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Judgment of the Court (Second Chamber) of 16 December 2004. # Gregorio My v Office national des pensions (ONP). # Reference for a preliminary ruling: Tribunal du travail de Bruxelles - Belgium. # Community officials - Transfer of pension rights - Article 11 of Annex VIII to the Staff Regulations - Early retirement pension - Reckoning of periods of employment with the European Community - Article 10 EC. # Case C-293/03.
Sentenza della Corte (Seconda Sezione) del 16 dicembre 2004. Gregorio My contro Office national des pensions (ONP). Domanda di pronuncia pregiudiziale: Tribunal du travail de Bruxelles - Belgio. Dipendenti - Trasferimento dei diritti pensionistici - Art. 11 dell'Allegato VIII dello Statuto del personale - Pensione anticipata di vecchiaia - Presa in considerazione dei periodi di servizio presso le Comunità europee - Art. 10 CE. Causa C-293/03.
Sentenza della Corte (Seconda Sezione) del 16 dicembre 2004. Gregorio My contro Office national des pensions (ONP). Domanda di pronuncia pregiudiziale: Tribunal du travail de Bruxelles - Belgio. Dipendenti - Trasferimento dei diritti pensionistici - Art. 11 dell'Allegato VIII dello Statuto del personale - Pensione anticipata di vecchiaia - Presa in considerazione dei periodi di servizio presso le Comunità europee - Art. 10 CE. Causa C-293/03.
Raccolta della Giurisprudenza 2004 I-12013
ECLI identifier: ECLI:EU:C:2004:821
Date of document:
16/12/2004
Date lodged:
04/07/2003
Author:
Corte di giustizia
Country or organisation from which the request originates:
Belgio
Form:
Sentenza
Authentic language:
francese
Type of procedure:
Domanda pregiudiziale
Applicant:
Dati provvisori
Defendant:
Dati provvisori
Observations:
Paesi Bassi, Commissione europea, Grecia
Judge-Rapporteur:
Schintgen
Advocate General:
Tizzano
National court:
*A9* Tribunal du travail de Bruxelles, 11e chambre, jugement du 20/05/2003 (Rep. nº 03/09737 ; RG nº 10.951/01)
Kauff-Gazin, Fabienne: Droit à pension d'un fonctionnaire européen et situation purement interne à la Belgique, Europe 2005 Février Comm. nº 40 p.13-14
Gautier, Yves: Chronique de jurisprudence du Tribunal et de la Cour de justice des Communautés européennes, Journal du droit international 2005 p.396-401
(domanda di pronuncia pregiudiziale proposta dal Tribunale du travail di Bruxelles)
«Dipendenti — Trasferimento dei diritti pensionistici — Art. 11 dell’allegato VIII dello Statuto del personale — Pensione anticipata di vecchiaia — Computo dei periodi di servizio presso le Comunità europee — Art. 10 CE»
Massime della sentenza
1. Libera circolazione delle persone — Lavoratori — Nozione — Cittadino di uno Stato membro occupato presso un’organizzazione
internazionale — Inclusione — Limite — Lavoratore cittadino di uno Stato membro che abbia svolto la totalità della sua carriera
professionale nel territorio di detto Stato membro
(Art. 39 CE)
2. Stati membri — Obblighi — Obbligo di leale cooperazione con le istituzioni comunitarie — Mancato computo dei periodi di attività
in seno alle Comunità europee per la concessione della pensione di vecchiaia anticipata in forza di un regime nazionale —
Inamissibilità
(Art. 10 CE; Statuto del personale, allegato VIII, art. 11, n. 2)
1. Un dipendente delle Comunità europee che lavora in uno Stato membro diverso dal suo Stato di origine ha lo status di lavoratore
migrante. Infatti, un cittadino comunitario che lavori in uno Stato membro diverso dal suo Stato di origine non perde la qualità
di lavoratore, ai sensi dell’art. 39, n. 1, CE, per il fatto di essere occupato presso un’organizzazione internazionale, anche
se le condizioni per il suo ingresso e il suo soggiorno nel paese in cui lavora sono appositamente disciplinate da una convenzione
internazionale.
Le disposizioni del Trattato relative alla libera circolazione dei lavoratori, particolarmente l’art. 39 CE, non possono tuttavia
essere applicate a situazioni puramente interne ad uno Stato membro. Non rientra pertanto nell’ambito di applicazione di dette
disposizioni un lavoratore che abbia svolto la totalità della sua carriera professionale nel territorio dello Stato membro
di cui è cittadino, in un primo tempo, come dipendente e, in un secondo momento e fino all’età della pensione, come dipendente
delle Comunità europee.
(v. punti 37, 39-40, 43)
2. L’art. 10 CE, in combinato disposto con lo Statuto del personale delle Comunità europee, deve essere interpretato nel senso
che osta ad una normativa nazionale che non consente di tenere conto, ai fini del riconoscimento del diritto ad una pensione
anticipata di vecchiaia in base al regime nazionale, degli anni di servizio che un cittadino comunitario ha prestato presso
un’istituzione comunitaria.
Siffatta normativa nazionale è infatti idonea a ostacolare e, quindi, a scoraggiare l’esercizio di un’attività professionale
nell’ambito di un’istituzione dell’Unione europea in quanto, accettando un’occupazione presso tale istituzione, un lavoratore
che in precedenza sia stato iscritto ad un regime pensionistico nazionale rischia di perdere la possibilità di beneficiare,
in base a tale regime, di una prestazione di vecchiaia alla quale avrebbe avuto diritto se non avesse accettato tale lavoro.
Conseguenze del genere non possono essere ammesse in base all’obbligo di leale cooperazione ed assistenza che incombe agli
Stati membri nei confronti della Comunità e che trova la sua espressione nell’obbligo, previsto dall’art. 10 CE, di facilitare
quest’ultima nell’adempimento dei propri compiti.
(v. punti 47-49 e dispositivo)
SENTENZA DELLA CORTE (Seconda Sezione) 16 dicembre 2004(1)
Nel procedimento C-293/03,avente ad oggetto la domanda di pronuncia pregiudiziale proposta alla Corte, ai sensi dell'art. 234 CE, dal Tribunal du travail
de Bruxelles (Belgio) con decisione 20 maggio 2003, pervenuta in cancelleria il 4 luglio 2003, nella causa
Gregorio My
controOffice national des pensions (ONP),
LA CORTE (Seconda Sezione),,
composta dal sig. C. W. A. Timmermans, presidente di sezione, dai sigg. C. Gulmann, R. Schintgen (relatore), G. Arestis e
J. Klučka, giudici,
avvocato generale: sig. A. Tizzano cancelliere: sig.ra M. Múgica Arzamendi, amministratore principale
vista la fase scritta del procedimento e in seguito alla trattazione orale del 17 giugno 2004,viste le osservazioni presentate:
–
per il sig. My, dal sig. C. Rosenfeld, avocat;
–
per l'Office national des pensions, dai sigg. G. Perl e J.-P. Lheureux, in qualità di agenti;
–
per il governo ellenico, dalle sig.re A. Samoni-Rantou e M. Tassopoulou, in qualità di agenti;
–
per il governo dei Paesi Bassi, dalla sig.ra H. G. Sevenster, in qualità di agente;
–
per la Commissione delle Comunità europee, dal sig. D. Martin, in qualità di agente,
sentite le conclusioni dell'avvocato generale, presentate all'udienza del 9 settembre 2004,
ha pronunciato la seguente
Sentenza
1
La domanda di pronuncia pregiudiziale verte sull’interpretazione degli artt. 2 CE, 3 CE, 17 CE, 18 CE, 39 CE, 40 CE, 42 CE
e 283 CE, nonché su quella dell’art. 7 del regolamento (CEE) del Consiglio 15 ottobre 1968, n. 1612, relativo alla libera
circolazione dei lavoratori all’interno della Comunità (GU L 257, pag. 2).
2
Tale domanda è stata proposta nell’ambito di una controversia che oppone il sig. My all’Office national des pensions (ossia
l’Ente nazionale belga per le pensioni; in prosieguo: l’«ONP»), relativamente al rifiuto di quest’ultimo di tenere conto della
carriera professionale dell’interessato svolta presso un’istituzione delle Comunità europee ai fini del riconoscimento del
diritto ad una pensione di vecchiaia anticipata in base al regime belga.
Contesto normativo
La normativa comunitaria
3
Ai sensi dell’art. 11, nn. 1 e 2, dell’allegato VIII dello Statuto del personale delle Comunità europee (in prosieguo: lo
«Statuto»), nella versione vigente al tempo dei fatti di cui alla causa principale:
«1. Il funzionario che cessa dalle sue funzioni per:
–
entrare al servizio di un’amministrazione ovvero organizzazione nazionale o internazionale che abbia concluso un accordo con
le Comunità,
–
esercitare un’attività subordinata o autonoma per la quale egli maturi dei diritti a pensione in un regime i cui organismi
di gestione abbiano concluso un accordo con le Comunità,
ha diritto di far trasferire alla cassa pensioni di tale amministrazione ed organizzazione, ovvero alla cassa presso la quale
il funzionario maturi dei diritti a pensione di anzianità per la sua attività subordinata o autonoma, l’equivalente attuariale
dei suoi diritti alla pensione di anzianità maturati nelle Comunità.
2. Il funzionario che entra al servizio delle Comunità dopo:
–
aver cessato di prestare servizio presso un’amministrazione, un’organizzazione nazionale o internazionale, ovvero
–
aver esercitato un’attività subordinata o autonoma,
ha facoltà, all’atto della sua nomina in ruolo, di far versare alle Comunità sia l’equivalente attuariale sia il forfait di
riscatto dei diritti alla pensione di anzianità maturati per le attività suddette.
In tal caso l’istituzione presso cui il funzionario presta servizio determina, tenuto conto del grado di inquadramento, le
annualità che computa, secondo il proprio regime, a titolo di servizio prestato in precedenza sulla base dell’importo dell’equivalente
attuariale o del forfait di riscatto».
La normativa nazionale
4
Ai sensi dell’art. 3 della legge 21 maggio 1991, relativa alle relazioni tra i regimi pensionistici belgi e quelli delle istituzioni
di diritto internazionale pubblico (Moniteur belge del 20 giugno 1991; in prosieguo: la «legge 1991»):
«Ogni dipendente può, con l’accordo dell’istituzione, domandare che sia versato all’istituzione l’ammontare della pensione
di anzianità relativa ai servizi e periodi anteriori alla sua entrata in servizio presso l’istituzione».
5
Ai sensi dell’art. 9 della menzionata legge, all’interessato è attribuito però il diritto di ritirare la sua domanda di trasferimento
dei diritti pensionistici a carico del regime belga. Tale ritiro è definitivo ed irrevocabile.
6
L’art. 2, n. 1, punto 5, della legge 1991 dà una definizione del termine «dipendente» comprensiva di «qualsiasi membro del
personale che benefici del regime pensionistico dell’istituzione e per il quale il trasferimento dei diritti pensionistici
non sia disciplinato da una normativa o da un accordo particolare». Per quanto riguarda il termine «istituzione», esso, in
base alla definizione di cui all’art. 2, n. 1, punto 1, indica «le istituzioni comunitarie, gli enti ad esse assimilati ai
fini dell’applicazione dello Statuto del personale e degli altri agenti dell’Unione europea, nonché gli organismi a vocazione
comunitaria il cui regime pensionistico conferisca ai dipendenti nominati in ruolo la facoltà di chiedere il trasferimento,
verso la cassa pensioni dell’istituzione, dei diritti pensionistici maturati prima della sua entrata in servizio presso l’istituzione».
7
La legge 10 febbraio 2003, recante disciplina per il trasferimento dei diritti pensionistici tra i regimi pensionistici belgi
e quelli delle istituzioni di diritto internazionale pubblico (Moniteur belge del 27 marzo 2003; in prosieguo: la «legge 2003»), al suo art. 14, prevede che adesso un dipendente che cessi dalle sue funzioni
presso le Comunità europee per esercitare un’attività professionale in Belgio possa chiedere il trasferimento verso il regime
belga dell’equivalente attuariale dei diritti pensionistici maturati in base al regime comunitario o del forfait di riscatto
corrispondente ai contributi versati in forza del detto regime.
8
Ai sensi del suo art. 29, la legge 2003 produce i suoi effetti dal 1° gennaio 2002 e si applica alle domande di trasferimento
presentate a partire da tale data.
9
Peraltro, l’art. 4, n. 2, primo comma, del regio decreto 23 dicembre 1996, recante attuazione degli artt. 15, 16 e 17 della
legge 26 luglio 1996 recante modernizzazione della previdenza sociale e volta ad assicurare il funzionamento dei regimi pensionistici
legali (Moniteur belge del 17 gennaio 1997; in prosieguo: il «regio decreto»), dispone quanto segue:
«La possibilità di ottenere una pensione di anzianità anticipata conformemente al n. 1 è subordinata alla condizione che l’interessato
provi una carriera di almeno 35 anni che dia diritto a una pensione in forza del presente decreto, della legge 20 luglio 1990,
del regio decreto n. 50, di un regime belga per operai, impiegati, minatori, marinai o lavoratori autonomi, o di un regime
belga applicabile al personale dei servizi pubblici o della Société nationale des Chemins de fer belges [l’ente pubblico belga
delle ferrovie] o in base a qualsiasi altro regime legale belga».
Controversia principale e questione pregiudiziale
10
Il sig. My, cittadino italiano, nato il 20 febbraio 1941, ha versato per 19 anni i contributi pensionistici all’ente previdenziale
belga per i lavoratori dipendenti, prima di lavorare, a partire dal 1º giugno 1974, presso il Consiglio delle Comunità europee
come dipendente, ciò fino al 31 maggio 2001.
11
Nel marzo 1992 l’interessato ha chiesto all’ONP, in applicazione della legge 1991, il trasferimento dei diritti pensionistici
dal regime belga verso quello delle Comunità europee. Nell’ottobre 1992 tale ufficio gli ha notificato i suoi diritti pensionistici
trasferibili.
12
Tuttavia, nell’ottobre 2000, il Consiglio ha comunicato al detto ufficio che il sig. My aveva deciso di rinunciare al trasferimento
dei suoi diritti pensionistici maturati ai sensi della legislazione belga, come permesso dall’art. 9 della legge 1991. Con
lettera del 17 ottobre 2000 indirizzata al sig. My, l’ONP ha preso atto di tale rinuncia.
13
Il 20 ottobre 2000 il sig. My ha chiesto di beneficiare di un trattamento pensionistico anticipato di vecchiaia ai sensi dell’art. 4,
n. 2, del regio decreto.
14
Con decisione 2 maggio 2001 l’ONP ha respinto tale richiesta in quanto l’interessato non totalizzava i 35 anni richiesti dall’art. 4,
n. 2, del regio decreto per avere diritto ad una pensione anticipata di vecchiaia. A tale proposito, detto ufficio ha rifiutato
di tenere conto dei 27 anni di servizio prestati dal sig. My come dipendente presso le Comunità europee, in quanto il regime
previsto dallo Statuto non è contemplato dalla normativa belga.
15
Il Tribunal du travail de Bruxelles (Tribunale del lavoro di Bruxelles; in prosieguo: il «Tribunal»), nutrendo dubbi circa
la compatibilità, da un lato, della legge 1991 e dello Statuto, in quanto non garantiscono il diritto al trasferimento dei
diritti pensionistici dal regime comunitario al regime nazionale, nonché, dall’altro, dell’art. 4, n. 2, del regio decreto,
in quanto non permette di tenere conto dei periodi di servizio prestati presso un’istituzione comunitaria, con il principio
della libera circolazione dei lavoratori e con il divieto di discriminazioni, nonché con i diritti garantiti dal Trattato
CE ai cittadini dell’Unione, ha deciso di sospendere il giudizio e di sottoporre alla Corte la seguente questione pregiudiziale:
«Se norme nazionali come la [legge 1991 ed il regio decreto] nel suo art. 4, n. 2, o lo Statuto (…) nel suo allegato VIII,
art. 11, siano compatibili con gli artt. 2, 3, 17, 18, 39, 40, 42 e 283 nuovi del Trattato che istituisce l’Unione europea
e con l’art. 7 del regolamento (CEE) n. 1612/68 (…):
a)
nella parte in cui tali norme nazionali e tale Statuto non consentono a un cittadino dell’Unione europea, come il ricorrente,
la cui carriera professionale si è svolta in un’impresa o in un servizio pubblico nazionale e successivamente nella funzione
pubblica dell’Unione europea, o viceversa, di confrontare i benefici pensionistici che gli spetterebbero in ciascun regime,
nazionale o europeo, tramite trasferimento dei diritti maturati negli altri regimi, e di chiedere, in base a tale confronto,
il trasferimento di questi diritti dal regime nazionale a quello europeo o, inversamente, dal regime europeo a quello nazionale;
b)
nella parte in cui tali norme, prevedendo che l’interessato debba espressamente rinunciare al trasferimento dal regime belga
a quello europeo o favorendo una prassi amministrativa in tal senso, senza che sia effettuato il suddetto confronto, inducono
o possono indurre in errore il lavoratore interessato; e
c)
nella parte in cui tali norme nazionali non consentono, per la concessione di una pensione nazionale anticipata, di tener
conto degli anni di attività professionale svolti in qualità di dipendente dell’Unione europea».
Sulla questione pregiudizialeSulla ricevibilità della domanda di pronuncia pregiudiziale
16
Innanzi tutto, il governo olandese ritiene che la domanda di pronuncia pregiudiziale sia irricevibile a causa delle carenti
informazioni contenute nella decisione di rinvio sia sulle circostanze di fatto sia sul contesto normativo della controversia
principale.
17
A tale proposito, occorre ricordare che, secondo una costante giurisprudenza, l’esigenza di giungere ad un’interpretazione
del diritto comunitario che sia utile per il giudice nazionale impone che quest’ultimo definisca l’ambito di fatto e di diritto
in cui si inseriscono le questioni sollevate o che esso spieghi almeno le ipotesi di fatto su cui tali questioni sono fondate
al fine di consentire alla Corte di fornire risposte utili e di dare ai governi degli Stati membri, nonché alle altre parti
interessate la possibilità di presentare osservazioni ai sensi dell’art. 23 dello Statuto della Corte di giustizia (v., in
particolare, sentenza 11 aprile 2000, cause riunite C‑51/96 e C‑191/97, Deliège, Racc. pag. I‑2549, punti 30 e 31).
18
Nel caso concreto, dalle osservazioni presentate dalle parti nella causa principale, dal governo ellenico, dal governo olandese
stesso e dalla Commissione delle Comunità europee emerge che le informazioni contenute nella decisione di rinvio hanno permesso
a questi di prendere utilmente posizione sulla questione sottoposta alla Corte. Inoltre, le informazioni contenute nella decisione
di rinvio sono state completate dagli elementi del fascicolo trasmesso dal giudice nazionale e dalle osservazioni scritte
presentate dinanzi alla Corte. L’insieme di tali elementi, ripresi nella relazione d’udienza, è stato reso noto ai governi
degli Stati membri ed alle altre parti interessate in vista dell’udienza nel corso della quale questi ultimi hanno potuto,
eventualmente, completare le loro osservazioni.
19
L’eccezione sollevata dal governo olandese deve quindi essere respinta.
20
In secondo luogo, l’ONP sostiene che la domanda di pronuncia pregiudiziale è irricevibile perché sarebbe divenuta priva di
oggetto dopo l’entrata in vigore della legge 2003, in quanto, a suo dire, la detta legge prevederebbe la possibilità per i
dipendenti delle Comunità europee di chiedere il trasferimento dei diritti pensionistici maturati in forza del regime comunitario
verso il regime belga, il che consentirebbe di tenere conto dei periodi di servizio come dipendente di un’istituzione comunitaria
ai fini del riconoscimento di un diritto ad una pensione nazionale anticipata di vecchiaia.
21
A tale proposito, anche se la stessa legge 2003 consentisse, come ha sostenuto l’ONP in udienza, di tenere conto dei periodi
di contribuzione al regime comunitario anche quando l’interessato non ha richiesto, come nella causa principale, il trasferimento
dei suoi diritti pensionistici dal regime comunitario verso il regime belga, risulta dal fascicolo che il sig. My ha presentato
la sua domanda di pensione anticipata di vecchiaia il 20 ottobre 2000, ossia più di un anno prima dell’entrata in vigore della
legge 2003. Orbene, in forza del suo art. 29, la detta legge produce i suoi effetti dal 1º gennaio 2002 e si applica solo
alle domande di trasferimento presentate a partire da tale data.
22
Conseguentemente, anche l’eccezione sollevata dall’ONP deve essere respinta.
23
Infine, la Commissione fa valere che le prime due parti della questione, relative al trasferimento di diritti pensionistici
propriamente detti, non presentano alcun nesso con la controversia principale, la quale verterebbe esclusivamente sulla presa
in considerazione dei 27 anni di servizio svolti dall’interessato presso il Consiglio ai fini del riconoscimento di un diritto
ad una pensione anticipata di vecchiaia in base alla normativa belga. Solo quest’ultimo aspetto andrebbe quindi valutato dalla
Corte.
24
A questo proposito, occorre ricordare che, conformemente ad una giurisprudenza consolidata, nell’ambito della collaborazione
tra la Corte e i giudici nazionali istituita dall’art. 234 CE, spetta esclusivamente al giudice nazionale cui è stata sottoposta
la controversia e che deve assumersi la responsabilità dell’emananda decisione giurisdizionale valutare, alla luce delle particolari
circostanze della causa, sia la necessità di una pronuncia pregiudiziale ai fini della pronuncia della propria sentenza, sia
la rilevanza delle questioni che sottopone alla Corte. Di conseguenza, quando le questioni pregiudiziali sollevate vertono
sull’interpretazione del diritto comunitario, la Corte, in via di principio, è tenuta a statuire (v., in particolare, sentenze
15 dicembre 1995, causa C‑415/93, Bosman, Racc. pag. I‑4921, punto 59, e 19 febbraio 2002, causa C‑35/99, Arduino, Racc. pag. I‑1529,
punto 24).
25
Tuttavia, la Corte ha anche affermato che, in ipotesi eccezionali, le spetta esaminare le condizioni in presenza delle quali
è adita dal giudice nazionale al fine di verificare la propria competenza (v., in tal senso, sentenza 16 dicembre 1981, causa
244/80, Foglia, Racc. pag. 3045, punto 21). La Corte può rifiutare di pronunciarsi su una questione pregiudiziale sollevata
da un giudice nazionale solo quando risulta manifestamente che l’interpretazione del diritto comunitario richiesta non ha
alcuna relazione con la realtà effettiva o con l’oggetto della causa principale, oppure quando il problema è di natura teorica
o la Corte non dispone degli elementi di fatto e di diritto necessari per fornire una soluzione utile alle questioni che le
vengono sottoposte (v., in particolare, le precitate sentenze Bosman, punto 61, e Arduino, punto 25).
26
Orbene, come è già stato accertato, il sig. My non ha mai chiesto, nella causa principale, il trasferimento dei diritti a
pensione maturati in base al regime comunitario verso il regime pensionistico belga, ma unicamente il beneficio di una pensione
nazionale anticipata di vecchiaia. A tale proposito, il sig. My ha contestato il rifiuto dell’ONP di tenere conto dei 27 anni
di servizio prestati come dipendente presso il Consiglio ai fini del calcolo dei 35 anni di carriera previsti dall’art. 4,
n. 2, del regio decreto, da cui dipende il riconoscimento del diritto alla detta pensione.
27
Ne deriva che la controversia principale verte solo sulla questione se il diritto comunitario imponga alle autorità belghe
di tenere conto sia dei periodi di servizio prestati dal sig. My nell’ambito del regime pensionistico belga, sia di quelli
riconosciuti dal regime comunitario.
28
In tale contesto, non occorre rispondere alle prime due parti della questione proposta.
Computo dei periodi di servizio svolti presso le Comunità europee Sugli artt. 2 CE, 3 CE, 40 CE e 283 CE
29
Come la Corte ha già dichiarato (sentenze 29 settembre 1987, causa 126/86, Giménez Zaera, Racc. pag. 3697, punto 11, e 11
marzo 1992, cause riunite da C‑78/90 a C‑83/90, Compagnie commerciale de l’Ouest e a., Racc. pag. I‑1847, punti 17 e 18),
gli artt. 2 CE e 3 CE enunciano obiettivi generali esplicitati da altre disposizioni del Trattato. Essi non possono venire
applicati autonomamente rispetto alle disposizioni più specifiche del Trattato menzionate nella questione pregiudiziale.
30
Parimenti, gli artt. 40 CE e 283 CE si limitano a servire da fondamento normativo per l’adozione, da parte del Consiglio,
rispettivamente delle misure necessarie alla realizzazione della libera circolazione dei lavoratori, garantita dall’art. 39
CE, e dello Statuto del personale delle Comunità europee nonché del regime applicabile agli altri agenti di dette Comunità.
31
Conseguentemente, gli artt. 2 CE, 3 CE, 40 CE e 283 CE sono irrilevanti nell’ambito della presente controversia.
Sugli artt. 17 CE e 18 CE
32
L’art. 17 CE, pur istituendo la cittadinanza dell’Unione, si limita a prevedere che i cittadini dell’Unione godono dei diritti
e sono soggetti ai doveri previsti dal Trattato. A tale proposito, quindi, esso non può ricevere un’applicazione autonoma
rispetto alle disposizioni specifiche del Trattato che disciplinano i diritti ed i doveri dei cittadini dell’Unione.
33
Quanto all’art. 18 CE, che enuncia, in linea generale, il diritto di ogni cittadino dell’Unione di circolare e soggiornare
liberamente nel territorio degli Stati membri, esso trova espressione specifica nell’art. 39 CE, per quel che riguarda la
libera circolazione dei lavoratori. Orbene, poiché il giudice del rinvio chiede alla Corte anche come interpretare quest’ultima
disposizione, occorre innanzi tutto pronunciarsi su tale punto (v., in tal senso, sentenza 26 novembre 2002, causa C‑100/01,
Oteiza Olazabal, Racc. pag. I‑10981, punto 26).
Sull’art. 42 CE
34
L’art. 42 CE investe il Consiglio del compito di instaurare un regime che consenta ai lavoratori di superare gli ostacoli
che possono loro derivare dalle norme nazionali adottate in materia di previdenza sociale possono costituire nei loro confronti.
Il Consiglio ha inizialmente adempiuto a tale obbligo adottando il regolamento (CEE) del Consiglio 14 giugno 1971, n. 1408,
relativo all’applicazione dei regimi di sicurezza sociale ai lavoratori subordinati, ai lavoratori autonomi e ai loro familiari
che si spostano all’interno della Comunità, nella versione modificata ed aggiornata dal regolamento (CE) del Consiglio 2 dicembre
1996, n. 118/97 (GU 1997, L 28, pag. 1).
35
Orbene, come la Corte ha statuito nella sentenza 3 ottobre 2000, causa C‑411/98, Ferlini (Racc. pag. I‑8081, punto 41), i
dipendenti delle Comunità europee non possono essere considerati lavoratori ai sensi del regolamento n. 1408/71, non essendo
soggetti ad una normativa nazionale previdenziale, come richiesto dall’art. 2, n. 1, del detto regolamento, che definisce
l’ambito di applicazione personale di quest’ultimo.
36
Conseguentemente, la situazione del sig. My non rientra nell’ambito di applicazione dell’art. 42 CE, né in quello del regolamento
n. 1408/71.
Sugli artt. 39 CE e 7 del regolamento n. 1612/68
37
Secondo una giurisprudenza consolidata, il dipendente delle Comunità europee ha lo status di lavoratore migrante. Infatti,
un cittadino comunitario che lavori in uno Stato membro diverso dal suo Stato d’origine non perde la qualità di lavoratore,
ai sensi dell’art. 39, n. 1, CE, per il fatto di essere occupato presso un’organizzazione internazionale, anche se le condizioni
per il suo ingresso e il suo soggiorno nel paese in cui lavora sono appositamente disciplinate da una convenzione internazionale
(sentenze 15 marzo 1989, cause riunite 389/87 e 390/87, Echternach e Moritz, Racc. pag. 723, punto 11; 27 maggio 1993, causa
C‑310/91, Schmid, Racc. pag. I‑3011, punto 20, e Ferlini, cit., punto 42).
38
Ne consegue che ad un lavoratore cittadino di uno Stato membro come il sig. My non può negarsi il beneficio dei diritti e
dei vantaggi sociali conferitigli dall’art. 39 CE e dal regolamento n. 1612/68 (v. sentenze 13 luglio 1983, causa 152/82,
Forcheri, Racc. pag. 2323, punto 9; Echternach e Moritz, cit., punto 12; Schmid, cit., punto 22, e Ferlini, cit., punto 43).
39
Tuttavia, dal fascicolo emerge che il sig. My, giunto in Belgio all’età di nove anni, ha svolto la totalità della sua carriera
professionale in territorio belga, in un primo tempo, come dipendente presso diverse società belghe e, in un secondo momento
e fino all’età della pensione, come dipendente presso il Segretariato generale del Consiglio.
40
Orbene, le disposizioni del Trattato relative alla libera circolazione dei lavoratori, particolarmente l’art. 39 CE, non possono
essere applicate a situazioni puramente interne ad uno Stato membro (sentenza 5 giugno 1997, cause riunite C‑64/96 e C‑65/96,
Uecker e Jacquet, Racc. pag. I‑3171, punto 16, e giurisprudenza ivi citata).
41
Tuttavia, al fine di stabilire un nesso con una delle situazioni previste dall’art. 39 CE, la Commissione ha fatto valere
che il periodo di attività presso un servizio pubblico internazionale, quale quello dell’Unione europea, doveva essere equiparato
ad un periodo di attività presso un servizio pubblico di un altro Stato membro.
42
Come emerge dai paragrafi 85-89 delle conclusioni dell’avvocato generale, una tale fictio iuris non può essere fondata sulle
disposizioni del Trattato relative alla libera circolazione dei lavoratori.
43
Conseguentemente, la situazione del sig. My non rientra nell’ambito di applicazione degli artt. 39 CE e 7 del regolamento
n. 1612/68.
Sull’art. 11, n. 2, dell’allegato VIII dello Statuto e sull’art. 10 CE
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Il sistema di trasferimento dei diritti pensionistici, quale previsto dall’art. 11, n. 2, dell’allegato VIII dello Statuto,
consentendo un coordinamento tra i regimi pensionistici nazionali e quello comunitario, mira ad agevolare il passaggio dagli
impieghi nazionali, pubblici o privati, all’amministrazione comunitaria e a garantire in tal modo alle Comunità le maggiori
possibilità di scelta di personale qualificato che abbia già un’adeguata esperienza professionale (sentenza 20 ottobre 1981,
causa 137/80, Commissione/Belgio, Racc. pag. 2393, punti 11 e 12).
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In particolare, la Corte ha statuito che, rifiutando di adottare i provvedimenti necessari per il trasferimento al regime
pensionistico comunitario dell’equivalente attuariale o del forfait di riscatto dei diritti pensionistici maturati nel regime
pensionistico nazionale, come previsto dall’art. 11, n. 2, dell’allegato VIII dello Statuto, uno Stato membro potrebbe rendere
più difficile l’assunzione, da parte della Comunità, di dipendenti nazionali con una certa anzianità, poiché tale passaggio
dall’amministrazione nazionale a quella comunitaria li priverebbe dei diritti pensionistici cui avrebbero titolo se non avessero
accettato di entrare in servizio presso la Comunità (sentenza Commissione/Belgio, cit., punto 19).
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Orbene, tale situazione si presenta anche quando uno Stato membro rifiuta di tenere conto, ai fini del riconoscimento di un
diritto alla pensione anticipata di vecchiaia in forza del suo regime, dei periodi di servizio riconosciuti dal regime pensionistico
comunitario.
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Infatti, è giocoforza constatare che una normativa nazionale, quale quella in questione nella causa principale, è idonea ad
ostacolare e, quindi, a scoraggiare l’esercizio di un’attività professionale nell’ambito di un’istituzione dell’Unione europea
in quanto, accettando un’occupazione presso tale istituzione, un lavoratore che in precedenza sia stato iscritto ad un regime
pensionistico nazionale rischia di perdere la possibilità di beneficiare, in base a tale regime, di una prestazione di vecchiaia
alla quale avrebbe avuto diritto se non avesse accettato tale lavoro.
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Conseguenze del genere non possono essere ammesse in base all’obbligo di leale cooperazione ed assistenza che incombe agli
Stati membri nei confronti della Comunità e che trova la sua espressione nell’obbligo, previsto dall’art. 10 CE, di facilitare
quest’ultima nell’adempimento dei propri compiti.
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Conseguentemente, occorre rispondere alla questione sollevata dichiarando che l’art. 10 CE, letto in combinato disposto con
lo Statuto, deve essere interpretato nel senso che osta ad una normativa nazionale che non consente di tenere conto, ai fini
del riconoscimento del diritto ad una pensione anticipata di vecchiaia in base al regime nazionale, degli anni di servizio
che un cittadino comunitario ha prestato presso un’istituzione comunitaria.
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Alla luce di quanto precede, non occorre rispondere alla questione proposta nella parte in cui essa verte sull’interpretazione
dell’art. 18 CE.
Sulle spese
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Nei confronti delle parti nella causa principale il presente procedimento costituisce un incidente sollevato dinanzi al giudice
nazionale, cui spetta quindi statuire sulle spese. Le spese sostenute per presentare osservazioni alla Corte, diverse da quelle
delle dette parti, non possono dar luogo a rifusione.
Per questi motivi, la Corte (Seconda Sezione) dichiara:
L’art. 10 CE, letto in combinato disposto con lo Statuto del personale delle Comunità europee, deve essere interpretato nel
senso che osta ad una normativa nazionale che non consente di tenere conto, ai fini del riconoscimento del diritto ad una
pensione anticipata di vecchiaia in base al regime nazionale, degli anni di servizio che un cittadino comunitario ha prestato
presso un’istituzione comunitaria.