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Document 62011FJ0103

SENTENZA DEL TRIBUNALE DELLA FUNZIONE PUBBLICA DELL’UNIONE EUROPEA (Seconda Sezione) 10 luglio 2014.
CG contro Banca europea per gli investimenti (BEI).
Funzione pubblica – Personale della BEI – Molestie psicologiche – Procedimento d’inchiesta – Decisione del presidente di non dare seguito ad una denuncia – Parere del comitato d’inchiesta – Definizione errata di molestie psicologiche – Intenzionalità dei comportamenti – Accertamento della sussistenza dei comportamenti e dei sintomi di molestie psicologiche – Ricerca del nesso di causalità – Insussistenza – Incoerenza del parere del comitato d’inchiesta – Errore manifesto di valutazione – Illeciti amministrativi – Obbligo di riservatezza – Protezione dei dati personali – Ricorso per risarcimento danni.
Causa F‑103/11.

ECLI identifier: ECLI:EU:F:2014:185

SENTENZA DEL TRIBUNALE DELLA FUNZIONE PUBBLICA
DELL’UNIONE EUROPEA (Seconda Sezione)

10 luglio 2014 (*)

«Funzione pubblica – Personale della BEI – Molestie psicologiche – Procedimento d’inchiesta – Decisione del presidente di non dare seguito ad una denuncia – Parere del comitato d’inchiesta – Definizione errata di molestie psicologiche – Intenzionalità dei comportamenti – Accertamento della sussistenza dei comportamenti e dei sintomi di molestie psicologiche – Ricerca del nesso di causalità – Insussistenza – Incoerenza del parere del comitato d’inchiesta – Errore manifesto di valutazione – Illeciti amministrativi – Obbligo di riservatezza – Protezione dei dati personali – Ricorso per risarcimento danni»

Nella causa F‑103/11,

avente ad oggetto un ricorso proposto ai sensi dell’articolo 270 TFUE,

CG, membro del personale della Banca europea per gli investimenti, residente in Sandweiler (Lussemburgo), rappresentata inizialmente da N. Thieltgen, successivamente da J.-N. Louis e D. de Abreu Caldas, avvocati,

ricorrente,

sostenuta da:

Garante europeo della protezione dei dati (GEPD), rappresentato inizialmente da I. Chatelier e H. Kranenborg, successivamente da I. Chatelier e A. Buchta, in qualità di agenti,

interveniente,

contro

Banca europea per gli investimenti (BEI), rappresentata da G. Nuvoli e T. Gilliams, in qualità di agenti, assistiti da A. Dal Ferro, avvocato,

convenuta,

IL TRIBUNALE DELLA FUNZIONE PUBBLICA
(Seconda Sezione),

composto da M.I. Rofes i Pujol, (relatore), presidente, K. Bradley e J. Svenningsen, giudici,

cancelliere: J. Tomac, amministratore

vista la fase scritta del procedimento e in seguito all’udienza del 6 marzo 2014,

ha pronunciato la seguente

Sentenza

1        Con atto introduttivo pervenuto presso la cancelleria del Tribunale l’11 ottobre 2011, CG chiede, sostanzialmente, al Tribunale di annullare la decisione del 27 luglio 2011 del presidente della Banca europea per gli investimenti (BEI o in prosieguo: la «Banca») di non dare seguito alla sua denuncia per molestie psicologiche e di condannare la Banca a risarcire i danni morali e materiali che ritiene di aver subìto a causa dell’illegittimità della decisione del 27 luglio 2011, delle molestie psicologiche che asserisce di aver subìto e degli illeciti amministrativi attribuibili alla Banca.

 Contesto normativo

2        Conformemente all’articolo 308 TFUE, lo Statuto della Banca è stabilito con protocollo allegato a tale Trattato e al Trattato UE, di cui costituisce parte integrante.

3        L’articolo 7, paragrafo 3, lettera h), del protocollo n. 5 sullo Statuto della Banca prevede che il consiglio dei governatori approvi il regolamento interno della Banca. Tale regolamento è stato approvato il 4 dicembre 1958 ed è stato soggetto a diverse modifiche. Esso dispone che i regolamenti relativi al personale della Banca siano stabiliti dal consiglio d’amministrazione.

4        Il regolamento del personale della Banca è stato approvato dal consiglio di amministrazione di quest’ultima il 20 aprile 1960. Nella versione applicabile alla controversia, l’articolo 14 del suddetto regolamento enuncia che il personale della Banca è composto da tre categorie di agenti, secondo la funzione esercitata: la prima categoria riguarda il personale direttivo e comprende due funzioni, il «[q]uadro direttivo» e la «[f]unzione C»; la seconda categoria riguarda il personale di concetto e comprende tre funzioni, la «[f]unzione D», la «[f]unzione E» e la «[f]unzione F»; la terza categoria riguarda il personale d’esecuzione e comprende quattro funzioni.

5        L’articolo 41 del regolamento del personale dispone quanto segue:

«Tutte le controversie di carattere individuale tra la Banca e i suoi dipendenti sono sottoposte alla Corte di giustizia [dell’Unione europea].

(…)».

6        Il codice di condotta del personale della Banca, quale approvato il 1° agosto 2006 dal consiglio di amministrazione della Banca (in prosieguo: il «codice di condotta»), dispone all’articolo 3.6, rubricato «Dignità sul posto di lavoro»:

«Qualsiasi forma di molestie o di intimidazione è inaccettabile. Qualsiasi vittima di molestie o di intimidazione può, conformemente alla Politica della Banca in materia di rispetto della dignità sul luogo di lavoro, farne menzione al direttore del [dipartimento delle risorse umane], senza che ciò possa esserle addebitato. La Banca ha l’obbligo di dar prova di sollecitudine nei confronti della persona interessata e di offrirle il proprio sostegno.

3.6.1 Molestie psicologiche

Si tratta della ripetizione, nel corso di un periodo abbastanza lungo, di commenti, atteggiamenti o comportamenti ostili o inappropriati, espressi o manifestati da uno o più membri del personale nei confronti di un altro membro del personale. Un commento scortese, una lite accompagnata da uso di espressioni sgradevoli pronunciate nella foga del momento non sono indicativi di molestie psicologiche. Per contro, scoppi di collera ripetuti, vessazioni, commenti spiacevoli o allusioni offensive, che si ripetono regolarmente, durante un periodo di settimane o mesi, sono indubbiamente indicativi di molestie sul lavoro.

(…)».

7        Nel 2003, la Banca ha adottato la Politica in materia di rispetto della dignità della persona sul luogo di lavoro di cui all’articolo 3.6 del codice di condotta (in prosieguo: la «Politica»). L’articolo 2.1 della Politica, intitolato «Definizioni: intimidazione e molestia: di cosa si tratta?», dispone quanto segue:

«Il [codice di condotta], [all’articolo] 3.6, prevede che le molestie sono inaccettabili e contiene alcune definizioni di molestie. Non esiste un’unica definizione di molestie, giacché tanto le molestie quanto le intimidazioni possono assumere diverse forme. Fisiche o verbali, le loro manifestazioni avvengono spesso nel corso del tempo, anche se possono prodursi gravi episodi isolati. Non ha rilevanza il fatto che il comportamento di cui trattasi sia intenzionale o meno. Il principio determinante è che le molestie e le intimidazioni sono comportamenti indesiderabili e inaccettabili che minano l’autostima e la fiducia in se stessi di coloro che ne sono vittime.

(…)».

8        La Politica istituisce due procedure interne dirette a trattare i casi di intimidazione e di molestie, ossia, da un lato, una procedura informale, mediante la quale il membro del personale interessato cerca una composizione amichevole del problema, e, d’altro lato, una procedura formale di indagine, nella quale egli presenta ufficialmente una denuncia che è trattata da un comitato di indagine composto da tre persone. Tale comitato di inchiesta è incaricato di svolgere un’indagine obiettiva e indipendente e di emanare un parere con raccomandazione motivata per il presidente della Banca, il quale decide sulle misure da adottare.

9        Per quanto riguarda il procedimento d’inchiesta, la Politica dispone quanto segue:

«L’agente sottopone il caso, verbalmente o per iscritto, all’attenzione del [direttore del dipartimento delle risorse umane]. Se quest’ultimo ritiene che non si tratti di un caso immediato ed evidente di ricorso a sanzioni disciplinari e che, alla luce delle circostanze in cui si situa, il caso può costituire molestie, l’agente interessato può avviare il procedimento d’inchiesta nel seguente modo:

1.      chiede ufficialmente al [direttore del dipartimento delle risorse umane], per iscritto, di avviare un procedimento d’inchiesta, indicando l’oggetto della denuncia e l’identità del presunto molestatore o dei presunti molestatori.

2.      Il [direttore del dipartimento delle risorse umane], d’accordo con i rappresentanti del personale, propone al [p]residente [della Banca] la composizione del comitato e stabilisce una data per l’avvio dell’inchiesta, che deve aver luogo entro 30 giorni di calendario dal ricevimento della denuncia.

3.      Il [direttore del dipartimento delle risorse umane] accusa immediatamente ricevuta della nota dell’agente interessato, confermando[gli quindi] l’avvio di un procedimento d’inchiesta. Inoltre:

a.      chiede all’agente interessato di esporre la sua denuncia in un memorandum (…),

(…)

c.      informa che, a seguito del ricevimento del memorandum succitato, il presunto molestatore sarà informato dell’oggetto della denuncia e otterrà le informazioni necessarie a tale proposito, ma che non riceverà copia del memorandum,

(…)

e.      informa [il denunciante] che sarà ricordato al presunto molestatore che in nessun caso [egli] potrà vessarlo e che la denuncia deve essere trattata in modo rigorosamente riservato da entrambe le parti (con nota che sarà datata e rinviata al [direttore del dipartimento delle risorse umane] con ricevuta di ritorno),

(…)

4.      Ricevuto il memorandum [del denunciante], il [direttore del dipartimento delle risorse umane]:

a.      rivolge tempestivamente una nota al presunto molestatore, precisando l’oggetto della denuncia e ogni informazione necessaria, invitandolo a trasmettergli, entro [dieci] giorni, mediante plico riservato, una risposta scritta corredata, se lo desidera, da documenti giustificativi o da elementi probatori,

(…)

c.      ricorda al presunto molestatore che il denunciante non deve essere in nessun caso vessato e che la denuncia deve essere trattata in modo rigorosamente riservato da entrambe le parti (con nota che sarà datata e rinviata al [direttore del dipartimento delle risorse umane] con ricevuta di ritorno).

(…)».

10      Per quanto riguarda l’audizione, la Politica è redatta come segue:

«L’audizione persegue lo scopo di stabilire precisamente quanto accaduto e di riunire i fatti che consentiranno di redigere una raccomandazione motivata. (…)

(…) Il comitato può decidere le modalità con cui procedere che considera adeguate. Di norma, l’audizione si presenta come una serie di colloqui separati, effettuati nel seguente ordine:

–        anzitutto [il denunciante];

–        i testimoni eventualmente citati dal [denunciante];

–        il presunto molestatore[;]

–        i testimoni eventualmente citati dal presunto molestatore[;]

(…)».

11      Per quanto riguarda il risultato dell’inchiesta, la Politica prevede quanto segue:

«Dopo aver sentito tutte le parti e aver effettuato tutti gli eventuali accertamenti appropriati, il comitato dovrebbe essere nelle condizioni di pronunciarsi e di proporre una raccomandazione motivata. Esso non ha potere decisionale.

Il comitato può emanare diverse raccomandazioni aventi ad oggetto:

(…)

–        l’avvio del procedimento disciplinare [a carico del presunto molestatore].

(…)».

12      Per quanto riguarda la decisione finale adottata dal presidente della Banca, la Politica dispone quanto segue:

«La decisione del presidente [della Banca] deve precisare le eventuali misure da adottare, nonché il relativo calendario di attuazione, tra le quali, ad esempio:

–        l’avvio di un procedimento disciplinare [a carico del presunto molestatore],

(…)».

13      Conformemente all’allegato 1 della Politica, quest’ultima deve essere letta alla luce del codice di condotta e del regolamento del personale della Banca.

 Fatti

14      La ricorrente è stata assunta dalla Banca il 16 luglio 1998 nella funzione E della categoria del personale di concetto.

15      Il 1° aprile 2001, la ricorrente è stata promossa nella funzione D, scatto 1, della categoria del personale di concetto.

16      Dal 1° luglio 2001 al 1° gennaio 2008, la ricorrente era posta sotto la supervisione gerarchica del sig. Y, prima nell’ambito di un progetto, poi presso la direzione generale (DG) della gestione del rischio (in prosieguo: la «DG “Gestione del rischio”»), mentre occupava il posto di capo dell’unità «Rischi di cambio» del dipartimento del rischio finanziario, del quale era direttore il sig. Y. Nell’esercizio di tali funzioni la ricorrente lavorava anche in stretta collaborazione con il sig. X, direttore del dipartimento del rischio/credito della DG «Gestione del rischio».

17      Il 1° gennaio 2008, la ricorrente è stata nominata capo della divisione «Coordinamento» (in prosieguo: la «divisione del coordinamento») presso la DG «Gestione del rischio» ed è stata promossa nella funzione C della categoria del personale direttivo. In tale periodo, il direttore generale della DG «Gestione del rischio» esercitava la supervisione diretta sui sigg. X e Y, rispettivamente direttore del dipartimento del rischio/credito e direttore del dipartimento del rischio finanziario, nonché sulla ricorrente. Alla data della presentazione del ricorso, la ricorrente occupava ancora tale posto.

18      Dal 23 gennaio all’8 marzo 2008, la ricorrente è stata in congedo di malattia e dal 9 marzo al 28 luglio 2008 in congedo di maternità; poi, fino al 12 settembre 2008, ha usufruito di ferie annuali.

19      Nel rapporto informativo della ricorrente relativo all’anno 2008, il valutatore ha considerato che le sue prestazioni erano state conformi con la totalità delle aspettative e la ricorrente ha ottenuto un premio.

20      Nel rapporto informativo della ricorrente relativo al primo semestre dell’anno 2009, il valutatore ha concluso che le prestazioni della ricorrente erano state molto buone. La ricorrente ha ottenuto un aumento di stipendio di tre mini-scatti e taluni premi.

21      Il 1° maggio 2010, il direttore generale della DG «Gestione del rischio» è stato nominato ad un altro posto presso la Banca. Il sig. X è stato nominato direttore generale facente funzione della DG «Gestione del rischio» per il resto dell’anno 2010 e fino al 30 marzo 2011. Durante tale periodo, il suo precedente posto di direttore del dipartimento del rischio/credito è stato temporaneamente occupato dal sig. Z.

22      La ricorrente e i sigg. X e Y hanno tutti e tre presentato la loro candidatura per il posto di direttore generale della DG «Gestione del rischio» e la ricorrente ha anche presentato la sua candidatura al posto di direttore del dipartimento del rischio/credito. Le candidature dei sigg. X e Y, come anche quella della ricorrente, sono state scartate.

23      A partire dal 4 maggio 2010, la ricorrente ha fruito di un congedo di malattia per un lungo periodo. Tenuto conto della sua assenza, alcune delle sue responsabilità di capo della divisione del coordinamento sono state ridistribuite, in particolare ai sigg. X, Y e Z.

24      Il 28 giugno 2010 il medico curante della ricorrente ha certificato, su richiesta di quest’ultima, che il suo stato di salute richiedeva riposo in posizione distesa, ma che era in grado di lavorare presso il suo domicilio a condizione di mantenere una posizione distesa o semiseduta, e ciò per un periodo indeterminato a decorrere dalla data del certificato medico. Sulla base di tale certificato, la ricorrente ha chiesto di essere autorizzata a lavorare presso il suo domicilio, in telelavoro. La Banca ha accettato tale domanda di telelavoro pur precisando che la situazione della ricorrente rimaneva quella di una persona in congedo di malattia.

25      Agli inizi del mese di settembre 2010, la ricorrente ha chiesto l’autorizzazione del medico del lavoro della Banca di poter lavorare una mezza giornata alla settimana presso la sede della Banca e di poter continuare a lavorare in telelavoro. Tale richiesta è stata accettata.

26      Il 15 dicembre 2010 è stato nominato un nuovo direttore generale della DG «Gestione del rischio», il quale è entrato in servizio il 1° aprile 2011.

27      Per il periodo tra l’8 febbraio e il 3 aprile 2011, la ricorrente è stata autorizzata a lavorare a metà tempo per motivi medici.

28      Il 18 febbraio 2011, la ricorrente ha presentato, conformemente alla Politica, una domanda di avvio di un procedimento d’inchiesta a carico dei sigg. X e Y, dopo aver espletato la procedura informale. In tale domanda, la ricorrente affermava che, a partire dal mese di giugno 2010, per quanto riguarda il sig. X, e dal mese di settembre 2008, per quanto riguarda il sig. Y, questi ultimi avevano posto in atto nei suoi confronti comportamenti intimidatori e molestie psicologiche, consistenti principalmente, in primo luogo, in una disinformazione o in un’assenza di informazioni aventi lo scopo di rendere inefficace il suo lavoro; in secondo luogo, in una «messa al bando» mediante l’affievolimento e/o la limitazione del suo ruolo e delle sue responsabilità; in terzo luogo, in una denigrazione pubblica nonché in umiliazioni pubbliche e/o private, e, in quarto luogo, nell’allontanamento dalla cerchia dei suoi colleghi attraverso la sua esclusione dagli scambi di informazione connessi al lavoro.

29      Con lettera del 22 febbraio 2011, la Banca ha risposto alla lettera della ricorrente del 18 febbraio precedente.

30      Con lettera del direttore del dipartimento delle risorse umane del 28 febbraio 2011, la ricorrente è stata informata dell’avvio del procedimento d’inchiesta ed è stata invitata a esporre la sua denuncia in un memorandum. Nella lettera era indicato che, dopo il ricevimento di tale memorandum, anche i presunti molestatori sarebbero stati informati dell’oggetto della denuncia, che avrebbero ricevuto copia del memorandum al fine di garantire l’esercizio dei diritti della difesa e che, per reciprocità e in applicazione del medesimo principio, la ricorrente avrebbe ricevuto copia delle risposte dei due presunti molestatori. La lettera precisava anche che sarebbe stato rammentato a questi ultimi che in nessun caso potevano vessarla e che la denuncia doveva essere trattata in modo rigorosamente riservato da entrambe le parti.

31      Con memorandum del 14 marzo 2011, la ricorrente ha riferito sui comportamenti di molestie e di intimidazione che i due presunti molestatori avrebbero posto in atto nei suoi confronti. Tale memorandum era corredato da documenti volti a provare la concretezza della sua denuncia. Molti di questi allegati contenevano dati relativi alla salute della ricorrente, compresi taluni certificati medici, in particolare, di inabilità al lavoro, nonché taluni scambi di messaggi di posta elettronica.

32      Con lettera del 16 marzo 2011, il direttore del dipartimento delle risorse umane ha accusato ricevuta del memorandum del 14 marzo 2011 e ha informato la ricorrente del fatto che, lo stesso giorno, tale memorandum era stato comunicato ai sigg. X e Y. È pacifico tra le parti che i documenti giustificativi allegati al memorandum del 14 marzo 2011 sono stati anch’essi trasmessi.

33      Con rispettivi memorandum del 28 marzo 2011, i sigg. X e Y hanno depositato le loro risposte a quello della ricorrente. Quest’ultima ha ricevuto copia di tali memorandum.

34      Dal 4 aprile all’8 luglio 2011, la ricorrente è stata assente in congedo di malattia. Poi ha ripreso il lavoro nell’ambito di un metà tempo a fini terapeutici e ha ripreso a lavorare a tempo pieno il 1° settembre 2011.

35      Con lettera del 6 aprile 2011 indirizzata al direttore del dipartimento delle risorse umane, la ricorrente ha contestato la comunicazione ai presunti molestatori del suo memorandum del 14 marzo 2011 e della totalità dei suoi allegati dal momento che tali allegati contenevano numerosi dati personali riservati, in particolare riguardanti il suo stato di salute.

36      Con lettera dell’11 aprile 2011, il direttore del dipartimento delle risorse umane le ha risposto facendo valere, segnatamente, che le disposizioni della Politica riguardanti la procedura d’inchiesta erano in corso di revisione per quanto riguarda la trasmissione dei documenti tra le parti al fine di garantire i diritti della difesa e conformarle alle nuove linee guida del Garante europeo della protezione dei dati (GEPD).

37      Con lettere del 28 aprile 2011, il dipartimento delle risorse umane ha attirato l’attenzione di ciascuno dei presunti molestatori sul fatto che, tra i documenti inviati il 16 marzo 2011, comparivano documenti di natura medica che la ricorrente aveva sottoposto nell’ambito del procedimento d’inchiesta e ha chiesto loro di trattare tali dati medici con la massima riservatezza.

38      Il 2 maggio 2011, il comitato d’inchiesta, designato dal presidente della Banca, ha sentito la ricorrente nonché i sigg. X e Y.

39      I testimoni dei quali la ricorrente aveva chiesto la convocazione, ad eccezione di una persona, hanno rifiutato di presentarsi dinanzi al comitato. Dopo aver sentito i testimoni citati dal sig. X nonché le persone che, di propria iniziativa, egli aveva voluto sottoporre ad audizione, il comitato d’inchiesta ha deciso di non insistere a voler sentire i testimoni indicati dalla ricorrente.

40      L’11 luglio 2011, il comitato d’inchiesta ha reso il proprio parere (in prosieguo: il «parere del comitato d’inchiesta»). Per quanto riguarda il sig. X, il comitato d’inchiesta ha concluso che non aveva potuto «accertare un [suo] atteggiamento abusivo e intenzionale tale da configurare molestie psicologiche» e, per quanto riguarda il sig. Y, dopo aver accertato che taluni comportamenti denunciati dalla ricorrente erano stati posti in atto, il comitato d’inchiesta non si è pronunciato sulla questione se tali comportamenti costituissero molestie psicologiche. Nel citato parere il comitato d’inchiesta ha formulato una serie di raccomandazioni rivolte alla Banca.

41      Con lettera del 27 luglio 2011, il presidente della Banca ha informato la ricorrente che, considerato il parere del comitato d’inchiesta, aveva deciso di non dare seguito amministrativo alla sua denuncia (in prosieguo: la «decisione del 27 luglio 2011»). In tale lettera, il presidente della Banca ha precisato che il direttore del dipartimento delle risorse umane restava a disposizione della ricorrente per discutere del suo eventuale trasferimento presso il controllore finanziario della Banca.

42      Nel mese di agosto 2011, in data non precisata, la ricorrente ha presentato al GEPD una denuncia riguardante il trattamento dei suoi dati personali da parte dei servizi della Banca nell’ambito del procedimento d’inchiesta. Il GEPD ha avviato un’indagine, ma l’ha sospesa, il 2 febbraio 2012, in attesa di una decisione definitiva del giudice dell’Unione nella presente causa.

43      Con lettera del 25 agosto 2011, la ricorrente ha rivolto alla Banca una domanda di risarcimento avente ad oggetto il danno causato dall’illegittimità della decisione del 27 luglio 2011 e dagli abusi perpetrati nei suoi confronti dal settembre 2008, configuranti illeciti amministrativi.

44      Con lettera del 1° settembre 2011, il presidente della Banca ha respinto la domanda di risarcimento (in prosieguo: la «decisione del 1° settembre 2011»).

45      Con lettera del 21 dicembre 2011, il presidente della Banca ha chiesto all’ex direttore generale della DG «Gestione del rischio» di esaminare la possibilità di trasferire la ricorrente in un’altra direzione.

46      Con lettera del 2 febbraio 2012 indirizzata al GEPD, la Banca ha risposto a talune domande che il GEPD le aveva posto.

 Procedimento e conclusioni delle parti

47      Nel suo ricorso, la ricorrente conclude che il Tribunale voglia:

–        annullare la conclusione finale del parere del comitato d’inchiesta per la parte in cui constata l’insussistenza di fatti qualificabili come molestie nei suoi confronti;

–        annullare la decisione del 27 luglio 2011;

–        constatare che la ricorrente è stata vittima di molestie;

–        imporre alla Banca di porre fine a dette molestie;

–        annullare la decisione del 1° settembre 2011;

–        accertare l’esistenza di illeciti amministrativi attribuibili alla Banca;

–        accertare la responsabilità della Banca per l’illegittimità della decisione del 27 luglio 2011, per i fatti costituenti molestie si cui è stata vittima nonché per gli illeciti amministrativi attribuibili alla Banca;

–        condannare la Banca a risarcire i danni fisici, morali e materiali pregressi e ulteriori subiti dal ricorrente a causa dell’illegittimità della decisione del 27 luglio 2011, delle molestie psicologiche nei suoi confronti e degli illeciti amministrativi attribuibili alla Banca, unitamente agli interessi di mora:

–        per quanto riguarda l’illegittimità della decisione del 27 luglio 2011:

–        per il danno materiale a titolo di perdita di retribuzione: EUR 113 100;

–        per il danno morale: EUR 50 000;

–        per quanto riguarda le molestie psicologiche subite:

–        per il danno materiale a titolo della perdita di retribuzione e di carriera: EUR 132 100;

–        per il danno morale: EUR 50 000;

–        per le spese sostenute: EUR 13 361,93;

–        per quanto riguarda gli illeciti amministrativi attribuibili alla Banca:

–        per la violazione da parte della Banca degli obblighi di riservatezza e di protezione dei dati ad essa incombenti: EUR 10 000;

–        per la questione incidentale relativa all’audizione di testimoni: EUR 40 000;

–        a titolo di misura istruttoria, disporre e procedere all’audizione dei testimoni come precisato nell’offerta di prova allegata al ricorso;

–        a titolo di misura istruttoria, disporre una perizia per valutare l’entità dei danni materiali e morali derivanti dall’illegittimità della decisione del 27 luglio 2011, delle molestie psicologiche nei suoi confronti e degli illeciti amministrativi attribuibili alla Banca e il cui oggetto è ulteriormente illustrato nell’offerta di prova allegata al ricorso;

–        condannare la Banca alle spese del procedimento.

48      Nel controricorso, la Banca conclude che il Tribunale voglia:

–        respingere il ricorso in quanto irricevibile e/o infondato;

–        condannare la ricorrente alle spese..

49      Con lettera depositata presso la cancelleria del Tribunale il 31 gennaio 2012, il GEPD ha chiesto di intervenire a sostegno delle conclusioni della ricorrente.

50      Con ordinanza del presidente della Seconda Sezione del Tribunale del 24 aprile 2012 il GEPD è stato autorizzato ad intervenire. La memoria d’intervento del GEPD è stata depositata presso la cancelleria del Tribunale il 1° giugno 2012. Il GEPD precisa nella sua memoria che interviene unicamente a sostegno delle conclusioni della ricorrente che richiedono un esame delle norme sulla protezione dei dati personali stabilite nel regolamento (CE) n. 45/2001 del Parlamento europeo e del Consiglio, del 18 dicembre 2000, concernente la tutela delle persone fisiche in relazione al trattamento dei dati personali da parte delle istituzioni e degli organismi comunitari, nonché la libera circolazione di tali dati (GU 2001, L 8, pag. 1). Con memorie rispettivamente del 22 giugno 2012 e del 2 luglio 2012, la ricorrente e la Banca hanno depositato le loro osservazioni sull’intervento del GEPD. La Banca ha chiesto che le conclusioni presentate dal GEPD fossero respinte e che il GEPD fosse condannato alle spese relative al suo intervento.

51      Con lettera del 30 marzo 2012 rivolta al Tribunale, la ricorrente ha lamentato il fatto che uno degli agenti che rappresenta la Banca nella presente causa avrebbe preso contatto telefonico con una delle persone che la ricorrente aveva citato come testimone nell’offerta di prova allegata al suo ricorso per sapere se intendesse testimoniare dinanzi al Tribunale in favore della ricorrente. A seguito di tale contatto, la persona interessata avrebbe indicato ad un collega della ricorrente di non voler testimoniare per timore di ripercussioni.

52      Con lettera del 4 maggio 2012, la Banca ha depositato la sue osservazioni sulla lettera della ricorrente del 30 marzo 2012.

53      Con lettera del cancelliere del 17 gennaio 2014, le parti sono state invitate a rispondere a talune misure di organizzazione del procedimento. Esse hanno correttamente ottemperato a tale invito. Nella sua risposta, la ricorrente ha rivalutato il danno materiale che asserisce di aver subìto e ha fatto valere che esso ammonta ormai a EUR 218 800.

54      In udienza, la ricorrente ha ritirato il primo e il quarto capo delle conclusioni. Ha parimenti chiesto al Tribunale di trattare congiuntamente il settimo e l’ottavo capo delle conclusioni.

 Sulla ricevibilità

I –  Sul terzo capo delle conclusioni, volto alla constatazione delle molestie psicologiche

55      La ricorrente chiede al Tribunale di constatare che essa è stata ed è tuttora vittima di molestie psicologiche.

56      Tuttavia, secondo la giurisprudenza costante, non spetta al giudice dell’Unione pervenire a constatazioni di principio (sentenze De Nicola/BEI, T‑120/01 e T‑300/01, EU:T:2004:367, punto 136, nonché De Nicola/BEI, T‑264/11 P, EU:T:2013:461, punto 63).

57      Ne consegue che le conclusioni volte a far constatare le molestie psicologiche sono irricevibili e devono essere respinte. Poiché la ricorrente ha chiesto al Tribunale di adottare misure istruttorie volte all’audizione di testimoni, allo scopo di consentirgli di constatare tali molestie, non occorre adottare siffatte misure né prendere posizione sull’incidente di procedura denunciato dalla ricorrente nella sua lettera del 30 marzo 2012.

II –  Sul quinto capo delle conclusioni, volto all’annullamento della decisione del 1° settembre 2011

58      Con la decisione del 1° settembre 2011, il presidente della Banca ha respinto la domanda risarcitoria che la ricorrente le aveva presentato il 25 agosto 2011 per ottenere il risarcimento dei danni che sosteneva aver subìto a causa dell’illegittimità della decisione del 27 luglio 2011 e dei comportamenti abusivi della Banca nei suoi confronti dal settembre 2008, che configurano illeciti amministrativi.

59      Orbene, il Tribunale constata che, nel presente ricorso, la ricorrente formula domande risarcitorie volte ad ottenere il risarcimento degli stessi danni.

60      Non occorre pertanto statuire separatamente sulle conclusioni volte all’annullamento della decisione del 1° settembre 2011 (v. sentenza Verheyden/Commissione, F‑72/06, EU:F:2009:40, punto 30).

III –  Sul sesto capo delle conclusioni, volto all’accertamento di illeciti amministrativi attribuibili alla Banca      

61      La ricorrente chiede al Tribunale di accertare che la Banca ha commesso diversi illeciti amministrativi nei suoi confronti.

62      Il Tribunale osserva tuttavia che, nell’ambito delle sue domande risarcitorie, la ricorrente chiede, segnatamente, che il Tribunale condanni la Banca a risarcire i danni asseritamente causati da questi stessi illeciti amministrativi. Di conseguenza, le conclusioni volte all’accertamento degli illeciti amministrativi costituiscono una domanda autonoma volta, in concreto, a che il Tribunale riconosca la fondatezza di taluni argomenti dedotti a sostegno del suo ricorso per risarcimento dei danni. Orbene, secondo una giurisprudenza costante, siffatte conclusioni devono essere respinte in quanto irricevibili poiché non spetta al Tribunale pervenire a constatazioni di principio (sentenza A/Commissione, F‑12/09, EU:F:2011:136, punto 83; ordinanza Marcuccio/Commissione, F‑87/07, EU:F:2008:135, punto 36).

63      Di conseguenza, le conclusioni volte all’accertamento degli illeciti amministrativi attribuibili alla Banca devono essere respinte in quanto irricevibili.

 Sulla domanda di annullamento e sulla domanda risarcitoria

I –  Sulla domanda volta all’annullamento della decisione del 27 luglio 2011

A –  Argomenti delle parti

64      La ricorrente fa valere che la decisione del 27 luglio 2011 è viziata da un errore manifesto di valutazione e dovrebbe essere annullata. A tale proposito, essa afferma che il parere del comitato d’inchiesta contiene, da un lato, constatazioni allarmanti che avrebbero necessitato l’adozione di misure da parte del presidente della Banca, in particolare per far cessare le molestie psicologiche, e non certo la decisione di archiviazione della sua denuncia. Quindi, il parere del comitato d’inchiesta avrebbe messo in evidenza l’esistenza di fatti di denigrazione e di umiliazione pubblica contro la ricorrente nonché il suo isolamento e la sua esclusione dalla cerchia dei suoi colleghi. Inoltre, secondo detto parere, il sig. Y l’avrebbe volontariamente allontanata dal suo posto. Dall’altro, il parere del comitato d’inchiesta conterrebbe la raccomandazione di trasferire la ricorrente nel suo interesse e di reintegrarla in un posto di capo divisione offrendole concrete prospettive di promozione. Di conseguenza, la ricorrente ritiene che il presidente della Banca abbia commesso un errore manifesto di valutazione adottando, sulla base del parere del comitato d’inchiesta, la decisione del 27 luglio 2011 e, in tal modo, rifiutando di dare un seguito amministrativo alla sua denuncia, di adottare le misure necessarie per porre fine alle molestie di cui era vittima, di reintegrarla nelle sue funzioni o di trasferirla su un posto equivalente.

65      La Banca replica che la decisione del 27 luglio 2011 non è in contrasto con il parere del comitato d’inchiesta, dal momento che entrambi concluderebbero per l’insussistenza di molestie psicologiche nei confronti della ricorrente. Peraltro, seguendo su tale punto le raccomandazioni del comitato d’inchiesta, il presidente della Banca avrebbe invitato la ricorrente, nella decisione del 27 luglio 2011, a prendere in considerazione un trasferimento in un’altra direzione della Banca.

B –  Giudizio del Tribunale

66      La questione posta al Tribunale è se il presidente della Banca abbia commesso un errore manifesto di valutazione adottando, considerato il parere del comitato d’inchiesta, la decisione del 27 luglio 2011. Pur conservando l’effetto utile che dev’essere riconosciuto al potere discrezionale del presidente della Banca, il Tribunale ha già avuto modo di precisare che un errore è manifesto allorché risulta agevolmente percepibile e può essere chiaramente individuato secondo criteri cui il legislatore ha voluto subordinare il potere decisionale di cui trattasi (sentenza Canga Fano/Consiglio, F‑104/09, EU:F:2011:29, punto 35, confermata su impugnazione dalla sentenza Canga Fano/Consiglio, T‑281/11 P, EU:T:2013:252, punto 127).

67      Il Tribunale osserva che, nel parere del comitato d’inchiesta, viene precisato che a detto comitato incombe «accertare se [la ricorrente] sia stata oggetto di molestie e di intimidazione da parte dei [sigg. X e Y], atteso che il [comitato d’inchiesta] intende per molestie psicologiche ogni condotta abusiva che si manifesta in modo durevole, ripetitivo o sistematico attraverso comportamenti, parole, atti, gesti e scritti che sono intenzionali e che ledono la personalità, la dignità o l’integrità fisica o psichica di una persona». Il comitato d’inchiesta prosegue affermando che «[l]’elemento chiave per determinare se sussistano molestie psicologiche consiste nell’atteggiamento abusivo e intenzionale tenuto dalle persone identificate dal denunciante» e che «ha cercato, dunque, di esaminare le censure [della ricorrente] alla luce di tali criteri».

68      A tale proposito, il Tribunale rileva che l’articolo 3.6.1 del codice di condotta definisce le molestie psicologiche come la «ripetizione, nel corso di un periodo abbastanza lungo, di commenti, atteggiamenti o comportamenti ostili o inappropriati, espressi o manifestati da uno o più membri del personale nei confronti di un altro membro del personale». Tale disposizione del codice di condotta dev’essere letta in parallelo alla disposizione della Politica, nella specie il suo articolo 2.1, il quale contiene la definizione di molestie psicologiche e secondo il quale «non ha rilevanza il fatto che il comportamento di cui trattasi sia intenzionale o meno. Il principio determinante è che le molestie e le intimidazioni sono comportamenti indesiderabili e inaccettabili che minano l’autostima e la fiducia in se stessi di coloro che ne sono vittime».

69      È dunque possibile trarre una duplice conclusione dalla formulazione dell’articolo 2.1 della Politica, in combinato disposto con l’articolo 3.6.1 del codice di condotta. Da un lato, i commenti, atteggiamenti o comportamenti di cui all’articolo 3.6.1 del codice di condotta devono produrre l’effetto di minare l’autostima e la fiducia in se stessa della vittima. Dall’altro, nei limiti in cui non è richiesto che i comportamenti di cui trattasi siano intenzionali, non è necessario accertare che tali commenti, atteggiamenti o comportamenti siano stati commessi con l’intento di violare la dignità di una persona. In altri termini, possono sussistere molestie psicologiche senza che sia necessario dimostrare che il molestatore abbia voluto, mediante i suoi commenti, atteggiamenti o comportamenti, ledere deliberatamente la vittima. Si sarà dunque in presenza di molestie psicologiche, ai sensi dell’articolo 2.1 della Politica, in combinato disposto con l’articolo 3.6.1 del codice di condotta, ogniqualvolta i commenti, atteggiamenti o comportamenti, che siano stati tenuti o commessi, abbiano comportato oggettivamente una lesione dell’autostima e della fiducia in se stessa di una persona.

70      In risposta ad un quesito posto in udienza sulla definizione di molestie psicologiche, la Banca ha confermato che, perché si possa considerare che un comportamento costituisca molestie psicologiche ai sensi dell’articolo 2.1 della Politica, in combinato disposto l’articolo 3.6.1 del codice di condotta, esso deve avere natura «abusiva e intenzionale», come menzionato dal comitato d’inchiesta nel suo parere.

71      Non si può tuttavia considerare fondata tale affermazione, poiché, come emerge dal punto 69 della presente sentenza, e conformemente all’articolo 2.1 della Politica, non è necessario che il comportamento di cui trattasi sia stato commesso in modo intenzionale.

72      La Banca ha anche sostenuto in udienza che occorre distinguere tra l’intenzionalità «oggettiva» e l’intenzionalità «soggettiva» del presunto molestatore e che, nello stabilire che la questione dell’intenzionalità del comportamento di cui trattasi non è pertinente, la Politica intende indicare che è necessario che sussista unicamente l’intenzionalità oggettiva del presunto molestatore, e non l’intenzionalità soggettiva di quest’ultimo. Orbene, tale argomento non può essere accolto, poiché la formulazione dell’articolo 2.1 della Politica non consente di operare una siffatta distinzione.

73      Alla luce delle considerazioni suesposte, si deve concludere che la nozione di molestie psicologiche presa in considerazione nel parere del comitato d’inchiesta, e menzionata nel punto 67 della presente sentenza, è più restrittiva di quella stabilita dall’articolo 2.1 della Politica, in combinato disposto con l’articolo 3.6.1 del codice di condotta, e che essa, pertanto, non è conforme alla regolamentazione applicabile agli agenti della Banca.

74      Per ragioni di completezza, il Tribunale esaminerà se, nonostante il fatto che il comitato d’inchiesta si sia fondato su una nozione errata di molestie psicologiche, quest’ultimo abbia accertato se i sigg. X e Y abbiano effettivamente messo in atto i comportamenti contestati dalla ricorrente e, in caso affermativo, abbia valutato poi se tali comportamenti abbiano oggettivamente comportato una violazione della personalità della ricorrente, nel qual caso tali comportamenti costituirebbero molestie psicologiche.

75      A tale proposito, il Tribunale osserva che diversi passaggi del parere del comitato d’inchiesta mostrano che quest’ultimo si è limitato ad accertare se i presunti molestatori avessero adottato un atteggiamento «abusivo e intenzionale» nei confronti della ricorrente.

76      Cosí, il comitato d’inchiesta afferma che il sig. Y «è (…) considerato un uomo ambizioso che specula sul suo futuro professionale e che è descritto da alcuni come un rullo compressore che avanza senza troppo occuparsi dei danni collaterali che può causare» e non ritiene che «[la ricorrente] sia stata in particolar modo presa di mira da[l sig. Y], mentre [il sig. Y] avrebbe probabilmente fatto lo stesso se qualcun altro si fosse trovato nello stesso momento nella medesima situazione [della ricorrente]: lei si trovava in quel contesto, ostacolava le sue ambizioni e la sua assenza (…) per malattia bloccava parzialmente la buona esecuzione del lavoro, doveva quindi essere allontanata».

77      Inoltre, nell’ambito delle sue conclusioni e a proposito della censura formulata dalla ricorrente sulla disinformazione o assenza di informazioni, il comitato d’inchiesta afferma che «rileva talune carenze nell’informazione [della ricorrente]», ma che «[s]i sarebbe trattato (…) di leggerezza e di una certa negligenza piuttosto che dell’intento abusivo [nei confronti della ricorrente] di tenerla lontana dal flusso di informazioni».

78      Inoltre, per quanto riguarda l’accusa mossa dalla ricorrente nei confronti dei presunti molestatori di averla «messa al bando» mediante l’affievolimento e/o la limitazione del suo ruolo e delle sue responsabilità, il comitato d’inchiesta, dopo aver accertato la realtà di tale accusa, afferma che «non ritiene che [il sig. X] abbia intenzionalmente e abusivamente contribuito a demolire la situazione [della ricorrente]» e che esso considera, invece, che il sig. Y «abbia coscientemente colmato i vuoti lasciati [dalla ricorrente] durante la sua assenza e che abbia accettato come “danno collaterale” che essa fosse allontanata delle sue funzioni per, alla fine, occupare una migliore posizione».

79      Analogamente, quando il comitato d’inchiesta fa riferimento alla critica formulata dalla ricorrente riguardo alla pubblica denigrazione, fa valere che la «situazione umiliante e degradante nella quale si sarebbe trovata [la ricorrente] è piuttosto il risultato di una situazione generale piuttosto che di un intento specifico a tal fine del [sig. X] e/o del [sig. Y]».

80      Inoltre, per quanto riguarda l’accusa mossa dalla ricorrente relativa al suo allontanamento dalla cerchia dei colleghi, il comitato d’inchiesta afferma che tale esclusione «che sembra reale (…) non è la conseguenza di un’azione intenzionale e abusiva specifica avente lo scopo di escludere [la ricorrente]».

81      Infine, un passaggio facente riferimento al sig. X conferma il fatto che il comitato d’inchiesta è pervenuto alla conclusione che non sussistano molestie psicologiche in quanto, a suo parere, non era dimostrato che il sig. X avesse tentato intenzionalmente di ledere la ricorrente. Infatti, dopo aver esaminato il comportamento del sig. X nei confronti della ricorrente, il comitato d’inchiesta ha concluso che «[d]i conseguenza il [comitato d’inchiesta] non ha potuto accertare un [suo] atteggiamento abusivo e intenzionale tale da configurare molestie psicologiche».

82      Tuttavia, anche se il comitato d’inchiesta, a causa della nozione errata di molestie psicologiche da esso applicata, ha limitato le sue indagini come menzionato nei punti 75 e 81 della presente sentenza, il Tribunale osserva che detto comitato ha accertato che i sigg. X e Y hanno effettivamente posto in essere taluni dei comportamenti contestati loro dalla ricorrente. Quindi, il comitato d’inchiesta afferma che il sig. X «non è (…) intervenuto con il rigore che sarebbe probabilmente stato necessario per fare intendere al sig. Y che le funzioni che quest’ultimo svolgeva ad interim sarebbero dovute rimanere tali».

83      Per quanto riguarda il sig. Y, il comitato d’inchiesta constata che egli ha «passo dopo passo allontanato [la ricorrente] dal suo posto appropriandosi di tutti gli aspetti strategici che comporta il servizio di coordinamento. Attualmente è quindi pacifico (…) che l’organigramma della [DG “Gestione del rischio”] è tale che il [sig. Y] concentra nelle sue mani tutte le funzioni chiave, strategiche, che attribuiscono ampia visibilità nei confronti della gerarchia della Banca e che [la ricorrente] è relegata a svolgere funzioni amministrative. Ciò che [la ricorrente] aveva previsto si è dunque verificato». Il comitato d’inchiesta aggiunge che, a suo parere, il sig. Y «ha approfittato della situazione generale nella quale si trovava la [DG “Gestione del rischio”] in tale momento particolare per acquisire una posizione e avanzare nella sua carriera professionale e [che] ha accettato quindi che la posizione della [ricorrente] si riducesse conseguentemente».

84      Inoltre, il comitato d’inchiesta afferma che «rileva talune carenze nell’informazione [della ricorrente]», che «il ruolo e le responsabilità [della ricorrente] sono effettivamente stati privati dei loro elementi chiave e strategici, che consentono peraltro di essere visibili alla gerarchia della Banca e quindi di porre le basi per lo sviluppo della carriera professionale», e che l’esclusione della ricorrente dalla cerchia dei suoi colleghi «sembra reale».

85      Inoltre, il comitato d’inchiesta «è convinto che [la ricorrente] presenti tutti i sintomi normalmente rilevati in persone vittime di molestie psicologiche: depressione, tristezza, sentimenti di angoscia e di scarsa considerazione di sé, di solitudine e d’isolamento, nonché dubbi sul senso della vita e del progetto professionale, grandi ostacoli alle relazioni sviluppate sul luogo di lavoro» e ha constatato che la ricorrente «è una persona che si trova in uno stato di forte sofferenza psichica e che presenta tutti i sintomi delle molestie psicologiche».

86      Orbene, il Tribunale deve constatare che, dopo essere giunto alla conclusione, da un lato, dell’esistenza di alcuni dei comportamenti censurati dalla ricorrente ai presunti molestatori e, dall’altro, dell’esistenza di sintomi di molestie psicologiche in capo a quest’ultima, il comitato d’inchiesta non ha determinato se i comportamenti summenzionati fossero all’origine dei sintomi di molestie psicologiche, in particolare la lesione dell’autostima e della fiducia in se stessi, riscontrati nella ricorrente. Per quanto riguarda il sig. X, il comitato d’inchiesta ha concluso che non aveva potuto «accertare un [suo] atteggiamento abusivo e intenzionale tale da configurare molestie psicologiche» e, per quanto riguarda il sig. Y, dopo aver constatato che taluni comportamenti denunciati dalla ricorrente erano stati posti in atto, il comitato d’inchiesta non si è pronunciato sulla questione se tali comportamenti costituissero molestie psicologiche.

87      Alla luce delle considerazioni suesposte, occorre rilevare che il parere del comitato d’inchiesta, da un lato, è stato adottato all’esito di un’inchiesta nella quale la condotta dei presunti molestatori non è stata esaminata alla luce della definizione delle molestie psicologiche contenuta nell’articolo 2.1 della Politica, in combinato disposto con l’articolo 3.6.1 del codice di condotta, e, dall’altro, è incoerente nella parte in cui accerta sia la messa in atto, da parte dei presunti molestatori, di taluni comportamenti denunciati dalla ricorrente sia la presenza, nella ricorrente, dei sintomi di molestie psicologiche, senza aver indagato se i secondi fossero stati provocati dai primi.

88      Di conseguenza, il parere del comitato d’inchiesta è viziato da irregolarità.

89      Il presidente della Banca ha pertanto commesso un errore manifesto di valutazione adottando, alla luce di tale parere, la decisione del 27 luglio 2011. Poiché il presidente della Banca ha commesso un illecito, la decisione del 27 luglio 2011 deve essere annullata.

90      Conseguentemente, devono essere accolte le conclusioni volte all’annullamento della decisione del 27 luglio 2011.

II –  Sulle conclusioni dirette al risarcimento della ricorrente

91      La ricorrente articola la sua domanda risarcitoria in tre capi. Con il primo, chiede il risarcimento dei danni asseritamente subiti derivanti dall’illegittimità della decisione del 27 luglio 2011. Con il secondo, chiede il risarcimento dei danni asseritamente subiti a causa delle molestie psicologiche e della violazione da parte della Banca del suo dovere di sollecitudine. Nell’ambito del terzo capo, chiede il risarcimento dei danni asseritamente subiti derivanti dagli illeciti amministrativi.

A –  Sul risarcimento dei danni derivanti dall’illegittimità della decisione del 27 luglio 2011

1.     Argomenti delle parti

92      La ricorrente far valere che la decisione del 27 luglio 2011 le ha causato un danno materiale, stimato in EUR 218 800. Infatti, poiché il presidente della Banca si sarebbe rifiutato di adottare misure nei suoi confronti, reintegrandola nelle sue funzioni o assegnandola ad un posto equivalente che le offrisse concrete prospettive di carriera, lei si troverebbe in un posto privo di responsabilità e con prospettive di carriera inesistenti. La decisione del 27 luglio 2011 avrebbe pertanto avuto, e continuerebbe ad avere in futuro, un impatto sulla sua retribuzione, in particolare sui suoi premi, i quali sono stabiliti in funzione degli obiettivi e delle responsabilità dell’agente. La ricorrente afferma che la decisione del 27 luglio 2011 l’avrebbe anche posta in uno stato di incertezza e di inquietudine che le avrebbe causato un rilevante danno morale, che non potrebbe essere risarcito dall’annullamento della citata decisione e che ella stima equitativamente in un importo di EUR 50 000.

93      La Banca replica che tale domanda risarcitoria non è fondata, dal momento che non le si può addebitare alcun illecito.

2.     Giudizio del Tribunale

94      Secondo costante giurisprudenza, l’insorgere della responsabilità extracontrattuale dell’amministrazione è subordinato al soddisfacimento di tre condizioni cumulative, ossia l’illegittimità di un atto amministrativo o di un comportamento contestato alle istituzioni, l’effettiva esistenza del danno e la sussistenza di un nesso di causalità fra il comportamento censurato e il danno lamentato (sentenza Skoulidi/Commissione, F‑4/07, EU:F:2008:22, punto 43, e ordinanza Marcuccio/Commissione, F‑69/10, EU:F:2011:128, punto 22). Ne consegue che la mancanza di una di queste tre condizioni è sufficiente per respingere un ricorso per risarcimento danni (sentenza Lucaccioni/Commissione, C‑257/98 P, EU:C:1999:402, punti 11 e 14 nonché la giurisprudenza ivi citata).

95      Nella fattispecie, si deve rilevare che il danno materiale e morale fatto valere dalla ricorrente troverebbe la sua origine nella decisione del 27 luglio 2011, la cui illegittimità è stata appena accertata dal Tribunale, al punto 89 della presente sentenza.

96      Dal momento che tale illegittimità della decisione della Banca è stata accertata, occorre esaminare se tale decisione illegittima abbia avuto conseguenze pregiudizievoli per la ricorrente.

97      Relativamente, in primo luogo, alla domanda della ricorrente diretta alla condanna della Banca al risarcimento del danno materiale che le avrebbe causato la decisione del 27 luglio 2011, nei limiti in cui la Banca, archiviando la sua denuncia senza darle seguito amministrativo, si è rifiutata di adottare misure in suo favore, il che avrebbe avuto come conseguenza la sua assegnazione ad un posto privo di responsabilità, occorre rammentare che l’annullamento di un atto da parte del giudice ha per effetto di eliminare retroattivamente l’atto in parola dall’ordinamento giuridico e che, qualora l’atto annullato sia già stato eseguito, l’eliminazione dei suoi effetti impone di ristabilire la situazione giuridica nella quale la parte ricorrente si trovava prima dell’adozione dell’atto medesimo (sentenza Kalmár/Europol, F‑83/09, EU:F:2011:66, punto 88). Inoltre, conformemente all’articolo 266 TFUE, l’istituzione da cui emana l’atto annullato è «tenuta a prendere i provvedimenti che l’esecuzione della sentenza della Corte di giustizia (…) comporta».

98      Nell’ambito delle misure che la Banca è tenuta ad adottare per l’esecuzione della presente sentenza, poiché il Tribunale non può pregiudicare le conclusioni di un eventuale nuovo procedimento d’inchiesta, non si può, in questa fase, condannare la Banca a risarcire la ricorrente per il danno materiale asseritamente subìto, ivi compreso quello a decorrere dal 27 luglio 2011. Ne consegue che non possono essere accolte le conclusioni presentate in tal senso dalla ricorrente, poiché queste ultime sono, in ogni caso, premature.

99      Per quanto riguarda, in secondo luogo, il danno morale che la ricorrente ritiene di aver subìto, occorre rammentare che, secondo costante giurisprudenza, l’annullamento di un atto illegittimo può costituire di per sé il risarcimento adeguato e, in linea di principio, sufficiente di qualsiasi danno morale che detto atto possa aver cagionato, a meno che la parte ricorrente non dimostri di aver subìto un danno morale non connesso all’illegittimità che ha fondato l’annullamento e di cui con quest’ultimo non possa essere ottenuta integrale riparazione (sentenza CH/Parlamento, F‑129/12, EU:F:2013:203, punto 64). Il Tribunale rammenta anche che è pacifico che il senso di ingiustizia e le sofferenze che provoca ad una persona il fatto di dover esperire un procedimento contenzioso al fine di ottenere il riconoscimento dei suoi diritti, costituiscono un danno che può essere dedotto dal semplice fatto che l’amministrazione ha commesso un illecito. Tali danni sono risarcibili quando non sono compensati dalla soddisfazione derivante dall’annullamento dell’atto in esame (v., in tal senso, sentenza CC/Parlamento, F‑9/12, EU:F:2013:116, punto 128, oggetto di impugnazione pendente dinanzi al Tribunale dell’Unione europea, causa T‑457/13 P).

100    È stato affermato nel punto 89 della presente sentenza che il presidente della Banca aveva commesso un illecito che ha comportato l’annullamento della decisione del 27 luglio 2011. Nella fattispecie, il Tribunale afferma che il fatto che il presidente della Banca non abbia dato seguito amministrativo alla denuncia della ricorrente ha posto quest’ultima in uno stato di incertezza e di inquietudine, il quale costituisce un danno morale separabile dall’illegittimità su cui si basa l’annullamento della decisione del 27 luglio 2011 e non integralmente risarcibile mediante il solo annullamento di tale decisione.

101    Il Tribunale ritiene che, nei limiti in cui il parere del comitato d’inchiesta verteva su una denuncia di molestie psicologiche, il presidente della Banca avrebbe dovuto esaminare detto parere con accuratezza al fine di verificare che l’inchiesta fosse stata condotta correttamente e di agire conseguentemente nel caso in cui avesse rilevato taluni errori.

102    Tenuto conto delle condizioni in cui è stata adottata la decisione del 27 luglio 2011, il Tribunale afferma che appare equo, nelle circostanze particolari del caso di specie, valutare il danno morale subìto dalla ricorrente fissando, in via equitativa, il risarcimento di detto capo del danno nell’importo di EUR 30 000.

B –  Sul risarcimento dei danni asseritamente subiti dalla ricorrente a causa delle molestie psicologiche e della violazione da parte della Banca del proprio dovere di sollecitudine

1.     Argomenti delle parti

103    La ricorrente sostiene che la Banca ha violato i suoi doveri di sollecitudine e di assistenza in quanto, nonostante diverse segnalazioni al suo superiore gerarchico, al dipartimento delle risorse umane e al presidente della Banca, non è stata adottata alcuna misura per porre fine ai comportamenti costituenti molestie e intimidazione posti in atto dai sigg. X e Y nei suoi confronti. La Banca avrebbe quindi acconsentito a che tali comportamenti continuassero ad essere posti in atto per numerosi mesi. La Banca avrebbe violato, in particolare, i suoi doveri di sollecitudine e di assistenza poiché non avrebbe preso in considerazione la domanda di un medico specialista di trasferirla ad un altro servizio.

104    Tale violazione dei doveri di sollecitudine e di assistenza nonché le molestie subite avrebbero accelerato il degrado del suo stato di salute fisico e mentale, causandole un danno morale che essa stima in EUR 50 000. Le avrebbero parimenti causato un danno materiale, stimato in EUR 218 800, importo che corrisponderebbe, da un lato, alla perdita di premi per gli anni dal 2010 al 2015 e, dall’altro, alla perdita di possibilità di avanzamento di carriera. Inoltre, la ricorrente afferma che le molestie psicologiche di cui si considera vittima l’hanno costretta a ricorrere all’assistenza di un avvocato per garantire la sua difesa nel procedimento d’inchiesta con costi che ammonterebbero a EUR 13 361,93.

105    La Banca chiede che tale domanda risarcitoria sia respinta.

2.     Giudizio del Tribunale

106    In primo luogo, spetta al Tribunale esaminare se, come sostenuto dalla ricorrente, la Banca abbia violato i suoi doveri di sollecitudine e di assistenza negandole il suo sostegno quando ha denunciato di essere vittima di molestie.

107    A tale proposito, occorre rammentare che, per trattare i casi di molestie e d’intimidazione, la Politica prevede due procedure, una procedura informale, mediante la quale l’agente interessato cerca una composizione amichevole, e una procedura formale, nella quale egli ha la facoltà di presentare ufficialmente una denuncia, la quale sarà sottoposta ad un comitato d’inchiesta che le darà seguito.

108    Se è vero che, con la sua censura, la ricorrente contesta alla Banca di non avere adottato le misure che riteneva necessarie a porre fine alle molestie prima che presentasse la sua domanda di avvio di un procedimento d’inchiesta, il 18 febbraio 2011, si deve tuttavia rilevare che tale approccio della Banca rientra nel contesto della procedura informale volta ad una composizione amichevole tra la ricorrente e i presunti molestatori e che, in assenza di altre indicazioni da parte della ricorrente, tale approccio non può essere qualificato come violazione dei doveri di sollecitudine e di assistenza della Banca.

109    Analogamente, emerge dal fascicolo che, con lettera del 22 febbraio 2011, la Banca ha reagito alla domanda della ricorrente del 18 febbraio precedente e che, con lettera del direttore del dipartimento delle risorse umane del 28 febbraio 2011, quest’ultima è stata informata dell’avvio del procedimento d’inchiesta. Si sono poi svolte le diverse fasi del procedimento d’inchiesta entro un breve lasso di tempo. Infatti, con memorandum del 14 marzo 2011, la ricorrente ha esposto la sua denuncia, alla quale i presunti molestatori hanno risposto con memorandum del 28 marzo seguente. Il comitato d’inchiesta ha sentito la ricorrente nonché i sigg. X e Y il 2 maggio 2011 e ha reso il suo parere l’11 luglio 2011. Pertanto, la ricorrente non può legittimamente sostenere che la Banca ha violato i suoi doveri di sollecitudine e di assistenza durante il procedimento d’inchiesta.

110    Per quanto riguarda più in particolare l’argomento della ricorrente secondo il quale la Banca non avrebbe dato seguito alla raccomandazione di un medico specialista, il dott. A, di trasferirla in un altro servizio, il Tribunale osserva anzitutto che, secondo il fascicolo, tale raccomandazione reca la data del 10 marzo 2011. La ricorrente afferma, inoltre, nella sua risposta alle misure di organizzazione del procedimento, che nel novembre 2010 erano state già intraprese discussioni sul suo eventuale trasferimento al servizio del controllore finanziario. Infine, emerge dalla decisione del 27 luglio 2011 che alla data della citata decisione le discussioni erano ancora in corso. Pertanto, occorre constatare che hanno avuto luogo discussioni su un eventuale trasferimento della ricorrente successivamente al 10 marzo 2011. Di conseguenza, la ricorrente ha torto nell’affermare che la Banca non ha preso in considerazione la domanda di trasferimento summenzionata.

111    Occorre aggiungere che, anche se, con il suo argomento, la ricorrente intende sostenere che le discussioni svolte dalla Banca ai fini del suo trasferimento al servizio del controllore finanziario, o ancora altre discussioni riguardanti il trasferimento verso un altro servizio, non riguardavano il trasferimento verso un posto equivalente che le offrisse concrete prospettive di carriera, è giocoforza constatare che tale argomento non può essere accolto in assenza di prove fornite dalla ricorrente per determinare che la Banca non avrebbe agito in buona fede.

112    Alla luce delle considerazioni suesposte, occorre respingere la domanda risarcitoria per violazione dei doveri di sollecitudine e di assistenza.

113    In secondo luogo, il Tribunale dovrà esaminare se le molestie psicologiche asseritamente subite dalla ricorrente le abbiano causato, come da essa sostenuto, danni materiali e morali.

114    A tale proposito, occorre rammentare che spetta al comitato d’inchiesta stabilire l’esistenza o meno delle molestie e che, nel caso di specie, per quanto riguarda il sig. X, tale comitato si è limitato a concludere che non aveva potuto «accertare un [suo] atteggiamento abusivo e intenzionale tale da configurare molestie psicologiche» e che, per quanto riguarda il sig. Y, esso non si è pronunciato sulla questione se i comportamenti denunciati dalla ricorrente e da esso accertati costituissero molestie psicologiche.

115    Poiché il Tribunale non può pregiudicare le conclusioni di un’eventuale nuova inchiesta o di un eventuale nuovo parere, né della decisione futura del presidente della Banca, la domanda risarcitoria dev’essere respinta in quanto prematura.

116    In ultimo luogo, occorre esaminare la domanda della ricorrente volta ad ottenere il rimborso delle spese e degli onorari dell’avvocato al quale avrebbe dovuto rivolgersi per garantire la sua difesa durante il procedimento d’inchiesta.

117    A tale proposito, il Tribunale osserva che le spese d’avvocato sostenute durante il procedimento contenzioso costituiscono spese ripetibili alle condizioni previste negli articoli 86 e seguenti del regolamento di procedura del Tribunale e che devono essere trattate in tale contesto. Relativamente alle spese d’avvocato sostenute durante il procedimento d’inchiesta per molestie psicologiche, l’articolo 91 del medesimo regolamento indica, tra le spese ripetibili, unicamente le spese sostenute nel procedimento dinanzi al Tribunale, escluse quelle relative alla fase anteriore. Pertanto, riconoscere alle spese sostenute nel corso del procedimento d’inchiesta, anteriore al procedimento contenzioso, la qualità di danno indennizzabile nell’ambito di un ricorso per risarcimento sarebbe contraddittorio rispetto alla non ripetibilità delle spese affrontate nel corso di tale fase. Di conseguenza, la ricorrente non può ottenere, nell’ambito del suo ricorso per risarcimento danni, il rimborso delle spese e degli onorari del suo consulente sostenuti durante il procedimento d’inchiesta.

118    Alla luce di quanto precede, occorre respingere le conclusioni della ricorrente volte ad ottenere il risarcimento dei danni asseritamente subiti a causa delle molestie psicologiche e della violazione da parte della Banca del suo dovere di sollecitudine.

C –  Sul risarcimento dei danni asseritamente subiti derivanti da illeciti amministrativi attribuibili alla Banca

119    A sostegno della sua domanda risarcitoria, la ricorrente deduce due illeciti amministrativi che la Banca avrebbe commesso durante il procedimento d’inchiesta, il primo consistente nella violazione del suo obbligo di riservatezza e delle norme sulla tutela dei dati personali previste dalla Politica, e il secondo nell’ostacolo all’audizione di testimoni.

1.     Sulla violazione da parte della Banca del suo obbligo di riservatezza e delle norme sulla tutela dei dati personali previste dalla Politica

a)     Argomenti delle parti

120    La ricorrente fa valere che la Banca ha violato il suo obbligo di riservatezza e le norme sulla tutela dei dati personali previste dalla Politica, come approvate dal GEPD nel 2005. La Banca avrebbe impedito il buon svolgimento del procedimento d’inchiesta, suscitato voci negative sulla ricorrente e leso la sua reputazione e la sua credibilità, causandole un danno morale che essa stima in EUR 10 000.

121    A sostegno del suo argomento, la ricorrente deduce due censure.

122    Nell’ambito della sua prima censura, la ricorrente contesta alla Banca di aver comunicato al nuovo direttore generale della DG «Gestione del rischio», persona estranea al procedimento d’inchiesta, il memorandum redatto dal sig. X in risposta al suo memorandum del 14 marzo 2011. Parimenti, essa deplora il fatto che anche «taluni membri del personale amministrativo» della divisione del coordinamento avrebbero avuto accesso al fascicolo costituito durante il procedimento d’inchiesta. Nelle sue osservazioni sulla memoria di intervento del GEPD, la ricorrente produce uno scambio di messaggi di posta elettronica a sostegno della sua tesi secondo la quale uno dei documenti redatti durante il procedimento d’inchiesta all’attenzione dei sigg. X e Y sarebbe stato trasmesso a terzi rispetto al procedimento.

123    La Banca nega di aver dato accesso al nuovo direttore generale della DG «Gestione del rischio» o ad altre persone estranee al procedimento d’inchiesta al memorandum redatto dal sig. X nell’ambito del procedimento d’inchiesta. Essa sottolinea di aver informato la ricorrente e i presunti molestatori del carattere di massima riservatezza che doveva essere attribuito ai documenti scambiati nell’ambito del procedimento d’inchiesta.

124    Con la sua seconda censura, la ricorrente sostiene che, durante il procedimento d’inchiesta, la Banca ha trasmesso ai presunti molestatori la versione integrale del suo memorandum del 14 marzo 2011, compresi gli allegati, nonostante tali documenti «contenessero numerosi dati personali relativi [alla sua] salute», e che la Politica dispone che il presunto molestatore non riceve copia del memorandum che contiene la denuncia.

125    La Banca sostiene che la regola prevista dalla Politica secondo la quale il presunto molestatore non riceve copia del memorandum che contiene la denuncia non rispetta pienamente i diritti della difesa, i quali devono essere garantiti in qualsiasi procedimento che possa sfociare in un atto lesivo. Dato che il procedimento d’inchiesta avrebbe potuto sfociare nel licenziamento dei sigg. X e Y, la Banca, al fine di rispettare i diritti della difesa dei presunti molestatori e dopo aver valutato la necessità di trasmettere il fascicolo integralmente o solo parzialmente, avrebbe deciso di trasmettere loro integralmente il memorandum della ricorrente del 14 marzo 2011, compresi gli allegati. In particolare, poiché la ricorrente aveva accusato i sigg. X e Y di aver causato i suoi problemi di salute, sarebbe stato necessario trasmettere il certificato medico dello psichiatra, il dott. A, del 10 marzo 2011, secondo il quale i problemi psichici della ricorrente erano iniziati sotto la direzione dell’ex direttore generale della DG «Gestione del rischio» a causa della pressione esercitata da quest’ultimo e nel quale si consigliava di trasferire la ricorrente ad un altro servizio.

126    La Banca aggiunge che la trasmissione del memorandum del 14 marzo 2011 nella sua integralità, compresi gli allegati, non era sproporzionata, tanto più che, con la lettera del direttore del dipartimento delle risorse umane del 28 febbraio 2011, era stata attirata l’attenzione della ricorrente esplicitamente sul fatto che l’integralità del suo memorandum sarebbe stata comunicata ai presunti molestatori. Dato che la ricorrente aveva comunque deciso di depositare il suo memorandum con tutti gli allegati, ivi compresi i certificati medici, senza chiedere che tali documenti fossero trattati in modo riservato, essa avrebbe implicitamente dato il suo accordo affinché fossero trasmessi ai sigg. X e Y.

127    Benché abbia chiesto di intervenire a sostegno delle conclusioni risarcitorie per la violazione del dovere di riservatezza e delle norme sulla tutela dei dati personali, nella sua memoria di intervento il GEPD si pronuncia unicamente sulla seconda censura, avente ad oggetto la comunicazione ai presunti molestatori del memorandum del 14 marzo 2011 nella sua integralità. Esso chiede, come la ricorrente, che il Tribunale dichiari che tale comunicazione costituisce un illecito amministrativo della Banca e che quest’ultima sia condannata a risarcire i danni causati alla ricorrente da tale illecito.

128    A sostegno delle sue conclusioni, il GEPD solleva due motivi, attinenti rispettivamente alla violazione della Politica e del regolamento n. 45/2001.

129    Nelle sue osservazioni sulla memoria di intervento, la ricorrente fa anche valere che la Banca fornisce interpretazioni diverse dell’obbligo di rispettare i diritti della difesa in quanto, in un altro procedimento d’inchiesta condotto nel 2010, essa avrebbe invece rifiutato di trasmettere la denuncia e i documenti allegati alla persona sottoposta al procedimento d’inchiesta.

130    La Banca, nelle sue osservazioni sulla memoria di intervento del GEPD, fa valere che il secondo motivo sollevato dal GEPD, relativo alla violazione del regolamento n. 45/2001, è irricevibile in quanto la ricorrente non l’ha sollevato nel ricorso.

131    Nel merito, la Banca sottolinea, anzitutto, di non aver mai affermato che la comunicazione integrale del memorandum del 14 marzo 2011, compresi gli allegati, sarebbe contraria alla sua procedura interna, ma di aver giustificato tale trasmissione integrale con il fatto che le norme della procedura interna dovevano rispettare le disposizioni generali in materia di tutela dei diritti della difesa.

132    Inoltre, la Banca fa valere che, contrariamente a quanto sostenuto dal GEPD, la comunicazione della versione integrale del memorandum del 14 marzo 2011, compresi gli allegati, non viola il regolamento n. 45/2001. Infatti, secondo la soluzione fornita nella sentenza X/BCE (T‑333/99, EU:T:2001:251), la tutela dei diritti della difesa imporrebbe che questi ultimi siano garantiti in qualsiasi procedimento che possa sfociare in un atto lesivo, e non unicamente nei procedimenti giurisdizionali. Orbene, nella specie, il procedimento d’inchiesta poteva sfociare nel licenziamento dei sigg. X e Y, cioè in un atto lesivo per questi ultimi, e ciò ben prima dell’avvio del procedimento giurisdizionale. Poiché la Banca era tenuta a rispettare i diritti della difesa, essa aveva allora proceduto alla comunicazione succitata, conformemente all’articolo 5, lettera b), del regolamento n. 45/2001.

133    La Banca contesta parimenti l’affermazione del GEPD secondo la quale essa non avrebbe sufficientemente esaminato la necessità di comunicare integralmente o parzialmente il memorandum del 14 marzo 2011 prima di trasmetterlo ai presunti molestatori. Si tratterebbe, secondo la Banca, unicamente di speculazioni del GEPD ed essa avrebbe effettivamente proceduto ad un siffatto esame approfondito.

134    Nelle loro memorie di risposta alle misure di organizzazione del procedimento, la ricorrente e il GEPD si sono pronunciati sull’eccezione di irricevibilità sollevata dalla Banca nelle sue osservazioni sulla memoria di intervento.

b)     Giudizio del Tribunale

135    Il Tribunale esaminerà anzitutto se, come affermato dalla ricorrente, la Banca abbia effettivamente commesso i due illeciti amministrativi summenzionati. In caso affermativo, esaminerà il nesso di causalità tra il danno eventualmente causato e gli illeciti dedotti. Infine, si pronuncerà sull’importo del risarcimento che, se del caso, dovrà essere versato.

 Sull’accesso di terzi al fascicolo d’inchiesta

136    A sostegno della censura secondo la quale il nuovo direttore generale della DG «Gestione del rischio» nonché taluni membri del personale amministrativo della divisione del coordinamento avrebbero avuto accesso al fascicolo costituito durante il procedimento d’inchiesta, la ricorrente fornisce, da un lato, in allegato al suo ricorso, un estratto del memorandum redatto dal sig. X in risposta al suo memorandum del 14 marzo 2011 e un estratto di un documento redatto dal nuovo direttore generale della DG «Gestione del rischio» nell’ambito di un procedimento formale di ricorso presentato dalla ricorrente contro il suo rapporto informativo relativo all’anno 2010, in quanto essa ritiene che il secondo estratto sia ampiamente influenzato dal primo. D’altra parte, essa produce, in allegato alla sua memoria di osservazioni sulla memoria di intervento del GEPD, due messaggi di posta elettronica scambiati tra essa stessa e un altro agente della Banca.

137    Per quanto riguarda, in primo luogo, i due estratti di documenti allegati al ricorso, il Tribunale rileva che contengono ciascuno una frase redatta in modo praticamente identico.

138    A tale proposito, il Tribunale osserva che, nella lettera del 2 febbraio 2012 rivolta al GEPD, la Banca fa valere che il documento del nuovo direttore generale della DG «Gestione del rischio», un estratto del quale è allegato al ricorso, è stato redatto da quest’ultimo in risposta ad un ricorso formale che la ricorrente aveva presentato, qualche giorno dopo che il sig. X era partito in pensione, dinanzi al comitato per i ricorsi chiamato a pronunciarsi sul suo rapporto informativo relativo all’anno 2010. Orbene, poiché l’intero procedimento di ricorso è stato avviato sotto la responsabilità del sig. X, quest’ultimo, prima di partire in pensione, avrebbe inviato copia di uno dei suoi memorandum al suo successore, il nuovo direttore generale della DG «Gestione del rischio». Tali fatti, non contestati dalla ricorrente in udienza, potrebbero quindi spiegare la similitudine osservata in una frase di tali due estratti. Infatti, il Tribunale può ragionevolmente aspettarsi che il sig. X abbia trasmesso al suo successore tutte le informazioni che reputava pertinenti al fine di aiutarlo a decidere sul ricorso formale succitato. In ogni caso, i due estratti forniti dalla ricorrente non consentono di dimostrare adeguatamente che la Banca avrebbe trasmesso al nuovo direttore della DG «Gestione del rischio» il memorandum che il sig. X aveva redatto in risposta alla denuncia della ricorrente.

139    In secondo luogo, per quanto riguarda lo scambio di messaggi di posta elettronica tra la ricorrente e un altro agente della Banca, il Tribunale osserva che il primo messaggio di posta elettronica nel quale viene citato il fatto che il nuovo direttore generale della DG «Gestione del rischio», dinanzi al comitato per i ricorsi chiamato a pronunciarsi sul suo rapporto informativo relativo all’anno 2010, avrebbe affermato di aver ricevuto una copia del memorandum che il sig. X aveva redatto nell’ambito del procedimento d’inchiesta avviato su sua denuncia per molestie e di averla trasmessa ad una subalterna della ricorrente era stato redatto dalla ricorrente il 21 marzo 2012. In tale messaggio, la ricorrente chiedeva al suo destinatario se il testo che essa aveva redatto corrispondesse a quello che aveva detto il nuovo direttore generale della DG «Gestione del rischio» durante la sua audizione da parte del comitato per i ricorsi, alla quale essa stessa e il citato destinatario avevano assistito. Nel suo messaggio di posta elettronica del giorno dopo, l’agente di cui trattasi ha confermato la formulazione del testo redatto dalla ricorrente.

140    A tale proposito, il Tribunale rileva che l’agente della Banca interessato dallo scambio di messaggi di posta elettronica fatto valere dalla ricorrente non ha fornito una testimonianza diretta, ma si è limitato a confermare affermazioni redatte dalla ricorrente stessa, redazione che peraltro ha avuto luogo solo il 21 marzo 2012, mentre l’audizione dinanzi al comitato per i ricorsi aveva avuto luogo nel 2011. Inoltre, il messaggio di posta elettronica della ricorrente fa riferimento alla trasmissione del memorandum del sig. X ad un solo agente della Banca e non, come essa sostiene nel suo ricorso, a «taluni membri del personale». Lo scambio di messaggi di posta elettronica fatto valere dalla ricorrente non ha dunque, nel caso di specie, valore probatorio sufficiente a dimostrare che la Banca avrebbe trasmesso al nuovo direttore della DG «Gestione del rischio», nonché a diversi membri del personale della divisione del coordinamento, il memorandum redatto dal sig. X in risposta alla denuncia della ricorrente.

141    Alla luce delle considerazioni suesposte, occorre concludere che, poiché la ricorrente non ha fornito prove a sostegno della sua tesi, non è dimostrato che la Banca abbia concesso l’accesso al fascicolo d’inchiesta a terzi.

 Sulla comunicazione dell’integralità del memorandum del 14 marzo 2011, compresi gli allegati, ai presunti molestatori

–       Sull’esistenza dell’illecito

142    A sostegno del suo argomento, secondo il quale la Banca avrebbe commesso un illecito comunicando ai presunti molestatori il memorandum del 14 marzo 2011 unitamente ai suoi allegati, la ricorrente deduce un motivo unico, attinente alla violazione dell’obbligo di riservatezza e delle norme di tutela dei dati prevista dalla Politica.

143    Il Tribunale rileva che, nella sua memoria di intervento, il GEPD solleva un secondo motivo, attinente alla violazione del regolamento n. 45/2001. In risposta ad un quesito posto a tal proposito in udienza, il GEPD ha sottolineato che non si trattava di un secondo motivo, bensì di un argomento a sostegno del motivo dedotto dalla ricorrente.

144    A tale proposito occorre rammentare che, se è vero che l’articolo 40, quarto comma, dello Statuto della Corte di giustizia, applicabile al procedimento dinanzi al Tribunale in forza dell’articolo 7, paragrafo 1, dell’allegato I del citato statuto, e l’articolo 110, paragrafo 3 del regolamento di procedura del Tribunale non ostano a che un interveniente presenti argomenti nuovi o diversi da quelli della parte che egli sostiene, pena vedere il suo intervento limitato a riprendere gli argomenti avanzati nel ricorso, non può tuttavia ammettersi che tali disposizioni gli consentano di modificare o deformare il quadro della controversia quale definita dal ricorso sollevando motivi nuovi (v., in tal senso, sentenze BaByliss/Commissione, T‑114/02, EU:T:2003:100, punto 417, e SELEX Sistemi Integrati/Commissione, T‑155/04, EU:T:2006:387, punto 42). Il ragionamento del GEPD non può quindi essere condiviso, in quanto, affermando che la Banca ha violato talune disposizioni del regolamento n. 45/2001, ha effettivamente sollevato un motivo distinto da quello, dedotto dalla ricorrente, riguardante la violazione della Politica.

145    Poiché il GEPD non è legittimato a sollevare un motivo sul quale non è fondato il ricorso, tale secondo motivo deve essere respinto in quanto irricevibile.

146    Ciò premesso, il Tribunale deve rilevare che la Politica prevede esplicitamente che il presunto molestatore sia informato dell’oggetto della denuncia e ottenga le informazioni necessarie a tale proposito, ma che non riceva copia del memorandum della parte denunciante.

147    Emerge dalla formulazione della Politica che la Banca ne ha violato il contenuto comunicando ai sigg. X e Y l’integralità del memorandum della ricorrente del 14 marzo 2011, compresi gli allegati. Essa ha pertanto commesso un illecito atto a far sorgere la sua responsabilità extracontrattuale.

148    Questa conclusione non è invalidata dall’obbligo in capo alla Banca di rispettare i diritti della difesa né dalla giurisprudenza X/BCE (EU:T:2001:251) fatta valere da quest’ultima. Infatti, contrariamente a quanto sostenuto dalla Banca, il procedimento d’inchiesta non può sfociare direttamente in una sanzione nei confronti del presunto molestatori, dal momento che detta sanzione può essere decisa unicamente a seguito di una procedura disciplinare. Di conseguenza, dato che il procedimento d’inchiesta non può sfociare in un atto lesivo per i presunti molestatori, la Banca non è legittimata a comunicare loro tutti i dati personali della ricorrente al fine di rispettare i loro diritti della difesa.

149    Non può essere accolto nemmeno l’argomento della Banca secondo il quale la ricorrente era stata previamente informata del fatto che il memorandum contenente la sua denuncia sarebbe stato comunicato ai presunti molestatori. Infatti, la circostanza che la ricorrente non si sia espressamente opposta alla comunicazione del suo memorandum, anche ammettendo che la Banca abbia potuto riscontrarvi un consenso tacito alla citata comunicazione, non autorizzava la Banca a violare le proprie norme interne, nella fattispecie la disposizione della Politica che prescrive espressamente che il memorandum della parte denunciante non sia comunicato al presunto molestatore.

–       Sul danno morale e sul nesso di casualità

150    Il Tribunale osserva che la ricorrente non spiega in che modo la comunicazione dell’integralità del memorandum del 14 marzo 2011, compresi gli allegati, ai presunti molestatori avrebbe ostacolato il corretto svolgimento del procedimento d’inchiesta e le avrebbe causato quindi un danno morale. Non è dunque dimostrata l’effettiva esistenza di tale danno morale.

151    Per quanto riguarda l’affermazione della ricorrente secondo la quale la comunicazione ai presunti molestatori dell’integralità del memorandum del 14 marzo 2011 unitamente ai suoi allegati avrebbe avuto delle ripercussioni sul suo ambiente di lavoro, già ostile, nei limiti in cui tale comunicazione avrebbe suscitato voci negative su di essa e leso la sua reputazione e la sua credibilità, il Tribunale osserva che il memorandum del 14 marzo 2011, compresi gli allegati, contiene diversi dati personali della ricorrente, in particolare dati relativi al suo stato di salute. Il Tribunale deve rilevare che la trasmissione di tali dati personali della ricorrente ai presunti molestatori le ha causato un danno morale.

–       Sul risarcimento del danno

152    Occorre rilevare che il ricorso non contiene alcuna analisi riguardante specificamente la valutazione del danno morale subito dalla ricorrente a causa della trasmissione da parte della Banca ai presunti molestatori del memorandum del 14 marzo 2011 nella sua integralità.

153    Si deve pertanto procedere ad una valutazione in via equitativa del danno morale subìto dalla ricorrente, il quale può essere stimato in EUR 5 000, e condannare la Banca a versare alla ricorrente tale importo a detto titolo.

2.     Sull’ostacolo all’audizione di testimoni

a)     Argomenti delle parti

154    La ricorrente censura la Banca, da un lato, per avere fornito a molte delle persone da essa citate per essere eventualmente sentite dal comitato d’inchiesta informazioni errate sulle loro eventuali testimonianze, con il risultato che esse avrebbero rifiutato di testimoniare. Dall’altro, alcuni di tali testimoni potenziali non sarebbero nemmeno stati informati del fatto che lei li aveva citati come testimoni né sarebbero stati convocati per un’audizione. La Banca avrebbe quindi ostacolato il corretto svolgimento del procedimento d’inchiesta e violato il principio di buona amministrazione. Tale illecito della Banca avrebbe causato alla ricorrente un danno morale che essa stima in via equitativa pari ad EUR 40 000.

155    La Banca contesta la fondatezza delle accuse di ostacolo all’audizione di testimoni.

b)     Giudizio del Tribunale

156    Per quanto riguarda la prima censura, emerge effettivamente dal fascicolo che talune persone citate dalla ricorrente per essere eventualmente sentite dal comitato d’inchiesta si sono rifiutate di testimoniare. Tuttavia, la ricorrente non ha fornito prove, e nemmeno indizi, a sostegno della sua tesi secondo la quale talune informazioni errate fornite dalla Banca sarebbero all’origine di tali dinieghi. Peraltro, la ricorrente stessa non sembra essere certa della sua affermazione, in quanto indica nel suo ricorso che «sembra che (…) talun[e persone] abbiano chiesto delucidazioni (…) al [d]ipartimento delle [r]isorse [u]mane della Banca in merito a tale procedimento» e che una risposta «sarebbe stata» fornita loro. Tale censura dev’essere quindi respinta.

157    Per quanto riguarda la seconda censura, relativa al fatto che il comitato d’inchiesta non avrebbe invitato a testimoniare tutte le persone che la ricorrente aveva citato come potenziali testimoni, basti rilevare che la Politica prevede che il comitato d’inchiesta possa decidere le modalità con cui procedere che considera adeguate. Pur se la Politica prevede anche che il comitato d’inchiesta abbia dei colloqui con «i testimoni eventualmente citati dal [denunciante]», nulla consente di interpretare tale disposizione nel senso che il comitato d’inchiesta debba invitare ad un’audizione tutti i testimoni eventualmente citati dal denunciante. Come fatto valere giustamente dalla Banca, il comitato d’inchiesta è invece libero di decidere quali sono le persone, tra quelle citate dalle parti, che devono essere sentite. La seconda censura, pertanto, deve essere parimenti respinta.

158    Poiché le due censure sono state respinte, si deve affermare che non è dimostrato che la Banca abbia ostacolato l’audizione dei testimoni proposti dalla ricorrente.

159    Da quanto suesposto consegue che, senza dover adottare le misure istruttorie richieste dalla ricorrente, la Banca deve essere condannata a versare alla ricorrente l’importo di EUR 35 000 a titolo di risarcimento dei danni causati dall’illegittimità della decisione del 27 luglio 2011 e dalla violazione della Politica da parte della Banca.

 Sulle spese

160    Ai sensi dell’articolo 87, paragrafo 1, del regolamento di procedura, fatte salve le altre disposizioni dell’ottavo capo del titolo secondo di tale regolamento, la parte soccombente è condannata alle spese se ne è stata fatta domanda. Ai sensi del paragrafo 2 dell’articolo sopracitato, il Tribunale può decidere, per ragioni di equità, che una parte soccombente sia condannata solo parzialmente alle spese, o addirittura che non debba essere condannata a tale titolo.

161    Risulta dalla motivazione della presente sentenza che, essendo stato essenzialmente accolto il ricorso, la Banca è la parte che soccombe. Inoltre la ricorrente, nelle sue conclusioni, ha espressamente chiesto la condanna della Banca alle spese. Poiché le circostanze della fattispecie non giustificano l’applicazione delle disposizioni dell’articolo 87, paragrafo 2, del regolamento di procedura, occorre decidere che la Banca deve sopportare le proprie spese ed è condannata a sopportare le spese sostenute dalla ricorrente, comprese le spese della Banca e della ricorrente relative all’intervento del GEPD.

162    L’interveniente sopporterà le proprie spese ai sensi dell’articolo 89, paragrafo 4, del regolamento di procedura.

Per questi motivi,

IL TRIBUNALE DELLA FUNZIONE PUBBLICA
(Seconda Sezione)

dichiara e statuisce:

1)      La decisione del presidente della Banca europea per gli investimenti del 27 luglio 2011 è annullata.

2)      La Banca europea per gli investimenti è condannata a pagare a CG l’importo di EUR 35 000.

3)      Il ricorso è respinto quanto al resto.

4)      La Banca europea per gli investimenti sopporta le proprie spese ed è condannata a sopportare le spese sostenute da CG.

5)      Il Garante europeo della protezione dei dati, interveniente, sopporta le proprie spese.

Rofes i Pujol

Bradley

Svenningsen

Così deciso e pronunciato a Lussemburgo il 10 luglio 2014.

Il cancelliere

 

       Il presidente

W. Hakenberg

 

       M.I. Rofes i Pujol

Indice


Contesto normativo

Fatti

Procedimento e conclusioni delle parti

Sulla ricevibilità

I –  Sul terzo capo delle conclusioni, volto alla constatazione delle molestie psicologiche

II –  Sul quinto capo delle conclusioni, volto all’annullamento della decisione del 1° settembre 2011

III –  Sul sesto capo delle conclusioni, volto all’accertamento di illeciti amministrativi attribuibili alla Banca

Sulla domanda di annullamento e sulla domanda risarcitoria

I –  Sulla domanda volta all’annullamento della decisione del 27 luglio 2011

A –  Argomenti delle parti

B –  Giudizio del Tribunale

II –  Sulle conclusioni dirette al risarcimento della ricorrente

A –  Sul risarcimento dei danni derivanti dall’illegittimità della decisione del 27 luglio 2011

1.  Argomenti delle parti

2.  Giudizio del Tribunale

B –  Sul risarcimento dei danni asseritamente subiti dalla ricorrente a causa delle molestie psicologiche e della violazione da parte della Banca del proprio dovere di sollecitudine

1.  Argomenti delle parti

2.  Giudizio del Tribunale

C –  Sul risarcimento dei danni asseritamente subiti derivanti da illeciti amministrativi attribuibili alla Banca

1.  Sulla violazione da parte della Banca del suo obbligo di riservatezza e delle norme sulla tutela dei dati personali previste dalla Politica

a)  Argomenti delle parti

b)  Giudizio del Tribunale

Sull’accesso di terzi al fascicolo d’inchiesta

Sulla comunicazione dell’integralità del memorandum del 14 marzo 2011, compresi gli allegati, ai presunti molestatori

–  Sull’esistenza dell’illecito

–  Sul danno morale e sul nesso di casualità

–  Sul risarcimento del danno

2.  Sull’ostacolo all’audizione di testimoni

a)  Argomenti delle parti

b)  Giudizio del Tribunale

Sulle spese


* Lingua processuale: il francese.

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