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Document 62005CJ0229

Sentenza della Corte (Prima Sezione) del 18 gennaio 2007.
Osman Ocalan, per conto del Kurdistan Workers' Party (PKK) e Serif Vanly, per conto del Kurdistan National Congress (KNK) contro Consiglio dell'Unione europea.
Ricorso contro una pronuncia del Tribunale di primo grado - Misure restrittive specifiche contro determinate persone ed entità nell'ambito della lotta contro il terrorismo - Ricorso di annullamento - Ricevibilità.
Causa C-229/05 P.

Raccolta della Giurisprudenza 2007 I-00439

ECLI identifier: ECLI:EU:C:2007:32

Causa C-229/05 P

Osman Ocalan, per conto del Kurdistan Workers’ Party (PKK)

e

Serif Vanly, per conto del Kurdistan National Congress (KNK)

contro

Consiglio dell’Unione europea

«Ricorso contro una pronuncia del Tribunale di primo grado — Misure restrittive specifiche contro determinate persone ed entità nell’ambito della lotta contro il terrorismo — Ricorso di annullamento — Ricevibilità»

Massime della sentenza

1.        Ricorso contro una pronuncia del Tribunale di primo grado — Motivi — Mera ripetizione dei motivi ed argomenti dedotti dinanzi al Tribunale — Mancata individuazione dell’errore di diritto invocato — Irricevibilità — Contestazione dell’interpretazione o dell’applicazione del diritto comunitario effettuata dal Tribunale — Ricevibilità

(Art. 225 CE)

2.        Ricorso contro una pronuncia del Tribunale di primo grado — Motivi — Errata valutazione dei fatti — Irricevibilità — Controllo da parte della Corte della valutazione degli elementi probatori — Esclusione, salvo il caso di snaturamento

(Art. 225 CE)

3.        Ricorso contro una pronuncia del Tribunale di primo grado — Motivi — Motivo dedotto per la prima volta in sede di impugnazione — Irricevibilità

(Regolamento di procedura della Corte, artt. 42, n. 2, e 118)

4.        Ricorso contro una pronuncia del Tribunale di primo grado — Motivi — Possibili argomenti — Restrizione

(Statuto della Corte di giustizia, art. 58; regolamento di procedura della Corte, art. 113, n. 2)

5.        Ricorso di annullamento — Persone fisiche o giuridiche — Atti che le riguardano direttamente e individualmente

(Art. 230, quarto comma, CE; regolamento del Consiglio n. 2580/2001)

6.        Diritto comunitario — Principi — Diritto a una tutela giurisdizionale effettiva

(Regolamento del Consiglio n. 2580/2001)

7.        Ricorso di annullamento — Persone fisiche o giuridiche — Legittimazione ad agire

(Art. 230, quarto comma, CE)

1.        Un ricorso di impugnazione è irricevibile se, senza nemmeno contenere un argomento specificamente finalizzato a individuare l’errore di diritto che caratterizzerebbe la decisione impugnata, si limita a ripetere o a riprodurre testualmente i motivi e gli argomenti già presentati dinanzi al Tribunale. Per contro, se un ricorrente contesta l’interpretazione o l’applicazione del diritto comunitario effettuata dal Tribunale, i punti di diritto esaminati in primo grado possono essere sollevati di nuovo nel corso del procedimento di impugnazione. Infatti, se un ricorrente non potesse basare l’impugnazione su motivi e argomenti già utilizzati dinanzi al Tribunale, tale procedimento sarebbe privato di una parte del suo significato.

(v. punto 32)

2.        Censure relative all’accertamento dei fatti e alla loro valutazione nella decisione impugnata sono ricevibili, in fase di impugnazione, qualora il ricorrente sostenga che il Tribunale ha accertato fatti la cui inesattezza materiale risulta da documenti del fascicolo o che ha snaturato gli elementi di prova ad esso sottoposti. Tale snaturamento sussiste quando, senza dover assumere nuove prove, la valutazione dei mezzi di prova disponibili risulta, in modo evidente, inesatta.

(v. punti 35, 37)

3.        Ai sensi dell’art. 118 del regolamento di procedura della Corte, l’art. 42, n. 2, del medesimo regolamento, che vieta in linea di principio la deduzione di motivi nuovi in corso di causa, si applica al procedimento dinanzi alla Corte avente ad oggetto un ricorso contro una pronuncia del Tribunale. Nell’ambito di un’impugnazione, la competenza della Corte è quindi limitata all’esame della valutazione compiuta dal Tribunale relativamente ai motivi discussi dinanzi ad esso.

(v. punto 61)

4.        Risulta dal combinato disposto degli artt. 58 dello Statuto della Corte di giustizia e 113, n. 2, del regolamento di procedura della Corte che, nell’ambito di un’impugnazione, il ricorrente può far valere ogni argomento rilevante, alla sola condizione che il ricorso di impugnazione non modifichi l’oggetto della controversia decisa dal Tribunale. Non esiste alcun obbligo che ogni argomento fatto valere in sede di impugnazione sia stato preliminarmente oggetto di una discussione in primo grado. Una restrizione in tal senso avrebbe l’effetto di privare il procedimento di impugnazione di una parte importante del suo significato.

(v. punto 66)

5.        I diritti fondamentali fanno parte integrante dei principi generali del diritto dei quali la Corte garantisce l’osservanza. A tal fine, la Corte si ispira alle tradizioni costituzionali comuni degli Stati membri e alle indicazioni fornite dai trattati internazionali relativi alla tutela dei diritti dell’uomo a cui gli Stati membri hanno cooperato o aderito. La Convenzione europea dei diritti dell’uomo (CEDU) riveste, a questo proposito, un particolare significato. Orbene, la giurisprudenza della Corte europea dei diritti dell’uomo, al suo stato attuale, sembra indicare che un’organizzazione che non figura nell’elenco delle persone, dei gruppi e delle entità cui si applicano le misure restrittive previste dal regolamento n. 2580/2001, relativo a misure restrittive specifiche, contro determinate persone e entità, destinate a combattere il terrorismo, non potrebbe dimostrare di avere lo status di vittima ai sensi dell’art. 34 della CEDU e non sarebbe quindi legittimata a rivolgersi a tale giudice.

Di conseguenza, quando, secondo il giudice comunitario, una decisione non riguarda individualmente un’organizzazione del genere ai sensi dell’art. 230, quarto comma, CE, come interpretato dalla giurisprudenza, e quando il ricorso d’annullamento proposto da tale organizzazione è quindi irricevibile, non sussiste alcuna contraddizione tra la CEDU e il detto art. 230, quarto comma, CE.

(v. punti 74, 76, 82-83)

6.        La Comunità europea è una comunità di diritto le cui istituzioni sono soggette al controllo della conformità dei loro atti al Trattato  e ai principi generali del diritto, tra i quali rientrano i diritti fondamentali. Pertanto, i singoli devono poter beneficiare di una tutela giurisdizionale effettiva dei diritti riconosciuti loro dall’ordinamento giuridico comunitario, poiché il diritto a detta tutela fa parte dei principi generali del diritto che derivano dalle tradizioni costituzionali comuni degli Stati membri. Tale diritto è stato anche sancito dagli artt. 6 e 13 della Convenzione europea dei diritti dell’uomo.

A questo proposito, per quanto riguarda il regolamento n. 2580/2001, relativo a misure restrittive specifiche, contro determinate persone e entità, destinate a combattere il terrorismo, l’effettività di tale protezione giurisdizionale è tanto più importante dal momento che le misure restrittive previste dal detto regolamento comportano conseguenze gravi. Non soltanto a una persona, un gruppo o un’entità cui tale regolamento si applica è precluso effettuare tutti i tipi di operazioni e servizi finanziari, ma la loro reputazione e azione politica sono danneggiate dal fatto che essi vengano qualificati come terroristi.

Ai sensi dell’art. 2, n. 3, del regolamento n. 2580/2001, in combinato disposto con l’art. 1, nn. 4-6, della posizione comune 2001/931, una persona, un gruppo o un’entità possono essere inclusi nell’elenco delle persone, dei gruppi e delle entità cui si applica il regolamento solo in presenza di taluni elementi probanti, e con riserva dell’identificazione precisa delle persone, dei gruppi e delle entità interessate. È inoltre precisato che il nome di una persona, di un gruppo o di un’entità non può essere mantenuto in tale elenco senza un riesame periodico della sua situazione da parte del Consiglio. Tutti questi elementi devono essere controllabili da parte di un giudice.

Ne deriva che, se il legislatore comunitario ritiene che un’entità abbia un’esistenza sufficiente per essere oggetto delle misure restrittive previste dal regolamento n. 2580/2001, la coerenza e la giustizia impongono di riconoscere che detta entità gode di un’esistenza sufficiente per contestare tali misure. Ogni altra conclusione avrebbe la conseguenza che un’organizzazione potrebbe essere inclusa nell’elenco delle persone, dei gruppi e delle entità cui si applica il detto regolamento senza poter proporre un ricorso contro tale inclusione.

(v. punti 109-112)

7.        Le disposizioni dello Statuto della Corte di giustizia, in particolare il suo art. 21, del regolamento di procedura della Corte, in particolare il suo art. 38, e del regolamento di procedura del Tribunale, in particolare il suo art. 44, non sono state concepite in funzione della proposizione di ricorsi da parte di organizzazioni prive di personalità giuridica. In tale situazione eccezionale le regole di procedura che disciplinano la ricevibilità di un ricorso di annullamento devono essere applicate adattandole nella misura necessaria alle circostanze del caso di specie. Si tratta, infatti, di evitare un formalismo eccessivo che condurrebbe a negare ogni possibilità di agire per l’annullamento anche nel caso in cui l’entità in questione sia stata oggetto di misure restrittive comunitarie.

(v. punto 114)




SENTENZA DELLA CORTE (Prima Sezione)

18 gennaio 2007 (*)

«Ricorso contro una pronuncia del Tribunale di primo grado – Misure restrittive specifiche contro determinate persone ed entità nell’ambito della lotta contro il terrorismo – Ricorso di annullamento – Ricevibilità»

Nel procedimento C‑229/05 P,

avente ad oggetto un ricorso di impugnazione ai sensi dell’art. 56 dello Statuto della Corte di giustizia, proposto il 9 maggio 2005,

Osman Ocalan, per conto del Kurdistan Workers’ Party (PKK),

Serif Vanly, per conto del Kurdistan National Congress (KNK),

rapresentati dal sig. M. Muller, QC, dai sigg. E. Grieves e P. Moser, barristers, e dalla sig.ra  J.G. Peirce, solicitor,

ricorrenti,

procedimento in cui le altre parti sono:

Consiglio dell’Unione europea, rappresentato dalla sig.ra E. Finnegan e dal sig. M. Bishop, in qualità di agenti,

convenuto in primo grado

Regno Unito di Gran Bretagna e Irlanda del Nord, rappresentato dalla sig.ra R. Caudwell, in qualità di agente, con domicilio eletto in Lussemburgo,

Commissione delle Comunità europee,

intervenienti in primo grado,

LA CORTE (Prima Sezione),

composta dal sig. P. Jann, presidente di sezione, dai sigg. K. Lenaerts, E. Juhász, J.N. Cunha Rodrigues (relatore) e M. Ilešič, giudici,

avvocato generale: sig.ra J. Kokott

cancelliere: sig. J. Swedenborg, amministratore

vista la fase scritta del procedimento e in seguito alla trattazione orale del 14 settembre 2006,

sentite le conclusioni dell’avvocato generale, presentate all’udienza del 27 settembre 2006,

ha pronunciato la seguente

Sentenza

1        Con il loro ricorso di impugnazione, il sig. Osman Ocalan, per conto del Kurdistan Workers’ Party (PKK) (Partito dei lavoratori del Kurdistan), e il sig. Serif Vanly, per conto del Kurdistan National Congress (KNK) (Congresso nazionale del Kurdistan), chiedono l’annullamento dell’ordinanza del Tribunale di primo grado delle Comunità europee 15 febbraio 2005, causa T‑229/02, PKK e KNK/Consiglio (Racc. pag. II‑539; in prosieguo: l’«ordinanza impugnata»), con la quale è stato dichiarato irricevibile il loro ricorso per l’annullamento delle decisioni del Consiglio 2 maggio 2002, 2002/334/CE, che attua l’articolo 2, paragrafo 3 del regolamento (CE) n. 2580/2001 relativo a misure restrittive specifiche, contro determinate persone e entità, destinate a combattere il terrorismo, e che abroga la decisione 2001/927/CE (GU L 116, pag. 33) e 17 giugno 2002, 2002/460/CE, che attua l’articolo 2, paragrafo 3, del regolamento (CE) n. 2580/2001 relativo a misure restrittive specifiche, contro determinate persone e entità, destinate a combattere il terrorismo, e che abroga la decisione 2002/334/CE (GU L 160, pag. 26).

 Contesto normativo

 La Convenzione europea per la salvaguardia dei diritti dell’uomo e delle libertà fondamentali

2        L’art. 6 della Convenzione europea per la salvaguardia dei diritti dell’uomo e delle libertà fondamentali, firmata a Roma il 4 novembre 1950 (in prosieguo: la «CEDU»), rubricato «Diritto ad un processo equo», così prevede:

«1      Ogni persona ha diritto ad un’equa e pubblica udienza entro un termine ragionevole, davanti a un tribunale indipendente e imparziale costituito per legge, al fine della determinazione sia dei suoi diritti e dei suoi doveri di carattere civile, sia della fondatezza di ogni accusa penale che gli venga rivolta. La sentenza deve essere resa pubblicamente, ma l’accesso alla sala d’udienza può essere vietato alla stampa e al pubblico durante tutto o una parte del processo nell’interesse della morale, dell’ordine pubblico o della sicurezza nazionale in una società democratica, quando lo esigono gli interessi dei minori o la tutela della vita privata delle parti nel processo, nella misura giudicata strettamente necessaria dal tribunale quando, in speciali circostanze, la pubblicità potrebbe pregiudicare gli interessi della giustizia.

(…)».

3        L’art. 13 della CEDU, rubricato «Diritto ad un ricorso effettivo», dispone quanto segue:

«Ogni persona i cui diritti e le cui libertà riconosciuti nella presente Convenzione siano stati violati, ha diritto a un ricorso effettivo davanti a un’istanza nazionale, anche quando la violazione sia stata commessa da persone agenti nell’esercizio delle loro funzioni ufficiali».

4        L’art. 34 della CEDU, rubricato «Ricorsi individuali», è del seguente tenore:

«La Corte [europea dei diritti dell’uomo] può essere adita per ricorsi presentati da ogni persona fisica, ogni organizzazione non governativa o gruppo di individui che pretenda di essere vittima di una violazione da parte di una delle Alte Parti contraenti dei diritti riconosciuti dalla Convenzione o dai suoi Protocolli. Le Alte Parti contraenti si impegnano a non impedire in alcun modo l’esercizio effettivo di questo diritto».

 Diritto comunitario

5        Il 27 dicembre 2001, ritenendo che fosse necessaria un’azione della Comunità al fine di attuare la risoluzione n. 1373 (2001) del Consiglio di sicurezza delle Nazioni Unite, il Consiglio dell’Unione europea ha adottato le posizioni comuni 2001/930/PESC, relativa alla lotta al terrorismo (GU L 344, pag. 90) e 2001/931/PESC, relativa all’applicazione di misure specifiche per la lotta al terrorismo (GU L 344, pag. 93).

6        L’art. 1 della posizione comune 2001/931 così prevede:

«1.       La presente posizione comune si applica, in conformità delle disposizioni dei seguenti articoli, alle persone, gruppi ed entità, elencati nell’allegato, coinvolti in atti terroristici.

(…)

4.      L’elenco è redatto sulla base di informazioni precise o di elementi del fascicolo da cui risulta che un’autorità competente ha preso una decisione nei confronti delle persone, gruppi ed entità interessati, si tratti dell’apertura di indagini o di azioni penali per un atto terroristico, il tentativo di commetterlo, la partecipazione a tale atto o la sua agevolazione, basate su prove o indizi seri e credibili, o si tratti di una condanna per tali fatti. Nell’elenco possono essere inclusi persone, gruppi ed entità individuati dal Consiglio di sicurezza delle Nazioni Unite come collegati al terrorismo e contro i quali esso ha emesso sanzioni.

Ai fini dell’applicazione del presente paragrafo, per “autorità competente” s’intende un’autorità giudiziaria o, se le autorità giudiziarie non hanno competenza nel settore di cui al presente paragrafo, un’equivalente autorità competente nel settore.

5.      Il Consiglio si adopera affinché nell’elenco, in allegato, delle persone fisiche e giuridiche, dei gruppi o delle entità siano inseriti dettagli sufficienti a consentire l’effettiva identificazione di esseri umani, persone giuridiche, entità o organismi, in modo da discolpare più agevolmente coloro che hanno un nome identico o simile.

6.      I nomi delle persone ed entità riportati nell’elenco in allegato sono riesaminati regolarmente almeno una volta per semestre onde accertarsi che il loro mantenimento nell’elenco sia giustificato».

7        L’art. 2 della posizione comune 2001/931 dispone quanto segue:

«La Comunità europea, nei limiti dei poteri che le sono conferiti dal trattato che istituisce la Comunità europea, ordina il congelamento dei capitali e delle altre risorse finanziarie o economiche delle persone, gruppi ed entità elencati nell’allegato».

8        Il 27 dicembre 2001 il Consiglio ha adottato il regolamento (CE) n. 2580/2001, relativo a misure restrittive specifiche, contro determinate persone ed entità, destinate a combattere il terrorismo (GU L 344, pag. 70).

9        Ai sensi dell’art. 2 di tale regolamento:

«1.      Fatte salve le disposizioni degli articoli 5 e 6:

a)      tutti i capitali, le altre attività finanziarie e le risorse economiche di cui una persona fisica o giuridica, gruppo o entità ricompresi nell’elenco di cui al paragrafo 3 detenga la proprietà o il possesso sono congelati;

b)      è vietato mettere, direttamente o indirettamente, a disposizione delle persone fisiche o giuridiche, gruppi o entità ricompresi nell’elenco di cui al paragrafo 3, capitali, altre attività finanziarie e risorse economiche.

2.      Fatti salvi gli articoli 5 e 6, è vietata la prestazione di servizi finanziari destinati alle persone fisiche o giuridiche, gruppi o entità ricompresi nell’elenco di cui al paragrafo 3.

3.      Il Consiglio, deliberando all’unanimità, elabora, riesamina e modifica l’elenco di persone, gruppi o entità ai quali si applica il presente regolamento in conformità delle disposizioni di cui all’articolo 1, paragrafi 4, 5 e 6 della posizione comune 2001/931/PESC. Tale elenco include:

i)      persone che commettono o tentano di commettere atti terroristici, che partecipano alla loro esecuzione o che la facilitano;

ii)      persone giuridiche, gruppi o entità che commettono o tentano di commettere atti terroristici, che partecipano alla loro esecuzione o che la facilitano;

iii)      persone giuridiche, gruppi o entità di proprietà o sotto il controllo di una o più delle persone fisiche o giuridiche, dei gruppi e delle entità di cui ai punti i) e ii);

iv)      persone fisiche o giuridiche, gruppi o entità che agiscano per conto o su incarico di una o più persone fisiche o giuridiche, gruppi o entità di cui ai punti i) e ii)».

 Fatti all’origine della controversa

10      L’ordinanza impugnata contiene le affermazioni seguenti:

«1      Risulta dal fascicolo che il [PKK] è sorto nel 1978 e ha intrapreso una lotta armata contro il governo turco per il riconoscimento del diritto dei curdi all’autodeterminazione. Secondo la testimonianza scritta del sig. [Osman] Ocalan, nel luglio 1999 il PKK avrebbe dichiarato un cessate il fuoco unilaterale, con riserva del diritto all’autodifesa. Secondo la stessa testimonianza, nell’aprile 2002, per riflettere questo nuovo orientamento, il congresso del PKK avrebbe deciso che “tutte le attività esercitate sotto il nome di ‘PKK’ sarebbero cessate il 4 aprile 2002 e tutte le attività condotte in nome del PKK sarebbero state considerate illegittime” (allegato 2 del ricorso, punto 16). Un nuovo gruppo, il Kongreya AzadÓ š Demokrasiya Kurdistan (Congresso per la democrazia e la libertà del Kurdistan – KADEK), è stato costituito al fine di raggiungere in maniera democratica obiettivi politici in nome della minoranza curda. Il sig. [Abdullah] Ocalan è stato nominato presidente del KADEK.

2      Il [KNK] è una federazione che raggruppa una trentina di organizzazioni. Il KNK ha l’obiettivo di “rafforzare l’unità e la cooperazione dei curdi in tutte le parti del Kurdistan e di sostenere la loro battaglia alla luce degli interessi superiori della nazione curda” (art. 7, lett. A, della carta costitutiva del KNK). Secondo la testimonianza scritta del sig. [Serif] Vanly, presidente del KNK, il dirigente onorario del PKK è stato tra coloro che hanno favorito la creazione del KNK. Il PKK era membro del KNK e i singoli membri del PKK finanziavano in parte il KNK».

11      Il 2 maggio 2002 il Consiglio ha adottato la decisione 2002/334/CE. Tale decisione ha incluso il PKK nell’elenco previsto dall’art. 2, n. 3, del regolamento n. 2580/2001 (in prosieguo: l’«elenco controverso»).

12      Con atto introduttivo iscritto a ruolo con il numero T‑206/02, il KNK ha proposto un ricorso di annullamento contro la decisione 2002/334. Il Tribunale ha dichiarato tale ricorso irricevibile con ordinanza 15 febbraio 2005. Tale ordinanza non è stata impugnata.

13      Il 17 giugno 2002 il Consiglio ha adottato la decisione 2002/460. Tale decisione ha mantenuto il PKK nell’elenco controverso. Successivamente tale elenco è stato regolarmente aggiornato con varie decisioni del Consiglio.

 Procedimento dinanzi al Tribunale

14      Con atto introduttivo depositato nella cancelleria del Tribunale il 31 luglio 2002, il PKK, rappresentato dal sig. Osman Ocalan, e il KNK, rappresentato dal sig. Serif Vanly, hanno proposto un ricorso per l’annullamento delle decisioni 2002/334 e 2002/460. Tale ricorso è stato iscritto a ruolo con il numero T‑229/02.

15      Detto ricorso era accompagnato da una procura, in nome del PKK, il cui testo è il seguente:

«Con la presente, il sottoscritto Osman Ocalan, già membro e in nome dell’organizzazione precedentemente nota come PKK, delega

Mark Muller, avvocato in 10-11 Gray’s Inn Square

Edward Grieves, avvocato in 10-11 Gray’s Inn Square

Gareth Pierce, associato dello studio legale Birnberg Pierce

a predisporre e presentare un ricorso dinanzi al Tribunale di primo grado delle Comunità europee per l’annullamento della decisione 2002/334 e del regolamento n. 2580/2001, nonché ad intraprendere ogni altra attività necessaria a tal fine, ivi compresa la delega dell’intera materia ad un altro soggetto, la richiesta di misure cautelari e la proposizione di un ricorso di impugnazione eventualmente necessario dinanzi alla Corte di giustizia delle Comunità europee».

16      Con atto depositato il 27 novembre 2002, il Consiglio ha sollevato un’eccezione di irricevibilità ai sensi dell’art. 114, n. 1, del regolamento di procedura del Tribunale. Il Regno Unito di Gran Bretagna e Irlanda del Nord e la Commissione delle Comunità europee sono stati ammessi a intervenire a sostegno del Consiglio. La Commissione ha proposto osservazioni sull’eccezione di irricevibilità, mentre il Regno Unito vi ha rinunciato.

17      Pronunciandosi su tale eccezione di irricevibilità, il Tribunale ha dichiarato il ricorso irricevibile con l’ordinanza impugnata.

 L’ordinanza impugnata

18      Per quanto riguarda il ricorso proposto dal sig. Osman Ocalan per conto del PKK, il Tribunale lo ha dichiarato irricevibile con la motivazione seguente:

«27      Occorre, anzitutto, constatare che il PKK dev’essere considerato come direttamente e individualmente interessato dalle decisioni [2002/334 e 2002/460], dal momento che è nominato in esse.

28      Si deve in seguito precisare che le norme che disciplinano la ricevibilità di un ricorso di annullamento proposto da una persona che figura sull’elenco controverso – cioè l’elenco delle persone, gruppi ed entità cui si applicano misure restrittive destinate a combattere il terrorismo – devono essere interpretate in base alle circostanze del caso di specie. Infatti, con riferimento in particolare a tali gruppi o entità, può verificarsi che questi ultimi non siano legalmente esistenti, o non fossero in grado di rispettare le norme di diritto normalmente applicabili alle persone giuridiche. Pertanto un formalismo eccessivo porterebbe a negare, in determinati casi, ogni possibilità di proporre un ricorso di annullamento anche quando tali gruppi ed entità siano stati oggetto di misure restrittive comunitarie.

(…)

32      In conformità ai principi esposti al precedente punto 28, il sig. [Osman] Ocalan, persona fisica, ha il diritto di dimostrare, con ogni mezzo di prova, che egli agisce validamente in nome della persona giuridica, il PKK, di cui sostiene di essere il rappresentante. Tuttavia, tali prove devono almeno dimostrare che il PKK aveva realmente l’intenzione di proporre il presente ricorso e che esso non è stato strumentalizzato da un terzo, anche nel caso in cui quest’ultimo fosse uno dei suoi membri.

33      Occorre altresì precisare che non spetta al Tribunale pronunciarsi, nell’ambito del presente esame della ricevibilità del ricorso, sull’effettiva esistenza del PKK. Nell’ambito di tale esame si tratta soltanto di stabilire se il sig. [Osman] Ocalan abbia la capacità di presentare un ricorso per conto del PKK.

34      In primo luogo, si deve notare che il ricorso è formalmente presentato dal sig. [Osman] Ocalan per conto («on behalf») del PKK.

35      In secondo luogo, si deve constatare che i ricorrenti affermano con decisione che il PKK è stato sciolto nell’aprile 2002. Inoltre, secondo la testimonianza del sig. [Osman] Ocalan presentata in allegato al ricorso, il congresso del PKK che ha pronunciato il suo scioglimento avrebbe contemporaneamente rilasciato la dichiarazione secondo la quale «tutte le attività condotte in nome del PKK saranno [ormai] considerate illegittime».

36      In terzo luogo, si deve constatare che negli scritti dei ricorrenti il sig. [Osman] Ocalan è sempre menzionato soltanto quale rappresentante del PKK. In particolare, non si asserisce mai che egli potrebbe avere un qualunque interesse individuale all’annullamento delle decisioni [2002/334 e 2002/460].

37      Lungi dal dimostrare la legittimazione giuridica del sig. [Osman] Ocalan a rappresentare il PKK, i ricorrenti affermano al contrario che quest’ultimo non esiste più. Orbene, è impossibile ammettere che una persona giuridica estinta possa, in quanto tale, validamente designare un rappresentante.

38      L’impossibilità di ammettere che il sig. [Osman] Ocalan rappresenti validamente il PKK viene inoltre avallata dalla sua stessa testimonianza, secondo la quale qualsiasi azione in nome del PKK sarebbe illegittima dopo l’aprile 2002. Secondo tale testimonianza, l’azione che il sig. [Osman] Ocalan afferma di condurre in nome del PKK sarebbe stata dichiarata illegittima dal suo stesso mandante.

39      Pertanto, i ricorrenti pongono il Tribunale di fronte alla paradossale situazione in cui la persona fisica che si presume rappresenti una persona giuridica non solo non può dimostrare di rappresentarla validamente, ma, inoltre, espone le ragioni per le quali essa non può rappresentarla.

40      Quanto all’argomento dei ricorrenti fondato sull’inesistenza di altri mezzi di ricorso, esso non può portare a ritenere ammissibile il ricorso di chiunque intenda difendere gli interessi di un terzo.

41      Il Tribunale deve pertanto constatare che il sig. [Osman] Ocalan ha, di sua propria iniziativa, proposto un ricorso per conto del PKK. Pertanto, il ricorso presentato dal sig. [Osman] Ocalan per conto del PKK è irricevibile».

19      Per quanto riguarda il ricorso proposto dal sig. Serif Vanly per conto del KNK, il Tribunale lo ha dichiarato irricevibile per i motivi seguenti:

«43      (…) il KNK ha già impugnato la decisione 2002/334 nel suo ricorso registrato con il numero T‑206/02. Pertanto, data l’identità di oggetto, di causa e di parti, il presente ricorso, nella parte in cui il KNK impugna la decisione 2002/334, è irricevibile a causa dell’eccezione di litispendenza.

(…)

45      Riguardo al ricorso proposto dal KNK contro la decisione 2002/460, da una giurisprudenza costante risulta che un’associazione costituita per promuovere gli interessi collettivi di una categoria di soggetti non può considerarsi individualmente interessata, ai sensi dell’art. 230, quarto comma, CE, da un atto che incida sugli interessi generali di tale categoria e, di conseguenza, non è legittimata a presentare un ricorso di annullamento quando non possano esserlo a titolo individuale i suoi membri (sentenza della Corte 14 dicembre 1962, cause riunite da 19/62 a 22/62, Fédération nationale de la boucherie en gros et du commerce en gros des viandes e a./Consiglio, Racc. pag. 915, in particolare pag. 932, e sentenza del Tribunale 21 marzo 2001, causa T‑69/96, Hamburger Hafen- und Lagerhaus e a./Commissione, Racc. pag. II‑1037, punto 49).

46      Nel caso di specie si deve constatare che, secondo l’art. 7, lett. A, della carta costitutiva del KNK, quest’ultimo ha lo scopo di rafforzare l’unità e la cooperazione dei curdi in tutte le parti del Kurdistan e di sostenere la loro battaglia alla luce dei superiori interessi della nazione curda. Il KNK dev’essere quindi considerato come un’associazione costituita per promuovere gli interessi collettivi di una categoria di soggetti.

47      Tale conclusione è altresì dimostrata dall’argomento dei ricorrenti secondo il quale l’iscrizione del PKK [sull’elenco] ha “effetti demoralizzanti” sulla capacità del KNK di perseguire tale finalità. Ai sensi della giurisprudenza precedentemente ricordata, esso non può essere interessato a tal titolo in modo individuale.

48      Occorre in seguito verificare se il KNK può far valere il fatto che uno o più dei suoi membri siano legittimati a presentare un ricorso di annullamento della decisione [2002/460].

49      Con riferimento al PKK, si deve constatare che i ricorrenti, nell’asserire che quest’ultimo non esiste più, riconoscono quanto meno che il PKK non è più membro del KNK. Al riguardo non si può ammettere che la passata appartenenza di una persona ad un’associazione consenta a quest’ultima di avvalersi dell’eventuale azione di questa persona. Infatti, accettare un tale ragionamento equivarrebbe ad offrire ad un’associazione una sorta di legittimazione ad agire perpetua, e ciò nonostante tale associazione non possa più sostenere di rappresentare gli interessi del suo ex membro.

50      Riguardo al KADEK, i ricorrenti invocano il fatto, in sostanza, che esso, membro potenziale del KNK, sarebbe leso dalla decisione 2002/460 al punto di non poter aderire a quest’ultimo. Anche supponendo che il KADEK fosse stato legittimato ad impugnare la decisione 2002/460 alla data di proposizione del presente ricorso, ciò che appare possibile, in particolare se esso poteva essere considerato come il successore di diritto e/o di fatto del PKK, il KNK non può far valere l’appartenenza del KADEK alla sua organizzazione, in quanto esso non ne fa parte.

51      I ricorrenti sostengono infine che il KNK nonché i suoi membri in generale sono individualmente interessati per il motivo che le loro attività sarebbero limitate dal timore di vedere congelati i loro capitali in caso di collaborazione con un organismo inserito nell’elenco controverso. Si deve ricordare al riguardo che il divieto stabilito dalla decisione [2002/460] di porre fondi a disposizione del PKK ha una portata generale in quanto esso s’indirizza a tutti i soggetti di diritto della Comunità europea. La decisione [2002/460] si applica così a situazioni oggettivamente determinate e comporta effetti giuridici nei confronti di categorie di persone considerate in modo generale e astratto (v., in tal senso, sentenza della Corte 6 ottobre 1982, causa 307/81, Alusuisse Italia/Consiglio e Commissione, Racc. pag. 3463, punto 9).

52      Si deve ricordare che una persona fisica o giuridica può asserire di essere individualmente interessata da un atto di portata generale soltanto qualora quest’ultimo la riguardi a motivo di determinate qualità personali ovvero di circostanze atte a distinguerla dalla generalità (sentenze della Corte 15 luglio 1963, causa 25/62, Plaumann/Commissione, Racc. pag. 195, in particolare pag. 220, e del Tribunale 27 aprile 1995, causa T‑12/93, CCE de Vittel e a./Commissione, Racc. pag. II‑1247, punto 36). Orbene, il KNK e i suoi membri sono vincolati al rispetto del divieto imposto dalla decisione [2002/460] riguardo al PKK al pari di tutte le altre persone nella Comunità. Il fatto che, a causa delle loro opinioni politiche, il KNK e i suoi membri siano portati a risentire più di altri degli effetti di tale divieto non è tale da distinguerli rispetto a qualsiasi altra persona nella Comunità. Infatti, la circostanza che un atto di portata generale possa avere effetti concreti diversi per i vari soggetti di diritto ai quali si applica non porta a distinguere questi ultimi dalla generalità degli interessati, dato che l’applicazione di tale atto si svolge in forza di una situazione determinata oggettivamente (v. sentenza del Tribunale 22 febbraio 2000, causa T‑138/98, ACAV e a./Consiglio, Racc. pag. II‑341, punto 66, e la giurisprudenza citata).

(…)

56      Poiché il KNK non può far valere la circostanza che uno dei suoi membri è legittimato a presentare un ricorso di annullamento contro la decisione [2002/460], si deve concludere che esso non è individualmente interessato da quest’ultima.

57      Di conseguenza, il ricorso, in quanto presentato dal KNK contro la decisione 2002/460, è irricevibile».

 Procedimento dinanzi alla Corte e conclusioni delle parti

20      Con atto introduttivo depositato nella cancelleria della Corte il 9 maggio 2005, il sig. Osman Ocalan, per conto del PKK, e il sig. Serif Vanly, per conto del KNK, hanno proposto un ricorso contro l’ordinanza impugnata. Essi chiedono alla Corte di annullare tale ordinanza e di dichiarare ricevibile il ricorso proposto dal sig. Osman Ocalan per conto del PKK e dal sig. Serif Vanly per conto del KNK, condannando il Consiglio alle spese del procedimento sulla ricevibilità.

21      In allegato al ricorso di impugnazione i ricorrenti hanno depositato una dichiarazione di data 9 maggio 2005 del sig. Mark Muller, uno degli avvocati che li rappresentano nel presente procedimento, il cui tenore è il seguente:

«1.      Con la presente, io sottoscritto Mark Muller confermo di rappresentare Abdullah Ocalan in un procedimento pendente dinanzi alla Corte europea dei diritti dell’uomo.

2.      Nel corso di tale procedimento ho visitato regolarmente il sig. [Abdullah] Ocalan nel carcere dell’isola di Imrali in Turchia. Confermo che, prima di introdurre il presente ricorso dinanzi al Tribunale di primo grado, il sig. [Abdullah] Ocalan mi ha incaricato di contestare la messa al bando del PKK in Europa. Ho inoltre avuto l’occasione di incontrare in Europa altri autorevoli rappresentanti del PKK e dell’organizzazione che si ritiene sia succeduta ad esso, il KADEK. Ancora una volta sono stato incaricato di avviare il presente procedimento.

3.      Al fine di rispettare il regolamento di procedura del Tribunale ho chiesto il rilascio di una procura da parte del sig. Osman Ocalan, che era all’epoca un autorevole esponente sia dell’organizzazione precedentemente nota come PKK che del KADEK.

4.      Se il Tribunale avesse chiesto chiarimenti su tale punto avrei immediatamente preso provvedimenti per ottenere tutte le prove necessarie per confermare le affermazioni precedenti. Non ho ritenuto ciò necessario dal momento che il Tribunale aveva accettato il mandato depositato e aveva notificato il ricorso alla parte convenuta».

22      Il Consiglio chiede alla Corte di dichiarare irricevibile il ricorso dei due ricorrenti o, in via subordinata, di respingerlo in quanto infondato, eventualmente rimettendo la causa al Tribunale, nonché di condannare i ricorrenti alle spese.

23      La Commissione e il Regno Unito, parti intervenienti in primo grado, non hanno presentato osservazioni scritte.

 Sull’impugnazione

 Sulla ricevibilità del ricorso proposto dal sig. Osman Ocalan per conto del PKK

24      Il sig. Osman Ocalan, agente per conto del PKK (in prosieguo: il «primo ricorrente»), espone sette motivi a sostegno della sua impugnazione. È necessario esaminare innanzitutto il quarto motivo.

 Sul quarto motivo

–       Argomenti delle parti

25      Con il quarto motivo il primo ricorrente sostiene che il Tribunale ha snaturato gli elementi di prova da esso presentati circa lo scioglimento del PKK. Una lettura attenta della dichiarazione del sig. Osman Ocalan presentata al Tribunale non consentirebbe di concludere che il PKK è stato sciolto ad ogni effetto, ivi compresa la sua legittimazione per contestare la sua messa al bando. Al contrario, il sig. Osman Ocalan farebbe in tale sede costante riferimento alla persistenza del PKK e alla creazione, da parte di questo, di un’organizzazione collegata, il KADEK. Il Tribunale avrebbe pertanto male interpretato gli elementi di prova relativi allo scioglimento del PKK e alla sua esistenza.

26      Il Consiglio sostiene, in via principale, che il quarto motivo è irricevibile dal momento che, da un lato, esso consiste in una ripetizione di quanto sostenuto in primo grado e, dall’altro, esso riguarda un accertamento di fatto del Tribunale, vale a dire la circostanza che il PKK non poteva avere validamente indicato il sig. Osman Ocalan come suo rappresentante ai fini del procedimento di primo grado.

27      In via subordinata, il Consiglio sostiene che il motivo è manifestamente infondato.

28      In primo luogo, il Tribunale avrebbe esplicitamente affermato, al punto 33 dell’ordinanza impugnata, che non gli spettava pronunciarsi sulla realtà dell’esistenza del PKK. Il problema a cui il Tribunale ha dato risposta negativa sarebbe stato semplicemente quello di determinare se il sig. Osman Ocalan potesse proporre un ricorso per conto del PKK.

29      Sarebbero i ricorrenti stessi ad aver dichiarato che il PKK era stato ufficialmente sciolto. Il punto 16 della dichiarazione del sig. Osman Ocalan allegata al ricorso di primo grado indicherebbe chiaramente che tutte le attività svolte in nome del PKK dovrebbero ritenersi illegittime a partire dal 4 aprile 2002.

30      Le affermazioni del primo ricorrente sarebbero inoltre sotto vari aspetti confuse. Ad esempio, al punto 25 del ricorso di impugnazione si afferma che il sig. Osman Ocalan ha presentato il ricorso per conto di un’organizzazione che continua ad esistere e che era, fino a tale momento, denominata PKK. Tale dichiarazione farebbe intendere che il ricorso è in effetti proposto per conto di un’altra organizzazione, non indicata, che non è più il PKK stesso. Tuttavia, il ricorso non indicherebbe di quale organizzazione si potrebbe trattare.

31      Infine, il Tribunale avrebbe compiuto un esame minuzioso degli argomenti presentati dai ricorrenti. Il Consiglio ritiene che la conclusione a cui è pervenuto il Tribunale ai punti 37-41 dell’ordinanza impugnata, secondo la quale il PKK non poteva validamente indicare un rappresentante, sia giustificata alla luce degli elementi di prova a sua disposizione, e sostiene che il primo ricorrente non ha fatto valere, nell’ambito del presente ricorso di impugnazione, alcun nuovo argomento in grado di mettere in dubbio tale conclusione.

–       Giudizio della Corte

32      Secondo la giurisprudenza della Corte, un ricorso di impugnazione è irricevibile se, senza nemmeno contenere un argomento specificamente finalizzato a individuare l’errore di diritto che caratterizzerebbe la decisione impugnata, si limita a ripetere o a riprodurre testualmente i motivi e gli argomenti già presentati dinanzi al Tribunale. Per contro, se un ricorrente contesta l’interpretazione o l’applicazione del diritto comunitario effettuata dal Tribunale, i punti di diritto esaminati in primo grado possono essere sollevati di nuovo nel corso del procedimento di impugnazione. Infatti, se un ricorrente non potesse basare l’impugnazione su motivi e argomenti già utilizzati dinanzi al Tribunale, tale procedimento sarebbe privato di una parte del suo significato (v., in tal senso, sentenza 22 giugno 2006, causa C‑25/05 P, Storck/UAMI, Racc. pag. I‑5719, punti 47 e 48, e giurisprudenza ivi citata).

33      Il quarto motivo rileva che il Tribunale ha errato affermando che il sig. Osman Ocalan aveva sostenuto l’incapacità del PKK di presentare un ricorso. Tale motivo contiene una critica specifica dell’ordinanza impugnata. Esso riguarda inoltre un’affermazione compiuta dal Tribunale nell’ordinanza stessa, cosicché esso non avrebbe potuto essere proposto in primo grado.

34      Deve pertanto essere respinto, in quanto infondato, l’argomento del Consiglio mirante al rigetto del quarto motivo per il fatto che lo stesso rappresenterebbe una ripetizione di tesi sostenute in primo grado.

35      Quanto all’argomento del Consiglio secondo il quale il quarto motivo è irricevibile poiché riguarda un accertamento di fatto del Tribunale, si deve ricordare che, secondo la giurisprudenza della Corte, censure relative all’accertamento dei fatti e alla loro valutazione nella decisione impugnata sono ricevibili, in fase di impugnazione, qualora il ricorrente sostenga che il Tribunale ha accertato fatti la cui inesattezza materiale risulta da documenti del fascicolo o che ha snaturato gli elementi di prova ad esso sottoposti (v., in tal senso, sentenza 24 ottobre 2002, causa C‑82/01 P, Aéroports de Paris/Commissione, Racc. pag. I‑9297, punto 56). Orbene, tale è la situazione nel presente caso.

36      Il motivo è di conseguenza ricevibile.

37      Quanto al fondamento del motivo, si deve verificare se il Tribunale abbia snaturato taluni elementi di prova. Come ha indicato l’avvocato generale al paragrafo 42 delle sue conclusioni, tale snaturamento sussiste quando, senza dover assumere nuove prove, la valutazione dei mezzi di prova disponibili risulta, in modo evidente, inesatta (v., in tal senso, sentenza 6 aprile 2006, causa C‑551/03 P, General Motors/Commissione, Racc. pag. I‑3173, punto 54).

38      Sulla base di tale criterio, si deve osservare che gli elementi di prova presentati al Tribunale relativamente all’esistenza del PKK comprendono la dichiarazione del sig. Osman Ocalan allegata all’atto introduttivo di primo grado, la procura che lo stesso ha rilasciato agli avvocati per rappresentare il primo ricorrente, le posizioni del Consiglio e la dichiarazione del sig. Serif Vanly, a sua volta allegata al citato atto introduttivo.

39      Per quanto riguarda, in primo luogo, la dichiarazione del sig. Osman Ocalan, egli sostiene, al punto 1, che «il PKK era e rimane un’organizzazione politica di importanza centrale per il popolo curdo».

40      Al punto 11 della medesima dichiarazione, il sig. Osman Ocalan afferma quanto segue:

«Nel luglio 1999 il PKK ha dichiarato un cessate il fuoco unilaterale. Lo scopo di tale atto era quello di avanzare verso una soluzione democratica e pacifica della questione dei diritti dei curdi. Il PKK ha dichiarato la cessazione, fino a nuovo ordine, di ogni attività di guerriglia».

41      I punti 15‑19 della medesima dichiarazione sono del seguente tenore:

«15.      [L’ottavo congresso del PKK, che si è tenuto nei giorni 4-10 aprile 2002] ha dichiarato che “PKK” è il nome simbolico del movimento “Apoista” [“Apo” è un termine utilizzato per indicare Abdullah Ocalan] nel periodo della presa di coscienza nazionale e della resistenza dei curdi. Tale congresso ha altresì dichiarato che il PKK simboleggiava lo spirito nazionale, la coscienza e l’identità curde.

16.      Il congresso ha deciso che, per adeguarsi alle grandi trasformazioni del PKK, tutte le attività svolte nel nome del “PKK” dovevano cessare il 4 aprile 2002, e che tutte le attività svolte in nome del PKK sarebbero state considerate illegittime.

17.      Il congresso ha deciso di portare avanti gli sviluppi che erano stati intrapresi in modo organizzato dopo il cessate il fuoco [del 1999] e in seguito agli eventi del settimo congresso [il “progetto per la pace”, contenente la posizione del PKK approvata nel settimo congresso del 10 gennaio 2000, è allegato alla presente dichiarazione].

18.      È stata adottata una nuova costituzione, che ha modificato la struttura e l’organizzazione del PKK e indicato la strategia del movimento Apoista. Un organismo di coordinamento doveva accogliere al suo interno le diverse organizzazioni da creare nelle varie parti del Kurdistan e nei paesi adiacenti. È stato di conseguenza deciso di fondare il [KADEK].

19.      È stato eletto un nuovo comitato di gestione, e il sig. Abdullah Ocalan è stato eletto presidente del KADEK».

42      Più che dichiarare lo scioglimento del PKK, tale testo sembra affermare che il PKK ha progressivamente abbandonato i mezzi di azione violenti a favore di mezzi differenti. Il sig. Osman Ocalan sostiene in particolare che il PKK ha dichiarato un cessate il fuoco unilaterale nel luglio 1999, ha partecipato a un «progetto per la pace» in occasione del suo settimo congresso, tenutosi il 10 gennaio 2000, e ha deciso, in occasione del suo ottavo congresso, che si è svolto dal 4 al 10 aprile 2002, di cessare «tutte le attività» a partire dal 4 aprile 2002. Lette nel loro contesto, le parole «tutte le attività» potrebbero semplicemente indicare l’abbandono, da parte del PKK, di tutte le attività violente.

43      Risulta del resto dai punti 18 e 19 della dichiarazione del sig. Osman Ocalan che la struttura e l’organizzazione del PKK sono state semplicemente modificate, e che il PKK ha continuato ad esistere con il nome di KADEK, sempre presieduto dal sig. Abdullah Ocalan.

44      Allo stesso modo, il verbo «rimane», utilizzato al punto 1 di tale dichiarazione, indica che il PKK continua ad esistere.

45      In ogni caso, in nessun punto della sua dichiarazione il sig. Osman Ocalan indica esplicitamente che l’ottavo congresso del PKK ha dichiarato lo scioglimento dello stesso.

46      Pertanto, leggendo tale dichiarazione nel suo insieme non si può legittimamente interpretarla nel senso che essa affermi il completo scioglimento del PKK.

47      Per quanto poi riguarda la procura rilasciata agli avvocati per rappresentare il primo ricorrente, il sig. Osman Ocalan vi precisa che egli agisce «in nome dell’organizzazione precedentemente nota come PKK» («on behalf of the organisation formerly known as the PKK»). Orbene, tale indicazione si riferisce soltanto ad un cambiamento di nome e non allo scioglimento del PKK.

48      Per quanto riguarda, in terzo luogo, le posizioni del Consiglio, risulta che, a partire dal 2 aprile 2004, le decisioni che hanno successivamente sostituito le decisioni 2002/334 e 2002/460 indicano il PKK come «Partito dei lavoratori del Kurdistan (PKK) (anche noto come KADEK; anche noto come KONGRA-GEL)» [v., in particolare, decisione del Consiglio 2 aprile 2004, 2004/306/CE, che attua l’articolo 2, paragrafo 3, del regolamento (CE) n. 2580/2001 relativo a misure restrittive specifiche, contro determinate persone e entità, destinate a combattere il terrorismo, e che abroga la decisione 2003/902/CE; GU L 99, pag. 28]. Ne consegue che il Consiglio ritiene il PKK ancora esistente, sebbene con altri nomi.

49      Per quanto riguarda infine la dichiarazione del sig. Serif Vanly, presidente del KNK, allegata all’atto introduttivo di primo grado, se è vero che egli richiama lo scioglimento del PKK, ciò avviene tuttavia nell’ambito del passaggio seguente:

«Dopo la creazione del KNK, il PKK è stato un’organizzazione componente di esso. Il PKK ha guidato la creazione del KNK, e in seguito è stato una forza motrice centrale al suo interno, con scopi e obiettivi allineati a quelli del KNK. Il PKK non è più un membro ufficiale del KNK dopo il suo scioglimento nell’aprile 2002. Tuttavia l’organizzazione nata dal PKK, il KADEK, chiede di aderire al KNK. Presidente onorario del KNK rimane il sig. Abdullah Ocalan».

50      Tale passo non impone di concludere che il PKK abbia cessato definitivamente di esistere nell’aprile 2002. Infatti, letto nella sua interezza, tale testo suggerisce piuttosto che il PKK abbia in un certo modo continuato ad esistere in seguito, in forma riorganizzata e con un altro nome. La dichiarazione del sig. Serif Vanly non contraddice dunque gli altri elementi di prova che sono stati esaminati.

51      Ne consegue che l’affermazione che «secondo la testimonianza del sig. [Osman] Ocalan presentata in allegato al ricorso, il congresso del PKK (…) ha pronunciato il suo scioglimento», contenuta al punto 35 dell’ordinanza impugnata, è inesatta e contrastante con il contenuto della dichiarazione del sig. Osman Ocalan a cui la stessa fa riferimento.

52      Allo stesso modo, l’affermazione, al punto 37 dell’ordinanza impugnata, che «lungi dal dimostrare la legittimazione giuridica del sig. [Osman] Ocalan a rappresentare il PKK, i ricorrenti affermano al contrario che quest’ultimo non esiste più» contrasta con gli elementi di prova di cui il Tribunale disponeva.

53      Gli accertamenti di fatto contenuti nei punti 35 e 37 dell’ordinanza impugnata sono dunque inesatti, e costituiscono uno snaturamento degli elementi di prova a disposizione del Tribunale. Ne consegue che il quarto motivo è fondato.

54      L’ordinanza impugnata deve dunque essere annullata nella parte in cui ha dichiarato irricevibile il ricorso dal primo ricorrente, senza che sia necessario esaminare gli altri motivi fatti valere da quest’ultimo.

 Sulla ricevibilità del ricorso proposto dal sig. Serif Vanly per conto del KNK

55      Il sig. Serif Vanly, agente per conto del KNK (in prosieguo: il «secondo ricorrente»), sviluppa due motivi a sostegno della sua impugnazione (ottavo e nono motivo).

 Sull’ottavo motivo

–       Argomenti delle parti

56      Con l’ottavo motivo il secondo ricorrente ricorda che, nell’ordinanza impugnata, il Tribunale ha dichiarato il ricorso irricevibile in quanto proposto dal KNK, dal momento che quest’ultimo non era direttamente interessato, ai sensi dell’art. 230, quarto comma, CE, dalla decisione 2002/460. Il secondo ricorrente ritiene tale criterio troppo restrittivo in materia di diritti fondamentali garantiti sulla base della CEDU. Esso sostiene che la ricevibilità, in tale contesto, deve essere considerata in modo più ampio, conformemente ai criteri di ricevibilità fissati dalla Corte europea dei diritti dell’uomo, in modo da non impedire l’accesso ad un mezzo di ricorso effettivo.

57      Il secondo ricorrente ritiene che, qualora la Corte giudicasse irricevibile il ricorso del KNK nella presente causa, mentre, nella stessa situazione, la Corte europea dei diritti dell’uomo giudicherebbe ricevibile un ricorso presentato dinanzi ad essa, il secondo ricorrente sarebbe privato dell’accesso ad un mezzo di ricorso effettivo al quale ha diritto, cioè il ricorso finalizzato a far verificare se il regolamento n. 2580/2001 e la decisione 2002/460 violino i suoi diritti fondamentali come formulati nella CEDU. Il fatto di rifiutare una tale valutazione nel momento in cui esisterebbe un argomento plausibile e ricevibile sulla base della CEDU rappresenterebbe una violazione dell’art. 13 di tale Convenzione, poiché al secondo ricorrente sarebbero puramente e semplicemente preclusi i mezzi di ricorso ai quali ha diritto.

58      Il Consiglio rileva che il secondo ricorrente non cerca di dimostrare che il Tribunale ha fatto un’erronea applicazione delle disposizioni del Trattato CE, come interpretate dalla giurisprudenza comunitaria, dichiarando che il KNK non era individualmente interessato dalla decisione 2002/460. In realtà, il secondo ricorrente chiederebbe alla Corte di ignorare le disposizioni dell’art. 230, quarto comma, CE, come interpretate dalla giurisprudenza comunitaria, per utilizzare, al loro posto, le disposizioni sulla legittimazione ad agire previste dalla CEDU.

59      Nella parte in cui il citato motivo riguarda la conclusione del Tribunale che il secondo ricorrente non era individualmente interessato dalla decisione, ai sensi dell’art. 230, quarto comma, CE, il Consiglio ritiene che il secondo ricorrente non abbia fatto valere nuovi argomenti nel ricorso di impugnazione e che pertanto tale parte del ricorso stesso sia irricevibile. In via subordinata, il Consiglio sostiene che detta parte del ricorso di impugnazione è infondata dal momento che il Tribunale ha correttamente applicato una giurisprudenza costante.

60      Nella parte in cui il motivo in esame sviluppa un argomento ricavato dalla CEDU, il Consiglio ritiene che lo stesso sia irricevibile in fase di impugnazione, dal momento che non è stato oggetto di contraddittorio tra le parti in primo grado, ed il Tribunale non si è pronunciato sul punto. In via subordinata il Consiglio sostiene che l’argomento è infondato, dal momento che l’Unione europea e la Comunità concedono ai diritti fondamentali una protezione equivalente a quella garantita dalla CEDU.

–       Giudizio della Corte

61      Per quanto riguarda la ricevibilità del presente motivo, si deve ricordare che, ai sensi dell’art. 118 del regolamento di procedura della Corte, l’art. 42, n. 2, del medesimo regolamento, che vieta in linea di principio la deduzione di motivi nuovi in corso di causa, si applica al procedimento dinanzi alla Corte avente ad oggetto un ricorso contro una pronuncia del Tribunale. Nell’ambito di un’impugnazione, la competenza della Corte è quindi limitata all’esame della valutazione compiuta dal Tribunale relativamente ai motivi discussi dinanzi ad esso (v. sentenza 29 aprile 2004, cause riunite C‑199/01 P e C‑200/01 P, IPK‑München/Commissione, Racc. pag. I‑4627, punto 52).

62      In primo grado, nell’ambito della sua eccezione di irricevibilità, il Consiglio ha fatto valere un motivo in cui ha sostenuto che il secondo ricorrente non soddisfaceva le condizioni stabilite dall’art. 230, quarto comma, CE. Nelle sue osservazioni relative a tale eccezione di irricevibilità, il secondo ricorrente ha risposto che tale disposizione doveva essere interpretata in modo da ritenere che egli soddisfacesse tali condizioni. A tale proposito il secondo ricorrente ha sostenuto, tra l’altro, che un ricorso effettivo è necessario nel caso di un atto proveniente da istituzioni comunitarie contrario ai diritti fondamentali e al diritto comunitario. Con l’ordinanza impugnata il Tribunale ha respinto le tesi del secondo ricorrente, senza tuttavia pronunciarsi relativamente all’affermazione secondo cui il ricorso ad esso sottoposto riguardava la tutela dei diritti fondamentali dello stesso.

63      Si deve rilevare che l’interpretazione dell’art. 230, quarto comma, CE, e la sua applicazione alla situazione del secondo ricorrente sono state discusse dinanzi al Tribunale nel corso del procedimento di primo grado. Il presente motivo ha l’obiettivo di contestare in modo specifico l’interpretazione e l’applicazione di tale disposizione compiute dal Tribunale rispetto al secondo ricorrente. Ne consegue che il presente motivo non è un motivo nuovo, la cui proposizione in questa fase dell’impugnazione non sarebbe consentita dagli artt. 42, n. 2, e 118 del regolamento di procedura della Corte.

64      Nell’ambito di un motivo ricevibile, spetta in linea di principio al ricorrente sviluppare gli argomenti a sostegno dello stesso come egli lo intende, basandosi su argomenti già utilizzati dinanzi al Tribunale o sviluppandone di nuovi, con particolare riferimento alle posizioni prese dal Tribunale. Se così non fosse, il procedimento di impugnazione sarebbe privato di una parte del suo significato (v., in tal senso, sentenza Storck/UAMI, cit., punto 48 e giurisprudenza ivi citata).

65      Ne consegue che il secondo ricorrente non è tenuto a sostenere il presente motivo soltanto con argomenti nuovi relativi all’interpretazione dell’art. 230, quarto comma, CE, da parte della giurisprudenza comunitaria. L’argomento del Consiglio in tal senso è infondato e deve essere respinto.

66      Per quanto riguarda la ricevibilità degli argomenti fondati sulla CEDU, risulta dal combinato disposto degli artt. 58 dello Statuto della Corte di giustizia e 113, n. 2, del regolamento di procedura della Corte che, nell’ambito di un’impugnazione, il ricorrente può far valere ogni argomento rilevante, alla sola condizione che il ricorso di impugnazione non modifichi l’oggetto della controversia decisa dal Tribunale. Contrariamente a quanto sostiene il Consiglio, non esiste alcun obbligo che ogni argomento fatto valere in sede di impugnazione sia stato preliminarmente oggetto di una discussione in primo grado. Una restrizione in tal senso non può essere accettata, dal momento che essa avrebbe l’effetto di privare il procedimento di impugnazione di una parte importante del suo significato.

67      Poiché è evidente che il motivo in esame non modifica l’oggetto della controversia decisa dal Tribunale, l’argomento del Consiglio circa l’irricevibilità di tale motivo in quanto lo stesso si riferisce alla CEDU è privo di fondamento e deve essere respinto.

68      Ne consegue che tale motivo è ricevibile nella sua interezza.

69      Per quanto attiene al merito, il secondo ricorrente sostiene che le decisioni 2002/334 e 2002/460 lo riguardano in particolare in quanto il KNK costituisce una piattaforma rappresentativa per il PKK e per ogni altra organizzazione che si ritenga sia succeduta ad esso.

70      È pacifico, in giurisprudenza, che un simile rapporto non è sufficiente per stabilire che un soggetto è individualmente interessato, ai sensi dell’art. 230, quarto comma, CE. Infatti, un’associazione che rappresenta una categoria di persone fisiche o giuridiche non può essere considerata individualmente interessata, ai sensi di tale disposizione, da un atto che tocca gli interessi generali di tale categoria (v., in tal senso, sentenza Fédération nationale de la boucherie en gros et du commerce en gros des viandes e a./Consiglio, cit., pag. 932, e ordinanza 5 novembre 1986, causa 117/86, UFADE/Consiglio e Commissione, Racc. pag. 3255, punto 12).

71      Il secondo ricorrente sostiene inoltre che il KNK rischierebbe il congelamento dei propri fondi, ai sensi delle decisioni 2002/334 e 2002/460, qualora trattasse con il PKK.

72      Secondo una costante giurisprudenza, una persona fisica o giuridica può asserire di essere individualmente interessata da un atto di portata generale soltanto qualora quest’ultimo la riguardi a motivo di determinate qualità personali ovvero di circostanze atte a distinguerla dalla generalità (v., in tal senso, sentenze Plaumann/Commissione, cit., pag. 220, e 25 luglio 2002, causa C‑50/00 P, Unión de Pequeños Agricultores/Consiglio, Racc. pag. I‑6677, punto 36).

73      Ebbene, se il KNK corre il rischio di vedere congelati i propri fondi, ciò avviene sulla base di un divieto oggettivamente definito che riguarda allo stesso modo tutti i soggetti del diritto comunitario. Il KNK non può pertanto pretendere che le decisioni 2002/334 e 2002/460 lo riguardino individualmente ai sensi dell’art. 230, quarto comma, CE.

74      Nel concludere, in particolare ai punti 45, 46, 51 e 52 dell’ordinanza impugnata, che il KNK non era individualmente interessato ai sensi dell’art. 230, quarto comma, CE, il Tribunale ha applicato correttamente tale disposizione, come essa è interpretata dalla giurisprudenza.

75      Il secondo ricorrente ribatte tuttavia che l’art. 230, quarto comma, CE, interpretato in tal modo, pone una condizione di ricevibilità così restrittiva da porsi in contrasto con la CEDU.

76      I diritti fondamentali fanno parte integrante dei principi generali del diritto dei quali la Corte garantisce l’osservanza. A tal fine, la Corte si ispira alle tradizioni costituzionali comuni degli Stati membri e alle indicazioni fornite dai trattati internazionali relativi alla tutela dei diritti dell’uomo a cui gli Stati membri hanno cooperato o aderito. La CEDU riveste, a questo proposito, un particolare significato (v., in particolare, sentenze 12 giugno 2003, causa C‑112/00, Schmidberger, Racc. pag. I‑5659, punto 71, e 27 giugno 2006, causa C‑540/03, Parlamento europeo/Consiglio, Racc. pag. I‑5769, punto 35).

77      Inoltre l’art. 6, n. 2, UE così prevede:

«L’Unione rispetta i diritti fondamentali quali sono garantiti dalla [CEDU], e quali risultano dalle tradizioni costituzionali comuni degli Stati membri, in quanto principi generali del diritto comunitario».

78      È in tale contesto che l’argomento in esame deve essere affrontato.

79      Ai sensi dell’art. 34 della CEDU, la Corte europea dei diritti dell’uomo può essere adita per ricorsi presentati da ogni persona fisica, ogni organizzazione non governativa o gruppo di individui che pretenda di essere vittima di una violazione, da parte di una delle Alte Parti contraenti, dei diritti riconosciuti dalla CEDU.

80      Secondo la giurisprudenza della Corte europea dei diritti dell’uomo, l’art. 34 della CEDU richiede in via generale che, per poter essere ritenuto una «vittima» ai sensi di tale articolo, un ricorrente lamenti di essere stato colpito da una violazione della CEDU già avvenuta (v. Corte eur. D.U., sentenza Klass e altri c. Germania, del 6 settembre 1978, serie A n. 28, § 33). È solo in casi del tutto eccezionali che il rischio di una violazione futura può comunque conferire ad un ricorrente la qualità di vittima di una violazione della CEDU [v. Commissione europea D.U., decisione 4 dicembre 1995, ricorso n. 28204/95, Noël Narvii Tauira e altri c. Francia, Décisions et rapports (DR) 83-A, pag. 112, 130]. Risulta tuttavia dalla giurisprudenza della Corte europea dei diritti dell’uomo che le persone che sostengono di essere legate a uno dei soggetti contenuti nell’elenco allegato alla posizione comune 2001/931, ma non vi sono individualmente indicate, non sono vittime di una violazione della CEDU ai sensi dell’art. 34 della stessa, e che di conseguenza i loro ricorsi sono irricevibili (v. Corte eur. D.U., decisione 23 maggio 2002, ricorsi nn. 6422/02 e 9916/02, Segi e altri e Gestoras Pro-Amnistia e altri c. 15 Stati dell’Unione europea, Recueil des arrêts et décisions 2002‑V).

81      La situazione del KNK è comparabile a quella delle persone collegate ai citati soggetti Segi e Gestoras Pro-Amnistia. Infatti il KNK non è contenuto nell’elenco controverso e non è quindi soggetto alle misure restrittive previste dal regolamento n. 2580/2001.

82      In tali circostanze, la giurisprudenza della Corte europea dei diritti dell’uomo, al suo stato attuale, sembra indicare che il KNK non potrebbe dimostrare di avere lo status di vittima ai sensi dell’art. 34 della CEDU e non sarebbe quindi legittimato a rivolgersi a tale giudice.

83      Di conseguenza, nella presente situazione non è stata dimostrata alcuna contraddizione tra la CEDU e l’art. 230, quarto comma, CE.

84      Il motivo deve dunque essere respinto, in quanto infondato.

 Sul nono motivo

–       Argomenti delle parti

85      Il secondo ricorrente sostiene che il punto 49 dell’ordinanza impugnata contiene un errore, dal momento che si fonda sull’ipotesi che il PKK non esista più, anticipando così il giudizio su una questione di merito per respingere un argomento relativo alla ricevibilità del ricorso.

86      Il Consiglio rileva che il Tribunale non si è pronunciato sull’effettiva esistenza del PKK. Per determinare se il KNK potesse avvalersi del fatto che uno o più dei suoi membri fossero legittimati a presentare un ricorso per annullare la decisione impugnata, esso avrebbe semplicemente osservato che, sostenendo che il PKK non esiste più, il secondo ricorrente ha quantomeno riconosciuto che il PKK non è più membro del KNK.

–       Giudizio della Corte

87      Risulta dai punti 69‑82 della presente sentenza che il KNK non è né individualmente interessato dalle decisioni 2002/334 e 2002/460 ai sensi dell’art. 230, quarto comma, CE, né una vittima ai sensi dell’art. 34 della CEDU, e ciò indipendentemente dal fatto che il PKK esista effettivamente. Pertanto, il fatto che il Tribunale abbia erroneamente affermato l’inesistenza del PKK non potrebbe in ogni modo comportare l’annullamento dell’ordinanza impugnata rispetto al secondo ricorrente.

88      Il presente motivo è quindi inconferente.

89      Ne consegue che il ricorso di impugnazione del secondo ricorrente è infondato e deve essere respinto.

90      Dal momento che il secondo ricorrente è rimasto soccombente, deve essere condannato alle spese della sua impugnazione, ai sensi degli artt. 69, n. 2, e 122 del regolamento di procedura della Corte.

 Sul ricorso dinanzi al Tribunale

91      Ai sensi dell’art. 61, primo comma, seconda frase, dello Statuto della Corte di giustizia, quest’ultima può, in caso di annullamento della decisione del Tribunale, qualora lo stato degli atti lo consenta, statuire definitivamente sulla controversia. Tale è, per quanto riguarda la ricevibilità del ricorso, la controversia tra il primo ricorrente e il Consiglio.

92      Il Consiglio fa valere due motivi a sostegno della propria domanda tendente a far dichiarare irricevibile il ricorso del primo ricorrente. Da un lato, nella parte in cui riguarda la decisione 2002/334 tale ricorso sarebbe stato proposto fuori termine. Dall’altro, il PKK non avrebbe capacità di stare in giudizio, non esistendo più.

 Sul primo motivo

 Argomenti delle parti

93      Secondo il Consiglio, il termine ultimo per proporre ricorso contro la decisione 2002/334 era il 29 luglio 2002. L’originale dell’atto introduttivo sarebbe stato depositato nella cancelleria del Tribunale il 31 luglio 2002. Di conseguenza il ricorso sarebbe stato proposto fuori termine per quanto riguarda tale decisione.

94      La Commissione, parte interveniente in primo grado, ha fatto proprio tale argomento del Consiglio, aggiungendo che l’irricevibilità del ricorso proposto contro la decisione 2002/334 comporta quella del ricorso contro la decisione 2002/460, dal momento che la stessa non era altro che una decisione di conferma della precedente.

95      Il primo ricorrente ribatte che i suoi rappresentanti sono convinti di avere depositato nella cancelleria del Tribunale l’originale dell’atto introduttivo, accompagnato da cinque copie, il 24 luglio 2002, sebbene abbiano depositato un originale sostitutivo il 31 luglio 2002. Pertanto, considerando anche che sono in gioco diritti fondamentali, impedire al primo ricorrente di perseguire l’annullamento della decisione 2002/334 significherebbe dimostrare un inopportuno formalismo.

96      In ogni caso, secondo il primo ricorrente la decisione 2002/460 costituisce una decisione autonoma impugnata nei termini stabiliti.

 Giudizio della Corte

97      La decisione 2002/334 è stata adottata il 2 maggio 2002 e pubblicata nella Gazzetta ufficiale il 3 maggio 2002. Oltre al termine di due mesi previsto per la presentazione di un ricorso di annullamento dall’art. 230, quinto comma, CE, si devono considerare un termine di 14 giorni a partire dalla data di pubblicazione dell’atto impugnato, ai sensi dell’art. 102, n. 1, del regolamento di procedura del Tribunale, e un termine forfettario in ragione della distanza di 10 giorni, ai sensi dell’art. 102, n. 2, del medesimo regolamento. In base a tali regole, l’ultimo giorno utile era il 27 luglio 2002. Essendo tale giorno un sabato, la scadenza del termine di ricorso è stata spostata alla fine della giornata di lunedì 29 luglio 2002, ai sensi dell’art. 101, n. 2, primo comma, del medesimo regolamento.

98      L’art. 43, n. 1, del regolamento di procedura del Tribunale richiede il deposito dell’originale di ogni atto processuale.

99      Risulta dal fascicolo del Tribunale che soltanto le copie, senza originale, sono state depositate nella cancelleria del Tribunale il 24 luglio 2002. Anche se il primo ricorrente afferma che i suoi rappresentanti hanno depositato l’originale dell’atto introduttivo insieme con le copie a tale data, lo stesso non porta di ciò alcuna prova. Inoltre, il testo dell’originale depositato il 31 luglio 2002 presenta differenze rispetto alle copie depositate il 24 luglio 2002. Si deve dunque rilevare che il ricorso originale è stato depositato nella cancelleria del Tribunale solo il 31 luglio 2002, come attesta il timbro apposto dal cancelliere.

100    Poiché l’originale del ricorso non è stato depositato nella cancelleria del Tribunale nel termine stabilito, il ricorso del primo ricorrente è irricevibile nella parte in cui è diretto contro la decisione 2002/334.

101    Tale conclusione non è modificata dal fatto, sostenuto dal primo ricorrente, che sono in gioco diritti fondamentali. Infatti le norme sui termini di ricorso sono di ordine pubblico, e devono essere applicate dal giudice in modo da garantire la certezza del diritto e l’uguaglianza di tutti dinanzi alla legge.

102    È per contro pacifico che il primo ricorrente ha impugnato nei termini la decisione 2002/460.

103    Come il Tribunale ha giustamente affermato al punto 44 dell’ordinanza impugnata, tale decisione è una decisione nuova rispetto alla decisione 2002/334. Infatti, ai sensi degli artt. 2, n. 3, del regolamento n. 2580/2001 e 1, n. 6, della posizione comune 2001/931, ogni decisione di revisione dell’elenco controverso è il risultato di un riesame, da parte del Consiglio, della situazione delle persone, dei gruppi e delle entità interessati.

104    Ne deriva che la decisione 2002/460 non è una semplice conferma della decisione 2002/334, e che l’irricevibilità del ricorso nella parte in cui riguarda la decisione 2002/334 non impedisce al primo ricorrente di impugnare la decisione 2002/460.

 Sul secondo motivo

 Argomenti delle parti

105    Il Consiglio sostiene che il PKK non è legittimato a proporre un ricorso di annullamento dal momento che, in base alle dichiarazioni del primo ricorrente stesso, il PKK è stato sciolto. La sua inesistenza sarebbe dimostrata dal fatto che non possiede carta intestata. Infatti il mandato agli avvocati per rappresentarlo sarebbe scritto semplicemente su un foglio di carta bianca con la firma del sig. Osman Ocalan.

106    Il primo ricorrente afferma, da un lato, di non avere sostenuto che il PKK è stato sciolto e, dall’altro, che il PKK mantiene quanto meno una capacità residuale sufficiente per contestare il proprio inserimento nell’elenco controverso.

 Giudizio della Corte

107    Come è stato rilevato ai punti 38-52 della presente sentenza, gli elementi di prova disponibili tendono a indicare che il PKK non è stato sciolto in occasione del suo congresso del 4-10 aprile 2002. Sembra in effetti, sulla base di tali elementi di prova, che il PKK abbia continuato a funzionare dopo tale congresso, verosimilmente in forma riorganizzata e con altri nomi.

108    Anche se l’ambito delle attività del PKK dopo il 4 aprile 2002 non può essere delimitato con assoluta precisione, per le ragioni viste, è in ogni caso certo che il PKK mantiene un’esistenza sufficiente per contestare il proprio inserimento nell’elenco controverso.

109    Infatti, la Comunità europea è una comunità di diritto, le cui istituzioni sono soggette al controllo della conformità dei loro atti al Trattato CE e ai principi generali del diritto, tra i quali rientrano i diritti fondamentali. Pertanto, i singoli devono poter beneficiare di una tutela giurisdizionale effettiva dei diritti riconosciuti loro dall’ordinamento giuridico comunitario, poiché il diritto a detta tutela fa parte dei principi generali del diritto che derivano dalle tradizioni costituzionali comuni degli Stati membri. Tale diritto è stato anche sancito dagli artt. 6 e 13 della CEDU (v. sentenza Unión de Pequeños Agricultores/Consiglio, cit., punti 38 e 39).

110    L’effettività di tale protezione giurisdizionale è tanto più importante dal momento che le misure restrittive previste dal regolamento n. 2580/2001 comportano conseguenze gravi. Non soltanto a una persona, un gruppo o un’entità cui tale regolamento si applica è precluso effettuare tutti i tipi di operazioni e servizi finanziari, ma la loro reputazione e azione politica sono danneggiate dal fatto che essi vengano qualificati come terroristi.

111    Ai sensi dell’art. 2, n. 3, del regolamento n. 2580/2001, in combinato disposto con l’art. 1, nn. 4-6, della posizione comune 2001/931, una persona, un gruppo o un’entità possono essere inclusi nell’elenco controverso solo in presenza di taluni elementi probanti, e con riserva dell’identificazione precisa delle persone, dei gruppi e delle entità interessate. È inoltre precisato che il nome di una persona, di un gruppo o di un’entità non può essere mantenuto in tale elenco senza un riesame periodico della sua situazione da parte del Consiglio. Tutti questi elementi devono essere controllabili da parte di un giudice.

112    Ne deriva che, se, con la decisione 2002/460 il legislatore comunitario ha ritenuto che il PKK continui ad avere un’esistenza sufficiente per essere oggetto delle misure restrittive previste dal regolamento n. 2580/2001, la coerenza e la giustizia impongono di riconoscere che detta entità continua a godere di un’esistenza sufficiente per contestare tale provvedimento. Ogni altra conclusione avrebbe la conseguenza che un’organizzazione potrebbe essere inclusa nell’elenco controverso senza poter proporre un ricorso contro tale inclusione.

113    Per poter legittimamente proporre un ricorso in nome di una tale organizzazione è necessario dimostrare che l’organizzazione in questione ha realmente intenzione di proporre il ricorso, e che gli avvocati che sostengono di rappresentarla hanno effettivamente ricevuto un mandato in tal senso.

114    Le disposizioni dello Statuto della Corte di giustizia, in particolare il suo art. 21, del regolamento di procedura della Corte, in particolare il suo art. 38, e del regolamento di procedura del Tribunale, in particolare il suo art. 44, non sono state concepite in funzione della proposizione di ricorsi da parte di organizzazioni prive di personalità giuridica, come il PKK. In tale situazione eccezionale le regole di procedura che disciplinano la ricevibilità di un ricorso di annullamento devono essere applicate adattandole, nella misura necessaria, alle circostanze del caso di specie. Come il Tribunale ha giustamente affermato al punto 28 dell’ordinanza impugnata, si tratta di evitare un formalismo eccessivo che condurrebbe a negare ogni possibilità di agire per l’annullamento anche nel caso in cui l’entità in questione sia stata oggetto di misure restrittive comunitarie.

115    Ne consegue che il sig. Osman Ocalan ha il diritto di dimostrare con ogni mezzo di prova di agire validamente in nome del PKK, del quale sostiene di essere il rappresentante.

116    Per quanto riguarda la validità della rappresentanza del PKK da parte del sig. Osman Ocalan, un dubbio deriva dal fatto che egli si presenta, nella procura rilasciata agli avvocati, come ex membro del PKK, senza altri titoli di legittimazione per rappresentare quest’ultimo.

117    Tuttavia, nell’ambito dell’impugnazione, il primo ricorrente ha prodotto dinanzi alla Corte una dichiarazione del sig. Mark Muller, avvocato, con lo scopo di legittimare tale mandato. Come confermato dalla sentenza della Corte europea dei diritti dell’uomo 12 maggio 2005, ricorso n. 46221/99, Abdullah Ocalan/Turchia, non ancora pubblicata, il sig. Mark Muller rappresenta dinanzi a tale Corte il sig. Abdullah Ocalan, ex capo del PKK detenuto in Turchia dal 1999. Il sig. Mark Muller afferma che, in occasione di una visita resa in carcere al sig. Abdullah Ocalan, quest’ultimo lo ha incaricato di impugnare la messa al bando del PKK in Europa. Il sig. Mark Muller ha inoltre dichiarato che svariati altri autorevoli esponenti del PKK e del suo successore, il KADEK, lo hanno incaricato di avviare il procedimento introdotto con il ricorso dinanzi al Tribunale.

118    Inoltre il sig. Mark Muller afferma che, quando ha sottoscritto la procura rilasciata agli avvocati per presentare il ricorso, il sig. Osman Ocalan era un autorevole esponente sia del PKK che del KADEK.

119    Tali dichiarazioni, rilasciate da un membro dell’ordine forense di uno degli Stati membri, sottoposto, in quanto tale, ad un codice di deontologia professionale, sono sufficienti, nelle particolari circostanze del caso, per determinare che il sig. Osman Ocalan è qualificato per rappresentare il PKK, e in particolare per dare mandato ad avvocati per agire in nome di quest’ultimo.

120    Tale constatazione non è intaccata dall’argomento del Consiglio relativo all’assenza di carta intestata.

121    È vero che, nel caso di una persona giuridica di diritto privato, è comune che la procura rilasciata agli avvocati sia redatta su carta intestata, sebbene ciò non sia richiesto dalle disposizioni procedurali della Corte o del Tribunale. Tuttavia, nel caso di un’organizzazione non costituita in base alle norme usualmente applicabili alle persone giuridiche, tale elemento è poco significativo.

122    Si deve pertanto ritenere che il sig. Osman Ocalan sia legittimato a rappresentare il PKK e a dare mandato ad avvocati a tale fine.

123    Ne consegue che il ricorso del primo ricorrente è ricevibile nella parte in cui è diretto contro la decisione 2002/460. La causa deve pertanto essere rinviata al Tribunale perché questo si pronunci sul merito.

124    Dal momento che la causa è rinviata al Tribunale per il prosieguo del procedimento relativamente al primo ricorrente, la decisione sulle spese rispetto a quest’ultimo deve essere riservata.

Per questi motivi la Corte (Prima Sezione) dichiara e statuisce:

1)      L’ordinanza del Tribunale di primo grado delle Comunità europee 15 febbraio 2005, causa T‑229/02, PKK e KNK/Consiglio, è annullata nella parte in cui ha respinto il ricorso del sig. Osman Ocalan per conto del Kurdistan Workers’ Party (PKK).

2)      Il ricorso è respinto per il resto.

3)      Il sig. Serif Vanly, agente per conto del Kurdistan National Congress (KNK), è condannato alle spese dell’impugnazione dallo stesso proposta.

4)      Il ricorso del sig. Osman Ocalan per conto del PKK è irricevibile nella parte in cui è diretto contro la decisione del Consiglio 2 maggio 2002, 2002/334/CE, che attua l’articolo 2, paragrafo 3 del regolamento (CE) n. 2580/2001 relativo a misure restrittive specifiche, contro determinate persone e entità, destinate a combattere il terrorismo, e che abroga la decisione 2001/927/CE.

5)      Il ricorso del sig. Osman Ocalan per conto del PKK è ricevibile nella parte in cui è diretto contro la decisione del Consiglio 17 giugno 2002, 2002/460/CE, che attua l’articolo 2, paragrafo 3, del regolamento (CE) n. 2580/2001 relativo a misure restrittive specifiche, contro determinate persone e entità, destinate a combattere il terrorismo, e che abroga la decisione 2002/334/CE. La causa è rinviata al Tribunale di primo grado delle Comunità europee per la pronuncia sul merito.

6)      La decisione sulle spese del sig. Osman Ocalan per conto del PKK è riservata.

Firme


* Lingua processuale: l'inglese.

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