Choose the experimental features you want to try

This document is an excerpt from the EUR-Lex website

Document 62021CJ0407

    Sentenza della Corte (Seconda Sezione) dell'8 giugno 2023.
    Union fédérale des consommateurs - Que choisir (UFC - Que choisir) e Consommation, logement et cadre de vie (CLCV) contro Premier ministre e Ministre de l’Économie, des Finances et de la Relance.
    Domanda di pronuncia pregiudiziale proposta dal Conseil d'État (Francia).
    Rinvio pregiudiziale – Pacchetti turistici e servizi turistici collegati – Direttiva (UE) 2015/2302 – Articolo 12, paragrafi da 2 a 4 – Risoluzione di un contratto di pacchetto turistico – Circostanze inevitabili e straordinarie – Pandemia di COVID‑19 – Rimborso dei pagamenti effettuati dal viaggiatore interessato per un pacchetto – Rimborso sotto forma di una somma di denaro o rimborso per equivalente, sotto forma di una nota di credito (“buono”) – Obbligo di rimborsare tale viaggiatore entro 14 giorni dalla risoluzione del contratto in questione – Deroga temporanea a tale obbligo – Modulazione degli effetti nel tempo di una decisione emanata in conformità al diritto nazionale e che annulla una normativa nazionale in contrasto con tale obbligo.
    Causa C-407/21.

    Court reports – general

    ECLI identifier: ECLI:EU:C:2023:449

     SENTENZA DELLA CORTE (Seconda Sezione)

    8 giugno 2023 ( *1 )

    «Rinvio pregiudiziale – Pacchetti turistici e servizi turistici collegati – Direttiva (UE) 2015/2302 – Articolo 12, paragrafi da 2 a 4 – Risoluzione di un contratto di pacchetto turistico – Circostanze inevitabili e straordinarie – Pandemia di COVID‑19 – Rimborso dei pagamenti effettuati dal viaggiatore interessato per un pacchetto – Rimborso sotto forma di una somma di denaro o rimborso per equivalente, sotto forma di una nota di credito (“buono”) – Obbligo di rimborsare tale viaggiatore entro 14 giorni dalla risoluzione del contratto in questione – Deroga temporanea a tale obbligo – Modulazione degli effetti nel tempo di una decisione emanata in conformità al diritto nazionale e che annulla una normativa nazionale in contrasto con tale obbligo»

    Nella causa C‑407/21,

    avente ad oggetto la domanda di pronuncia pregiudiziale proposta alla Corte, ai sensi dell’articolo 267 TFUE, dal Conseil d’État (Francia), con decisione del 1o luglio 2021, pervenuta in cancelleria il 2 luglio 2021, nel procedimento

    Union fédérale des consommateurs – Que choisir (UFC – Que choisir),

    Consommation, logement et cadre de vie (CLCV)

    contro

    Premier ministre,

    Ministre de l’Économie, des Finances et de la Relance

    LA CORTE (Seconda Sezione),

    composta da A. Prechal (relatrice), presidente di sezione, M.L. Arastey Sahún, F. Biltgen, N. Wahl e J. Passer, giudici,

    avvocato generale: L. Medina

    cancelliere: D. Dittert, capo unità

    vista la fase scritta del procedimento e in seguito all’udienza del 1o giugno 2022,

    considerate le osservazioni presentate:

    per l’Union fédérale des consommateurs – Que choisir (UFC – Que choisir) e la Consommation, logement et cadre de vie (CLCV), da R. Froger e A. Londoño López, avocats;

    per il governo francese, da A. Daniel e A. Ferrand, in qualità di agenti;

    per il governo belga, da S. Baeyens, P. Cottin e T. Willaert, in qualità di agenti;

    per il governo ceco, da S. Šindelková, M. Smolek e J. Vláčil, in qualità di agenti;

    per il governo danese, da V. Pasternak Jørgensen e M. Søndahl Wolff, in qualità di agenti;

    per il governo italiano, da G. Palmieri, in qualità di agente, assistita da F. Severi e M. Cherubini, avvocati dello Stato;

    per il governo slovacco, da E.V. Drugda, S. Ondrášiková e B. Ricziová, in qualità di agenti;

    per la Commissione europea, da B.-R. Killmann, I. Rubene e C. Valero, in qualità di agenti,

    sentite le conclusioni dell’avvocato generale, presentate all’udienza del 15 settembre 2022,

    ha pronunciato la seguente

    Sentenza

    1

    La domanda di pronuncia pregiudiziale verte sull’interpretazione dell’articolo 12 della direttiva (UE) 2015/2302 del Parlamento europeo e del Consiglio, del 25 novembre 2015, relativa ai pacchetti turistici e ai servizi turistici collegati, che modifica il regolamento (CE) n. 2006/2004 e la direttiva 2011/83/UE del Parlamento europeo e del Consiglio e che abroga la direttiva 90/314/CEE del Consiglio (GU 2015, L 326, pag. 1).

    2

    Tale domanda è stata presentata nel contesto di una controversia che vede opposti l’Union fédérale des consommateurs – Que choisir (UFC – Que choisir) e la Consommation, logement et cadre de vie (CLCV) al Premier ministre (Primo Ministro) e al ministre de l’Économie, des Finances et de la Relance (Ministro dell’Economia, delle Finanze e della Ripresa), in merito a una domanda di annullamento per eccesso di potere dell’ordinanza del 25 marzo 2020, n. 2020-315, relativa alle condizioni finanziarie per la risoluzione di alcuni contratti di viaggi turistici e soggiorni in caso di circostanze inevitabili e straordinarie o di forza maggiore (JORF del 26 marzo 2020, testo n. 35) (in prosieguo: l’«ordinanza n. 2020-315»).

    Contesto normativo

    Diritto dell’Unione

    Direttiva 2015/2302

    3

    Ai sensi dei considerando 5, 31 e 46 della direttiva 2015/2302:

    «(5)

    (…) Armonizzare i diritti e gli obblighi derivanti dai contratti relativi a pacchetti turistici e a servizi turistici collegati è necessario per promuovere, in tale settore, un effettivo mercato interno dei consumatori che raggiunga il giusto equilibrio tra un elevato livello di tutela per questi ultimi e la competitività delle imprese.

    (...)

    (31)

    I viaggiatori dovrebbero poter risolvere il contratto di pacchetto turistico in qualunque momento prima dell’inizio del pacchetto, dietro pagamento di adeguate spese di risoluzione che tengano conto di risparmi e introiti previsti che derivano dalla riassegnazione dei servizi turistici. Dovrebbero inoltre avere il diritto di risolvere il contratto di pacchetto turistico senza corrispondere spese di risoluzione qualora circostanze inevitabili e straordinarie abbiano un’incidenza sostanziale sull’esecuzione del pacchetto. Ciò può riguardare ad esempio conflitti armati, altri gravi problemi di sicurezza quali terrorismo, rischi significativi per la salute umana quali il focolaio di una grave malattia nel luogo di destinazione del viaggio o calamità naturali come inondazioni, terremoti o condizioni meteorologiche che impediscono di viaggiare in modo sicuro verso la destinazione come stabilito nel contratto di pacchetto turistico.

    (...)

    (46)

    Dovrebbe essere confermato che i viaggiatori non possono rinunciare ai diritti di cui godono in forza della presente direttiva e che gli organizzatori o i professionisti che agevolano servizi turistici collegati non possono eludere i loro obblighi pretendendo di agire meramente in qualità di fornitori di servizi turistici o di intermediari o ad altro titolo».

    4

    L’articolo 1 di tale direttiva stabilisce quanto segue:

    «Scopo della presente direttiva è contribuire al corretto funzionamento del mercato interno e al conseguimento di un livello elevato e il più uniforme possibile di protezione dei consumatori, mediante il ravvicinamento di taluni aspetti delle disposizioni legislative, regolamentari e amministrative degli Stati membri in materia di contratti tra viaggiatori e professionisti relativi a pacchetti turistici e servizi turistici collegati».

    5

    L’articolo 3 della citata direttiva così dispone:

    «Ai fini della presente direttiva si intende per:

    (...)

    6.

    “viaggiatore”, chiunque intende concludere un contratto o è autorizzato a viaggiare in base a un contratto concluso, nell’ambito di applicazione della presente direttiva;

    (...)

    8.

    “organizzatore”, un professionista che combina pacchetti e li vende o li offre in vendita direttamente o tramite un altro professionista o unitamente a un altro professionista (…)

    (...)

    12.

    “circostanze inevitabili e straordinarie”, una situazione fuori dal controllo della parte che invoca una tale situazione e le cui conseguenze non sarebbero state evitate nemmeno adottando tutte le ragionevoli misure;

    (...)».

    6

    L’articolo 4 della medesima direttiva, intitolato «Livello di armonizzazione», prevede quanto segue:

    «Salvo che la presente direttiva disponga altrimenti, gli Stati membri non mantengono o introducono nel loro diritto nazionale disposizioni divergenti da quelle stabilite dalla presente direttiva, incluse le disposizioni più o meno severe per garantire al viaggiatore un livello di tutela diverso».

    7

    L’articolo 12 della direttiva 2015/2302, rubricato «Risoluzione del contratto di pacchetto turistico e diritto di recesso prima dell’inizio del pacchetto», così recita:

    «1.   Gli Stati membri assicurano che il viaggiatore possa risolvere il contratto di pacchetto turistico in ogni momento prima dell’inizio del pacchetto. In caso di risoluzione del contratto di pacchetto turistico da parte del viaggiatore ai sensi del presente paragrafo, il viaggiatore può essere tenuto a pagare all’organizzatore spese di risoluzione adeguate e giustificabili. (...)

    2.   Fatto salvo il paragrafo 1, il viaggiatore ha diritto di risolvere il contratto di pacchetto turistico prima dell’inizio del pacchetto senza corrispondere spese di risoluzione in caso di circostanze inevitabili e straordinarie verificatesi nel luogo di destinazione o nelle sue immediate vicinanze e che hanno un’incidenza sostanziale sull’esecuzione del pacchetto o sul trasporto di passeggeri verso la destinazione. In caso di risoluzione del contratto di pacchetto turistico ai sensi del presente paragrafo, il viaggiatore ha diritto al rimborso integrale dei pagamenti effettuati per il pacchetto, ma non ha diritto a un indennizzo supplementare.

    3.   L’organizzatore può risolvere il contratto di pacchetto turistico e offrire al viaggiatore il rimborso integrale dei pagamenti effettuati per il pacchetto, ma non è tenuto a versare un indennizzo supplementare se:

    (...)

    b)

    l’organizzatore non è in grado di eseguire il contratto a causa di circostanze inevitabili e straordinarie e comunica la risoluzione del medesimo al viaggiatore senza indebito ritardo prima dell’inizio del pacchetto.

    4.   L’organizzatore procede a tutti i rimborsi prescritti a norma dei paragrafi 2 e 3 oppure, con riguardo al paragrafo 1, rimborsa qualunque pagamento effettuato da o per conto del viaggiatore per il pacchetto dopo aver detratto le opportune spese di risoluzione. Tali rimborsi sono effettuati al viaggiatore senza indebito ritardo e in ogni caso entro 14 giorni dalla risoluzione del contratto di pacchetto turistico.

    (...)».

    8

    L’articolo 23 di tale direttiva, intitolato «Carattere imperativo della direttiva», così dispone:

    «(...)

    2.   I viaggiatori non possono rinunciare ai diritti conferiti loro dalle norme nazionali che recepiscono la presente direttiva.

    3.   Eventuali clausole contrattuali o dichiarazioni del viaggiatore che escludano o limitino, direttamente o indirettamente, i diritti derivanti dalla presente direttiva o il cui scopo sia eludere l’applicazione della presente direttiva non vincolano il viaggiatore».

    Raccomandazione (UE) 2020/648

    9

    La raccomandazione (UE) 2020/648 della Commissione, del 13 maggio 2020, relativa ai buoni offerti a passeggeri e viaggiatori come alternativa al rimborso per pacchetti turistici e servizi di trasporto annullati nel contesto della pandemia di Covid-19 (GU 2020, L 151, pag. 10), ai considerando 9, da 13 a 15, 21 e 22 afferma che:

    «(9)

    La direttiva [2015/2302] prevede che, qualora un pacchetto turistico sia annullato a causa di “circostanze inevitabili e straordinarie”, i viaggiatori abbiano il diritto di ottenere il rimborso integrale dei pagamenti effettuati per il pacchetto, senza indebito ritardo e in ogni caso entro 14 giorni dalla risoluzione del contratto. In tale contesto, l’organizzatore può offrire al viaggiatore un rimborso sotto forma di buono. Tale possibilità non priva tuttavia i viaggiatori del diritto al rimborso in denaro.

    (...)

    (13)

    Le numerose cancellazioni dovute alla pandemia di [COVID]-19 hanno portato a una situazione di flusso di cassa e di entrate insostenibile per i settori dei trasporti e dei viaggi. I problemi di liquidità degli organizzatori sono aggravati dal fatto che questi devono rimborsare al viaggiatore il costo totale del pacchetto, ma non sempre a loro volta ricevono a tempo debito il rimborso dei servizi prepagati che fanno parte del pacchetto. Ciò può di fatto comportare una ripartizione iniqua dell’onere tra gli operatori del settore dei viaggi.

    (14)

    Qualora gli organizzatori o i vettori diventassero insolventi, vi è il rischio che molti viaggiatori e passeggeri non ricevano alcun rimborso, in quanto i loro crediti nei confronti degli organizzatori e dei vettori non sono tutelati. Lo stesso problema può sorgere in un contesto da impresa a impresa, in cui gli organizzatori ricevono per i servizi prepagati un buono come rimborso dai vettori, che successivamente potrebbero diventare insolventi.

    (15)

    Rendere i buoni più attraenti, come alternativa al rimborso in denaro, ne aumenterebbe l’accettazione da parte dei passeggeri e dei viaggiatori. Ciò contribuirebbe ad attenuare i problemi di liquidità dei vettori e degli organizzatori e potrebbe portare in ultima analisi a una migliore tutela degli interessi dei passeggeri e dei viaggiatori.

    (...)

    (21)

    Per quanto riguarda l’eventuale fabbisogno di liquidità supplementare degli operatori dei settori dei viaggi e dei trasporti, la Commissione [europea] ha adottato il 19 marzo 2020 un quadro temporaneo per le misure di aiuto di Stato a sostegno dell’economia nell’attuale emergenza [del COVID]-19 (…), basato sull’articolo 107, paragrafo 3, lettera b), [TFUE], per porre rimedio a un grave turbamento dell’economia degli Stati membri (…).

    (22)

    Il quadro temporaneo si applica in principio a tutti i settori e a tutte le imprese, comprese le imprese di trasporto e di viaggio, e riconosce i settori dei trasporti e dei viaggi tra i più colpiti. Mira a porre rimedio alle carenze di liquidità che le imprese devono affrontare consentendo, ad esempio, sovvenzioni dirette, agevolazioni fiscali, garanzie statali sui prestiti e prestiti pubblici agevolati. (…) In tale contesto, gli Stati membri possono decidere di sostenere gli operatori dei settori dei viaggi e dei trasporti affinché le domande di rimborso dovute alla pandemia di [COVID]-19 siano soddisfatte, al fine di garantire la tutela dei diritti dei passeggeri e dei consumatori e la parità di trattamento dei passeggeri e dei viaggiatori».

    10

    Ai sensi del punto 1 di tale raccomandazione:

    «La presente raccomandazione ha ad oggetto i buoni che i vettori o gli organizzatori possono proporre ai passeggeri e ai viaggiatori, ferma restando la loro volontaria accettazione, come alternativa al rimborso in denaro nelle circostanze seguenti:

    a)

    in caso di cancellazione, a partire dal 1o marzo 2020, da parte del vettore o dell’organizzatore per motivi legati alla pandemia di [COVID]-19, nel quadro delle seguenti disposizioni:

    (...)

    5)

    articolo 12, paragrafi 3 e 4, della direttiva (UE) 2015/2302;

    (...)».

    Diritto francese

    11

    L’ordinanza n. 2020-315 è stata adottata sulla base di un’autorizzazione attribuita al governo francese dalla legge del 23 marzo 2020, n. 2020-290, sulle misure urgenti per rispondere all’epidemia di COVID-19 (JORF del 14 marzo 2020, testo n. 2), con l’obiettivo dichiarato di «contrastare le conseguenze economiche, finanziarie e sociali della diffusione dell’epidemia di COVID-19 e le conseguenze delle misure prese per limitare tale diffusione, e segnatamente per prevenire e limitare la cessazione di attività delle persone fisiche e giuridiche che esercitano un’attività economica e delle associazioni, nonché di limitare il suo impatto sull’occupazione».

    12

    Ai sensi dell’articolo 1, paragrafo II, dell’ordinanza n. 2020-315, in deroga alle disposizioni del diritto francese di attuazione dell’articolo 12, paragrafi 2 e 3, della direttiva 2015/2302, se un contratto di vendita di viaggi e soggiorni è «risolto» tra il 1o marzo 2020 e il 15 settembre 2020, l’organizzatore o il rivenditore può offrire, al posto del rimborso integrale dei pagamenti effettuati per il «contratto risolto», una nota di credito, che il cliente può utilizzare a determinate condizioni. Tale articolo 1 stabilisce le condizioni alle quali, in caso di mancato utilizzo di tale nota di credito, il viaggiatore ha diritto al rimborso integrale di detti pagamenti.

    13

    Dalla decisione di rinvio risulta che una siffatta proposta doveva essere formulata al più tardi 3 mesi dopo la notifica della «risoluzione» del contratto di cui trattasi e che tale proposta era poi valida per un periodo di 18 mesi. Solo alla scadenza di tale termine di 18 mesi e in mancanza di accettazione, da parte del cliente interessato, della prestazione identica o equivalente a quella prevista dal «contratto risolto» e che gli era stata proposta, il professionista interessato era tenuto a rimborsargli integralmente i pagamenti effettuati in forza di tale contratto.

    Procedimento principale e questioni pregiudiziali

    14

    Le ricorrenti nel procedimento principale, due associazioni per la difesa degli interessi dei consumatori, hanno adito il giudice nazionale con una domanda diretta all’annullamento dell’ordinanza n. 2020-315, affermando che le disposizioni di tale ordinanza violavano l’articolo 12 della direttiva 2015/2302, il quale prevede, tra l’altro, il diritto del viaggiatore colpito, nel caso di risoluzione di un contratto di pacchetto turistico a seguito del verificarsi di «circostanze inevitabili e straordinarie», di essere rimborsato integralmente per i pagamenti effettuati per tale pacchetto entro 14 giorni da detta risoluzione, e ledevano la libera concorrenza all’interno del mercato unico nonché l’obiettivo di armonizzazione perseguito da tale direttiva.

    15

    Il giudice del rinvio osserva che le disposizioni dell’ordinanza n. 2020-315 erano state adottate a tutela della liquidità e della solvibilità dei prestatori di servizi oggetto di tali disposizioni, in un contesto in cui oltre 7000 operatori turistici registrati in Francia si trovavano in grave difficoltà, a causa della pandemia di COVID-19, che aveva colpito simultaneamente non solo la Francia e la maggior parte dei paesi europei, ma anche quasi tutti i continenti, sicché gli operatori turistici dovevano far fronte ad un numero senza precedenti di disdette e alla quasi totale assenza di nuove prenotazioni. In tali circostanze, il rimborso immediato di tutti i pagamenti relativi alle prestazioni disdette era tale da mettere a rischio l’esistenza di tali operatori e, di conseguenza, la possibilità per i clienti coinvolti di ottenere il rimborso di detti pagamenti.

    16

    Tale giudice precisa, inoltre, che l’importo totale delle note di credito emesse dagli operatori professionali francesi al 15 settembre 2020, data in cui l’ordinanza n. 2020-315 ha cessato di produrre i suoi effetti, ammontava a circa 990 milioni di euro, cifra che rappresenta il 10% del fatturato del settore in un’annata normale.

    17

    In tali circostanze, il Conseil d’État (Consiglio di Stato, Francia) ha deciso di sospendere il procedimento e di sottoporre alla Corte le seguenti questioni pregiudiziali:

    «1)

    Se l’articolo 12 della [direttiva 2015/2302], debba essere interpretato nel senso che obbliga l’organizzatore di un pacchetto turistico, in caso di risoluzione del contratto, a rimborsare in denaro tutti i pagamenti effettuati per il pacchetto, oppure nel senso che consente un rimborso per equivalente, in particolare sotto forma di buono di importo pari a quello dei pagamenti effettuati.

    2)

    Nell’ipotesi in cui tali rimborsi siano intesi come rimborso in denaro, se la crisi sanitaria legata all’epidemia di COVID-19 e le sue conseguenze sugli operatori turistici – i quali hanno subito, a causa di tale crisi, un calo di fatturato stimabile tra il 50 e l’80%, rappresentano oltre il 7% del prodotto interno lordo francese e, nel caso degli operatori di pacchetti turistici, occupano 30000 dipendenti in Francia per un fatturato di circa EUR 11 miliardi – siano idonee a giustificare, e in caso affermativo a quali condizioni ed entro quali limiti, una deroga temporanea all’obbligo, per l’organizzatore, di rimborsare al viaggiatore tutti i pagamenti effettuati per il pacchetto entro un periodo di 14 giorni dalla risoluzione del contratto, previsto all’articolo 12, paragrafo 4, della [direttiva 2015/2302].

    3)

    In caso di risposta negativa alla questione precedente, se sia possibile, nelle circostanze appena ricordate, modulare gli effetti nel tempo di una decisione di annullamento di un atto di diritto interno contrario all’articolo 12, paragrafo 4, della [direttiva 2015/2302]».

    Sulla prima questione

    18

    Con la sua prima questione il giudice del rinvio chiede, in sostanza, se l’articolo 12, paragrafi 2 e 3, della direttiva 2015/2302 debba essere interpretato nel senso che, qualora, in seguito alla risoluzione di un contratto di pacchetto turistico, l’organizzatore di tale pacchetto turistico sia tenuto, in forza di tale disposizione, a rimborsare integralmente al viaggiatore colpito i pagamenti effettuati per tale pacchetto, un siffatto rimborso si intende unicamente come restituzione di tali pagamenti sotto forma di una somma di denaro o, al contrario, il rimborso possa anche essere effettuato, a discrezione di tale organizzatore, sotto forma di una nota di credito pari all’importo di detti pagamenti (vale a dire un «buono»).

    19

    Occorre ricordare che l’articolo 12, paragrafo 2, della direttiva 2015/2302 conferisce al viaggiatore interessato il diritto di risolvere il contratto di pacchetto turistico prima dell’inizio del pacchetto senza corrispondere spese di risoluzione in caso di «circostanze inevitabili e straordinarie» verificatesi nel luogo di destinazione o nelle sue immediate vicinanze e che hanno un’incidenza sostanziale sull’esecuzione di detto pacchetto o sul trasporto di passeggeri verso la destinazione. In caso di risoluzione di tale contratto di pacchetto turistico ai sensi del paragrafo 2, detto viaggiatore ha diritto al rimborso integrale dei pagamenti effettuati per il pacchetto in parola.

    20

    Peraltro, conformemente all’articolo 12, paragrafo 3, lettera b), di tale direttiva, se l’organizzatore di viaggi in questione non è in grado di eseguire il contratto a causa di «circostanze inevitabili e straordinarie» e comunica la risoluzione del medesimo al viaggiatore senza indebito ritardo prima dell’inizio del pacchetto, esso può risolvere tale contratto e rimborsare integralmente a tale viaggiatore i pagamenti effettuati per il pacchetto, ma non è tenuto a versare un indennizzo supplementare.

    21

    Inoltre, l’articolo 12, paragrafo 4, di detta direttiva precisa, in particolare, che i rimborsi sono effettuati a detto viaggiatore senza indebito ritardo, e in ogni caso entro 14 giorni dalla risoluzione del contratto di pacchetto turistico.

    22

    Nel caso di specie, il giudice del rinvio solleva la prima questione nel contesto dell’adozione, da parte del governo francese, dell’ordinanza n. 2020-315, il cui articolo 1 autorizzava gli organizzatori di viaggi, per quanto riguarda le «risoluzioni» notificate tra il 1o marzo e il 15 settembre 2020, ad ottemperare al loro obbligo di rimborso proponendo al viaggiatore interessato, entro 3 mesi dalla notifica della «risoluzione» del contratto di pacchetto turistico di cui trattasi, un buono da far valere per un importo pari ai pagamenti effettuati nell’ambito di tale pacchetto turistico. Detta proposta era valida per un periodo di 18 mesi.

    23

    Per chiarire se tale proposta possa costituire un «rimborso» ai sensi dell’articolo 12, paragrafi 2 e 3, della direttiva 2015/2302, occorre rilevare, anzitutto, che tale direttiva non contiene alcuna definizione della nozione di «rimborso».

    24

    Secondo una giurisprudenza consolidata, poi, la determinazione del significato e della portata dei termini per i quali il diritto dell’Unione non fornisce alcuna definizione va operata conformemente al loro senso abituale nel linguaggio corrente, tenendo conto al contempo del contesto in cui essi sono utilizzati e degli scopi perseguiti dalla normativa di cui essi fanno parte (sentenza del 18 marzo 2021, Kuoni Travel, C‑578/19, EU:C:2021:213, punto 37).

    25

    Secondo il suo senso abituale nel linguaggio corrente, il termine «rimborsare» fa riferimento al fatto di restituire ad una persona una somma di denaro che essa ha corrisposto o anticipato ad un’altra persona e implica quindi per quest’ultima il fatto di restituire tale somma alla prima. Un siffatto significato risulta peraltro inequivocabilmente da una lettura complessiva della formulazione dell’articolo 12, paragrafi 2 e 3, della direttiva 2015/2302, il quale precisa che il rimborso integrale riguarda i «pagamenti effettuati» per un pacchetto, il che dissipa quindi ogni dubbio in merito all’oggetto del rimborso, dato che quest’ultimo verte su una somma di denaro.

    26

    Ne consegue che la nozione di «rimborso» ai sensi dell’articolo 12, paragrafi 2 e 3, della direttiva 2015/2302 va intesa come restituzione, sotto forma di una somma di denaro, dei pagamenti effettuati nell’ambito di un pacchetto.

    27

    Una siffatta interpretazione non è inficiata dall’argomento addotto dal governo slovacco vertente sulla distinzione terminologica che sarebbe effettuata, per quanto riguarda tale nozione, in particolare nelle versioni in lingua tedesca e inglese dell’articolo 12, paragrafo 4, della direttiva 2015/2302, tra, da un lato, una restituzione («reimbursement» in lingua inglese, «Rückzahlung» in lingua tedesca) dei pagamenti di cui all’articolo 12, paragrafo 1, di tale direttiva e, dall’altro, un «rimborso» («refund» in lingua inglese, «Erstattung» in lingua tedesca) di questi ultimi, di cui, in particolare, all’articolo 12, paragrafi 2 e 3, della medesima, laddove tale rimborso comprenderebbe, secondo detto governo, anche un risarcimento in forma diversa da una somma di denaro.

    28

    Infatti, non solo una siffatta distinzione terminologica è perfettamente compatibile con un’interpretazione di tali disposizioni che preveda una restituzione sotto forma di una somma di denaro, ma, anche supponendo il contrario, dalla costante giurisprudenza della Corte risulta che la formulazione utilizzata in una delle versioni linguistiche di una disposizione del diritto dell’Unione non può fungere quale unico fondamento per l’interpretazione di tale disposizione, né si può attribuire a essa un carattere prioritario rispetto alle altre versioni linguistiche. Detta disposizione, infatti, in caso di divergenza tra le diverse versioni linguistiche di un testo del diritto dell’Unione, deve essere interpretata in funzione del contesto e della finalità della normativa di cui fa parte (v., in questo senso, sentenza del 9 luglio 2020, Banca Transilvania, C‑81/19, EU:C:2020:532, punto 33 e giurisprudenza ivi citata).

    29

    Orbene, il contesto dell’articolo 12, paragrafi 2 e 3, della direttiva 2015/2302 e l’obiettivo di tale direttiva non fanno altro che corroborare l’interpretazione letterale caldeggiata al punto 26 della presente sentenza.

    30

    Infatti, per quanto riguarda, da un lato, il contesto di tale disposizione, la circostanza che, in forza dell’articolo 12, paragrafo 4, di tale direttiva, il rimborso debba aver luogo entro 14 giorni dalla risoluzione del contratto di pacchetto turistico di cui trattasi depone nel senso che tale rimborso deve avvenire sotto forma di una somma di denaro, in quanto tale termine mira a garantire che il viaggiatore interessato, poco tempo dopo la risoluzione di tale contratto, possa di nuovo disporre liberamente della somma che aveva sborsato ai fini del pagamento di tale pacchetto. L’imposizione di un siffatto termine sarebbe invece poco utile se detto viaggiatore dovesse accontentarsi di un buono da far valere o di un’altra prestazione di natura differita, di cui egli potrebbe in ogni caso fruire solo dopo la scadenza di detto termine.

    31

    Peraltro, come ha sostanzialmente osservato anche l’avvocato generale al paragrafo 26 delle conclusioni, il contesto più ampio in cui si colloca la direttiva 2015/2302, ossia quello del settore dei diritti dei viaggiatori e della tutela dei consumatori, evidenzia che, laddove il legislatore dell’Unione preveda, in un determinato atto legislativo relativo a tale settore, la possibilità di sostituire l’obbligo di pagare una somma di denaro con una prestazione avente altra forma, come in particolare l’offerta di buoni, tale possibilità viene espressamente prevista in tale atto legislativo. L’assenza di un qualsivoglia riferimento, nel testo dell’articolo 12 della direttiva 2015/2302, a una siffatta possibilità tende quindi a confermare che detto articolo riguarda unicamente rimborsi sotto forma di una somma di denaro.

    32

    D’altro canto, per quanto riguarda l’obiettivo perseguito dalla direttiva 2015/2302, emerge chiaramente dall’articolo 1 di tale direttiva, letto alla luce del suo considerando 5, che tale obiettivo consiste nel contribuire al corretto funzionamento del mercato interno e nel realizzare un livello elevato di protezione dei consumatori [v., in questo senso, sentenza del 12 gennaio 2023, FTI Touristik (Pacchetto turistico per le isole Canarie), C‑396/21, EU:C:2023:10, punto 29].

    33

    Il diritto al rimborso conferito ai viaggiatori dall’articolo 12, paragrafi 2 e 3, di detta direttiva risponde a tale finalità di tutela dei consumatori, cosicché un’interpretazione della nozione di «rimborso», ai sensi di tale articolo 12, secondo la quale il viaggiatore interessato ha diritto alla restituzione dei pagamenti effettuati nell’ambito del pacchetto in questione sotto forma di una somma di denaro, di cui potrà disporre liberamente, è più idonea a contribuire alla tutela degli interessi di quest’ultimo e, pertanto, alla realizzazione di tale obiettivo, rispetto all’interpretazione secondo la quale sarebbe sufficiente che l’organizzatore interessato gli proponga un buono o un’altra forma di compenso differito.

    34

    Ciò non pregiudica la possibilità per il viaggiatore parte di un contratto di pacchetto turistico di acconsentire, su base volontaria, ad accettare, anziché un rimborso sotto forma di somma di denaro, un buono, nei limiti in cui tale possibilità non lo privi del suo diritto a tale rimborso, come indicato al considerando 9 della raccomandazione 2020/648.

    35

    Alla luce delle considerazioni che precedono, occorre rispondere alla prima questione dichiarando che l’articolo 12, paragrafi 2 e 3, della direttiva 2015/2302 deve essere interpretato nel senso che, qualora, a seguito della risoluzione di un contratto di pacchetto turistico, l’organizzatore del pacchetto sia tenuto, in forza di tale disposizione, a rimborsare integralmente al viaggiatore interessato i pagamenti effettuati per detto pacchetto, per tale rimborso si intende unicamente una restituzione di detti pagamenti sotto forma di una somma di denaro.

    Sulla seconda questione

    36

    Con la sua seconda questione il giudice del rinvio chiede, in sostanza, se l’articolo 12, paragrafi da 2 a 4, della direttiva 2015/2302 debba essere interpretato nel senso che osta ad una normativa nazionale in forza della quale gli organizzatori di pacchetti turistici sono temporaneamente esentati, nel contesto dello scoppio di una crisi sanitaria mondiale che impedisce l’esecuzione dei contratti di pacchetto turistico, dal loro obbligo di rimborsare integralmente ai viaggiatori colpiti, entro 14 giorni dalla risoluzione di un contratto, i pagamenti effettuati per il contratto risolto, e ciò anche laddove una siffatta normativa miri ad evitare che, per il considerevole numero di richieste di rimborso attese, la solvibilità di tali organizzatori di viaggi sia compromessa al punto da mettere a repentaglio la loro sussistenza, e quindi miri a preservare la sopravvivenza del settore interessato.

    37

    In via preliminare occorre rilevare che, tenuto conto della risposta fornita alla prima domanda, l’articolo 12, paragrafo 2, e paragrafo 3, lettera b), della direttiva 2015/2302 obbliga gli organizzatori di pacchetti turistici a restituire integralmente ai viaggiatori interessati, sotto forma di somma di denaro, tutti i pagamenti effettuati per il contratto di pacchetto turistico quando tale contratto di viaggio viene risolto per il sopravvenire di «circostanze inevitabili e straordinarie» che producono un’incidenza sostanziale sull’esecuzione di tale contratto o la impediscono.

    38

    Come ricordato al punto 22 della presente sentenza, l’articolo 1 dell’ordinanza n. 2020-315 autorizzava gli organizzatori di viaggi, per quanto riguarda le «risoluzioni» notificate tra il 1o marzo e il 15 settembre 2020, ossia il periodo iniziato poco prima dello scoppio della pandemia di COVID-19 e terminato qualche mese dopo, a proporre al viaggiatore interessato, entro 3 mesi dalla notifica della «risoluzione» del contratto di pacchetto turistico di cui trattasi, un buono invece di rimborsargli i pagamenti effettuati per tale contratto sotto forma di somma di denaro. Tale rimborso diventava obbligatorio solo alla fine del periodo di validità di 18 mesi del buono.

    39

    Poiché la seconda questione mira sostanzialmente a consentire al giudice del rinvio di valutare la compatibilità di un siffatto meccanismo nazionale con l’obbligo di rimborso integrale a carico dell’organizzatore di viaggi interessato, istituito all’articolo 12, paragrafo 2, e paragrafo 3, lettera b), della direttiva 2015/2302, tale questione è quindi necessariamente fondata sulla premessa secondo cui le condizioni di applicazione di tale disposizione, in particolare quella relativa alla sopravvenienza di «circostanze inevitabili e straordinarie», siano soddisfatte nel caso di specie.

    40

    I governi ceco, italiano e slovacco sostengono che l’articolo 12, paragrafo 2, e paragrafo 3, lettera b), della direttiva 2015/2302 non si applica nel contesto di una crisi sanitaria su scala mondiale come quella provocata dalla pandemia di COVID-19, in quanto un simile evento non rientrerebbe nella nozione di «circostanze inevitabili e straordinarie» ai sensi di tale disposizione. Risoluzioni avvenute a causa di tale crisi non potrebbero quindi dar luogo ad un diritto al rimborso integrale dei pagamenti effettuati per i contratti di pacchetto turistico risolti.

    41

    È quindi necessario esaminare, in primo luogo, se una crisi sanitaria mondiale come la pandemia di COVID-19 possa rientrare nella nozione di «circostanze inevitabili e straordinarie» ai sensi dell’articolo 12, paragrafo 2, e paragrafo 3, lettera b), della direttiva 2015/2302, di modo che tale disposizione possa essere applicata alle risoluzioni disciplinate da una normativa nazionale come l’articolo 1 dell’ordinanza n. 2020-315.

    42

    A tal riguardo, occorre ricordare che tale nozione è definita all’articolo 3, punto 12, della direttiva 2015/2302 come «una situazione fuori dal controllo della parte che invoca una tale situazione e le cui conseguenze non sarebbero state evitate nemmeno adottando tutte le ragionevoli misure».

    43

    Peraltro, il considerando 31 di tale direttiva precisa la portata di detta nozione, enunciando che «[c]iò può riguardare ad esempio conflitti armati, altri gravi problemi di sicurezza quali terrorismo, rischi significativi per la salute umana quali il focolaio di una grave malattia nel luogo di destinazione del viaggio o calamità naturali come inondazioni, terremoti o condizioni meteorologiche che impediscono di viaggiare in modo sicuro verso la destinazione come stabilito nel contratto di pacchetto turistico».

    44

    Inoltre, come ricordato al punto 19 della presente sentenza, dall’articolo 12, paragrafo 2, della direttiva 2015/2302 risulta che le «circostanze inevitabili e straordinarie» possono giustificare una risoluzione da parte del viaggiatore coinvolto, conferendogli il diritto al rimborso integrale dei pagamenti effettuati per il pacchetto, solo quando si verifichino «nel luogo di destinazione o nelle sue immediate vicinanze» e producano «un’incidenza sostanziale sull’esecuzione del pacchetto o sul trasporto dei passeggeri verso la destinazione».

    45

    Sebbene, ai fini della risoluzione di un contratto di pacchetto turistico, la qualificazione di un determinato evento come situazione rientrante nella nozione di «circostanze inevitabili e straordinarie», nell’accezione di tale direttiva, dipenda necessariamente dalle circostanze concrete del caso di specie, e in particolare dai servizi turistici concretamente convenuti, nonché dalle conseguenze di tale evento nel luogo di destinazione previsto, resta il fatto che una crisi sanitaria mondiale come la pandemia di COVID-19 deve, di per sé, essere considerata idonea a rientrare in tale nozione.

    46

    Infatti, un evento del genere esula manifestamente da qualsiasi controllo e le sue conseguenze non avrebbero potuto essere evitate neppure adottando tutte le ragionevoli misure. Tale evento rivela peraltro l’esistenza di «rischi significativi per la salute umana» di cui al considerando 31 di detta direttiva.

    47

    Il fatto che, come l’articolo 12, paragrafo 2, della stessa direttiva, tale considerando illustri questi termini ricorrendo all’esempio del «focolaio di una grave malattia nel luogo di destinazione» è irrilevante a tale riguardo, in quanto tale specificazione è intesa non già a limitare la portata della nozione di «circostanze inevitabili e straordinarie» a eventi locali, bensì a chiarire che tali circostanze devono, in ogni caso, manifestarsi in particolare nel luogo di destinazione previsto e, in quanto tali, produrre un’incidenza sostanziale sull’esecuzione del pacchetto in questione.

    48

    A questo proposito, come ha sottolineato anche l’avvocato generale al paragrafo 58 delle conclusioni, se la diffusione di una malattia grave nel luogo di destinazione interessato è suscettibile di rientrare in tale nozione, ciò deve valere a maggior ragione per la diffusione di una grave malattia a livello mondiale, poiché gli effetti di quest’ultima colpiscono anche tale luogo.

    49

    Inoltre, un’interpretazione dell’articolo 12, paragrafo 2, e paragrafo 3, lettera b), della direttiva 2015/2302, secondo la quale tale disposizione si applicherebbe solo ad eventi di portata locale, escludendo gli eventi di portata maggiore, da un lato sarebbe contraria all’applicazione del principio della certezza del diritto, in quanto, in assenza di un criterio di delimitazione previsto a tal fine da questa direttiva, la linea di demarcazione tra queste due categorie di eventi potrebbe essere sfumata e variabile, con la conseguenza che il beneficio della tutela conferita da tale disposizione risulterebbe in ultima analisi aleatorio.

    50

    Dall’altro, tale interpretazione sarebbe incoerente alla luce dell’obiettivo di tutela dei consumatori perseguito dalla direttiva 2015/2302. Infatti, essa implicherebbe che i viaggiatori che risolvono il loro contratto di pacchetto turistico adducendo l’insorgenza di una malattia localmente circoscritta non sarebbero tenuti a pagare spese di risoluzione, mentre i viaggiatori che risolvono detto contratto a causa della comparsa di una malattia di portata mondiale dovrebbero pagare tali spese, sicché i viaggiatori colpiti godrebbero di un livello di protezione inferiore in caso di sopravvenienza di una crisi sanitaria mondiale rispetto al caso dell’insorgenza di una malattia circoscritta localmente.

    51

    Alla luce di quanto precede, si deve ritenere che la nozione di «circostanze inevitabili e straordinarie», ai sensi dell’articolo 12, paragrafo 2, e paragrafo 3, lettera b), della direttiva 2015/2302, possa comprendere lo scoppio di una crisi sanitaria mondiale, sicché tale disposizione può essere applicata alle risoluzioni di contratti di pacchetto turistico quando queste ultime sono fondate sulle conseguenze provocate da un simile evento.

    52

    In secondo luogo, il governo francese fa tuttavia valere che una situazione come la crisi sanitaria connessa alla pandemia di COVID-19 è di ampiezza tale da costituire anche un caso di «forza maggiore», nozione idonea a ricomprendere casi le cui caratteristiche si spingono oltre le situazioni previste al momento dell’adozione dell’articolo 12, paragrafo 2, e paragrafo 3, lettera b), della direttiva 2015/2302. Tale governo ne deduce che, per questo motivo, è consentito agli Stati membri derogare a tale disposizione relativamente a detti casi.

    53

    A tal riguardo, da un lato, occorre ricordare che, come risulta da una giurisprudenza costante, non avendo la nozione di «forza maggiore» il medesimo contenuto nei diversi settori d’applicazione del diritto dell’Unione, il suo significato deve essere determinato in funzione del contesto giuridico nel quale è destinata a produrre i suoi effetti (sentenza del 25 gennaio 2017, Vilkas, C‑640/15, EU:C:2017:39, punto 54).

    54

    Come ammette lo stesso governo francese, la nozione di «circostanze inevitabili e straordinarie», ai sensi dell’articolo 12, paragrafo 2, e paragrafo 3, lettera b), della direttiva 2015/2302, è simile alla nozione di «forza maggiore» così come quest’ultima è stata definita da una giurisprudenza consolidata, ossia come relativa a circostanze indipendenti da chi le fa valere, straordinarie ed imprevedibili, le cui conseguenze sarebbe stato impossibile evitare malgrado tutta la diligenza posta (sentenza del 4 marzo 2010, Commissione/Italia, C‑297/08, EU:C:2010:115, punto 85). Pertanto, nonostante l’assenza di qualsiasi riferimento, in tale direttiva, alla forza maggiore, tale nozione di «circostanze inevitabili e straordinarie» concretizza la nozione di «forza maggiore» nell’ambito di detta direttiva.

    55

    Dall’altro lato, come parimenti rilevato dall’avvocato generale al paragrafo 55 delle sue conclusioni, la genesi della direttiva 2015/2302, e segnatamente i lavori preparatori di quest’ultima, confermano che detto concetto di «circostanze inevitabili e straordinarie» è subentrato a quello di «forza maggiore» utilizzato nella direttiva 90/314/CEE del Consiglio, del 13 giugno 1990, concernente i viaggi, le vacanze ed i circuiti «tutto compreso» (GU 1990, L 158, pag. 59), la quale è stata abrogata e sostituita dalla direttiva 2015/2302.

    56

    Pertanto, la nozione di «circostanze inevitabili e straordinarie», ai sensi dell’articolo 12, paragrafo 2, e paragrafo 3, lettera b), di tale direttiva, costituisce un’attuazione esaustiva della nozione di «forza maggiore» ai fini di detta direttiva.

    57

    Pertanto, non vi è motivo per cui gli Stati membri esentino, per cause di forza maggiore, quand’anche solo temporaneamente, gli organizzatori di pacchetti turistici dal loro obbligo di rimborso previsto dall’articolo 12, paragrafi da 2 a 4, della direttiva 2015/2302, dato che né tale disposizione né altre disposizioni di detta direttiva prevedono un’eccezione al carattere obbligatorio di tale obbligo per cause di forza maggiore (v., per analogia, sentenza del 26 settembre 2013, ÖBB-Personenverkehr, C‑509/11, EU:C:2013:613, punti 4950).

    58

    Da quanto precede risulta che, in caso di risoluzione di un contratto di pacchetto turistico a seguito dello scoppio di una crisi sanitaria mondiale, gli organizzatori di viaggi interessati sono tenuti a rimborsare integralmente ai viaggiatori colpiti i pagamenti effettuati per il pacchetto turistico, alle condizioni previste all’articolo 12, paragrafo 4, di tale direttiva.

    59

    Per quanto riguarda, in terzo luogo, la questione di chiarire se la direttiva 2015/2302 consenta nondimeno agli Stati membri, nelle circostanze di una crisi sanitaria mondiale quale la pandemia di COVID-19, di esentare gli organizzatori di pacchetti turistici da un siffatto obbligo di rimborso, occorre rilevare che dall’articolo 4 di tale direttiva risulta che, salvo disposizione contraria, essa mira ad un’armonizzazione completa del settore interessato, cosicché gli Stati membri non possono adottare disposizioni divergenti da quelle stabilite dalla presente direttiva, incluse disposizioni più severe intese a garantire al viaggiatore un livello di tutela diverso.

    60

    Inoltre, dall’articolo 23, paragrafi 2 e 3, della direttiva 2015/2302 risulta che i diritti riconosciuti ai viaggiatori interessati in forza di tale direttiva hanno carattere imperativo.

    61

    Orbene, il fatto di esentare gli organizzatori di viaggi dal loro obbligo di rimborsare ai viaggiatori interessati i pagamenti effettuati per un pacchetto turistico implica, in violazione dell’articolo 4 della direttiva 2015/2302, una riduzione del livello di tutela di tali viaggiatori derivante dall’articolo 12, paragrafi da 2 a 4, della suddetta direttiva.

    62

    Di conseguenza, una normativa nazionale che esenta gli organizzatori di pacchetti turistici dall’obbligo di rimborso ad essi incombente in forza dell’articolo 12, paragrafi da 2 a 4, della direttiva 2015/2302 viola tale disposizione.

    63

    Il governo slovacco afferma tuttavia che gli Stati membri, nel contesto dell’attuazione della direttiva 2015/2302, possono far valere la forza maggiore ai fini dell’adozione di una siffatta normativa, qualora la situazione sfavorevole connessa a una crisi sanitaria mondiale come la pandemia di COVID-19, e in particolare le conseguenze finanziarie che ne derivano per il settore turistico, impedisca loro di adempiere il loro obbligo di attuazione di tale direttiva.

    64

    A tale proposito, occorre sottolineare anzitutto che dalla constatazione di cui al punto 62 della presente sentenza risulta che una siffatta normativa nazionale può costituire una violazione dell’obbligo, gravante su ciascuno Stato membro destinatario della direttiva 2015/2302, di adottare, nel proprio ordinamento giuridico, tutti i provvedimenti necessari a garantirne la piena efficacia, conformemente allo scopo che essa persegue (v., in questo senso, sentenza del 12 luglio 2022, Nord Stream 2/Parlamento e Consiglio, C‑348/20 P, EU:C:2022:548, punto 69).

    65

    Inoltre, la Corte ha statuito che il timore di difficoltà interne non può giustificare un’omissione da parte di uno Stato membro nell’applicare correttamente il diritto dell’Unione (sentenza del 17 febbraio 2009, Azelvandre, C‑552/07, EU:C:2009:96, punto 50 e giurisprudenza ivi citata).

    66

    È vero che dalla giurisprudenza della Corte pronunciata nell’ambito di procedimenti per inadempimento ai sensi dell’articolo 258 TFUE risulta che, qualora uno Stato membro non si sia conformato ai suoi obblighi derivanti dal diritto dell’Unione, non è escluso che quest’ultimo possa invocare, trattandosi di una siffatta non conformità, la forza maggiore.

    67

    A tal riguardo, secondo una giurisprudenza costante, sebbene la nozione di forza maggiore non postuli un’impossibilità assoluta, essa esige cionondimeno che la non conformità in causa sia imputabile a circostanze indipendenti da chi le fa valere, straordinarie ed imprevedibili, le cui conseguenze sarebbero state impossibili da evitare malgrado tutta la diligenza posta, e che una situazione di forza maggiore può inoltre essere invocata solo per il periodo necessario a porre rimedio a tali difficoltà (v., in questo senso, sentenze del 13 dicembre 2001, Commissione/Francia, C‑1/00, EU:C:2001:687, punto 131 e giurisprudenza citata, nonché del 4 marzo 2010, Commissione/Italia, C‑297/08, EU:C:2010:115, punto 85 e giurisprudenza citata).

    68

    Tuttavia, anche se tale giurisprudenza potesse essere interpretata nel senso di consentire agli Stati membri di sostenere proficuamente dinanzi ai propri giudici nazionali che la non conformità di una normativa nazionale alle disposizioni di una direttiva è giustificata da cause di forza maggiore, per poter così ottenere che tale normativa possa continuare ad essere applicata per il periodo necessario, si deve notare che una normativa nazionale come l’articolo 1 dell’ordinanza n. 2020-315 chiaramente non soddisferebbe le condizioni per invocare la forza maggiore, così come esse risultano da tale giurisprudenza.

    69

    A questo riguardo, in primo luogo, sebbene una crisi sanitaria della portata della pandemia di COVID-19 non dipenda dallo Stato membro interessato e sia anormale e imprevedibile, una normativa nazionale che esenti, in modo generalizzato, tutti gli organizzatori di pacchetti turistici dal loro obbligo di rimborso previsto all’articolo 12, paragrafi da 2 a 4, della direttiva 2015/2302, per quanto riguarda le risoluzioni notificate per un periodo predefinito di diversi mesi, non può, per sua stessa natura, essere giustificata dalle difficoltà derivanti da un simile evento e soddisfare quindi le condizioni che disciplinano la possibilità di invocare la forza maggiore.

    70

    Infatti, sfociando di fatto in una sospensione provvisoria generalizzata di tale obbligo di rimborso, l’applicazione di una simile normativa non si limita alle sole fattispecie in cui tali difficoltà, in particolare finanziarie, si siano effettivamente manifestate, ma si estende a tutti i contratti che sono stati risolti durante il periodo di riferimento, senza prendere in considerazione la situazione finanziaria concreta e individuale degli organizzatori di viaggi interessati.

    71

    In secondo luogo, dal fascicolo sottoposto alla Corte non emerge che le conseguenze finanziarie che il meccanismo istituito dall’articolo 1 dell’ordinanza n. 2020-315 intendeva combattere non potessero essere evitate se non violando l’articolo 12, paragrafi da 2 a 4, della direttiva 2015/2302, e magari adottando, in favore degli operatori turistici colpiti, alcune misure di aiuto di Stato suscettibili di essere autorizzate ai sensi dell’articolo 107, paragrafo 2, lettera b), TFUE, possibilità di cui si sono avvalsi altri Stati membri, come spiegato dall’avvocato generale ai paragrafi da 82 a 84 delle sue conclusioni.

    72

    In questo contesto, mentre diversi governi hanno insistito sul fatto che l’adozione di tali misure di aiuto di Stato sarebbe stata corredata da particolari difficoltà per molti Stati membri, in quanto la possibilità di adottare tali misure a breve termine dipende, tra l’altro, dalle strutture organizzative esistenti dell’industria dei pacchetti turistici e dal tempo necessario per tale adozione conformemente alle loro procedure interne, va ricordato in proposito che, per costante giurisprudenza della Corte, uno Stato membro non può eccepire difficoltà di ordine interno per giustificare l’inosservanza degli obblighi derivanti dal diritto dell’Unione (sentenze del 25 giugno 2013, Commissione/Repubblica Ceca, C‑241/11, EU:C:2013:423, punto 48 e giurisprudenza ivi citata, e del 6 novembre 2014, Commissione/Belgio, C‑395/13, EU:C:2014:2347, punto 51).

    73

    Non può neppure essere accolto, in tale contesto, l’argomento addotto, in particolare, dal governo ceco, secondo cui la soluzione consistente nella concessione di aiuti di Stato dovrebbe essere un «estremo rimedio». Infatti, è sufficiente rilevare al riguardo che il diritto dell’Unione consente agli Stati membri, nel rispetto delle condizioni previste a tal fine, di prevedere talune forme di aiuto di Stato e, in particolare, quelle che possono essere considerate compatibili con il mercato interno in forza dell’articolo 107, paragrafo 2, lettera b), TFUE, mentre tale diritto non consente loro proprio di venir meno al loro obbligo di adottare, nel loro ordinamento giuridico nazionale, tutte le misure necessarie al fine di garantire la piena efficacia di una direttiva, nel caso di specie della direttiva 2015/2302.

    74

    Occorre inoltre rilevare che gli Stati membri avevano anche la possibilità di istituire meccanismi destinati non già ad imporre, bensì ad incentivare o ad agevolare l’accettazione, da parte dei viaggiatori interessati, di buoni invece che di un rimborso sotto forma di una somma di denaro, soluzioni che potevano anch’esse contribuire ad attenuare i problemi di liquidità degli organizzatori di viaggi colpiti, come segnalato nella raccomandazione 2020/648, in particolare al considerando 15 di quest’ultima.

    75

    In terzo luogo, come ha sottolineato anche l’avvocato generale al paragrafo 80 delle conclusioni, una normativa nazionale come l’articolo 1 dell’ordinanza n. 2020-315, prevedendo l’esonero degli organizzatori di pacchetti turistici dall’obbligo di rimborso per un periodo che può spingersi fino a 21 mesi dalla notifica della «risoluzione» del contratto di pacchetto turistico in questione, chiaramente non è concepita per limitare i suoi effetti al periodo necessario per porre rimedio alle difficoltà causate dall’evento che può rientrare nell’ambito della forza maggiore.

    76

    Alla luce di tutto quanto sopra, occorre rispondere alla seconda questione dichiarando che l’articolo 12, paragrafi da 2 a 4, della direttiva 2015/2302, in combinato disposto con l’articolo 4 di tale direttiva, deve essere interpretato nel senso che osta a una normativa nazionale in forza della quale gli organizzatori di pacchetti turistici sono temporaneamente esentati, nel contesto dello scoppio di una crisi sanitaria mondiale che impedisce l’esecuzione dei contratti di pacchetto turistico, dal loro obbligo di rimborsare integralmente ai viaggiatori colpiti, entro 14 giorni dalla risoluzione di un contratto, i pagamenti effettuati per il contratto risolto, e ciò anche laddove una siffatta normativa miri ad evitare che la solvibilità di tali organizzatori di viaggi sia compromessa al punto da mettere a repentaglio la loro sussistenza a causa del numero considerevole di richieste di rimborso attese, e quindi miri a preservare la sopravvivenza del settore interessato.

    Sulla terza questione

    77

    Con la sua terza questione, il giudice del rinvio chiede, in sostanza, se il diritto dell’Unione debba essere interpretato nel senso che consente a un giudice nazionale, investito di un ricorso di annullamento di una normativa nazionale contraria all’articolo 12, paragrafi da 2 a 4, della direttiva 2015/2302, di modulare gli effetti nel tempo della sua decisione di annullamento di tale normativa nazionale.

    78

    Occorre ricordare che è compito delle autorità dello Stato membro interessato adottare i provvedimenti generali o particolari idonei a garantire il rispetto del diritto dell’Unione sul loro territorio (v., in tal senso, sentenza del 21 giugno 2007, Jonkman e a., da C‑231/06 a C‑233/06, EU:C:2007:373, punto 38).

    79

    A tal proposito, per giurisprudenza consolidata, in virtù del principio di leale cooperazione, sancito all’articolo 4, paragrafo 3, TUE, gli Stati membri sono tenuti a rimuovere le conseguenze illecite di una violazione del diritto dell’Unione. Un siffatto obbligo incombe, nell’ambito delle sue competenze, a ciascun organo dello Stato membro interessato, inclusi i giudici nazionali investiti di ricorso contro un atto nazionale che costituisce una tale violazione (v., in questo senso, sentenza del 29 luglio 2019, Inter-Environnement Wallonie e Bond Beter Leefmilieu Vlaanderen, C‑411/17, EU:C:2019:622, punti 170171 e giurisprudenza ivi citata).

    80

    Ne consegue che quando un giudice nazionale è investito di un ricorso per l’annullamento di una normativa nazionale che esso considera contraria al diritto dell’Unione, è tenuto, conformemente alle modalità procedurali applicabili a tali ricorsi previste nel suo ordinamento giuridico interno, nonché nel rispetto dei principi di equivalenza e di effettività, a procedere all’annullamento di tale normativa.

    81

    È vero che la Corte ha riconosciuto ai giudici nazionali, in circostanze eccezionali, la facoltà di rimaneggiare gli effetti di loro decisioni di annullamento di una normativa nazionale dichiarata incompatibile con il diritto dell’Unione.

    82

    Infatti, dalla giurisprudenza della Corte risulta che un giudice nazionale, in virtù dell’esistenza di considerazioni imperative relative alla tutela dell’ambiente o alla necessità di scongiurare una minaccia grave ed effettiva di interruzione dell’approvvigionamento di energia elettrica dello Stato membro interessato, può essere autorizzato, in via eccezionale e caso per caso, ad applicare una disposizione nazionale che gli consente di mantenere determinati effetti di un atto nazionale annullato, purché siano rispettate le condizioni specificate in tale giurisprudenza (v., in questo senso, sentenza del 29 luglio 2019, Inter-Environnement Wallonie e Bond Beter Leefmilieu Vlaanderen, C‑411/17, EU:C:2019:622, punti 178179 e giurisprudenza ivi citata).

    83

    Tuttavia, nel caso di specie, da un lato, come rilevato anche dall’avvocato generale al paragrafo 101 delle sue conclusioni, per quanto gravi siano state le conseguenze finanziarie generate dalla pandemia di COVID-19 sul settore dei pacchetti turistici, alle quali il giudice del rinvio fa riferimento nella sua terza questione, si deve concludere che una tale minaccia agli interessi economici degli operatori attivi in tale settore non è paragonabile alle considerazioni imperative relative alla tutela dell’ambiente o all’approvvigionamento di energia elettrica dello Stato membro interessato che erano in gioco nella causa sfociata nella sentenza del 28 febbraio 2012, Inter-Environnement Wallonie e Terre wallone (C‑41/11, EU:C:2012:103, punto 57).

    84

    D’altra parte, occorre rilevare che in udienza il governo francese ha indicato che l’eventuale danno derivante dall’annullamento dell’ordinanza n. 2020-315 da parte del giudice del rinvio sarebbe di «portata limitata». Così, in ogni caso, non risulta che l’annullamento della normativa nazionale di cui trattasi nel procedimento principale tenda a produrre sul settore dei pacchetti turistici conseguenze pregiudizievoli di portata tale da rendere necessario il mantenimento dei suoi effetti al fine di tutelare gli interessi finanziari degli operatori del settore.

    85

    In tali circostanze, occorre rispondere alla terza questione dichiarando che il diritto dell’Unione, in particolare il principio di leale cooperazione previsto all’articolo 4, paragrafo 3, TUE, deve essere interpretato nel senso che non consente a un giudice nazionale investito di un ricorso di annullamento di una normativa nazionale contraria all’articolo 12, paragrafi da 2 a 4, della direttiva 2015/2302 di modulare gli effetti nel tempo della sua decisione che annulla tale normativa nazionale.

    Sulle spese

    86

    Nei confronti delle parti nel procedimento principale la presente causa costituisce un incidente sollevato dinanzi al giudice nazionale, cui spetta quindi statuire sulle spese. Le spese sostenute da altri soggetti per presentare osservazioni alla Corte non possono dar luogo a rifusione.

     

    Per questi motivi, la Corte (Seconda Sezione) dichiara:

     

    1)

    L’articolo 12, paragrafi 2 e 3, della direttiva (UE) 2015/2302 del Parlamento europeo e del Consiglio, del 25 novembre 2015, relativa ai pacchetti turistici e ai servizi turistici collegati, che modifica il regolamento (CE) n. 2006/2004 e la direttiva 2011/83/UE del Parlamento europeo e del Consiglio e che abroga la direttiva 90/314/CEE,

    deve essere interpretato nel senso che:

    qualora, a seguito della risoluzione di un contratto di pacchetto turistico, l’organizzatore del pacchetto sia tenuto, in forza di tale disposizione, a rimborsare integralmente al viaggiatore interessato i pagamenti effettuati per detto pacchetto, per tale rimborso si intende unicamente una restituzione di detti pagamenti sotto forma di una somma di denaro.

     

    2)

    L’articolo 12, paragrafi da 2 a 4, della direttiva 2015/2302, in combinato disposto con l’articolo 4 di tale direttiva,

    deve essere interpretato nel senso che:

    esso osta a una normativa nazionale in forza della quale gli organizzatori di pacchetti turistici sono temporaneamente esentati, nel contesto dello scoppio di una crisi sanitaria mondiale che impedisce l’esecuzione dei contratti di pacchetto turistico, dal loro obbligo di rimborsare integralmente ai viaggiatori colpiti, entro 14 giorni dalla risoluzione di un contratto, i pagamenti effettuati per il contratto risolto, e ciò anche laddove una siffatta normativa miri ad evitare che la solvibilità di tali organizzatori di viaggi sia compromessa al punto da mettere a repentaglio la loro sussistenza a causa del numero considerevole di richieste di rimborso attese, e quindi miri a preservare la sopravvivenza del settore interessato.

     

    3)

    Il diritto dell’Unione, segnatamente il principio di leale cooperazione previsto all’articolo 4, paragrafo 3, TUE,

    deve essere interpretato nel senso che:

    esso non consente a un giudice nazionale investito di un ricorso di annullamento di una normativa nazionale contraria all’articolo 12, paragrafi da 2 a 4, della direttiva 2015/2302 di modulare gli effetti nel tempo della sua decisione che annulla tale normativa nazionale.

     

    Firme


    ( *1 ) Lingua processuale: il francese.

    Top