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Documento 61997CC0359
Opinion of Mr Advocate General Alber delivered on 27 January 2000. # Commission of the European Communities v United Kingdom of Great Britain and Northern Ireland. # Failure to fulfil obligations - Article 4(5) of the Sixth VAT Directive - Access to roads on payment of a toll - Failure to levy VAT - Regulations (EEC, Euratom) Nos 1552/89 and 1553/89 - Own resources accruing from VAT. # Case C-359/97.
Conclusioni dell'avvocato generale Alber del 27 gennaio 2000.
Commissione delle Comunità europee contro Regno Unito di Gran Bretagna e Irlanda del Nord.
Inadempimento - Art. 4, n. 5, della sesta direttiva IVA - Messa a disposizione di strade contro pagamento di un pedaggio - Non assoggettamento all'IVA - Regolamenti (CEE, Euratom) nn. 1552/89 e 1553/89 - Risorse proprie provenienti dall'IVA.
Causa C-359/97.
Conclusioni dell'avvocato generale Alber del 27 gennaio 2000.
Commissione delle Comunità europee contro Regno Unito di Gran Bretagna e Irlanda del Nord.
Inadempimento - Art. 4, n. 5, della sesta direttiva IVA - Messa a disposizione di strade contro pagamento di un pedaggio - Non assoggettamento all'IVA - Regolamenti (CEE, Euratom) nn. 1552/89 e 1553/89 - Risorse proprie provenienti dall'IVA.
Causa C-359/97.
Raccolta della Giurisprudenza 2000 I-06355
Identificatore ECLI: ECLI:EU:C:2000:42
Conclusioni dell'avvocato generale Alber del 27 gennaio 2000. - Commissione delle Comunità europee contro Regno Unito di Gran Bretagna e Irlanda del Nord. - Inadempimento - Art. 4, n. 5, della sesta direttiva IVA - Messa a disposizione di strade contro pagamento di un pedaggio - Non assoggettamento all'IVA - Regolamenti (CEE, Euratom) nn. 1552/89 e 1553/89 - Risorse proprie provenienti dall'IVA. - Causa C-359/97.
raccolta della giurisprudenza 2000 pagina I-06355
I - Introduzione
1. Il presente ricorso per inadempimento proposto dalla Commissione è diretto a far dichiarare che il Regno Unito, non avendo assoggettato all'IVA i pedaggi riscossi per l'utilizzo di strade e ponti e non avendo effettuato quindi alcun versamento corrispondente di risorse proprie maggiorato di interessi, è venuto meno agli obblighi che gli incombono in forza del Trattato CE .
2. Le infrastrutture soggette a pedaggio esistenti nel Regno Unito si possono sostanzialmente suddividere in tre categorie.
3. Occorre innanzi tutto menzionare l'Erskine Bridge sul fiume Clyde, di proprietà del Secretary of State scozzese che si occupa della gestione. La seconda categoria è composta dalle gallerie di Tine e Mersey nonché dai ponti di Tay, Tamar, Itchen, Humber, Cleddau e della Forth Road nonché dalla Clifton Suspension che - ad eccezione del ponte di Tamar - sono tutti di proprietà di un'autorità locale, la Local passenger transport authority (in prosieguo: la «PTA») . Le PTA si incaricano anche della gestione delle relative infrastrutture, eccetto quelle dei ponti di Tay, Humber e della Forth Road del cui funzionamento si occupa un Bridge Board nominato e controllato dalle autorità locali competenti. Il ponte di Tamar è di proprietà dei consigli di contea della Cornovaglia e di Plymouth e rientra nelle competenze di una commissione congiunta, che però non è istituita con atto legislativo o da un ente locale. Alla terza categoria - i cosiddetti PFI (Private Finance Initiative) Crossings - appartengono il Dartford River Crossing (Tamigi) e i ponti di Severn e Skye la cui gestione è affidata in concessione dal competente Secretary of State.
4. Tutte le categorie sono caratterizzate dal fatto che i pedaggi riscossi nell'ambito della loro gestione non venivano assoggettati all'IVA.
II - Procedimento precontenzioso
5. Con lettera del 27 marzo 1987 la Commissione segnalava alle autorità britanniche il problema della mancata riscossione dell'IVA sui pedaggi relativi all'utilizzo di strade e ponti.
6. Nella risposta del 3 luglio 1987 le autorità britanniche facevano notare che non era possibile modificare il sistema IVA britannico senza sentire il parere del comitato consultivo dell'IVA .
7. Nella lettera di diffida del 20 aprile 1988 la Commissione osservava che il comitato consultivo dell'IVA ha il compito di prendere in esame i problemi concernenti l'applicazione delle disposizioni comunitarie in materia di IVA, ma non può decidere se sussistano violazioni della sesta direttiva IVA. La lettera di diffida terminava con la constatazione che la mancata riscossione dell'IVA sui pedaggi relativi all'utilizzo di strade e ponti nel Regno Unito costituisce una violazione degli artt. 2 e 4, nn. 1, 2 e 5, della sesta direttiva IVA.
8. Le autorità britanniche rispondevano con lettera del 21 luglio 1988 richiamandosi alla disposizione dell'art. 4, n. 5, della sesta direttiva IVA, secondo cui gli Stati, le regioni, le province, i comuni e gli altri organismi di diritto pubblico non sono considerati soggetti passivi per le attività od operazioni che esercitano in quanto pubbliche autorità. La riscossione di pedaggi non rientrerebbe quindi nel campo di applicazione della direttiva.
9. Il 27 novembre 1987 la Commissione trasmetteva alle autorità britanniche una lettera riguardante la problematica delle risorse proprie, informandole che la mancata riscossione dell'IVA sui pedaggi fino a quel momento rilevata poteva comportare un calcolo errato dei contributi alle risorse proprie. Il governo britannico veniva invitato ad accertare se i contributi destinati alle risorse proprie per gli esercizi 1984-1986 fossero stati inadeguati e a versare eventualmente alla Commissione le relative risorse dovute.
10. Non avendo ricevuto i nuovi calcoli richiesti, il 31 gennaio 1989 la Commissione trasmetteva una lettera di diffida. Le autorità britanniche venivano nuovamente invitate ad effettuare i calcoli necessari per gli esercizi 1984-1986 e a notificare alla Commissione i relativi risultati. La Commissione doveva ricevere gli importi dovuti, comprensivi di interessi moratori a partire dal 31 marzo 1988, e dovevano essere effettuati i calcoli annuali, comprensivi di interessi moratori, per gli esercizi successivi fino al termine dell'asserita violazione.
11. Con lettera del 23 marzo 1989 le autorità britanniche si richiamavano nuovamente a quanto disposto dall'art. 4, n. 5, della sesta direttiva IVA. Di conseguenza, poiché non occorreva riscuotere l'IVA sui pedaggi, non sarebbe stato necessario trasmettere le informazioni richieste.
12. Con parere motivato del 10 agosto 1989 la Commissione si riferiva, da un lato, alla mancata riscossione dell'IVA sui pedaggi e faceva valere, dall'altro, una violazione del Trattato asserendo che le autorità britanniche si erano rifiutate di effettuare il ricalcolo e di versare i contributi alle risorse proprie dovuti, maggiorati di interessi moratori.
13. Nella risposta dell'8 dicembre 1989 le autorità britanniche ribadivano il carattere di diritto pubblico degli organismi competenti della riscossione dei pedaggi.
14. La Commissione ha pertanto proposto ricorso - pervenuto alla cancelleria della Corte il 21 ottobre 1997 - ai sensi dell'art. 169 del Trattato CE (divenuto art. 226 CE), chiedendo che la Corte voglia:
1) dichiarare che il Regno Unito, non avendo assoggettato ad IVA il pedaggio relativo all'utilizzo di strade e ponti a pagamento esistenti nel Regno Unito, contrariamente a quanto stabilito dagli artt. 2 e 4, nn. 1, 2 e 5, della sesta direttiva IVA, e non avendo versato di conseguenza alla Commissione i relativi contributi alle risorse proprie, comprensivi di interessi moratori, è venuto meno agli obblighi che gli incombono in forza del Trattato CE;
2) condannare il Regno Unito alle spese.
15. Il governo del Regno Unito chiede che la Corte voglia:
1) dichiarare il ricorso irricevibile, nella parte in cui riguarda periodi passati, oppure
2) respingere il ricorso;
3) nell'eventualità e nella misura in cui il ricorso non venga respinto, limitare l'effetto temporale della sentenza o, in subordine, disporre una diversa limitazione adeguata, e
4) condannare la Commissione alle spese.
III - Contesto normativo
1. Sulla riscossione dell'imposta sul valore aggiunto
Sesta direttiva del Consiglio 17 maggio 1977, 77/388/CEE, in materia di armonizzazione delle legislazioni degli Stati membri relative alle imposte sulla cifra di affari - Sistema comune di imposta sul valore aggiunto: base imponibile uniforme (in prosieguo: la «direttiva»)
16. L'art. 2 della direttiva stabilisce quanto segue:
«Sono soggette all'imposta sul valore aggiunto:
1. le cessioni di beni e le prestazioni di servizi, effettuate a titolo oneroso all'interno del paese da un soggetto passivo che agisce in quanto tale;
(...)».
17. L'art. 4, nn. 1, 2 e 5, della direttiva così recita:
«1. Si considera soggetto passivo chiunque esercita in modo indipendente e in qualsiasi luogo una delle attività economiche di cui al paragrafo 2, indipendentemente dallo scopo o dai risultati di detta attività.
2. Le attività economiche di cui al paragrafo 1 sono tutte le attività di produttore, di commerciante o di prestatore di servizi, comprese le attività estrattive, agricole, nonché quelle delle professioni liberali o assimilate. Si considera in particolare attività economica un'operazione che comporti lo sfruttamento di un bene materiale o immateriale per ricavarne introiti aventi un certo carattere di stabilità.
(...)
5. Gli Stati, le regioni, le province, i comuni e gli altri organismi di diritto pubblico non sono considerati soggetti passivi per le attività od operazioni che esercitano in quanto pubbliche autorità, anche quando, in relazione a tali attività od operazioni, percepiscono diritti, canoni, contributi o retribuzioni.
Se però tali enti esercitano attività od operazioni di questo genere, essi devono essere considerati soggetti passivi per dette attività od operazioni quando il loro non assoggettamento provocherebbe distorsioni di concorrenza di una certa importanza.
In ogni caso, gli enti succitati sono sempre considerati come soggetti passivi per quanto riguarda le attività elencate nell'allegato D quando esse non sono trascurabili.
Gli Stati membri possono considerare come attività della pubblica amministrazione le attività dei suddetti enti le quali siano esenti a norma de[ll']articol[o] 13 (...)».
18. Per altre esenzioni sul territorio nazionale l'art. 13 prevede quanto segue:
«Fatte salve altre disposizioni comunitarie, gli Stati membri esonerano, alle condizioni da essi stabilite per assicurare la corretta e semplice applicazione delle esenzioni sottoelencate e per prevenire ogni possibile frode, evasione ed abuso:
a) (...)
b) l'affitto e la locazione di beni immobili, ad eccezione:
1. delle prestazioni di alloggio (...) effettuate nel settore alberghiero (...);
2. delle locazioni di aree destinate al parcheggio dei veicoli;
3. delle locazioni di utensili e macchine fissati stabilmente;
4. delle locazioni di casseforti.
(...)
c) bis h) (...)».
2. Sulle risorse proprie
a) Regolamento (CEE, Euratom) del Consiglio 29 maggio 1989, n. 1553, concernente il regime uniforme definitivo di riscossione delle risorse proprie provenienti dall'imposta sul valore aggiunto
19. L'art. 1 recita quanto segue:
«Le risorse IVA provengono dall'applicazione dell'aliquota uniforme, fissata conformemente alla decisione 88/376/CEE, Euratom, alla base determinata conformemente al presente regolamento».
20. L'art. 2, n. 1, così stabilisce:
«La base delle risorse IVA è determinata prendendo in considerazione le operazioni imponibili di cui all'articolo 2 della direttiva 77/388/CEE (...), ad esclusione delle operazioni esentate a norma degli articoli da 13 a 16 di detta direttiva».
b) Regolamento (CEE, Euratom) del Consiglio 29 maggio 1989, n. 1552, recante applicazione della decisione 88/376/CEE, Euratom relativa al sistema delle risorse proprie delle Comunità
21. L'art. 11 dispone quanto segue:
«Ogni ritardo nelle iscrizioni sul conto di cui all'articolo 9, paragrafo 1 dà luogo al pagamento, da parte dello Stato membro in questione, di un interesse il cui tasso è pari al tasso di interesse applicato il giorno della scadenza sul mercato monetario dello Stato membro interessato per i finanziamenti a breve termine, maggiorato di 2 punti. Tale tasso è aumentato di 0,25 punti per ogni mese di ritardo. Il tasso così aumentato è applicabile a tutto il periodo del ritardo».
c) Decisione del Consiglio 24 giugno 1988, 88/376/CEE, Euratom relativa al sistema delle risorse proprie delle Comunità
22. In conformità a tale decisione, gli importi di risorse proprie provenienti dall'IVA mancanti vengono compensati nel quadro del finanziamento complementare mediante risorse proprie provenienti dal PNL, con la conseguenza che si verifica una ridistribuzione dell'onere finanziario a carico degli altri Stati membri.
IV - Argomenti delle parti
23. La Commissione sostiene che nel Regno Unito esistono numerosi ponti, strade e gallerie accessibili al pubblico dietro pagamento di un pedaggio, per il quale il sistema di IVA nazionale non prevede l'assoggettamento. Le rispettive autorità competenti avrebbero la possibilità di affidare in concessione la progettazione, la costruzione e la manutenzione di strade. In Scozia tale concessione può anche riguardare lo sfruttamento economico o il miglioramento delle strade. In cambio, l'utilizzo della strada di cui trattasi può dare origine alla riscossione di un pedaggio, fissato dalle autorità locali competenti in collaborazione con il Ministero dei Trasporti. In tale ambito viene anche disciplinata la durata della riscossione del pedaggio, in funzione di determinati obiettivi finanziari o all'utilizzo da parte di un certo numero di veicoli.
24. Il pedaggio per l'utilizzo di alcune strade viene riscosso per conto del Ministro da concessionari. Altre strade soggette a pedaggio sono per contro di proprietà di privati; entrambi i sistemi avrebbero dovuto essere assoggettati all'IVA.
25. Per quanto riguarda la ricevibilità del ricorso la Commissione sostiene che nell'ambito del procedimento per inadempimento ex art. 169 del Trattato non è previsto alcun termine di presentazione del ricorso. Poiché il governo britannico non ha provato alcuna violazione dei propri diritti di difesa e poiché non si tratta di un'azione equiparabile ad un procedimento civile o penale, il ricorso è ricevibile anche se tra il procedimento precontenzioso e l'introduzione del ricorso è trascorso un lungo periodo.
26. Nel caso di specie si configurerebbe un'attività economica esercitata da un soggetto passivo. La presenza di un'attività economica andrebbe accertata oggettivamente e tenuto conto della realtà economica. Qualora si fornisca una prestazione a titolo oneroso, il controvalore di tale prestazione rappresenterebbe la base imponibile. Poiché nel caso di specie il versamento di un pedaggio avviene ogni qualvolta sia consentito ad un veicolo l'utilizzo di una strada, sussisterebbe un nesso diretto tra il servizio reso e il controvalore ricevuto.
27. Secondo la Commissione, nel caso di specie è fuori questione un'applicazione dell'art. 4, n. 5, primo comma, poiché in tale disposizione potrebbero rientrare solo le attività riconducibili ai compiti essenziali della pubblica amministrazione e svolte in prima persona dall'organismo pubblico. Per contro, la circostanza che un operatore economico privato - il concessionario - curi attività che rientrano nell'interesse generale non comporta che tali operazioni siano esenti da IVA.
28. L'utente delle infrastrutture stradali deve confrontarsi con una decisione economica. Egli dovrebbe valutare, da un lato, il costo del pedaggio e, dall'altro, il risparmio di tempo e il consumo di benzina. Nella misura in cui però la messa a disposizione di un'infrastruttura stradale desse luogo a siffatte riflessioni, i relativi organi cesserebbero di agire in veste di pubblica autorità e la riscossione dei pedaggi non rappresenterebbe quindi un compito specifico della pubblica amministrazione.
29. Anche se le autorità statali si riservano un diritto generale di controllo e ispezione, i gestori dell'infrastruttura agiscono dal punto di vista economico, secondo la Commissione, in veste di privati.
30. Contrariamente all'osservazione del governo britannico, non si configurerebbe alcun affitto o locazione di beni immobili esente da imposta. Potrebbe trattarsi di un affitto solo se il proprietario cedesse in uso esclusivo all'affittuario un determinato territorio o spazio per un determinato periodo di tempo dietro pagamento di un dato importo. Nel caso di specie non si può tuttavia parlare di un affitto, poiché non si conferisce alcun diritto di godimento esclusivo, bensì unicamente il diritto di percorrere una strada.
31. La Commissione non ritiene opportuna una limitazione temporale degli effetti della sentenza nel presente procedimento. Nell'ambito di un procedimento per inadempimento ai sensi dell'art. 169 del Trattato lo Stato membro interessato sarebbe informato dalla Commissione nel quadro del procedimento precontenzioso del fatto che, a suo parere, è venuto meno agli obblighi che gli incombono in virtù del Trattato. La Corte avrebbe proceduto a limitare temporalmente gli effetti di una sentenza solo in casi in cui gli interessati avevano già adottato misure giuridiche al fine di eliminare la violazione prima della pronuncia della sentenza. In tali occasioni, la Corte ha di volta in volta sottolineato il carattere eccezionale di una limitazione temporale degli effetti delle sentenze da essa adottate. La Corte ha applicato tale provvedimento solo in situazioni caratterizzate dal rischio di gravi distorsioni economiche e tenuto conto dei principi generali del diritto, quali il legittimo affidamento.
32. Nel caso di specie il governo britannico è stato informato con anticipo di essere ritenuto responsabile di una violazione delle disposizioni del sistema comune di imposta sul valore aggiunto ed è stato invitato ad adottare misure adeguate in particolare per quanto riguarda i versamenti alle risorse proprie. Poiché non sussiste neppure un'incertezza oggettiva e rilevante riguardo all'applicazione delle disposizioni comunitarie, la Corte non sarebbe tenuta a limitare gli effetti temporali della sua sentenza.
33. Il governo britannico sostiene per contro che il ricorso proposto dalla Commissione è irricevibile, quantomeno per quanto riguarda le conseguenze passate dell'asserita violazione. Ciò deriva dall'ingiustificata durata eccessiva del procedimento, protattosi per oltre dieci anni dall'avvio del procedimento precontenzioso alla proposizione del ricorso. Con quest'ultimo la Commissione non farebbe soltanto valere un inadempimento, bensì chiederebbe di condannare il Regno Unito al versamento dei contributi alle risorse proprie comprensivi di interessi moratori a partire dal 1984. Tenuto conto delle conseguenze finanziarie rilevanti, un ricorso in tal senso sarebbe tuttavia irricevibile.
34. Ciò nonostante, se la Corte dovesse accogliere il ricorso, gli effetti della sentenza dovrebbero essere limitati nel tempo, in modo da escludere un ricalcolo retroattivo delle risorse proprie a partire dal 1984.
35. La Corte dispone di uno strumento adeguato, previsto dall'art. 174 del Trattato CE (divenuto art. 231 CE), applicabile anche nell'ambito di un procedimento per inadempimento. Da un lato, occorre considerare che una durata del procedimento inadeguata ed eccessiva ridurrebbe notevolmente i diritti della difesa dello Stato membro convenuto. Sussisterebbe un principio generale comunitario secondo cui occorre rispettare termini processuali ragionevoli. Anche dal punto di vista della certezza del diritto e del legittimo affidamento, l'azione proposta dalla Commissione non potrebbe essere esente da contestazioni e accettata senza conseguenze. Il procedimento precontenzioso ha fatto emergere la presenza di un'incertezza oggettiva e rilevante per quanto riguarda l'applicazione di disposizioni comunitarie. Al riguardo sarebbe stato assolutamente necessario un tempestivo chiarimento.
36. D'altro lato, sussisterebbero notevoli difficoltà oggettive per soddisfare la richiesta della Commissione. Non sarebbe più possibile esigere a posteriori l'IVA dovuta da tutti gli utenti delle strade. Ciò sarebbe stato probabilmente attuabile in una fase sostanzialmente precedente se il procedimento fosse avanzato in modo più veloce. Il danno derivante per il bilancio nazionale, se la Corte pronunciasse una sentenza in tal senso, sarebbe considerevole, poiché ad esso verrebbero imputati i rispettivi contributi alle risorse proprie. Anche per quanto riguarda gli interessi rivendicati sorgerebbe un danno considerevole, che probabilmente si sarebbe potuto evitare.
37. Per quanto concerne la fondatezza del ricorso il governo britannico sostiene che gli organismi competenti della riscossione del pedaggio non sarebbero soggetti passivi ai sensi dell'art. 4, n. 1, della direttiva, poiché sarebbe applicabile la disposizione dell'art. 4, n. 5.
38. L'Erskine Bridge è gestito dal Secretary of State (in Scozia) in veste di organismo pubblico nell'esercizio della pubblica amministrazione. Anche se viene riscosso un pedaggio, il Secretary of State non sarebbe soggetto passivo ai sensi della direttiva. La valutazione dei casi in cui un organismo pubblico agisce in veste di pubblica autorità o di privato dovrebbe basarsi sul contesto normativo nazionale vigente. Tuttavia, poiché il Secretary of State esercita le proprie attività in veste di pubblica autorità e in conformità delle apposite disposizioni di diritto pubblico vigenti, tale organo sarebbe esente da IVA per quanto riguarda il pedaggio. La costruzione e la manutenzione delle strade pubbliche verrebbero effettuate da un organismo in veste di pubblica autorità conformemente al diritto pubblico. Quindi, anche l'utilizzo si conformerebbe al diritto pubblico. Il tragitto soggetto a pedaggio costituisce una parte dell'infrastruttura che non presenta di norma alcuna alternativa ragionevole. In questo caso il Secretary of State non avrebbe nemmeno delegato i propri poteri, cosicché non si potrebbe neppure parlare di un operatore economico privato.
39. Per quanto riguarda le PTA e i Bridge Boards la struttura sarebbe analoga a quella della gestione dell'Erskine Bridge: l'organismo pubblico sarebbe insediato solo a livello locale. Anche in questo caso la riscossione del pedaggio risulterebbe effettuata nell'ambito del diritto pubblico.
40. Riguardo ai PFI Crossings, i concessionari sarebbero diversi organismi di diritto pubblico, vincolati alle leggi vigenti per la costruzione e la gestione dei percorsi soggetti a pedaggio. Nel caso del Dartford River Crossing il Secretary of State ha ceduto ad un concessionario le proprie competenze quanto alla manutenzione ed al miglioramento del tragitto. Il Secretary of State resta tuttavia il responsabile ultimo e conserva il controllo; in particolare tale organo fissa l'entità del pedaggio e le modalità della riscossione. Il conferimento delle concessioni non è perciò assoggettato al diritto comune.
41. Anche nel caso dei Severn Bridges il Secretary of State può cedere determinati poteri ad un concessionario. Il contesto giuridico ed il contenuto delle concessioni sarebbero disciplinati analogamente al caso del Dartford River Crossing.
42. Lo Skye Bridge è gestito conformemente al New Roads and Street Works Act del 1991. Il Secretary of State ed i Councils, questi ultimi in veste di autorità locali, sono competenti per la costruzione di strade ai sensi del Road's Act scozzese del 1984. Anche in questo caso è prevista la riscossione di un pedaggio. Benché la costruzione di strade rientri in linea di principio nella competenza della pubblica amministrazione, è possibile, in conformità delle norme vigenti, affidare a privati la progettazione e la realizzazione di determinate strade. Queste potrebbero quindi essere gestite dietro pagamento di un pedaggio da concessionari che partecipano alla progettazione, costruzione, manutenzione, gestione o al miglioramento delle relative strade. In un siffatto caso ai concessionari viene conferito il potere di riscuotere un pedaggio. Tuttavia, tale situazione non modificherebbe il fatto che le strade rimangono di proprietà della pubblica amministrazione. Le pubbliche competenze sarebbero trasferite ai concessionari per la durata della concessione. Le disposizioni giuridiche vigenti per lo Skye Bridge corrispondono alla normativa applicabile al Dartford Crossing e ai Severn Bridges. I concessionari hanno unicamente la possibilità di conseguire una rendita adeguata.
43. Poiché il Secretary of State e le autorità locali continuano ad essere responsabili della costruzione e manutenzione dei tronconi soggetti a pedaggio, si dovrebbe in sostanza supporre che l'infrastruttura sia messa a disposizione da organismi di diritto pubblico in veste di pubblica autorità.
44. Anche sulla base della perdurante influenza dell'amministrazione statale, la situazione dei concessionari sarebbe diversa da quella di imprese che svolgono un'attività economica. Non potrebbe trattarsi di un soggetto passivo ai sensi della sesta direttiva IVA, poiché per i concessionari sarebbe vigente un contesto normativo diverso da quello applicabile agli operatori privati.
45. Inoltre, non sussisterebbe alcuna prestazione imponibile, poiché si adempirebbero compiti che rientrano nell'esercizio della pubblica amministrazione.
46. Infine, il governo britannico sostiene che, nel caso in cui la Corte ritenesse che si tratti di un'attività imponibile effettuata da un soggetto passivo, tale operazione sarebbe esente da imposta in quanto affitto o locazione di beni immobili, che esula dal campo di applicazione dell'IVA. Per la definizione di affitto non occorre che si configuri un rapporto classico proprietario/affittuario. Nel caso di specie la definizione va interpretata in modo estensivo, come indica anche l'elenco di cui all'art. 13, parte B, lett. b). Neanche tali fattispecie rientrerebbero nell'accezione comune di affitto. Un contratto di affitto non presuppone necessariamente che all'affittuario debba essere conferito un diritto di godimento esclusivo su un bene immobile. Ciò si desume dall'esempio della locazione di aree destinate al parcheggio dei veicoli ai sensi dell'art. 13, parte B, lett. b), secondo trattino. Nel caso di specie all'utente della strada viene conferito un diritto di utilizzazione di un determinato tratto di strada. E' possibile determinare anche la componente temporale richiesta dalla Commissione, in quanto insita nel tempo impiegato a percorrere il tragitto soggetto a pedaggio. Poiché inoltre lo scopo principale del contratto tra chi riscuote il pedaggio e l'utente della strada è rappresentato dal conferimento di un diritto di godimento dietro pagamento di un compenso, sussisterebbe un affitto. Di conseguenza, anche da questo punto di vista l'attività controversa sarebbe esente da IVA.
V - Analisi
Sulla ricevibilità del ricorso
47. Il governo britannico fa valere che la circostanza che tra il 20 aprile 1988, data della lettera di diffida della Commissione , e il 21 ottobre 1997, data in cui è stato proposto il ricorso dinanzi alla Corte, sono trascorsi quasi dieci anni proverebbe che si tratta di un procedimento di durata eccessiva ed ingiustificata.
48. Sulla scorta di tale osservazione il governo convenuto mette in dubbio la ricevibilità del ricorso, nei limiti in cui si richiede il versamento di contributi alle risorse proprie comprensivi di interessi moratori.
49. Occorre sottolineare in primo luogo che, conformemente a una costante giurisprudenza, la Commissione, tenuto conto del suo ruolo di custode del Trattato, è la sola competente a decidere se sia opportuno iniziare un procedimento per la dichiarazione di un inadempimento . Le norme dell'art. 169 del Trattato si applicano senza che la Commissione debba rispettare un termine fissato, salvo i casi in cui una durata eccessiva del procedimento precontenzioso può aumentare per lo Stato di cui trattasi le difficoltà per confutare gli argomenti della Commissione e può violare quindi i diritti della difesa . Spetta allo Stato membro di cui trattasi provare che la fattispecie rientra in questo caso.
50. Nel caso di specie il governo convenuto si limita ad allegare che tra l'avvio del procedimento precontenzioso e la proposta di ricorso sarebbe intercorso un periodo eccessivo e che l'inattività della Commissione avrebbe inciso sui suoi mezzi di difesa. Tuttavia, il governo britannico non deduce nessun argomento specifico che sia in grado di dimostrare che il detto termine abbia reso più difficile la confutazione degli argomenti della Commissione e che i diritti della difesa siano stati così violati. Il ricorso, quindi, non è irricevibile.
Sulla fondatezza
1. Riscossione dell'imposta sul valore aggiunto sui pedaggi
51. Seguendo la struttura della direttiva occorre anzitutto esaminare se si configuri una prestazione soggetta ad IVA ai sensi dell'art. 2 della sesta direttiva IVA. Dovrebbe trattarsi di una prestazione di servizi effettuata a titolo oneroso. Si deve quindi accertare se una siffatta prestazione sia fornita da un soggetto passivo e, in caso affermativo, se si tratti di un'attività economica.
a) Prestazione di servizi effettuata a titolo oneroso
52. Nel caso di specie la prestazione di servizi consiste nella messa a disposizione dell'infrastruttura.
53. Tale prestazione di servizi viene inoltre effettuata a titolo oneroso, vale a dire in cambio del pedaggio riscosso. La Corte ha già risolto la questione se una prestazione di servizi sia effettuata a titolo oneroso statuendo che, perché una prestazione di servizi possa essere considerata come imponibile, vi deve essere un nesso diretto tra il servizio reso e il controvalore ricevuto .
54. Tale nesso diretto consiste nel fatto che per l'utilizzo dell'infrastruttura viene pagato un pedaggio, la cui entità dipende a sua volta dalla categoria dell'autoveicolo e dalla lunghezza del tragitto.
55. Il pedaggio non è neanche un'imposta, perché quest'ultima è una prestazione pecuniaria che non costituisce una contropartita per una determinata prestazione e viene applicata da un ente di diritto pubblico allo scopo di ottenere entrate nei confronti di tutti coloro che rientrano nella fattispecie a cui la legge collega l'obbligo di prestazione. Tuttavia, poiché nel caso di specie viene fornita una controprestazione concreta sotto forma della messa a disposizione di determinate parti dell'infrastruttura stradale, si tratta di un tributo che va considerato come corrispettivo di una prestazione di servizi.
56. Di conseguenza, si configura una prestazione soggetta ad IVA ai sensi dell'art. 2 della sesta direttiva IVA.
b) Soggetti passivi
57. Ai sensi dell'art. 4, nn. 1 e 2, della direttiva, si considera soggetto passivo chiunque esercita in modo indipendente un'attività economica, cioè una qualsiasi attività di produttore, di commerciante o di prestatore di servizi.
58. Ai sensi dell'art. 4, n. 5, primo comma, della direttiva, gli Stati, le regioni, le province, i comuni e gli altri organismi di diritto pubblico non sono però considerati soggetti passivi per le attività od operazioni che esercitano in quanto pubbliche autorità, anche quando, in relazione a tali attività od operazioni, percepiscono canoni, contributi o retribuzioni.
aa) Attività rientrante nelle prerogative della pubblica autorità
59. Dalla giurisprudenza della Corte emerge che, affinché un ente pubblico non sia assoggettato ad imposta, devono essere congiuntamente soddisfatte due condizioni, vale a dire l'esercizio di attività da parte di un ente pubblico e l'esercizio di attività in veste di pubblica autorità .
60. Ciò significa, da un lato, che gli enti di diritto pubblico non sono automaticamente esentati per tutte le attività ch'essi svolgono, ma solo per quelle che rientrano nella loro missione specifica di pubblica autorità e, dall'altro, che l'attività svolta da un privato non è esentata dall'IVA per il solo fatto ch'essa consiste nel compimento di atti che rientrano nelle prerogative della pubblica autorità .
61. Nella definizione di compimento di attività in veste di pubblica autorità non si può prescindere dall'oggetto o dalla finalità dell'attività svolta dall'organismo pubblico. Dalla giurisprudenza della Corte emerge che le modalità di esercizio delle attività consentono di determinare la portata del mancato assoggettamento degli enti pubblici .
62. La Corte ha pertanto statuito che gli enti di diritto pubblico di cui all'art. 4, n. 5, primo comma, della sesta direttiva esercitano attività in quanto pubbliche autorità qualora ciò avvenga nell'ambito del regime giuridico loro proprio . Quando invece essi agiscono in forza dello stesso regime cui sono sottoposti gli operatori economici privati, non si può ritenere che svolgano attività in quanto pubbliche autorità.
63. Poiché, in conformità dell'art. 6, n. 1, della sesta direttiva IVA, si considerano imponibili anche attività rese a norma di legge, è evidente che la mera appartenenza di un'attività al settore del diritto pubblico non è sufficiente a soddisfare le condizioni di esenzione di cui all'art. 4, n. 5, primo comma. Poiché tale disposizione costituisce una deroga alla definizione di soggetto passivo, essa va interpretata in modo restrittivo. Si possono pertanto considerare suscettibili di esenzione dall'IVA soltanto quelle attività dei pubblici poteri che rientrano nel nucleo fondamentale delle prerogative della pubblica autorità. Tale interpretazione è confermata anche dall'art. 4, n. 5, terzo comma, che rimanda alle attività elencate nell'allegato D - v. supra, paragrafo 21 - il quale include anche gli organismi di diritto pubblico nei soggetti passivi.
64. La progettazione e la costruzione di strade, ponti e gallerie rientrano nell'esercizio di poteri sovrani, riservato alle pubbliche autorità. Tali attività riguardano una parte essenziale e quindi un nucleo fondamentale dei compiti pubblici, tanto da poter essere considerate come misure di interesse generale. Si deve quindi presumere che, quando lo Stato interviene in questo settore, agisca in veste di pubblica autorità.
65. E' vero che la messa a disposizione di strade non è esplicitamente classificata - come l'erogazione di gas, energia elettrica e acqua di cui all'allegato D - come attività assoggettabile all'IVA. In effetti, la messa a disposizione gratuita di infrastrutture stradali va considerata un'attività rientrante nelle prerogative della pubblica autorità. Si può sostenere che, per contro, la rete stradale, realizzata dalle pubbliche autorità utilizzando risorse provenienti dalle imposte, possa anche essere interamente gestita da privati dietro pagamento di un pedaggio richiesto a tutti. In ogni caso la concessione d'uso selettiva - in quanto a pagamento - di un tratto limitato non può essere considerata come un'attività che rientra nell'esercizio della pubblica amministrazione. La riscossione di un pedaggio è infatti possibile anche nell'ambito di un atto rientrante nelle prerogative della pubblica autorità e non giustifica di per sé alcun obbligo di assoggettamento all'imposta, come stabilisce espressamente l'art. 4, n. 5, primo comma. Occorre tuttavia considerare che nel caso di specie l'utente può scegliere se utilizzare l'infrastruttura stradale a pagamento o a titolo gratuito. Nella messa a disposizione gratuita della rete stradale si esaurisce in ogni caso l'atto rientrante nelle prerogative della pubblica autorità, mentre la possibilità offerta di utilizzare tragitti supplementari pagando un pedaggio va classificata come un'attività puramente privata. Chi necessita di una concessione edilizia non ha alcuna possibilità di scelta e deve pagare la relativa tassa. Chi porta a termine un corso di laurea, per cui si devono pagare tributi, non ha alcuna possibilità di eludere tale obbligo per raggiungere lo stesso obiettivo, cioè il concreto compimento degli studi. Nel caso di specie l'utente può tuttavia scegliere tra due possibilità - anche se l'una maggiormente complicata o lenta - per ottenere lo stesso risultato. La rete stradale soggetta a pedaggio viene sì messa a disposizione di tutti coloro che sono disposti a pagare, ma solo di questi. Ciò rivela un carattere selettivo estraneo all'agire sovrano. Sono soprattutto motivi economico-finanziari che conducono alla riscossione del pedaggio. La messa a disposizione di un tragitto limitato dietro pagamento di un pedaggio non può perciò essere considerata come un'attività sovrana della pubblica amministrazione.
66. Nel caso di specie è pertanto fuori questione un'applicazione della disposizione di cui all'art. 4, n. 5, primo comma, poiché la messa a disposizione dell'infrastruttura dietro pagamento di un pedaggio non può essere considerata come attività esercitata in veste di pubblica autorità. Gli organismi competenti della riscossione del pedaggio vanno pertanto considerati soggetti passivi.
bb) Attività economica
67. Ai sensi dell'art. 4, n. 1, della direttiva, come già detto, si considera soggetto passivo chiunque esercita in modo indipendente un'attività economica.
68. L'art. 4, n. 2, della sesta direttiva IVA definisce come attività economiche «tutte le attività di produttore, di commerciante o di prestatore di servizi».
69. Da una costante giurisprudenza della Corte emerge che la nozione di attività economica comprende una sfera d'applicazione molto vasta e che si tratta di una nozione oggettivamente definita, in quanto qualsiasi operazione viene considerata in sé, a prescindere dalle finalità o dai risultati di questa attività .
70. Considerando una così ampia nozione di attività economica si può concludere che le prestazioni di servizi non devono necessariamente essere orientate soprattutto o in modo esclusivo verso il mercato o l'economia; è quindi sufficiente ch'esse abbiano di fatto un certo rapporto con la vita economica . Nel caso di specie la messa a disposizione di infrastrutture stradali dietro pagamento di un pedaggio viene resa dalle autorità competenti o da terzi cui è stata affidata tale attività. Anche se questo trasferimento è regolato dal diritto pubblico e i tragitti soggetti a pedaggio appartengono alla rete stradale pubblica, ciò è irrilevante ai fini dell'esame della questione se si configuri un'attività economica. Ai sensi dell'art. 6, n. 1, della sesta direttiva IVA prestazioni di servizi soggette ad imposta possono consistere tra l'altro nell'esecuzione di un servizio reso a nome della pubblica amministrazione o a norma di legge. Nel caso di specie anche il carattere oggettivo della nozione di attività economica fa propendere per una qualificazione come attività economica, in quanto si tratta dell'attività in sé, a prescindere dalle finalità o dai risultati di questa.
71. La presa in considerazione della realtà economica costituisce un criterio fondamentale per l'applicazione del sistema comune dell'IVA . Nella fattispecie ciò significa che determinate parti dell'infrastruttura stradale sono state messe a disposizione degli utenti dietro pagamento di un tributo sotto forma di pedaggio. Di conseguenza, poiché tale attività viene svolta dai rispettivi organismi anche per ricavarne introiti al fine di provvedere alle proprie spese materiali e al tempo stesso al proprio reddito, emerge che nel caso in esame si configura un'attività economica.
c) Locazione
72. Poiché dalle osservazioni che precedono deriva che in linea di principio l'organismo competente a riscuotere il pedaggio va considerato soggetto passivo, sorge la questione se non si debba applicare un'esenzione per l'attività controversa sulla base dell'art. 13, parte B, lett. b).
73. In tal senso, se si trattasse dell'affitto di beni immobili, la messa a disposizione dell'infrastruttura dietro pagamento di un pedaggio sarebbe esente da IVA.
74. Il quadro normativo vigente non offre una definizione comunitaria di tale nozione. Onde chiarire il suo significato, occorre quindi fare ricorso al contesto in cui essa si inserisce, alla luce dell'economia della sesta direttiva IVA.
75. Dalla lettera e dalla ratio della direttiva e dal testo dell'art. 2 in particolare emerge che il principio base della direttiva è quello secondo cui le cessioni di beni e le prestazioni di servizi, qualora effettuate a titolo oneroso da un soggetto passivo, sono sottoposte a IVA, a meno che ne siano espressamente esentate. Le disposizioni di esenzione vanno quindi interpretate restrittivamente, dato che costituiscono un'eccezione al principio base della direttiva.
76. Ciò significa quindi che nel caso di specie la nozione di «affitto di beni immobili» deve essere orientata sulla base del significato consueto. Infatti non tutti i contratti caratterizzati da elementi tipici della locazione possono automaticamente essere inclusi in tale nozione. In caso contrario si avrebbe un'interpretazione ampia dell'esenzione, che non risponde al suo scopo. E' quindi necessario che nell'accordo contrattuale gli elementi tipici del contratto di locazione siano prevalenti.
77. Tuttavia, la messa a disposizione di un'infrastruttura stradale dietro pagamento di un pedaggio non soddisfa tale requisito. Vero è che viene concesso all'utente l'utilizzo a titolo oneroso di uno spazio delimitato (il tragitto da percorrere) per un tempo determinato (durata del viaggio), ma in questo caso non prevalgono elementi tipici del contratto di locazione, poiché ciò che interessa all'utente è percorrere un determinato tragitto nel modo più veloce e sicuro. L'uso del bene acquista invece importanza secondaria.
78. Seguendo il ragionamento del governo britannico, nel caso di specie un ponte o una galleria non verrebbero affittati ad una sola persona, ma contemporaneamente a più persone, che non godrebbero tuttavia a priori di alcun diritto di possesso esclusivo sul ponte. Non si configura una situazione che vede più persone in qualità di affittuari dello stesso bene. Gli automobilisti non intendono affittare il ponte in comune ed essere responsabili in solido per l'affitto, come avviene ad esempio in caso di coabitazione.
79. Inoltre non si configura un contratto d'affitto, perché all'utente non viene concesso un diritto di difendersi dall'uso non consentito di terzi, né egli può usufruire del bene in modo generale; il suo diritto d'uso è limitato alla possibilità di percorrere il tragitto.
80. Scopo principale del «contratto» tra le parti non è tanto utilizzare un bene immobile, quanto piuttosto usufruire di un'unica prestazione di servizi effettuata su tale bene immobile. Il breve uso del bene immobile è di secondaria importanza per gli automobilisti, a cui preme soprattutto raggiungere la meta del viaggio in modo veloce e sicuro.
81. Non può essere accolta l'osservazione del governo irlandese secondo cui le attività di cui all'art. 13, parte B, lett. b), indicherebbero che la nozione di affitto può essere interpretata in modo estensivo. Gli esempi citati non rappresentano contratti di locazione da interpretarsi «in modo estensivo». Possono essere contratti di locazione particolari, ma non divergono in modo determinante dai criteri della nozione comune di affitto. Anche se così fosse, non si potrebbero trarne le conclusioni alle quali perviene l'Irlanda riguardo all'esenzione. I quattro «contratti di locazione particolari» non sono menzionati al fine di provare che la nozione di affitto può essere interpretata in modo estensivo, bensì perché tali casi sono soggetti ad IVA in quanto «eccezioni dell'eccezione» all'esenzione dell'affitto. Proprio perché l'affitto - in quanto eccezione alla regola - non è assoggettato all'IVA, la nozione di affitto di cui ai paragrafi 79 e 80 va interpretata in modo restrittivo.
82. Nel caso di specie pertanto non siamo in presenza di un affitto di beni immobili esente da IVA.
d) (In subordine) Sulla questione delle distorsioni della concorrenza
83. Ai sensi dell'art. 4, n. 5, secondo comma, gli Stati, le province, i comuni e gli altri organismi di diritto pubblico sono considerati soggetti passivi per le attività od operazioni che esercitano in quanto pubbliche autorità quando il loro mancato assoggettamento provocherebbe distorsioni di concorrenza di una certa importanza. Sulla base delle osservazioni che precedono, questa ipotesi non dovrebbe essere esaminata, poiché nella fattispecie si tratta di un'attività che non viene svolta nell'ambito di poteri sovrani. Procedo quindi a questo esame solo in subordine.
84. Una distorsione di concorrenza in tal senso sussisterebbe se l'organismo statale non assoggettato all'IVA fosse in concorrenza per una stessa attività con un privato soggetto passivo e potesse pertanto offrire la propria prestazione di servizi ad un costo inferiore in forza dell'esenzione. La messa a disposizione di un'infrastruttura stradale del tipo in questione non comporta tuttavia un regime di pluralità di operatori ai sensi del diritto privato, cosicché non può configurarsi alcuna situazione di concorrenza.
85. Gli esempi di distorsioni di concorrenza citati dalla Commissione non sono convincenti nel caso di specie. Da un lato, il campo di applicazione della direttiva - secondo quanto risulta da numerose disposizioni - è limitato agli atti interni. Nel caso di specie non è ravvisabile una violazione dell'obbligo di parità di trattamento rispetto a cittadini nazionali. D'altro lato, i casi di distorsione menzionati - innanzi tutto l'impossibilità della detrazione a monte ovvero la deduzione delle spese - non riguardano il mancato assoggettamento ovvero l'obbligo di imposizione, bensì la scorretta applicazione del diritto. Dopo il chiarimento alla luce della giurisprudenza gli Stati membri riscuoteranno senz'altro l'IVA con le stesse modalità (lo stesso vale per il versamento alle risorse proprie). Del resto, qualora si seguisse l'osservazione della Commissione, si rileverebbero distorsioni di concorrenza soprattutto nei confronti dei paesi in cui non si riscuotono affatto pedaggi stradali.
86. Di conseguenza non sussistono distorsioni di concorrenza ai sensi dell'art. 4, n. 5, secondo comma, che motiverebbero un trattamento come soggetti passivi. Tuttavia, come illustrato supra, ai paragrafi 45-63, ciò è irrilevante. Nel caso di specie si configura un'attività da assoggettare all'IVA, poiché la riscossione del pedaggio non è un atto rientrante nelle prerogative della pubblica autorità.
e) Conclusione intermedia
87. Si deve quindi concludere che il Regno Unito, non avendo assoggettato ad IVA i pedaggi relativi all'utilizzo di ponti e gallerie, contrariamente a quanto stabilito dagli artt. 2 e 4 della sesta direttiva IVA, è venuto meno agli obblighi che gli incombono in forza del Trattato CE.
2. Risorse proprie
88. Ai sensi dell'art. 2, n. 1, del regolamento n. 1553/89 la base delle risorse IVA è determinata prendendo in considerazione le operazioni imponibili di cui all'art. 2 della sesta direttiva IVA. I contributi alle risorse proprie provengono quindi dall'applicazione a tale base dell'aliquota uniforme fissata.
89. Poiché nel caso di specie sono state fornite prestazioni da soggetti passivi, il pedaggio avrebbe dovuto essere assoggettato all'IVA. Siccome tuttavia ciò non è avvenuto, i relativi importi non hanno potuto essere considerati per la determinazione della base delle risorse IVA.
90. Di conseguenza, sussiste una violazione delle disposizioni comunitarie in materia di riscossione delle risorse proprie provenienti dall'IVA. Al riguardo è irrilevante che il ricalcolo dei contributi alle risorse proprie possa eventualmente portare ad un risultato sfavorevole per le Comunità. Secondo le disposizioni comunitarie vigenti è unicamente rilevante anzitutto che tali risorse proprie siano determinate sulla base corretta e che si accertino le corrispondenti pretese (dello Stato membro) nei confronti del soggetto passivo. Lo Stato membro ha pertanto l'obbligo di effettuare i calcoli necessari, di comunicare il risultato alla Commissione e, corrispondentemente, di versare le risorse dovute.
91. Il diritto agli interessi rivendicato emerge dall'art. 11 del regolamento n. 1552/89, secondo cui ogni ritardo nelle iscrizioni sul conto dei contributi alle risorse proprie dà luogo al pagamento di un interesse. Al riguardo, secondo la giurisprudenza della Corte, è irrilevante la ragione del ritardo di tale iscrizione .
3. Limitazione temporale degli effetti della sentenza
92. Dopo aver accertato che il Regno Unito è venuto meno agli obblighi che gli incombono in forza del Trattato CE, occorre stabilire se la Commissione sia autorizzata a far valere i relativi diritti nei confronti del Regno Unito per l'intero periodo in questione.
93. Il procedimento per inadempimento è anzitutto caratterizzato dal fatto che, nel caso in cui il ricorso sia fondato, lo Stato membro deve adottare tutte le misure necessarie a far cessare la violazione. Infatti, poiché si tratta di una sentenza di accertamento, la Corte non può ordinare allo Stato convenuto di porre fine alla violazione o di annullare ovvero modificare le misure impugnate.
94. La Corte non è quindi autorizzata a condannare formalmente il Regno Unito a far venir meno la situazione illegale relativa alla riscossione dell'IVA. Nell'ambito del procedimento per inadempimento la Corte può tuttavia esaminare in dettaglio l'obbligo del Regno Unito di porre fine alla situazione non conforme al Trattato.
95. Occorre pertanto esaminare in che cosa consista, concretamente, l'obbligo del Regno Unito di porre fine alla violazione del Trattato e l'incidenza della lunga durata del procedimento.
96. Poiché ai sensi degli artt. 155 (divenuto art. 211 CE) e 169 del Trattato CE la Commissione ha l'obbligo di perseguire ogni violazione del Trattato a lei nota, sussiste in linea di principio un obbligo di agire. Essa dispone tuttavia di un certo margine di discrezionalità soprattutto in merito al momento e alle condizioni di attuazione delle singole fasi del procedimento ex art. 169. Anche in presenza di un obbligo di principio di repressione la Commissione dovrebbe tuttavia impegnarsi costantemente al fine di indurre con i consueti mezzi gli Stati membri a ripristinare una situazione conforme al Trattato. Il termine minimo per proporre il ricorso si colloca dopo la scadenza indicata nel relativo parere motivato. In linea di principio non sussiste un termine predeterminato per adire la Corte . Spetta perciò alla Commissione stabilire quando sia opportuno promuovere l'azione per inadempimento a seguito del parere motivato, dopo la scadenza del termine fissato . In casi eccezionali estremi, in cui la Commissione attende a lungo prima di agire in giudizio e non prende alcuna misura ulteriore nei confronti dello Stato membro, l'eccezione di decadenza, con riferimento alla ricevibilità del ricorso, non va tuttavia del tutto esclusa . La giurisprudenza della Corte tende però a respingere la decadenza del diritto di ricorso della Commissione .
97. Nel caso di specie è parimenti fuori questione una prescrizione dei diritti delle Comunità. Da un lato, non esistono disposizioni comunitarie in materia di prescrizione applicabili e, dall'altro, non è neanche attuabile un'applicazione sensata delle normative nazionali in materia di prescrizione di debiti d'imposta. Per essere funzionale un termine di prescrizione deve essere fissato anticipatamente. In quanto eccezione, esso deve essere fatto valere, il che non è avvenuto nel caso di specie. Poiché al riguardo non sono neppure state presentate osservazioni, tale punto non necessita di ulteriore esame. Del resto, il procedimento per inadempimento non potrebbe neanche riguardare direttamente la prestazione delle risorse.
98. Tuttavia potrebbero risultare prescritti i diritti delle Comunità al versamento dei contributi alle risorse proprie.
99. Per motivi di certezza del diritto, nel caso di specie potrebbe essere necessario limitare temporalmente l'effetto dell'accertamento di una violazione del Trattato riguardo alla rettifica degli estratti annuali . Nella sua giurisprudenza la Corte ha già riconosciuto la possibilità di avvalersi del principio di certezza del diritto in assenza di una normativa in materia di prescrizione .
100. In realtà, il Trattato non prevede esplicitamente una limitazione temporale dell'effetto di sentenze nei procedimenti per inadempimento. Tale limitazione non è peraltro necessaria, perché le sentenze nei procedimenti per inadempimento per il loro carattere di accertamento tendono di norma all'eliminazione (futura) di una situazione non conforme al Trattato. Questo tipo di procedimento non riguarda l'efficacia di una decisione specifica come il ricorso di annullamento, per cui è prevista una limitazione degli effetti temporali conformemente all'art. 174, secondo comma, del Trattato CE (divenuto art. 231 CE). Il ricorso per inadempimento non ha nemmeno, di norma, lo scopo di ottenere un risarcimento dei danni in un singolo caso, come accade invece nella norma in materia di prescrizione di cui all'art. 43 dello Statuto CE della Corte. Il procedimento per inadempimento ha piuttosto per oggetto l'accertamento in linea di principio del contenuto normativo del diritto comunitario. E' nell'interesse della certezza del diritto che la Corte si pronunci su tale contenuto normativo nell'ambito di una controversia tra la Commissione ed uno Stato membro. La semplice decorrenza temporale a partire dal termine della fase precontenziosa del procedimento non riduce in linea di principio tale interesse. Qualora eventi verificatisi in tale lasso di tempo dovessero far diminuire l'interesse per l'accertamento, si determinerebbe forse l'irricevibilità del ricorso, ma ciò non osterebbe al diritto di far dichiarare la violazione in quanto tale, che potrebbe essere sempre fatto valere in giudizio.
101. Tuttavia, nella fattispecie l'accertamento della violazione del Trattato è legata ad una richiesta di pagamento delle Comunità nei confronti degli Stati membri convenuti. Le conseguenze finanziarie che ne derivano esigono particolari riflessioni anche in relazione al principio della certezza del diritto.
102. A sfavore di una limitazione temporale, si osservi anzitutto che la Corte ha sottolineato, in una costante giurisprudenza, che, «trattandosi di una normativa idonea a comportare conseguenze finanziarie, la certezza e la prevedibilità costituiscono (...) un imperativo che si impone con particolare rigore» . Una ponderazione degli aspetti relativi alla certezza del diritto riduce la chiarezza e la prevedibilità. Per contro occorre però rilevare che il notevole ritardo nell'introduzione della fase giudiziaria del procedimento per inadempimento da parte della Commissione è parimenti incompatibile con l'imperativo della chiarezza e della prevedibilità.
103. Secondo la giurisprudenza della Corte, una controversia tra la Commissione ed uno Stato membro relativa alla riscossione di risorse proprie non deve neanche far sì che l'equilibrio finanziario della Comunità sia sconvolto . Nel caso di specie da una limitazione temporale della rettifica potrebbe derivare che alcuni Stati membri apportino risorse alla Comunità conformemente al diritto comunitario, mentre altri Stati sarebbero esonerati da tale stanziamento. Al riguardo occorre però rilevare che gli Stati membri che hanno riscosso la relativa IVA e ne hanno versato di conseguenza una parte non sono svantaggiati. Infine beneficiano della parte dell'IVA eccedente l'importo totale da versare.
104. Al contrario, va escluso praticamente e anche giuridicamente un ricupero a posteriori dell'IVA su tributi riscossi in relazione all'uso delle infrastrutture stradali. Per motivi di legittimo affidamento, anche secondo il diritto nazionale in un caso come quello di specie sarebbe escluso un ricupero a posteriori dell'IVA. A prescindere da ciò, risulterebbero sproporzionate anche le conseguenze pratiche a livello commerciale di un ricupero a posteriori di imposte sulla cifra d'affari poiché gli eventuali debitori d'imposta da determinare non sono di regola gli stessi che devono pagare le imposte con i pedaggi.
105. Sarebbero svantaggiati unicamente gli Stati membri che abbiano effettuato versamenti a posteriori senza aver prima riscosso l'IVA corrispondente. Si deve tuttavia supporre che siffatti pagamenti siano avvenuti fatta salva una corrispondente rettifica dell'estratto annuale. Qualora tale rettifica sia esclusa, gli Stati membri interessati possono richiedere la restituzione dei versamenti a posteriori effettuati.
106. Dal termine perentorio di cui all'art. 9, n. 2, del regolamento n. 1553/89 si deduce che il rischio per gli Stati membri di versare, per ignoranza, quote non riscosse dell'IVA non deve superare quattro esercizi di bilancio. D'altra parte, in linea di principio gli Stati membri non sono più tutelati se vengono a conoscenza di un reclamo inequivocabile della Commissione prima della scadenza del termine. Rientra nella responsabilità dello Stato membro interessato non conformarsi ad un reclamo della Commissione e, ad esempio, non riscuotere a livello generale l'IVA. Una volta a conoscenza del reclamo, lo Stato può in linea di principio valutare quali obblighi derivano dalle direttive IVA ed agire di conseguenza.
107. Se però gli Stati membri non concordano con la Commissione, sulla base di opinioni sostenibili, sul fatto che determinate operazioni debbano o meno essere assoggettate ad IVA, l'elaborazione pratica della procedura di rettifica ed in particolare la sua applicazione da parte della Commissione potrebbero generare nel caso di specie conseguenze sproporzionate. Poiché la costituzione delle Comunità europee è quella di una comunità di diritto, gli Stati membri hanno in linea di principio il diritto a che, nell'ambito di una controversia vertente sul contenuto normativo delle direttive IVA, la Corte sia adita e si pronunci entro un termine adeguato.
108. Può darsi inoltre che gli Stati membri non riescano a risolvere da soli la questione quando il procedimento per inadempimento rimane, come nel caso di specie, alla fase precontenziosa. La Commissione non ha l'obbligo di agire in giudizio e lo Stato membro non può impugnare un parere motivato. L'insieme di tali fattori potrebbe indurre ad eludere il procedimento per inadempimento. Del resto, un siffatto atteggiamento della Commissione sarebbe in contrasto con lo spirito della procedura di rettifica.
109. Nel rapporto tra la Commissione e lo Stato membro si deve presumere che gli esercizi precedenti siano conclusi e non si apporti più alcuna rettifica.
110. Occorre anzitutto stabilire a quale periodo fa riferimento il ricorso della Commissione, che è unicamente volto a far dichiarare la violazione, senza indicare un periodo determinato. Per interpretare il ricorso proposto ci si deve basare sullo scopo manifesto della domanda di tutela di diritti, vale a dire che l'obiettivo del ricorso va determinato in conformità della sua motivazione.
111. Dalla lettera di diffida della Commissione del 20 aprile 1988, agli atti, emerge che le censure della Commissione riguardano il periodo dal 1984 fino al termine delle violazioni contestate. Si deve pertanto presumere che anche in sede di ricorso si faccia riferimento a tale periodo. Anche se la Commissione non ha intrapreso alcuna azione ulteriore riguardo agli anni successivi dal termine della fase precontenziosa fino al ricorso, si deve supporre che essa volesse porre fine alle violazioni ed ai relativi effetti per i periodi seguenti. Va pertanto esaminato fino a che punto gli esercizi a partire dal 1984 siano conclusi ed i relativi estratti annuali non possano più essere rettificati.
112. L'art. 9, n. 2, prima frase, del regolamento n. 1553/89 stabilisce che dopo il 31 luglio del quarto anno che segue un dato esercizio (vale a dire 43 mesi) l'estratto annuale non può più essere rettificato. Pertanto l'estratto annuale relativo all'esercizio 1984 non poteva più essere rettificato dopo il 31 luglio 1988. Per gli anni successivi è valido un calcolo corrispondente. Di conseguenza, la Commissione non potrebbe più riscuotere risorse proprie.
113. Tuttavia è dubbio come debba essere intesa la deroga di cui all'art. 9, n. 2, seconda frase, dove, riguardo all'estratto annuale che non può più essere rettificato, si specifica: «(...) tranne che per i punti notificati prima di questa scadenza, dalla Commissione o dallo Stato membro interessato». Riguardo agli esercizi 1984-1990, i problemi su cui si fonda il presente ricorso e le interpretazioni giuridiche divergenti sono stati oggetto di discussione con il Regno Unito.
114. Ci sono molte ragioni per interpretare l'art. 9, n. 2, seconda frase, nel senso che una deroga al termine perentorio di 43 mesi è possibile soltanto se le parti si sono successivamente impegnate a risolvere i problemi sollevati. Se si pervenisse però ad una stasi del procedimento prolungata ed ingiustificata, sarebbe insensato ed inopportuno continuare ad applicare tale disposizione. Nel caso di specie negli anni 1990-1997 non si è svolto tuttavia tra le parti alcun dialogo sufficiente a condurre alla soluzione dei problemi. All'udienza la Commissione ha dichiarato, in risposta ad un quesito, di aver regolarmente richiamato l'attenzione degli Stati membri interessati sulla problematica relativa alle risorse proprie e di aver tenuto un dialogo continuo con gli Stati membri riguardo alla questione della riscossione dell'IVA . Ciò non può tuttavia essere considerato come sufficiente a raggiungere un accordo amichevole, in quanto le posizioni delle parti lo precludevano. Occorre inoltre considerare che non sarebbe comunque stata possibile una soluzione di compromesso a causa dell'«aut-aut» emergente dalla situazione giuridica.
115. Se lo scopo di tale disposizione è garantire una proroga in caso di fattispecie e problemi complessi, dovrebbe anche essere ravvisabile un tentativo delle parti di giungere ad una soluzione. In caso contrario la Commissione potrebbe eludere il termine di 43 mesi di cui alla prima frase contestando regolarmente gli estratti annuali degli Stati membri. Essa godrebbe così a tempo illimitato della possibilità di esaminare i fatti e di rimandare la chiusura degli esercizi ad un momento indeterminato. Tuttavia ciò non sarebbe auspicabile per motivi economici né compatibile con il principio della certezza del diritto. La Commissione potrebbe quindi, senza dover giustificare tale atto, eludere i presupposti di cui alla prima frase, che fissa la data di scadenza per la chiusura degli estratti annuali al 31 luglio del quarto anno che segue un dato esercizio.
116. Poiché la disposizione di cui all'art. 9, n. 2, non costituisce una norma di prescrizione, è irrilevante che lo Stato membro non abbia sollevato un'eccezione in tal senso. Soltanto i diritti sono soggetti a prescrizione. L'art. 9, n. 2, non attribuisce tuttavia alcun diritto, ma stabilisce solo i termini per le rettifiche degli estratti annuali.
117. Tali riflessioni consentono di supporre che il Regno Unito abbia maturato il legittimo affidamento, durante il lungo periodo intercorso tra la chiusura della fase precontenziosa del procedimento ed il ricorso, che la Commissione si sarebbe attenuta ai termini della procedura di rettifica.
118. Anche se si dovesse ritenere che già la fase precontenziosa del procedimento abbia provocato un'interruzione del decorso del termine, tale effetto non potrebbe comunque essere esteso al di là del citato termine di 43 mesi. Poiché tra l'ultima corrispondenza nell'ambito della fase precontenziosa del procedimento ed il ricorso intercorrono più di quattro anni - esattamente sette anni -, anche un'eventuale interruzione del termine ad opera della fase precontenziosa non sarebbe più rilevante.
119. A causa del legittimo affidamento e del principio generale della decadenza, unitamente al termine perentorio di 43 mesi per la possibilità di rettifica, la riscossione di contributi alle risorse proprie va pertanto limitata ai quattro anni che precedono il ricorso. Nel caso di specie ciò significa che, poiché il ricorso della Commissione dinanzi alla Corte è stato proposto il 21 ottobre 1997, gli esercizi a partire dal 1994 non sono ancora conclusi e continua ad essere possibile una rettifica .
120. Poiché la richiesta di versamento dei contributi alle risorse proprie in quanto tale non costituiva l'oggetto del ricorso, ma è una conseguenza indiretta della violazione del Trattato, nonostante la parziale decadenza dei termini - il che equivale implicitamente ad un successo parziale dell'Irlanda -, il ricorso non va respinto per la parte restante. Lo stesso dicasi per la decisione relativa alle spese.
VI - Sulle spese
121. Ai sensi dell'art. 69, n. 2, del regolamento di procedura la parte soccombente è condannata alle spese se ne è stata fatta domanda. La Commissione ha chiesto di condannare il Regno Unito alle spese. Anche se la domanda di versamento di contributi alle risorse proprie è parzialmente decaduta, ciò non influisce sulla ripartizione delle spese, poiché tale domanda è soltanto una conseguenza della violazione accertata che non può essere fatta valere con il presente ricorso. Nel caso di specie l'oggetto della controversia è soltanto l'accertamento dell'inadempimento al Trattato. Poiché il Regno Unito è rimasto sostanzialmente soccombente, dev'essere condannato alle spese processuali.
VII - Conclusione
122. Per i suesposti motivi propongo alla Corte di pronunciarsi come segue:
«1) Il Regno Unito, non avendo assoggettato ad IVA i pedaggi relativi all'utilizzo di strade e ponti a pagamento esistenti sul suo territorio, in contrasto con quanto stabilito dagli artt. 2 e 4 della sesta direttiva IVA del Consiglio 17 maggio 1977, 77/388/CEE, e non avendo versato alla Commissione i corrispondenti contributi alle risorse proprie, è venuto meno agli obblighi che gli incombono in forza del Trattato che istituisce la Comunità europea. Tuttavia, la Commissione può riscuotere a posteriori le risorse proprie e rivendicare interessi moratori soltanto a partire dall'esercizio 1994.
2) Il Regno Unito è condannato alle spese».