg. I-A-527 e II-1579), e, dall'altro, un ricorso contro la sentenza del Tribunale di primo grado delle Comunità europee 30 settembre 1998, causa T-13/97, Losch/Corte di giustizia (Racc. PI pagg. I-A-543 e II-1633; in prosieguo: le «sentenze impugnate»), con le quali il Tribunale ha annullato le decisioni della Corte di giustizia recanti rigetto della domanda con cui taluni agenti le chiedevano di iscrivere il loro nominativo nell'elenco delle persone che hanno manifestato il proprio interesse a fare oggetto di una misura di cessazione definitiva dal servizio, come prevista dal regolamento (CE, Euratom, CECA) del Consiglio 17 novembre 1995, n. 2688, che istituisce misure speciali concernenti la cessazione definitiva dal servizio di funzionari delle Comunità europee, in occasione dell'adesione dell'Austria, della Finlandia e della Svezia (GU L 280, pag. 1).

    I fatti all'origine della controversia

    2 In occasione dell'adesione della Repubblica d'Austria, della Repubblica di Finlandia e del Regno di Svezia, la Commissione, dopo aver ottenuto in data 21 giugno 1995 il parere favorevole del comitato per lo Statuto, ha presentato, il 7 luglio 1995, una proposta di regolamento che istituisce misure speciali concernenti la cessazione definitiva dal servizio di funzionari delle Comunità europee (in prosieguo: la «proposta iniziale»). Tale proposta, che fissava il numero dei funzionari idonei a formare oggetto di una misura di «esodo volontario» al Parlamento, al Consiglio, alla Commissione, alla Corte di giustizia, alla Corte dei conti ed al Comitato economico e sociale, è stata sottoposta all'esame delle istituzioni interessate ed ha ricevuto un parere favorevole dal Parlamento, dalla Corte di giustizia e dalla Corte dei conti.

    3 Poiché la Commissione ha scisso la sua proposta iniziale, il Consiglio ha adottato, il 17 novembre 1995, il regolamento n. 2688/95, che autorizza il Parlamento ad adottare entro il 30 giugno 2000 misure di cessazione definitiva dal servizio nei confronti dei suoi dipendenti che hanno raggiunto l'età di 55 anni, salvo quelli inquadrati nei gradi A 1 e A 2.

    4 La signora Chvatal e altri e la signora Losch, dipendenti della Corte di giustizia, hanno chiesto separatamente, con lettere inviate tra il 6 febbraio e il 16 luglio 1996 al cancelliere della Corte di giustizia, nelle sue vesti di autorità che ha il potere di nomina (in prosieguo: l'«APN»), che i loro nomi figurassero nell'elenco delle persone che hanno manifestato il loro interesse per una misura di cessazione definitiva dal servizio in occasione dell'adesione della Repubblica d'Austria, della Repubblica di Finlandia e del Regno di Svezia.

    5 Il cancelliere della Corte di giustizia ha loro risposto, con lettere inviate tra il 28 febbraio e il 22 luglio 1996 (in prosieguo: le «lettere controverse»), di non essere in grado di dare un seguito favorevole alle loro domande, poiché la normativa vigente non consentiva alle istituzioni diverse dal Parlamento di prendere misure di cessazione definitiva dal servizio, ma che la loro manifestazione d'interesse non avrebbe mancato di essere presa in considerazione nel caso in cui il Consiglio avesse accettato la proposta iniziale della Commissione, in quanto essa riguardava altresì i dipendenti delle altre istituzioni.

    6 La signora Chvatal e altri e la signora Losch hanno presentato separatamente, tra il 21 maggio e il 24 settembre 1996, taluni reclami contro le decisioni contenute, a loro avviso, nelle lettere controverse. Tali reclami sono stati respinti dal comitato incaricato dei reclami della Corte di giustizia, in quanto essi miravano esclusivamente a mettere in causa la validità del regolamento n. 2688/95, in particolare nella parte in cui esso non era applicabile ai dipendenti della Corte di giustizia, mentre non spettava all'APN della detta istituzione valutare la validità di un regolamento del Consiglio.

    7 In seguito a tali rigetti, notificati tra l'11 luglio e il 23 ottobre 1996, la signora Chvatal e altri e la signora Losch hanno proposto due ricorsi, depositati nella cancelleria del Tribunale rispettivamente l'8 ottobre 1996 e il 20 gennaio 1997, diretti a far dichiarare l'illegittimità del regolamento n. 2688/95 e ad ottenere, di conseguenza, l'annullamento delle decisioni dell'APN che respingono le loro domande, decisioni contenute nelle lettere controverse.

    Le sentenze impugnate

    8 Il Tribunale ha, in primo luogo, respinto i motivi di irricevibilità dei ricorsi sollevati dalla Corte di giustizia, convenuta in primo grado, e dal Consiglio e dal Regno di dei Paesi Bassi, intervenuti in primo grado a sostegno delle conclusioni di quest'ultima.

    9 Esso ha infatti considerato, da un lato, che l'esercizio, da parte di un dipendente, del diritto di chiedere all'APN di adottare una decisione nei suoi confronti, conformemente all'art. 90, n. 1, dello Statuto del personale delle Comunità europee (in prosieguo: lo «Statuto»), non era soggetto ad alcuna condizione e, dall'altro, che le decisioni adottate dall'APN, rifiutando in modo definitivo di prendere in considerazione le domande presentate, incidevano direttamente e immediatamente sulla situazione giuridica della signora Chvatal e altri e della signora Losch, e pertanto arrecavano loro pregiudizio.

    10 Per quanto attiene poi alla contestazione in via di eccezione della legittimità del regolamento n. 2688/95, il Tribunale ha ritenuto che anch'essa fosse ricevibile.

    11 Infatti, dopo aver considerato che il regolamento n. 2688/95 rappresentava la base giuridica diretta delle decisioni dell'APN, nella parte in cui esso escludeva dal suo campo di applicazione, implicitamente ma necessariamente, i dipendenti delle istituzioni diverse dal Parlamento, il Tribunale ha giudicato che l'eccezione di illegalità sollevata nei confronti del detto regolamento non era né prematura - poiché nessuna misura di «esodo volontario» era stata adottata, in seguito al regolamento, per le altre istituzioni e la proposta iniziale della Commissione era divenuta parzialmente caduca - né fondata su un abuso, nonostante l'APN non avesse altra scelta se non quella di respingere le domande sottopostele.

    12 Nel merito, infine, il Tribunale, esaminando l'eccezione di illegittimità del regolamento n. 2688/95, che gli era stata presentata, ha accolto due profili di illegittimità di tale regolamento.

    13 In primo luogo, esso ha considerato, nell'esercizio di un controllo limitato all'errore manifesto ed allo sviamento di potere, che il regolamento n. 2688/95, nei limiti in cui esso limitava al solo Parlamento il diritto di ricorrere a misure di «esodo volontario», istituiva una differenziazione arbitraria o manifestamente inadeguata rispetto all'obiettivo perseguito tra situazioni del tutto analoghe ed era pertanto contrario al principio di uguaglianza, principio fondamentale del diritto comunitario. Infatti, la situazione della Corte di giustizia non era diversa da quella del Parlamento in merito alla necessità di riorganizzare la composizione del personale al loro servizio in occasione dell'adesione di nuovi Stati membri.

    14 In secondo luogo, il Tribunale ha giudicato che il regolamento n. 2688/95 era viziato da violazione delle forme sostanziali in quanto non era stato preceduto da una nuova consultazione del Parlamento e del comitato per lo Statuto in occasione della modifica, da parte della Commissione, della sua proposta iniziale.

    15 Esso ha infatti considerato che la modifica apportata alla proposta iniziale presentava un carattere sostanziale, in quanto ne riduceva considerevolmente la portata, ed avrebbe dovuto, pertanto, essere sottoposto, da un lato, al Parlamento, ai sensi dell'art. 24 del Trattato che istituisce un unico Consiglio e un'unica Commissione delle Comunità europee, e, dall'altro, al comitato per lo Statuto, ai sensi dell'art. 10, secondo comma, seconda frase, dello Statuto del personale delle Comunità europee. Ora, ciò non è avvenuto.

    16 Per questi motivi, il Tribunale ha annullato le decisioni della Corte di giustizia indirizzate alla signora Chvatal e altri e alla signora Losch, decisioni che rifiutavano di iscrivere i loro nominativi nell'elenco delle persone che hanno manifestato il loro interesse per una misura di cessazione definitiva dal servizio, come prevista dal regolamento n. 2688/95.

    I ricorsi

    17 Il Consiglio chiede che la Corte voglia annullare le sentenze impugnate. A sostegno del proprio ricorso, esso sviluppa sei motivi, tre dei quali sono relativi alla ricevibilità tanto dei ricorsi proposti dinanzi al Tribunale quanto dell'eccezione di illegittimità sollevati, mentre gli altri tre attengono alla legittimità del regolamento n. 2688/95.

    18 La signora Chvatal e altri e la signora Losch chiedono alla Corte di dichiarare i ricorsi irricevibili, in via subordinata di dichiararli infondati, e di condannare il Consiglio alle spese.

    19 Con ordinanze del presidente della Corte 19 aprile 1999, il Regno di Spagna è stato ammesso ad intervenire a sostegno delle conclusioni del Consiglio nelle cause C-432/98 P e C-433/98 P. Esso chiede alla Corte di annullare la sentenza impugnata.

    20 Con ordinanza del presidente della Corte 17 marzo 2000, le cause C-432/98 P e C-433/98 P sono state riunite ai fini della trattazione orale e della sentenza.

    Sulla ricevibilità dei ricorsi

    21 La signora Chvatal e altri e la signora Losch chiedono alla Corte di dichiarare i ricorsi irricevibili. Essi fanno valere, a tal fine, che le sentenze impugnate sono analoghe nella loro motivazione e nel loro dispositivo alla sentenza del Tribunale 30 settembre 1998, causa T-164/97, Busacca e a./Corte dei conti (Racc. PI pagg. I-A-565 e II-1699). Ora, poiché il Consiglio non era intervenuto nella causa T-164/97, il ricorso da esso proposto contro la detta sentenza sarebbe manifestamente irricevibile. Poiché le parti nel procedimento T-164/97 non hanno proposto un ricorso, la sentenza del Tribunale Busacca e a./Corte dei conti sarebbe passata in giudicato. Dichiarare il Consiglio legittimato a ricorrere contro le sentenze impugnate equivarrebbe di conseguenza a consentirgli di rimettere in causa la forza di giudicato di cui sarebbe provvista la sentenza Busacca e a./Corte dei conti, citata, mentre esso avrebbe deliberatamente rinunciato a intervenire in tale causa e spetterebbe oramai all'istituzione interessata adottare le misure che l'esecuzione della detta sentenza comporta.

    22 E' sufficiente ricordare, al riguardo, che i presupposti per la ricevibilità dei ricorsi previsti dall'art. 49 dello Statuto CE e dalle corrispondenti disposizioni degli Statuti CECA e CEEA della Corte di giustizia devono essere valutati esclusivamente in rapporto alla controversia oggetto della causa. Il fatto che la motivazione di una decisione del Tribunale divenuta definitiva accolga un'eccezione di illegittimità sollevata nei confronti di un atto regolamentare non impedisce all'autore di un ricorso ricevibile di contestare, in un'altra controversia, l'illegittimità dello stesso regolamento.

    23 Risulta, inoltre, dall'art. 49, secondo comma, dello Statuto CE e dalle corrispondenti disposizioni degli Statuti CECA e CEEA della Corte di giustizia che è sufficiente che un'istituzione intervenuta in primo grado sia risultata totalmente o parzialmente soccombente nelle sue conclusioni perché essa sia legittimata a proporre un ricorso dinanzi alla Corte.

    24 Poiché il Consiglio si trova in questa situazione nelle cause che hanno dato luogo alle sentenze impugnate, esso è legittimato a ricorrere contro tali sentenze, senza che la detta legittimazione possa essere inficiata dallo stato del procedimento in altre cause, anche se queste ultime attengono a problemi di diritto simili.

    Sulla fondatezza dei ricorsi

    Sull'eccezione di illegittimità del regolamento n. 2688/95

    25 Il Consiglio sostiene che il Tribunale ha fatto una falsa applicazione dell'art. 184 del Trattato CE (divenuto art. 241 CE), avendo dichiarato ricevibile l'eccezione di illegittimità diretta contro il regolamento n. 2688/95.

    26 E' pacifico che l'unico motivo accolto dal Tribunale per annullare le decisioni controverse è l'illegalità dell'atto regolamentare che costituisce la base giuridica di tali decisioni. Ne risulta che, se il Tribunale si è ritenuto a torto adito, in via incidentale, di una contestazione ricevibile della legittimità del regolamento n. 2688/95, un siffatto errore di diritto dovrà necessariamente comportare l'annullamento delle sentenze impugnate.

    27 Dalle sentenze impugnate risulta che la signora Chvatal e altri e la signora Losch hanno chiesto all'APN di iscrivere i loro nomi nell'elenco delle persone che hanno manifestato il loro interesse per una misura di cessazione definitiva dal servizio. Con le lettere controverse, esaminate dal Tribunale, l'APN ha risposto ai detti dipendenti che, allo stato attuale della pratica, essa non era in grado di dare seguito favorevole alle loro domande, in quanto il regolamento n. 2688/95 era applicabile soltanto ai dipendenti del Parlamento e la normativa non consentiva quindi alle altre istituzioni di adottare misure di cessazione definitiva dal servizio nei confronti del proprio personale.

    28 Occorre osservare, in via preliminare, che misure di cessazione definitiva dal servizio come quelle consentite dal regolamento n. 2688/95 non trovano la loro origine legale nello Statuto e non rappresentano quindi un elemento ordinario nella carriera delle persone interessate. Siffatte misure, dette di «esodo volontario», devono al contrario essere esaminate come una pratica alla quale la Comunità ha fatto ricorso in modo puntuale nell'interesse del buon funzionamento delle proprie istituzioni.

    29 Ne discende, da un lato, che una domanda di iscrizione in un elenco di persone che hanno manifestato il loro interesse per una siffatta misura presuppone l'esistenza di una disposizione regolamentare specifica e legittima che le fornisca una base giuridica e, dall'altro, che, anche in presenza di una simile disposizione, l'istituzione interessata non è obbligata né ad accogliere le domande presentatele né ad utilizzare, pur parzialmente, la facoltà, di cui dispone, di decidere la cessazione definitiva dal servizio di una parte dei suoi dipendenti.

    30 Nel caso di specie la sola base giuridica che poteva essere fatta valere dai dipendenti per sollecitare il beneficio di misure di esodo volontario era il regolamento n. 2688/95, il quale autorizzava solo il Parlamento a prendere tali misure.

    31 Di conseguenza, anche supponendo che il detto regolamento fosse stato viziato da illegittimità, per qualsiasi motivo, e che, quindi, fosse stato inapplicabile, tale circostanza non avrebbe potuto avere l'effetto di fornire una base giuridica alle domande di dipendenti appartenenti ad istituzioni escluse dal suo campo di applicazione.

    32 La legittimità delle risposte inviate dall'APN alla signora Chvatal e altri e alla signora Losch non può pertanto essere inficiata dai vizi che potrebbero colpire un regolamento che non si applica a tale istituzione.

    33 Ne consegue che i dipendenti di cui trattasi non erano legittimati a contestare in via incidentale la legittimità di un regolamento di cui le decisioni contestate non rappresentano misure di applicazione. E' pertanto a torto che, con le sentenze impugnate, il Tribunale ha accettato di pronunciarsi sull'eccezione di illegittimità del regolamento n. 2688/95 sollevata dai ricorrenti.

    34 Da tutto quanto precede risulta che il motivo attinente ad una falsa applicazione dell'art. 184 del Trattato è fondato e che le sentenze impugnate devono, pertanto, essere annullate senza dovere esaminare gli altri motivi fatti valere dal Consiglio.

    Sul motivo attinente alla mancata riconsultazione del comitato per lo Statuto

    35 Il Consiglio invita ciò nondimeno la Corte ad esaminare, nel caso in cui questa non si pronunciasse sulla legittimità del regolamento n. 2688/95, tra i motivi nel merito accolti dal Tribunale, quello attinente alla violazione delle forme sostanziali, che sarebbe rappresentata dalla mancata riconsultazione del comitato per lo Statuto dopo che la proposta iniziale della Commissione è stata scissa.

    36 Tuttavia, poiché la domanda di pronuncia in via di eccezione sulla legittimità del regolamento n. 2688/95, presentata al Tribunale dalla signora Chvatal e altri e dalla signora Losch, non era ricevibile, non occorre che la Corte, dopo aver constatato tale irricevibilità, si pronunci sulla fondatezza delle considerazioni svolte dal Tribunale nel merito del diritto.

    Sui ricorsi proposti dinanzi al Tribunale

    37 Ai sensi dell'art. 54 dello Statuto CE e delle corrispondenti disposizioni degli Statuti CECA e CEEA della Corte di giustizia, quando l'impugnazione è accolta, la Corte annulla la decisione del Tribunale. In tal caso essa può statuire definitivamente sulla controversia qualora lo stato degli atti lo consenta. Così è nella fattispecie.

    38 Dai punti 26-34 della presente sentenza risulta che i ricorsi presentati dalla signora Chvatal e altri e dalla signora Losch dinanzi al Tribunale devono essere respinti.

    Decisione relativa alle spese


    Sulle spese

    39 Ai sensi dell'art. 122, n. 1, del regolamento di procedura, quando l'impugnazione è accolta e la controversia viene definitivamente decisa dalla Corte, quest'ultima statuisce sulle spese.

    Sulle spese sostenute in primo grado

    40 A norma dell'art. 87, n. 2, del regolamento di procedura, la parte soccombente è condannata alle spese se ne è stata fatta domanda. A norma dell'art. 87, n. 4, gli Stati membri e le istituzioni intervenuti nella causa sopportano le proprie spese. Ai sensi dell'art. 88, nelle cause tra le Comunità e i loro dipendenti, le spese sostenute dalle istituzioni restano, in linea di principio, a carico di queste ultime.

    41 Poiché la signora Chvatal e altri e la signora Losch sono risultate soccombenti nei loro motivi, ognuna delle parti, così come ogni interveniente, sopporterà le proprie spese.

    Sulle spese sostenute in occasione dell'impugnazione

    42 A termini dell'art. 69, n. 2, del regolamento di procedura, applicabile al procedimento di impugnazione ai sensi dell'art. 118, la parte soccombente è condannata alle spese se ne è stata fatta domanda. A termini dell'art. 69, n. 4, altresì applicabile al procedimento di impugnazione, gli Stati membri e le istituzioni intervenuti nella causa sopportano le proprie spese. Ai sensi dell'art. 70, applicabile al procedimento di impugnazione ai sensi degli artt. 118 e 122, nelle controversie tra le Comunità ed i suoi agenti, le spese sostenute dalle istituzioni restano, salvo altre disposizioni, a carico di queste ultime.

    43 Poiché la signora Chvatal e altri e la signora Losch sono risultate soccombenti nelle loro conclusioni, ciascuna parte, nonché il Regno di Spagna, intervenuto in sede di impugnazione, sopporterà le proprie spese.

    Dispositivo


    Per questi motivi,

    LA CORTE

    dichiara e statuisce:

    1) Le sentenze del Tribunale di primo grado delle Comunità europee 30 settembre 1998, causa T-154/96, Chvatal e a./Corte di giustizia, e causa T-13/97, Losch/Corte di giustizia, sono annullate.

    2) I ricorsi proposti dinanzi al Tribunale nelle cause T-154/96 e T-13/97 sono respinti.

    3) La signora Chvatal e altri e la signora Losch, la Corte di giustizia delle Comunità europee, il Consiglio dell'Unione europea, il Regno di Spagna ed il Regno dei Paesi Bassi sopporteranno ognuno le proprie spese, sostenute tanto in primo grado quanto in occasione dell'impugnazione.

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