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Document 62016CJ0174

Sentenza della Corte (Seconda Sezione) del 7 settembre 2017.
H. contro Land Berlin.
Domanda di pronuncia pregiudiziale proposta dal Verwaltungsgericht Berlin.
Rinvio pregiudiziale – Politica sociale – Direttiva 2010/18/UE – Accordo-quadro riveduto sul congedo parentale – Clausola 5, punti 1 e 2 – Ritorno dal congedo parentale – Diritto di ritornare allo stesso posto di lavoro o ad un lavoro equivalente o analogo – Mantenimento dei diritti acquisiti o in via di acquisizione – Pubblico dipendente di un Land promosso quale dipendente in prova ad un posto con funzioni direttive – Normativa di tale Land che prevede ipso iure la fine del periodo di prova senza possibilità di proroga al termine di un periodo di due anni, anche in caso di assenza correlata ad un congedo parentale – Incompatibilità – Conseguenze.
Causa C-174/16.

Court reports – general

ECLI identifier: ECLI:EU:C:2017:637

SENTENZA DELLA CORTE (Seconda Sezione)

7 settembre 2017 ( *1 )

«Rinvio pregiudiziale – Politica sociale – Direttiva 2010/18/UE – Accordo-quadro riveduto sul congedo parentale – Clausola 5, punti 1 e 2 – Ritorno dal congedo parentale – Diritto di ritornare allo stesso posto di lavoro o ad un lavoro equivalente o analogo – Mantenimento dei diritti acquisiti o in via di acquisizione – Pubblico dipendente di un Land promosso quale dipendente in prova ad un posto con funzioni direttive – Normativa di tale Land che prevede ipso iure la fine del periodo di prova senza possibilità di proroga al termine di un periodo di due anni, anche in caso di assenza correlata ad un congedo parentale – Incompatibilità – Conseguenze»

Nella causa C‑174/16,

avente ad oggetto la domanda di pronuncia pregiudiziale proposta alla Corte, ai sensi dell’articolo 267 TFUE, dal Verwaltungsgericht Berlin (Tribunale amministrativo di Berlino, Germania), con decisione del 2 luglio 2015, pervenuta in cancelleria il 24 marzo 2016, nel procedimento

H.

contro

Land Berlin,

LA CORTE (Seconda Sezione),

composta da M. Ilešič, presidente di sezione, A. Prechal (relatore), A. Rosas, C. Toader e E. Jarašiūnas, giudici,

avvocato generale: P. Mengozzi

cancelliere: A. Calot Escobar

vista la fase scritta del procedimento,

considerate le osservazioni presentate:

per H., dalla medesima,

per il Land Berlin, da M. Theis, E.-N. Voigt, K.-P. Nießner e A. Hollmann, in qualità di agenti,

per la Commissione europea, da C. Valero e M. Kellerbauer, in qualità di agenti,

sentite le conclusioni dell’avvocato generale, presentate all’udienza del 26 aprile 2017,

ha pronunciato la seguente

Sentenza

1

La domanda di pronuncia pregiudiziale verte sull’interpretazione della clausola 5, punti 1 e 2, dell’accordo quadro riveduto sul congedo parentale concluso il 18 giugno 2009 (in prosieguo: «l’accordo quadro riveduto»), allegato alla direttiva 2010/18/UE del Consiglio, dell’8 marzo 2010, che attua l’accordo quadro riveduto in materia di congedo parentale concluso da BUSINESSEUROPE, UEAPME, CEEP e CES e abroga la direttiva 96/34/CE (GU 2010, L 68, pag. 13), nonché dell’articolo 14, paragrafo 1, lettere a) e c) e degli articoli 15 e 16 della direttiva 2006/54/CE del Parlamento europeo e del Consiglio, del 5 luglio 2006, riguardante l’attuazione del principio delle pari opportunità e della parità di trattamento fra uomini e donne in materia di occupazione e impiego (GU 2006, L 204, pag. 23).

2

Tale domanda è stata presentata nell’ambito di una controversia tra la sig.ra H. e il Land Berlin (Land di Berlino, Germania) in merito alla decisione di quest’ultimo, comunicata alla sig.ra H. durante il suo congedo parentale e con cui veniva informata che, non avendo ella positivamente concluso, a causa della sua assenza correlata al congedo, il periodo di prova biennale per la posizione direttiva alla quale era stata assegnata in prova anteriormente al congedo medesimo, il relativo status di dipendente in prova era cessato e che, conseguentemente, veniva reintegrata nella sua precedente posizione di grado inferiore.

Contesto normativo

Diritto dell’Unione

La direttiva 2010/18 e l’accordo quadro riveduto

3

La direttiva 2010/18 ha abrogato, con effetto a decorrere dall’8 marzo 2012, la direttiva 96/34/CE del Consiglio, del 3 giugno 1996 concernente l’accordo quadro sul congedo parentale concluso dall’UNICE, dal CEEP e dalla CES (GU 1996, L 145, pag. 4), il 14 dicembre 1995 (in prosieguo, «l’accordo quadro del 1995»).

4

Ai sensi dei considerando 8 e 11 della direttiva 2010/18:

«(8)

Poiché gli obiettivi della direttiva, segnatamente di migliorare la conciliazione tra vita professionale, vita privata e vita familiare dei genitori che lavorano e la parità tra uomini e donne per quanto riguarda le opportunità sul mercato del lavoro ed il trattamento sul lavoro nell’Unione, non possono essere realizzati in misura sufficiente dagli Stati membri e possono dunque essere realizzati meglio a livello dell’Unione, l’Unione può intervenire, in base al principio di sussidiarietà sancito dall’articolo 5 del trattato sull’Unione europea. (…)

(…)

(11)

La clausola 1, paragrafo 1, dell’accordo quadro riveduto statuisce che, in linea con i principi generali del diritto dell’Unione relativi al settore della politica sociale, l’accordo stabilisce prescrizioni minime».

5

L’articolo 3, paragrafo 1, della medesima direttiva prevede quanto segue:

«Gli Stati membri mettono in vigore le disposizioni legislative, regolamentari e amministrative necessarie per conformarsi alla presente direttiva entro l’8 marzo 2012 o si accertano che entro tale data le parti sociali attuino le disposizioni necessarie mediante accordo. (…)».

6

Il preambolo dell’accordo quadro riveduto dispone in particolare quanto segue:

«Il presente accordo quadro (…) rappresenta una revisione [dell’accordo quadro del 1995], che stabilisce prescrizioni minime sul congedo parentale, inteso quale importante strumento per conciliare vita professionale e responsabilità familiari e per promuovere la parità di opportunità e di trattamento tra gli uomini e le donne.

(…)

I. Osservazioni generali

(…)

3.

vista la Carta dei diritti fondamentali dell’Unione europea del 7 dicembre 2000, in particolare gli articoli 23 e 33 relativi alla parità tra uomini e donne e alla conciliazione di vita professionale, vita privata e vita familiare;

(…)

22.

considerando che le disposizioni sul congedo parentale sono destinate ad aiutare per un periodo specifico i genitori che lavorano, al fine di mantenere e promuovere la loro ininterrotta partecipazione al mercato del lavoro (…)

(…)».

7

La clausola 1, punti 1 e 2 dell’accordo quadro riveduto dispone quanto segue:

«1.

Il presente accordo stabilisce prescrizioni minime volte ad agevolare la conciliazione delle responsabilità familiari e professionali dei genitori che lavorano, tenendo conto della crescente diversità delle strutture familiari nel rispetto delle leggi, dei contratti collettivi e/o delle prassi nazionali.

2.

Il presente accordo si applica a tutti i lavoratori, di ambo i sessi, aventi un contratto o un rapporto di lavoro definito dalle leggi, dai contratti collettivi e/o dalle prassi vigenti in ciascuno Stato membro».

8

Ai sensi della successiva clausola 2:

«1.

Il presente accordo attribuisce ai lavoratori di ambo i sessi il diritto individuale al congedo parentale per la nascita o l’adozione di un figlio, affinché possano averne cura fino a una determinata età, non superiore a otto anni, che deve essere definita dagli Stati membri e/o dalle parti sociali.

2.

Il congedo è accordato per un periodo minimo di quattro mesi (…)».

9

La successiva clausola 3, punto 1, così recita:

«Le condizioni di accesso e le modalità di applicazione del congedo parentale sono definite per legge e/o mediante contratti collettivi negli Stati membri, nel rispetto delle prescrizioni minime del presente accordo. Gli Stati membri e/o le parti sociali possono in particolare:

a)

stabilire che il congedo parentale sia accordato a tempo pieno, a tempo parziale, in modo frammentato o nella forma di un credito di tempo, tenendo conto delle esigenze dei datori di lavoro e dei lavoratori;

b)

subordinare il diritto al congedo parentale ad una determinata anzianità lavorativa e/o aziendale che non può superare un anno. (…)

c)

definire le circostanze alle quali un datore di lavoro, in seguito a una consultazione a norma delle leggi, dei contratti collettivi e/o delle prassi nazionali, è autorizzato a differire la concessione del congedo parentale per ragioni giustificabili connesse al funzionamento dell’organizzazione (…)

d)

in aggiunta alla lettera c), autorizzare accordi particolari intesi a soddisfare le esigenze operative e organizzative delle piccole imprese».

10

La clausola 5 del medesimo accordo-quadro, rubricata «Diritti dei lavoratori e non discriminazione», così dispone:

«1.

Al termine del congedo parentale, il lavoratore ha diritto di ritornare allo stesso posto di lavoro o, qualora ciò non sia possibile, ad un lavoro equivalente o analogo che corrisponde al suo contratto o al suo rapporto di lavoro.

2.

I diritti acquisiti o in via di acquisizione alla data di inizio del congedo parentale restano immutati fino alla fine del congedo parentale. Al termine del congedo parentale tali diritti si applicano con le eventuali modifiche derivanti dalle leggi, dai contratti collettivi e/o dalle prassi nazionali.

3.

Gli Stati membri e/o le parti sociali definiscono le modalità del contratto o del rapporto di lavoro per il periodo del congedo parentale.

(…)».

La direttiva 2006/54

11

L’articolo 14, paragrafo 1, della direttiva 2006/54 così dispone:

«È vietata qualsiasi discriminazione diretta o indiretta fondata sul sesso nei settori pubblico o privato, compresi gli enti di diritto pubblico, per quanto attiene:

a)

alle condizioni di accesso all’occupazione e al lavoro (…) nonché alla promozione;

(…)

c)

all’occupazione e alle condizioni di lavoro (…)

(…)».

12

Il successivo articolo 15 così recita:

«Alla fine del periodo di congedo per maternità, la donna ha diritto di riprendere il proprio lavoro o un posto equivalente secondo termini e condizioni che non le siano meno favorevoli (…)».

13

A termini del successivo articolo 16:

«La presente direttiva lascia impregiudicata la facoltà degli Stati membri di riconoscere diritti distinti di congedo di paternità e/o adozione. Gli Stati membri che riconoscono siffatti diritti adottano le misure necessarie per (…) per garantire che alla fine di tale periodo di congedo (i lavoratori e le lavoratrici) abbiano diritto di riprendere il proprio lavoro o un posto equivalente secondo termini e condizioni che non siano per essi meno favorevoli (…)».

Normativa tedesca:

14

Lo status di pubblico dipendente in prova assunto ad un posto direttivo è disciplinato, per quanto attiene al Land di Berlino, dall’articolo 97 del Landesbeamtengesetz (legge del Land sui dipendenti pubblici, in prosieguo: «LBG»), del 19 marzo 2009.

15

L’articolo 97, paragrafo 1, del LBG prevede, segnatamente, per il periodo di prova relativo ad un posto di tal genere una durata di due anni, senza possibilità di proroghe.

16

Ai sensi dell’articolo 97, paragrafo 2, secondo periodo, del LBG:

«Dal giorno della nomina, i diritti e gli obblighi connessi al posto assegnato al pubblico dipendente da ultimo quale dipendente di ruolo a tempo indeterminato (…) sono sospesi per il periodo di prova (…)».

17

In forza dell’articolo 97, paragrafo 4, del LBG, come modificato dal Dienstrechtsneuordnungsgesetz (legge recante riforma e modernizzazione della normativa federale sul pubblico impiego), del 22 giugno 2011:

«Il posto è attribuito (…) a titolo di rapporto di pubblico impiego di ruolo (…) in caso di positiva conclusione del periodo di prova del dipendente (…) Il dipendente che non viene nominato in ruolo al termine del periodo di prova perde ogni diritto alla retribuzione connessa al posto non attribuito. Il dipendente non acquisisce diritti supplementari. Il dipendente non può, per un periodo di un anno, essere assunto in prova in relazione al medesimo posto. Qualora il dipendente non abbia superato una prima volta il periodo di prova per il sol fatto di non aver potuto esercitare le funzioni inerenti a tale posto direttivo per un periodo prolungato, il dipendente di grado superiore può autorizzare il ricorso alle deroghe indicate al settimo periodo».

Procedimento principale e questioni pregiudiziali

18

La sig.ra H., entrata in servizio presso il Land di Berlino nel 1999, gode dello status di pubblico dipendente di ruolo presso l’amministrazione del Land medesimo. Dal 23 settembre 2008, occupava la posizione di consigliere con inquadramento retributivo A 16. Al termine di una procedura di selezione, il 20 settembre 2011, la sig.ra H. veniva promossa, in applicazione dell’articolo 97, paragrafo 1, del LBG, a dipendente in regime di prova con rango di consigliere appartenente all’inquadramento economico superiore B2. Conseguentemente, il 18 ottobre 2011, veniva assegnata ad una posizione, all’epoca vacante, appartenente a quest’ultimo inquadramento economico e che prevedeva funzioni direttive.

19

La sig.ra H. non assumeva tuttavia le funzioni relative al nuovo posto. Dal 25 luglio 2011 al 19 gennaio 2012, infatti, veniva collocata in congedo malattia a causa di gravidanza, in seguito, dal 20 gennaio al 27 aprile 2012, in congedo di maternità. Al termine di tale congedo di maternità, la sig.ra H. è stata in congedo fino al 29 maggio 2012, prima che le fosse concesso un congedo parentale a decorrere dal 30 maggio 2012, prorogato più volte e terminato il 20 febbraio 2015.

20

Nel frattempo, il posto al quale la sig.ra H. era stata assegnata come pubblico dipendente in prova era oggetto di un nuovo concorso nella seconda metà del 2012, prima di essere attribuito ad altro dipendente.

21

Il 4 settembre 2014, il Landesverwaltungsamt Berlin (ufficio dell’amministrazione del Land di Berlino, Germania) comunicava alla sig.ra H che ella non aveva positivamente concluso il periodo di prova di due anni per la posizione de qua, non avendo la ricorrente mai occupato tale posizione, e che il suo status di dipendente in prova, per tale ragione, era cessato il 19 settembre 2013, ai sensi dell’articolo 97, paragrafo 4, del LBG. Tale ufficio informava parimenti l’interessata che sarebbe stata reintegrata nella sua precedente posizione di consigliere con inquadramento economico A 16.

22

A seguito del rigetto, con decisione dell’ufficio medesimo del 10 novembre 2014, del reclamo proposto dalla sig.ra H., quest’ultima adiva il Verwaltungsgericht Berlin (Tribunale amministrativo di Berlino, Germania) con ricorso diretto ad ottenere l’annullamento di tale decisione e ad accertare il proprio diritto al mantenimento del proprio status di dipendente in prova per la promozione ad una posizione direttiva, con inquadramento economico B2, successivamente al 19 settembre 2013. A sostegno del ricorso, la sig.ra H. faceva valere, in particolare, che la decisione impugnata violerebbe le direttive 2006/54 e 2010/18.

23

Per quanto riguarda la direttiva 2010/18 e l’accordo quadro riveduto, il Verwaltungsgericht Berlin (Tribunale amministrativo di Berlino) si chiede, in particolare, se l’articolo 97 del LBG sia compatibile con la clausola 5, punto 1, di tale accordo quadro, nella parte in cui, al termine del suo congedo parentale, la sig.ra H. non è potuta ritornare allo stesso posto di lavoro occupato precedentemente al congedo o un posto equivalente, essendo stata invece destinata ad un posto statutariamente meno elevato. Il giudice medesimo si interroga parimenti sulla compatibilità del menzionato articolo 97 con la clausola 5, punto 2, di tale accordo quadro, che prevede il mantenimento dei diritti acquisiti o in via di acquisizione, in ragione del fatto che dal ricollocamento consegue una diminuzione retributiva. Secondo tale giudice, non si potrà tuttavia escludere, come sostenuto dal Land di Berlino, che le disposizioni elencate all’articolo 97 del LBG possano costituire una normativa, ai sensi della clausola 5, punto 2, secondo periodo, del medesimo accordo-quadro, da cui, al termine del congedo parentale, potrebbero scaturire per legge talune modifiche dei diritti del lavoratore.

24

Il giudice del rinvio rileva peraltro che, nell’assunto che l’articolo 97 del LBG violi l’accordo quadro riveduto e/o la direttiva 2006/54, sarebbe impossibile interpretare il medesimo articolo 97 conformemente a dette norme di diritto dell’Unione, di modo che sarebbe necessario, in tale caso, disapplicare la norma nazionale de qua.

25

A tale riguardo, il giudice medesimo ritiene che la soluzione più idonea consisterebbe nell’imporre una proroga del periodo di prova corrispondente al periodo non ancora decorso all’inizio del congedo parentale, vuoi nel posto originario, vuoi, qualora, come nel caso di specie, tale posto sia stato, medio tempore, riattribuito ad altro dipendente, in un posto direttivo equivalente. Tuttavia, il giudice a quo si chiede parimenti quale sia la soluzione da adottare nel caso in cui nessun posto analogo sia disponibile. Infine, laddove la normativa nazionale esige, in caso di attribuzione di un nuovo posto, l’avvio di una nuova procedura di selezione, con il rischio, in tal caso, che risulti vincitore un candidato diverso dal dipendente di ritorno dal congedo parentale, il giudice del rinvio si chiede se il diritto dell’Unione imponga di rinunciare a tale procedura.

26

Ciò premesso, il Verwaltungsgericht Berlin (Tribunale amministrativo di Berlino) ha deciso di sospendere il procedimento e di sottoporre alla Corte le seguenti questioni pregiudiziali:

«1)

Se le disposizioni della direttiva [2010/18] e le disposizioni dell’[accordo quadro riveduto] debbano essere interpretate nel senso che ostano a una normativa nazionale per effetto della quale il periodo di prova, durante il quale sia stata attribuita, in regime di prova, una posizione con funzioni direttive nell’ambito di un rapporto di pubblico impiego, si concluda ex lege e senza alcuna possibilità di proroga anche quando il dipendente pubblico sia stato collocato, per tutto o parte del periodo di prova, in congedo parentale, ivi trovandosi ancora.

2)

Se le disposizioni della direttiva [2006/54], in particolare, gli articoli 14, paragrafo 1, lettera a) o c), 15 o 16 della direttiva medesima, debbano essere interpretate nel senso che una normativa nazionale, come quella descritta sub 1), implichi una discriminazione indiretta in ragione del sesso laddove colpisca o possa potenzialmente colpire un numero molto maggiore di donne che di uomini.

3)

In caso di risposta affermativa alla prima o alla seconda questione: se l’interpretazione delle suddette disposizioni del diritto dell’Unione osti a una normativa nazionale anche quando essa risulti giustificata alla luce della finalità del periodo di prova, consistente nella verifica dell’idoneità del candidato a ricoprire una posizione con funzioni direttive, idoneità che può essere accertata solamente qualora il candidato svolga le funzioni inerenti alla posizione medesima per un periodo prolungato.

4)

In caso di risposta affermativa anche alla terza questione: se l’interpretazione del diritto dell’Unione consenta effetti giuridici diversi dalla continuazione del periodo di prova immediatamente a seguito della conclusione del congedo parentale – e per il periodo non ancora decorso all’inizio di detto congedo – nello stesso posto o in uno equiparabile qualora un posto di tal genere o analogo non siano più disponibili.

5)

Se l’interpretazione del diritto dell’Unione escluda in questo caso, al fine di coprire un altro posto o un’altra posizione con funzioni direttive, di bandire una nuova procedura di selezione destinata a nuovi candidati».

Sulle questioni pregiudiziali

Sulla prima questione e sulla prima parte della terza questione

27

Con la prima questione, il giudice del rinvio chiede, in sostanza, se la clausola 5, punti 1 e 2, dell’accordo quadro riveduto debba essere interpretata nel senso che essa osta ad una normativa nazionale, come quella oggetto del procedimento principale, che subordini la promozione definitiva ad un posto di direzione nell’ambito di un rapporto di pubblico impiego alla condizione che il candidato selezionato effettui con successo un periodo di prova preliminare di due anni su tale posto e per effetto della quale, in una situazione in cui il candidato medesimo sia stato, per tutto o parte del periodo di prova, in congedo parentale, ivi trovandosi ancora, il periodo di prova di cui trattasi si concluda ex lege al termine di tale periodo di due anni, senza possibilità di proroga, ove l’interessato sia conseguentemente reintegrato, al momento del rientro dal congedo parentale, nelle funzioni di grado inferiore, sia dal punto di vista statutario che retributivo, occupate anteriormente alla sua ammissione al periodo di prova stesso. In caso di risposta affermativa a tale prima questione, il giudice del rinvio chiede, con il primo capo della terza questione, se detta clausola 5, punti 1 e 2, debba essere interpretata nel senso che una normativa nazionale di tal genere possa nondimeno essere giustificata alla luce della finalità del periodo di prova, consistente nella verifica dell’idoneità del candidato a ricoprire una posizione con funzioni direttive, con conseguente imposizione di un periodo di prova prolungato.

Considerazioni preliminari

28

Occorre precisare, in limine, che, dal momento che la sig.ra H. è stata assente a causa del suo congedo parentale durante tutto o parte del periodo di prova necessario per ottenere la posizione direttiva interessata, ivi trovandosi ancora al momento in cui l’ufficio dell’amministrazione del Land di Berlino l’ha informata che sarebbe stata reintegrata nel suo posto precedente, la normativa nazionale in causa nel procedimento principale dev’essere esaminata esclusivamente alla luce della direttiva 2010/18 e dell’accordo quadro riveduto.

29

Come risulta dal primo comma del preambolo dell’accordo quadro riveduto, detto accordo quadro costituisce un impegno delle parti sociali, rappresentate dalle organizzazioni di categoria a carattere generale, a porre in atto, con prescrizioni minime relative al congedo parentale, misure volte ad agevolare la conciliazione delle responsabilità familiari e professionali e a promuovere la parità di opportunità e di trattamento tra gli uomini e le donne.

30

Il considerando 8 della direttiva 2010/18 relativo all’applicazione del suddetto accordo-quadro riveduto, sottolinea, allo stesso modo, che gli obiettivi perseguiti da tale direttiva consistono nel migliorare la conciliazione tra vita professionale, vita privata e vita familiare dei genitori che lavorano e la parità tra uomini e donne per quanto riguarda le opportunità sul mercato del lavoro ed il trattamento sul lavoro nell’Unione.

31

Occorre peraltro ricordare che il principio di parità tra uomini e donne, segnatamente in materia di impiego, lavoro e retribuzione, da un lato, ed il diritto al congedo parentale per poter conciliare vita familiare e professionale, dall’altro lato, sono rispettivamente sanciti agli articoli 23 e 33, paragrafo 2, della Carta dei diritti fondamentali dell’Unione europea (in prosieguo: la «Carta»), disposizioni alle quali rinvia il punto 3 delle considerazioni generali dell’accordo quadro riveduto.

32

Il diritto al congedo parentale è stato, infatti, inserito, all’articolo 33, paragrafo 2 della Carta, tra i diritti sociali fondamentali raggruppati al titolo IV della medesima, rubricato «Solidarietà». Tale disposizione sancisce che, al fine di poter conciliare vita familiare e vita professionale, ogni persona ha diritto, in particolare, a un congedo parentale successivamente alla nascita o all’adozione di un figlio.

33

Inoltre, gli obiettivi perseguiti dall’accordo quadro riveduto sono connessi al miglioramento delle condizioni di vita e di lavoro, nonché all’esistenza di una tutela sociale adeguata dei lavoratori, che, come emerge dall’articolo 151 TFUE, sono ascritti al rango degli obiettivi perseguiti dalla politica sociale dell’Unione (v., in tal senso, per quanto riguarda l’accordo quadro del 1995, sentenza del 22 ottobre 2009, Meerts, C‑116/08, EU:C:2009:645, punto 37).

34

Infine, occorre ricordare che l’accordo quadro riveduto, al contrario dell’accordo quadro del 1995, è volto ad applicarsi egualmente ai lavoratori che, al pari della ricorrente nel procedimento principale, possiedano lo status di dipendente pubblico. In effetti, la clausola 1, punto 2, dell’accordo quadro riveduto riguarda, in modo generico, «tutti i lavoratori (…) aventi un contratto o un rapporto di lavoro definito dalle leggi, dai contratti collettivi e/o dalle prassi vigenti in ciascuno Stato membro» e la clausola 2, punto 1 del medesimo accordo quadro riguarda «i lavoratori», senza tracciare una distinzione in base alla circostanza che il datore di lavoro cui sono legati sia pubblico o privato, includendo in tal modo la totalità dei lavoratori (v., in tal senso, sentenza del 16 settembre 2010, Chatzi, C‑149/10, EU:C:2010:534, punti da 28 a 30).

Sulla clausola 5 dell’accordo quadro riveduto

35

Si deve rilevare, in limine, che i punti da 1 a 3 della clausola 5 dell’accordo quadro riveduto sono formulati in termini quasi identici ai punti da 5 a 7 della clausola 2 dell’accordo quadro del 1995, cosicché l’interpretazione fornita dalla Corte per quanto riguarda queste ultime disposizioni vale parimenti per le prime (v., in tal senso, sentenza del 16 giugno 2016, Rodríguez Sánchez, C‑351/14, EU:C:2016:447, punto 47).

36

Al fine di consentire ai nuovi genitori di interrompere la propria attività professionale per dedicarsi alle proprie responsabilità familiari, l’accordo quadro riveduto garantisce, ai sensi della clausola 5, punto 1, di tale accordo quadro, che essi, al termine del congedo parentale, ritorneranno allo stesso posto di lavoro o, qualora ciò non sia possibile, ad un lavoro equivalente o analogo corrispondente al loro contratto o al loro rapporto di lavoro. Tale disposizione garantisce pertanto il rientro al posto di lavoro alle medesime condizioni esistenti al momento della fruizione del congedo, al termine del medesimo (v., in tal senso, sentenza del 13 febbraio 2014, TSN e YTN, C‑512/11 e C‑513/11, EU:C:2014:73, punto 39 e giurisprudenza ivi citata).

37

Nella stessa prospettiva, la clausola 5, punto 2, primo periodo, dell’accordo quadro riveduto, è diretta ad evitare la perdita dei diritti acquisiti o in via di acquisizione, che derivano dal rapporto di lavoro, di cui il lavoratore già dispone quando inizia il congedo parentale, e a garantire che, al termine di tale congedo, la sua situazione, riguardo a tali diritti, sia la medesima che possedeva precedentemente a detto congedo (v., in tal senso, sentenze del 16 luglio 2009, Gómez-Limón Sánchez-Camacho, C‑537/07, EU:C:2009:462, punto 39, e del 22 ottobre 2009, Meerts, C‑116/08, EU:C:2009:645, punto 39 nonché giurisprudenza ivi citata).

38

Detta disposizione non disciplina, tuttavia, i diritti e gli obblighi derivanti dal rapporto di lavoro durante il periodo del congedo parentale, definiti, ai sensi della clausola 5, punto 3, dell’accordo quadro riveduto, dagli Stati membri e/o dalle parti sociali. Tuttavia, come la Corte ha avuto modo di affermare, un tale rinvio alla legislazione nazionale e/o ai contratti collettivi non pregiudica le prescrizioni minime fissate dall’accordo quadro riveduto e segnatamente quelle precisate alla clausola 5, punti 1 e 2 di tale accordo quadro (v., in tal senso, sentenze del 16 luglio 2009, Gómez-Limón Sánchez-Camacho, C‑537/07, EU:C:2009:462, punto 46, e del 22 ottobre 2009, Meerts, C‑116/08, EU:C:2009:645, punto 45).

39

Alla luce della tesi dedotta dal Land di Berlino, occorre precisare, in primo luogo che, contrariamente a quanto sostenuto da quest’ultimo, il diritto di rientro nel posto di lavoro occupato e il mantenimento dei diritti acquisiti o in via di acquisizione garantiti dalla clausola 5, punti 1 e 2, dell’accordo quadro riveduto devono essere riconosciuti al lavoratore anche qualora il congedo parentale goduto in forza delle disposizioni nazionali applicabili ecceda il periodo minimo di quattro mesi previsto alla clausola 2, punto 2, dell’accordo quadro riveduto.

40

Infatti, oltre alla circostanza, evidenziata dall’avvocato generale al paragrafo 20 delle proprie conclusioni, per cui tale soluzione si deduce già, implicitamente, dalla giurisprudenza della Corte (v., in tal senso, sentenza del 20 giugno 2013, Riežniece, C‑7/12, EU:C:2013:410, punti 12, 17, 32, 5051), la tesi contraria, difesa dal Land di Berlino, non trova alcun fondamento nel testo dell’accordo quadro riveduto, la cui clausola 5 sancisce, rispettivamente ai punti 1 e 2, il diritto di ritornare allo stesso posto di lavoro «al termine del congedo parentale» e il diritto a che i diritti acquisiti o in via di acquisizione restino immutati «fino alla fine del congedo parentale».

41

Inoltre, privare il lavoratore interessato della garanzia di ritornare al posto precedentemente occupato e di continuare a beneficiare di tali diritti acquisiti o in via di acquisizione, qualora il congedo parentale ecceda la durata minima di quattro mesi produrrebbe l’effetto di dissuadere il lavoratore dalla decisione di avvalersi del diritto al congedo parentale, pregiudicando, conseguentemente, l’efficacia di tale diritto e l’effetto utile della direttiva 2010/18 nonché dell’accordo quadro riveduto (sentenza del 13 febbraio 2014, TSN e YTN, C‑512/11 e C‑513/11, EU:C:2014:73, punto 51) e pertanto contrastando l’obiettivo di conciliazione della vita professionale con quella familiare, perseguito dall’accordo quadro riveduto (sentenza del 27 febbraio 2014, Lyreco Belgium, C‑588/12, EU:C:2014:99, punto 40).

42

In secondo luogo, non può trovare accoglimento la tesi del Land di Berlino secondo cui, non avendo effettivamente occupato la posizione di dipendente in prova oggetto del procedimento principale, dalla clausola 5, punti 1 e 2 dell’accordo quadro riveduto non discenderebbe il diritto della sig.ra H. a ritornare nel posto in questione al termine del congedo parentale e a continuare a beneficiare dei diritti acquisiti o in via di acquisizione, segnatamente connessi a tale posto, alla data di inizio del congedo.

43

Le nozioni di «posto di lavoro» e di «diritti acquisiti o in via di acquisizione» di cui alla clausola 5, punti 1 e 2, in assenza di rinvio espresso al diritto degli Stati membri al fine di determinare il loro senso e la loro portata, devono normalmente dar luogo, nell’intera Unione, ad un’interpretazione autonoma e uniforme, da effettuarsi tenendo conto del contesto delle disposizioni stesse e dello scopo perseguito dalla normativa di cui trattasi (v., in tal senso, sentenza del 22 ottobre 2009, Meerts, C‑116/08, EU:C:2009:645, punto 41).

44

Orbene, tenuto conto degli obiettivi perseguiti dall’accordo quadro riveduto e dalla direttiva 2010/18, quali rammentati supra ai punti 29 e 30, nonché della circostanza che la clausola 5, punti 1 e 2, primo periodo, dell’accordo quadro riveduto, da un lato, esprime un principio di diritto sociale dell’Unione particolarmente importante e, dall’altro lato, concretizza il diritto al congedo parentale garantito, peraltro, quale diritto fondamentale dall’articolo 33, paragrafo 2, della Carta, la disposizione medesima non può essere interpretata in modo restrittivo (v., in tal senso, sentenze del 22 ottobre 2009, Meerts, C‑116/08, EU:C:2009:645, punto 42, e del 27 febbraio 2014, Lyreco Belgium, C‑588/12, EU:C:2014:99, punto 36).

45

Inoltre, ai fini dell’applicazione della clausola 5, punti 1 e 2 dell’accordo quadro riveduto, è sufficiente che, alla data alla quale la sig.ra H. ha esercitato il diritto al congedo parentale, la stessa, a seguito di una procedura di selezione e della sua promozione, fosse già stata assegnata quale dipendente pubblico in prova al posto in questione, beneficiando in tal modo parimenti della retribuzione corrispondente all’inquadramento retributivo superiore in cui tale posizione si colloca. Il fatto che, al momento in cui tale assegnazione è avvenuta, l’interessata si trovasse in congedo per malattia a causa della sua gravidanza, resta, al contrario, del tutto irrilevante quanto al fatto che, a decorrere da quel momento, tale nuovo posto fosse il suo, ragion per cui deve ritenersi che l’interessata, quando ha successivamente fruito del congedo parentale, occupava già tale posizione e beneficiava dei diritti acquisiti o in via di acquisizione ad essa eventualmente correlati.

46

Accogliere l’interpretazione proposta dal Land di Berlino produrrebbe, inoltre, la conseguenza di dissuadere i lavoratori interessati dal fruire del congedo parentale ponendosi in contrasto con gli obiettivi perseguiti dall’accordo medesimo.

47

In terzo luogo, occorre chiedersi se una normativa come quella oggetto del procedimento principale, nella parte in cui non prevede alcuna proroga del periodo di prova nel caso in cui un dipendente pubblico in prova che occupi un posto di direzione si trovi in una situazione di congedo parentale, violi la clausola 5, punti 1 e 2, dell’accordo quadro riveduto.

48

Per quanto attiene, in primo luogo, ai diritti conferiti al lavoratore in congedo parentale alla clausola 5, punto 1, dell’accordo quadro riveduto, vale a dire, di ritornare, al termine di tale congedo, al proprio posto di lavoro o, qualora ciò non sia possibile, ad un lavoro equivalente o analogo corrispondente al proprio contratto o al proprio rapporto di lavoro, dalla decisione di rinvio emerge che l’articolo 97 del LBG, da una lato, produce la conseguenza automatica di escludere che un dipendente pubblico che si trovi nella situazione della ricorrente nel procedimento principale possa riprendere, al termine del proprio congedo parentale, il posto di dipendente pubblico in prova occupato prima di fruire del congedo. Infatti, considerato che nel corso della durata autorizzata del periodo di prova l’interessata si è trovata in congedo parentale e, per tale motivo, non ha esercitato le funzioni correlate a tale posizione, non potendo, in tal modo, dar prova della propria idoneità a essere assegnata definitivamente a detta posizione, è pacifico che, al momento del rientro dal congedo, era escluso che potesse ritornare allo stesso posto.

49

Dall’altro lato, come emerge dalla decisione di rinvio, dalla normativa nazionale in esame discende automaticamente l’esclusione della possibilità che l’interessata possa, al termine del proprio congedo parentale, vedersi offrire un posto di dipendente pubblico in prova equivalente o analogo a quello occupato anteriormente al congedo, dal momento che il periodo di due anni durante il quale è stata autorizzata a compiere il periodo di prova per dimostrare la propria idoneità a ricoprire una posizione con funzioni direttive era decorso e non poteva essere oggetto di una proroga.

50

Ne consegue che la clausola 5, punto 1, dell’accordo quadro osta ad una normativa come quella oggetto del procedimento principale.

51

Per quanto riguarda, in secondo luogo, la clausola 5, punto 2, primo periodo dell’accordo quadro riveduto, che prevede il mantenimento dei «diritti acquisiti e in via di acquisizione», occorre ricordare che tale nozione comprende il complesso dei diritti e dei vantaggi, in denaro o in natura, derivanti, direttamente o indirettamente, dal rapporto di lavoro, che il lavoratore può far valere nei confronti del datore di lavoro alla data di inizio del congedo parentale (v., in tal senso, sentenza del 22 ottobre 2009, Meerts, C‑116/08, EU:C:2009:645, punto 43).

52

Tra tali diritti e vantaggi figurano quelli derivanti dalle disposizioni che stabiliscono le condizioni di accesso a un livello superiore della gerarchia professionale, che, in effetti, derivano dal rapporto di lavoro (v., in tal senso, sentenza del 18 novembre 2004, Sass, C‑284/02, EU:C:2004:722, punto 31). Si tratta, nella specie, del diritto, disciplinato all’articolo 97 del LBG, per un dipendente pubblico, di ottenere un’eventuale promozione definitiva ad una funzione di direzione, effettuando, durante l’esecuzione del rapporto di lavoro al servizio del Land di Berlino e al termine di una procedura di selezione preliminare, un periodo di prova di una determinata durata.

53

Orbene, si deve rilevare, a tal riguardo, che, in conseguenza del fatto che la sig.ra H. ha fruito di un congedo parentale, l’articolo 97 del LBG ha privato, nella specie, l’interessata di ogni possibilità di dimostrare la propria idoneità ad esercitare le funzioni direttive cui la stessa aspirava, e, eventualmente, di essere promossa in via definitiva a tali funzioni al termine del periodo di prova per il quale era stata selezionata anteriormente al predetto congedo.

54

Ne consegue che la clausola 5, punto 2, primo periodo, dell’accordo quadro riveduto osta parimenti ad una normativa come quella oggetto del procedimento principale. Essendo di natura tale da dissuadere un lavoratore, che si trovi nella situazione della sig.ra H., dalla decisione di avvalersi del diritto al congedo parentale, detta normativa pregiudica, inter alia, l’efficacia di tale diritto come garantito dall’accordo quadro riveduto.

55

Quanto alla tesi dedotta dal giudice del rinvio, secondo cui le disposizioni di cui all’articolo 97, paragrafo 1 e paragrafo 2, secondo periodo, del LBG potrebbero costituire disposizioni della «legislazione nazionale», ai sensi della clausola 5, punto 2, secondo periodo, dell’accordo quadro riveduto, da cui potrebbero legittimamente risultare, al termine del congedo parentale, modifiche dei diritti del lavoratore del genere di quelli oggetto del procedimento principale, occorre anzitutto sottolineare che sussistono talune differenze tra le diverse versioni linguistiche di tale disposizione. Infatti, mentre alcune versioni linguistiche, quali, segnatamente, quella in lingua tedesca, indicano che i diritti acquisiti o in via di acquisizione, comprese le modifiche che derivano, inter alia, dalla legislazione nazionale, si applicano al termine del congedo parentale, la versione in lingua francese, da parte sua, afferma che sono applicabili, al termine del congedo parentale, i diritti previsti alla clausola 5, punto 2, primo periodo di tale accordo quadro, nonché le modifiche apportate, inter alia, « à la legislation nationale » (alla legislazione nazionale).

56

A tal riguardo, occorre ricordare che, secondo costante giurisprudenza, in caso di divergenze tra le singole versioni linguistiche di un testo dell’Unione, la disposizione di cui è causa dev’essere intesa in funzione del sistema e delle finalità della normativa di cui fa parte (v., segnatamente, sentenze del 4 settembre 2014, Vnuk, C‑162/13, EU:C:2014:2146, punto 46, e del 26 aprile 2017, Popescu, C‑632/15, EU:C:2017:303, punto 35).

57

Nel caso di specie, alla luce degli obiettivi perseguiti dall’accordo quadro riveduto, quali rammentati supra ai punti 29 e 30, nonché dell’importanza della tutela riconosciuta ai lavoratori dalla clausola 5, punti 1 e 2 dell’accordo quadro riveduto, richiamata supra al punto 44, la clausola 5, punto 2, secondo periodo di tale accordo quadro riveduto, non può essere interpretata in modo tale da pregiudicare l’effetto utile della tutela concessa ai lavoratori dalla clausola 5, punto 2, primo periodo, del suddetto accordo quadro. Orbene, ciò avverrebbe, qualora dovesse ammettersi in circostanze come quelle oggetto del procedimento principale, la possibilità di giustificare, in forza della clausola 5, punto 2, secondo periodo dell’accordo quadro riveduto, l’estinzione di un diritto acquisito o in via di acquisizione di un lavoratore, in ragione del fatto che la normativa nazionale dispone che un simile diritto venga meno al termine di un periodo non prorogabile che continua a decorrere durante l’assenza del lavoratore interessato che risulta dal suo congedo parentale.

58

In quarto ed ultimo luogo, occorre esaminare la domanda del giudice del rinvio relativa alla questione se la compressione dei diritti garantiti dalla clausola 5, punti 1 e 2 dell’accordo quadro riveduto, risultanti peraltro dall’applicazione dell’articolo 97 del LBG possa essere eventualmente giustificata alla luce della finalità del periodo di prova, consistente nella verifica dell’idoneità del candidato a ricoprire una posizione con funzioni direttive, idoneità che può essere accertata solamente qualora il candidato svolga le funzioni inerenti alla posizione medesima per un periodo prolungato.

59

A tal riguardo, si deve rilevare, analogamente all’avvocato generale al paragrafo 30 delle proprie conclusioni, che l’accordo quadro riveduto non contiene nessuna disposizione che autorizzi deroghe ai diritti garantiti. In ogni caso, la compressione arrecata, nella specie, a tali diritti non appare in alcun modo necessaria al raggiungimento degli obiettivi perseguiti. Infatti, un obiettivo come quello esposto dal giudice del rinvio potrebbe essere tutelato mediante taluni adeguamenti volti a consentire, come postulato dalla clausola 5, punto 2, primo periodo, dell’accordo quadro riveduto, che il processo di promozione professionale in corso sia pienamente mantenuto e che, al termine del congedo parentale, il periodo di prova continui, per la durata richiesta per il posto occupato al momento in cui si sia fruito del congedo, o, qualora ciò non sia possibile, per un lavoro equivalente o analogo, come sancito dalla clausola 5, punto 1, dell’accordo quadro riveduto.

60

Non può inoltre trovare accoglimento la tesi del Land di Berlino secondo cui il fatto che un datore di lavoro debba garantire il ritorno del lavoratore al posto di lavoro precedentemente occupato per un periodo che può estendersi fino alla durata massima del congedo parentale autorizzato, vale a dire, in Germania, tre anni, eventualmente con obbligo di lasciare il posto vacante durante detto periodo, sarebbe tale da compromettere il buon funzionamento del servizio del suddetto Land, e nel settore privato, persino, l’esistenza stessa dell’impresa.

61

A termini della clausola 3, punto 1, dell’accordo quadro riveduto, spetta agli Stati membri definire le modalità di applicazione del congedo parentale e, segnatamente, determinare la durata autorizzata dello stesso, e ciò nel rispetto delle prescrizioni minime definite dal suddetto accordo quadro. Orbene, come emerge dal tenore di detta clausola 3, punto 1, le esigenze del datore di lavoro e, segnatamente, quelle operative e organizzative delle imprese, in particolare delle piccole imprese, figurano, analogamente ai bisogni dei lavoratori, tra i criteri alla luce dei quali gli Stati membri e/o le parti sociali sono, eventualmente, chiamati a definire le condizioni di accesso al congedo parentale e le modalità di applicazione delle stesse.

62

Non può pertanto ammettersi che, una volta determinata la durata autorizzata del congedo, in applicazione di tale disposizione, i lavoratori che abbiano optato per un congedo parentale che si estenda per la durata autorizzata possano essere privati, alla luce delle medesime esigenze, delle prescrizioni minime garantite dall’accordo quadro riveduto, quali, segnatamente, quelle sancite alla clausola 5, punti 1 e 2, di quest’ultimo.

63

Alla luce di tutte le suesposte considerazioni, si deve rispondere alla prima questione e al primo capo della terza questione, che la clausola 5, punti 1 e 2, dell’accordo quadro riveduto dev’essere interpretata nel senso che essa osta ad una normativa nazionale, come quella oggetto del procedimento principale, che subordini la promozione definitiva ad un posto di direzione nell’ambito di un rapporto di pubblico impiego alla condizione che il candidato selezionato effettui con successo un periodo di prova preliminare di due anni su tale posto e per effetto della quale, in una situazione in cui il candidato medesimo sia stato, per tutto o parte del periodo di prova, in congedo parentale, ivi trovandosi ancora, il periodo di prova di cui trattasi si concluda ex lege al termine di tale periodo di due anni, senza possibilità di proroga, ove l’interessato sia conseguentemente reintegrato, al momento del rientro dal congedo parentale, nelle funzioni di grado inferiore, sia dal punto di vista statutario che retributivo, occupate anteriormente alla sua ammissione al periodo di prova stesso. Il contrasto con tale clausola non può essere giustificato dall’obiettivo perseguito dal medesimo periodo di prova, consistente nel permettere la verifica dell’idoneità a ricoprire il posto di direzione.

Sulla seconda questione e sulla prima parte della terza questione

64

Alla luce della risposta alla prima questione e al primo capo della terza questione, può soprassedersi all’esame della seconda questione e del secondo capo della terza questione.

Sulle questioni quarta e quinta

65

Con le sue questioni quarta e quinta, che occorre esaminare congiuntamente, il giudice del rinvio chiede, in sostanza, quali conseguenze derivino, per effetto del diritto dell’Unione e in circostanze come quelle oggetto del procedimento principale, dall’incompatibilità di una normativa, come quella in esame nel procedimento principale, con la clausola 5, punti 1 e 2, dell’accordo quadro riveduto.

66

In limine, occorre ricordare che secondo costante giurisprudenza, nell’applicare il diritto interno, i giudici nazionali sono tenuti ad interpretarlo per quanto possibile alla luce del testo e dello scopo della direttiva in questione, così da conseguire il risultato perseguito da quest’ultima e conformarsi pertanto all’articolo 288, terzo comma, TFUE (v., segnatamente, sentenza del 24 gennaio 2012, Dominguez, C‑282/10, EU:C:2012:33, punto 24 e giurisprudenza citata). Ciò anche in caso di presenza di accordi che, come l’accordo quadro riveduto, siano stati attuati da una direttiva del Consiglio, di cui fanno quindi parte integrante (v., per analogia, sentenza del 16 settembre 2010, Chatzi, C‑149/10, EU:C:2010:534, punti 4344).

67

Nella specie, il giudice del rinvio sottolinea tuttavia espressamente, nella domanda di pronuncia pregiudiziale, che, con riguardo alla normativa in esame nel procedimento principale, un’interpretazione conforme non risulta possibile.

68

Ciò premesso, si deve parimenti ricordare, come risulta da giurisprudenza costante che, in tutti i casi in cui disposizioni di una direttiva appaiano, dal punto di vista sostanziale, incondizionate e sufficientemente precise, queste possono essere invocate dai singoli nei confronti dello Stato membro, segnatamente in qualità di datore di lavoro. La Corte ha, del resto, già avuto modo di affermare la possibilità di applicare tale giurisprudenza agli accordi che, come l’accordo quadro sul congedo parentale, sono sorti da un dialogo condotto tra parti sociali a livello dell’Unione e sono stati attuati, conformemente alla rispettiva base giuridica, da una direttiva del Consiglio, di cui sono allora parte integrante (v., in tal senso, sentenza del 22 aprile 2010, Zentralbetriebsrat der Landeskrankenhäuser Tirols, C‑486/08, EU:C:2010:215, punti 2223).

69

Orbene, la clausola 5, punti 1 e 2, primo periodo, dell’accordo quadro riveduto sancisce, in linea generale e in termini inequivocabili, i diritti del lavoratore di ritornare allo stesso posto di lavoro o, qualora ciò non sia possibile, a un posto equivalente o analogo, conservando, al termine del congedo parentale, i diritti già acquisiti o in via di acquisizione all’inizio del medesimo. Tali disposizioni presentano, quindi, un contenuto incondizionato e sufficientemente preciso da poter essere invocate da un soggetto dell’ordinamento e applicate dal giudice (v., per analogia, sentenza del 16 luglio 2009, Gómez-Limón Sánchez-Camacho, C‑537/07, EU:C:2009:462, punto 36).

70

Secondo la giurisprudenza della Corte, ne consegue che i giudici nazionali e gli organi dell’amministrazione, qualora non possano procedere ad un’interpretazione e ad un’applicazione conformi alle prescrizioni del diritto dell’Unione, sono tenuti ad applicare integralmente il diritto dell’Unione e a tutelare i diritti che quest’ultimo attribuisce ai singoli, disapplicando, se necessario, qualsiasi disposizione contraria del diritto interno (v., in tal senso, sentenza del 25 novembre 2010, Fuß, C‑429/09, EU:C:2010:717, punto 40 e giurisprudenza ivi citata).

71

Conseguentemente, spetterà, segnatamente, al giudice del rinvio verificare se, in circostanze come quelle in causa nel procedimento principale, per il Land di Berlino, in qualità di datore di lavoro, non fosse realmente possibile garantire alla sig.ra H. di ritornare nello stesso posto di lavoro al termine del congedo parentale e, in caso di risposta affermativa, assicurare che le fosse attribuito, come richiesto dalla clausola 5, punto 1, dell’accordo quadro riveduto, un posto di lavoro equivalente o analogo e conforme al suo contratto o al suo rapporto di lavoro, affinché la stessa potesse continuare il periodo di prova in condizioni peraltro conformi alle condizioni dettate dalla clausola 5, punto 2, di tale accordo quadro (v., per analogia, sentenza del 20 giugno 2013, Riežniece, C‑7/12, EU:C:2013:410, punto 51).

72

Per quanto riguarda la circostanza che il posto di direzione per il quale la sig.ra H. era stata assunta quale dipendente pubblico in prova il 18 ottobre 2011, a seguito del congedo parentale dalla medesima preso il 30 maggio 2012, sia stato attribuito, a titolo definitivo, ad altro dipendente, al termine di un procedimento di selezione effettuato nel corso del secondo semestre dell’anno 2012, occorre rilevare che il Land di Berlino non ha motivato dinanzi alla Corte in qual misura sarebbe stato oggettivamente impossibile garantire che la sig.ra H. potesse riprendere, al termine del congedo, la propria posizione di pubblico dipendente in prova per il posto con funzioni direttive de quo. Il Land medesimo non ha, segnatamente, dedotto motivi oggettivi per i quali non sarebbe stato possibile mantenere tale posto provvisoriamente vacante, o, se necessario, assegnarvi, a titolo transitorio, un altro dipendente, fino al rientro della sig.ra H.

73

La Corte, se ha, certamente, già riconosciuto, che ai fini di una gestione razionale della propria azienda, un datore di lavoro è libero di riorganizzare i propri servizi, ha tuttavia precisato che ciò avviene a condizione di rispettare le vigenti disposizioni del diritto dell’Unione (v., per analogia, in merito all’accordo quadro del 1995, sentenza del 20 giugno 2013, Riežniece, C‑7/12, EU:C:2013:410, punto 36).

74

In tale contesto, incombe al datore di lavoro l’onere di dimostrare dinanzi al giudice del rinvio che, per motivi oggettivi, non sia stato possibile garantire che la ricorrente nel procedimento principale potesse ritornare, al termine del suo congedo parentale, nella posizione con funzioni direttive cui era stata assegnata quale dipendente pubblico in prova prima di fruire del congedo stesso.

75

Nell’assunto che il giudice del rinvio accerti l’esistenza di tale impossibilità nella specie, risulterebbe, allora, in ogni caso, che il posto di lavoro che il Land di Berlino ha assegnato alla sig.ra H. nella prospettiva del suo ritorno al lavoro alla fine del congedo parentale non può essere considerato «equivalente o analogo» al posto con funzioni direttive occupato dall’interessata nel momento della collocazione in congedo, ai sensi della clausola 5, punto 1, dell’accordo quadro riveduto, essendo pacifico che l’interessata è stata riassegnata al posto occupato prima della sua promozione al posto con funzioni direttive, vale a dire ad un posto di rango inferiore dal punto di vista sia statutario sia retributivo.

76

Il rispetto della suddetta clausola 5, punto 1, implicava, infatti, l’obbligo per il Land di Berlino, di assegnare alla sig.ra H., quale dipendente pubblico in prova, un posto con funzioni direttive caratterizzato, almeno, da un rango statutario, un livello retributivo e funzioni direttive corrispondenti a quelli relativi al posto per il quale era stata inizialmente selezionata.

77

Inoltre, il giudice del rinvio dovrà assicurare che il proseguimento del periodo di prova per il posto con funzioni direttive inizialmente occupato, o, in caso di impossibilità oggettivamente dimostrata, per un posto equivalente o analogo, abbia luogo, per quanto riguarda la durata di tale periodo di prova, nel rispetto delle esigenze che derivano dalla clausola 5, punto 2, dell’accordo quadro riveduto.

78

Tale rispetto comporta che, al termine del congedo parentale, la sig.ra H. conservi la possibilità di continuare il periodo di prova nell’una o nell’altra di tali posizioni così che possa beneficiare di un periodo di prova effettivo di una durata totale identica a quello di cui avrebbe goduto se non si fosse avvalsa del congedo parentale. L’interessata deve, infatti, continuare a beneficiare, al termine del suo congedo parentale, delle medesime possibilità di dimostrare la propria idoneità ad esercitare le funzione direttive occupate e, pertanto, nella medesima prospettiva di nomina definitiva eventuale a tale funzione al termine del periodo di prova de quo.

79

Infine, per quanto riguarda l’eventuale condizione consistente nel subordinare l’attribuzione alla ricorrente nel procedimento principale, nella sua qualità di dipendente pubblico in prova, di un posto di direzione analogo o equivalente, al previo compimento di una nuova procedura di selezione, si deve rilevare che questa sarebbe tale da svuotare di significato il diritto di cui beneficia un lavoratore, come quello in esame nel procedimento principale, che ha fruito di un congedo parentale, di essere trasferito ad un posto di lavoro equivalente o analogo, alle condizioni previste alla clausola 5, punto 1, dell’accordo quadro riveduto, per proseguire un periodo di prova a condizioni che siano, del resto, conformi alle esigenze che derivano dalla clausola 5, punto 2, primo periodo, di tale accordo quadro (v., per analogia, sentenza del 20 giugno 2013, Riežniece, C‑7/12, EU:C:2013:410, punto 54).

80

Infatti, a prescindere dalla circostanza che l’interessata ha già partecipato ad una procedura di selezione che ha condotto alla sua nomina in qualità di dipendente pubblico in prova e alla sua assegnazione a un posto con funzioni direttive occupato al momento in cui ha fruito del congedo parentale, una nuova procedura di selezione produrrebbe la conseguenza di ritardare ancor più la nomina dell’interessata su tale nuova posizione e, conseguentemente, la possibilità per la stessa di dimostrare le proprie capacità ad essere definitivamente assegnata a tale posto. Inoltre, a maggior ragione, produrrebbe l’effetto di conferire a tale nomina natura aleatoria, poiché la stessa dipenderebbe quindi dai risultati di detta procedura di selezione.

81

Una condizione come quella menzionata supra al punto 79 non può pertanto essere ammessa e, conseguentemente, spetta al giudice del rinvio disapplicarla, conformemente alla giurisprudenza rammentata supra al punto 70.

82

Alla luce delle suesposte considerazioni, occorre rispondere alle questioni quarta e quinta nel senso che spetta al giudice del rinvio, se necessario disapplicando la normativa nazionale oggetto del procedimento principale, verificare, come imposto dalla clausola 5, punto 1, dell’accordo quadro riveduto, se, in circostanze come quelle in esame nel procedimento principale, per il Land interessato, in qualità di datore di lavoro, fosse oggettivamente impossibile consentire all’interessata di ritornare allo stesso posto di lavoro al termine del congedo parentale e, in caso affermativo, garantire che a quest’ultima sia attribuito un posto di lavoro equivalente o analogo corrispondente al suo contratto o al suo rapporto di lavoro, senza che tale assegnazione di posto possa essere subordinata alla previa effettuazione di una nuova procedura di selezione. Spetta parimenti al giudice medesimo garantire che, al termine del congedo parentale, l’interessata possa proseguire, per lo stesso posto cui è ritornata o che le sia stato assegnato ex novo, un periodo di prova a condizioni conformi ai requisiti dettati dalla clausola 5, punto 2, dell’accordo quadro riveduto.

Sulle spese

83

Nei confronti delle parti nel procedimento principale la presente causa costituisce un incidente sollevato dinanzi al giudice nazionale, cui spetta quindi statuire sulle spese. Le spese sostenute da altri soggetti per presentare osservazioni alla Corte non possono dar luogo a rifusione.

 

Per questi motivi, la Corte (Seconda Sezione) dichiara:

 

1)

La clausola 5, punti 1 e 2, dell’accordo quadro riveduto sul congedo parentale allegato alla direttiva 2010/18/UE del Consiglio, dell’8 marzo 2010, che attua l’accordo quadro riveduto in materia di congedo parentale concluso da BUSINESSEUROPE, UEAPME, CEEP e CES e abroga la direttiva 96/34/CE, dev’essere interpretata nel senso che essa osta ad una normativa nazionale, come quella oggetto del procedimento principale, che subordini la promozione definitiva ad un posto di direzione nell’ambito di un rapporto di pubblico impiego alla condizione che il candidato selezionato effettui con successo un periodo di prova preliminare di due anni su tale posto e per effetto della quale, in una situazione in cui il candidato medesimo sia stato, per tutto o parte del periodo di prova, in congedo parentale, ivi trovandosi ancora, il periodo di prova di cui trattasi si concluda ex lege al termine di tale periodo di due anni, senza possibilità di proroga, ove l’interessato sia conseguentemente reintegrato, al momento del rientro dal congedo parentale, nelle funzioni di grado inferiore, sia dal punto di vista statutario che retributivo, occupate anteriormente alla sua ammissione al periodo di prova stesso. Il contrasto con tale clausola non può essere giustificato dall’obiettivo perseguito dal medesimo periodo di prova, consistente nel permettere la verifica dell’idoneità a ricoprire il posto di direzione.

 

2)

Spetta al giudice del rinvio, se necessario disapplicando la normativa nazionale oggetto del procedimento principale, verificare, come imposto dalla clausola 5, punto 1, dell’accordo quadro riveduto sul congedo parentale allegato alla direttiva 2010/18, se, in circostanze come quelle in esame nel procedimento principale, per il Land interessato, in qualità di datore di lavoro, fosse oggettivamente impossibile consentire all’interessata di ritornare allo stesso posto di lavoro al termine del congedo parentale e, in caso affermativo, garantire che a quest’ultima sia attribuito un posto di lavoro equivalente o analogo corrispondente al suo contratto o al suo rapporto di lavoro, senza che tale assegnazione di posto possa essere subordinata alla previa effettuazione di una nuova procedura di selezione. Spetta parimenti al giudice medesimo garantire che, al termine del congedo parentale, l’interessata possa proseguire, per lo stesso posto nel quale sia ritornata o che le sia stato assegnato ex novo, un periodo di prova a condizioni conformi ai requisiti dettati dalla clausola 5, punto 2, dell’accordo quadro riveduto.

 

Firme


( *1 ) Lingua processuale: il tedesco.

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