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Documento 61992CC0128

    Conclusioni dell'avvocato generale Van Gerven del 27 ottobre 1993.
    H.J. Banks & Co. Ltd contro British Coal Corporation.
    Domanda di pronuncia pregiudiziale: High Court of Justice, Queen's Bench Division - Regno Unito.
    Trattato CECA - Concessioni per l'estrazione di carbone grezzo - Applicazione degli artt. 4, lett. d), 65e 66, n.7, del Trattato - Efficacia diretta - Esclusione - Risarcimento del danno derivante dalla violazione di queste disposizioni - Competenze rispettive della Commissione e del giudice nazionale.
    Causa C-128/92.

    Raccolta della Giurisprudenza 1994 I-01209

    Identificatore ECLI: ECLI:EU:C:1993:860

    61992C0128

    Conclusioni dell'avvocato generale Van Gerven del 27 ottobre 1993. - H. J. BANKS & CO. LTD CONTRO BRITISH COAL CORPORATION. - DOMANDA DI PRONUNCIA PREGIUDIZIALE: HIGH COURT OF JUSTICE, QUEEN'S BENCH DIVISION - REGNO UNITO. - TRATTATO CECA - CONCESSIONI PER L'ESTRAZIONE DI CARBONE GREZZO - APPLICAZIONE DEGLI ARTT. 4, LETT. D), 65 E 66, N. 7, DEL TRATTATO - EFFICACIA DIRETTA - ESCLUSIONE - RISARCIMENTO DEL DANNO DERIVANTE DALLA VIOLAZIONE DI QUESTE DISPOSIZIONI - COMPETENZE RISPETTIVE DELLA COMMISSIONE E DEL GIUDICE NAZIONALE. - CAUSA C-128/92.

    raccolta della giurisprudenza 1994 pagina I-01209


    Conclusioni dell avvocato generale


    ++++

    Signor Presidente,

    Signori Giudici,

    1. La High Court of Justice dell' Inghilterra e del Galles, Queen' s Bench Division, Commercial Court (in prosieguo: il "giudice nazionale") nel presente procedimento chiede una pronuncia pregiudiziale ai sensi degli artt. 41 del Trattato CECA e 177 del Trattato CEE su talune questioni di interpretazione di norme di concorrenza dei Trattati CECA e CEE. Tale rinvio si inserisce nell' ambito di un' azione per risarcimento danni avviata dalla H.J. Banks & Company Ltd (in prosieguo: la "Banks") contro la British Coal Corporation (in prosieguo: la "British Coal"), in cui la Banks sostiene che sono state violate talune disposizioni del Trattato CECA e del Trattato CEE.

    Al fine di esaminare adeguatamente tali questioni mi sembra necessario cominciare con una sintesi del contesto alquanto complesso che è alla base della controversia.

    I - Il contesto della causa

    2. La Banks è una società privata che si occupa della produzione di carbone mediante tra l' altro metodi di estrazione a cielo aperto e ciò sulla base di licenze concesse dalla British Coal. La British Coal è una società costituita per legge di proprietà interamente statale e che in base al Coal Industry Nationalisation Act 1946 (legge del 1946 sulla nazionalizzazione dell' industria del carbone, in prosieguo: il "CINA 1946") ha un diritto di proprietà sulla maggior parte delle riserve di carbone in Gran Bretagna (1). Essa ha l' obbligo previsto dalla legge di lavorare e di estrarre carbone in Gran Bretagna ad esclusione di chiunque altro (salvo diversamente stabilito dal CINA 1946) (2). Essa deve anche assicurare l' efficiente sviluppo dell' industria mineraria del carbone (3). In base al CINA 1946 la British Coal ha la facoltà di rilasciare, a determinate condizioni o incondizionatamente, concessioni a terzi per l' estrazione di carbone (4). Di solito la British Coal ha rilasciato concessioni secondo uno di questi due sistemi: a) una concessione sulla base del pagamento di un canone (in prosieguo: la "Royalty Licence"), in cui il concessionario paga un canone per tonnellata di carbone prodotto e può vendere il carbone a chiunque senza restrizioni; e b) una concessione non basata sul pagamento di un canone (in prosieguo: la "Delivered Licence"), in cui il concessionario è obbligato in base al relativo contratto a vendere e fornire il carbone alla British Coal ad un prezzo determinato. La British Coal non concede più licenze di quest' ultimo tipo (5).

    Il principale acquirente di carbone nel Regno Unito è il settore della produzione di energia elettrica (la "Electricity Supply Industry", in prosieguo: la "ESI"). Questo settore è stato privatizzato dal 1 aprile 1990. Da allora i principali produttori di energia elettrica, e quindi i principali acquirenti di carbone, in Inghilterra e nel Galles sono stati la National Power Plc e la PowerGen Plc (in prosieguo: la "NP" e, rispettivamente, la "PG"). Poco prima della privatizzazione, nel 1989-1990, la British Coal ha condotto negoziati con queste due imprese al fine di concludere contratti per la fornitura di carbone (in prosieguo: i "contratti per la fornitura di carbone") con i quali alla British Coal veniva garantita per un certo numero di anni (dal 1 aprile 1990 al 31 marzo 1993) lo smercio di determinati quantitativi di carbone a prezzi prefissati.

    3. Proprio questi contratti di fornitura di carbone hanno dato origine al procedimento dinanzi alla Commissione e successivamente a quello dinanzi al Tribunale di primo grado, che sono per molti aspetti collegati alle questioni su cui verte il litigio nella causa principale. Il 28 marzo 1990 la National Association of Licensed Opencast Operators (associazione nazionale di concessionari delle miniere di carbone a cielo aperto, in prosieguo: la "NALOO"), di cui la Banks fa parte, e la Federation of Small Mines of Great Britain (federazione delle piccole miniere di Gran Bretagna, in prosieguo: la "FSMGB") presentavano un reclamo formale dinanzi alla Commissione (6). In esso si sosteneva che: i) la British Coal aveva abusato della sua posizione dominante come fornitore di carbone destinato alla produzione di energia elettrica stipulando condizioni favorevoli per se stessa nei contratti di fornitura di carbone, specialmente in relazione al volume ed al prezzo, il che aveva un effetto pregiudizievole per i suoi concorrenti, in particolare i piccoli produttori di carbone titolari di concessione (in violazione dell' art. 66, n. 7, del Trattato CECA); ii) le società elettriche interessate, NP e PG, nell' operare una discriminazione dei membri delle associazioni denuncianti rispetto alla British Coal relativamente all' acquisto di carbone, avevano abusato della loro posizione dominante (in violazione dell' art. 86 del Trattato CEE); e iii) i contratti, sulla base dei quali la British Coal rilasciava a terzi concessioni per l' estrazione di carbone, e, in particolare, l' ammontare del canone da pagare al riguardo erano incompatibili con gli artt. 60 e 65 del Trattato CECA e, in quanto quest' ultima disposizione non trovi applicazione, con l' art. 85 del Trattato CEE.

    Nell' ottobre-novembre 1990 la British Coal, unitamente alla ESI e al governo britannico, faceva un' offerta alla NALOO e alla FSMGB nell' intento di giungere ad una definizione amichevole del reclamo. Essa offriva, tra l' altro, di ridurre il canone da pagare per concessioni soggette al canone a 5,50 UKL per tonnellata per le prime 50 000 tonnellate e a 6 UKL per tonnellata per il resto. Sia la NALOO sia la FSMGB rifiutavano l' offerta; tuttavia la British Coal riduceva il canone e retrodatava tale riduzione al 1 aprile 1990.

    Il 23 maggio 1991 la Commissione adottava una decisione (in prosieguo: la "decisione") (7). Questa decisione dichiara esplicitamente di occuparsi soltanto della situazione creatasi in Inghilterra e nel Galles dopo l' entrata in vigore dei contratti di fornitura di carbone il 1 aprile 1990 tra British Coal, da un lato, e NP e PG, dall' altro (8). In essa la Commissione perviene alle seguenti conclusioni: i) gli artt. 60 e 65 del Trattato CECA non si applicano e le censure basate su tali articoli sono pertanto respinte (9); secondo la Commissione, l' art. 60 si applica solo ai prezzi praticati da venditori e non alla riscossione di canoni sulla produzione (10), mentre l' art. 65 non si applica ai contratti di fornitura di carbone tra British Coal, da un lato, e NP e PG, dall' altro, poiché queste ultime due non sono imprese ai sensi dell' art. 80 del Trattato CECA (11); ii) il reclamo presentato in base agli artt. 63 e 66, n. 7, del Trattato CECA e agli artt. 85 e 86 del Trattato CEE è fondato nella parte in cui riguarda la situazione successiva al 1 aprile 1990, quando sono entrati in vigore i contratti di fornitura di carbone (12); iii) se l' offerta delle autorità del Regno Unito effettuata nell' ottobre 1990 fosse inserita nei contratti da NP e PG in conformità alla decisione, i produttori di carbone muniti di concessione non subirebbero più una discriminazione nei confronti della British Coal e il reclamo, nella parte in cui è basato sugli artt. 63 e 66, n. 7, del Trattato CECA e sugli artt. 85 e 86 del Trattato CEE, non sarebbe più fondato ed andrebbe quindi respinto (13); ed infine iv) relativamente alla censura basata sull' art. 66, n. 7, del Trattato CECA relativa ai canoni riscossi dalla British Coal, i nuovi livelli di canone proposti dalle autorità del Regno Unito il 24 ottobre 1990 e successivamente applicati dalla British Coal con effetto retroattivo al 1 aprile 1990 non sono irragionevolmente alti, cosicché neanche tale censura è più valida e deve essere respinta.

    4. Il 9 luglio 1991 la NALOO ha presentato dinanzi al Tribunale di primo grado, ai sensi dell' art. 33 del Trattato CECA, un ricorso inteso all' annullamento della decisione laddove essa riguarda il reclamo della NALOO relativo all' ammontare di canoni pagati per le concessioni e agli importi pagati dalla British Coal per le concessioni sottoposte all' obbligo di fornitura. Il ricorso è stato iscritto a ruolo col numero T-57/91 ed è ora pendente dinanzi alla Seconda Sezione del Tribunale di primo grado. Nel suo ricorso la NALOO sostiene, tra l' altro, che la Commissione non ha tenuto conto, o almeno non sufficientemente, del materiale e delle prove presentatele dall' interessata e non ha applicato correttamente il Trattato CECA. La NALOO inoltre chiede al Tribunale di primo grado di intimare alla Commissione di riaprire l' inchiesta sull' ammontare dei canoni da pagare per le concessioni e sul prezzo pagato per il carbone nell' ambito della concessione sottoposta all' obbligo di fornitura. Il 30 gennaio 1992 la British Coal è stata autorizzata ad intervenire nel procedimento dinanzi al Tribunale di primo grado. Con ordinanza 14 luglio 1993 il presidente del Tribunale di primo grado ha sospeso il procedimento, ai sensi dell' art. 47, terzo comma, dello Statuto CECA della Corte di giustizia, finché la Corte non si sia pronunciata nella presente causa.

    5. A seguito della decisione della Commissione diversi produttori di carbone titolari di licenza, inclusa la Banks, hanno presentato un ricorso per risarcimento danni contro la British Coal dinanzi al giudice nazionale. I loro ricorsi sono basati su violazioni degli artt. 4, lett. d), 60, 65 e 66, n. 7, del Trattato CECA. Nella causa principale, la Banks sostiene più in particolare che la British Coal ha violato queste disposizioni relativamente all' ammontare del canone pagatole per le concessioni e ai prezzi da essa pagati per gli acquisti in virtù di concessioni soggette all' obbligo di fornitura. A suo parere, l' ammontare del canone chiesto dalla British Coal per concessioni assoggettate al canone è eccessivo e tale da non consentire alla Banks di ottenere un equo profitto, mentre il prezzo pagato dalla British Coal per il carbone consegnato nell' ambito di concessioni soggette all' obbligo di fornitura è irragionevolmente basso. Poiché i soprammenzionati articoli del Trattato CECA hanno, secondo la Banks, efficacia diretta, quest' ultima ritiene che essi conferiscano diritti che il giudice nazionale deve tutelare concedendo un risarcimento danni. Se è esatta la tesi della British Coal secondo cui il Trattato CECA non si applica all' estrazione di carbone grezzo o alle concessioni rilasciate al riguardo, la Banks chiede di poter far valere che gli artt. 85 e 86 del Trattato CEE si applicano in tal caso. La sua richiesta di risarcimento danni si riferisce all' intero periodo 1986-1991.

    La British Coal d' altra parte sostiene dinanzi al giudice nazionale soprattutto che: i) il Trattato CECA non si applica alle questioni che sorgono nella presente causa; ii) la sua condotta non costituisce una violazione degli artt. 4, lett. d), 60, 65 o 66, n. 7, del Trattato CECA; iii) questi articoli non hanno efficacia diretta nel diritto inglese e non fanno sorgere diritti e doveri in base al diritto privato, e la Commissione dispone del potere esclusivo, almeno in primo grado, di determinare se vi sia stata una violazione di queste disposizioni; e iv) se i menzionati articoli hanno efficacia diretta, ciò può avvenire solo a seguito di una decisione della Commissione e/o al completamento di tutte le procedure cui si fa riferimento in queste disposizioni e/o dopo l' esaurimento di tutti i rimedi giuridici disponibili per la Banks in base al Trattato CECA.

    6. Il giudice nazionale ritiene che, nelle particolari circostanze della fattispecie, un rinvio effettuato nella fase iniziale del procedimento sia il modo migliore per chiarire le importanti questioni di diritto sostanziale e procedurale al fine di guadagnare tempo e denaro. Esso sottopone alla Corte di giustizia le seguenti questioni:

    "1) Se gli artt. 4, lett. d), 60, 65 e/o 66, n. 7, del Trattato CECA si applichino alle concessioni per l' estrazione di carbone grezzo ed alle relative condizioni in materia di canone e di pagamento.

    2) Qualora la prima questione sia risolta nel senso che tali norme non si applicano:

    i) se gli artt. 85 e 86 del Trattato CEE si applichino alle circostanze esposte nella prima questione;

    ii) se l' art. 232, n. 1, del Trattato CEE influisca sulla soluzione della questione i).

    3) Se gli artt. 4, lett. d), 60, 65 e/o 66, n. 7, del Trattato CECA abbiano efficacia diretta e siano tali da dare origine a diritti che possono essere fatti valere da privati e che devono essere tutelati dal giudice nazionale.

    4) Se il giudice nazionale abbia il potere e/o il dovere, in base al diritto comunitario, di disporre, ove risultino violati i suddetti articoli dei Trattati CECA e CEE, il risarcimento dei danni subiti in conseguenza di tale violazione.

    5) In quale misura le soluzioni delle questioni 3 e 4 dipendano (se ne dipendono):

    i) da una precedente decisione della Commissione; e/o

    ii) dall' esaurimento dei rimedi (eventualmente) disponibili a questo riguardo, a norma del Trattato CECA; e/o,

    iii) dall' esperimento dei passi o delle procedure indicate nelle norme pertinenti.

    6) Qualora la Commissione abbia adottato una decisione rispetto ad un reclamo, così come è accaduto con la decisione 23 maggio 1991, in quale misura un giudice nazionale sia vincolato da tale decisione:

    i) riguardo alle questioni di fatto decise dalla Commissione; e,

    ii) riguardo all' interpretazione da parte della Commissione degli articoli del Trattato CECA".

    II - Applicabilità del Trattato CECA o del Trattato CEE?

    7. Con la prima questione sottoposta alla Corte si domanda se l' estrazione di carbone grezzo ricada in via di principio nell' ambito del Trattato CECA o in quello del Trattato CEE e, di conseguenza, se gli artt. 4, lett. d), 60, 65 e 66, n. 7, del Trattato CECA, piuttosto che gli artt. 85 e 86 del Trattato CEE, si applichino a concessioni per l' estrazione di tale tipo di carbone e alle clausole poste in tali concessioni in materia di canone e di pagamento. Prima di esaminare se queste disposizioni si applichino nella presente causa (v. paragrafo 10 e seguenti), esaminerò la questione se il Trattato CECA si applichi in via di principio ai prodotti di cui trattasi nella causa principale e alle operazioni e transazioni ad essi relative.

    8. La soluzione di tale questione si trova nell' art. 232, n. 1, del Trattato CEE. Questa disposizione così recita:

    "Le disposizioni del presente Trattato non modificano quelle del Trattato che istituisce la Comunità europea del carbone e dell' acciaio, in particolare per quanto riguarda i diritti e gli obblighi degli Stati membri, i poteri delle istituzioni di tale Comunità e le norme sancite da tale Trattato per il funzionamento del mercato comune del carbone e dell' acciaio".

    Nel porre questa regola gli autori del Trattato CEE hanno inteso chiaramente evitare ogni conflitto relativamente alla delimitazione del campo di applicazione del Trattato CEE rispetto a quello del Trattato CECA (14). In sostanza l' art. 232, n. 1, del Trattato CEE costituisce una conferma del principio "lex specialis derogat legi generali" (15). Come la Corte ha dichiarato nella sentenza Gerlach, da questa disposizione deriva che:

    "(...) per quel che riguarda il funzionamento del mercato comune carbosiderurgico, restano in vigore le norme del Trattato CECA e tutte le disposizioni adottate per la sua applicazione, nonostante sia entrato in vigore il Trattato CEE" (16).

    D' altra parte, da questa disposizione deriva anche che, in quanto talune materie non sono disciplinate dal Trattato CECA o dalle sue norme di attuazione, il Trattato CEE o le sue norme di attuazione possono in effetti trovare applicazione, anche se i prodotti di cui trattasi ricadono in via di principio nell' ambito del Trattato CECA. Nella sentenza Deutsche Babcock Handel, la Corte ha confermato che l' art. 232, n. 1, adempie anche questa seconda funzione in quanto:

    "La lettera stessa della norma impone che essa sia interpretata nel senso che, limitatamente a questioni non disciplinate dal Trattato CECA o da una regolamentazione adottata in forza di esso, il Trattato CEE e le disposizioni emanate per la sua attuazione si possono applicare a prodotti rientranti nel Trattato CECA" (17).

    Voglio subito aggiungere che il Trattato CECA contiene un ampio numero di disposizioni specifiche in un settore come il diritto della concorrenza - alcune delle quali sono rilevanti nella fattispecie - cosicché, per cause il cui punto centrale è costituito da questioni in materia di diritto della concorrenza, il problema di un' applicazione in subordine di norme del Trattato CEE presenta un interesse notevolmente minore (18).

    9. Questo è anche il caso nella fattispecie: a mio parere, le concessioni per l' estrazione di carbone grezzo e le clausole relative ai canoni o ai prezzi di vendita contenute in queste concessioni rientrano nell' ambito di applicazione del Trattato CECA. L' art. 80 del Trattato CECA non lascia alcun dubbio sul fatto che entrambe le parti nella causa principale, la Banks e la British Coal, sono imprese alle quali si applica il Trattato CECA: "Per imprese, secondo il presente Trattato, si intende quelle che esercitano un' attività di produzione nel campo del carbone e dell' acciaio nell' interno dei territori indicati all' art. 79, primo capoverso (...)" (19). Dalla sentenza Vloeberghs risulta che l' estrazione di carbone deve essere chiaramente considerata come "produzione nel campo del carbone" ai sensi della soprammenzionata definizione, e ciò indipendentemente dal fatto che tale attività rientri o meno nell' elencazione dell' allegato I del Trattato CECA. In tale sentenza la Corte, relativamente alla nozione di impresa di cui all' art. 80, ha dichiarato che

    "a parte l' estrazione, il Trattato considera attività di produzione solo le attività che esso riconosce espressamente come tali. Per stabilire se un' attività determinata costituisca un' attività di 'produzione' , occorre rifarsi alla nomenclatura dell' allegato I del Trattato" (20).

    L' estrazione di carbone costituisce quindi indubbiamente "produzione" ai sensi dell' art. 80 del Trattato CECA (21), ovviamente a condizione che i prodotti di cui trattasi siano "combustibili" come definito nell' allegato I del Trattato. Quest' ultimo punto è inattaccabile poiché tale allegato - in cui le espressioni "carbone" e "acciaio" sono definite ai fini dell' applicazione del Trattato CECA (v. art. 81 del Trattato CECA) - si riferisce innanzi tutto al carbone fossile di cui al n. 3100, che è il tipo di carbone prodotto in Gran Bretagna. L' argomento del Regno Unito, secondo cui il carbone grezzo non può essere considerato come un prodotto di tale tipo, in quanto per definizione non è ancora in grado di costituire oggetto di commercio tra Stati membri e quindi non vi può essere mercato comune su di esso, non può in ogni caso smentire l' analisi precedente. Nella sentenza Société des Fonderies de Pont-à-Mousson, la Corte ha dichiarato che le espressioni "produzione" e "prodotto", ai sensi dell' art. 80 del Trattato CECA e del n. 1 dell' allegato I a tale Trattato, non sono limitate alla fabbricazione di beni che sono pronti ad essere immessi sul mercato (22). Dal sistema dell' allegato I del Trattato CECA - che classifica nella rubrica "siderurgia" un gran numero di prodotti che vengono frequentemente trasformati in prodotti tecnicamente diversi - la Corte ha dedotto in tale sentenza che "un prodotto intermedio e, per così dire, effimero" è anch' esso disciplinato dal Trattato CECA (23). Pertanto, anche il carbone fossile grezzo, che ai fini della sua commercializzazione è destinato ad essere mondato ed eventualmente ripulito (e che in tal senso è un prodotto effimero) è un prodotto ai sensi dell' allegato I del Trattato CECA. In ogni caso il Regno Unito stesso ammette nelle sue osservazioni scritte che le condizioni alle quali vengono rilasciate concessioni alle imprese per l' estrazione di carbone grezzo possono in determinati casi pregiudicare il commercio tra Stati membri nel campo del carbone di cui trattasi o dei suoi derivati (24).

    III - Quali articoli del Trattato CECA si applicano?

    10. Nella sua ordinanza di rinvio il giudice nazionale fa riferimento a quattro disposizioni del Trattato CECA, cioè gli artt. 4, lett. d), 60, 65 e 66, n. 7, nel chiedersi quale di queste disposizioni si applica alle concessioni per l' estrazione di carbone grezzo e alle relative condizioni in materia di canone e di pagamento. Esaminerò ciascuna di queste disposizioni in ordine numerico e gli argomenti dedotti a favore o contro la loro applicabilità.

    A - Art. 4 del Trattato CECA

    11. I punti rilevanti dell' art. 4 del Trattato CECA sono i seguenti:

    "Sono riconosciuti incompatibili con il mercato comune del carbone e dell' acciaio e, per conseguenza, sono aboliti e proibiti, alle condizioni previste dal presente Trattato, nell' interno della Comunità:

    (...)

    b) i provvedimenti o le pratiche che stabiliscano una discriminazione tra produttori, tra acquirenti o tra consumatori, specialmente per quanto concerne le condizioni di prezzo o di consegna e le tariffe di trasporti, e parimenti i provvedimenti e le pratiche che ostacolino la libera scelta del fornitore da parte dell' acquirente;

    (...)

    d) le pratiche restrittive tendenti alla ripartizione o allo sfruttamento dei mercati".

    Le opinioni delle parti circa l' applicabilità di tale articolo a questo procedimento differiscono ampiamente tra loro. Secondo la Banks, pratiche discriminatorie e restrittive relative alla produzione di carbone, ivi compreso il rilascio di concessioni per l' estrazione di carbone, rientrano nelle disposizioni di cui trattasi. La British Coal ed il Regno Unito, d' altra parte, sostengono che l' art. 4, lett. d) non può essere applicato da solo, ma unicamente in combinazione con gli altri articoli del Trattato CECA menzionati nell' ordinanza di rinvio. Tale tesi è sostenuta anche dalla Commissione: l' art. 4, lett. d), del Trattato CECA deve a suo parere essere interpretato unitamente alle altre disposizioni del Trattato e non è di per sé sufficientemente preciso e completo per essere applicato alle concessioni di cui trattasi nella fattispecie.

    12. Cosa bisogna ritenere al riguardo? Non esiste alcun dubbio circa il carattere fondamentale dell' art. 4 nell' ambito del Trattato CECA. Ciò risulta già dall' art. 2 del Trattato CECA, che fa dipendere il raggiungimento degli obiettivi del Trattato CECA dall' "instaurazione di un mercato comune alle condizioni definite dall' art. 4" (25). Fin dalle sue prime sentenze, nelle cause 1/54 e 2/54, la Corte ha messo in evidenza il carattere essenziale dell' art. 4 (e degli artt. 2 e 3) del Trattato CECA: essi costituiscono "le disposizioni fondamentali che istituiscono il mercato comune ed enunciano i comuni obiettivi della Comunità" (26).

    Inoltre la giurisprudenza della Corte contiene diverse indicazioni per la soluzione della questione se l' art. 4 del Trattato CECA possa essere applicato di per sé o soltanto - come può portare ad intendere una determinata lettura della sua formulazione - "alle condizioni previste dal presente Trattato".

    13. La prima importante sentenza in tale contesto è quella nella causa Groupement des Industries Sidérurgiques Luxembourgeoises. Benché la Corte ammettesse che talune delle pratiche menzionate nell' art. 4 sono richiamate anche in altre disposizioni del Trattato CECA, essa metteva in evidenza sulla base dell' art. 84 di tale Trattato che (27):

    "Le disposizioni contenute in tutti questi testi hanno uguale efficacia imperativa, non si devono opporre le une alle altre ma tenerle in ugual conto per dar loro un' applicazione adeguata" (28).

    Dopo aver richiamato il carattere fondamentale dell' art. 4 (e degli artt. 2 e 3) nel contesto del Trattato CECA, la Corte ha dichiarato:

    "Per le stesse ragioni, quelle disposizioni dell' art. 4 che non trovano nel Trattato alcuna norma integrativa, sono di per sé complete ed immediatamente applicabili.

    Mentre per quelle altre norme del citato articolo che si trovano riprese, richiamate ed integrate in altre parti del Trattato, i testi che si riferiscono alla stessa disposizione vanno considerati nel loro complesso e simultaneamente applicati" (29).

    La Corte ha ripetutamente confermato questa interpretazione dell' art. 4 del Trattato CECA, in particolare nelle sue sentenze 21 e 26 giugno 1958 concernenti ricorsi d' annullamento che alcune imprese ed associazioni di imprese avevano presentato contro alcune disposizioni della decisione dell' Alta Autorità n. 2/57 (30). In queste sentenze inoltre la Corte ha dichiarato esplicitamente che l' art. 4, del Trattato CECA poiché fissa gli obiettivi fondamentali della Comunità, deve "sempre" essere osservato, le sue disposizioni sono "vincolanti" e "queste disposizioni sono autosufficienti e di immediata applicazione quando non sono richiamate da alcun' altra norma del Trattato" (31).

    14. Un' ulteriore guida sulla questione del rapporto tra l' art. 4 ed altre più specifiche disposizioni del Trattato CECA è fornita dalla sentenza Geitling e dal parere n. 1/61. Nella causa Geitling la Corte ha esplicitamente respinto la tesi secondo cui l' art. 65 del Trattato CECA, poiché costituisce una lex specialis, esclude l' applicazione dell' art. 4, lett. b):

    "Gli artt. 4, lett. b), e 65 del Trattato disciplinano, ciascuno nella sua sfera d' applicazione, vari aspetti dei rapporti economici.

    I due articoli non si escludono a vicenda né l' uno deroga all' altro, ma tendono entrambi al conseguimento degli scopi che la Comunità si prefigge; sotto questo profilo essi si integrano.

    In specifici casi le loro disposizioni si attagliano a delle situazioni di fatto che giustificano la loro contemporanea e parallela applicazione" (32).

    La Corte ha deciso che la clausola di cui trattavasi in tale causa, contenuta in un accordo concluso tra produttori di carbone concernente agenzie di vendita, non poteva usufruire dell' esenzione di cui all' art. 65, n. 2, del Trattato CECA, e inoltre poteva far sorgere una discriminazione ai sensi dell' art. 4, lett. b).

    Nel parere n. 1/61 - finora la sola pronuncia in cui la Corte si è occupata dell' art. 4, lett. d), del Trattato CECA - la Corte ha esaminato tra l' altro la compatibilità con l' art. 4, lett. d), di una proposta presentata dall' Alta Autorità e dal Consiglio speciale dei ministri per modificare l' art. 65 del Trattato CECA. Relativamente alla portata dell' art. 4, lett. d), la Corte ha innanzi tutto dichiarato che:

    "Lo scopo di tale divieto è evidentemente quello di impedire alle imprese di acquistare, per mezzo di pratiche restrittive, una posizione che consenta loro di ripartire o di sfruttare i mercati. Tale divieto è tassativo e caratterizza il sistema instaurato dal Trattato.

    L' art. 65, che contiene le norme di applicazione di questo principio, precisa, al primo paragrafo, la portata del divieto, vietando generalmente tutte le intese, segnatamente quelle che tendono a fissare o a determinare i prezzi, a restringere o a controllare la produzione ecc., a ripartire i mercati, i prodotti, la clientela o le fonti di rifornimento" (33).

    Dalla sua analisi del motivo di deroga che l' art. 65, n. 2, primo comma, lett. c), del Trattato CECA contiene per il divieto posto nell' art. 65, n. 1, la Corte ha dedotto quindi che la disposizione per prima menzionata "prevede un criterio obiettivo che permette di valutare le ipotesi nelle quali un' intesa sarebbe comunque incompatibile con l' interdizione sancita dall' art. 4, lett. d)" (34). Per tale motivo la possibilità di derogare ai presupposti fissati dall' art. 65, n. 2, primo comma, lett. c), contenuta nella proposta presentata alla Corte per il suo parere, costituiva una violazione del divieto sancito dall' art. 4, lett. d).

    15. Le conclusioni che traggo da questa giurisprudenza relativamente allo status dell' art. 4 del Trattato CECA ed ai suoi rapporti con altre disposizioni più specifiche del Trattato sono le seguenti: innanzi utto, poiché tale disposizione - unitamente agli artt. 2, 3 e 5 del Trattato CECA - enuncia obiettivi fondamentali della Comunità europea del carbone e dell' acciaio, essa deve essere sempre osservata: la Corte ha dichiarato esplicitamente che tutte queste disposizioni, e quindi anche l' art. 4, sono vincolanti. Inoltre, la Corte ha dichiarato in maniera inequivocabile che l' art. 4 non ha bisogno di alcun altra disposizione ed è pertanto direttamente applicabile in quanto non è stato riformulato in una qualsiasi altra disposizione del Trattato. In altre parole, quando l' art. 4 copre situazioni che non sono disciplinate da un' altra disposizione del Trattato, esso ha effetto autonomamente. Infine, se le disposizioni dell' art. 4 sono state riformulate in un' altra disposizione del Trattato CECA, l' art. 4 non è affatto subordinato a quest' ultima, ma è ugualmente vincolante e deve essere considerato ed applicato unitamente, cioè insieme, alla disposizione di cui trattasi. In altri termini, l' art. 4 continua a svolgere un ruolo supplementare anche in relazione a disposizioni del Trattato che danno attuazione ai divieti in esso contenuti o ne precisano la portata.

    16. Poiché mi propongo di concludere che nella presente causa trovano applicazione altre disposizioni più specifiche del Trattato CECA, e precisamente gli artt. 65 e 66, n. 7 - ma non l' art. 60 -, da quanto precede deriva che, relativamente alle concessioni per l' estrazione di carbone e alle loro clausole, oggetto del litigio in esame, l' art. 4 svolge un ruolo complementare nell' ambito del campo di applicazione degli artt. 65 e 66, n. 7, mentre, al di fuori di tale ambito, esso ha una portata autonoma.

    B - L' art. 60 del Trattato CECA

    17. Si applica l' art. 60 alla presente fattispecie? Il n. 1 di tale articolo prevede:

    "Sono vietate in materia di prezzi le pratiche contrarie agli artt. 2, 3 e 4 e segnatamente:

    - le pratiche di concorrenza sleale, in particolare i ribassi di prezzi meramente temporanei o meramente locali tendenti, all' interno del mercato comune, al conseguimento di una posizione di monopolio;

    - le pratiche discriminatorie implicanti, nel mercato comune, l' applicazione da parte di un venditore di condizioni disuguali ad operazioni equiparabili, specialmente in considerazione della cittadinanza degli acquirenti.

    L' Alta Autorità potrà definire, con decisioni prese dopo consultazione del Comitato consultivo e del Consiglio, le pratiche che sono oggetto di questo divieto".

    Anche qui vi sono due tesi contrapposte. La Banks sostiene che l' art. 60 dev' essere interpretato in senso ampio e si applica non solo ai prezzi ed agli elenchi di prezzi, ma anche alle condizioni di vendita nonché alle altre pratiche che hanno influenza sui prezzi. Concessioni assoggettate all' obbligo di fornitura (v. sopra paragrafo 2), secondo la Banks, hanno sui prezzi di vendita un' influenza di questo tipo: contrariamente alla conclusione cui perviene la Commissione nella sua decisione, la Banks ritiene che l' art. 60 si applichi non solo alle pratiche in materia di prezzi dei venditori in posizione dominante, ma anche alle condizioni di prezzo, stipulate a favore di un acquirente in posizione dominante, che sono discriminatorie o intese allo sfruttamento abusivo del mercato. A suo parere, anche le concessioni per le quali viene pagato un canone (ibidem) rientrano nell' art. 60, poiché il canone, dal punto di vista economico e giuridico, è strettamente collegato al costo del carbone e pertanto incide, e ne è un componente, sul prezzo di vendita del carbone praticato dal titolare della concessione o dal concedente.

    Secondo la British Coal, il Regno Unito e la Commissione, l' art. 60 del Trattato CECA non si applica a concessioni per l' estrazione di carbone grezzo o ai canoni riscossi sull' estrazione: tale articolo riguarda solo le pratiche in materia di prezzi di venditori di carbone e pertanto non si applica ai canoni pagati alla British Coal o ai prezzi pagati dalla British Coal. Ciò risulta anche dalla collocazione dell' art. 60 nell' ambito del Trattato CECA e dal diritto comunitario derivato.

    18. A mio parere l' interpretazione in senso ampio dell' art. 60 proposta dalla Banks trova un insufficiente supporto in termini di obiettivi, contesto, portata e formulazione di tale articolo. Per quanto riguarda gli obiettivi dell' art. 60, essi sono stati descritti come segue dall' avvocato generale VerLoren van Themaat - sulla base di un confronto con le fonti degli Stati Uniti che avevano ispirato la disposizione - nelle sue conclusioni nella causa Bertoli (35): il suo scopo nel settore prevalentemente oligopolistico del carbone e dell' acciaio è

    "[di] tutelare le piccole imprese contro discriminazioni abusive sui prezzi, da parte di imprese in condizione di monopolio o di oligopolio, dirette a rafforzare la loro posizione dominante. Essa mira quindi a reprimere le pratiche restrittive della concorrenza di imprese in posizione di oligopolio" (36).

    Anche se questa finalità non è decisiva relativamente all' esatta portata dell' art. 60, lo è il contesto di tale disposizione. Dalla sua collocazione nell' ambito del capitolo V sui prezzi risulta che esso riguarda le pratiche di prezzi sleali e discriminatorie da parte dei venditori, contrariamente all' art. 63 del Trattato CECA che intende disciplinare pratiche di prezzi discriminatorie da parte degli acquirenti, mentre gli artt. 61 e 62 del Trattato si riferiscono all' intervento dell' Alta Autorità sul livello dei prezzi mediante l' imposizione di prezzi massimi o minimi o mediante accordi di compensazione tra imprese.

    Per quanto riguarda il sistema creato dall' art. 60, la Corte ha fatto presente nelle cause 1/54 e 2/54 che i due paragrafi di tale articolo sono collegati relativamente al fine e ai mezzi (37): il n. 1 vieta pratiche in materia di prezzi che costituiscono "pratiche di concorrenza sleale e pratiche discriminatorie" (38), mentre il n. 2 prevede un sistema di pubblicazione obbligatoria di listini dei prezzi e di condizioni di vendita. Dai chiarimenti forniti dalla Corte in queste sentenze, successivamente riaffermati nella sentenza Rumi - relativi alla funzione delle norme sulla pubblicità di cui all' art. 60, n. 2, risulta che sono prese in considerazione solo pratiche di venditori:

    "Tale pubblicità obbligatoria ha lo scopo: 1) di impedire, per quanto possibile, le pratiche vietate; 2) di permettere agli acquirenti di essere esattamente informati dei prezzi e di partecipare inoltre all' accertamento delle discriminazioni; 3) di consentire alle imprese di conoscere esattamente i prezzi praticati dai concorrenti, in modo da potervisi eventualmente allineare" (39).

    Infine, anche dalla formulazione di queste disposizioni risulta che gli autori del Trattato si riferivano solo a pratiche di venditori: i) il n. 1, primo trattino, vieta i ribassi di prezzi temporanei o locali tendenti al conseguimento di una posizione di monopolio, un divieto che può plausibilmente essere applicato solo ai venditori; ii) il n. 1, secondo trattino, vieta esplicitamente ai venditori di applicare nell' ambito del mercato comune condizioni disuguali ad operazioni equiparabili; e iii) il n. 2 disciplina la pubblicazione obbligatoria di listini dei prezzi - cioè, secondo la Corte, "i prezzi ai quali le imprese si dichiarano pronte a vendere i loro prodotti" - (40) e le condizioni di vendita praticate dalle imprese sul mercato comune [sub a)]. Risulta anche dalla normativa comunitaria derivata adottata dall' Alta Autorità sulla base dell' art. 60, n. 1 (41), e rispettivamente dell' art. 60, n. 2, del Trattato CECA che l' art. 60 si riferisce solo alle pratiche di prezzi di venditori (42).

    Quanto precede mi porta alla conclusione che l' art. 60 è inteso a creare un' effettiva concorrenza sul mercato del carbone e dell' acciaio evitando che imprese in posizione di oligopolio usino, quando fissano i loro prezzi di vendita al fine di acquisire una posizione di monopolio, pratiche sleali, in particolare ribassi di prezzi (primo trattino del n. 1) o pratiche discriminatorie tra diversi acquirenti che si trovano in una posizione similare (n. 1, secondo trattino). Questo costituisce un' ipotesi diversa da quella della causa principale: in essa, una parte che si trova già in posizione di monopolio attribuisce concessioni di produzione ad altre imprese, in forza delle quali il licenziatario o deve pagare un canone sulla produzione - e quindi non c' è né vendita né acquisto tra le parti - o vende i prodotti al concedente ad un prezzo stabilito - e quindi non è l' impresa in posizione dominante che effettua la vendita. L' art. 60 del Trattato CECA non si riferisce a situazioni di tale tipo. Come chiarirò, tuttavia, esse possono rientrare nell' ambito degli artt. 65 e 66, n. 7, del Trattato CECA.

    C - Art. 65 del Trattato CECA

    19. Tra le parti dinanzi alla Corte è controversa anche l' applicabilità dell' art. 65 del Trattato CECA a concessioni per l' estrazione di carbone grezzo e alle relative condizioni in materia di canone e di pagamento. L' art. 65, n. 1, stabilisce quanto segue:

    "E' proibito ogni accordo tra imprese, ogni decisione di associazione di imprese e ogni pratica concordata che tenda, sul mercato comune, direttamente o indirettamente a impedire, limitare o alterare il gioco normale della concorrenza ed in particolare:

    a) a fissare o determinare i prezzi;

    b) a limitare o controllare la produzione, lo sviluppo tecnico o gli investimenti;

    c) a ripartire i mercati, i prodotti, i clienti o le fonti di approvvigionamento".

    La Banks e la Commissione ritengono che l' art. 65 si applichi alla fattispecie. Le concessioni per l' estrazione di carbone costituiscono a loro parere accordi tra imprese ai sensi di tale norma, in quanto essi impediscono, limitano o alterano il gioco normale della concorrenza. La Commissione aggiunge che l' elenco di categorie di accordi di cui all' art. 65 non è esaustivo.

    La British Coal e il Regno Unito invece sostengono che le concessioni di cui trattasi nella fattispecie non rientrano nell' ambito dell' art. 65 del Trattato CECA. Secondo la British Coal tali concessioni per definizione accrescono la concorrenza e quindi non possono essere vietate da tale articolo. Inoltre, un confronto con la prassi della Commissione in base all' art. 85 del Trattato CEE conferma che il divieto di cui all' art. 65 non si estende ai dettagli delle condizioni su cui è basato l' accordo, e più in particolare non si estende alle condizioni in materia di canone o di modalità di pagamento previste da una concessione.

    20. In base alla sua attuale formulazione, il divieto di cui all' art. 65, n. 1, del Trattato CECA si applica a "ogni accordo tra imprese", cioè tra imprese come definite all' art. 80 di tale Trattato (v. sopra paragrafo 9). E' innegabile che sia la Banks sia la British Coal, che sono entrambe impegnate l' una come impresa privata e l' altra come impresa pubblica nella produzione di carbone, rientrano in tale definizione in senso ampio. Inoltre le categorie di accordi vietati di cui all' art. 65, n. 1, come giustamente sostiene la Commissione, non sono esaustive. Una concessione per l' estrazione di carbone grezzo deve pertanto essere considerata come un accordo tra imprese che in via di principio rientra nel campo d' applicazione di tale norma.

    La questione se l' art. 65, n. 1, si applichi in via di principio è distinta dalla questione se gli accordi di cui trattasi siano in effetti incompatibili col divieto sancito da tale norma: a tal riguardo è sempre tuttavia richiesta la prova che le concessioni e le condizioni in materia di canone e di pagamento impediscano, limitino o alterino il gioco normale della concorrenza sul mercato comune.

    21. Per quanto riguarda l' ultima questione, desidero fare tre osservazioni. Innanzi tutto non c' è alcun sostegno nella giurisprudenza della Corte in materia di concorrenza per l' argomento della British Coal, secondo cui le concessioni di cui trattasi rafforzano la concorrenza e pertanto, per definizione, non rientrano nel divieto di cui all' art. 65, n. 1. Risulta dalla giurisprudenza sulle licenze per lo sfruttamento di diritti di proprietà commerciale ed industriale che l' art. 85 del Trattato CEE si applica indubbiamente, in via di principio, a tale licenze, ma che la loro compatibilità col divieto di cui all' art. 85, n. 1, dipende da un certo numero di fattori specifici (43). Di conseguenza, pur ammettendo che il rilascio di concessioni da parte di un' impresa quale la British Coal porti effettivamente ad una certa concorrenza sul mercato del carbone del Regno Unito, ciò non impedisce che le condizioni cui queste concessioni sono rilasciate portino ad una distorsione della concorrenza, vietata dall' art. 65, n. 1.

    Ciò mi conduce alla seconda osservazione: nemmeno la tesi della British Coal, secondo cui il divieto enunciato all' art. 65, n. 1, non si estende all' ammontare dei canoni o di altri pagamenti, è accettabile (44): il senso di un tale divieto è che le condizioni di un accordo tra imprese assoggettato al Trattato CECA non devono - direttamente o indirettamente - avere un effetto distorsivo sulla concorrenza nel mercato comune del carbone e dell' acciaio. Posso ben immaginare che l' imposizione di un canone irragionevolmente alto come condizione per il rilascio di una concessione assoggettata a canone, o di un prezzo di acquisto irragionevolmente basso per carbone estratto in base ad una licenza assoggettata all' obbligo di fornitura, sia almeno indirettamente in grado di impedire, limitare o alterare il normale gioco della concorrenza. Pertanto un canone eccessivamente alto o un prezzo di acquisto eccessivamente basso potrebbero scoraggiare il titolare della concessione dall' estrarre più carbone e/o dal chiedere nuove licenze, o, a causa della bassa redditività, dall' effettuare nuovi investimenti. Tali clausole possono allora limitare o controllare la produzione o gli investimenti ai sensi dell' art. 65, n. 1, lett. b), del Trattato CEE. Questo ovviamente dev' essere valutato alla luce dell' intero contesto di fatto del caso di specie.

    Una terza ed ultima osservazione: l' applicabilità dell' art. 65, n. 1, del Trattato CECA non è pregiudicata dalla possibilità che l' art. 66, n. 7, del Trattato CECA sia anch' esso applicabile ai fatti di cui è causa (e viceversa). La Corte ha già dichiarato, relativamente ai rapporti tra l' art. 85 e l' art. 86 del Trattato CEE, che questi articoli possono in circostanze ben definite essere entrambi applicabili. Penso alla sentenza Hoffmann-La Roche, in cui la Corte si è domandata se accordi di approvvigionamento esclusivo - vietati dalla Commissione sulla base dell' art. 86 del Trattato CEE - ricadessero nell' art. 85 del Trattato CEE, ed in particolare nel n. 3:

    "Il fatto che accordi di tal fatta possono rientrare nella sfera dell' art. 85, ed in particolare del suo n. 3, non implica comunque che debba venire disapplicato l' art. 86, giacché questo riguarda in effetti, in modo espresso, situazioni derivanti manifestamente da vincoli contrattuali" (45).

    La Corte ha riaffermato tale tesi nella sentenza Ahmed Saeed, in cui si discuteva, tra l' altro, se l' applicazione di una tariffa aerea potesse dar luogo ad un abuso di posizione dominante qualora l' applicazione di tale tariffa fosse il risultato di un accordo tra due imprese, che in quanto tale ricade nel divieto di cui all' art. 85, n. 1:

    "Tali considerazioni non escludono l' ipotesi in cui un accordo tra due o più imprese rappresenti solo l' atto formale che sancisce una realtà economica caratterizzata dal fatto che un' impresa in posizione dominante è riuscita a fare applicare ad altre imprese le tariffe di cui trattasi. In un simile caso non può escludersi l' applicazione simultanea degli artt. 85 e 86" (46).

    Questo atteggiamento è stato adottato anche dal Tribunale di primo grado nella sentenza Tetra Pak (47). Non vedo alcun motivo per escludere un' analisi analoga relativamente ai rapporti tra gli artt. 65, n. 1, e 66, n. 7, del Trattato CECA.

    D - Art. 66, n. 7, del Trattato CECA

    22. Infine il giudice nazionale si chiede se l' art. 66, n. 7, del Trattato CECA si applichi alla fattispecie. Tale articolo così recita:

    "L' Alta Autorità, se riconosce che imprese pubbliche o private, le quali, di diritto o di fatto, hanno o conseguono, sul mercato di uno dei prodotti soggetti alla sua giurisdizione, una posizione dominante che le sottrae ad una concorrenza effettiva in una parte importante del mercato comune, usano di questa posizione a fini contrari agli scopi del presente Trattato, rivolge loro ogni raccomandazione atta ad ottenere che questa posizione non sia usata a tali fini. In mancanza di esecuzione soddisfacente delle dette raccomandazioni entro un termine ragionevole, l' Alta Autorità, con decisioni prese in consultazione con il governo interessato e sotto le sanzioni previste rispettivamente agli artt. 58, 59 e 64, determina i prezzi e le condizioni di vendita che l' azienda in argomento deve applicare, oppure stabilisce programmi di produzione o programmi di consegna che essa deve eseguire".

    Tutte le parti dinanzi alla Corte, ad eccezione del Regno Unito, sostengono che tale disposizione si applica alle concessioni per l' estrazione di carbone e alle relative condizioni in materia di canone e di pagamento. La British Coal tuttavia aggiunge che, al fine di applicare tale norma, si deve fornire la prova dell' esistenza di una posizione dominante e dell' abuso. Secondo il Regno Unito, d' altra parte, l' art. 66, n. 7, si applica solo se la Commissione riscontra che un' impresa detiene una posizione dominante sul mercato per uno o più prodotti che rientrano nel Trattato CECA il quale, esso ripete, non comprende il carbone grezzo. A suo parere, tale norma non si può applicare a concessioni per l' estrazione di carbone grezzo in mancanza di un sufficiente collegamento tra le condizioni cui queste concessioni vengono rilasciate e le condizioni alle quali il carbone estratto viene messo in commercio.

    23. Su tale punto posso essere breve. E' stato già dimostrato (al paragrafo 9) che il carbone grezzo è in effetti un prodotto che rientra nel Trattato CECA. E' anche chiaro che la British Coal è un' "impresa pubblica" ai sensi dell' art. 66, n. 7. Inoltre, tutti i dati di cui dispone la Corte indicano che la British Coal deve essere considerata come un' impresa che detiene una posizione dominante su una parte sostanziale del mercato comune, ai sensi di tale norma: essa è il più grande produttore di carbone nel Regno Unito (secondo la decisione della Commissione nel 1989/1990 ha rappresentato il 97% della produzione di carbone nel Regno Unito) e il più grande fornitore di carbone al settore della produzione di energia elettrica (oltre il 90% durante lo stesso periodo), fattori che sono indubbiamente collegati alle sue prerogative derivanti dalla legge (v. paragrafo 2 sopra), cioè il diritto di proprietà sulla maggior parte del carbone grezzo in Gran Bretagna e il diritto esclusivo di lavorazione ed estrazione di tale carbone.

    L' art. 66, n. 7, del Trattato CECA si applica pertanto alla British Coal, benché, secondo la Corte, il semplice sfruttamento di una posizione dominante o la semplice acquisizione di tale posizione o di un diritto esclusivo non costituisca di per sé un metodo abusivo di eliminare la concorrenza (48). Perché sussista nella fattispecie pertanto una violazione di tale norma, dev' essere fornita la prova del fatto che la British Coal, nel rilasciare concessioni e nel porre condizioni di canone e di pagamento al riguardo, ha fatto uso della sua posizione dominante in una maniera incompatibile con gli obiettivi del Trattato CECA, ad esempio tenendo comportamenti equivalenti a pratiche discriminatorie o restrittive ai sensi dell' art. 4, rispettivamente lett. b) e d), del Trattato CECA (49).

    IV - Le disposizioni del Trattato di cui trattasi hanno efficacia diretta?

    24. Con la terza questione il giudice nazionale chiede se gli artt. 4, lett. d), 60, 65 e/o 66, n. 7, del Trattato CECA abbiano efficacia diretta nel senso che danno origine a diritti che possono essere fatti valere da privati e che devono essere tutelati dal giudice nazionale. Ancora una volta la Corte si trova di fronte a due opposte tesi. La Banks e la Commissione sono per un' applicazione pura e semplice al Trattato CECA della giurisprudenza della Corte relativa all' efficacia diretta delle disposizioni del Trattato CEE e pervengono alla conclusione secondo la quale (quasi) tutte le disposizioni cui fa riferimento il giudice nazionale sono direttamente applicabili. La British Coal ed il Regno Unito d' altra parte escludono ogni efficacia diretta del Trattato CECA, salvo quando l' efficacia diretta è esplicitamente prevista dalle sue disposizioni. La British Coal basa la sua affermazione innanzi tutto sulle differenze tra il Trattato CEE ed il Trattato CECA, che emergono da un' analisi generale di quest' ultimo Trattato e dal ruolo conferito alla Commissione nel suo contesto. In subordine, essa sostiene, unitamente al Regno Unito, che le disposizioni pertinenti del Trattato CECA non sono sufficientemente precise ed incondizionate per avere efficacia diretta.

    A - Se le disposizioni del Trattato CECA abbiano efficacia diretta

    25. La British Coal sostiene che il Trattato CECA in generale non ha efficacia diretta poiché differisce in diversi aspetti fondamentali dal Trattato CEE, in particolare per quanto riguarda il ruolo della Commissione, che nel contesto del Trattato CECA è molto rilevante. Non condivido affatto questa tesi per i seguenti motivi. Il punto di partenza per ogni analisi dell' efficacia diretta di disposizioni di diritto comunitario è a mio parere l' unicità dell' ordinamento giuridico comunitario. Nel parere n. 1/91 la Corte mette in evidenza tale unicità, che si estende ai vari Trattati comunitari, nella formulazione più chiara possibile facendo riferimento alla sentenza Van Gend & Loos (50):

    "Come risulta dalla giurisprudenza consolidata della Corte di giustizia, i Trattati comunitari hanno instaurato un ordinamento giuridico di nuovo genere, a favore del quale gli Stati hanno rinunciato, in settori sempre più ampi, ai loro poteri sovrani e che riconosce come soggetti non soltanto gli Stati membri, ma anche i loro cittadini (...). Le caratteristiche fondamentali dell' ordinamento giuridico comunitario così istituito sono in particolare la sua preminenza sui diritti degli Stati membri e l' efficacia diretta di tutta una serie di norme che si applicano ai cittadini di tali Stati nonché agli Stati stessi" (51).

    (80) - Sentenza menzionata nella nota 53. Dopo aver messo in evidenza gli obiettivi comuni del procedimento di pronuncia pregiudiziale di cui agli artt. 41 del Trattato CECA e 177 del Trattato CEE (v. sopra paragrafo 27), la Corte al punto 16 ha dichiarato quanto segue: Sarebbe quindi contrario allo scopo ed alla coerenza sistematica dei Trattati che nel caso di disposizioni fondate sui Trattati CEE e CEEA la determinazione del loro significato e del loro ambito di applicazione spettasse in ultima istanza alla Corte di giustizia - come con uguale formulazione prevedono gli artt. 177 del Trattato CEE e 150 del Trattato CEEA - assicurando così l' uniformità della loro applicazione, mentre nel caso di norme relative al Trattato CECA questa competenza spetterebbe unicamente alle molteplici giurisdizioni nazionali, con possibili divergenze di interpretazione e senza che la Corte di giustizia fosse abilitata a garantire l' uniforme interpretazione di tali norme . Benché la sentenza Busseni riguardasse solo l' interpretazione di una misura adottata in base al Trattato CECA, in particolare una raccomandazione della Commissione, la pronuncia della Corte si estende chiaramente alle disposizioni stesse del Trattato CECA, come risulta dai punti 9, 15 e 16 della sentenza.

    (81) - Regolamento del Consiglio 6 febbraio 1962, n. 17, primo regolamento di attuazione degli artt. 85 e 86 del Trattato (GU 1962, n. 13, pag. 204).

    (82) - Per quanto riguarda l' applicazione dell' art. 85, n. 3, del Trattato CEE la Commissione ha competenza esclusiva, cioè con esclusione delle autorità nazionali competenti in materia di intese (v. art. 9 del regolamento n. 17).

    (83) - Escludendo in taluni Stati membri i giudici cui è affidato il particolare compito di applicare le leggi nazionali sulla concorrenza o di controllare la legittimità dell' applicazione fattane da parte degli organi amministrativi , i quali sono considerati allo stesso modo delle autorità degli Stati membri competenti in materia di intesa (v. sentenza BRT I, punto 19).

    (84) - Sentenza BRT I, punto 14.

    (85) - Sentenza BRT I, punto 15.

    (86) - Ibidem punto 17. Un parallelo può essere fatto qui con la giurisprudenza in materia di aiuti di Stato: come la Corte ha dichiarato nella sentenza 21 novembre 1991, causa C-354/90, Fédération nationale du commerce extérieur des produits alimentaires (Racc. 1991, pag. I-5505, punto 14), il ruolo esclusivo che gli artt. 92 e 93 del Trattato CEE conferiscono alla Commissione, che è di dichiarare un aiuto di Stato incompatibile con il mercato comune, differisce fondamentalmente dal ruolo dei giudici nazionali nel salvaguardare diritti di cui godono i singoli come conseguenza dell' efficacia diretta del divieto sancito nell' ultima frase dell' art. 93, n. 3, che vieta agli Stati membri di dare esecuzione alle misure progettate prima del completamento della procedura di cui all' art. 92; in pendenza di una decisione finale della Commissione essi devono tutelare i diritti dei singoli contro ogni violazione di tale divieto.

    (87) - Si confronti questa disposizione con la corrispondente disposizione nell' art. 85, n. 2, del Trattato CEE, che prevede che gli accordi o decisioni, vietati in virtù di tale articolo, sono nulli di pieno diritto. Nella sentenza Brasserie de Haecht, la Corte, relativamente a tale disposizione, ha dichiarato che accanto al possibile intervento della Commissione in forza dei regolamenti e delle direttive contemplate dall' art. 87, i giudici nazionali, grazie all' efficacia diretta dell' art. 85, n. 2, sono competenti a conoscere degli accordi e delle decisioni vietati ed a dichiararne la nullità ; la Corte continua dichiarando che mentre il primo tipo di procedimento presenta l' elasticità necessaria per tener conto delle circostanze particolari di ciascun caso, il n. 2 dell' art. 85, il cui scopo è quello di colpire con una severa sanzione una violazione grave, non lascia al giudice alcun margine di valutazione (sentenza 6 febbraio 1973, causa 48/72, Brasserie de Haecht, Racc. 1973, pag. 77, punti 4 e 5, il corsivo è mio).

    (88) - La concessione di un' esenzione naturalmente comporta che l' Alta Autorità abbia prima accertato che l' accordo di cui trattasi rientra nel divieto sancito dall' art. 65, n. 1. Ciò può determinare conflitti di competenza con i giudici nazionali, che sono ben conosciuti nel diritto CEE (v. paragrafo 56 e seguenti qui di seguito).

    (89) - Nella causa C-46/93 (Brasserie du Pêcheur) il Bundesgerichtshof ha sollevato un certo numero di questioni pregiudiziali relative a questi problemi a seguito di una domanda di risarcimento danni da parte della Brasserie du Pêcheur SA, una birreria francese, contro le autorità tedesche per il danno subito come conseguenza della Biersteuergesetz tedesca (legge sulle imposte sulla birra), di cui il Reinheitsgebot (requisito di purezza) era stato dichiarato dalla Corte nella sentenza 12 marzo 1987, causa 178/84, Commissione/Germania (Racc. 1987, pag. 1227), incompatibile con l' art. 30 del Trattato CEE. Nella causa C-48/93, Factortame, la High Court of Justice, Queen' s Bench Division, Divisional Court, ha sottoposto talune questioni pregiudiziali alla Corte sugli stessi problemi. Tali questioni sono sorte in correlazione a domande presentate da diverse società e privati contro le autorità del Regno Unito per il risarcimento del danno subito come conseguenza del Merchant Shipping Act 1988, alcune disposizioni del quale sono state dichiarate dalla Corte incompatibili col Trattato CEE (sentenza 25 luglio 1991, causa C-221/89, Factortame II, Racc. 1991, pag. I-3905, e sentenza 4 ottobre 1991, causa C-246/89, Commissione/Regno Unito, Racc. 1991, pag. I-4585).

    (90) - Sentenza menzionata alla nota 57.

    (91) - Sentenze 26 febbraio 1991, causa C-120/88, Commissione/Italia (Racc. 1991, pag. I-621, punto 10), causa C-119/89, Commissione/Spagna (Racc. 1991, pag. I-641, punto 9), e causa C-159/89, Commissione/Grecia (Racc. 1991, pag. 691, punto 10); v. anche sentenze 20 marzo 1986, causa 72/85, Commissione/Paesi Bassi (Racc. 1986, pag. 1219, punto 20), e 15 ottobre 1986, causa 168/85, Commissione/Italia (Racc. 1986, pag. 2945, punto 11). Anche nella sentenza Emmott la Corte ha ammesso, relativamente alla sua giurisprudenza concernente l' efficacia diretta delle direttive, che questa costituiva solo una garanzia minima (sentenza 25 luglio 1991, causa C-208/90, Racc. 1991, pag. I-4269, punto 20).

    (92) - Specialmente nell' ambito di ricorsi per inadempimento: il fatto che continuino ad esistere disposizioni nazionali incompatibili con il diritto comunitario crea ambiguità relativamente ai diritti ed agli obblighi dei singoli, che è incompatibile col principio della certezza giuridica e della tutela giuridica. Spetta perciò alle autorità nazionali o regionali, competenti ad emanare leggi o regolamenti, porre rimedio alla situazione e dare piena efficacia al diritto comunitario (v., tra l' altro, le sentenze menzionate nella nota precedente in Commissione/Italia, punto 11), Commissione/Spagna, punto 10, e Commissione/Grecia, punto 11; sentenza 21 giugno 1988, causa 257/86, Commissione/Italia (Racc. 1988, pag. 3249, punto 12); la Corte si rivolge poi alle autorità legislative e regolamentari nazionali anche nel campo delle sanzioni: se la normativa comunitaria non prevede di per sé un sistema di sanzioni specifiche, l' art. 5 del Trattato CEE impone a tutti gli Stati membri di prendere tutte le misure necessarie per garantire la portata e l' efficacia del diritto comunitario (sentenza 21 settembre 1989, causa 68/88, Commissione/Grecia, Racc. 1989, pag. 2965, punto 23).

    (93) - Sentenza 9 marzo 1978, causa 106/77, Simmenthal (Racc. 1978, pag. 629, punto 16).

    (94) - Sentenza 19 giugno 1990, causa C-213/89, Factortame I (Racc. 1990, pag. I-2433, punto 19). V. anche per ulteriori conferme le sentenze 16 dicembre 1976, causa 33/76, Rewe (Racc. 1976, pag. 1989, punto 5), causa 45/76, Comet (Racc. 1976, pag. 2043, punto 12); sentenze 27 febbraio 1980, causa 68/79, Just (Racc. 1980, pag. 501, punto 25); 27 marzo 1980, causa 61/79, Denkavit Italiana (Racc. 1980, pag. 1205, punto 25), sentenze 10 luglio 1980, causa 811/79, Ariete (Racc. 1980, pag. 2545, punto 12), e causa 826/79, Mireco (Racc. 1980, pag. 2559, punto 13). V. anche la precedente sentenza 19 dicembre 1968, causa 13/68, Salgoil (Racc. 1968, pag. 631, in particolare pag. 645).

    (95) - Sentenza Francovich, punto 36.

    (96) - Sentenza Simmenthal, soprammenzionata alla nota 93, punto 21.

    (97) - Sentenza Factortame I, soprammenzionata alla nota 94, punto 21.

    (98) - Sentenza Francovich, soprammenzionata alla nota 57, punto 35.

    (99) - Sentenza Francovich, punto 33. Al punto 34 la Corte ha aggiunto che la possibilità di risarcimento è particolarmente indispensabile qualora, come nella fattispecie (che riguardava la mancata attuazione di una direttiva), la piena efficacia delle norme comunitarie sia subordinata alla condizione di un' azione da parte dello Stato e, di conseguenza, i singoli, in mancanza di tale azione, non possano far valere dinanzi ai giudici nazionali i diritti loro riconosciuti dal diritto comunitario .

    (100) - Precisamente la direttiva del Consiglio 20 ottobre 1980, 80/987/CEE, concernente il ravvicinamento delle legislazioni degli Stati membri relative alla tutela dei lavoratori subordinati in caso di insolvenza del datore di lavoro (GU 1980, L 283, pag. 23).

    (101) - V. punti 10-27 incluso della sentenza Francovich. E' stato sostenuto che la Corte si è pronunciata contro l' efficacia diretta poiché intendeva sviluppare un rimedio giuridico contro l' inadempimento di uno Stato membro ad adeguarsi alle direttive comunitarie, che non fosse collegato al requisito dell' efficacia diretta; in tal modo la Corte avrebbe cercato di proposito di aggirare i problemi collegati all' efficacia non orizzontale delle direttive: Steiner, J.: From direct effects to Francovich: shifting means of enforcement of Community law , European Law Review, 1993, (3), pag. 9; v. anche Timmermans, C.W.A.: La sanction des infractions au droit communautaire , in La sanction des infractions au droit communautaire, 15 congresso FIDE a Lisbona, II, 1992, pag. 24, che fa notare che il rimedio giuridico sviluppato dalla Corte nella sentenza Francovich costituisce in certo qual modo un sostituto per la dottrina dell' efficacia diretta.

    (102) - Sentenza 12 luglio 1990, causa C-188/89, Foster e a. (Racc. 1990, pag. I-3313, punto 22 e dispositivo).

    (103) - Sentenza Francovich, punto 37 (il corsivo è mio).

    (104) - Sentenza Foster, menzionata nella nota 102, punto 20. La situazione giuridica dell' impresa di proprietà dello Stato di cui trattasi in tale causa, in particolare la British Gas Corporation, era all' epoca ampiamente comparabile a quella della British Coal: in base al Gas Act 1972 (che ha sostituito il Gas Act 1948, col quale l' industria del gas del Regno Unito è stata nazionalizzata) alla British Gas Corporation è stato conferito un monopolio nella fornitura di gas in Gran Bretagna ed un certo numero di compiti a ciò relativi. Solo successivamente, in forza del Gas Act 1986, questa industria è stata privatizzata (v. paragrafo 3 delle mie conclusioni nella causa Foster pag. I-3327, in particolare pag. I-3328).

    (105) - V. sentenza Francovich, punto 30. Il corsivo in questo punto ed in quelli successivi è mio.

    (106) - V. sopra paragrafo 37 e nota 86.

    (107) - Sentenza Francovich, punto 35.

    (108) - Sentenza Francovich, punto 36.

    (109) - Sentenza Van Gend & Loos pag. 23.

    (110) - Sentenza Simmenthal, punto 15 (il corsivo è mio).

    (111) - Art. 85, n. 2, del Trattato CEE; art. 65, n. 4, del Trattato CECA.

    (112) - V. Commissione, Tredicesima Relazione sulla politica di concorrenza, 1984, Bruxelles-Lussemburgo, pagg. 147 e 149, nn. 217 e 218; Quattordicesima Relazione sulla politica di concorrenza, 1985, n. 47, pag. 59, e in particolare Quindicesima relazione sulla politica di concorrenza, 1986, pagg. 52-55, nn. 38-43; v. anche la risposta della Commissione all' interrogazione scritta n. 519/72 (GU 1973, C 67, pag. 54) e più recentemente la risposta data dal signor Andriessen a nome della Commissione all' interrogazione scritta n. 1935/83 (GU 1984, C 144, pag. 14). Da uno studio interno sembra risultare che approssimativamente la metà delle denunce presentate alla Commissione relativamente a violazioni di norme comunitarie di concorrenza potrebbe essere risolta sulla base di un' analisi puramente giuridica e potrebbe pertanto essere trattata in maniera soddisfacente dai giudici nazionali: Quindicesima Relazione sulla politica di concorrenza, pag. 54, n. 40. A tal fine la Commissione recentemente ha redatto un' importante comunicazione sulla cooperazione tra giudici nazionali e la Commissione nell' applicazione dell' art. 85 e 86 del Trattato CEE (GU 1993, C 39, pag. 6).

    (113) - I singoli negli Stati Uniti possono ottenere un risarcimento triplo del danno sopportato come conseguenza di una violazione della normativa federale antitrust (cosiddetto treble damages ): sia lo Sherman Act sia il Clayton Act prevedono che chiunque injured in his business or property by reason of anything forbidden in the antitrust laws (...) shall recover threefold the damages by him sustained, and the cost of suit, including a reasonable attorney' s fee (abbia subito un danno nella sua attività o proprietà a causa di una qualsiasi violazione delle norme antitrust (...) ha diritto a tre volte il danno subito e alle spese processuali, compresi gli onorari d' avvocato, equamente calcolati): v. al riguardo con numerosi riferimenti Areda, Ph. e Kaplow, L.: Antitrust Analysis Problems Text, Case 1, Boston-Toronto, Little, Brown & Company, 4ª ed., 1988, pag. 83, nn. 146 e seguenti.

    (114) - Sentenza Simmenthal, punto 17.

    (115) - V., ad esempio, la relazione Sul risarcimento del danno derivante dalla violazione degli artt. 85 e 86 del Trattato CEE, Raccolta di Studi, serie concorrenza, n. 1, Commissione, Bruxelles, 1966, pag. 5. Questa era anche la tesi del Bundesgerichtshof nella sua sentenza 14 aprile 1959 (v. nota 66), ma tale è precisamente uno dei motivi per cui, nonostante riconoscesse l' efficacia diretta dell' art. 60, n. 1, del Trattato CECA (v. di nuovo nota 66), la Corte ha rifiutato di collegarvi una qualsiasi conseguenza di diritto privato; ciò avrebbe portato a una valutazione differente da uno Stato membro all' altro, il che in effetti va contro la parità di trattamento perseguita dal Trattato CECA. Per una critica di tale sentenza vedi, tra l' altro, Janssen Van Raay, J.L.: Een beslissing van het Bundesgerichtshof over E.G.K.S.-recht , Nederlands Juristenblad, 1960, (437) pagg. 444 e 445.

    (116) - In particolare laddove è possibile per l' attuazione delle norme comunitarie far riferimento al sistema procedurale e sostanziale di tutela giuridica che già esiste negli Stati membri.

    (117) - Le lacune ed i punti deboli del diritto nazionale pregiudicano anche l' attuazione del diritto comunitario. Si è fatto ripetutamente riferimento a questi pericoli: v., tra l' altro, Bridge, J.: Procedural Aspects of the Enforcement of European Community Law through the Legal Systems of the Member States , European Law Review, 1984, (28), pagg. 31 e 32; Curtin, D.: The Decentralised Enforcement of Community Law Rights Judicial Snakes and Ladders , in Constitutional Adjudication in European Comunity and National Law. Essays for the Hon. Mr. Justice T.F. O' Higgins, Dublin, Butterworth (33), pag. 34; v. anche Timmermans, C.W.A.: La sanction des infractions au droit communautaire , menzionato nella nota 101, pag. 21.

    (118) - Sentenza 21 febbraio 1991, cause riunite C-143/88 e C-92/89, Zuckerfabrik Suederdithmarschen e Zuckerfabrik Soest (Racc. 1991 pag. I-415, punto 26).

    (119) - V. Bridge, J., articolo menzionato nella nota 117, pag. 29.

    (120) - Sentenza Francovich, punto 42. Già nella sentenza 22 gennaio 1976, causa 60/75, Russo (Racc. 1976, pag. 45, punto 9), la Corte aveva dichiarato che nell' ipotesi che il danno derivi dalla violazione di una norma di diritto comunitario da parte dello Stato, questo dovrà risponderne, nei confronti del soggetto leso, in conformità alle disposizioni di diritto interno relative alla responsabilità della pubblica amministrazione (il corsivo è mio).

    (121) - Ibidem. Su tale punto la Corte fa riferimento, tra l' altro, alla sentenza nella causa 33/76, Rewe, menzionata alla nota 94, e alla sentenza 7 luglio 1981, causa 15/80, Rewe (Racc. 1981, pag. 1805).

    (122) - V. la sentenza Salgoil, menzionata nella nota 94, pag. 645, nonché le altre sentenze menzionate in tale nota, in particolare Rewe al punto 5, Comet al punto 15, Ariete al punto 12, e Mireco al punto 13. V. anche sentenza 9 luglio 1985, causa 179/84, Bozzetti (Racc. 1985, pag. 2301, punto 17).

    (123) - V. sentenze 15 maggio 1986, causa 222/84, Johnston [Racc. 1986, pag. 1651, punto 18 (al punto 20 la Corte fa riferimento al principio di un effettivo controllo giudiziario )], e 15 ottobre 1987, causa 222/86, Heylens (Racc. 1987, pag. 4097, punto 14). In base a queste sentenze tale requisito deriva dalle tradizioni costituzionali comuni a tutti gli Stati membri ed è anche sancito negli artt. 6 e 13 della Convenzione europea per la salvaguardia dei diritti dell' uomo e delle libertà fondamentali.

    (124) - Causa 158/80, Rewe, menzionata alla nota 121, punto 44.

    (125) - Questi requisiti di non discriminazione - e possibilità pratica - sono già stati sanciti dalla Corte nelle soprammenzionate sentenze Rewe e Comet: sentenze Rewe, punto 5, e Comet, punti 13 e 16; v. inoltre le sentenze, menzionate nella nota 94, Just, punto 25; Denkavit italiana, punto 25; Ariete, punto 12; Mireco, punto 13; sentenza 9 novembre 1983, causa 199/82, San Giorgio (Racc. 1983, pag. 3595, punto 12); Emmott, menzionata alla nota 91, punto 16. Il significato autonomo del secondo requisito risulta dal punto 17 della sentenza San Giorgio: in essa, la Corte ha precisato che il requisito di non discriminazione non costituisce alcuna giustificazione nel caso in cui per la relativa violazione del diritto comunitario, come per un' analoga violazione del diritto nazionale, non sia possibile alcun rimedio giuridico (nella fattispecie il rimborso di oneri indebitamente pagati).

    (126) - Sentenza Francovich punto 43 (il corsivo è mio). Nella sentenza Francovich la Corte non riformula il requisito dell' efficacia diretta, che è presente nelle sentenze menzionate nella nota precedente.

    (127) - V. la giurisprudenza della Corte relativa alla restituzione di tributi dichiarati incompatibili col diritto comunitario: sentenza San Giorgio, punto 14; sentenza 24 marzo 1988, causa 104/86, Commissione/Italia (Racc. 1988, pag. 1799, punto 7).

    (128) - Sentenze Rewe, menzionate nella nota 94, punto 5; Comet, punto 17; Emmott, punto 17.

    (129) - V., relativamente alla posizione di una direttiva che non sia ancora stata correttamente trasposta nel diritto nazionale da parte di uno Stato membro, la sentenza Emmott, punti 23 e 24 e dispositivo.

    (130) - Questo è stato deciso dalla Corte in controversie tributarie, in cui era necessario tener conto della possibilità che un' impresa avesse incorporato nei suoi prezzi taluni oneri indebitamente pagati e li avesse ripercossi sui propri clienti (v. sentenza Just, punti 26 e 27; Denkavit Italiana, punti 26 e 28; Ariete, punto 13; Mireco, punto 14).

    (131) - Come l' avvocato generale Mischo ha già fatto rilevare nella sentenza Francovich, non è auspicabile che la responsabilità delle istituzioni comunitarie per violazione del diritto comunitario possa essere strutturata in maniera tale che differisca notevolmente da quella delle autorità nazionali (o dei singoli) per violazione del diritto comunitario (Racc. 1991, pag. I-5396, paragrafo 71, con riferimento alla sentenza 27 settembre 1988, cause riunite 106/87-120/87, Asteris, Racc. 1988, pag. 5515, punto 18).

    (132) - Sentenza Francovich, punto 38.

    (133) - V. i punti 39 e 40 della sentenza Francovich: secondo la Corte queste condizioni sono di tre ordini: i) il risultato prescritto dalla direttiva deve implicare l' attribuzione di diritti a favore dei singoli; ii) il contenuto di tali diritti deve poter essere individuato sulla base delle disposizioni della direttiva; e iii) deve esservi un nesso di causalità tra la violazione dell' obbligo a carico dello Stato ed il danno subito dai soggetti lesi.

    (134) - Trattasi di giurisprudenza consolidata (v. sentenza 28 aprile 1971, causa 4/69, Luetticke, Racc. 1971, pag. 325, punto 10; v. anche sentenza 14 gennaio 1987, causa 281/84, Zuckerfabrik Bedburg, Racc. 1987, pag. 49, punto 17).

    (135) - V. punto 40 della sentenza Francovich indicato alla nota 133.

    (136) - Ciò costituisce giurisprudenza consolidata (v., tra l' altro, sentenze 2 luglio 1974, causa 153/73, Holtz & Willemsen, Racc. 1974, pag. 675, punto 7; 4 marzo 1980, causa 49/79, Pool, Racc. 1980, pag. 569, punto 7; 8 dicembre 1987, causa 50/86, Grands Moulins de Paris, Racc. 1987, pag. 4833, punto 7).

    (137) - V. sentenza 14 luglio 1967, cause riunite 5/66, 7/66 e 13/66-24/66, Kampffmeyer e a. (Racc. 1967, pag. 287, in particolare pag. 311), in cui la Corte appare restia a riconoscere un danno che in relazione al lucro cessante si basa su elementi di natura essenzialmente speculativa .

    (138) - Sentenze 2 giugno 1976, cause riunite 56/74-60/74, Kampffmeyer (Racc. 1976, pag. 711, punto 6), 2 marzo 1977, causa 44/76, Milch-, Fett- und Eier-kontor (Racc. 1977, pag. 393, punto 8); 29 gennaio 1985, causa 147/83, Binderer (Racc. 1985, pag. 257, punto 19); e causa 281/84, Zuckerfabrik Bedburg, menzionata alla nota 134, punto 14. Queste sentenze sono sulla stessa linea della precedente giurisprudenza; infatti la Corte ha dichiarato nella sentenza 15 luglio 1963, causa 25/62, Plaumann (Racc. 1963, pag. 205, in particolare pag. 233), che un privato può inserire nel ricorso un' istanza di accertamento relativa al danno che può derivare dal provvedimento impugnato e nel corso delle fasi scritta e orale del procedimento può specificare e quantificare l' importo di tale danno.

    (139) - Sentenza Kampffmeyer, menzionata alla nota precedente, punto 6.

    (140) - Sentenza 19 maggio 1992, cause riunite C-104/89 e C-37/90, Mulder e Heinemann (Racc. 1992, pag. I-3601, punto 26), e mie conclusioni alla pag. I-3121, paragrafo 47.

    (141) - Sentenza Mulder e Heinemann, punto 33, e mie conclusioni pag. I-3122, paragrafo 49.

    (142) - V. sentenze 4 ottobre 1979, rispettivamente, causa 238/78, Ireks-Arkady (Racc. 1979, pag. 2955, punto 14); cause riunite 241/78, 242/78, e 245/78-250/78, DGV (Racc. 1979, pag. 3017, punto 15); cause riunite 261/78 e 262/78, Interquell Staerke-Chemie (Racc. 1979, pag. 3045, punto 17); e cause riunite 64/76 e 113/76, 167/78 e 239/78, 27/79, 28/79 e 45/79, Dumortier Frères (Racc. 1979, pag. 3091, punto 15).

    (143) - Sentenza 9 dicembre 1965, cause riunite 29/63, 31/63, 36/63, 39/63-47/63, 50/63 e 51/63, Société Anonyme des Laminoirs e a. (Racc. 1965, pag. 1107, in particolare pag. 1142).

    (144) - Sentenza 6 ottobre 1982, causa 261/78, Interquell Staerke-Chemie (Racc. 1982, pag. 3271, punto 11).

    (145) - V. punto 40 della sentenza Francovich, riassunto alla nota 133.

    (146) - Sentenza Dumortier Frères, punto 21.

    (147) - V. sentenza Vloeberghs, soprammenzionata alla nota 20, pag. 451; sentenza 12 luglio 1962, causa 18/60, Worms (Racc. 1962, pag. 371); più recentemente confermato nella sentenza 30 gennaio 1992, cause riunite C-363/88 e C-364/88, Finsider e a. (Racc. 1992, pag. I-359, punto 25); al punto 45 di tale sentenza la Corte ribadisce che deve esserci la prova di un illecito sufficientemente grave che è la causa diretta del danno fatto valere.

    (148) - V. sentenza 25 maggio 1978, cause riunite 83/76 e 94/76, 4/77, 15/77 e 40/77, HNL (Racc. 1978, pag. 1209, punto 4); sentenza Mulder e Heinemann, punto 12.

    (149) - Anche nella sentenza Francovich vi era una violazione, ma da parte delle autorità pubbliche, di un obbligo preciso di trasporre la direttiva di cui trattavasi nel diritto nazionale entro un termine stabilito. In quella causa come in questa non vi erano motivi per applicare il criterio più flessibile, indicato nell' art. 215 del Trattato CEE e qui sopra nel testo, all' esercizio del potere discrezionale da parte delle autorità pubbliche.

    (150) - Sentenza 8 novembre 1990, causa C-177/88, Dekker (Racc. 1990, pag. I-3941, punto 19 e seguenti).

    (151) - Direttiva del Consiglio 9 febbraio 1976, 76/207/CEE, relativa all' attuazione del principio della parità di trattamento fra gli uomini e le donne per quanto riguarda l' accesso al lavoro, alla formazione e alla promozione professionale e le condizioni di lavoro (GU 1976, L 39, pag. 40).

    (152) - Ancora una volta tuttavia l' effetto pratico delle norme di concorrenza sarebbe affievolito considerevolmente se fosse richiesta la prova della colpa (v. sentenza Dekker, soprammenzionata, punto 24). Diversa è la situazione per quanto riguarda la questione dell' esistenza dell' intenzionalità o della negligenza come condizione per l' imposizione di un' ammenda (v. nel contesto del Trattato CEE l' art. 15 del regolamento n. 17/62).

    (153) - Sentenza Mulder e Heinemann, punto 34.

    (154) - Era già risultato dall' analisi di Diritto comparato effettuata dall' avvocato generale Capotorti nella causa Dumortier che questo è un principio generale comune agli ordinamenti giuridici degli Stati membri (conclusioni nelle cause riunite 64/76 e 113/76, 167/78 e 239/78, 27/79, 28/79 e 45/79, Dumortier, Racc. 1982, pagg. 1756-1758, paragrafo 4). L' avvocato generale ha dedotto da questa analisi che nell' ambito della Comunità esiste una tendenza sufficientemente chiara e diffusa a tener conto, nel determinare il risarcimento in caso di responsabilità extracontrattuale, degli effetti delle circostanze successive all' evento che ha causato il danno, quali il deprezzamento o la svalutazione della moneta.

    (155) - Ordinanza 19 dicembre 1990, causa C-358/90 R, Compagnia Italiana Alcool (Racc. 1990, pag. I-4887, punto 26, il corsivo è mio); v. anche ordinanze 26 settembre 1988, causa 229/88 R, Cargill (Racc. 1988, pag. 5183, punto 17); 23 maggio 1990, causa C-51/90 R e C-58/90 R, Comos Tank e a. (Racc. 1990, pag. I-2167, punto 24); e 25 ottobre 1990, causa C-257/90 R, Italsolar (Racc. 1990, pag. I-3941, punto 15).

    (156) - Sentenze Ireks-Arkady, punto 20; DGV, punto 28; Interquell Staerke-Chemie, punto 23; Dumortier Fréres, punto 25; esplicitamente confermata nella sentenza Mulder e Heinemann, punto 35.

    (157) - Sentenza 10 aprile 1984, causa 14/83, Von Colson e Kamann (Racc. 1984, pag. 1891, punti 23 e 24); ripresa nella sentenza Dekker, menzionata alla nota 150, punto 23; e nella sentenza Marshall II, menzionata alla nota 74, punto 18: in realtà la direttiva, secondo la Corte, lascia agli Stati membri una libertà di scelta tra le varie soluzioni atte a raggiungere gli scopi che essa persegue.

    (158) - Sentenza Marshall II, punto 26 (il corsivo è mio).

    (159) - Sentenza Marshall II, punto 30.

    (160) - Sentenza Marshall II, punto 31. Al punto 32 della sentenza e al punto 1 del dispositivo la Corte pertanto risponde alla questione posta nel senso che come conseguenza dell' art. 6 della direttiva 76/207 il risarcimento del danno subito da una persona lesa a seguito di un licenziamento discriminatorio non può essere limitato (...) dalla mancanza di interessi intesi a compensare la perdita subita da colui che riceve il risarcimento a causa del tempo trascorso prima che il capitale concesso sia stato effettivamente pagato .

    (161) - V. sentenza Fédération nationale du commerce extérieur des produits alimentaires, menzionata alla nota 86, in particolare punto 16.

    (162) - V. in particolare sentenza Brasserie de Haecht, menzionata alla nota 87, in particolare ai punti 4-12; nonché le sentenze BRT I, punti 15-23, e Marty, punti 13-14.

    (163) - Sentenza Delimitis, menzionata alla nota 79, punti 44 e 45.

    (164) - Sentenza Delimitis, punto 47.

    (165) - Sentenza Delimitis, punto 50. Nel punto 51 la Corte fa presente che una decisione di esenzione può essere adottata solo relativamente ad un contratto che è stato notificato o che è esonerato dall' obbligo di notifica.

    (166) - Sentenza Delimitis, punti 52 e 53. La Corte aggiunge poi che ai sensi dell' art. 5 del Trattato CEE la Commissione è tenuta ad un obbligo di leale cooperazione con le autorità giudiziarie degli Stati membri.

    (167) - Sentenza Delimitis, punto 54.

    (168) - V. riferimento alla nota 112.

    (169) - V. le conclusioni del giudice Kirschner, facente funzione di avvocato generale nella causa T-51/89, Tetra Pak (Racc. 1990, pagg. II-345 e II-346, paragrafo 104), il quale giustamente aggiunge, sulla base della giurisprudenza della Corte relativa al regolamento n. 67/67, che il giudice nazionale rimane competente ad interpretare un regolamento di esenzione per categoria (dotato di efficacia diretta) al fine di accertare se un determinato accordo rientri o meno in esso: il pericolo di valutazioni contraddittorie può essere evitato facendo ricorso al procedimento pregiudiziale.

    (170) - V. al riguardo le conclusioni dell' avvocato generale Reischl nella causa Marty (Racc. 1980, pag. 2507), e le conclusioni del giudice Kirschner, facente funzione di avvocato generale, menzionate nella nota precedente, nella causa Tetra Pak, ibidem.

    (171) - Sentenze 10 luglio 1980, cause riunite 253/78 e 1/79-3/79, Giry e Guerlain (Racc. 1980, pag. 2327, punto 13); nella causa Marty, menzionata alla nota 79, punto 10; nella causa 99/79, Lancôme (Racc. 1980, pag. 2511, punto 11); e di nuovo nella sentenza 11 dicembre 1980, causa 31/80, L' Oréal (Racc. 1980, pag. 3775, punto 11).

    (172) - Ibidem.

    (173) - Nel caso di decisioni individuali CECA (v. il combinato disposto dell' art. 14 e dell' art. 15, secondo comma, del Trattato CECA); per le decisioni CEE (v. l' art. 189, quarto comma, del Trattato CEE).

    (174) - Sentenza Foto-Frost, menzionata alla nota 55; v. anche nella sentenza Busseni, menzionata alla stessa nota, punto 14.

    (175) - Ciò non vale evidentemente per il destinatario della decisione o per le persone che risultino individualmente e direttamente interessate dalla decisione stessa; costoro, se vogliono impugnare gli accertamenti di fatto o di diritto operati nella decisione, dispongono solo del ricorso d' annullamento ai sensi dell' art. 173 del Trattato CEE.

    (176) - V. la condizione posta alla Corte nella sentenza Zuckerfabrik, menzionata alla nota 118, per la sospensione da parte del giudice nazionale dell' esecuzione di un atto amministrativo nazionale basato su un regolamento comunitario (sentenza Zuckerfabrik, punti 22 e 33 e punto 2 del dispositivo).

    (177) - Si tratta allora di accertamenti che, poiché non erano necessari al fine della costruzione del dispositivo (ai sensi della giurisprudenza della Corte relativa all' art. 190 del Trattato CEE: v. paragrafi 15 e 17 delle mie conclusioni 29 giugno 1993, causa C-137/92 P, BASF, non ancora pubblicata nella Raccolta) non possono costituire oggetto di alcun ricorso per annullamento (v. sentenza del Tribunale 17 settembre 1992, causa T-138/89, NBV e NVB, Racc. 1992, pag. II-2181, punto 31).

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