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Document 52008DC0767
Communication from the Commission to the European Parliament, the Council, the European Economic and Social Committee and the Committee of the Regions - An EU strategy for better ship dismantling {SEC(2008) 2846} {SEC(2008) 2847}
Comunicazione della Commissione al Consiglio, al Parlamento Europeo, al Comitato economico e sociale europeo e al Comitato delle regioni - Strategia dell'Unione europea per una migliore demolizione delle navi {SEC(2008) 2846} {SEC(2008) 2847}
Comunicazione della Commissione al Consiglio, al Parlamento Europeo, al Comitato economico e sociale europeo e al Comitato delle regioni - Strategia dell'Unione europea per una migliore demolizione delle navi {SEC(2008) 2846} {SEC(2008) 2847}
/* COM/2008/0767 def. */
Comunicazione della Commissione al Consiglio, al Parlamento Europeo, al Comitato economico e sociale europeo e al Comitato delle regioni - Strategia dell'Unione europea per una migliore demolizione delle navi {SEC(2008) 2846} {SEC(2008) 2847} /* COM/2008/0767 def. */
[pic] | COMMISSIONE DELLE COMUNITÀ EUROPEE | Bruxelles, 19.11.2008 COM(2008) 767 definitivo COMUNICAZIONE DELLA COMMISSIONE AL CONSIGLIO, AL PARLAMENTO EUROPEO, AL COMITATO ECONOMICO E SOCIALE EUROPEO E AL COMITATO DELLE REGIONI Strategia dell'Unione europea per una migliore demolizione delle navi {SEC(2008) 2846} {SEC(2008) 2847} 1. INTRODUZIONE Il 22 maggio 2007 la Commissione europea ha adottato il Libro verde "Per una migliore demolizione delle navi"[1], che prevede una serie di misure possibili grazie alle quali l'UE potrebbe contribuire a un trattamento più sicuro e compatibile con l'ambiente delle navi in disuso su scala mondiale. In seguito, ha avuto luogo un processo di consultazione in cui le istituzioni europee, gli Stati membri, le parti interessate e i cittadini sono stati invitati a presentare le loro osservazioni. Tale opportunità è stata ampiamente sfruttata dalle istituzioni e dalle parti interessate all'interno e all'esterno dell'UE. Più recentemente, il 21 maggio 2008, il Parlamento europeo ha adottato una risoluzione che invita la Commissione e gli Stati membri a intervenire con urgenza e in diversi modi in materia di demolizione delle navi[2]. La presente comunicazione si basa sui risultati della consultazione, sugli ultimi sviluppi relativi al progetto di una convenzione internazionale sul riciclaggio delle navi e sulle informazioni derivanti dalle ricerche più recenti, in particolare lo studio della Commissione sulla demolizione e la bonifica preventiva delle navi[3]. È accompagnata da una valutazione d'impatto che analizza l'impatto ambientale, sociale ed economico delle misure previste[4] ed è inoltre in linea con gli impegni presi dalla Commissione nell'ambito del Piano d'azione per una politica marittima integrata dell'Unione[5]. Rispetto alla situazione del 2006, che aveva indotto la Commissione ad avviare i lavori per una strategia sulla demolizione delle navi, si possono oggi individuare alcuni sviluppi positivi. L'Organizzazione marittima internazionale (IMO) ha infatti compiuto numerosi passi avanti nell'elaborazione di un regime globalmente vincolante sul riciclaggio delle navi. In Europa e in Asia è presente un maggior numero di impianti che possono garantire degli standard buoni o comunque migliori per la demolizione delle navi. Infine, i cittadini sono sempre più consci del problema e dell'urgenza di trovare una soluzione. Tuttavia, nonostante i progressi realizzati finora, gran parte delle navi marittime finisce in cantieri di demolizione che non dispongono delle infrastrutture adeguate per tutelare l'ambiente e la salute dei lavoratori. 2. I PRINCIPALI OSTACOLI A UNA DEMOLIZIONE DELLE NAVI SICURA E COMPATIBILE CON L'AMBIENTE 2.1 I fattori economici che determinano una demolizione di qualità scadente Come analizzato nel Libro verde del maggio 2007, l'economia della demolizione delle navi è determinata principalmente da fattori di mercato come i tassi di nolo, il prezzo dei rottami di acciaio e i costi di manutenzione di una flotta vetusta, che influenzano le decisioni sulla rottamazione di una nave. La scelta di un sito di demolizione è influenzata in particolare dal prezzo del metallo che un impianto può offrire all'armatore o all'acquirente intermediario. Tale prezzo dipende a sua volta dalla domanda di acciaio riciclato nella zona interessata e dai costi delle operazioni di riciclaggio. I costi del riciclaggio delle navi variano notevolmente in funzione del costo della manodopera e dei costi dell'infrastruttura necessaria per garantire la sicurezza dei lavoratori e la tutela ambientale. Inoltre, il prezzo sale se i rottami di acciaio possono essere riciclati "a freddo", senza una rifusione ad alto consumo energetico e quindi onerosa, nei forni elettrici. Dal 2004, più dell'80% delle navi in disuso di grandi dimensioni (in termini di stazza) nel mondo è stato demolito in India, Bangladesh e Pakistan. In questi paesi viene usato il metodo dell'"arenamento", ovvero le navi arrivano — spesso da sole — su spiagge sabbiose e si incagliano e spezzano senza bisogno di macchinari pesanti e senza altro sistema di contenimento se non lo scafo della nave stessa. Altri paesi come la Cina, la Turchia e diversi Stati membri dell'UE, dove esiste la possibilità di demolire le navi nei bacini di carenaggio, sui moli e negli scali di costruzione, rappresentano solo una piccola percentuale del mercato. Gli operatori dell'Asia meridionale impiegano molti lavoratori non specializzati che vengono retribuiti con salari molto bassi, pari a circa 1 USD al giorno. Gli investimenti nelle strutture e nei macchinari permanenti dei cantieri sono molto limitati. Dei tre paesi sopra menzionati, solo l'India, negli ultimi 2-3 anni, ha sviluppato un'infrastruttura centralizzata per la gestione dei rifiuti pericolosi e per la formazione e la tutela della salute dei lavoratori. Il prezzo più elevato per i rottami di acciaio delle navi nei primi mesi del 2008 – circa 700 USD per tonnellata di materiale di media qualità – è stato pagato dagli operatori in Bangladesh, dove gli standard di sicurezza dei lavoratori e la prevenzione dell'inquinamento sono minimi e gran parte dell'acciaio viene lavorato senza fusione negli impianti di rilaminazione. Per gli armatori vi è quindi un forte incentivo economico a scegliere impianti di riciclaggio con uno standard sociale e ambientale particolarmente basso. 2.2 Scarsa attuazione dell 'attuale normativa sulle spedizioni di rifiuti La convenzione di Basilea del 1989 sul controllo dei movimenti transfrontalieri di rifiuti pericolosi e del loro smaltimento stabilisce un sistema internazionale di notifiche e autorizzazioni scritte preventive tra i paesi per le spedizioni di rifiuti pericolosi. Una modifica adottata nel 1995, che non è ancora entrata in vigore, istituisce un divieto alle esportazioni di rifiuti pericolosi dai paesi membri dell'UE e dell'OCSE ai paesi non appartenenti all'OCSE. L'UE ha recepito la convenzione di Basilea nonché l'emendamento di cui sopra nel diritto comunitario e dal 1998 ha proibito l'esportazione di rifiuti pericolosi dalla Comunità verso i paesi non appartenenti all'OCSE. Il divieto è attualmente contenuto negli articoli 34 e 36 del regolamento (CE) n. 1013/2006 relativo alle spedizioni di rifiuti[6]. Le navi non sono esenti dalla normativa sulle spedizioni di rifiuti e le decisioni prese nell'ambito della convenzione di Basilea hanno stabilito che una nave può divenire rifiuto ai sensi dell'articolo 2 della suddetta convenzione e che al contempo può rispondere alla definizione di nave ai sensi di altre norme internazionali. L'atto della "disfarsi", di importanza fondamentale per la definizione di rifiuto nella normativa comunitaria, coincide spesso con la decisione di un armatore — per esempio in un contratto di demolizione — di far smantellare una nave. Dato che quasi tutte le navi contengono quantitativi significativi di materiali pericolosi come oli, morchie, amianto, lana di vetro, PCB, TBT, metalli pesanti nelle vernici ecc., quelle destinate alla rottamazione devono essere considerate come rifiuti pericolosi. Alcune decisioni degli organi giurisdizionali degli Stati membri dell'UE – il Conseil d'Etat francese nella causa Clemenceau e il Raad van State olandese nelle cause Sandrien e Otapan[7] – hanno confermato questa interpretazione giuridica. Tuttavia, le norme che regolano le spedizioni di rifiuti vengono raramente applicate alle navi in demolizione. Gran parte dei paesi che si occupano del riciclaggio – a eccezione della Turchia – sono restii a utilizzare la procedura di notifica e autorizzazione prevista dalla convenzione di Basilea per le navi importate ai fini della rottamazione. Il regolamento comunitario sulle spedizioni di rifiuti e il divieto all'esportazione sono di difficile applicazione nel caso in cui una nave diventi un rifiuto al di fuori delle acque europee. Recentemente le autorità di alcuni Stati membri hanno dimostrato alcune incertezze riguardo ai tempi e alle modalità di attuazione delle norme sulle spedizioni di rifiuti per le navi in disuso. 2.3 Volatilità del mercato e rischi futuri Il numero e la portata delle navi che sono state riciclate negli anni 2004-2007 sono stati molto inferiori rispetto alle previsioni degli anni precedenti. Sebbene in tutti gli anni tra il 1993 e il 2003 il materiale riciclato abbia superato i 10 milioni di tonnellate lorde (GT), dal 2005 le cifre non hanno superato i 5 milioni di tonnellate lorde. Parallelamente, l'età media di una nave demolita è passata dai circa 27 anni negli anni '90 agli oltre 32 anni nel 2006. Tale sviluppo rispecchia l'aumento inatteso dei tassi di nolo dovuto al boom economico asiatico. L'incremento della domanda ha inoltre portato a un boom della costruzione navale negli ultimi anni. È difficile prevedere quali saranno le conseguenze esatte ma è molto probabile che il crescente numero di navi vetuste porterà in pochi anni a una forte ripresa delle attività di demolizione. Vi è inoltre un pericolo specifico legato alle petroliere. Ai sensi della normativa europea e internazionale sull'eliminazione graduale delle petroliere a scafo unico, sono stati previsti due momenti di picco dell'attività di demolizione nel 2010 e nel 2015. Il numero di tali petroliere dovrebbe aggirarsi attorno alle 800 unità in tutto il mondo. Tuttavia, non è certo se queste dovranno essere smantellate immediatamente, poiché molte potrebbero essere convertite in petroliere a doppio scafo o essere utilizzate per il trasporto non petrolifero o a fini di stoccaggio. 3. SITUAZIONE A LIVELLO INTERNAZIONALE L'IMO intende portare a termine i lavori su una convenzione internazionale per un riciclaggio delle navi sicuro e compatibile con l'ambiente nell'ottobre 2008. La Commissione e gli Stati membri dell'UE stanno partecipando attivamente ai negoziati per la convenzione, che dovrebbe essere adottata nell'ambito di una conferenza diplomatica nel maggio 2009. Le disposizioni di ratifica per l'entrata in vigore della convenzione sono ancora oggetto di discussione. Nel luglio 2009 il Comitato per la protezione dell'ambiente marino (MEPC) dell'IMO adotterà delle linee guida aggiuntive per la certificazione delle navi e per la gestione degli impianti di riciclaggio. Il progetto di convenzione sul riciclaggio delle navi – conformemente con altri strumenti dell'IMO – non si applica a navi di portata inferiore a 500 GT né a navi da guerra o ausiliarie o ad altre navi possedute o gestite da uno Stato e impiegate solo per servizi statali a fini non commerciali. Inoltre, le navi adibite al trasporto interno, ovvero che operano per tutta la loro vita all'interno delle acque dello Stato di bandiera, saranno escluse dal campo d'applicazione. Tuttavia, la convenzione prevede che tali navi operino in modo conforme alla convenzione. Lo scopo della convenzione è di fornire un sistema globale di controllo e rispetto dell'attuazione dall'inizio alla fine del ciclo di vita delle navi ("dalla culla alla tomba") e si basa in particolare sul controllo e sulla certificazione delle navi e sull'autorizzazione degli impianti di riciclaggio. Sono previste inoltre limitazioni per l'uso di materiali pericolosi nella costruzione navale e quelli più pericolosi dovrebbero essere rimossi anche dalle navi esistenti durante il periodo di attività. L'attuale progetto di convenzione stabilisce determinati requisiti per la sicurezza e la tutela ambientale negli impianti di riciclaggio delle navi ma non esclude esplicitamente l'arenamento come metodo di demolizione. I meccanismi di applicazione e conformità sono ancora oggetto di discussione ma l'IMO ha respinto la proposta di un audit esterno degli impianti di riciclaggio. La decisione sulla necessità di un previo assenso informato da parte delle autorità competenti prima di ogni operazione di riciclaggio sarà probabilmente lasciata a ogni Stato che si occupa del riciclaggio sotto forma di clausola di partecipazione (opt-in) inserita nella convenzione. Nell'ambito della convenzione di Basilea il punto centrale in discussione è se la futura convenzione dell'IMO sul riciclaggio delle navi garantirà un livello di controllo e attuazione equivalente a quello assicurato dalla convenzione di Basilea. La Commissione e gli Stati membri stanno lavorando a livello dell'IMO e della convenzione di Basilea al fine di garantire un livello di controllo equivalente. Questa potrebbe essere la condizione per escludere dal campo d'applicazione della convenzione di Basilea le navi che rientrano nel nuovo regime internazionale. 4. OBIETTIVI DELL'INTERVENTO COMUNITARIO L'obiettivo generale della strategia UE per la demolizione delle navi è di garantire che le navi con un forte legame con l'UE in termine di bandiera o di proprietà siano smantellate solo in impianti sicuri e compatibili con l'ambiente in tutto il mondo, conformemente con il progetto di convenzione sul riciclaggio delle navi. I due principali obiettivi sono quindi: evitare, conformemente al regolamento CE sulle spedizioni di rifiuti, l'esportazione di navi in disuso pericolose dall'UE ai paesi in via di sviluppo e ridurre in modo significativo e sostenibile gli impatti negativi della demolizione delle navi sull'ambiente e sulla salute, in particolare nei paesi dell'Asia meridionale, senza creare oneri economici superflui. A tale scopo saranno fondamentali anche i seguenti obiettivi operativi: - fornire l'incoraggiamento e gli orientamenti necessari per l'attuazione della normativa comunitaria sulle spedizioni di rifiuti alle navi in disuso; - adoperarsi per il recepimento efficace e tempestivo nell'UE della convenzione internazionale sul riciclaggio delle navi di prossima adozione; - valutare la necessità e le alternative possibili per integrare la convenzione sul riciclaggio delle navi con le misure necessarie per far fronte agli impatti negativi della demolizione delle navi che non sono trattati nella convenzione e promuoverne l'efficacia a livello pratico. 5. STRUMENTI E AREE DI INTERVENTO 5.1. Attuazione tempestiva della futura convenzione sul riciclaggio delle navi Prima dei negoziati finali sulla convenzione sul riciclaggio delle navi, previsti per maggio 2009 e dato che i meccanismi di entrata in vigore devono ancora essere precisati, non è al momento possibile stabilire quando la convenzione diverrà vincolante nel diritto internazionale. L'esperienza insegna che possono passare diversi anni dall'adozione all'entrata in vigore di tale strumento. Questo significa che il nuovo regime sul riciclaggio delle navi entrerà in vigore intorno al 2015. Dato che il progetto di convenzione contiene scadenze diverse al fine di soddisfare i vari requisiti – per esempio, l'inventario dei materiali pericolosi deve essere disponibile, per le navi esistenti (a differenza di quelle nuove), al massimo cinque anni dopo l'entrata in vigore della convenzione, o comunque prima del riciclaggio, se questo avviene prima – è probabile che il nuovo regime internazionale entri pienamente in vigore anche più tardi. A livello pratico, la decisione dell'UE di intervenire o meno può avere un'importante influenza sul processo di ratifica e sull'efficacia della convenzione. Se l'UE non dovesse intervenire, facendo quindi intendere alla comunità internazionale che l'intervento non è prioritario, è probabile che la ratifica degli Stati membri e dei paesi terzi sarà soggetta a ulteriori ritardi. Se invece l'UE decidesse di intervenire, conformemente con le disposizioni della convenzione sul riciclaggio delle navi, l'intervento rappresenterebbe un forte segnale sulla scena internazionale che potrebbe accelerare l'entrata in vigore della convenzione. L'esperienza con altre convenzioni IMO, come le convenzioni MARPOL[8] e AFS[9], ha dimostrato che spesso i paesi terzi ratificano e attuano un accordo internazionale dopo che l'UE rende vincolanti le norme per tutte le navi all'interno delle acque europee. Al fine di migliorare il prima possibile la situazione, che attualmente è inaccettabile, è fondamentale che gli elementi chiave della futura convenzione sul riciclaggio delle navi (i controlli e i certificati per l'inventario dei materiali pericolosi a bordo delle navi e per la "preparazione" delle navi al riciclaggio, i requisiti più importanti degli impianti di riciclaggio e le norme di notifica e comunicazione delle informazioni) siano ripresi subito dopo l'adozione della convenzione. Tali requisiti dovrebbero essere relativi a tutte le navi che entrano nelle acque comunitarie, in modo da evitare gli svantaggi concorrenziali per le navi battenti bandiera di uno Stato membro e il conseguente incentivo ai cambi di bandiera. Per le disposizioni sugli impianti di riciclaggio, dovrebbero essere prese in considerazione le linee guida che il comitato IMO competente intende adottare nel luglio 2009. Azione proposta dalla Commissione: - Avviare i preparativi per definire misure sugli elementi chiave della futura convenzione sul riciclaggio delle navi non appena questa sarà adottata dalla conferenza diplomatica IMO prevista per maggio 2009, in particolare in relazione ai controlli e ai certificati navali, ai requisiti fondamentali per gli impianti di riciclaggio e alle norme di notifica e comunicazione. 5.2. Demolizione "pulita" delle navi da guerra e altre imbarcazioni di Stato Il progetto di convenzione sul riciclaggio delle navi esclude dal proprio campo d'applicazione tre categorie di navi: piccole imbarcazioni con una stazza inferiore alle 500 tonnellate lorde (GT), navi impiegate solo per servizi statali a fini non commerciali, incluse le navi da guerra, che hanno una concentrazione piuttosto elevata di amianto e di altri materiali pericolosi, e le navi che operano per tutta la vita nelle acque interne. A differenza dell'IMO, che tradizionalmente prevede una deroga per le navi di Stato a causa delle preoccupazioni per la sovranità nazionale, all'UE non è proibito a priori stabilire delle norme ambientali e di sicurezza per la navi di proprietà di uno Stato. In particolare, l'articolo 296 del trattato CE non pregiudica l'intervento comunitario e permette una deroga solo in casi eccezionali e definiti con precisione, ovvero qualora essa sia necessaria alla tutela degli interessi essenziali della sicurezza degli Stati membri relativi "alla produzione o al commercio delle armi e di materiale bellico". Tuttavia, laddove la futura convenzione IMO regola anche la progettazione, la costruzione e il funzionamento delle navi (per esempio rendendo obbligatorio un inventario dei materiali pericolosi), dovranno essere presi in considerazione anche gli interessi connessi al segreto militare. L'estensione delle norme della convenzione a navi più piccole e a quelle adibite al trasporto interno all'UE è un'alternativa possibile ma non è giudicata urgente nella fase attuale, poiché tali navi, di norma, non vengono demolite negli impianti asiatici e non si registrano rischi ambientali e di sicurezza significativi causati dal loro riciclaggio all'interno dell'UE. Al fine di rendere più efficace il regime di rottamazione delle navi di proprietà dello Stato, una delle alternative sarebbe di imporre delle norme anche relativamente alla vendita delle navi a paesi terzi o a imprese private prima che diventino rifiuti. Come previsto nella strategia di riciclaggio delle navi del Regno Unito, i contratti di compravendita potrebbero contenere delle clausole che obblighino il nuovo armatore a conformarsi alle norme dell'IMO e della convenzione di Basilea sulla demolizione "pulita" delle navi e a non provvedere allo smaltimento delle navi senza previa autorizzazione scritta del governo dello Stato membro interessato. Inoltre, le vendite potrebbero essere circoscritte a quei paesi o a quegli armatori privati che battono bandiera di uno dei paesi che hanno accettato di applicare la convenzione di Basilea alle navi in disuso. - Azione proposta dalla Commissione: - Valutare ulteriormente la possibilità di includere, tra le misure di riciclaggio delle navi, delle norme per la demolizione "pulita" delle navi da guerra e altre imbarcazioni di Stato. 5.3. Le possibili misure del settore nel periodo transitorio L'entrata in vigore e l'attuazione della convenzione sul riciclaggio delle navi richiederanno diversi anni. Vi è il rischio che il prossimo periodo di massima intensità dell'attività di demolizione delle navi, previsto per il 2010 a causa della messa al bando delle petroliere a scafo singolo prevista dalla convenzione MARPOL (allegato I), porterà a un'espansione incontrollata degli impianti non conformi situati in Asia meridionale con un aumento degli effetti negativi sull'ambiente e sulla salute. Il modo potenzialmente più semplice e rapido per modificare le pratiche a terra già nel periodo transitorio, prima dell'entrata in vigore della convenzione sul riciclaggio delle navi e delle misure d'attuazione, sarebbe l'intervento su base volontaria da parte dei soggetti interessati. Se gli impianti di riciclaggio delle navi decidessero di migliorare le rispettive prestazioni ambientali e di sicurezza conformemente ai nuovi standard emergenti e se gli armatori fossero disposti a pagarne il prezzo in termini di calo degli utili, l'inquinamento e il numero di infortuni mortali e di malattie professionali potrebbero essere ridotti in modo significativo. L'onere economico per gli armatori non sarebbe eccessivo. Si stima che i costi aggiuntivi di impianti di riciclaggio sicuri e puliti rispetto a spiagge con condizioni di lavoro pericolose e inquinanti, si attestino tra i 50 e i 150 USD per tonnellata di acciaio (ldt) della nave. Oggi gli impianti dell'Asia meridionale versano agli armatori o agli acquirenti intermediari circa 700 USD/ldt. Alla luce di questa situazione e ai principi della responsabilità del produttore e "chi inquina paga", non possono essere giustificate sovvenzioni, esclusi i finanziamenti pubblici destinati alla demolizione pulita delle navi. Ci si aspetta pertanto che gli armatori europei operino in uno spirito di responsabilità sociale delle imprese. È già possibile citare degli esempi concreti in tal senso: il gruppo di compagnie di navigazione Maersk, ad esempio, ha costituito una partnership con impianti cinesi dove gli standard ambientali e di sicurezza sono stati migliorati grazie a interventi di assistenza tecnica e formazione. Alcune delle maggiori compagnie petrolifere applicano situazioni analoghe. L'intervento volontario da parte degli armatori europei, delle loro associazioni e dei loro clienti potrebbe essere incentivato da una campagna pubblica a livello UE e da negoziati sistematici ai livelli più elevati con i principali soggetti del settore. L'istituzione di un nuovo riconoscimento UE specificatamente dedicato alle attività esemplari di riciclaggio delle navi o l'introduzione della demolizione navale nella nuova versione del premio "Mare pulito" ( Clean Marine Award Scheme ) potrebbero rappresentare una sorta di riconoscimento pubblico delle compagnie di navigazione e di riciclaggio che vantano un profilo ambientale chiaro. Inoltre, al fine di colmare le lacune nelle conoscenze e fissare dei parametri, si potrebbe fornire agli armatori una lista degli impianti "ecologici" di demolizione navale presenti nel mondo. Il finanziamento pubblico destinato a paesi terzi potrebbe svolgere solo un ruolo limitato nel quadro di programmi d'aiuto allo sviluppo, in cui l'assistenza tecnica potrebbe favorire in particolare la formazione dei lavoratori in materia di sicurezza e promuovere lo sviluppo di infrastrutture di base per la tutela dell'ambiente e della salute in uno stato povero come il Bangladesh. Tuttavia, qualsiasi contributo finanziario di questo tipo dipenderebbe necessariamente dalla volontà e dal forte sostegno dei governi e dei comparti interessati alla cooperazione per il miglioramento delle pratiche di demolizione navale. Inoltre, al fine di garantire l'efficacia dell'assistenza tecnica e degli interventi volontari, potrebbero essere necessarie azioni aggiuntive quali un follow-up politico o incentivi come la concessione di vantaggi riservati agli impianti con gli standard più elevati. Azione proposta dalla Commissione: - Promuovere interventi del comparto industriale, su base volontaria, mediante varie misure, quali una campagna pubblica comunitaria, l'istituzione di un riconoscimento per le attività esemplari di riciclaggio e la redazione di una lista di impianti "ecologici" di demolizione navale. 5.4. Miglior rispetto della normativa sulle spedizioni di rifiuti Gli attuali sforzi volti ad adottare una convenzione internazionale sul riciclaggio delle navi hanno come obiettivo, fra l'altro, di evitare una duplicazione a livello normativo e dispensare le navi in disuso (almeno quelle mercantili) dalle norme della convenzione di Basilea sul controllo dei movimenti transfrontalieri di rifiuti. Qualora la convenzione sul riciclaggio delle navi entrasse in vigore e le parti della convenzione di Basilea la considerassero adeguata a garantire un livello di controllo equivalente, le navi commerciali di dimensioni maggiori destinate agli impianti di demolizione non sarebbero più soggette alle norme sulle spedizioni di rifiuti. Tuttavia, saranno comunque necessari diversi anni perché la convenzione di Basilea venga modificata in questo senso e ancora di più perché tale modifica venga recepita nelle normative nazionali. Nel breve e medio termine, per le navi in disuso continuerà ad applicarsi il regolamento comunitario sulle spedizioni di rifiuti. La strategia comunitaria per la demolizione delle navi deve quindi studiare quali misure potrebbero migliorare l'attuazione delle norme sulle spedizioni di rifiuti in relazione alle navi in disuso e in particolare impedire le esportazioni dirette di tali navi dall'UE ai paesi in via di sviluppo. Il rispetto del regolamento comunitario sulle spedizioni di rifiuti da parte degli Stati membri potrebbe essere rafforzato da un insieme di misure quali delle linee guida della Commissione sull'applicazione del regolamento alle navi in disuso, progetti mirati nel quadro dell'IMPEL-TFS[10] e una cooperazione crescente tra le autorità all'interno dell'UE e con i paesi di transito e di destinazione. La Commissione può inoltre presentare delle proposte sui requisiti minimi specifici per le ispezioni. L'efficacia del sistema di controllo comunitario per le spedizioni di rifiuti potrebbe essere ulteriormente rafforzata mediante la redazione e il continuo aggiornamento di una lista delle navi da rottamare che tenga conto delle procedure previste nella futura convenzione sul riciclaggio delle navi. La fattibilità di tale lista deve essere ulteriormente valutata dalla Commissione, in particolare ai fini della chiarezza giuridica e dei doveri e diritti delle autorità di scambiarsi dati sulle navi da rottamare. Considerato l'inevitabile onere amministrativo di tale misura, la sua introduzione potrebbe dipendere dall'efficacia degli interventi volontari del settore del trasporto marittimo, che potrebbero portare a un miglioramento significativo della situazione nei prossimi 1-2 anni. Una migliore attuazione delle norme vigenti sulle spedizioni di rifiuti incentiverà ulteriormente il settore del trasporto marittimo a migliorare le pratiche già nel periodo transitorio e, di conseguenza, servirà a limitare gli effetti negativi previsti delle prossime misure sul riciclaggio delle navi. Azione proposta dalla Commissione: - Migliorare il rispetto dell'attuale normativa sulle spedizioni di rifiuti in relazione alle navi in disuso mediante linee guida della Commissione e una maggiore cooperazione multilaterale; valutare la possibilità di introdurre norme sulla redazione di una lista di navi da rottamare. 5.5. Il controllo e della certificazione degli impianti di demolizione La futura convenzione internazionale sul riciclaggio delle navi dipenderà innanzitutto da un sistema di controlli e certificati per le navi e dalle autorizzazioni per gli impianti di riciclaggio delle navi rilasciate dalle autorità competenti degli Stati che si occupano del riciclaggio. Questo approccio rispecchia l'estrema importanza accordata alla sovranità nazionale nel diritto internazionale. Un potenziale punto debole del sistema di controllo è il fatto che i problemi di governance esistenti in alcuni paesi in via di sviluppo e l'assenza di un sistema di rilevamento della mancata conformità nel progetto di convenzione potrebbero, nella pratica, ridurre l'efficacia di quest'ultima. Uno studio dell'Agenzia europea per la sicurezza marittima (EMSA) ha analizzato le possibili soluzioni al problema e ha proposto un sistema di certificazione e audit per gli impianti di riciclaggio delle navi al fine di garantire maggiore trasparenza e assicurare, mediante organizzazioni indipendenti riconosciute, condizioni di concorrenza più omogenee a livello mondiale[11]. Questo sistema, tenendo conto degli sviluppi a livello internazionale, si baserà sulle disposizioni della prossima convenzione sul riciclaggio delle navi e sulla norma ISO 30001, prevista specificatamente per gli impianti di riciclaggio delle navi, e includerà un sistema di livelli di qualità. Un elemento importante sarà la pubblicazione di categorie dei certificati collegate a una lista mondiale di impianti di demolizione navale. Le disposizioni sull'audit e sulla certificazione degli impianti di demolizione sono ancora oggetto di discussione in seno all'IMO. In funzione dell'esito di tali discussioni, la Commissione valuterà in che modo si possa garantire che le navi che operano in Europa, di proprietà europea o battenti la bandiera di uno Stato membro, vengano demolite all'interno di impianti certificati e controllati in conformità con tale sistema, riducendo al contempo i possibili effetti negativi sulla competitività del settore marittimo europeo. Ciò sarà necessario al fine di attuare il sistema il prima possibile. - Azione proposta dalla Commissione: - Valutare ulteriormente le possibilità di sviluppo di un sistema di audit e di certificazione per gli impianti di riciclaggio delle navi a livello mondiale e, sulla base del dibattito in corso sulla convenzione sul riciclaggio, valutare in che modo si possa garantire che un numero massimo di navi, comprese quelle battenti la bandiera di uno Stato membro, venga demolito all'interno di impianti certificati e controllati in conformità con tale sistema. 5.6. Garantire un finanziamento sostenibile L'idea alla base della futura convenzione sul riciclaggio delle navi è che le disposizioni previste, insieme alle forze di mercato, saranno sufficienti a rendere la demolizione navale un'attività sicura e compatibile con l'ambiente entro pochi anni. In risposta alla possibilità di creare un "fondo per la demolizione delle navi" proposto nel Libro verde della Commissione, il settore dell'industria navale sostiene che tale fondo e le imposte necessarie per alimentarlo comporterebbero oneri amministrativi inutili. Secondo le aspettative del settore, il processo di ristrutturazione del mercato previsto dalle nuove norme e standard fornirà i finanziamenti necessari per rendere conformi alla convenzione gli impianti di riciclaggio delle navi in tutto il mondo. Vi è tuttavia il rischio che le disposizioni di incerta interpretazione sulle norme di riciclaggio (per esempio, l'obbligo generale di prevenzione degli sversamenti e di eliminazione sicura e compatibile con l'ambiente dei materiali pericolosi senza il divieto esplicito di usare il metodo dell'arenamento in quanto tale) e la probabile assenza nella convenzione di sistemi di rilevamento della mancata conformità, non porranno fine alle pratiche di bassa qualità e disincentiveranno gli investimenti. Sarà necessario monitorare attentamente gli sviluppi futuri. Qualora dovesse emergere che la futura normativa internazionale e le reazioni degli operatori del mercato non portano ai risultati sperati, sarebbe necessario riconsiderare la possibilità di un sistema di finanziamento che applichi il principio "chi inquina paga". Sebbene sia preferibile una soluzione in seno all'IMO, non dovrebbe essere escluso un sistema comunitario che includa tutte le navi che operano nelle acque dell'Unione europea. Al fine di valutare in modo più preciso i possibili strumenti e i relativi impatti, la Commissione, nella seconda metà del 2008, avvierà uno studio su un fondo destinato alla demolizione delle navi. Azione proposta dalla Commissione: - Valutare la possibilità di istituire un sistema di finanziamento internazionale obbligatorio per la demolizione pulita delle navi ("fondo per la demolizione delle navi") sulla base dei risultati di uno studio che verrà avviato dalla Commissione. 6. CONCLUSIONI: UNA POLITICA INTEGRATA PER UNA MIGLIORE DEMOLIZIONE DELLE NAVI Se l'obiettivo di garantire una demolizione sicura ed eco-compatibile delle navi europee deve essere raggiunto entro il 2015, si rende necessaria un politica integrata. Le norme per attuare gli elementi chiave della prevista convenzione sul riciclaggio delle navi e, qualora necessario, la possibilità di integrarla, saranno accompagnate da misure volte a incoraggiare gli interventi volontari da parte del settore dell'industria navale nel periodo transitorio e a migliorare il rispetto della normativa vigente sulle spedizioni di rifiuti in relazione alle navi. La Commissione propone di iniziare a elaborare norme sul riciclaggio delle navi che recepiscano i requisiti essenziali della convenzione relativamente alle navi (controlli, certificati, inventario dei materiali pericolosi) e agli impianti di riciclaggio, nonché gli obblighi di notifica e di comunicazione delle informazioni. È necessario valutare se il campo d'applicazione di tali norme debba altresì includere le navi da guerra e altre navi di Stato non soggette alla convenzione. In funzione del dibattito sulla convenzione sul riciclaggio delle navi e sul controllo e sulla certificazione degli impianti di demolizione, la Commissione valuterà in che modo si possa garantire che all'interno di impianti certificati e controllati in conformità con tale sistema venga demolito il numero massimo di navi, incluse quelle battenti bandiera di uno Stato membro dell'UE. Il settore del trasporto marittimo possiede i mezzi e, alla luce del principio "chi inquina paga", la responsabilità di migliorare le pratiche di demolizione delle navi nel periodo transitorio fino all'entrata in vigore del nuovo regime internazionale. Al fine di favorire un'azione rapida, la Commissione propone di promuovere interventi volontari mediante una serie di misure tra cui campagne pubbliche, assegnazione di riconoscimenti e linee guida destinate agli armatori. Anche l'assistenza tecnica ai paesi in via di sviluppo per il miglioramento delle infrastrutture può svolgere un ruolo importante ma dipenderà dalla volontà di cooperazione dei paesi che si occupano del riciclaggio. D'altro canto, un miglior rispetto della normativa vigente sulle spedizioni di rifiuti, abbinata a maggiori orientamenti e a una cooperazione multilaterale più intensa, possono contribuire al processo di transizione e limitare gli effetti negativi previsti. La Commissione esaminerà la possibilità di misure volte a istituire una lista delle navi da rottamare. La presente comunicazione al Parlamento europeo, al Consiglio, al Comitato economico e sociale e al Comitato delle regioni ha l'obiettivo di promuovere il dibattito e aprire la strada alla proposta legislativa che comincerà il suo iter dall'adozione della convenzione sul riciclaggio delle navi prevista nell'ambito della conferenza diplomatica IMO del maggio 2009. La Commissione invita quindi le altre istituzioni comunitarie a presentare le proprie osservazioni e a contribuire a una politica efficace dell'UE per una migliore demolizione delle navi. [1] COM(2007) 269 definitivo, allegati e riferimenti nel documento di lavoro dei servizi della Commissione SEC(2007) 645. [2] http://www.europarl.europa.eu/sides/getDoc.do?pubRef=-//EP//TEXT+TA+P6-TA-2008-0222+0+DOC+XML+V0//IT&language=IT [3] COWI/DHI, relazione finale di giugno 2007, pubblicata sul sito internet della Commissione all'indirizzo http://ec.europa.eu/environment/waste/ships//index.htm. Per ulteriori informazioni si veda la medesima pagina web. [4] Documento di lavoro dei servizi della Commissione […]. [5] SEC (2007) 1278 del 10 ottobre 2007, Azione 4.6, pag.16. [6] Regolamento (CE) n. 1013/2006 del Parlamento europeo e del Consiglio, del 14 giugno 2006, relativo alle spedizioni di rifiuti (GU L 190 del 12.7.2006, pag. 1) ("Regolamento sulle spedizioni di rifiuti"). [7] Conseil d'Etat, decisione del 15 febbraio 2006, http://www.conseil-etat.fr/ce/jurispd/index_ac_ld0607.shtml; Raad van State, sentenze del 19 giugno 2002 (Sandrien) e 21 febbraio 2007 (Otapan), pubblicate in inglese all'indirizzo: http://www.basel.int/ships/relevcaselaw.html [8] Convenzione internazionale per la prevenzione dell'inquinamento causato da navi, 1973, modificata dal protocollo del 1978. [9] Convenzione internazionale sul controllo dei sistemi antivegetativi nocivi sulle navi (convenzione AFS). [10] IMPEL = Rete dell'Unione europea per l'attuazione e l'applicazione della normativa ambientale; TFS = raggruppamento sulle spedizioni transfrontaliere di rifiuti. [11] https://extranet.emsa.europa.eu/index.php?option=com_docman&task=cat_view&gid=135&Itemid=3