Scegli le funzioni sperimentali da provare

Questo documento è un estratto del sito web EUR-Lex.

Documento 61997CJ0383

    Sentenza della Corte (Prima Sezione) del 9 febbraio 1999.
    Procedimento penale a carico di Arnoldus van der Laan.
    Domanda di pronuncia pregiudiziale: Amtsgericht Nordhorn - Germania.
    Etichettatura e presentazione dei prodotti alimentari - Art. 30 del Trattato CE e direttiva 79/112/CEE - Prosciutto sagomato olandese, composto di pezzi di spalla.
    Causa C-383/97.

    Raccolta della Giurisprudenza 1999 I-00731

    Identificatore ECLI: ECLI:EU:C:1999:64

    61997J0383

    Sentenza della Corte (Prima Sezione) del 9 febbraio 1999. - Procedimento penale a carico di Arnoldus van der Laan. - Domanda di pronuncia pregiudiziale: Amtsgericht Nordhorn - Germania. - Etichettatura e presentazione dei prodotti alimentari - Art. 30 del Trattato CE e direttiva 79/112/CEE - Prosciutto sagomato olandese, composto di pezzi di spalla. - Causa C-383/97.

    raccolta della giurisprudenza 1999 pagina I-00731


    Massima
    Parti
    Motivazione della sentenza
    Decisione relativa alle spese
    Dispositivo

    Parole chiave


    1 Libera circolazione delle merci - Restrizioni quantitative - Misure di effetto equivalente - Divieto di porre in commercio prodotti alimentari per esigenze di tutela dei consumatori - Limiti - Ricorso ad un'etichettatura conforme alla direttiva 79/112 sufficiente per garantire la detta protezione

    (Trattato CE, art. 30; direttiva del Consiglio 79/112)

    2 Ravvicinamento delle legislazioni - Etichettatura e presentazione dei prodotti alimentari - Direttiva 79/112 - Obbligo di menzionare la denominazione di vendita e l'elenco degli ingredienti sull'etichetta dei prodotti

    [Direttiva del Consiglio 79/112, artt. 2, 3, n. 1, 5, n. 1, e 6, n. 5, lett. a)]

    Massima


    1 L'art. 30 del Trattato osta alla normativa nazionale che vieti lo smercio di prodotti alimentari regolarmente fabbricati e posti in vendita in un altro Stato membro per esigenze di tutela del consumatore qualora quest'ultima venga garantita mediante un'etichettatura conforme alle disposizioni della direttiva 79/112, relativa al ravvicinamento delle legislazioni degli Stati membri concernenti l'etichettatura e la presentazione dei prodotti alimentari, nonché la relativa pubblicità, in particolare quelle relative alla denominazione dei prodotti e all'elenco degli ingredienti.

    2 L'art. 3, n. 1, della direttiva 79/112, relativa al ravvicinamento delle legislazioni degli Stati membri concernenti l'etichettatura e la presentazione dei prodotti alimentari, nonché la relativa pubblicità, impone per taluni prodotti alimentari l'indicazione obbligatoria della denominazione di vendita e dell'elenco degli ingredienti sull'etichetta. Per quanto riguarda la denominazione di vendita, l'uso di una denominazione che non consenta all'acquirente nello Stato in cui il prodotto viene venduto di stabilire la natura effettiva del prodotto alimentare è in contrasto con gli artt. 2 e 5, n. 1, della direttiva 79/112.

    Per quanto riguarda l'elenco degli ingredienti, qualora il quantitativo di acqua aggiunta costituisca in peso più del 5% del prodotto finale, sussiste violazione dell'art. 3, n. 1, in combinato disposto con l'art. 6, n. 5, lett. a), della direttiva 79/112, se l'indicazione «acqua» non è presente nell'elenco degli ingredienti.

    Parti


    Nel procedimento C-383/97,

    avente ad oggetto la domanda di pronuncia pregiudiziale proposta alla Corte, a norma dell'art. 177 del Trattato CE, dall'Amtsgericht di Nordhorn (Germania), nel procedimento penale dinanzi ad esso pendente contro

    Arnoldus van der Laan

    domanda vertente sull'interpretazione dell'art. 30 del Trattato CE,

    LA CORTE

    (Prima Sezione),

    composta dai signori P. Jann (relatore), presidente di sezione, D.A.O. Edward e M. Wathelet, giudici,

    avvocato generale: J. Mischo

    cancelliere: H.A. Rühl, amministratore principale

    viste le osservazioni scritte presentate:

    - per il Landkreis Grafschaft Bentheim, dal signor Henning Kammer, Kreisverwaltungsdirektor, in qualità di agente;

    - per il signor Van der Laan, dall'avv. Johann Wübbena, del foro di Oldenbourg;

    - per il governo ellenico, dai signori Dimitrios Papageorgopoulos, consigliere giuridico presso l'Avvocatura dello Stato, e Ioannis-Kostantinos Chalkias, consigliere giuridico aggiunto presso l'Avvocatura dello Stato, in qualità di agenti;

    - per la Commissione delle Comunità europee, dalla signora Claudia Schmidt, membro del servizio giuridico, in qualità di agente,$

    vista la relazione d'udienza,

    sentite le osservazioni orali del signor Van der Laan, rappresentato dall'avv. Johann Wübbena, del governo greco, rappresentato dal signor Ioannis-Konstantinos Chalkias, e della Commissione, rappresentata dal signor Götz zur Hausen, consigliere giuridico, in qualità di agente, all'udienza del 24 settembre 1998,

    sentite le conclusioni dell'avvocato generale, presentate all'udienza del 22 ottobre 1998,

    ha pronunciato la seguente

    Sentenza

    Motivazione della sentenza


    1 Con ordinanza 30 ottobre 1997, giunta alla Corte il 10 novembre seguente, l'Amtsgericht di Nordhorn ha sollevato, ai sensi dell'art. 177 del Trattato CE, una questione pregiudiziale sull'interpretazione degli artt. 30 e seguenti del Trattato CE.

    2 La questione è sorta nell'ambito di un procedimento penale a carico del signor Van der Laan per infrazione dell'art. 17, n. 1, punti 2, lett. b), e 5, del Lebensmittel- und Bedarfsgegenständegesetz (legge tedesca relativa ai prodotti alimentari e altri generi di uso corrente; in prosieguo: l'«LMBG») avendo smerciato in Germania vari prodotti a base di carne.

    La normativa tedesca

    3 L'art. 17, n. 1, punto 2, lett. b), dell'LMBG vieta «di porre professionalmente in commercio, senza etichettatura sufficiente, prodotti alimentari le cui qualità non corrispondono alla prassi commerciale, quando ciò ne diminuisce in misura non trascurabile il valore, in particolare il valore nutritivo e il gusto, o l'utilizzabilità».

    4 Inoltre l'art. 17, n. 1, punto 5, dell'LMBG vieta di porre «professionalmente in commercio prodotti alimentari con una denominazione, un'indicazione o una presentazione che induca l'acquirente in errore (...)».

    5 Dall'art. 33 dell'LMBG emerge che il codice alimentare tedesco è costituito da un complesso di direttive che descrive la fabbricazione, la costituzione o altre caratteristiche dei prodotti alimentari che sono considerate rilevanti per la smerciabilità dei detti prodotti.

    6 L'art. 47 bis, n. 1, dell'LMBG dispone quanto segue:

    «In deroga all'articolo 47, n. 1, prima frase, i prodotti ai sensi della presente legge che siano regolarmente fabbricati e posti in commercio in un altro Stato membro della Comunità o in altro Stato che abbia sottoscritto l'accordo sullo Spazio economico europeo o che provengano da uno Stato terzo e siano stati regolarmente posti in commercio in uno Stato membro della Comunità o in un altro Stato dello Spazio economico europeo possono essere introdotti e posti in commercio nel territorio nazionale anche se non soddisfano alle disposizioni della normativa sui prodotti alimentari della Repubblica federale di Germania. La prima frase non si applica ai prodotti che

    1. non sono conformi ai divieti di cui agli articoli 8, 24 e 30, o

    2. non soddisfano ad altre disposizioni di legge emanate al fine della tutela della salute qualora la smerciabilità dei prodotti nella Repubblica federale di Germania non sia stata attestata, conformemente al n. 2, mediante pubblicazione nel Bundesanzeiger di un provvedimento di portata generale del ministero federale».

    7 Nel caso in cui siffatti prodotti alimentari divergano dalle disposizioni dell'LMBG occorre indicarlo in modo adeguato, conformemente all'art. 47 bis, n. 4, nei limiti in cui ciò sia necessario per la tutela del consumatore.

    Il processo a quo

    8 La Bentheimer Fleischwarenvertriebs GmbH distribuisce in Germania prodotti a base di carne denominati «Lupack», «Bristol» e «Benti», prodotti nei Paesi Bassi dalla ditta olandese Van der Laan, con sede in Almelo, e regolarmente posti in commercio in tale Stato. I detti prodotti recano le seguenti indicazioni:

    «Lupack:

    Prosciutto sagomato olandese, composto di pezzi di spalla, senza lardo né cotenna; prodotto contenente il 75% di carni suine.

    Ingredienti: carne suina, acqua, zuccheri, sale, stabilizzatore E 450 (a), antiossidante E 301, conservante E 250.

    Bristol:

    Prodotto a base di carne: prosciutto di spalla olandese senza lardo né cotenna.

    Ingredienti: carne suina, sale, zuccheri, stabilizzatore E 450 (a), antiossidante E 301, conservante E 250.

    Benti:

    Prosciutto sagomato olandese, composto di pezzi di spalla, senza lardo né cotenna. Prodotto contenente il 70% di carni suine.

    Ingredienti: carne suina, acqua, sale, zuccheri, stabilizzatore E 450 (a), antiossidante E 301, conservante E 250».

    9 Con provvedimento 13 settembre 1994 il Landkreis Grafschaft di Bentheim (in prosieguo: il «Landkreis») irrogava al signor Van der Laan, in quanto responsabile della società Van der Laan, un'ammenda amministrativa di 7 500 DM in particolare per violazione dell'art. 17, n. 1, punti 2, lett. b), e 5, dell'LMBG. La procura di Osnabrück chiedeva quindi l'instaurazione del procedimento penale.

    10 Nell'ambito di tale ultimo procedimento il Landkreis e la procura di Osnabrück affermano in primo luogo che il prodotto denominato «Bristol» non è un prodotto naturale bensì un prodotto salmistrato che, conformemente ai punti 2.19-2.3411 e seguenti delle direttive concernenti la carne e i prodotti a base di carne del codice alimentare tedesco, avrebbe dovuto recare un'etichetta con l'indicazione che si trattava di «prosciutto sagomato composto di pezzi di spalla».

    11 Essi osservano in secondo luogo che il Lupack e il Benti, stando alle indicazioni di cui sono forniti, contengono rispettivamente solo il 75% e il 70% di carne suina. Ora, a norma degli usi vigenti in materia, i prodotti salmistrati devono contenere il 100% di carne suina. I prodotti di cui è causa divergerebbero quindi talmente dagli usi commerciali che un'etichettatura ai sensi dell'art. 17, n. 1, punto 2, lett. b), dell'LMBG non sarebbe più possibile.

    12 In terzo luogo i quantitativi di acqua aggiunta accertati, compresi tra il 3,7 e il 18% nel Bristol e tra l'8,7 e il 10,6% nel Lupack, non sarebbero ammissibili per i prodotti salmistrati.

    13 In quarto luogo il Landkreis e la procura di Osnabrück fanno valere che i campioni esaminati presentano un tenore di proteine di carne priva di tessuto connettivo tra l'87,9 e l'88,1% nel Bristol e dell'87,9% nel Benti, quindi molto al di sotto del minimo del 90% richiesto dal codice alimentare.

    14 Infine sostengono che, sebbene il codice alimentare tedesco esiga un minimo di 19% di proteine nella quota senza grassi, i campioni esaminati ne contengono dal 15 al 18,2% nel caso del prodotto denominato «Bristol» e tra il 16,6 e il 17,2% nel caso del «Lupack». Il divario rispetto al minimo richiesto non sarebbe pertanto trascurabile.

    15 Il giudice a quo, domandandosi se l'art. 17 dell'LMBG e le direttive previste dal codice alimentare tedesco così come sono state interpretate ed applicate nella fattispecie non fossero in contrasto con gli artt. 30 e seguenti del Trattato, ha sospeso il procedimento per sottoporre alla Corte la seguente questione pregiudiziale:

    «Se l'art. 17, n. 1, punti 2, lett. b) e 5, della legge sul commercio dei prodotti alimentari e altri beni di consumo in combinato disposto con la voce 2.19/2.3411 e seguenti delle direttive applicabili alla carne e ai prodotti a base di carne del codice alimentare tedesco, come applicato nel caso di specie dal Landkreis Grafschaft di Bentheim e dalla procura di Osnabrück, sia in contrasto con gli artt. 30 e seguenti del Trattato CE, ossia con il divieto di discriminazioni ivi sancito».

    La questione pregiudiziale

    16 Con tale questione il giudice a quo domanda in sostanza se l'art. 30 del Trattato osti alla normativa nazionale che vieti lo smercio di prodotti come quelli di cui è causa nel processo a quo per esigenze di tutela dei consumatori.

    17 Si deve ricordare anzitutto che, ai sensi dell'art. 30 del Trattato, sono vietate fra gli Stati membri le restrizioni quantitative all'importazione e ogni misura di effetto equivalente.

    18 Secondo una costante giurisprudenza, costituisce una misura di effetto equivalente ad una restrizione quantitativa qualsiasi misura che possa ostacolare, direttamente o indirettamente, in atto o in potenza, gli scambi commerciali intracomunitari (sentenza 11 luglio 1974, causa 8/74, Dassonville, Racc. pag. 837, punto 5).

    19 Occorre ricordare altresì che, conformemente alla giurisprudenza «Cassis de Dijon» (sentenza 20 febbraio 1979, causa 120/78, Rewe-Zentral, Racc. pag. 649), costituiscono misure di effetto equivalente, vietate dall'art. 30, gli ostacoli alla libera circolazione delle merci derivanti, in mancanza di armonizzazione delle legislazioni, dall'assoggettamento di merci provenienti da altri Stati membri, in cui siano legalmente fabbricate e messe in commercio, a norme che dettino requisiti ai quali le merci stesse devono rispondere (come quelli riguardanti la denominazione, la forma, le dimensioni, il peso, la composizione, la presentazione, l'etichettatura o il confezionamento), anche qualora tali norme siano indistintamente applicabili a tutti i prodotti, laddove tale assoggettamento non risulti giustificato da finalità di interesse generale tali da prevalere sulle esigenze della libera circolazione delle merci (sentenze 24 novembre 1993, cause riunite C-267/91 e C-268/91, Keck e Mithouard, Racc. pag. I-6097, punto 15, e 26 giugno 1997, causa C-368/95, Familiapress, Racc. pag. I-3689, punto 8).

    20 E' assodato che il diritto comunitario non contiene norme armonizzate sulla fabbricazione o lo smercio di prodotti a base di prosciutto come quelli su cui verte il processo a quo. Emerge del resto dagli atti di causa che tali prodotti sono legalmente fabbricati e distribuiti nei Paesi Bassi.

    21 Il divieto di vendita in Germania può quindi essere ammesso solo se giustificato da un interesse generale.

    22 E' pacifico che il divieto applicato nel caso di specie non è motivato da considerazioni inerenti alla salute della popolazione.

    23 Il Landkreis e la procura di Osnabrück invocano invece la tutela del consumatore, finalità dell'art. 17 dell'LMBG.

    24 A questo proposito va osservato che la tutela dei consumatori può essere garantita con mezzi che non ostacolino l'importazione di merci legalmente prodotte e smerciate in altri Stati membri, in particolare imponendo l'obbligo di apporre un'etichetta appropriata, che specifichi le caratteristiche del prodotto venduto (sentenza 13 novembre 1990, causa C-269/89, Bonfait, Racc. pag. I-4169, punto 15).

    25 Per quanto riguarda l'etichettatura dei prodotti alimentari, occorre fare riferimento alla direttiva del Consiglio 18 dicembre 1978, 79/112/CEE, relativa al ravvicinamento delle legislazioni degli Stati membri concernenti l'etichettatura e la presentazione dei prodotti alimentari, nonché la relativa pubblicità (GU 1979, L 33, pag. 1; in prosieguo: la «direttiva»). Al momento dei fatti su cui verte il processo a quo tale direttiva era in vigore nella versione modificata da ultimo dalla direttiva della Commissione 16 gennaio 1991, 91/72/CEE (GU L 42, pag. 27).

    26 La direttiva dispone all'art. 2:

    «1. L'etichettatura e le relative modalità di realizzazione non devono:

    a) essere tali da indurre in errore l'acquirente, specialmente:

    i) per quanto riguarda le caratteristiche del prodotto alimentare e in particolare la natura, l'identità, le qualità, la composizione, la quantità, la conservazione, l'origine o la provenienza, il modo di fabbricazione o di ottenimento,

    (...)».

    27 L'art. 3 dispone:

    «1. Alle condizioni e con le deroghe previste dagli articoli da 4 a 14, l'etichettatura dei prodotti alimentari comporta soltanto le seguenti indicazioni obbligatorie:

    1) la denominazione di vendita;

    2) l'elenco degli ingredienti;

    (...)».

    28 Ai sensi dell'art. 5, n. 1,

    «La denominazione di vendita di un prodotto alimentare è la denominazione prevista dalle disposizioni legislative, regolamentari o amministrative ad esso applicabili o, in mancanza di essa, il nome consacrato dall'uso nello Stato membro nel quale il prodotto alimentare è venduto al consumatore finale, o una descrizione di esso e, se necessario, della sua utilizzazione, sufficientemente precisa per consentire all'acquirente di conoscerne la natura effettiva e di distinguerlo dai prodotti con i quali potrebbe essere confuso».

    29 L'art. 6, n. 5, contiene le seguenti disposizioni:

    «a) L'elenco degli ingredienti è costituito dall'enumerazione di tutti gli ingredienti del prodotto alimentare, in ordine di peso decrescente al momento della loro utilizzazione. Esso è preceduto da un'indicazione appropriata contenente la parola "ingredienti".

    Tuttavia:

    - l'acqua aggiunta e gli ingredienti volatili sono indicati nell'elenco in funzione del loro peso nel prodotto finito. La quantità di acqua aggiunta come ingrediente in un prodotto alimentare è determinata sottraendo dalla quantità totale del prodotto finito la quantità totale degli altri ingredienti adoperati. Si può non tener conto di questa quantità se essa non supera, in peso, il 5% del prodotto finito (...)».

    30 Infine l'art. 15 dispone quanto segue:

    «1. Gli Stati membri non possono vietare il commercio dei prodotti alimentari conformi alle norme previste dalla presente direttiva, applicando disposizioni nazionali non armonizzate relative all'etichettatura e alla presentazione di determinati prodotti alimentari o dei prodotti alimentari in genere.

    2. Il paragrafo 1 non è applicabile alle disposizioni nazionali non armonizzate giustificate da motivi:

    - di tutela della salute pubblica;

    - di repressione delle frodi, sempreché queste disposizioni non siano tali da ostacolare l'applicazione delle definizioni e delle norme previste dalla presente direttiva;

    - di tutela della proprietà industriale e commerciale, di indicazioni di provenienza, di denominazioni d'origine e di repressione della concorrenza sleale».

    Sulla denominazione dei prodotti

    31 Per quanto riguarda le varie infrazioni contestate al signor Van der Laan va rilevato in primo luogo che la denominazione che figura sul prodotto Bristol, cioè «prodotto a base di carne: prosciutto di spalla olandese senza lardo né cotenna», può non essere sufficientemente precisa per consentire all'acquirente di conoscerne la natura effettiva, come esige l'art. 5, n. 1, della direttiva.

    32 Infatti, come ha osservato l'avvocato generale ai paragrafi 39-42 delle conclusioni, una denominazione del genere può indurre a ritenere che si tratti di un prodotto naturale costituito da un unico pezzo di prosciutto di spalla, mentre si tratta in realtà di un prosciutto sagomato formato da diversi pezzi di spalla.

    33 Se il giudice a quo dovesse accertare che questi due prodotti sono di natura diversa e che la denominazione del prodotto Bristol non consente di distinguerlo da un prodotto costituito da un unico pezzo di prosciutto di spalla, tale denominazione non sarebbe conforme all'art. 5, n. 1, della direttiva e sarebbe atta ad indurre il consumatore in errore, ai sensi dell'art. 2 della medesima direttiva.

    Sugli ingredienti

    34 Per quanto riguarda gli ingredienti che compongono i tre prodotti di cui è causa, e cioè il contenuto di carne suina e di acqua, va osservato che le etichette dei prodotti Lupack e Benti danno al consumatore un'informazione esatta sul loro contenuto di carne, ed inoltre gli consentono di sapere che il contenuto di acqua è compreso tra il 5 e il 25% del peso del prodotto finito per il prodotto Lupack e tra il 5 e 30% per il prodotto Benti.

    35 Un'etichettatura del genere è conforme ai requisiti di cui agli artt. 3, n. 1, e 6, n. 5, lett. a), della direttiva.

    36 Invece il fatto che l'acqua non venga menzionata nell'elenco degli ingredienti del prodotto Bristol è in contrasto con tali disposizioni se il quantitativo di acqua costituisce più del 5% del peso del prodotto finito.

    37 Si deve aggiungere che uno Stato membro non può sostenere che un elenco di ingredienti conforme all'art. 3 della direttiva costituisce nondimeno una frode ai sensi dell'art. 15, n. 2, della direttiva e giustifica l'applicazione delle disposizioni nazionali non armonizzate.

    38 Infatti, come ha sottolineato l'avvocato generale ai paragrafi 62-66 delle conclusioni, l'applicazione di tali disposizioni nel caso di specie sarebbe atta ad ostacolare l'applicazione delle definizioni e delle norme previste dalla direttiva. Essa costituirebbe inoltre un ostacolo ingiustificato alla libera circolazione delle merci.

    Sul contenuto di proteine

    39 Per quanto riguarda il contenuto di proteine di carne priva di tessuto connettivo nel Bristol e nel Benti nonché il tenore di proteine nella quota senza grassi del Bristol e del Lupack, la Commissione osserva giustamente che si tratta di caratteristiche del prodotto che non riguardano gli ingredienti bensì la qualità. La loro indicazione sull'etichetta non è prevista dalla direttiva.

    40 Occorre però stabilire se l'etichettatura dei prodotti di cui è causa sia, sotto questo aspetto, atta ad indurre l'acquirente in errore ai sensi dell'art. 2 della direttiva.

    41 Va rilevato, così come ha fatto l'avvocato generale al paragrafo 75 delle conclusioni, che quand'anche i consumatori tedeschi avessero delle aspettative in ordine al contenuto di proteine nella quota senza grassi o nella carne priva di tessuto connettivo, siffatte aspettative non potrebbero in nessun caso essere così definite da far sì che, alla luce dei divari fra le percentuali del 15 e dell'87,9%, effettivamente accertate, e quelle del 19 e del 90%, che risultano richieste dal codice alimentare tedesco, il consumatore possa essere indotto in errore.

    42 Ne deriva che la tutela del consumatore non giustifica il divieto di vendere prodotti che per quanto riguarda il tenore di proteine nella quota senza grassi o di proteine muscolari presentino siffatte divergenze rispetto alle percentuali prescritte dalle disposizioni nazionali.

    43 Si deve pertanto risolvere la questione sollevata nel senso che l'art. 30 del Trattato osta alla normativa nazionale che vieti lo smercio di prodotti alimentari regolarmente fabbricati e posti in vendita in un altro Stato membro per esigenze di tutela del consumatore qualora quest'ultima venga garantita mediante un'etichettatura conforme alle disposizioni della direttiva 79/112, in particolare quelle relative alla denominazione dei prodotti e all'elenco degli ingredienti. L'uso di una denominazione di vendita che non consenta all'acquirente nello Stato in cui il prodotto viene venduto di stabilire la natura effettiva del prodotto alimentare è in contrasto con gli artt. 2 e 5, n. 1, della direttiva 79/112. Qualora il quantitativo di acqua aggiunta costituisca in peso più del 5% del prodotto finale, sussiste violazione dell'art. 3, n. 1, in combinato disposto con l'art. 6, n. 5, lett. a), della direttiva 79/112, se l'indicazione «acqua» non è presente nell'elenco degli ingredienti.

    Decisione relativa alle spese


    Sulle spese

    44 Le spese sostenute dal governo ellenico e dalla Commissione, che hanno presentato osservazioni alla Corte, non possono dar luogo a rifusione. Nei confronti delle parti nella causa principale il presente procedimento costituisce un incidente sollevato dinanzi al giudice nazionale, cui spetta quindi statuire sulle spese.

    Dispositivo


    Per questi motivi,

    LA CORTE

    (Prima Sezione),

    pronunciandosi sulla questione sottopostale dall'Amtsgericht di Nordhorn con ordinanza 30 ottobre 1997, dichiara:

    L'art. 30 del Trattato CE osta alla normativa nazionale che vieti lo smercio di prodotti alimentari regolarmente fabbricati e posti in vendita in un altro Stato membro per esigenze di tutela del consumatore qualora quest'ultima venga garantita mediante un'etichettatura conforme alle disposizioni della direttiva del Consiglio 18 dicembre 1978, 79/112/CEE, relativa al ravvicinamento delle legislazioni degli Stati membri concernenti l'etichettatura e la presentazione dei prodotti alimentari, nonché la relativa pubblicità, in particolare quelle relative alla denominazione dei prodotti e all'elenco degli ingredienti.

    L'uso di una denominazione di vendita che non consenta all'acquirente nello Stato in cui il prodotto viene venduto di stabilire la natura effettiva del prodotto alimentare è in contrasto con gli artt. 2 e 5, n. 1, della direttiva 79/112.

    Qualora il quantitativo di acqua aggiunta costituisca in peso più del 5% del prodotto finale, sussiste violazione dell'art. 3, n. 1, in combinato disposto con l'art. 6, n. 5, lett. a), della direttiva 79/112, se l'indicazione «acqua» non è presente nell'elenco degli ingredienti.

    In alto