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Document 52016XC0401(01)

Comunicazione della Commissione — Orientamenti per l'interpretazione della direttiva 2000/59/CE relativa agli impianti portuali di raccolta per i rifiuti prodotti dalle navi e i residui del carico

C/2016/1759

GU C 115 del 1.4.2016, p. 5–16 (BG, ES, CS, DA, DE, ET, EL, EN, FR, HR, IT, LV, LT, HU, MT, NL, PL, PT, RO, SK, SL, FI, SV)

1.4.2016   

IT

Gazzetta ufficiale dell'Unione europea

C 115/5


COMUNICAZIONE DELLA COMMISSIONE

Orientamenti per l'interpretazione della direttiva 2000/59/CE relativa agli impianti portuali di raccolta per i rifiuti prodotti dalle navi e i residui del carico

(2016/C 115/05)

Sintesi

Sulla scorta dell’esperienza acquisita attraverso il monitoraggio e la valutazione dell’attuazione della direttiva 2000/59/CE relativa agli impianti portuali di raccolta per i rifiuti prodotti dalle navi e i residui del carico (1) durante gli ultimi quindici anni, la Commissione ha deciso, per motivi di trasparenza e di certezza del diritto, di formulare un’interpretazione riguardo ad alcune delle disposizioni fondamentali della direttiva.

La presente comunicazione della Commissione è finalizzata ad illustrare la posizione di quest’ultima riguardo al modo in cui andrebbero attuate talune disposizioni. Essa non pretende di rivedere la direttiva né di interferire con le competenze della Corte di giustizia in materia di interpretazione.

La comunicazione inizia precisando i principali obblighi relativi alla messa a disposizione di sufficienti e adeguati impianti portuali di raccolta e il modo in cui tali obblighi andrebbero integrati in piani completi per la raccolta e la gestione dei rifiuti in ciascun porto, conformemente alle prescrizioni enunciate nell’allegato I della direttiva.

La comunicazione tratta in seguito dei principali obblighi in merito all’uso effettivo di tali impianti: l’obbligo di conferimento dei rifiuti prodotti dalle navi agli impianti portuali di raccolta prima che una nave lasci il porto e l’eccezione a tale obbligo qualora risulti la presenza di una capacità di stoccaggio sufficiente per tutti i rifiuti prodotti dalle navi.

La comunicazione della Commissione fornisce infine orientamenti per l’applicazione di esenzioni dai principali obblighi stabiliti dalla direttiva.

1.   INTRODUZIONE

La direttiva 2000/59/CE relativa agli impianti portuali di raccolta per i rifiuti prodotti dalle navi e i residui del carico (di seguito «la direttiva» o «la direttiva IPR») allinea la legislazione dell’UE agli obblighi internazionali stabiliti nella convenzione MARPOL. Successivamente alla sua adozione la convenzione MARPOL è stata più volte modificata, procedendo gradualmente verso un divieto totale degli scarichi, mentre sono state acquisite nuove conoscenze sull’impatto che gli scarichi di rifiuti in mare producono sugli ecosistemi marini.

Il principale obiettivo della direttiva è ridurre gli scarichi in mare dei rifiuti prodotti dalle navi e dei residui del carico, rafforzando in tal modo la protezione dell’ambiente marino. In quanto tale la direttiva è uno strumento fondamentale affinché i trasporti marittimi siano più ecologici, come enunciato nella comunicazione della Commissione dal titolo «Obiettivi strategici e raccomandazioni per la politica UE dei trasporti marittimi fino al 2018», che annovera fra le sue raccomandazioni un obiettivo a lungo termine «zero rifiuti, zero emissioni» (2). La direttiva è anche il principale strumento giuridico dell’UE per ridurre i rifiuti marini provenienti da fonti marittime, in linea con il 7o programma di azione per l’ambiente (3) e gli impegni internazionali assunti dall’UE e dai suoi Stati membri.

La Commissione ha valutato l’attuazione e l’efficacia della direttiva nel tempo. Nel 2015 è stata completata con successo una valutazione REFIT della direttiva 2000/59/CE (4). La valutazione ha riguardato la pertinenza, l’efficacia, l’efficienza, il valore aggiunto dell’UE e la coerenza della direttiva e ha rivelato che, nel corso degli anni, gli Stati membri hanno elaborato interpretazioni e pratiche diverse al momento di attuare determinati aspetti e prescrizioni essenziali della direttiva, in particolare per quanto concerne l’obbligo di conferimento dei rifiuti prodotti dalla nave (articolo 7), l’applicazione delle esenzioni (articolo 9) e l’elaborazione dei piani di raccolta e di gestione dei rifiuti (RGR) (articolo 5). La valutazione è giunta alla conclusione che queste divergenze di interpretazione e attuazione ostacolano l’efficacia della direttiva.

La presente comunicazione rispecchia il modo in cui la Commissione interpreta talune disposizioni della direttiva conformemente alla vigente normativa internazionale e dell’UE (5). Essa intende pertanto fornire agli Stati membri un orientamento sul modo in cui vanno intese e attuate tali disposizioni. Essa non pretende di rivedere la direttiva né di interferire con le competenze della Corte di giustizia in materia di interpretazione.

2.   IMPIANTI PORTUALI DI RACCOLTA

2.1.   Adeguatezza

L’articolo 4 della direttiva impone agli Stati membri di mettere a disposizione impianti portuali di raccolta «adeguati a rispondere alle esigenze delle navi che utilizzano normalmente il porto, senza causare loro ingiustificati ritardi». Per determinare tale adeguatezza la direttiva fa riferimento alla capacità di ricevere le categorie e i quantitativi di rifiuti prodotti da navi e i residui del carico provenienti dalle «navi che normalmente vi approdano», tenendo conto dei seguenti elementi:

esigenze operative degli utenti dello scalo,

ubicazione geografica e dimensioni del porto,

tipologia delle navi che vi fanno scalo,

esenzioni di cui all’articolo 9.

Il concetto di «adeguatezza» è stato ulteriormente elaborato sia a livello internazionale (6) che a livello regionale (7). Nel fornire chiarimenti sui diversi aspetti dell’adeguatezza degli impianti, la Commissione ha preso in considerazione gli orientamenti forniti da tali organizzazioni.

L’adeguatezza riguarda da un lato le condizioni operative, intese cioè a rispondere alle esigenze delle navi che normalmente approdano nei porti e a non creare ostacoli alle navi che utilizzano gli impianti, e dall’altro la gestione ambientale degli impianti stessi.

Per quanto concerne le necessarie condizioni operative, la Commissione sottolinea che la semplice messa a disposizione di impianti non significa necessariamente che questi siano adeguati. Un’ubicazione infelice, la complessità delle procedure, una disponibilità limitata e costi indebitamente elevati per il servizio fornito sono altrettanti fattori che possono scoraggiare l’uso degli impianti di raccolta. Affinché un impianto portuale di raccolta possa essere considerato adeguato, dovrebbe essere disponibile nel corso dello scalo di una nave, ben ubicato e di facile utilizzo, assicurare il trattamento di tutti i tipi di flussi di rifiuti che arrivano abitualmente nel porto e non essere oneroso al punto da scoraggiare gli utenti (8). Allo stesso tempo la Commissione sottolinea che la dimensione e l’ubicazione geografica del porto possono entrambe limitare ciò che può essere tecnicamente e ragionevolmente fornito in termini di raccolta e di gestione dei rifiuti.

Per soddisfare i criteri di prestazione ambientale e contribuire al miglioramento dell’ambiente marino, l’impianto deve inoltre consentire lo smaltimento finale dei rifiuti prodotti dalle navi secondo opportuni criteri ambientali. Conformemente alla direttiva IPR i rifiuti prodotti dalle navi e i residui del carico devono essere considerati rifiuti ai sensi della direttiva 2008/98/CE del Parlamento europeo e del Consiglio relativa ai rifiuti e che abroga alcune direttive (9)  (10) (direttiva quadro sui rifiuti). L’articolo 12, lettera g), prevede pertanto che il trattamento, il recupero o lo smaltimento dei rifiuti prodotti dalle navi e dei residui del carico siano svolti in conformità della direttiva quadro sui rifiuti e di altra legislazione dell’UE in materia.

I principi della gestione ecologicamente corretta dei rifiuti sono altresì stabiliti nella convenzione internazionale sul controllo dei movimenti transfrontalieri di rifiuti pericolosi e del loro smaltimento (convenzione di Basilea), che le parti di tale convenzione sono tenute ad applicare. L’articolo 4, paragrafo 2, lettera b), della convenzione di Basilea stabilisce che «ciascuna parte adotta le misure appropriate volte a garantire la disponibilità di impianti di smaltimento adeguati per una gestione ecologicamente corretta dei rifiuti pericolosi e di altri rifiuti che dovranno, nel limite del possibile, essere dislocati all’interno del territorio della parte stessa, indipendentemente dal luogo di smaltimento». La Commissione ritiene che, sebbene la convenzione non si applichi ai rifiuti prodotti durante il servizio di una nave (11), essa diventi applicabile una volta che i rifiuti sono stati conferiti a un impianto portuale di raccolta, e che tale impianto debba essere gestito in modo tale da rispettare i principi sanciti nella suddetta convenzione (12) e nella legislazione dell’UE in materia di rifiuti (13).

L’articolo 4, paragrafo 3, della direttiva impone agli Stati membri di stabilire le procedure, nel rispetto di quelle stabilite dall’IMO, per segnalare allo Stato di approdo le eventuali inadeguatezze rilevate negli impianti portuali di raccolta. A norma dell’articolo 12, lettera f), inoltre, gli Stati membri sono tenuti a provvedere affinché la Commissione riceva una copia di tali rapporti.

2.2.   Piani di raccolta e di gestione dei rifiuti

Un elemento essenziale della direttiva nel contesto della fornitura di adeguati impianti portuali di raccolta è l’obbligo di elaborare e controllare in tutti i porti i piani di raccolta e di gestione dei rifiuti («piani di RGR») per la raccolta e il trattamento dei rifiuti prodotti dalle navi e dei residui del carico. Il piano di RGR costituisce uno dei principali meccanismi di attuazione delle prescrizioni della direttiva al livello dei porti. Al fine di elaborare un piano, le autorità competenti devono in primo luogo valutare le esigenze delle navi che (abitualmente) approdano nel porto di loro competenza e in secondo luogo adottare i provvedimenti opportuni per soddisfare tali esigenze. L’articolo 5 della direttiva stabilisce che tale piano sia elaborato e attuato per ciascun porto previa consultazione delle parti interessate, tenendo conto degli obblighi di cui agli articoli 4, 6, 7, 10 e 12.

2.2.1.   Elementi obbligatori

Nell’allegato I della direttiva sono state stabilite prescrizioni dettagliate per i piani di RGR. Un piano di RGR deve affrontare un’ampia gamma di questioni, comprese quelle che contribuiscono allo sviluppo del sistema di impianti portuali di raccolta e all’attuazione del piano.

L’allegato I stabilisce una distinzione tra una serie di elementi essenziali che vanno obbligatoriamente inclusi in ogni piano di RGR e una serie di elementi raccomandati. Tra gli elementi obbligatori si annoverano la descrizione degli impianti, le procedure di raccolta dei rifiuti, il sistema di tariffazione e le procedure per la segnalazione delle eventuali inadeguatezze rilevate e per la consultazione. Questi elementi fanno parte delle informazioni che dovrebbero essere fornite anche a tutti gli utenti del porto.

L’elenco delle prescrizioni comprende inoltre una «valutazione del fabbisogno di impianti portuali di raccolta». La Commissione è del parere che tale valutazione dovrebbe basarsi sulle statistiche disponibili in funzione del tipo e della dimensione delle navi che abitualmente approdano in un porto e dei quantitativi e tipi di rifiuti conferiti negli anni precedenti (14). La Commissione osserva che la «descrizione dei tipi e quantità dei rifiuti prodotti dalle navi e dei residui del carico ricevuti e gestiti dal porto» è citata anch’essa quale elemento obbligatorio da inserire nel piano di RGR. Questa descrizione è risultata inesistente nella maggior parte dei piani valutati dalla Commissione negli ultimi anni. La Commissione ritiene che tali informazioni siano essenziali per una corretta valutazione della necessità e dell’adeguatezza degli impianti portuali di raccolta in un porto, come si evince dal piano di RGR.

Infine il piano di RGR è anche uno strumento importante per l’applicazione del sistema di recupero dei costi che deve essere istituito a norma dell’articolo 8 della direttiva. Conformemente all’allegato I il piano di RGR deve contenere una descrizione del sistema di tariffazione. Tali informazioni dovrebbero essere rese disponibili al pubblico e sottoposte a consultazioni permanenti.

2.2.2.   Ambito di applicazione: porti che devono avere un piano di RGR

La direttiva impone l’elaborazione di un piano adeguato di RGR per ciascun porto, definito come «un luogo o un’area geografica cui siano state apportate migliorie e aggiunte attrezzature tali da consentire, principalmente, l’attracco di navi, compresi i pescherecci e le imbarcazioni da diporto» (15).

I porti che rientrano nel campo di applicazione della direttiva sono quelli ove fanno normalmente scalo le navi che rientrano nel campo di applicazione della direttiva (16), vale a dire tutte le navi che fanno scalo o che operano in un porto di uno Stato membro, ad esclusione delle navi militari da guerra, o ausiliarie o di altre navi possedute o gestite da uno Stato e impiegate solo per servizi statali a fini non commerciali (17). Anche i pescherecci e le imbarcazioni da diporto rientrano nel campo di applicazione della direttiva come pure, di conseguenza, i porti ove fanno scalo tali navi.

Tenendo conto pertanto dell’ambito di applicazione della direttiva, i piani di RGR possono variare notevolmente nei dettagli e nella portata e riguardare sia i grandi porti commerciali che i piccoli porti di pesca o turistici. Alcuni degli elementi elencati nell’allegato I possono essere applicati solo in parte ai porti minori interessati da flussi ridotti di rifiuti o che offrono servizi di trasporto marittimo altamente specializzati. La Commissione ritiene che ciò che può essere considerato «opportuno» per un porto dipenda dalle sue dimensioni, dall’ubicazione geografica e dal tipo di attività svolte nel porto stesso. Questi elementi contribuirebbero a determinare il livello di dettaglio richiesto per ciascun piano.

Conformemente all’articolo 5, paragrafo 2, della direttiva il piano di RGR può avere una portata regionale. Rientrano in tale fattispecie i piani di RGR stabiliti per più porti combinando gli elementi essenziali in un unico piano regionale. La pianificazione della gestione dei rifiuti sulla base di un accordo regionale può rappresentare una soluzione quando è praticata in modo tale da garantire che le navi non abbiano nessun incentivo a scaricare i loro rifiuti in mare. Nell’elaborare tali piani regionali è imperativo che la capacità di stoccaggio delle navi in questione sia sufficiente a trattenere i rifiuti a bordo tra un porto di scalo e l’altro in conformità dell’articolo 7, paragrafo 2, della direttiva. Siffatta pianificazione richiede una stretta collaborazione tra gli Stati membri della stessa regione (18).

Qualora sia elaborato un piano regionale che copra più di un porto e lo si attui in un contesto regionale, la partecipazione di ciascun porto dovrebbe essere proporzionale alle rispettive attività commerciali. In ogni caso l’esigenza e la disponibilità di adeguati impianti portuali di raccolta devono essere specificate per ogni singolo porto.

2.2.3.   Consultazione delle parti interessate

Nell’articolo 5, paragrafo 1, la direttiva prevede l’obbligo specifico di consultare le parti interessate, in particolare gli utenti dello scalo o i loro rappresentanti, nel processo di elaborazione e attuazione del piano di RGR. La procedura di consultazione, che rientra anche tra le prescrizioni di base di cui all’allegato I, fornisce alle autorità portuali un metodo per capire e soddisfare le esigenze dei propri utenti. La Commissione ritiene che un dialogo costruttivo tra le autorità portuali, le imprese di gestione dei rifiuti, gli utenti dei porti e le altre parti interessate, come le organizzazioni ambientaliste, sia essenziale per il corretto funzionamento del sistema e in particolare per la creazione di impianti adeguati che soddisfino le esigenze delle navi che abitualmente approdano nel porto. Mediante la valutazione, basata sulla consultazione delle parti interessate, dei flussi di rifiuti prodotti dalle navi che ciascun porto potrebbe trovarsi a gestire, il responsabile del piano può elaborare un piano di RGR adeguato avvalendosi di un’opportuna analisi di tali dati.

Le consultazioni di cui all’articolo 5, paragrafo 1, sono ulteriormente definite nell’allegato I. Benché l’articolo 5 faccia esclusivamente riferimento alle consultazioni relative all’elaborazione di un nuovo piano di RGR, l’allegato I della direttiva si riferisce a consultazioni «in corso». Alla luce delle prescrizioni dettagliate per i piani di RGR, la Commissione è del parere che il riferimento alle consultazioni di cui all’articolo 5, paragrafo 1, vada inteso nel senso che le consultazioni tra gli Stati membri e le parti interessate dovrebbero avvenire sia durante la stesura iniziale dei piani che dopo la loro adozione, fornendo così le basi per la valutazione e la nuova approvazione dei piani stessi.

2.2.4.   Valutazione, approvazione e controllo

L’articolo 5, paragrafo 3, della direttiva dispone che gli Stati membri valutino e approvino i piani di RGR, ne controllino l’esecuzione e ne assicurino una nuova approvazione almeno ogni tre anni e comunque in presenza di significativi cambiamenti operativi nella gestione del porto.

—   Valutazione e approvazione

Nell’effettuare la valutazione, le autorità competenti dovrebbero esaminare il piano di RGR proposto confrontandolo con le prescrizioni di cui all’allegato I della direttiva IPR. Se uno qualsiasi degli elementi obbligatori di cui all’allegato I non è stato trattato adeguatamente, il piano di RGR non dovrebbe essere autorizzato e le autorità portuali dovrebbero ricevere una giustificazione al fine di rettificare immediatamente le questioni in sospeso.

I porti dovrebbero intraprendere una revisione approfondita dei propri piani di RGR ogni tre anni e, comunque, in presenza di significativi cambiamenti operativi nella gestione del porto. In questo contesto ci si è chiesti quali tipi di cambiamenti nella gestione del porto possano essere considerati «significativi». La Commissione ritiene che i cambiamenti significativi possono comprendere un consistente aumento o una notevole riduzione strutturali del numero o della tipologia di navi, lo sviluppo di nuove infrastrutture portuali, un cambiamento nella fornitura di impianti portuali di raccolta o nuove tecniche di trattamento a bordo.

—   Controllo

Benché la direttiva non descriva dettagliatamente secondo quali modalità vada controllata l’esecuzione dei piani, la Commissione ritiene che un controllo efficace sia essenziale per garantire che il piano venga attuato correttamente e che gli impianti portuali di raccolta siano operativi come prescritto. L’obiettivo del controllo è verificare e garantire il funzionamento pratico del sistema conformemente al piano di RGR approvato. Il controllo dell’esecuzione dei piani dovrebbero comprendere un’ispezione ad hoc per ciascun porto almeno una volta ogni tre anni per rispettare l’esigenza di una nuova approvazione periodica. Le ispezioni dovrebbero essere più frequenti qualora siano ripetutamente pervenuti reclami concernenti l’inadeguatezza degli impianti portuali di raccolta in un determinato scalo. La Commissione riconosce che l’ispezione degli impianti portuali rientra spesso nelle competenze di diversi organismi preposti all’applicazione delle norme ed è effettuata in un quadro giuridico diverso da quello applicabile alle ispezioni a bordo delle navi. A tale riguardo la Commissione sottolinea l’importanza di un quadro integrato per il controllo degli impianti portuali di raccolta, come stabilito dall’articolo 12, e di una buona collaborazione tra gli organismi che partecipano al controllo dell’applicazione della direttiva.

2.2.5.   Segnalazione delle inadeguatezze

Per migliorare il funzionamento degli impianti portuali di raccolta è essenziale disporre, oltre che di procedure di consultazione trasparenti, anche di procedure efficaci per la segnalazione di eventuali inadeguatezze. A norma dell’articolo 4, paragrafo 3, della direttiva gli Stati membri devono stabilire le procedure, nel rispetto di quelle stabilite dall’IMO, per segnalare allo Stato di approdo le eventuali inadeguatezze rilevate negli impianti portuali di raccolta. L’allegato I prescrive che tali procedure siano inserite nel piano di RGR e messe a disposizione di tutti gli utenti dei porti.

Poiché le procedure di segnalazione dovrebbero essere conformi a quelle dell’IMO, la Commissione ritiene opportuno che sia utilizzato a tale scopo il modello di segnalazione vigente nell’ambito dell’IMO (19). La notifica dovrebbe essere trasmessa non appena possibile una volta completato il modello di segnalazione e dovrebbe comprendere una copia del rapporto del comandante, unitamente ad eventuali documenti giustificativi. È altresì essenziale disporre di procedure nazionali volte a garantire che la Commissione riceva una copia dei rapporti relativi alle eventuali inadeguatezze rilevate negli impianti portuali di raccolta, a norma dell’articolo 12, paragrafo 1, lettera f), della direttiva.

3.   CONFERIMENTO DEI RIFIUTI PRODOTTI DALLA NAVE

3.1.   Principi fondamentali del conferimento obbligatorio

L’articolo 7 è uno degli articoli essenziali della direttiva e contribuisce a realizzarne l’obiettivo generale di ridurre gli scarichi in mare dei rifiuti prodotti dalle navi e rafforzare la protezione dell’ambiente marino. Questo articolo impone, come regola generale, che il comandante di una nave che approda in un porto dell’UE «conferisca tutti i rifiuti prodotti dalla nave ad un impianto portuale di raccolta prima di lasciare il porto».

È prevista un’unica eccezione a questa regola di conferimento obbligatorio: vale a dire nel caso in cui si possa accertare dal modulo per la notifica obbligatoria la presenza di una capacità di stoccaggio sufficiente per tutti i rifiuti prodotti dalla nave. In questo senso la direttiva si spinge oltre gli obblighi imposti dalla convenzione MARPOL, che richiede unicamente la fornitura di adeguati impianti portuali di raccolta ma non impone l’utilizzo obbligatorio di tali impianti, al di là di quanto implicitamente previsto dalle norme sullo scarico dei rifiuti (20). Per i residui del carico la direttiva è strettamente conforme alle prescrizioni della convenzione MARPOL in quanto dispone all’articolo 10 che il conferimento dei residui del carico agli impianti portuali di raccolta si svolga in base alle disposizioni della MARPOL.

3.2.   Obbligo di conferimento di tutti i rifiuti

L’articolo 7, paragrafo 1, dispone che il comandante di una nave che approda in un porto dell’UE conferisca tutti i rifiuti prodotti dalla nave ad un impianto portuale di raccolta prima di lasciare il porto.

Sono stati definiti rifiuti prodotti dalla nave «tutti i rifiuti, comprese le acque reflue, e i residui diversi dai residui del carico, prodotti durante il servizio di una nave e che rientrano nell’ambito di applicazione degli allegati I, IV e V della MARPOL, nonché i rifiuti associati al carico di cui agli Orientamenti (Guidelines) per l’attuazione dell’allegato V della MARPOL» (21). Per quanto riguarda i residui del carico la Commissione osserva che essi non rientrano nell’obbligo generale di conferimento di cui all’articolo 7, ma devono essere conferiti in base alle disposizioni della convenzione MARPOL, come stabilito nell’articolo 10.

Sono stati espressi interrogativi in merito alla possibilità di escludere dall’obbligo di conferimento i rifiuti che possono essere legalmente scaricati in mare conformemente alle norme e alle condizioni stabilite dalla MARPOL in materia di scarico. Ciò è particolarmente pertinente per quanto concerne le acque reflue, per le quali la MARPOL consente lo scarico in mare in determinate condizioni (22).

In tale contesto la Commissione osserva che uno degli obiettivi presi in esame al momento dell’adozione della presente direttiva era l’attuazione della convenzione MARPOL (23). La Commissione riconosce inoltre che l’allegato II della direttiva (24) prevede una deroga dall’obbligo di notifica per le acque di scarico che possono essere legalmente scaricate in mare a norma dell’allegato IV della MARPOL (25). La Commissione sottolinea nel contempo che l’obbligo generale di conferimento dovrebbe essere interpretato alla luce degli obiettivi della direttiva di ridurre gli scarichi in mare dei rifiuti prodotti dalle navi e di rafforzare la protezione dell’ambiente marino. La Commissione ritiene pertanto che i rifiuti il cui scarico è autorizzato in base alla MARPOL non possono automaticamente essere esclusi dall’obbligo di conferimento stabilito nella direttiva. A tale proposito è altresì importante notare che le acque reflue non sono escluse dall’articolo 8 relativo all’applicazione delle tariffe sui rifiuti prodotti dalla nave.

Per quanto riguarda l’obbligo di conferimento di cui all’articolo 7 sono inoltre emersi interrogativi riguardo alla possibilità che i rifiuti derivanti dalle attività di riparazione navale rientrino nell’ambito dei rifiuti prodotti dalle navi e debbano in quanto tali essere conferiti ad un impianto portuale di raccolta. In particolare si è affermato che tali rifiuti sarebbero considerati «residui operativi», disciplinati dall’allegato V della MARPOL e definiti come «tutti i rifiuti solidi, (compresi) i fanghi, non disciplinati da altri allegati e raccolti a bordo durante la normale manutenzione o nell’esercizio di una nave, oppure utilizzati per il maneggio e lo stivaggio del carico» (26).

La Commissione è del parere che i rifiuti derivanti dalle attività di riparazione nelle banchine di riparazione navale non dovrebbero essere considerati «rifiuti prodotti dalle navi» ai sensi della direttiva in quanto non rientrano nell’ambito di applicazione dell’allegato V della MARPOL. La definizione di «residui operativi» di cui all’allegato V della MARPOL, in particolare il riferimento alla «normale manutenzione e all’esercizio di una nave», esclude i rifiuti derivanti da attività di riparazione navale svolte in cantieri di riparazione. Di conseguenza la gestione dei rifiuti derivanti da tali attività spetterà congiuntamente alla nave e al cantiere di riparazione, i quali dovrebbero adottare le disposizioni necessarie per il conferimento e il trattamento ulteriore, nel pieno rispetto delle prescrizioni della legislazione dell’UE sui rifiuti (27).

3.3.   Capacità di stoccaggio sufficiente

Per alleggerire l’onere che grava sulle navi in seguito all’obbligo di conferimento in ciascun porto allorché i quantitativi di rifiuti a bordo non facciano insorgere il rischio di possibili scarichi in mare, l’articolo 7, paragrafo 2, prevede una deroga alla prescrizione dell’obbligo di conferimento disponendo che la nave:

«… una nave può procedere verso il successivo porto di scalo senza aver conferito i rifiuti prodotti, qualora dalle informazioni fornite a norma dell’articolo 6 e dell’allegato II risulti la presenza di una capacità di stoccaggio sufficiente per tutti i rifiuti prodotti dalla nave che sono già stati accumulati e che saranno accumulati nel corso del tragitto previsto della nave fino al porto di conferimento».

La Commissione sottolinea che l’articolo 7, paragrafo 2, della direttiva costituisce una deroga alla prescrizione dell’obbligo di conferimento e deve essere interpretata in modo restrittivo.

Al fine di determinare con precisione la capacità di stoccaggio disponibile a bordo di una nave, occorrerà verificare le informazioni fornite nella notifica di cui all’articolo 6 e all’allegato II. A norma dell’articolo 6 della direttiva il comandante di una nave (che non sia un peschereccio o un’imbarcazione da diporto) diretta verso un porto dell’UE ha l’obbligo di compilare il modulo di notifica di cui all’allegato II della direttiva e di notificare tali informazioni all’autorità competente dello Stato membro in cui si trova il porto di scalo successivo. L’allegato II contiene un elenco dettagliato delle informazioni da notificare, compresa una tabella con le diverse categorie di rifiuti e residui del carico conferiti nel porto precedente (28) come pure dei rifiuti da conferire e/o trattenuti a bordo, e indica la percentuale della capacità di stoccaggio massima dedicata.

Per determinare se vi sia una sufficiente capacità di stoccaggio dedicata in previsione del viaggio seguente, è inoltre importante tenere conto del quantitativo stimato di rifiuti che potrebbe essere prodotto a bordo della nave tra il porto di partenza e lo scalo successivo. I fattori che incidono sulla produzione di rifiuti di una nave sono sia di carattere statico (tipo di nave, anno di costruzione, potenza del motore principale ecc.) che più aleatorio (quantitativo del carico a bordo, condizioni della traversata, pianificazione della rotta, numero di passeggeri a bordo ecc.). Vi è inoltre una serie di fattori che contribuisce in modo significativo alla riduzione dei rifiuti a bordo e che comprende il riciclaggio dei rifiuti, l’incenerimento a bordo e l’utilizzo di gasolio marino (MDO). È opportuno tenere conto anche di questi fattori al momento di determinare se vi è una sufficiente capacità di stoccaggio.

Per quanto concerne il trattamento diverso di ciascun flusso di rifiuti, considerando che la notifica di cui all’allegato II della direttiva prescrive la comunicazione di informazioni su ciascun tipo di rifiuti, sulla capacità di stoccaggio massima e sul quantitativo di rifiuti trattenuti a bordo per ciascun tipo di rifiuti, la Commissione ritiene che occorra valutare la capacità di stoccaggio per ciascun tipo di rifiuti. Ne consegue che, qualora una nave disponga di una capacità di stoccaggio globale ma non specifica ad uno o più tipi di rifiuti, non le sarebbe consentito di procedere verso il successivo porto di scalo.

3.4.   Porto di conferimento previsto

L’articolo 7, paragrafo 2, fa riferimento al «porto di conferimento previsto». È opportuno determinare se per «porto di conferimento previsto» si debba intendere il «porto di scalo successivo».

La Commissione ricorda che il sistema di cui all’articolo 7, paragrafo 2, è un sistema da porto a porto. Il primo comma dell’articolo 7, paragrafo 2, fa riferimento all’autorizzazione rilasciata ad una nave di procedere verso il «successivo porto di scalo». È sulla base delle informazioni di cui sopra che le autorità competenti valutano se vi sia a bordo una capacità di stoccaggio sufficiente per tutti i rifiuti prodotti dalla nave al fine di evitare il rischio che essi vengano scaricati in mare durante il tragitto fino al porto di scalo successivo. Queste informazioni sono anche contenute nella notifica che deve essere inviata al porto di scalo prima dell’arrivo, affinché tale porto renda disponibili impianti portuali di raccolta adeguati alle esigenze della nave. L’autorizzazione del porto di scalo di cui all’articolo 7, paragrafo 2, può soltanto coprire il tragitto percorso dalla nave fino al porto di scalo successivo ma non ha validità oltre tale porto. Secondo questa logica per «porto di conferimento» di cui all’articolo 7, paragrafo 2, dovrebbe intendersi il «porto di scalo successivo» in quanto spetta alle autorità di quest’ultimo valutare, sulla base della capacità di stoccaggio disponibile, se la nave in questione possa procedere verso un porto ulteriore.

L’articolo 7, paragrafo 2, dispone che «se vi sono fondati motivi di ritenere che nel porto di conferimento previsto non siano disponibili impianti adeguati o se questo porto non è conosciuto e sussiste quindi il rischio che i rifiuti vengano scaricati in mare, gli Stati membri adottano tutte le misure necessarie atte a prevenire l’inquinamento marino, se necessario richiedendo alla nave di conferire i rifiuti prodotti prima di lasciare il porto».

Le autorità competenti dovranno pertanto valutare la situazione del porto di conferimento previsto, segnatamente se in tale porto siano disponibili adeguati impianti portuali di raccolta. La Commissione rileva che ciò potrebbe risultare arduo nel caso in cui il porto di conferimento previsto non sia situato nell’UE o non sia conosciuto.

Se è vero che il rispetto dell’articolo 7, paragrafo 2, può essere verificato nei porti dell’UE nel quadro del «sistema da porto a porto» con l’ausilio del sistema informativo e di controllo creato a norma dell’articolo 12, paragrafo 3, della direttiva (cfr. sezione 3.5.2), ciò non sarebbe possibile se il porto di scalo successivo fosse situato al di fuori dell’UE. Per quanto concerne le navi dirette verso porti di paesi terzi, la Commissione considera quindi estremamente importante che le autorità competenti verifichino la presenza di una sufficiente capacità di stoccaggio a bordo prima di consentire a tali navi di salpare con i rifiuti ancora a bordo e, ove siano disponibili informazioni, verifichino la disponibilità di impianti portuali di raccolta nella banca dati GISIS dell’IMO (29).

3.5.   Controllo e regime coercitivo

3.5.1.   Controllo

Gli Stati membri sono tenuti a esaminare accuratamente le informazioni notificate dalla nave mediante il modulo di notifica dei rifiuti (30). Questo esame dovrebbe permettere alle autorità di predisporre adeguati impianti portuali di raccolta da mettere a disposizione della nave, nonché di consentire il controllo dei conferimenti di rifiuti e di valutare la capacità di stoccaggio.

Le valutazioni effettuate dalla Commissione hanno rivelato che gli Stati membri applicano attualmente procedure di autorizzazione sia attive che passive per consentire la partenza di una nave che trasporti a bordo i rifiuti da essa prodotti:

autorizzazione attiva - a seguito di un opportuno esame del modulo di notifica dei rifiuti e di una valutazione della sufficiente capacità di stoccaggio dedicata a bordo, le navi ricevono un’espressa autorizzazione scritta a lasciare il porto. Ciò avviene mediante certificato o semplice messaggio alla nave, da conservare a bordo, oppure

autorizzazione passiva - è previsto un intervento soltanto se, previo attento esame della notifica dei rifiuti o in assenza di tale notifica, vi siano motivi per ritenere che la nave non rispetti l’obbligo di conferimento prescritto nella direttiva. Viene allora avviata un’ispezione IPR e, qualora ne risulti che la nave non dispone di sufficiente capacità di stoccaggio a bordo, essa sarà invitata a conferire i propri rifiuti prima della partenza. In tutti gli altri casi la nave sarà autorizzata a navigare fino al successivo porto di scalo senza espressa autorizzazione da parte delle autorità, sia essa scritta o in formato elettronico.

Né l’articolo 7, paragrafo 2, né l’articolo 11 e l’articolo 12, paragrafo 1, lettera d), impongono il rilascio di un’autorizzazione esplicita affinché la nave proceda verso il successivo porto di scalo. Di conseguenza la Commissione ritiene che le procedure di autorizzazione attiva e passiva siano entrambe consentite dalla direttiva.

3.5.2.   Sistema informativo e di controllo

Per aiutare gli Stati membri a individuare le navi che non hanno conferito i propri rifiuti nel rispetto della direttiva, è prevista nella direttiva stessa la creazione di un adeguato sistema informativo e di controllo.

La Commissione ha intrapreso la creazione di tale sistema nell’ambito dell’attuale SafeSeaNet, istituito a norma della direttiva 2002/59/CE relativa all’istituzione di un sistema comunitario di monitoraggio del traffico navale e d’informazione e che abroga la direttiva 93/75/CEE del Consiglio (31), e intende collegare il sistema ad un apposito modulo di segnalazione e monitoraggio nell’ambito della banca dati sulle ispezioni dello Stato di approdo (THETIS) gestita dall’EMSA.

Dal 1o giugno 2015 la dichiarazione elettronica tramite l’interfaccia unica nazionale (32) è diventata obbligatoria per la notifica anticipata dei rifiuti ed è oggetto di scambi tra le autorità nazionali mediante il sistema dell’Unione per lo scambio di dati marittimi (SafeSeaNet) (33). A tal fine è stato elaborato, a norma della direttiva 2010/65/UE, un messaggio elettronico per i rifiuti nell’ambito delle norme operative per l’esecuzione del messaggio. Gli Stati membri e la Commissione hanno altresì convenuto che le informazioni riguardanti le navi che non hanno conferito i rifiuti e i residui del carico da esse prodotti dovrebbero essere trasmesse tramite SafeSeaNet (34). La Commissione prevede che tale sistema coadiuverà gli Stati membri nella corretta attuazione della direttiva e aiuterà nel contempo il settore disponendo misure per la segnalazione efficace e riducendo il tempo di sosta nei porti.

In questo contesto la Commissione osserva che, sebbene la notifica dei rifiuti di cui all’allegato II richieda la firma ufficiale del comandante della nave, quando la notifica dei rifiuti è trasmessa per via elettronica non è richiesta parallelamente alcuna firma scritta sul modulo e saranno sufficienti le credenziali di utente del fornitore dei dati per identificare la persona che presenta la notifica dei rifiuti (35).

3.5.3.   Regime coercitivo (ispezioni)

L’articolo 11 definisce il regime di ispezioni a norma della direttiva. In linea di principio gli Stati membri sono tenuti a garantire che tutte le navi possano essere soggette ad ispezione e che sia svolto un numero sufficiente di ispezioni. La Commissione sottolinea che tale obbligo generale di ispezione comprende anche i pescherecci e le imbarcazioni da diporto. Dal momento che potrebbe non essere possibile, in pratica, controllare tutte le navi che non conferiscono i loro rifiuti nei porti, la direttiva indica tuttavia alcuni criteri di selezione al fine di decidere quali navi dovrebbero essere ispezionate.

Conformemente all’articolo 11, paragrafo 2, lettera a), della direttiva le navi (diverse dai pescherecci e dalle imbarcazioni da diporto omologate per un massimo di 12 passeggeri) che non hanno adempiuto agli obblighi di notifica di cui all’articolo 6 o per le quali l’esame delle informazioni fornite dal comandante della nave ha messo in luce altre ragioni per ritenere che la nave non ottemperi alla direttiva dovrebbe essere oggetto di una particolare attenzione durante il processo di selezione delle navi da ispezionare.

Come si evince dall’articolo 11, paragrafo 2, lettera a), il modulo di notifica costituisce lo strumento fondamentale per la scelta/selezione delle navi da ispezionare. In questo contesto la Commissione sottolinea la necessità di uno scambio di informazioni efficace tra le autorità competenti e gli organismi preposti all’applicazione delle norme. In particolare sono essenziali i seguenti flussi di informazioni:

le autorità pertinenti preposte all’applicazione delle norme e i loro ispettori devono avere tempestivamente accesso alle notifiche,

il porto dovrebbe segnalare immediatamente all’autorità che esegue l’ispezione IPR eventuali incongruenze con la direttiva, compresa l’assenza di notifica o il mancato conferimento,

l’autorità competente di ciascuno Stato membro dovrebbe:

ricevere dal porto o da terzi le segnalazioni delle incongruenze, in particolare per quanto riguarda le navi che non ottemperano alle prescrizioni della direttiva;

informare l’autorità competente del successivo porto di scalo del mancato conferimento in violazione degli articoli 7 e 10 della direttiva IPR, in modo tale che alla nave non sia consentito lasciare tale porto fino all’avvenuto svolgimento di una valutazione più dettagliata, come stabilito dall’articolo 11, paragrafo 2, lettera d).

3.5.3.1.   Portata delle ispezioni IPR

La direttiva dispone espressamente che lo stato coercitivo sia attuato nell’ambito della direttiva relativa al controllo da parte dello Stato di approdo (36). Al tempo stesso la direttiva stabilisce chiaramente che, a prescindere dal quadro nel quale sono effettuate le ispezioni, vale l’obbligo di ispezionare il 25 % delle navi. La Commissione osserva che l’obbligo di ispezionare il 25 % delle navi deriva dai requisiti della precedente direttiva sul controllo dello Stato di approdo (direttiva 95/21/CE) in vigore all’epoca in cui la direttiva è stata adottata. L’attuale regime di controllo da parte dello Stato di approdo, introdotto dalla direttiva 2009/16/CE, ha sostituito l’obbligo del 25 % con un onere condiviso delle ispezioni, assegnato proporzionalmente a ciascuno Stato membro, e con un meccanismo di selezione basato sul rischio.

I considerando della direttiva sottolineano la necessità di svolgere ispezioni mirate al fine di verificare l’osservanza della direttiva. Il numero delle ispezioni dovrebbe essere tale da scoraggiare violazioni della direttiva (37). Questo principio delle ispezioni mirate si riflette anche nel sistema generale istituito dall’articolo 11, i cui criteri di selezione si basano sulle informazioni contenute nella notifica o sulla mancata notifica. La Commissione ritiene pertanto che il regime di ispezioni istituito dalla direttiva IPR dovrebbe anch’esso seguire un approccio basato sul rischio analogo a quello adottato nel quadro dell’attuale direttiva relativa al controllo da parte dello Stato di approdo, anziché puntare a raggiungere il 25 % dell’obiettivo fissato.

La Commissione sottolinea però la necessità di garantire in ogni momento la corretta applicazione ed esecuzione della direttiva IPR e, in particolare, il rispetto dei criteri di selezione per le ispezioni, i quali differiscono da quelli utilizzati nel quadro della direttiva relativa al controllo da parte dello Stato di approdo. È altresì importante controllare e ispezionare le navi che non sono tenute a inviare una notifica dei rifiuti ad un porto, comprese le navi esonerate in servizio di linea con scali regolari, i pescherecci e le imbarcazioni da diporto (omologate per un massimo di 12 passeggeri). L’articolo 11, paragrafo 3, impone agli Stati membri di fissare le procedure di controllo atte a garantire l’osservanza della direttiva per i pescherecci e le imbarcazioni da diporto.

D’altro canto le navi che ottemperano alla direttiva, ma subiscono ritardi ingiustificati a causa dell’inadeguatezza degli impianti di raccolta, hanno anche diritto ad un risarcimento [articolo 12, paragrafo 1, lettera h)].

3.5.3.2   «Blocco temporaneo della nave» e sistema di scambio di informazioni

Qualora l’autorità pertinente non sia soddisfatta dei risultati di un’ispezione, deve provvedere affinché la nave non lasci il porto fino al conferimento dei propri rifiuti. In tal modo la direttiva stabilisce la base giuridica e le condizioni per «trattenere» la nave, anche se - come precedentemente spiegato - il quadro, le procedure e il sistema generale per trattenere la nave possono essere derivati dal regime relativo al controllo da parte dello Stato di approdo, come specificamente previsto dall’articolo 11, paragrafo 2, lettera b). Ne consegue che, anche se il quadro può essere lo stesso, l’atto di trattenere una nave a norma della direttiva IPR deve essere distinta dal «fermo» a norma della direttiva relativa al controllo da parte dello Stato di approdo.

La decisione di trattenere una nave per inosservanza degli obblighi di conferimento di cui agli articoli 7 o 10 può anche scaturire dalle informazioni ricevute dal porto precedente, da cui risulta «chiaramente dimostrato» il mancato conferimento. In questi casi l’ispettore non consente a una nave di lasciare il porto fino all’avvenuto svolgimento di una valutazione più dettagliata dei fattori relativi alla conformità della nave agli obblighi di conferimento dei rifiuti.

La cooperazione tra gli Stati membri nel garantire il rispetto della direttiva è imperniata su un sistema di comunicazione efficace tra i porti per lo scambio delle informazioni pertinenti. Tale sistema è previsto dall’articolo 12, paragrafo 3, della direttiva e la Commissione si impegna a svilupparlo e ad integrarlo ulteriormente nell’ambito dei sistemi esistenti di comunicazione di dati.

4.   ESENZIONI

4.1.   Condizioni

Al fine di evitare oneri amministrativi e finanziari ingiustificati per le navi che approdano negli stessi porti con frequenza e regolarità, l’articolo 9 autorizza gli Stati membri ad esonerare le navi dagli obblighi elencati di seguito:

la notifica anticipata dei rifiuti (articolo 6);

l’obbligo di conferimento dei rifiuti prodotti dalla nave (articolo 7, paragrafo 1);

la corresponsione della tariffa sui rifiuti (articolo 8).

Dal principio dell’interpretazione giuridica «a maiore ad minus» si evince che uno Stato membro in grado di esonerare una nave da tutti gli obblighi può esonerarla anche da uno solo di questi. Analogamente se può esonerare una nave dal conferimento di tutti i tipi di rifiuti da essa prodotti può esonerarla dal conferimento di uno solo o più tipi di rifiuti.

L’articolo 9 prevede due condizioni cumulative alla concessione di esenzioni:

a)

la nave è in servizio di linea con scali frequenti e regolari; e

b)

si può dimostrare l’esistenza di misure che garantiscono il pagamento delle tariffe e il conferimento dei rifiuti prodotti dalle navi in un porto lungo la rotta.

Tali condizioni, tuttavia, non sono state finora chiaramente definite a livello di UE, lasciando un ampio margine discrezionale alle autorità degli Stati membri nel delineare i concetti fondamentali. Ne consegue che i regimi di esenzione differiscono considerevolmente tra gli Stati membri, il che solleva la necessità di chiarire alcuni concetti essenziali.

4.1.1.   Nave in servizio di linea con scali frequenti e regolari

Il concetto di «servizio di linea con scali frequenti e regolari» non è stato ulteriormente definito nella direttiva. Basandosi sulle migliori prassi individuate negli Stati membri (38), la Commissione ritiene che tale concetto andrebbe interpretato nel modo seguente:

—    Servizio di linea :

la nave in questione deve avere un elenco pubblicato o pianificato degli orari di partenza e di arrivo tra porti o terminali individuati, o effettuare traversate ricorrenti

 (39)

secondo un orario riconoscibile. Tale orario o equivalente può anche assumere la forma di dichiarazione dei tempi di navigazione. È opportuno osservare che l’orario della nave andrebbe fissato in anticipo e dovrebbe rimanere invariato per almeno 4 mesi allo scopo di includere la navigazione stagionale.

—    Regolari :

le navi devono effettuare viaggi ripetuti con caratteristiche costanti tra i porti o i terminali individuati e nessun altro, oppure intraprendere una serie di viaggi da e verso lo stesso porto senza scali intermedi.

—    Frequenti :

la nave deve fare scalo almeno una volta ogni quindici giorni nel porto per il quale si applica l’esenzione e nel porto in cui conferisce i rifiuti da essa prodotti.

Un ulteriore problema riguarda i tipi di navi che possono beneficiare dell’esenzione - in particolare se le draghe, le barche pilota o i traghetti a traversata breve dovessero rientrare nel campo di applicazione dell’articolo 9. Innanzi tutto va notato che l’articolo 9 non stabilisce distinzioni tra categorie di navi. Inoltre la Commissione ritiene che le navi per le quali il porto di partenza e il porto di arrivo coincidono non dovrebbero essere escluse, per questo solo motivo, dal campo di applicazione dell’articolo 9. È del tutto plausibile che una nave faccia scalo nel(l’unico) porto da cui opera con frequenza e regolarità nel contesto di un servizio di linea così da giustificare l’esenzione dalle misure di cui all’articolo 9, il cui unico obiettivo è quello della semplificazione. Considerando inoltre la definizione di porto, le navi che forniscono servizi all’interno di tale zona o tra terminali dello stesso porto dovrebbero potersi avvalere delle disposizioni dell’articolo 9, purché rispettino anche le condizioni relative a disposizioni sufficienti per il pagamento e il conferimento a intervalli regolari.

4.1.2.   Prove sufficienti dell’esistenza di misure

L’articolo 9, paragrafo 1, della direttiva IPR stabilisce come condizione preliminare per la concessione di un’esenzione il fatto che «si possa dimostrare l’esistenza di misure che garantiscano il pagamento delle tariffe e il conferimento dei rifiuti prodotti dalle navi in un porto lungo la rotta».

La qualità degli elementi a sostegno della richiesta di esenzione è di fondamentale importanza per il corretto funzionamento del regime di esenzione.

Basandosi sulle indicazioni fornite dagli organismi nazionali o regionali, la Commissione ritiene che dovrebbero essere ritenuti «sufficienti», se presentati dall’operatore della nave, i seguenti elementi di prova considerati nel loro insieme:

la prova dell’esistenza di uno o più contratti riguardanti ciascun tipo di rifiuti prodotti dalla nave, firmati con un porto o con un’impresa registrata di gestione dei rifiuti nel porto in cui devono essere conferiti i rifiuti, insieme alla frequenza con cui i rifiuti saranno consegnati a tali impianti,

le ricevute e altre prove che dimostrino che il contratto o le misure sono attivi,

la prova che tali disposizioni sono accettabili per il porto che riceve i rifiuti prodotti dalla nave, per il porto o i porti per cui è richiesta l’esenzione e per altri porti lungo la rotta.

Con l’obbligo di contratto si esclude la prassi secondo cui si concede un’esenzione sulla base dei soli scali frequenti. È opportuno completare i suddetti elementi dimostrando che il contratto è attivo e che ne viene data esecuzione, al fine di evitare abusi del regime di esenzione. L’ultimo punto fa riferimento all’accettabilità delle misure da parte del porto in cui è stato stipulato il contratto. Questa prescrizione contribuirebbe ad evitare situazioni in cui l’autorità portuale non sia neppure a conoscenza dell’esenzione concessa da un altro Stato membro ad una nave sulla base dei frequenti scali di questa in un determinato porto. L’onere della presentazione delle informazioni richieste grava sull’operatore della nave.

A norma della direttiva è possibile concedere un’esenzione alle navi che viaggiano fra tre o più porti purché esse notifichino, consegnino e corrispondano la tariffa obbligatoria in almeno un porto lungo la propria rotta. Si escludono così le prassi secondo cui una nave può godere di un’esenzione in tutti i porti lungo la propria rotta, anche soltanto sulla base di un accordo privato con un’impresa di gestione dei rifiuti per il conferimento e il pagamento dei rifiuti fuori dal porto (contratto per conto terzi), in quanto tali accordi dovrebbero essere stipulati sotto la responsabilità/l’autorità di un porto lungo la rotta della nave.

Benché l’articolo 9 non stabilisca esplicitamente che l’accordo per il conferimento e il pagamento della tariffa debba essere stipulato in un porto ubicato in uno Stato membro, possono sorgere preoccupazioni riguardo agli accordi conclusi nei porti di paesi terzi poiché potrebbero non rispettare le condizioni previste dalla direttiva, la cui esecuzione risulterebbe difficile da sottoporre ad opportuna verifica. Per tale motivo i porti che concedono un’esenzione sulla base di accordi stipulati al di fuori dell’UE dovrebbero valutare tali accordi alla luce delle prescrizioni della direttiva, accertare se gli impianti di raccolta siano sufficienti e adeguati e controllare il conferimento dei rifiuti e il pagamento delle tariffe: in caso di dubbi i porti non dovrebbero accettare tali come «prove sufficienti» ai sensi dell’articolo 9, paragrafo 1.

4.2.   Procedura di esenzione

La richiesta di esenzione è di norma presentata dall’agente marittimo, dalla compagnia di navigazione o dall’operatore marittimo all’autorità competente dello Stato membro in cui è ubicato il porto. L’autorità designata richiede una prova del servizio di linea effettuato dalla nave nonché una prova dell’accordo in atto per la gestione dei rifiuti.

Le autorità degli Stati membri possono esonerare le navi soltanto nei porti sotto la loro giurisdizione, mentre l’accordo per la gestione dei rifiuti su cui si basa l’esenzione può essere concluso in qualunque altro porto lungo la rotta regolare della nave (40).

L’esenzione concessa da uno Stato membro per un porto non è valida nel porto di un altro Stato membro (vale a dire un’esenzione separata) poiché l’articolo 9, paragrafo 1, facendo riferimento agli «Stati membri […] presso i loro porti», dispone una procedura di esenzione «porto per porto». Di conseguenza una nave deve presentare separatamente le richieste di esenzione nel porto di ciascuno Stato membro lungo la sua rotta regolare, anche se l’accordo o gli accordi per la gestione dei rifiuti su cui si basa l’esenzione possono essere gli stessi.

La durata di validità delle esenzioni varia notevolmente tra gli Stati membri. Al fine di evitare abusi la Commissione è del parere che la durata massima di validità delle esenzioni dovrebbe essere di cinque anni, in funzione dei cambiamenti al regime di navigazione della nave. In ogni caso l’esenzione non dovrebbe estendersi oltre la durata delle misure per la gestione dei rifiuti. Una volta concessa l’esenzione, è considerata buona prassi rilasciare un certificato di esenzione che può contenere tutte le informazioni pertinenti riguardanti l’esenzione stessa, quali un riferimento agli obblighi da cui è stata esonerata la nave, le condizioni di validità e la data e il luogo di rilascio. Il certificato di esenzione deve essere conservato a bordo della nave in qualsiasi momento per dimostrare l’osservanza delle disposizioni vigenti.

L’articolo 9, paragrafo 2, stabilisce che la Commissione sia informata dagli Stati membri periodicamente (almeno una volta all’anno) delle esenzioni rilasciate. Ciò può avvenire per iscritto o preferibilmente mediante notifiche alla rete SafeSeaNet, utilizzata come base per il sistema informativo e di controllo comune.

4.3.   Controllo e regime coercitivo

Gli Stati membri dovrebbero garantire l’adozione di procedure di controllo adeguate per le navi esonerate e provvedere affinché queste siano soggette a ispezione ad intervalli regolari (almeno una volta all’anno) al fine di verificarne il rispetto degli accordi per il conferimento dei rifiuti, come stabilito dall’articolo 11, paragrafo 1, della direttiva.

A tal fine tutte le autorità pertinenti preposte all’applicazione delle norme lungo la rotta regolare di una nave dovrebbero essere pienamente informate riguardo alle navi esonerate, ai porti interessati e alle motivazioni che hanno giustificato le esenzioni. Elemento ancora più importante, le autorità preposte all’applicazione delle norme in un determinato porto devono essere al corrente di qualunque esenzione che possa riguardare il porto stesso. Di solito ciò avviene mediante il certificato di esenzione che l’operatore o l’agente marittimo possono presentare alle autorità pertinenti come prova della concessione della o delle esenzioni (41). In questo contesto la Commissione sottolinea l’importanza di uno scambio efficace di informazioni sulle esenzioni tra le autorità degli Stati membri attraverso il sistema informativo e di controllo comune. Le informazioni sulle esenzioni saranno necessarie per verificare gli accordi conclusi per il conferimento e il pagamento delle tariffe, condizioni preliminari all’ottenimento dell’esenzione.


(1)  GU L 332 del 28.12.2000, pag. 81.

(2)  COM(2009) 8 definitivo: «Obiettivi strategici e raccomandazioni per la politica UE dei trasporti marittimi fino al 2018».

(3)  Decisione n. 1386/2013/UE su un programma generale di azione dell’Unione in materia di ambiente fino al 2020 «Vivere bene entro i limiti del nostro pianeta».

(4)  Valutazione ex post della direttiva 2000/59/CE relativa agli impianti portuali di raccolta per i rifiuti prodotti dalle navi e i residui del carico, relazione finale (Panteia/PwC, maggio 2015), disponibile al seguente indirizzo: http://ec.europa.eu/transport/modes/maritime/studies/doc/2015-ex-post-evaluation-of-dir-2000-59-ec.pdf

(5)  L’EMSA rende disponibili ulteriori orientamenti tecnici e le migliori pratiche elaborate negli Stati membri in merito all’applicazione della direttiva in questione nell’ambito delle «Raccomandazioni tecniche sulla direttiva 2000/59/CE relativa agli impianti portuali di raccolta per i rifiuti prodotti dalle navi e i residui del carico».

(6)  Principalmente nell’ambito dell’Organizzazione marittima internazionale (IMO), in particolare: risoluzione MEPC.83(44) (Orientamenti volti a garantire l’adeguatezza degli impianti portuali di raccolta dei rifiuti, 2000), risoluzione MEPC.1/Circ.834 (Orientamenti consolidati per i gestori e gli utenti degli impianti portuali di raccolta), Manuale generale sugli impianti portuali di raccolta (pubblicazione IMO 597E), sezione 2.3.1; orientamenti elaborati dall’Organizzazione internazionale per la standardizzazione (ISO): norma ISO 16304 (2013), organizzazione e gestione degli impianti portuali di raccolta.

(7)  Principalmente nell’ambito della convenzione del Mar Baltico, HELCOM: orientamenti provvisori sugli aspetti tecnici e operativi del conferimento delle acque reflue agli impianti portuali di raccolta (2013), capitolo 6.

(8)  Sezione 3 della risoluzione MEPC.83(44), Orientamenti volti a garantire l’adeguatezza degli impianti portuali di raccolta dei rifiuti, 2000.

(9)  Articolo 2 della direttiva IPR (2000/59/CE).

(10)  Essa sostituisce la direttiva 2006/12/CE, che a sua volta sostituisce la direttiva 75/442/CEE del Consiglio.

(11)  Articolo 1, paragrafo 4, della convenzione di Basilea («clausola di esclusione»).

(12)  Analisi giuridica della convenzione di Basilea, NEP/CHW.11/INF/22, http://www.basel.int/implementation/LegalMatters/Ships/tabid/2405/Default.aspx.

(13)  In particolare il regolamento n. 1013/2006 relativo alle spedizioni di rifiuti, che integra la convenzione di Basilea nel diritto dell’UE e fa riferimento, nell’allegato VIII, alle diverse linee guida per una gestione ecologicamente corretta dei rifiuti.

(14)  Sezione 2.3.1 del Manuale generale dell’IMO sugli impianti portuali di raccolta.

(15)  Articolo 2, lettera h).

(16)  Articolo 3, lettera b).

(17)  Articolo 3, lettera a).

(18)  IMO, Orientamenti volti a garantire l’adeguatezza degli impianti portuali di raccolta dei rifiuti, punto 5.15.

(19)  MEPC.1/Circ. 834: appendice 1 dell’allegato.

(20)  Le norme relative agli scarichi in mare dei rifiuti prodotti dalle navi sono contenute nei rispettivi allegati della MARPOL, precisando per quali quantitativi e in quali condizioni tali scarichi sono autorizzati.

(21)  Articolo 2, lettera c).

(22)  La MARPOL consente anche lo scarico di altri tipi di rifiuti prodotti dalle navi. Tuttavia le norme sullo scarico dei rifiuti di cui agli allegati I e V sono diventate sempre più restrittive e consentono di scaricare in mare, in determinate condizioni, solo quantità molto limitate di rifiuti di cui all’allegato I e poche categorie di rifiuti di cui all’allegato V.

(23)  Cfr. considerando 3 della direttiva 2000/59/CE.

(24)  Direttiva 2007/71/CE della Commissione recante modifica dell’allegato II della direttiva 2000/59/CE del Parlamento europeo e del Consiglio relativa agli impianti portuali di raccolta per i rifiuti prodotti dalle navi e i residui del carico.

(25)  Regolamento n. 11 dell’allegato IV della convenzione MARPOL.

(26)  Convenzione MARPOL, allegato V, norma 1.12.

(27)  In particolare la direttiva quadro sui rifiuti.

(28)  L’allegato II della direttiva 2000/59/CE è stato modificato dalla direttiva (UE) 2015/2087 della Commissione, del 18 novembre 2015, al fine di inserire, nella tabella delle informazioni da comunicare, i tipi e i quantitativi di rifiuti conferiti nel porto di scalo precedente.

(29)  Mediante il Sistema mondiale integrato di informazione sul traffico marittimo dell’IMO (GISIS) è possibile reperire informazioni sugli impianti portuali di raccolta disponibili nei diversi porti: https://gisis.imo.org/Public/Default.aspx

(30)  Articolo 12, lettera d).

(31)  GU L 208 del 5.8.2002, pag. 10.

(32)  Articolo 5 della Direttiva 2010/65/UE del Parlamento europeo e del Consiglio, del 20 ottobre 2010, relativa alle formalità di dichiarazione delle navi in arrivo o in partenza da porti degli Stati membri e che abroga la direttiva 2002/6/CE (GU L 283 del 29.10.2010, pag. 1).

(33)  Come stabilito dalla direttiva 2002/59/CE.

(34)  Cfr. «SAFESEANET: orientamenti sulla segnalazione degli incidenti».

(35)  Come convenuto dal gruppo eMS istituito a norma della direttiva 2010/65/UE, norme operative concernenti il messaggio sui rifiuti, versione 0.9, 19 marzo 2012.

(36)  Direttiva 2009/16/CE del Parlamento europeo e del Consiglio, del 23 aprile 2009, relativa al controllo da parte dello Stato di approdo (GU L 131 del 28.5.2009, pag. 57).

(37)  Considerando 18 della direttiva.

(38)  L’interpretazione tiene conto delle definizioni attualmente utilizzate dai paesi membri dell’HELCOM e contenute nella raccomandazione 28E/10, «Orientamenti per la creazione di un sistema armonizzato “senza tariffe speciali” per il conferimento dei rifiuti oleosi prodotti dalle navi e provenienti dai locali macchine e per il conferimento di acque reflue e rifiuti, compresi i rifiuti marini ritrovati in reti da pesca, agli impianti portuali di raccolta», adottata il 15 novembre 2007 (http://helcom.fi/Recommendations/Rec%2028E-10.pdf) e dal Regno Unito, rif. UK Marine Guidance Note MGN 387, «Orientamenti per le navi mercantili e i pescherecci (impianti portuali di raccolta dei rifiuti), regolamenti 2003 e relative modifiche».

(39)  «Ricorrenti» si riferisce a servizi di navetta o viaggi senza prenotazione («turn up and go») su rotte molto brevi.

(40)  Ad esempio un traghetto roll-on/roll-off che assicuri i collegamenti tra gli Stati membri A e B potrebbe avere stipulato un contratto per i rifiuti con una società di gestione dei rifiuti nello Stato A, un contratto per i rifiuti oleosi con una società di gestione dei rifiuti nello Stato B e un contratto per le acque di scarico con un’autorità portuale/un comune nello Stato A.

(41)  La rilevanza di questo elemento è riconosciuta anche negli orientamenti dell’HELCOM di cui alla nota 38; in questi orientamenti si dispone che lo Stato che concede l’esenzione «dovrebbe anche comunicare informazioni sulle esenzioni rilasciate agli altri Stati di approdo lungo la rotta prevista».


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