Scegli le funzioni sperimentali da provare

Questo documento è un estratto del sito web EUR-Lex.

Documento 61997CJ0159

    Sentenza della Corte del 16 marzo 1999.
    Trasporti Castelletti Spedizioni Internazionali SpA contro Hugo Trumpy SpA.
    Domanda di pronuncia pregiudiziale: Corte suprema di cassazione - Italia.
    Convenzione di Bruxelles - Art. 17 - Convenzione attributiva di competenza - Forma ammessa dagli usi del commercio internazionale.
    Causa C-159/97.

    Raccolta della Giurisprudenza 1999 I-01597

    Identificatore ECLI: ECLI:EU:C:1999:142

    61997J0159

    Sentenza della Corte del 16 marzo 1999. - Trasporti Castelletti Spedizioni Internazionali SpA contro Hugo Trumpy SpA. - Domanda di pronuncia pregiudiziale: Corte suprema di cassazione - Italia. - Convenzione di Bruxelles - Art. 17 - Convenzione attributiva di competenza - Forma ammessa dagli usi del commercio internazionale. - Causa C-159/97.

    raccolta della giurisprudenza 1999 pagina I-01597


    Massima
    Parti
    Motivazione della sentenza
    Decisione relativa alle spese
    Dispositivo

    Parole chiave


    1 Convenzione concernente la competenza giurisdizionale e l'esecuzione delle decisioni - Proroga di competenza - Convenzione attributiva di competenza - Requisiti di forma - Forma scritta - Clausola inclusa nelle condizioni generali figuranti sul retro di un contratto - Necessità nell'ambito del contratto, di esplicito rinvio a tali condizioni

    (Convenzione 27 settembre 1968, art. 17)

    2 Convenzione concernente la competenza giurisdizionale e l'esecuzione delle decisioni - Protocollo relativo all'interpretazione della Convenzione da parte della Corte di giustizia - Questioni pregiudiziali - Competenza della Corte - Limiti

    (Convenzione 27 settembre 1968; Protocollo 3 giugno 1971)

    3 Convenzione concernente la competenza giurisdizionale e l'esecuzione delle decisioni - Proroga di competenza - Convenzione attributiva di competenza - Requisiti di forma - Convenzione conclusa in una forma ammessa dagli usi del commercio internazionale - Nozione - Criteri di valutazione - Consenso delle parti - Prova dell'uso e della conoscenza di esso da parte delle parti contraenti

    (Convenzione 27 settembre 1968, art. 17, come modificato dalla convenzione di adesione del 1978)

    4 Convenzione concernente la competenza giurisdizionale e l'esecuzione delle decisioni - Proroga di competenza - Convenzione attributiva di competenza - Requisiti di forma - Regime della convenzione - Carattere esaustivo - Applicazione di altre condizioni in merito all'elezione del foro prescelto dalle parti - Esclusione

    (Convenzione 27 settembre 1968, art. 17)

    Massima


    1 Mentre il semplice fatto che a tergo del contratto redatto su moduli predisposti da una delle parti sia stampata una clausola attributiva di competenza non soddisfa i requisiti stabiliti dall'art. 17 della Convenzione 27 settembre 1968, concernente la competenza giurisdizionale e l'esecuzione delle decisioni in materia civile e commerciale, la situazione è diversa nel caso in cui nello stesso contratto firmato da entrambe le parti siano espressamente richiamate condizioni generali contenenti una clausola attributiva di competenza.

    2 Tenuto conto della ripartizione delle competenze nel contesto del procedimento pregiudiziale previsto dal Protocollo 3 giugno 1971, relativo all'interpretazione da parte della Corte di giustizia della Convenzione 27 settembre 1968, concernente la competenza giurisdizionale e l'esecuzione delle decisioni in materia civile e commerciale, spetta esclusivamente al giudice nazionale adito, che si assume la responsabilità della decisione, valutare, alla luce delle peculiarità di ciascuna causa, tanto la necessità di una pronuncia pregiudiziale ai fini del giudizio quanto la rilevanza delle questioni sottoposte alla Corte.

    3 L'art. 17, primo comma, seconda frase, terza ipotesi, della Convenzione 27 settembre 1968, va interpretato come segue:

    - Il consenso dei contraenti alla clausola attributiva di competenza si presume esistente se un siffatto comportamento corrisponde ad un uso vigente nel settore del commercio internazionale in cui operano le parti di cui trattasi e se queste ultime conoscevano quest'uso o avrebbero dovuto conoscerlo.

    - L'esistenza di un uso, che deve essere accertata nel settore commerciale in cui i contraenti esercitano la loro attività, è dimostrata quando un determinato comportamento è generalmente e regolarmente osservato dagli operatori attivi in tale settore in sede di stipula di contratti di un determinato tipo. Non è necessario che sia dimostrata l'esistenza di siffatto comportamento in determinati paesi né, in particolare, in tutti gli Stati contraenti. Inoltre, per dimostrare l'esistenza di un uso, non si può esigere l'eventuale pubblicità che possa essere data presso associazioni o organismi specializzati ai formulari prestampati nei quali compaia la clausola attributiva di competenza, pur essendo tale pubblicità idonea ad agevolare la prova di una prassi generalmente e regolarmente osservata. Inoltre, un comportamento che presenti gli elementi costitutivi di un uso non perde tale qualità per il fatto di essere oggetto di contestazioni dinanzi ai tribunali, qualunque sia la portata di tali contestazioni, fintantoché continui, ciononostante, ad essere generalmente e regolarmente osservato nel settore di attività considerato per il tipo di contratto di cui trattasi.

    - I requisiti concreti che implica la nozione di «forma ammessa» devono essere valutati esclusivamente con riferimento agli usi commerciali nel settore considerato del commercio internazionale, senza tener conto dei requisiti particolari che possono essere previsti dalle disposizioni nazionali.

    - La conoscenza dell'uso dev'essere valutata in capo alle parti originari della convenzione attributiva di competenza, senza che ai fini di quest'esame abbia rilevanza la loro nazionalità. Tale conoscenza è dimostrata, indipendentemente da qualsiasi forma specifica di pubblicità, allorché, nel settore commerciale nel quale operano le parti, un determinato comportamento è generalmente e regolarmente osservato in sede di stipula di un certo tipo di contratti, così da poter essere considerato una prassi consolidata.

    4 L'elezione del foro in una clausola attributiva di competenza può essere valutata solo in base a considerazioni che siano collegate ai requisiti previsti dall'art. 17 della Convenzione 27 settembre 1968. Considerazioni relative ai collegamenti tra il foro prescelto e il rapporto controverso, alla fondatezza della clausola e alle norme sostanziali in vigore dinanzi al foro prescelto sono estranee a tali requisiti.

    Parti


    Nel procedimento C-159/97,

    avente ad oggetto la domanda di pronuncia pregiudiziale proposta alla Corte, a norma del Protocollo 3 giugno 1971 relativo all'interpretazione da parte della Corte di giustizia della Convenzione 27 settembre 1968, concernente la competenza giurisdizionale e l'esecuzione delle decisioni in materia civile e commerciale, dalla Corte suprema di cassazione nella causa dinanzi ad essa pendente tra

    Trasporti Castelletti Spedizioni Internazionali SpA

    e

    Hugo Trumpy SpA,

    domanda vertente sull'interpretazione dell'art. 17 della Convenzione 27 settembre 1968, citata (GU 1972, L 299, pag. 32), come modificata dalla Convenzione 9 ottobre 1978 relativa all'adesione del Regno di Danimarca, dell'Irlanda e del Regno Unito di Gran Bretagna e Irlanda del Nord (GU L 304, pag. 1, e - testo modificato - pag. 77),

    LA CORTE,

    composta dai signori G.C. Rodríguez Iglesias, presidente, P.J.G. Kapteyn e P. Jann (relatore), presidenti di sezione, G.F. Mancini, C. Gulmann, J.L. Murray, D.A.O. Edward, H. Ragnemalm, L. Sevón, M. Wathelet e R. Schintgen, giudici,

    avvocato generale: P. Léger

    cancelliere: signora D. Louterman-Hubeau, amministratore principale

    viste le osservazioni scritte presentate:

    - per la Trasporti Castelletti Spedizioni Internazionali SpA, dall'avv. Franco di Leo, del foro di Genova;

    - per la Hugo Trumpy SpA, dagli avv.ti Kristian Kielland, del foro di Genova, e Alessandro Sperati, del foro di Roma;

    - per il governo italiano, dal professor Umberto Leanza, capo del servizio del contenzioso diplomatico del Ministero degli Affari esteri, in qualità di agente, assistito dal signor Oscar Fiumara, avvocato dello Stato;

    - per il governo del Regno Unito, dalla signora Lindsey Nicoll, del Treasury Solicitor's Department, in qualità di agente, e dal signor Lawrence Collins, QC;

    - per la Commissione delle Comunità europee, dai signori José Luis Iglesias Buhigues, consigliere giuridico, ed Enrico Altieri, funzionario nazionale comandato presso lo stesso servizio, in qualità di agenti,

    vista la relazione d'udienza,

    sentite le osservazioni orali della Trasporti Castelletti Spedizioni Internazionali SpA, rappresentata dall'avv. Franco di Leo, della Hugo Trumpy SpA, rappresentata dall'avv. Maurizio Dardani, del foro di Genova, del governo italiano, rappresentato dal signor Giacomo Aiello, avvocato dello Stato, del governo del Regno Unito, rappresentato dal signor Lawrence Collins, e della Commissione, rappresentata dal signor Eugenio de March, consigliere giuridico, in qualità di agente, all'udienza del 26 maggio 1998,

    sentite le conclusioni dell'avvocato generale, presentate all'udienza del 22 settembre 1998,

    ha pronunciato la seguente

    Sentenza

    Motivazione della sentenza


    1 Con ordinanza in data 24 ottobre 1996, pervenuta alla Corte il 25 aprile 1997, la Corte suprema di cassazione ha proposto, a norma del Protocollo 3 giugno 1971 relativo all'interpretazione da parte della Corte di giustizia della Convenzione 27 settembre 1968, concernente la competenza giurisdizionale e l'esecuzione delle decisioni in materia civile e commerciale, quattordici questioni relative all'interpretazione dell'art. 17 della Convenzione 27 settembre 1968, citata (GU 1972, L 299, pag. 32), come modificata dalla convenzione 9 ottobre 1978 relativa all'adesione del Regno di Danimarca, dell'Irlanda e del Regno Unito di Gran Bretagna e Irlanda del Nord (GU L 304, pag. 1, e - testo modificato - pag. 77; in prosieguo: la «Convenzione»).

    2 Tali questioni sono state poste nell'ambito di una controversia, relativa al risarcimento di un danno asseritamente provocato in occasione delle operazioni di scarico di merci trasportate sotto diverse polizze dall'Argentina in Italia, che vede opposte la Trasporti Castelletti Spedizioni Internazionali SpA (in prosieguo: la «Castelletti»), con sede in Milano, alla quale sono state consegnate le merci, e la Hugo Trumpy SpA (in prosieguo: la «Trumpy»), con sede in Genova, nella qualità di agente raccomandatario della nave e del vettore Lauritzen Reefers A/S (in prosieguo: la «Lauritzen»), avente sede in Copenaghen.

    La Convenzione

    3 L'art. 17, primo comma, prima e seconda frase, della Convenzione dispone:

    «Qualora le parti, di cui almeno una domiciliata nel territorio di uno Stato contraente, abbiano convenuto la competenza di un giudice o dei giudici di uno Stato contraente a conoscere delle controversie, presenti o future, nate da un determinato rapporto giuridico, la competenza esclusiva spetta al giudice o ai giudici di quest'ultimo Stato contraente. Questa clausola attributiva di competenza deve essere conclusa sia per iscritto, sia verbalmente con conferma scritta, sia, nel commercio internazionale, in una forma ammessa dagli usi in questo campo e che le parti conoscevano od avrebbero dovuto conoscere».

    4 Si deve rilevare che tale redazione è stata modificata, successivamente ai fatti all'origine della causa a qua, dalla convenzione 26 maggio 1989 relativa all'adesione del Regno di Spagna e della Repubblica portoghese (GU L 285, pag. 1). L'art. 17, primo comma, dispone attualmente:

    «Qualora le parti, di cui almeno una domiciliata nel territorio di uno Stato contraente, abbiano convenuto la competenza di un giudice o dei giudici di uno Stato contraente a conoscere delle controversie, presenti o future, nate da un determinato rapporto giuridico, la competenza esclusiva spetta al giudice o ai giudici di quest'ultimo Stato contraente. Questa clausola attributiva di competenza deve essere conclusa:

    a) per iscritto o verbalmente con conferma scritta, o

    b) in una forma ammessa dalle pratiche che le parti hanno stabilito tra loro, o

    c) nel commercio internazionale, in una forma ammessa da un uso che le parti conoscevano o avrebbero dovuto conoscere e che, in tale campo, è ampiamente conosciuto e regolarmente rispettato dalle parti di contratti dello stesso tipo nel ramo commerciale considerato».

    La causa a qua

    5 Le merci che sono all'origine della causa a qua erano state imbarcate da vari caricatori argentini, in base a ventidue polizze emesse in Buenos Aires il 14 marzo 1987, sulla nave dell'armatrice Lauritzen per essere trasportate a Savona ove dovevano essere consegnate alla Castelletti. A seguito di difficoltà insorte nel corso delle operazioni di scarico delle merci, la Castelletti conveniva in giudizio la Trumpy dinanzi al Tribunale di Genova per ottenerne la condanna al risarcimento dei danni.

    6 La Trumpy eccepiva il difetto di giurisdizione del giudice adito, richiamandosi alla clausola n. 37 delle polizze di carico, che prevedeva la giurisdizione della High Court of Justice di Londra.

    7 Questa clausola, redatta, come l'intera polizza nella quale figura, in inglese e in caratteri piccoli ma leggibili, costituiva l'ultima menzione che figurava sul retro del documento stampato. Essa così recita: «The contract evidenced by this Bill of Lading shall be governed by English Law and any disputes thereunder shall be determined in England by the High Court of Justice in London according to English Law to the exclusion of the Courts of any other country» (il contratto attestato da questa polizza è disciplinato dal diritto inglese ed ogni controversia nata in occasione della sua applicazione sarà soggetta nel Regno Unito alla competenza della High Court of Justice di Londra, che statuirà in base al diritto inglese, e non potrà essere sottoposta ad alcun altro giudice di qualsivoglia altro Stato).

    8 Sulla faccia anteriore della polizza figuravano, fra l'altro, un riquadro destinato ad essere compilato con menzioni relative alle caratteristiche delle merci caricate e un'indicazione, redatta in caratteri più grandi di quelli usati nelle clausole, che rinviava alle condizioni iscritte sul retro. Sotto questa indicazione figuravano la data e il luogo d'emissione della polizza nonché la firma del locale agente del vettore; quella del caricatore iniziale figurava immediatamente sotto le menzioni relative alle caratteristiche delle merci caricate ed era apposta sopra la menzione recante rinvio.

    9 Con sentenza 14 dicembre 1989 il Tribunale di Genova accoglieva l'eccezione, considerando, alla luce della polizza dinanzi ad esso prodotta, che la clausola attributiva di competenza, benché contenuta in un modulo non firmato dal caricatore, fosse valida, tenuto conto degli usi del commercio internazionale. Con sentenza 7 dicembre 1994 la Corte d'appello di Genova confermava tale sentenza, ma la corredava di una motivazione diversa. Dopo aver esaminato le polizze nella loro integralità, essa riteneva infatti che la firma apposta dal caricatore sulla faccia anteriore della polizza comportasse l'accettazione da parte della Castelletti di tutte le clausole, comprese quelle figuranti sul retro.

    10 La Castelletti proponeva quindi ricorso per cassazione, deducendo che la firma del caricatore iniziale non poteva aver comportato l'accettazione da parte di questo di tutte le clausole, ma solo, come risultava dalla sua collocazione, delle clausole che la precedevano, relative alle caratteristiche delle merci trasportate.

    11 La Suprema Corte giudicava che l'assunto della ricorrente fosse meritevole di accoglimento e che la firma del caricatore iniziale non potesse considerarsi accettazione di tutte le condizioni di polizza. Avendo così escluso che una clausola attributiva di competenza fosse stata stipulata per iscritto o anche verbalmente con conferma scritta, essa riteneva che per la soluzione della controversia fosse necessaria l'interpretazione dell'art. 17 della Convenzione, il quale prevede che una clausola attributiva di competenza possa essere conclusa «nel commercio internazionale, in una forma ammessa dagli usi in questo campo e che le parti conoscevano o avrebbero dovuto conoscere».

    12 La Corte di cassazione sospendeva il procedimento e sottoponeva alla Corte le seguenti questioni:

    «1) Il primo quesito da sottoporre alla Corte di giustizia è il seguente.

    Nella giurisprudenza della Corte di giustizia, relativamente al testo originario dell'art. 17, si è fatta valere l'esigenza che - attraverso i requisiti stabiliti da tale norma per la validità della clausola attributiva della competenza - sia accertata e tutelata l'effettiva volontà delle parti, in ordine all'accordo di proroga; e ciò anche nel caso di riconosciuta validità della clausola, quando la polizza di carico che la contiene rientri nell'ambito dei rapporti commerciali correnti fra le parti e sia in tal modo provato che detti rapporti sono disciplinati dalle condizioni generali (predisposte da uno dei contraenti, e cioè dal vettore) contenenti tale clausola (cfr. sentenza 19 giugno 1984, in causa n. 71/83, che cita le precedenti sentenze che mettono in risalto l'esigenza di manifestazione chiara e precisa del consenso delle parti).

    Di fronte, però, all'introduzione, nel testo nuovo della norma, di un elemento quale è quello dell'uso, che ha carattere "normativo" (come tale svincolato dalla volontà delle parti, almeno con riferimento puntuale al singolo contratto) si domanda se sia sufficiente il requisito della conoscenza (effettiva), ovvero della non conoscenza determinata da ignoranza colpevole ed inescusabile, in ordine alla ripetizione costante (in tutti i rapporti simili a quello di cui è causa) della clausola di proroga. Si domanda, cioè, se non sia più necessario fare riferimento all'accertamento della volontà delle parti, malgrado che l'art. 17 usi la parola "conclusa", che fa riferimento alla manifestazione di volontà e, cioè, ad "usi negoziali" (clausole d'uso).

    2) Il secondo quesito riguarda il significato dell'espressione "forma ammessa" sotto vari profili. Il primo attiene alla manifestazione della clausola, se cioè essa debba essere necessariamente contenuta in uno scritto firmato dalla parte che l'ha predisposta, e che quindi abbia espresso l'intenzione di avvalersene, mediante - per esempio - la sottoscrizione della polizza di carico apposta con riferimento specifico ad una clausola che richiami quella attributiva della competenza esclusiva, pure in mancanza di analoga sottoscrizione della controparte (caricatore).

    Il secondo profilo consiste nello stabilire se sia necessario che la clausola sulla competenza abbia un proprio autonomo risalto, nel testo complessivo del contratto, ovvero sia sufficiente (e perciò indifferente, ai fini della validità della clausola) che essa sia inserita nel contesto di altre numerosissime clausole, scritte per regolare tutti i diversi contenuti ed effetti del contratto di trasporto.

    Il terzo profilo riguarda la lingua in cui è redatta la clausola, se cioè essa debba avere un qualche rapporto con la nazionalità delle parti stipulanti, ovvero sia sufficiente che si tratti di una lingua usata di regola nel commercio internazionale.

    3) Il terzo quesito riguarda la questione se il giudice designato debba avere un qualche rapporto con la nazionalità e/o il domicilio dei soggetti stipulanti ovvero con i luoghi di esecuzione e/o di "stipulazione del contratto", nel rispetto della necessità che sia un giudice di uno stato contraente, ovvero sia sufficiente quest'ultima condizione, senza alcun altro collegamento con la sostanza del rapporto.

    4) Il quarto quesito riguarda il procedimento di formazione dell'uso; se, cioè, la ripetizione costante della clausola nelle polizze di carico emesse da Associazioni di categoria o da un consistente numero di imprese di trasporto marittimo sia sufficiente, ovvero occorra provare che gli utilizzatori (professionali o non) di tali trasporti, non muovendo rilievi o riserve a tale ripetizione costante, mostrino una tacita adesione al comportamento delle controparti, di guisa che non possa più ritenersi esistente un conflitto tra le due categorie.

    5) Il quinto quesito riguarda le forme di pubblicità della prassi costante; se, cioè, il formulario di polizza in cui è contenuta la clausola di proroga debba essere depositato in qualche ufficio (associazione professionale; Camere di Commercio; uffici di porto, etc.) per essere consultato o debba essere in altro modo notorio.

    6) Il sesto quesito riguarda il punto della validità della clausola, anche nel caso in cui (in virtù della disciplina sostanziale applicabile nel foro prescelto) essa si traduca in una clausola di esonero o di limitazione di responsabilità del vettore.

    7) Il settimo quesito riguarda la possibilità che il giudice (diverso da quello designato) adito, ai fini della valutazione della validità della clausola, possa sindacare la ragionevolezza della stessa, e cioè lo scopo avuto di mira dal vettore nella scelta del giudice designato, diverso da quello che sarebbe competente secondo gli ordinari criteri stabiliti dalla Convenzione di Bruxelles ovvero dalla legge del foro.

    8) L'ottavo quesito consiste nello stabilire se la circostanza che numerosi caricatori e/o giratari di polizze di carico abbiano contrastato la validità della clausola, attraverso la proposizione di giudizi davanti a giudici diversi da quello indicato nella clausola stessa, sia indice del fatto che un uso conforme all'inserimento della clausola in moduli o formulari non si sia consolidato.

    9) Il nono quesito consiste nello stabilire se l'uso debba formarsi in tutti i paesi della Comunità europea, ovvero se l'espressione "commercio internazionale" sta a significare che è sufficiente che l'uso si formi in quei paesi che nell'ambito del commercio internazionale hanno, per tradizione, una posizione prevalente.

    10) Il decimo quesito consiste nello stabilire se l'uso di cui si tratta possa derogare a disposizioni di legge imperative di singoli Stati, quale è, in Italia, l'art. 1341 codice civile che, in materia di condizioni generali di contratto predisposte da uno dei contraenti, prevede, ai fini dell'efficacia, la necessaria conoscenza o conoscibilità da parte dell'altro contraente e prescrive la specifica sottoscrizione delle clausole che stabiliscono particolari limitazioni, o deroghe alla competenza dell'autorità giudiziaria.

    11) L'undicesimo quesito riguarda le condizioni in presenza delle quali l'inserimento della clausola in questione su un modulo predisposto e non firmato dalla parte non predisponente possa considerarsi eccessivamente oneroso per quest'ultima, ovvero abusivo.

    12) Il dodicesimo quesito riguarda la verifica della conoscenza o conoscibilità dell'uso, oltre che con riguardo alla condizione esposta supra, sub 5), con riguardo alla polizza in concreto, articolata in numerose clausole poste sul retro (supra, sub 2).

    13) Il tredicesimo quesito riguarda l'identificazione del soggetto a cui occorre riferire lo stato di conoscenza o di conoscibilità dell'uso: se debba essere il caricatore originario, anche non appartenente ad uno Stato contraente (quale è, nella specie, l'Argentina) ovvero sia sufficiente che si tratti del giratario della polizza, appartenente ad uno Stato contraente (nella specie, l'Italia).

    14) Il quattordicesimo quesito riguarda il punto se l'espressione "avrebbero dovuto conoscere" faccia riferimento ad un criterio di buona fede e di correttezza oggettiva nella formazione del singolo contratto, ovvero ad un criterio di media diligenza soggettiva in relazione alla doverosità dell'informazione completa della prassi vigente nel commercio internazionale, nei sensi sub 9).

    Sulle questioni pregiudiziali

    13 Si deve, in via preliminare, ricordare che la Corte ha stabilito nella sentenza 14 dicembre 1976, causa 24/76, Estasis Salotti (Racc. pag. 1831, punto 9), che, mentre il semplice fatto che a tergo del contratto redatto su moduli predisposti da una delle parti sia stampata una clausola attributiva di competenza non soddisfa i requisiti stabiliti dall'art. 17, la situazione è diversa nel caso in cui nello stesso contratto firmato da entrambe le parti siano espressamente richiamate condizioni generali contenenti una clausola attributiva di competenza.

    14 Va pure ricordato che, tenuto conto della ripartizione delle competenze nel contesto del procedimento pregiudiziale previsto dal Protocollo 3 giugno 1971, relativo all'interpretazione da parte della Corte di giustizia della Convenzione, spetta esclusivamente al giudice nazionale definire l'oggetto delle questioni che egli intende sottoporre alla Corte. Infatti, secondo la costante giurisprudenza, spetta esclusivamente al giudice nazionale adito, che si assume la responsabilità della decisione, valutare, alla luce delle peculiarità di ciascuna causa, tanto la necessità di una pronuncia pregiudiziale ai fini del giudizio quanto la rilevanza delle questioni sottoposte alla Corte (v. sentenze 27 febbraio 1997, causa C-220/95, Van den Boogaard, Racc. pag. I-1147, punto 16; e 20 marzo 1997, causa C-295/95, Farrell, Racc. pag. I-1683, punto 11).

    15 Come risulta dalla formulazione delle questioni poste, il giudice a quo chiede esclusivamente che vengano precisati quattro elementi che condizionano la validità di una clausola attributiva di competenza stipulata in una forma ammessa dagli usi, terza ipotesi dell'art. 17, primo comma, della Convenzione, vale a dire:

    - il consenso delle parti riguardo alla clausola (prima questione);

    - la nozione di uso del commercio internazionale (nona, quarta, quinta e ottava questione);

    - la nozione di forma ammessa (seconda, undicesima e decima questione); e

    - la conoscenza delle parti riguardo all'uso (tredicesima, quattordicesima e dodicesima questione).

    16 Da tali questioni risulta del pari che il giudice a quo si interroga circa l'esistenza, riguardo all'art. 17 della Convenzione, di eventuali limiti quanto all'elezione del foro (terza, settima e sesta questione).

    Sulla prima questione, relativa al consenso delle parti riguardo alla clausola attributiva di competenza

    17 Con la prima questione il giudice a quo chiede, in sostanza, se l'art. 17 della Convenzione, nella sua redazione risultante dalla convenzione d'adesione 9 ottobre 1978, nella parte in cui si riferisce alla nozione di «usi» impiegando nel contempo il termine «conclusa», presupponga necessariamente che venga accertato il consenso delle parti alla clausola attributiva di competenza.

    18 Al riguardo, si deve ricordare che la formulazione iniziale dell'art. 17 subordinava la validità di una clausola attributiva di competenza all'esistenza di una convenzione scritta, o di una convenzione orale confermata per iscritto, e che, al fine di tener conto degli usi particolari e delle esigenze del commercio internazionale, la convenzione di adesione 9 ottobre 1978 ha introdotto nell'art. 17, primo comma, seconda frase, della Convenzione, una terza ipotesi, la quale prevede, nel commercio internazionale, la valida stipulazione di una clausola attributiva di competenza in una forma ammessa dagli usi in questo campo che le parti conoscevano o avrebbero dovuto conoscere (sentenza 20 febbraio 1997, causa C-106/95, MSG, Racc. pag. I-911, punto 16).

    19 Nella sentenza MSG, citata, punto 17, la Corte ha stabilito che, nonostante la semplificazione introdotta nell'art. 17, il consenso degli interessati resta sempre uno degli scopi di tale disposizione, giustificato dall'esigenza di tutelare il contraente più debole, evitando che clausole attributive di competenza, inserite nel contratto da una sola delle parti, passino inosservate.

    20 La Corte ha tuttavia aggiunto che la modifica apportata all'art. 17 consente di presumere che l'esistenza di tale accordo sia dimostrata quando esistono al riguardo usi commerciali nel settore considerato del commercio internazionale, usi che le medesime parti conoscevano o avrebbero dovuto conoscere (sentenza MSG, citata, punti 19 e 20).

    21 Occorre quindi rispondere al primo quesito che l'art. 17, primo comma, seconda frase, terza ipotesi, della Convenzione deve essere interpretato nel senso che il consenso dei contraenti alla clausola attributiva di competenza si presume esistente se un siffatto comportamento corrisponde a un uso vigente nel settore del commercio internazionale in cui operano le parti di cui trattasi e se queste ultime conoscevano quest'uso o avrebbero dovuto conoscerlo.

    Sulle questioni nona, quarta, quinta e ottava, relative alla nozione di uso del commercio internazionale

    22 Con tali questioni il giudice a quo chiede, in sostanza, quali siano i paesi nei quali debba essere constatata l'esistenza di un uso, come si formi il consenso su quest'ultimo, di quali forme di pubblicità esso debba essere oggetto e quali siano le conseguenze da ricavare, riguardo all'esistenza di un uso in tale campo, da azioni che contestano la validità di clausole attributive di competenza inserite in polizze.

    23 Nella sentenza MSG, citata, punto 21, la Corte ha indicato che spetta al giudice nazionale, in primo luogo, valutare se il contratto di cui trattasi rientri nell'ambito del commercio internazionale e, in secondo luogo, verificare l'esistenza di un uso nel settore del commercio internazionale in cui gli interessati operano.

    24 Riguardo al primo punto, è pacifico che, nella causa a qua, il contratto rientra nell'ambito del commercio internazionale.

    25 Riguardo al secondo punto, la Corte ha precisato nella sentenza MSG, citata, punto 23, che l'esistenza di un uso non dev'essere determinata con riferimento alla legge di uno degli Stati contraenti e non deve essere accertata in rapporto al commercio internazionale in generale, ma con riguardo al settore commerciale in cui i contraenti esercitano la loro attività.

    26 La Corte ha del pari stabilito nella sentenza MSG, citata, punto 23, che esiste un uso nel settore commerciale interessato quando, segnatamente, un determinato comportamento è generalmente e regolarmente osservato dagli operatori in tale settore in sede di stipula di contratti di un determinato tipo.

    27 Ne consegue che non è necessario che sia dimostrata l'esistenza di siffatto comportamento in determinati paesi né, in particolare, in tutti gli Stati contraenti. La circostanza che una prassi sia generalmente e regolarmente osservata dagli operatori attivi nei paesi che occupano una posizione preponderante nel settore del commercio internazionale di cui trattasi può costituire un indizio che agevola la dimostrazione dell'esistenza di un uso. Il criterio decisivo resta tuttavia quello di accertare se il comportamento di cui trattasi sia generalmente e regolarmente osservato dagli operatori nel settore del commercio internazionale nel quale sono attivi i contraenti.

    28 Non contenendo l'art. 17 della Convenzione alcuna indicazione riguardo alle forme di pubblicità, si deve considerare, come ha fatto l'avvocato generale nel paragrafo 152 delle sue conclusioni, che non si può esigere, per dimostrare l'esistenza di un uso, l'eventuale pubblicità che possa essere data presso associazioni o organismi specializzati ai formulari prestampati nei quali compaia la clausola attributiva di competenza, pur essendo tale pubblicità idonea ad agevolare la prova di una prassi generalmente e regolarmente osservata.

    29 Un comportamento che presenti gli elementi costitutivi di un uso non perde tale qualità per il fatto di essere oggetto di contestazioni dinanzi ai tribunali, qualunque sia la portata di tali contestazioni, fintantoché continui, ciononostante, ad essere generalmente e regolarmente osservato nel settore di attività considerato per il tipo di contratto di cui trattasi. Così, la circostanza che numerosi caricatori e/o giratari di polizze di carico abbiano contestato la validità di una clausola attributiva di competenza agendo in giudizio dinanzi a giudici diversi da quelli designati non sarebbe idonea a far perdere all'inserimento di tale clausola in detti documenti la qualità di uso, fintantoché sia dimostrato che corrisponde ad una prassi generalmente e regolarmente osservata.

    30 La nona, la quarta, la quinta e l'ottava questione vanno quindi risolte dichiarando che occorre interpretare l'art. 17, primo comma, seconda frase, terza ipotesi, della Convenzione come segue:

    L'esistenza di un uso, che deve essere accertata nel settore commerciale in cui i contraenti esercitano la loro attività, è dimostrata quando un determinato comportamento è generalmente e regolarmente osservato dagli operatori attivi in tale settore in sede di stipula di contratti di un determinato tipo.

    Non è necessario che sia dimostrata l'esistenza di siffatto comportamento in determinati paesi né, in particolare, in tutti gli Stati contraenti.

    Non si può sistematicamente esigere una determinata forma di pubblicità.

    Il fatto che un comportamento che presenti gli elementi costitutivi di un uso sia contestato in sede giudiziale non è sufficiente a fargli perdere detta qualità.

    Sulle questioni seconda e decima, relative alla nozione di forma ammessa

    31 Con la seconda questione il giudice a quo si interroga sui requisiti concreti che implica la nozione di «forma ammessa» ai sensi dell'art. 17 della Convenzione. Si chiede più in particolare se la clausola attributiva di competenza debba essere necessariamente contenuta in un atto scritto recante la sottoscrizione della parte che l'ha prevista, sottoscrizione a sua volta corredata di un riferimento alla clausola, se quest'ultima debba essere messa in evidenza rispetto alle altre clausole e se la lingua nella quale la clausola è redatta debba avere un nesso con la nazionalità delle parti.

    32 Con l'undicesima questione il giudice a quo si interroga sulle condizioni in presenza delle quali l'inserimento della clausola in questione su un modulo predisposto e non sottoscritto dalla parte non predisponente possa considerarsi eccessivamente oneroso per quest'ultima, ovvero abusivo.

    33 Con la decima questione il giudice a quo si chiede se si possa ammettere che, nell'ambito dell'art. 17 della Convenzione, venga invocato un uso che derogherebbe alle disposizioni legislative imperative adottate da taluni Stati contraenti riguardo alla forma delle clausole attributive di competenza.

    34 Si deve ricordare, a tale proposito, che nella sentenza 24 giugno 1981, causa 150/80, Elefanten Schuh (Racc. pag. 1671, punto 25), la Corte ha giudicato che l'art. 17 stabilisce esso stesso, per garantire la certezza del diritto ed assicurare il consenso delle parti, i requisiti di forma che le clausole attributive di competenza devono possedere.

    35 Ne consegue che la validità di una clausola attributiva di competenza può essere subordinata al rispetto di un particolare requisito di forma solo se questo si ricolleghi ai requisiti di cui all'art. 17.

    36 Spetta al giudice nazionale riferirsi agli usi commerciali nel settore considerato del commercio internazionale per stabilire se, nella causa della quale è investito, il modo in cui materialmente si presenta la clausola attributiva di competenza, ivi compresa la lingua nella quale essa è redatta, e il suo inserimento in un modulo prestampato non sottoscritto dalla parte non predisponente siano conformi alle forme ammesse da tali usi.

    37 Nella sentenza Elefanten Schuh, citata, punto 26, la Corte ha stabilito che gli Stati contraenti non hanno la facoltà di prescrivere requisiti di forma diversi da quelli previsti dalla Convenzione.

    38 Gli usi ai quali si riferisce l'art. 17 non possono pertanto essere vanificati da disposizioni legislative nazionali che prescrivano il rispetto di ulteriori requisiti di forma.

    39 Occorre quindi risolvere la seconda, l'undicesima e la decima questione dichiarando che l'art. 17, primo comma, seconda frase, terza ipotesi, della Convenzione deve essere interpretato nel senso che i requisiti concreti che implica la nozione di «forma ammessa» devono essere esclusivamente valutati con riferimento agli usi commerciali nel settore considerato del commercio internazionale, senza tener conto dei requisiti particolari che possano essere previsti dalle disposizioni nazionali.

    Sulle questioni terza, quarta e dodicesima, relative alla conoscenza delle parti riguardo all'uso

    40 Con tali questioni il giudice a quo chiede in sostanza, anzitutto, quale delle parti debba essere a conoscenza dell'uso e se la sua nazionalità svolga un ruolo al riguardo; inoltre quale livello di conoscenza tale parte debba avere circa il detto uso e, infine, se debba essere data pubblicità, e semmai in quale forma, ai formulari prestampati contenenti clausole attributive di competenza.

    41 Quanto al primo aspetto, la Corte ha stabilito nella sentenza Tilly Russ, citata, punto 24, che, qualora la clausola attributiva di competenza inserita in una polizza di carico sia valida, ai sensi dell'art. 17 della Convenzione, nel rapporto tra il caricatore ed il vettore, essa può essere invocata nei confronti del terzo portatore della polizza di carico, dal momento che questi subentra al caricatore nei suoi diritti ed obblighi in forza del vigente diritto nazionale.

    42 Poiché la validità della clausola alla luce dell'art. 17 dev'essere accertata nei rapporti tra le parti originarie, ne consegue che la conoscenza dell'uso deve essere valutata in capo alle parti, senza che la loro nazionalità abbia rilevanza ai fini di questo esame.

    43 Quanto al secondo aspetto, dalla sentenza MSG, citata, punto 24, risulta che la conoscenza effettiva o presunta di un uso da parte dei contraenti può essere provata, in particolare, dimostrando che essi avevano in precedenza stretto rapporti commerciali tra di loro o con altre parti operanti nel settore considerato, o che, nell'ambito di quest'ultimo, un determinato comportamento è sufficientemente noto per il fatto di essere generalmente e regolarmente osservato in sede di stipula di un certo tipo di contratti, da poter essere considerato come una prassi consolidata.

    44 Per quel che concerne il terzo aspetto, si deve considerare, tenuto conto del silenzio della Convenzione riguardo ai mezzi di prova che possono essere addotti per dimostrare la conoscenza di un uso, che l'eventuale pubblicità data ai formulari prestampati contenenti clausole attributive di competenza presso associazioni o organismi specializzati, pur essendo atta ad agevolare la prova richiesta, non può costituire un mezzo di prova indispensabile a questo effetto.

    45 Occorre quindi risolvere la tredicesima, la quattordicesima e la dodicesima questione dichiarando l'art. 17, primo comma, seconda frase, terza ipotesi, della Convenzione va interpretato nel senso che la conoscenza dell'uso deve essere valutata in capo alle parti originarie della Convenzione attributiva di competenza, senza che ai fini di questo esame abbia rilevanza la loro nazionalità. Tale conoscenza è dimostrata, indipendentemente da qualsiasi forma specifica di pubblicità, allorché, nel settore commerciale nel quale operano le parti, un determinato comportamento è generalmente e regolarmente osservato in sede di stipula di un certo tipo di contratti, così da poter essere considerato una prassi consolidata.

    Sulle questioni terza, settima e sesta, relative all'elezione del foro competente

    46 Con tali questioni il giudice a quo si interroga sull'esistenza, riguardo all'art. 17 della Convenzione, di eventuali limiti quanto all'elezione del foro competente. Chiede se sia necessario che le parti eleggano un foro avente un qualsiasi nesso con la causa, se il giudice adito possa controllare la fondatezza della clausola nonché l'obiettivo perseguito dalla parte che l'ha inserita e se la circostanza che le disposizioni sostanziali vigenti dinanzi al foro prescelto rechino una limitazione della responsabilità di tale parte possa avere un'incidenza sulla validità della clausola.

    47 Occorre al riguardo ricordare che la Convenzione non riguarda le norme di diritto sostanziale (sentenza 13 novembre 1979, causa 25/79, Sanicentral, Racc. pag. 3423, punto 5), ma persegue l'istituzione di regole uniformi di competenza giurisdizionale internazionale (sentenza 3 luglio 1997, causa C-269/95, Benincasa, Racc. pag. I-3767, punto 25).

    48 Come la Corte ha più volte rilevato, è conforme allo spirito di certezza del diritto che costituisce uno degli scopi della Convenzione la possibilità per il giudice nazionale adito di pronunciarsi agevolmente sulla propria competenza in base alle regole della Convenzione, senza essere costretto a procedere all'esame della causa nel merito (sentenze 22 marzo 1983, causa 34/82, Peters, Racc. pag. 987, punto 17; 29 giugno 1994, causa C-288/92, Custom Made Commercial, Racc. pag. I-2913, punto 20, e Benincasa, citata, punto 27). Nella sentenza Benincasa, citata, punti 28 e 29, la Corte ha precisato che tale esigenza di garantire la certezza del diritto grazie alla possibilità di prevedere con sicurezza il foro competente è stata interpretata, nell'ambito dell'art. 17 della Convenzione, imponendo l'osservanza di rigorosi requisiti formali, essendo tale disposizione diretta a designare, in modo chiaro e preciso, il giudice di uno Stato membro contraente che abbia la competenza esclusiva conformemente alla volontà delle parti.

    49 Ne consegue che l'elezione del foro competente può essere valutata solo alla luce di considerazioni che siano collegate ai requisiti previsti dall'art. 17.

    50 Per tali motivi la Corte ha più volte stabilito che l'art. 17 della Convenzione prescinde da qualsiasi legame oggettivo tra il rapporto giuridico controverso e il giudice designato (v. sentenze 17 gennaio 1980, causa 56/79, Zelger, Racc. pag. 89, punto 4; MSG, citata, punto 34, e Benincasa, citata, punto 28).

    51 Per le medesime ragioni, in una situazione come quella di cui nella causa a qua, si deve escludere un ulteriore controllo della fondatezza della clausola nonché dell'obiettivo perseguito dalla parte che l'ha inserita e non può essere accordata rilevanza, riguardo alla validità della detta clausola, a norme sostanziali di responsabilità in vigore dinanzi al foro prescelto.

    52 La terza, la settima e la sesta questione devono pertanto essere risolte dichiarando che l'art. 17, primo comma, seconda frase, terza ipotesi, della Convenzione va interpretato nel senso che l'elezione del foro in una clausola attributiva di competenza può essere valutata solo in base a considerazioni che siano collegate ai requisiti previsti dall'art. 17 della Convenzione. Considerazioni relative ai collegamenti tra il foro prescelto e il rapporto controverso, alla fondatezza della clausola e alle norme sostanziali in vigore dinanzi al foro prescelto sono estranee a tali requisiti.

    Decisione relativa alle spese


    Sulle spese

    53 Le spese sostenute dal governo italiano e da quello del Regno Unito, nonché dalla Commissione, che hanno presentato osservazioni alla Corte, non possono dar luogo a rifusione. Nei confronti delle parti nella causa principale il presente procedimento costituisce un incidente sollevato dinanzi al giudice nazionale, cui spetta quindi statuire sulle spese.

    Dispositivo


    Per questi motivi,

    LA CORTE,

    pronunciandosi sulle questioni sottopostele dalla Corte suprema di cassazione con ordinanza 24 ottobre 1996, dichiara:

    L'art. 17, primo comma, seconda frase, terza ipotesi, della Convenzione 27 settembre 1968, concernente la competenza giurisdizionale e l'esecuzione delle decisioni in materia civile e commerciale, come modificata dalla convenzione 9 ottobre 1978 relativa all'adesione del Regno di Danimarca, dell'Irlanda e del Regno Unito di Gran Bretagna e Irlanda del Nord, deve essere interpretato nel modo seguente:

    1) Il consenso dei contraenti alla clausola attributiva di competenza si presume esistente se un siffatto comportamento corrisponde a un uso vigente nel settore del commercio internazionale in cui operano le parti di cui trattasi e se queste ultime conoscevano quest'uso o avrebbero dovuto conoscerlo.

    2) L'esistenza di un uso, che deve essere accertata nel settore commerciale in cui i contraenti esercitano la loro attività, è dimostrata quando un determinato comportamento è generalmente e regolarmente osservato dagli operatori attivi in tale settore in sede di stipula di contratti di un determinato tipo.

    Non è necessario che sia dimostrata l'esistenza di siffatto comportamento in determinati paesi né, in particolare, in tutti gli Stati contraenti.

    Non si può sistematicamente esigere una determinata forma di pubblicità.

    Il fatto che un comportamento che presenti gli elementi costitutivi di un uso sia contestato in sede giudiziale non è sufficiente a fargli perdere detta qualità.

    3) I requisiti concreti che implica la nozione di «forma ammessa» devono essere esclusivamente valutati con riferimento agli usi commerciali del settore considerato del commercio internazionale, senza tener conto dei requisiti particolari che possano essere previsti dalle disposizioni nazionali.

    4) La conoscenza dell'uso deve essere valutata in capo alle parti originarie della Convenzione attributiva di competenza, senza che ai fini di questo esame abbia rilevanza la loro nazionalità. Tale conoscenza è dimostrata, indipendentemente da qualsiasi forma specifica di pubblicità, allorché, nel settore commerciale nel quale operano le parti, un determinato comportamento è generalmente e regolarmente osservato in sede di stipula di un certo tipo di contratti, così da poter essere considerato una prassi consolidata.

    5) L'elezione del foro in una clausola attributiva di competenza può essere valutata solo in base a considerazioni che siano collegate ai requisiti previsti dall'art. 17 della Convenzione 27 settembre 1968. Considerazioni relative ai collegamenti tra il foro prescelto e il rapporto controverso, alla fondatezza della clausola e alle norme sostanziali in vigore dinanzi al foro prescelto sono estranee a tali requisiti.

    In alto