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Documento 61998CC0456

Conclusioni dell'avvocato generale Jacobs del 16 marzo 2000.
Centrosteel Srl contro Adipol GmbH.
Domanda di pronuncia pregiudiziale: Pretore di Brescia - Italia.
Direttiva 86/653/CEE - Agenti commerciali indipendenti - Normativa nazionale che prevede la nullità dei contratti di agente commerciale conclusi da soggetti non iscritti all'albo degli agenti.
Causa C-456/98.

Raccolta della Giurisprudenza 2000 I-06007

Identificatore ECLI: ECLI:EU:C:2000:137

61998C0456

Conclusioni dell'avvocato generale Jacobs del 16 marzo 2000. - Centrosteel Srl contro Adipol GmbH. - Domanda di pronuncia pregiudiziale: Pretore di Brescia - Italia. - Direttiva 86/653/CEE - Agenti commerciali indipendenti - Normativa nazionale che prevede la nullità dei contratti di agente commerciale conclusi da soggetti non iscritti all'albo degli agenti. - Causa C-456/98.

raccolta della giurisprudenza 2000 pagina I-06007


Conclusioni dell avvocato generale


1 Nella controversia in esame, che si pone sulla falsariga della causa Bellone/Yokohama (1), il Pretore di Brescia ha sottoposto alla Corte una serie di questioni relative all'interpretazione ed agli effetti, con riguardo ad un contratto di agenzia, delle norme del Trattato in materia di libertà di stabilimento e libera prestazione di servizi. Per i motivi che esporrò in prosieguo ritengo, tuttavia, che la controversia dinanzi al Pretore possa essere risolta sulla base della direttiva del Consiglio 18 dicembre 1986, 86/653/CEE, relativa al coordinamento dei diritti degli Stati membri concernenti gli agenti commerciali indipendenti (2).

Contesto normativo

2 La causa Bellone verteva sulla compatibilità con la detta direttiva della legge italiana 3 maggio 1985, n. 204 (3), nonché dell'art. 1418 del codice civile italiano nell'interpretazione data sino ad allora a tali norme dai giudici italiani.

3 L'art. 2 della legge n. 204 prevede l'istituzione presso ciascuna camera di commercio di un albo degli agenti e dei rappresentanti di commercio al quale «devono iscriversi coloro che svolgono o intendono svolgere attività di agente o di rappresentante di commercio». L'art. 9 della legge n. 204 fa divieto «a chi non è iscritto al ruolo previsto dalla legge di esercitare l'attività di agente o rappresentante di commercio». L'art. 1418 del codice civile italiano stabilisce che il «contratto è nullo quando è contrario a norme imperative» (4). La Corte di cassazione ha affermato nel 1989 che l'art. 9 della legge n. 204 costituisce una norma imperativa. Conseguentemente, un contratto di agenzia concluso da un soggetto non iscritto all'albo è nullo e quest'ultimo non può agire per ottenere il pagamento delle provvigioni relative all'attività svolta.

4 La direttiva 86/653 mira al coordinamento delle normative degli Stati membri con riguardo ai rapporti giuridici tra le parti del contratto di agenzia nonché alla tutela degli interessi degli agenti (5). A tal fine la direttiva stabilisce una serie di norme relative ai diritti e agli obblighi degli agenti commerciali e dei preponenti (artt. 3-5), alla retribuzione degli agenti commerciali (artt. 6-12), alla conclusione e alla risoluzione del contratto di agenzia (artt. 13-20). La direttiva non affronta la questione dell'iscrizione all'albo degli agenti commerciali, ove un numero di Stati membri prevede obbligatoriamente l'iscrizione degli agenti commerciali in un apposito albo. In tale contesto la Corte ha affermato nella causa Bellone che la direttiva non preclude agli Stati membri il diritto di mantenere un albo degli agenti commerciali (6). La Corte ha tuttavia ritenuto che la direttiva disciplina tassativamente i requisiti di validità di un contratto di agenzia. Conseguentemente, la Corte ha dichiarato che la direttiva «osta ad una normativa nazionale che subordini la validità di un contratto di agenzia all'iscrizione dell'agente di commercio in un apposito albo» (7). Alla luce del contesto di fatto della causa Bellone, tale affermazione dev'essere intesa nel senso che l'interpretazione data dai giudici italiani all'art. 9 della legge n. 204 quale norma cogente ai sensi dell'art. 1418 del codice civile è in contrasto con la direttiva 86/653.

5 In considerazione della sentenza della Corte nella causa Bellone, la Corte di cassazione ha recentemente mutato il proprio orientamento con riguardo agli effetti dell'art. 9 della legge n. 204 e dell'art. 1418 del codice civile. Nella sentenza 18 maggio 1999, n. 4817, la Suprema Corte ha infatti affermato che l'omessa iscrizione all'albo ai sensi della legge n. 204 non implica la nullità del contratto di agenzia. Tale sentenza è stata tuttavia emanata successivamente al rinvio pregiudiziale relativo alla causa in esame e non è stata richiamata nelle osservazioni presentate alla Corte.

Fatti e tesi delle parti

6 I fatti, così come esposti nell'ordinanza di rinvio, possono essere riassunti nei seguenti termini. L'attrice, la Centrosteel Srl, è una società italiana con sede in Brescia. Essa non è iscritta quale agente commerciale ai sensi della legge n. 204. La convenuta, la Adipol GmbH, è una società austriaca con sede in Vienna. Alla fine del 1989 o all'inizio del 1990 la Centrosteel stipulava un accordo verbale con la Adipol con cui si impegnava a procurare alla medesima in Italia e all'estero acquirenti e venditori di prodotti metallici e rottami. Tale accordo veniva risolto dalla Adipol nel 1991. La Centrosteel sostiene di aver agito, nel detto periodo, in qualità di agente dell'Adipol e di aver pertanto diritto alla corresponsione di una commissione per i servizi prestati pari ad ATS 170 600. Nella causa principale ha chiesto la condanna dell'Adipol al pagamento di tale somma.

7 La Adipol chiede che venga respinta tale richiesta. Atteso che la Centrosteel non era iscritta all'albo previsto dalla legge n. 204, il contratto di agenzia risulterebbe nullo e privo di effetti, conformemente alla menzionata giurisprudenza italiana risalente al 1989. La Centrosteel contesta tale tesi, affermando che la legge n. 204 è incompatibile con la direttiva 86/653 e che si deve dare quindi esecuzione al contratto di agenzia. La Adipol ribatte affermando che la Centrosteel non può invocare la menzionata direttiva, atteso che, in considerazione della giurisprudenza della Corte di giustizia, le direttive non sarebbero produttive di effetti diretti nelle controversie tra singoli.

Questioni pregiudiziali

8 A fronte di tali posizioni espresse dalle parti, il Pretore di Brescia ritiene che la sentenza emanata dalla Corte di giustizia nella causa Bellone non fornisca una soluzione per dirimere la controversia nella causa principale. Considerato che la direttiva 86/653 non produce effetti diretti nelle controversie tra singoli, è necessario richiamarsi alle disposizioni del Trattato. Il detto Pretore ha quindi disposto di sospendere il procedimento e di sottoporre alla Corte di giustizia le seguenti questioni pregiudiziali:

«1) Quale sia l'interpretazione degli artt. 52, 53, 54, 55, 56, 57 e 58 del Trattato CE; in particolare, se costituiscano restrizione alla libertà di stabilimento gli artt. 2 e 9 della legge italiana n. 204 del 1985, in forza dei quali è obbligatoria l'iscrizione ad un albo per chi svolga attività di agente, ed è nullo il contratto di agenzia stipulato da chi non sia iscritto all'albo.

2) Se le norme del Trattato in materia di libertà di stabilimento di cui agli artt. 52-58 ostino ad una normativa nazionale che subordini la validità di un contratto di agenzia all'iscrizione dell'agente di commercio in un apposito albo.

3) Se le norme del Trattato in materia di libera prestazione di servizi di cui agli artt. 59-66 ostino ad una normativa nazionale che subordini la validità di un contratto di agenzia all'iscrizione dell'agente di commercio in un apposito albo».

Sull'ammissibilità

9 Tutte le parti che hanno presentato osservazioni alla Corte - la Adipol, il governo italiano e la Commissione - hanno sollevato eccezioni con riguardo all'ammissibilità del rinvio pregiudiziale. Tali eccezioni si distinguono in due categorie. In primo luogo, è stato sostenuto che il rinvio pregiudiziale è viziato da errori di fatto e di diritto. In secondo luogo, è stato affermato che la decisione della Corte di giustizia relativa alle questioni pregiudiziali non è necessaria al fine di consentire al Pretore di pronunciarsi sulla causa principale.

Gli errori di fatto e di diritto nell'ordinanza di rinvio

10 La Adipol deduce due argomenti relativi ai profili di fatto e di diritto dell'ordinanza di rinvio. In primo luogo, essa sostiene che, contrariamente a quanto affermato dal Pretore di Brescia nell'ordinanza di rinvio, la Centrosteel non ha agito in qualità di agente, ma ha semplicemente provveduto all'incasso di taluni pagamenti per conto dell'Adipol sulla base di un accordo poco chiaro concluso tra un dipendente dell'Adipol e l'amministratore unico della Centrosteel, coniuge del detto dipendente. Il rinvio pregiudiziale sarebbe pertanto inammissibile in quanto basato su un'erronea ricostruzione dei fatti ovvero su una loro erronea qualificazione giuridica.

11 Tale argomento non è fondato. E' giurisprudenza consolidata che, nell'ambito del procedimento previsto dall'art. 177 del Trattato CE (divenuto art. 234 CE), spetta al giudice nazionale accertare i fatti e stabilire, alla luce di tali fatti, la necessità di un rinvio pregiudiziale nonché la rilevanza delle questioni sottoposte alla Corte di giustizia. La Corte di giustizia si pronuncia in via pregiudiziale «senza dover in linea di principio accertare le circostanze in cui i giudici nazionali siano stati indotti a sottoporle le questioni» (8). Pertanto, non può incidere sull'ammissibilità del rinvio pregiudiziale la questione se sia, o meno, corretto l'assunto del Pretore di Brescia secondo cui la Centrosteel agiva in qualità di agente dell'Adipol.

12 La Adipol sostiene, in secondo luogo, l'inammissibilità del rinvio pregiudiziale in base al rilievo che le parti non hanno invocato nella causa principale le disposizioni del Trattato in materia di libera circolazione. Il Pretore di Brescia avrebbe incluso tali disposizioni nelle questioni pregiudiziali sottoposte alla Corte senza offrire alle parti l'opportunità di esprimere i propri commenti sulla rilevanza delle disposizioni medesime.

13 Anche tale argomento appare infondato. Secondo una consolidata giurisprudenza, la giurisdizione della Corte ai sensi dell'art. 177 del Trattato non è subordinata alla conformità o meno dell'ordinanza di rinvio alle norme nazionali di procedura (9). Se, come sostiene la Adipol, l'ordinanza di rinvio del Pretore di Brescia contrasta con i diritti processuali riconosciuti alle parti dalla legge italiana, si tratterà di una questione riservata al sindacato dei giudici italiani.

14 La Commissione sostiene l'inammissibilità del rinvio pregiudiziale in considerazione del difetto di giurisdizione del giudice italiano, sul piano del diritto internazionale privato, a conoscere della controversia tra la Adipol e la Centrosteel. Secondo la Commissione, l'accordo tra la Adipol e la Centrosteel presenta un collegamento più stretto con la legge austriaca che non con quella italiana, essendo stato concluso in Austria ed eseguito, per lo più, in Polonia. Il foro competente della causa principale sarebbe, dunque, quello austriaco.

15 Anche tale argomento non può trovare accoglimento. Il preteso difetto di giurisdizione del Pretore di Brescia con riguardo alla causa principale non può incidere sull'ammissibilità del rinvio pregiudiziale. La giurisdizione della Corte in materia pregiudiziale ex art. 177, così come non può essere subordinata al rispetto di norme procedurali nazionali, non può nemmeno dipendere dall'osservanza delle regole dettate dal diritto internazionale privato in materia di competenza giurisdizionale. Spetterà esclusivamente ai giudici italiani, unici responsabili in definitiva della decisione nella causa principale, pronunciarsi sul rispetto di tali regole.

La necessità della pronuncia della Corte sulle questioni pregiudiziali ai fini della soluzione della causa principale

16 La Adipol, il governo italiano e la Commissione sostengono che le questioni sottoposte dal Pretore di Brescia alla Corte non sono necessarie ai fini della soluzione della controversia nella causa principale. Gli argomenti dedotti a sostegno di tale tesi possono essere riassunti nei seguenti termini.

17 La Commissione sostiene che la causa principale avrebbe dovuto essere decisa sulla base della legge austriaca e non di quella italiana. La legge austriaca non prevede un obbligo di iscrizione all'albo degli agenti commerciali. Non sarebbe pertanto necessario o rilevante ai fini della soluzione della controversia una pronuncia della Corte in ordine alla compatibilità con il Trattato di un siffatto obbligo.

18 Tale tesi non appare, a mio parere, convincente. Come già precedentemente illustrato, non spetta alla Corte di giustizia né esaminare i fatti né chiedere quale legge sia applicabile, sul piano del diritto internazionale privato, nella causa principale.

19 La Commissione - sostenuta dal governo italiano - deduce inoltre che la pronuncia sulle questioni pregiudiziali sottoposte dal Pretore di Brescia non è necessaria ai fini della soluzione della controversia, in quanto i giudici nazionali sono obbligati ad interpretare la legge nazionale conformemente alle direttive comunitarie. Il Pretore di Brescia sarebbe quindi tenuto ad interpretare la legge italiana in senso tale che l'omessa iscrizione prevista dalla legge n. 204 non determini la nullità del contratto di agenzia. Il governo italiano aggiunge al riguardo che nulla impedisce al Pretore di procedere a tale interpretazione, considerato che nessuna disposizione di legge italiana sancisce espressamente la nullità del contratto come conseguenza dell'omessa iscrizione. Ne consegue che la controversia principale può essere risolta senza ricorrere alle disposizioni del Trattato in materia di libera circolazione e senza necessità di riconsiderare, alla luce di tali disposizioni, la giurisprudenza della Corte affermata nella sentenza Bellone.

20 La circostanza che la controversia possa essere eventualmente risolta interpretando la legge nazionale alla luce della direttiva non costituisce, a mio parere, un motivo sufficiente per respingere in quanto irrilevanti le questioni sottoposte dal giudice nazionale. Tale circostanza può, anzi, costituire una base per la soluzione delle questioni. Allorché la Corte di giustizia è in grado di assistere il giudice nazionale, essa non limita la propria pronuncia alle specifiche disposizioni richiamate nell'ordinanza di rinvio.

21 La Commissione e la Adipol sostengono, infine, l'inammissibilità del rinvio in base al rilievo che la causa principale verte su un accordo tra una società italiana, diretta da persone di nazionalità italiana (10), ed una società austriaca, accordo concluso, eseguito e risolto nel periodo compreso tra il 1989 e il 1991. All'epoca l'Austria non era membro né dell'Unione europea né dello Spazio economico europeo. Conseguentemente la Centrosteel si troverebbe in quella che gli avvocati comunitari descrivono spesso come situazione meramente interna e non potrebbe, quindi, invocare le disposizioni del Trattato menzionate nell'ordinanza di rinvio. Pertanto l'interpretazione di tali disposizioni non potrebbe risultare, in alcun modo, necessaria o rilevante ai fini della soluzione della controversia nella causa principale.

22 Tale argomento non appare, a mio parere, convincente.

23 In primo luogo, la Corte di giustizia, anche se ha affermato di non essere tenuta a risolvere questioni generiche o ipotetiche (11) o questioni relative a disposizioni di diritto comunitario manifestamente non pertinenti o evidentemente non attinenti alla causa principale (12), si è ben raramente avvalsa del potere di respingere un rinvio pregiudiziale per irrilevanza delle questioni (13). Significativa di tale impostazione della Corte è la causa Bertini, in cui la Corte ha proceduto alla soluzione delle questioni pregiudiziali pur avendo rilevato che era «difficile vedere come le soluzioni chieste alla Corte possano influire sulla decisione delle cause principali» (14). Nelle più recenti cause Tombesi e a. (15) sono state sottoposte alla Corte questioni vertenti sull'interpretazione delle direttive 91/156/CEE e 91/689/CEE (16). Con riguardo all'ammissibilità di tali questioni la Corte ha affermato, nella specie, che «anche se risulta che alcuni fatti delle cause principali sono precedenti alle date in cui le direttive 91/156 e 91/689 (...) sono divenut[e] applicabili, va constatato che le ordinanze di rinvio contengono un'esposizione di detti fatti e che i giudici nazionali si riferiscono espressamente con le loro questioni pregiudiziali a detti testi normativi comunitari. Si devono esaminare pertanto tutte le questioni sottoposte alla Corte» (17).

24 Tale atteggiamento aperto con riguardo a questioni prima facie irrilevanti appare, a mio parere, del tutto corretta in considerazione della finalità e dell'importanza fondamentale del procedimento previsto dall'art. 177 del Trattato (18). Un rinvio pregiudiziale deve essere respinto solamente quando difetti manifestamente di qualsiasi collegamento sostanziale con la causa principale. Si tratta di una fattispecie che sembra ricorrere piuttosto raramente e se ne riscontra solamente un caso nella recente giurisprudenza della Corte. Nella causa Falciola (19) il Tribunale amministrativo regionale della Lombardia ha chiesto sostanzialmente alla Corte di giustizia se una legge italiana che aveva limitato l'immunità di cui godono i giudici italiani in materia di responsabilità civile impedisse ai giudici di svolgere le proprie funzioni in modo soddisfacente ed imparziale. Tali questioni erano state sollevate nell'ambito di un procedimento vertente sull'aggiudicazione di un appalto pubblico del Comune di Pavia ad un'impresa concorrente della società di costruzioni Impresa Angelo Falciola. A fronte di tale fattispecie, la Corte di giustizia ha affermato che le questioni sollevate non presentavano alcuna relazione con l'oggetto della causa principale né riguardavano, sotto alcun profilo, la normativa comunitaria in materia di appalti pubblici (20).

25 Appare evidente che le circostanze nella specie differiscono da quelle oggetto della causa Falciola. Le questioni sollevate nella specie non appaiono del tutto prive di collegamento con l'oggetto della controversia, nelle proprie questioni pregiudiziali il giudice a quo ha fatto espresso riferimento a disposizioni del diritto comunitario e, come riconosciuto dalla Corte nella causa Tombesi, può essere opportuno procedere alla soluzione di questioni pregiudiziali riguardanti fatti anteriori all'entrata in vigore della normativa comunitaria di cui si chiede l'interpretazione.

26 In ogni caso, le perplessità relative alle questioni pregiudiziali sottoposte dal giudice di rinvio possono essere risolte, come osservato dalla stessa Commissione, precisando gli effetti della direttiva 86/653. L'applicazione di tale direttiva non è subordinata alla sussistenza di un elemento transfrontaliero. Pertanto, l'argomento dedotto dalla Commissione e dall'Adipol risulterà non pertinente nel caso in cui la Corte dovesse risolvere le questioni pregiudiziali sulla base della direttiva anziché sulla base delle disposizioni del Trattato in materia di libera circolazione.

27 Mi sembra pertanto opportuno passare all'esame degli aspetti sostanziali del rinvio.

Gli aspetti sostanziali

28 Le questioni sottoposte dal Pretore di Brescia riguardano la compatibilità con le disposizioni del Trattato relative alla libera circolazione di talune norme nazionali che prevedono obbligatoriamente l'iscrizione in un albo di tutti gli agenti commerciali nonché la nullità del contratto di agenzia concluso con un soggetto non iscritto a tale albo.

29 Prima di accingersi all'esame di tali questioni di ampia portata, appare necessario richiamare il contesto in cui sono sorte. Nella sentenza Bellone la Corte di giustizia ha affermato che una disposizione nazionale che subordini la validità di un contratto di agenzia all'iscrizione dell'agente commerciale in un albo contrasta con la direttiva 86/653. Nel caso in esame, la Centrosteel invoca tale giurisprudenza a sostegno della propria domanda diretta ad ottenere la condanna dell'Adipol al pagamento della commissione dovutale sulla base di un preteso accordo concluso inter partes. Il Pretore di Brescia ritiene, tuttavia, che la Centrosteel non possa invocare la direttiva 86/653, atteso che le direttive non producono effetti diretti nei rapporti tra singoli. Di qui il richiamo alle disposizioni del Trattato.

30 Peraltro, come sottolineato dalla Commissione e dal governo italiano, non appare necessario richiamarsi nella causa in esame alle disposizioni del Trattato, dal momento che la controversia principale può essere risolta sulla base della direttiva 86/653 e della giurisprudenza della Corte di giustizia in materia di effetti diretti delle direttive.

31 Secondo costante giurisprudenza, un direttiva non può, di per sé, imporre obblighi ai singoli (21). Peraltro, secondo una giurisprudenza altrettanto consolidata, i giudici degli Stati membri sono tenuti ad interpretare la rispettiva legge nazionale in modo quanto più possibile tale da garantire gli effetti utili voluti dalle direttive. L'obbligo di interpretare la legge nazionale in modo conforme alle direttive si applica sia ai rapporti tra i singoli e la pubblica autorità (22) sia ai rapporti tra singoli (23). In tal senso, nella causa Marleasing (24), la Corte di giustizia ha affermato che i giudici spagnoli erano tenuti ad interpretare la legge spagnola alla luce della direttiva 68/151/CEE (25). Considerato che la detta direttiva elencava esaustivamente i motivi per i quali può essere dichiarata la nullità della costituzione di una società e considerato che in tali motivi non era ricompresa l'illiceità delle attività effettivamente svolte dalla società stessa (rispetto al suo oggetto sociale enunciato nell'atto costitutivo), il giudice nazionale non poteva dichiarare, sulla base del diritto comunitario, la nullità della società resistente, La Comercial, per illiceità dell'oggetto sebbene, come affermato dalla Marleasing, essa fosse stata creata all'unico scopo di frodare i creditori.

32 I principi generali del diritto riconosciuti dalla Corte impongono, tuttavia, taluni limiti riguardo all'obbligo di interpretare la legge nazionale in modo conforme alle direttive. Da un lato, come affermato dalla Corte nella causa Pretore di Salò, l'interpretazione della legge nazionale non può avere l'effetto di determinare una nuova figura di responsabilità penale o di aggravarne una esistente che non sarebbe esistita in assenza della direttiva (26). Dall'altro, il giudice nazionale non è tenuto ad interpretare la legge interna in termini contrari all'espresso tenore della pertinente normativa (27).

33 Questi ben consolidati principi relativi all'interpretazione della legge nazionale non contrastano con la giurisprudenza della Corte affermata nella sentenza Arcaro (28). Si trattava, nella specie, di un procedimento penale dinanzi al giudice italiano a carico di persona imputata di aver scaricato sostanze pericolose nell'ambiente senza essere in possesso della necessaria licenza. Nella specie il giudice a quo dubitava della conformità della normativa italiana, in base alla quale era stata promossa l'azione penale, con due direttive comunitarie per la cui attuazione tale normativa era stata emanata. Conseguentemente chiedeva alla Corte quale fosse il meccanismo da utilizzare «per ottenere l'eliminazione dall'ordinamento nazionale delle norme interne difformi da quelle comunitarie». La Corte di giustizia ha risposto sottolineando che i giudici nazionali sono tenuti ad interpretare la legge interna alla luce delle direttive comunitarie (29), precisando peraltro quanto segue (30):

«(...) siffatto obbligo del giudice nazionale di far riferimento al contenuto della direttiva nell'interpretare le norme rilevanti del suo diritto nazionale incontra un limite qualora tale interpretazione comporti che ad un singolo venga opposto un obbligo previsto da una direttiva non trasposta ovvero, a maggior ragione, qualora abbia l'effetto di determinare o aggravare, in forza della direttiva e in mancanza di una legge emanata per la sua attuazione, la responsabilità penale di coloro che ne trasgrediscono le disposizioni (v. sentenza Kolpinghuis Nijmegen, già citata, punti 13 e 14)».

34 Potrebbe sembrare che tale affermazione imponga drastiche limitazioni al principio dell'interpretazione della legge nazionale in conformità con le direttive comunitarie (31). Non ritengo, tuttavia, che tale affermazione debba essere intesa in tal senso. Infatti, essa è stata fatta nel contesto di un procedimento penale ed anche la sentenza Kolpinghuis ivi citata dalla Corte riguardava una fattispecie di responsabilità penale. Tale affermazione, laddove si dovesse ritenere che, in considerazione del suo tenore letterale, possa trovare applicazione anche al di fuori del contesto penale, appare difficile da conciliare con la giurisprudenza della Corte sia precedente sia successiva (32).

35 Ritengo, in conclusione, che la giurisprudenza della Corte abbia affermato due regole: 1) una direttiva non può imporre, di per sé, obblighi ai singoli in assenza di idonea trasposizione nell'ordinamento interno (33); 2) i giudici nazionali sono nondimeno tenuti ad interpretare la legge interna quanto più possibile alla luce del tenore letterale e della ratio delle pertinenti direttive. Tale processo di interpretazione, anche se non può produrre, di per sé ed indipendentemente da una corrispondente normativa nazionale di attuazione, l'effetto di determinare o aggravare la responsabilità penale, tuttavia può porre in capo ad un singolo una responsabilità o un obbligo di natura civile che, diversamente, non sarebbe esistito.

36 Queste due regole rilevano nella causa in esame dinanzi a questa Corte. Il Pretore di Brescia è obbligato, nell'interpretazione delle disposizioni dell'art. 9 della legge n. 204 nonché dell'art. 1418 del codice civile, a tener conto della direttiva 86/653. Egli non è tenuto a giungere ad un risultato che sia contrario ad espresse disposizioni della legge italiana, ipotesi che peraltro non sembra ricorrere nella specie. Come rilevato dal governo italiano, non vi sono norme di legge nell'ordinamento italiano che prevedano espressamente la nullità dei contratti conclusi da agenti non iscritti nell'albo previsto dalla legge n. 204. Tale effetto della mancata iscrizione deriva piuttosto dalla giurisprudenza della Corte di Cassazione risalente al 1989. Alla luce della sentenza della Corte di giustizia nella causa Bellone, tale giurisprudenza è in contrasto con il diritto comunitario. Il Pretore di Brescia è quindi tenuto a risolvere la causa principale dinanzi ad esso pendente sulla base di una diversa interpretazione della normativa italiana che sia conforme alla direttiva 86/653. Tale conclusione appare avvalorata dalla circostanza che, come già menzionato, successivamente alla proposizione delle presenti questioni pregiudiziali alla Corte di giustizia, la Corte di Cassazione ha mutato il proprio orientamento nel senso che l'omessa iscrizione nell'albo ai sensi della legge n. 204 non produce più, sul piano del diritto italiano, la nullità del contratto di agenzia (34).

37 Alla luce di tale conclusione, non è necessario che la Corte si pronunci sulle questioni sottoposte dal Pretore di Brescia relative alle disposizioni del Trattato sulla libera circolazione. Conseguentemente, non ritengo necessario dover formulare osservazioni in merito a tali questioni.

Conclusione

38 Suggerisco pertanto alla Corte di risolvere le questioni pregiudiziali nei seguenti termini:

«1) La direttiva del Consiglio 18 dicembre 1986, 86/653/CEE, relativa al coordinamento dei diritti degli Stati membri concernenti gli agenti commerciali indipendenti, osta ad una normativa nazionale che subordini la validità di un contratto di agenzia all'iscrizione dell'agente commerciale in un apposito albo.

2) Nell'applicare la legge nazionale, il competente giudice nazionale dovrà interpretarla quanto più possibile alla luce del tenore letterale e della finalità della direttiva al fine di garantire l'esito perseguito dalla direttiva stessa».

(1) - Causa C-215/97 (Racc. 1998, pag. I-2191).

(2) - GU L 382, pag. 17.

(3) - GURI n. 119 del 22 maggio 1985, pag. 3623.

(4) - La nota 4 è irrilevante per la versione italiana delle presenti conclusioni.

(5) - Ai sensi dell'art. 1, n. 2, della direttiva, per agente commerciale s'intende «la persona che (...) è incaricata in maniera permanente di trattare per un'altra persona (...) la vendita o l'acquisto di merci, ovvero di trattare e di concludere dette operazioni in nome e per conto del preponente».

(6) - V. punto 11 della sentenza.

(7) - V. punto 18 della sentenza.

(8) - V. cause riunite C-297/88 e C-197/89, Dzodzi (Racc. 1990, pag. I-3763, punto 39). V. anche la sentenza nella causa C-352/95, Phytheron International (Racc. 1997, pag. I-1729, punti 11-14).

(9) - V. la sentenza nella causa C-39/94, SFEI e a. (Racc. 1996, pag. I-3547, punto 24). V. anche la sentenza nella causa 65/81, Reina (Racc. 1982, pag. 33, punti 7 e 8), nonché la sentenza nella causa C-10/92, Balocchi/Ministero delle Finanze (Racc. 1993, pag. I-5105, punti 16 e 17).

(10) - Dai documenti prodotti dalla convenuta emerge che il direttore della Centrosteel possedeva entrambe le nazionalità, sia italiana sia tedesca.

(11) - V. causa C-83/91, Meilicke (Racc. 1992, pag. I-4871, punto 25).

(12) - V., ad esempio, la sentenza relativa alla causa 126/80, Salonia (Racc. 1981, pag. 1563, punto 6), nonché la sentenza nella causa C-446/93, SEIM (Racc. 1996, pag. I-73, punto 28).

(13) - V. cause C-343/90, Lourenço Dias (Racc. 1992, pag. I-4673), C-18/93, Corsica Ferries (Racc. 1994, pag. I-1783, punti 14 e 15), nonché le cause riunite C-279/96, C-280/96 e C-281/96, Ansaldo Energia e a. (Racc. 1998, pag. I-5025, punti 33 e 34).

(14) - V. cause riunite 98/85, 162/85 e 258/85, Bertini/Regione Lazio (Racc. 1986, pag. 1885, punto 8).

(15) - Cause riunite C-304/94, C-330/94, C-342/94 e C-224/95 (Racc. 1997, pag. I-3561).

(16) - Direttiva del Consiglio 18 marzo 1991, 91/156/CEE, che modifica la direttiva 75/442/CEE relativa ai rifiuti (GU L 78, pag. 32); direttiva del Consiglio 12 dicembre 1991, 91/689/CEE, relativa ai rifiuti pericolosi (GU L 377, pag. 20), nonché regolamento (CEE) del Consiglio 1_ febbraio 1993, n. 259, relativo alla sorveglianza e al controllo delle spedizioni di rifuiti all'interno della Comunità europea, nonché in entrata e in uscita dal suo territorio (GU L 30, pag. 1).

(17) - V. punto 40 della menzionata sentenza.

(18) - V. anche, a sostegno di tale tesi, la causa C-105/94, Celestini (Racc. 1997, pag. I-2971, punto 22), nonché le conclusioni dell'avvocato generale Fennelly relative alla causa C-266/96, Corsica Ferries France (Racc. 1998, pag. I-3949, punto 20).

(19) - Causa C-286/88 (Racc. 1990, pag. I-191).

(20) - V. anche la causa C-428/93, Monin Automobiles (Racc. 1994, pag. I-1707), le cause riunite C-422/93, C-423/93 e C-424/93, Zabala Erasun e a. (Racc. 1995, pag. I-1567), relativa alla necessità di procedere alla soluzione delle questioni pregiudiziali nel caso in cui la causa principale sia divenuta priva di oggetto.

(21) - Causa 152/84, Marshall/Southampton and South-West Hampshire Area Health Authority (Racc. 1986, pag. 723, punto 48) e causa C-91/92, Faccini Dori (Racc. 1994, pag. I-3325, punto 26).

(22) - V., ad esempio, causa 14/83, Von Colson e Kamann (Racc. 1984, pag. 1891), e causa C-131/97, Carbonari e a. (Racc. 1999, pag. I-1103, punto 48).

(23) - V., ad esempio, causa 79/83, Harz (Racc. 1984, pag. 1921), e causa C-334/92, Wagner Miret (Racc. 1993, pag. I-6911).

(24) - Causa C-106/89 (Racc. 1990, pag. I-4135).

(25) - Prima direttiva del Consiglio 9 marzo 1968, intesa a coordinare, per renderle equivalenti, le garanzie che sono richieste, negli Stati membri, alle società a mente dell'art. 58, secondo comma, del Trattato CEE per proteggere gli interessi dei soci e dei terzi (GU 1968, n. 65, pag. 8).

(26) - Causa 14/86, Pretore di Salò/X (Racc. 1987, pag. 2545). V. anche causa 80/86, Kolpinghuis Nijmegen (Racc. 1987, pag. 3969).

(27) - V., ad esempio, sentenza Wagner Miret, citata supra alla nota 23 (punto 22). V. anche le conclusioni dell'avvocato generale Van Gerven relative alla causa C-226/88, Barber (Racc. 1990, pag. I-1889, in particolare, pag. 1937) in cui si afferma che il diritto comunitario non può imporre ai giudici nazionali di dare un'interpretazione contra legem, nonché le conclusioni dell'avvocato generale Saggio nelle cause riunite da C-240/98 a C-244/98, Quintero e a., presentate il 16 dicembre 1999 (paragrafo 28).

(28) - Causa C-168/95 (Racc. 1996, pag. I-4705).

(29) - V. punto 41.

(30) - Punto 42, il corsivo è mio.

(31) - V. P. Craig «Directives: Direct Effect, Indirect Effect and the Construction of National Legislation» (1997) E.L. Rev. pag. 519, in particolare pag. 527.

(32) - V., ad esempio, cause riunite C-74/95 e C-129/95, X (Racc. 1996, pag. I-6609, punti 23 e 24).

(33) - V., in termini analoghi, le conclusioni del sottoscritto nelle cause riunite C-304/94, C-330/94, C-342/94 e C-224/95, Tombesi e a., citata supra alla nota 15 (punto 37).

(34) - V. supra, paragrafo 5.

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