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Document 62021CC0606

Conclusioni dell’avvocato generale M. Szpunar, presentate il 13 luglio 2023.
Doctipharma SAS contro Union des Groupements de pharmaciens d’officine (UDGPO) e Pictime Coreyre.
Domanda di pronuncia pregiudiziale proposta dalla Cour d'appel de Paris.
Rinvio pregiudiziale – Medicinali per uso umano – Direttiva 2001/83/CE – Articolo 85 quater – Ambito di applicazione – Vendita a distanza al pubblico di medicinali – Medicinali per uso umano non soggetti a prescrizione medica obbligatoria – Persone autorizzate o legittimate a vendere a distanza al pubblico medicinali – Facoltà, per gli Stati membri, di imporre condizioni, giustificate da motivi di tutela della salute pubblica, per la fornitura al dettaglio, nel loro territorio, di medicinali venduti online – Servizi della società dell’informazione – Direttiva 98/34/CE – Direttiva (UE) 2015/1535 – Servizio consistente nel mettere in contatto farmacisti e clienti per la vendita online di medicinali.
Causa C-606/21.

Court reports – general – 'Information on unpublished decisions' section

ECLI identifier: ECLI:EU:C:2023:585

Edizione provvisoria

CONCLUSIONI DELL’AVVOCATO GENERALE

MACIEJ SZPUNAR

presentate il 13 luglio 2023 (1)

Causa C606/21

Doctipharma SAS

contro

Union des Groupements de pharmaciens d’officine (UDGPO),

Pictime Coreyre

[domanda di pronuncia pregiudiziale proposta dalla cour d’appel de Paris (Corte d’appello di Parigi, Francia)]

«Rinvio pregiudiziale – Medicinali per uso umano – Direttiva 2001/83/CE – Vendita a distanza al pubblico di medicinali – Medicinali non soggetti a prescrizione medica – Direttiva 2000/31/CE – Attività di una società esercitata su un sito Internet relativamente a tali medicinali senza prescrizione – Attività consistente in un servizio di intermediazione tra le farmacie e il pubblico – Limitazione di tale tipo di vendite da parte del diritto nazionale – Tutela della salute pubblica»






I.      Introduzione

1.        La commercializzazione online di medicinali rientra nell’ambito di applicazione di diversi atti del diritto dell’Unione ed è stata oggetto di numerose domande di pronuncia pregiudiziale. Con il presente rinvio pregiudiziale, il giudice del rinvio chiede alla Corte di esaminare un servizio della società dell’informazione che, come quelli utilizzati in altri settori dell’economia, consente o almeno facilita l’incontro tra i professionisti e i loro clienti. Più precisamente, le questioni sollevate dal giudice del rinvio riguardano il divieto per il prestatore di un tale servizio di svolgere determinate attività, derivante dall’interpretazione delle disposizioni nazionali applicabili, e la conformità di tale divieto con la direttiva 2001/83/CE (2).

II.    Contesto normativo

A.      Diritto dell’Unione

1.      Direttive sui servizi della società dellinformazione

2.        Ai sensi dell’articolo 1, punto 2, della direttiva 98/34/CE (3):

«Ai fini della presente direttiva si intende per:

(...)

2)      “servizio”: qualsiasi servizio della società dell’informazione, vale a dire qualsiasi servizio prestato normalmente dietro retribuzione, a distanza, per via elettronica e a richiesta individuale di un destinatario di servizi.

Ai fini della presente definizione si intende:

–        “a distanza”: un servizio fornito senza la presenza simultanea delle parti;

–        “per via elettronica”: un servizio inviato all’origine e ricevuto a destinazione mediante attrezzature elettroniche di trattamento (compresa la compressione digitale) e di memorizzazione di dati, e che è interamente trasmesso, inoltrato e ricevuto mediante fili, radio, mezzi ottici od altri mezzi elettromagnetici;

–        “a richiesta individuale di un destinatario di servizi”: un servizio fornito mediante trasmissione di dati su richiesta individuale.

(...)»

3.        Diversi strumenti giuridici dell’Unione fanno riferimento a tale definizione. In particolare, la direttiva 2000/31/CE (4) definisce, al suo articolo 2, lettera a), la nozione di «servizi della società dell’informazione», rinviando all’articolo 1, punto 2, della direttiva 98/34.

2.      Direttiva 2001/83

4.        L’articolo 1, punto 20, della direttiva 2011/62 ha inserito nella direttiva 2001/83 il titolo VII bis, intitolato «Vendita a distanza al pubblico», che comprende l’articolo 85 quater, che recita come segue:

«1.      Fatte salve le disposizioni legislative nazionali che vietano la vendita a distanza al pubblico di medicinali soggetti a prescrizione medica mediante i servizi della società dell’informazione, gli Stati membri provvedono affinché i medicinali siano messi in vendita a distanza al pubblico mediante i servizi della società dell’informazione, quali definiti nella direttiva [98/34], alle seguenti condizioni:

a)      la persona fisica o giuridica che mette in vendita i medicinali è autorizzata o legittimata a fornire medicinali al pubblico, anche a distanza, in conformità della legislazione nazionale dello Stato membro in cui è stabilita;

b)      la persona di cui alla lettera a) ha comunicato allo Stato membro in cui è stabilita almeno le seguenti informazioni:

i)      il nome o la denominazione sociale e l’indirizzo permanente del luogo di attività a partire dal quale tali medicinali sono forniti;

ii)      la data d’inizio dell’attività di vendita a distanza al pubblico di medicinali mediante i servizi della società dell’informazione;

iii)      l’indirizzo del sito web utilizzato a tal fine e tutte le informazioni pertinenti necessarie per identificare il sito;

iv)      se del caso, la classificazione, in conformità del titolo VI, dei medicinali messi in vendita a distanza al pubblico mediante i servizi della società dell’informazione.

Se opportuno, tali informazioni sono aggiornate;

(c)      i medicinali sono conformi alla legislazione nazionale dello Stato membro di destinazione a norma dell’articolo 6, paragrafo 1;

(d)      fatti salvi gli obblighi di informazione previsti dalla [direttiva 2000/31], il sito web per la vendita di medicinali contiene almeno:

(i)      i recapiti dell’autorità competente o dell’autorità notificata ai sensi della lettera b);

ii)      un collegamento ipertestuale verso il sito web dello Stato membro di stabilimento di cui al paragrafo 4;

(iii)      il logo comune di cui al paragrafo 3, chiaramente visibile su ciascuna pagina del sito web relativa alla vendita a distanza al pubblico di medicinali. Il logo comune contiene un collegamento ipertestuale alla voce corrispondente alla persona sull’elenco di cui al paragrafo 4, lettera c).

2.      Gli Stati membri possono imporre condizioni, giustificate da motivi di tutela della salute pubblica, per la fornitura al dettaglio sul loro territorio di medicinali venduti a distanza al pubblico mediante i servizi della società dell’informazione.

(...)

6.      Fatte salve la direttiva [2000/31] e le disposizioni del presente titolo, gli Stati membri adottano le misure necessarie per garantire che le persone diverse da quelle di cui al paragrafo 1 che mettono in vendita medicinali al pubblico a distanza mediante i servizi della società dell’informazione e operano sul loro territorio siano soggette a sanzioni effettive, proporzionate e dissuasive».

B.      Diritto francese

5.        Ai sensi dell’articolo L. 5125-25 del code de la santé publique (codice della sanità pubblica; in prosieguo: il «codice della sanità pubblica»):

«Ai farmacisti o ai loro dipendenti è vietato sollecitare ordini dal pubblico.

È fatto divieto ai farmacisti ricevere ordini di medicinali e di altri prodotti o articoli di cui all’articolo L. 4211‑1 attraverso intermediazione di mediatori e di commercializzare e distribuire a domicilio medicinali, prodotti o articoli di cui sopra il cui ordine sia loro pervenuto in tal modo.

Qualsiasi ordine consegnato fuori dalla farmacia da qualsiasi altro soggetto può essere consegnato solo in un pacco sigillato con il nome e l’indirizzo del cliente.

Tuttavia, fatto salvo il rispetto delle disposizioni del primo comma dell’articolo L. 5125‑21, i farmacisti operanti nelle farmacie e le altre persone legalmente autorizzate a sostituirli, assisterli o sostenerli, possono dispensare personalmente un ordine a domicilio dei pazienti la cui situazione lo richieda».

6.        L’articolo L. 5125‑26 di tale codice prevede quanto segue:

«È vietata la vendita al pubblico di qualsiasi medicinale, prodotto o articolo di cui all’articolo L. 4211‑1 attraverso agenzie di intermediazione, consorzi d’acquisto o stabilimenti di proprietà o amministrati da soggetti non titolari di uno dei diplomi, certificati o altri titoli di cui all’articolo L. 4221‑1».

III. Fatti principali

7.        Il sito Internet www.doctipharma.fr, gestito dalla società Doctipharma SAS, consente agli utenti di Internet di acquistare prodotti farmaceutici e medicinali senza prescrizione «a partire dai siti Internet di farmacie» (o, come indicato, in altri termini, dal giudice del rinvio, «presso un farmacista che gestisce il proprio sito commerciale internet di commercio utilizzando la soluzione tecnica [della] Doctipharma»).

8.        Il giudice del rinvio descrive il funzionamento di tale sito Internet come segue. L’utente di Internet deve creare un conto cliente e, a tal fine, compilare un modulo contenente informazioni personali che consentiranno di identificarlo e di facilitare il suo accesso ai siti Internet dei farmacisti di sua scelta. Ai fini della creazione del conto, l’utente deve indicare il farmacista presso il quale effettuerà i propri acquisti e a cui collegherà il proprio conto. Il sito Internet della Doctipharma presenta i medicinali senza prescrizione sotto forma di catalogo preregistrato in cui gli utenti possono «entrare» per effettuare un ordine. Tale sito presenta i medicinali offerti dalle farmacie sotto forma di gamme di prodotti con indicazione dei prezzi e trasmette l’ordine al farmacista il cui sito Internet è ospitato sul sito della Doctipharma. Il pagamento avviene tramite un sistema di pagamento unico comune a tutte le farmacie associate. Un messaggio inviato al conto e all’indirizzo e-mail dell’utente che ha effettuato l’ordine conferma che l’ordine è stato completato.

9.        L’Union des groupements de pharmaciens d’officine [Unione dei gruppi di farmacisti operanti nelle farmacie (UDGPO)] è un’associazione che riunisce i gruppi di farmacie. Essa ritiene che il processo di vendita online offerto dalla Doctipharma alle farmacie implichi che tale società sia un attore del commercio elettronico di medicinali e che, non avendo essa il titolo di farmacista, tale attività sia illecita.

10.      Con decisione del 31 maggio 2016, il tribunal de commerce de Nanterre (Tribunale commerciale di Nanterre, Francia) ha dichiarato illecita la vendita di medicinali da parte del sito Internet della Doctipharma e in sostanza ha condannato tale società a cessare il commercio elettronico di medicinali su tale sito.

11.      La Doctipharma ha presentato ricorso in appello dinanzi alla cour d’appel de Versailles (Corte d’appello di Versailles, Francia), che ha annullato tale decisione con sentenza del 12 dicembre 2017. Tale giudice ha infatti ritenuto lecito il sito Internet della Doctipharma, nella misura in cui gli ordini effettuati dagli utenti di Internet, che si limitano a transitare sulla piattaforma creata dalla Doctipharma come supporto tecnico per i siti Internet delle farmacie, sono ricevuti dai farmacisti stessi senza che la Doctipharma intervenga in alcun modo nel loro trattamento. Secondo tale giudice, detto sito consente di mettere direttamente in contatto clienti e farmacie.

12.      Con sentenza del 19 giugno 2019, la Cour de cassation (Corte di cassazione, Francia) ha annullato tale sentenza per violazione degli articoli L.5125‑25 e L.5125‑26 del codice della sanità pubblica e ha rinviato la causa alla cour d’appel de Paris (Corte d’appello di Parigi, Francia), giudice del rinvio nella presente causa. Secondo la Cour de cassation (Corte di cassazione), dall’attività della Doctipharma, che consiste in particolare nel mettere in contatto farmacisti operanti nelle farmacie con potenziali pazienti per la vendita di medicinali, risulta che tale società agisce come intermediario e partecipa quindi al commercio elettronico di medicinali senza essere farmacista, in violazione di tali disposizioni del codice della sanità pubblica.

13.      Con atto del 19 agosto 2019, la Doctipharma ha adito la cour d’appel de Paris (Corte d’appello di Parigi), a cui ha inoltre chiesto di sottoporre alla Corte una serie di questioni pregiudiziali riguardanti, essenzialmente, l’interpretazione dell’articolo 85 quater della direttiva 2001/83 e il principio della libera circolazione dei servizi.

14.      La Doctipharma afferma che la sua attività consiste nella progettazione e nella manutenzione tecnica di una soluzione condivisa destinata ai farmacisti operanti nelle farmacie che consente loro di pubblicare e gestire i loro siti Internet di commercio elettronico di medicinali senza prescrizione, in conformità con le disposizioni che disciplinano la vendita online di medicinali. Secondo la Doctipharma, i giudici francesi devono interpretare gli articoli L.5125‑25, secondo comma, e L.5125‑26 del codice della sanità pubblica alla luce dell’articolo 85 quater della direttiva 2001/83 al fine di determinare se il divieto di intermediazione nella vendita di medicinali, derivante da tali disposizioni nazionali, debba applicarsi alla sua attività.

15.      Inoltre, la Doctipharma sostiene che la soluzione raggiunta nella sentenza Asociación Profesional Elite Taxi (5) si basa su circostanze specifiche a tale causa, relative, in particolare, all’influenza determinante esercitata dalla società Uber sulle condizioni delle prestazioni dei conducenti, e non è pertanto trasponibile alla controversia di cui al procedimento principale. Lo stesso vale, a suo avviso, per la sentenza A (Pubblicità e vendita di medicinali on line) (6), poiché la causa che le ha dato origine riguardava l’opponibilità delle restrizioni francesi in materia di pubblicità per la vendita di medicinali a una società con sede in uno Stato membro diverso dalla Francia e che, attraverso il proprio sito Internet, li commercializza verso i consumatori francesi, e verteva, quindi, su una problematica diversa da quella oggetto del procedimento principale. Tuttavia, essa rileva che tale sentenza è pertinente nel caso di specie in quanto la piattaforma per la vendita online di medicinali di cui trattasi in tale causa era un servizio della società dell’informazione ai sensi dell’articolo 2, lettera a), della direttiva 2000/31.

16.      Analogamente, facendo riferimento alla sentenza Asociación Profesional Elite Taxi (7), il giudice del rinvio sottolinea, da un lato, che il servizio fornito dalla Doctipharma presenta caratteristiche diverse da quello cui si riferisce tale sentenza, in quanto, a differenza dei conducenti non professionisti di Uber, i farmacisti operanti nelle farmacie sono professionisti nella vendita di medicinali e, dall’altro, che non risulta che la Doctipharma intervenga nella fissazione del prezzo dei medicinali. Per quanto riguarda la sentenza A (Pubblicità e vendita di medicinali on line) (8), il giudice del rinvio indica che essa non riguarda le stesse questioni sollevate nel procedimento principale, poiché tale sentenza riguarda la compatibilità delle restrizioni francesi in materia di pubblicità dei medicinali con l’articolo 85 quater della direttiva 2001/83.

IV.    Questioni pregiudiziali e procedimento dinanzi alla Corte

17.      È in tali circostanze che la cour d’appel de Paris (Corte d’appello di Parigi), con sentenza del 17 settembre 2021, pervenuta alla Corte il 30 settembre 2021, ha deciso di sospendere il procedimento e di sottoporre alla Corte le seguenti questioni:

«1)      Se l’attività della Doctipharma (…), esercitata mediante il, e a partire dal suo sito www.doctipharma.fr, debba essere qualificata come «servizio della società dell’informazione» ai sensi della direttiva [98/34].

2)      Se, in tale ipotesi, l’attività della Doctipharma (…), esercitata mediante il, e a partire dal suo sito www.doctipharma.fr, rientri nell’ambito di applicazione dell’articolo 85 quater della direttiva [2001/83].

(3)      Se l’articolo 85 quater della direttiva [2001/83] debba essere interpretato nel senso che il divieto, derivante da un’interpretazione degli articoli L.5125-25 e L.5125-26 del codice della sanità pubblica, dell’attività della Doctipharma (…), esercitata mediante il, e a partire dal suo sito internet www.doctipharma.fr, costituisca una restrizione giustificata da motivi di tutela della salute pubblica.

4)      In caso contrario, se l’articolo 85 quater della direttiva [2001/83] debba essere interpretato nel senso che esso autorizza l’attività della Doctipharma (…) esercitata mediante il, e a partire dal suo sito www.doctipharma.fr.

(5)      Se, in tale ipotesi, il divieto dell’attività della Doctipharma, derivante dall’interpretazione data dalla Cour de cassation (Corte di cassazione) degli articoli L.5125‑25 e L.5125‑26 del codice della sanità pubblica, sia giustificato da motivi di tutela della salute pubblica ai sensi dell’articolo 85 quater della direttiva [2001/83].

6)      In caso contrario, se l’articolo 85 quater della direttiva [2001/83] debba essere interpretato nel senso che autorizza l’attività di “servizio della società dell’informazione” offerta dalla Doctipharma».

18.      Le parti del procedimento principale, i governi francese, ceco e italiano nonché la Commissione europea hanno presentato osservazioni scritte. Le parti nel procedimento principale, il governo francese nonché la Commissione sono stati rappresentati all’udienza del 19 aprile 2023.

V.      Analisi

A.      Sulla prima questione pregiudiziale

19.      Con la sua prima questione pregiudiziale, il giudice del rinvio chiede se l’attività svolta dalla Doctipharma sul suo sito Internet costituisca un «servizio della società dell’informazione» ai sensi della direttiva 98/34 (9).

20.      In via preliminare, devo osservare che il presente rinvio pregiudiziale non fornisce un quadro completo del servizio fornito dalla Doctipharma e che le informazioni fornite dalle parti al riguardo non sono sempre coerenti. Tuttavia, alla luce delle informazioni fornite dal giudice del rinvio, la prima questione pregiudiziale deve essere intesa come relativa, in sostanza, alla questione se l’articolo 1, punto 2, della direttiva 98/34 debba essere interpretato nel senso che un servizio fornito su un sito Internet che consiste nel mettere in contatto farmacisti e clienti ai fini della vendita, a partire dai siti delle farmacie che si sono iscritte a tale sito, di medicinali non soggetti a prescrizione medica, costituisce un «servizio della società dell’informazione», ai sensi di tale disposizione.

21.      La direttiva 98/34 definisce un «servizio della società dell’informazione» come «qualsiasi servizio prestato normalmente dietro retribuzione, a distanza, per via elettronica e a richiesta individuale di un destinatario».

22.      A tale proposito, in primo luogo, il presente rinvio pregiudiziale non contiene alcun elemento specifico che suggerisca che il servizio offerto dalla Doctipharma sia prestato dietro retribuzione. Tuttavia, se ne evince che i farmacisti gestivano i loro siti Internet attraverso la soluzione tecnica della Doctipharma; ne deduco che questi devono quindi previamente aderire a tale servizio. Nelle sue osservazioni scritte, la Doctipharma dichiara che i farmacisti aderiscono alla sua piattaforma su base forfettaria. Il governo francese aggiunge che il servizio fornito dalla Doctipharma è anche soggetto a una restituzione di una percentuale dell’importo delle vendite raccolte dalla piattaforma. In ogni caso, in tale contesto è irrilevante che la retribuzione derivi da una trattenuta effettuata dalla Doctipharma sul prezzo pagato dal cliente o da un versamento effettuato dal farmacista. Infatti, la retribuzione di un servizio della società dell’informazione non è necessariamente versata da tutti i soggetti che ne fruiscono (10).

23.      In secondo luogo, come risulta dai paragrafi 7 e 8 delle presenti conclusioni, il giudice del rinvio indica che gli utenti di Internet acquistano sul sito Internet della Doctipharma prodotti farmaceutici e medicinali senza prescrizione a partire da siti di farmacie. Esso aggiunge che la Cour de cassation (Corte di cassazione) ha annullato la sentenza della cour d’appel de Versailles (Corte d’appello di Versailles) per il motivo che quest’ultima non ha tratto le conseguenze delle sue proprie constatazioni, in base alle quali l’attività della Doctipharma sul proprio sito Internet consiste, in particolare, nel mettere in contatto farmacisti operanti nelle farmacie e clienti ai fini della vendita di medicinali. Pertanto, a prescindere dalla questione controversa se, da un punto di vista giuridico, secondo le definizioni e le nozioni utilizzate nel diritto francese, il servizio fornito dalla Doctipharma costituisca una forma di intermediazione o di mediazione, occorre constatare che, da un punto di vista fattuale, tale servizio consente o, quanto meno, facilita l’incontro tra farmacisti e clienti.

24.      In tali circostanze, si ritiene che, nella misura in cui l’attività consistente nel mettere in contatto il cliente e la farmacia è svolta tramite un sito Internet senza presenza simultanea, il servizio fornito dalla Doctipharma costituisca una prestazione di servizi a distanza e per via elettronica (11). A tale proposito, spetta al giudice del rinvio verificare che, in nessun momento del processo di conclusione del contratto, il farmacista e il cliente entrino in contatto tra di loro, o con la Doctipharma, se non per mezzo di apparecchiature elettroniche.

25.      In terzo luogo, dalle considerazioni esposte al paragrafo 22 delle presenti conclusioni emerge che il servizio fornito dalla Doctipharma è prestato a richiesta individuale tanto dei farmacisti, che devono aderire al sito Internet della Doctipharma per fruire del servizio fornito da tale società, quanto dei clienti, che desiderano acquistare medicinali dai farmacisti che hanno aderito a tale sito Internet.

26.      Pertanto, occorre ritenere che un servizio fornito da un prestatore su un sito Internet consistente nel mettere in contatto farmacisti e clienti ai fini della vendita, a partire dai siti delle farmacie che hanno aderito a tale sito su base forfettaria, di medicinali non soggetti a prescrizione medica, senza che tale prestatore, il farmacista e il cliente entrino in contatto con mezzi diversi dalle attrezzature elettroniche al momento della conclusione di un contratto di vendita, costituisca, in linea di principio, un «servizio della società dell’informazione» ai sensi della direttiva 98/34.

27.      Ciò premesso, conformemente alle sentenze Asociación Profesional Elite Taxi (12), Airbnb Ireland (13) e Star Taxi App (14), alle quali fanno riferimento il giudice del rinvio e le parti nelle loro osservazioni, un servizio che consiste nel mettere in contatto clienti e prestatori che soddisfi tutte le condizioni previste all’articolo 1, punto 2, della direttiva 98/34 costituisce, in linea di principio, un servizio distinto dal servizio susseguente fornito da tali prestatori cui si riferisce e deve pertanto essere qualificato come «servizio della società dell’informazione». La conclusione dev’essere però diversa qualora risulti che tale servizio di messa in contatto costituisce parte integrante di un servizio globale, il cui elemento principale è un servizio al quale va riconosciuta una diversa qualificazione giuridica. Secondo tale giurisprudenza, è quanto avviene quando tale servizio di messa in contatto è funzionalmente ed economicamente indissociabile dall’altro servizio. Inoltre, il fornitore di tale primo servizio dovrebbe anche organizzare e controllare il funzionamento generale di tale secondo servizio (15).

28.      A tale proposito, in primo luogo, come ha osservato la Corte nella sentenza Ker-Optika (16), facendo riferimento al considerando 18 della direttiva 2000/31 e alla motivazione della proposta di tale direttiva, i servizi della società dell’informazione comprendono, tra l’altro, la vendita di beni online e i servizi che consentono di effettuare transazioni elettroniche online al fine di acquistare merci, come la televendita interattiva e i centri commerciali online.

29.      In tali circostanze, dubito che la giurisprudenza citata al paragrafo 27 delle presenti conclusioni sia perfettamente applicabile alle situazioni in cui un’attività consistente nella vendita di beni online sia facilitata o addirittura svolta per mezzo di un servizio della società dell’informazione, fornito da un altro prestatore che mette in contatto venditori e clienti. In simili situazioni, un servizio di messa in contatto non può essere parte integrante di un servizio globale, il cui elemento principale non si qualifica come «servizio della società dell’informazione». Infatti, come si evince dal paragrafo 28 delle presenti conclusioni, un servizio di vendita online costituisce, di per sé, un servizio della società dell’informazione.

30.      Di conseguenza, ritenere che un servizio consistente nel mettere venditori in contatto con clienti costituisca parte integrante di un servizio globale di vendita non cambierebbe necessariamente la qualificazione giuridica di tale servizio come «servizio della società dell’informazione». Tuttavia, la tesi secondo cui sono soddisfatti i criteri stabiliti dalla giurisprudenza menzionata al paragrafo 27 delle presenti conclusioni dovrebbe portare a concludere che il prestatore di un servizio che, a priori, consiste semplicemente nel mettere venditori in contatto con clienti è, esso stesso, il prestatore del servizio di vendita.

31.      In ogni caso, e in secondo luogo, come osserva il giudice del rinvio, il servizio di cui trattasi nella presente causa non soddisfa i criteri enunciati dalla giurisprudenza citata al paragrafo 27 delle presenti conclusioni.

32.      Infatti, da un lato, i farmacisti operanti nelle farmacie sono professionisti nella vendita di medicinali che possono iniziare a effettuare vendite a distanza, indipendentemente dal servizio fornito dalla Doctipharma, in modo che tale servizio possa essere dissociato dalla transazione di vendita vera e propria. Dall’altro lato, non risulta che la Doctipharma organizzi il funzionamento generale delle transazioni di vendita, dal momento che la scelta di un farmacista operante in una farmacia è effettuata dal cliente e che tale società non interviene nella determinazione del prezzo dei medicinali venduti dai professionisti e non esercita alcun controllo su tali operazioni di vendita. Inoltre, il fatto che i medicinali siano presentati sul sito della Doctipharma sotto forma di catalogo preregistrato non implica necessariamente che tale società determini quali medicinali vengano offerti. Infatti, dalle discussioni in udienza sembra emergere che tale catalogo sia stato dapprima compilato a partire da un elenco contenente tutti i medicinali autorizzati nello Stato membro in cui la Doctipharma e i farmacisti abbonati al servizio di tale società sono stabiliti, elenco che viene poi integrato con dati relativi alla disponibilità dei medicinali forniti dai farmacisti abbonati.

33.      Alla luce di quanto precede, rimango sulla posizione esposta al paragrafo 26 delle presenti conclusioni. Occorre quindi rispondere alla prima questione pregiudiziale nel senso che un servizio fornito da un prestatore su un sito Internet consistente nel mettere in contatto farmacisti e clienti ai fini della vendita, a partire dai siti delle farmacie che hanno aderito a tale sito su base forfettaria, di medicinali non soggetti a prescrizione medica, senza che tale prestatore, il farmacista e il cliente entrino in contatto con mezzi diversi dalle attrezzature elettroniche al momento della conclusione di un contratto di vendita, costituisce un «servizio della società dell’informazione» ai sensi dell’articolo 1, punto 2, della direttiva 98/34. Nel caso di specie, spetta al giudice del rinvio verificare se, da un punto di vista fattuale, tutti questi elementi ricorressero in relazione al servizio di cui trattasi nel procedimento principale.

B.      Sulla seconda questione pregiudiziale

1.      Delimitazione della questione

34.      Con la sua seconda questione, il giudice del rinvio chiede, in sostanza, se l’articolo 85 quater, paragrafo 1, lettera a), e l’articolo 85 quater, paragrafo 2, della direttiva 2001/83 debbano essere interpretati nel senso che un divieto nei confronti del prestatore di un servizio quale quello descritto nella prima questione pregiudiziale, derivante dall’interpretazione delle disposizioni nazionali che vietano l’utilizzo di tale servizio da parte di persone autorizzate o legittimate a fornire a distanza al pubblico medicinali non soggetti a prescrizione, rientra nell’ambito di applicazione di una di tali disposizioni.

35.      Certamente, con tale seconda questione, così come formulata dal giudice del rinvio, si chiede semplicemente se l’attività della Doctipharma rientri nell’ambito di applicazione dell’articolo 85 quater della direttiva 2001/83.

36.      Tuttavia, tale questione costituisce, in realtà, una questione preliminare rispetto alla terza, alla quarta, alla quinta e alla sesta questione pregiudiziale, con le quali il giudice del rinvio chiede, in sostanza, se l’articolo 85 quater della direttiva 2001/83 osti al divieto imposto alla Doctipharma. Per potervi rispondere, occorre non solo stabilire se l’attività della Doctipharma rientri nell’ambito di applicazione di tale disposizione, ma anche individuare in quali parti più specifiche di tale articolo rientri il divieto di detta attività, derivante dall’interpretazione delle disposizioni nazionali di cui trattasi nel procedimento principale.

37.      Al riguardo, da un lato, l’articolo 85 quater, paragrafo 1, della direttiva 2001/83 elenca le condizioni alle quali è soggetta la messa in vendita di medicinali a distanza al pubblico mediante i servizi della società dell’informazione («[condizioni alle quali] i medicinali [sono] messi in vendita»). In particolare, l’articolo 85 quater, paragrafo 1, lettera a), di tale direttiva stabilisce che «la persona fisica o giuridica che mette in vendita i medicinali [dev’essere] autorizzata o legittimata a fornire medicinali al pubblico, anche a distanza, in conformità della legislazione nazionale dello Stato membro in cui è stabilita». Tale disposizione è integrata dall’articolo 85 quater, paragrafo 6, di detta direttiva, ai sensi del quale gli «Stati membri adottano le misure necessarie per garantire che le persone diverse da quelle di cui al paragrafo 1 che mettono in vendita medicinali al pubblico a distanza mediante i servizi della società dell’informazione e operano sul loro territorio siano soggette a sanzioni effettive, proporzionate e dissuasive».

38.      Dall’altro lato, l’articolo 85 quater, paragrafo 2, della direttiva 2001/83 stabilisce che «[g]li Stati membri possono imporre condizioni, giustificate da motivi di tutela della salute pubblica, per la fornitura al dettaglio sul loro territorio di medicinali venduti a distanza al pubblico mediante i servizi della società dell’informazione».

39.      In tali circostanze, il riferimento alla giustificazione per motivi di tutela della salute pubblica nella terza e nella quinta questione pregiudiziale mi induce a pensare che il giudice del rinvio ritenga che le disposizioni nazionali di cui trattasi rientrino nell’ambito di applicazione dell’articolo 85 quater, paragrafo 2, della direttiva 2001/83. Tuttavia, come illustrato dalle discussioni in udienza, una tale considerazione è lontana dall’essere evidente. Di conseguenza, propongo di riformulare la seconda questione in modo che la Corte valuti se la conclusione secondo cui le disposizioni nazionali di cui trattasi rientrano nell’articolo 85 quater, paragrafo 2, della direttiva 2001/83 corrisponda a un’interpretazione corretta di tale direttiva (17).

40.      A tal fine, e per poter rispondere utilmente alle questioni pregiudiziali, è necessario esaminare la delimitazione dei rispettivi ambiti di applicazione dell’articolo 85 quater, paragrafo 1, lettera a), e dell’articolo 85 quater, paragrafo 2, della direttiva 2001/83.

2.      Delimitazione dei rispettivi ambiti di applicazione delle disposizioni di cui trattasi

41.      Dall’articolo 85 quater, paragrafo 1, lettera a), e paragrafo 6, della direttiva 2001/83 si evince che una delle condizioni necessarie per vendere a distanza al pubblico medicinali mediante i servizi della società dell’informazione riguarda le persone che possono svolgere una tale attività. Come risulta da tale prima disposizione, devono essere persone autorizzate o legittimate a fornire medicinali al pubblico, anche a distanza, in conformità con la legislazione nazionale dello Stato membro in cui sono stabilite. In altre parole, detta disposizione può essere intesa come una risposta alla domanda su «chi» possa vendere medicinali online. Peraltro, ancorché la condizione di cui all’articolo 85 quater, paragrafo 1, lettera a), di tale direttiva derivi dal diritto dell’Unione, spetta allo Stato membro nel cui territorio è stabilita la persona (lo Stato membro d’origine) fornire una risposta a tale domanda.

42.      Per contro, l’articolo 85 quater, paragrafo 2, della direttiva 2001/83 riguarda la facoltà di uno Stato membro nel cui territorio vengono messi in vendita a distanza medicinali di imporre «condizioni (...) per la fornitura al dettaglio sul [territorio di tale Stato membro] di medicinali». Si tratta quindi di condizioni che possono essere state introdotte a livello nazionale dallo Stato membro di destinazione.

43.      Di conseguenza, è necessario distinguere, in particolare quando una persona che mette in vendita online medicinali è stabilita nello Stato membro nel cui territorio tali medicinali sono forniti, come nel caso di specie, la condizione di cui all’articolo 85 quater, paragrafo 1, lettera a), della direttiva 2001/83 da quelle relative alla fornitura al dettaglio di medicinali messi in vendita online, imposte ai sensi dell’articolo 85 quater, paragrafo 2, di tale direttiva.

44.      Orbene, tenuto conto della genericità delle formulazioni utilizzate in tali due disposizioni e, in particolare, di quella usata all’articolo 85 quater, paragrafo 2, della direttiva 2001/83 [«condizioni (…) per la fornitura al dettaglio (…) di medicinali venduti a distanza al pubblico mediante i servizi della società dell’informazione»], non ritengo sia possibile risolvere tale enigma procedendo con la loro interpretazione letterale. Per contro, alcuni elementi utili al fine di distinguere le condizioni rispettivamente previste da tali due disposizioni emergono, in primo luogo, dai considerando da 21 a 24 della direttiva 2011/62 e dalla giurisprudenza a cui questi fanno riferimento, e, in secondo luogo, dalla direttiva 2000/31 che riguarda, anch’essa, la commercializzazione di prodotti online.

a)      Sulla direttiva 2011/62

45.      Il considerando 21 della direttiva 2011/62, che ha introdotto l’articolo 85 quater della direttiva 2001/83, afferma che «le condizioni specifiche relative alla fornitura al dettaglio di medicinali al pubblico non sono state armonizzate a livello dell’Unione e che, pertanto, gli Stati membri possono imporre condizioni per la fornitura di medicinali al pubblico entro i limiti stabiliti dal [TFUE]». I considerando da 22 a 24 di tale direttiva forniscono precisazioni al riguardo.

46.      Infatti, innanzi tutto, il considerando 22 della direttiva 2011/62 enuncia che, «[n]ell’esaminare la compatibilità delle condizioni per la fornitura al dettaglio dei medicinali con il diritto dell’Unione, la [Corte] ha sottolineato il carattere del tutto particolare dei medicinali, che si distinguono sostanzialmente dalle altre merci per via dei loro effetti terapeutici. La [Corte] ha altresì considerato (…) che spetta agli Stati membri stabilire il livello al quale essi intendono garantire la tutela della salute pubblica e il modo in cui tale livello debba essere raggiunto. Poiché detto livello può variare da uno Stato membro all’altro, occorre riconoscere agli Stati membri un margine discrezionale per quanto riguarda le condizioni relative alla fornitura al pubblico di medicinali sul loro territorio». Inoltre, il considerando 23 di tale direttiva afferma che «[i]n particolare, alla luce dei rischi per la salute pubblica e della facoltà concessa agli Stati membri di determinare il livello di tutela della salute pubblica, la giurisprudenza della [Corte] ha riconosciuto che gli Stati membri possono, in linea di principio, limitare la vendita al dettaglio dei medicinali ai soli farmacisti». Infine, il considerando 24 di tale direttiva afferma che «[p]ertanto, e alla luce della giurisprudenza della [Corte], gli Stati membri dovrebbero poter imporre condizioni, giustificate dalla tutela della salute pubblica, alla fornitura al dettaglio dei medicinali messi in vendita a distanza mediante i servizi della società dell’informazione. Tali condizioni non dovrebbero limitare in modo indebito il funzionamento del mercato interno».

47.      Peraltro, come risulta dalla sentenza Apothekerkammer des Saarlandes e a. (18)a cui si riferiscono i considerando 22 e 23 della direttiva 2011/62, le condizioni di fornitura dei medicinali al pubblico riguardano, in particolare, le modalità di commercializzazione al dettaglio dei medicinali e, specificamente, la possibilità di riservare la vendita al dettaglio dei medicinali ai soli farmacisti in possesso di un’effettiva autonomia professionale e adottare misure idonee ad eliminare o a ridurre un rischio di pregiudizio a tale autonomia qualora detto pregiudizio sia tale da incidere sul livello della sicurezza e della qualità della fornitura di medicinali alla popolazione.

48.      Tuttavia, occorre osservare che la sentenza Apothekerkammer des Saarlandes e a. (19) non riguarda le vendite online e, in ogni caso, è stata pronunciata prima dell’adozione della direttiva 2011/62. Conformemente alle modifiche introdotte da tale direttiva, la questione relativa a «chi» possa mettere in vendita i medicinali online è menzionata nell’articolo 85 quater, paragrafo 1, lettera a) della direttiva 2001/83 (20). Di conseguenza, poiché tale questione è ora disciplinata da quest’ultima disposizione, essa non può rientrare tra le condizioni relative alla fornitura al dettaglio di medicinali messi in vendita online, imposte dallo Stato membro di destinazione ai sensi dell’articolo 85 quater, paragrafo 2, di tale direttiva. Per contro, tale disposizione riguarda le condizioni relative agli altri aspetti menzionati nella sentenza Apothekerkammer des Saarlandes e a. , ossia le modalità di commercializzazione al dettaglio dei medicinali e, in particolare, le misure idonee ad eliminare o a ridurre un rischio di pregiudizio all’autonomia delle persone autorizzate o legittimate a fornire medicinali al pubblico.

49.      In considerazione di quanto precede, qualora si ammettesse che, attraverso il servizio della società dell’informazione che essa fornisce, la Doctipharma offre un servizio di vendita a distanza di medicinali al pubblico, il divieto imposto a tale società dovrebbe essere esaminato alla luce dell’articolo 85 quater, paragrafo 1, lettera a), della direttiva 2001/83 e, eventualmente, del paragrafo 6 di tale articolo. Per contro, qualora non si dovesse ritenere che la Doctipharma offra la vendita a distanza di medicinali al pubblico, il divieto impostole dovrebbe essere considerato come una modalità di commercializzazione di medicinali rientrante nell’ambito di applicazione dell’articolo 85 quater, paragrafo 2, di tale direttiva. Senza voler pregiudicare la valutazione che il giudice del rinvio sarà chiamato a fare nel caso di specie, propendo per tale seconda qualificazione.

50.      Infatti, da un lato, ritengo che il risultato dell’analisi basata sui criteri stabiliti nella giurisprudenza menzionata al paragrafo 27 delle presenti conclusioni sia pertinente anche nel contesto della distinzione tra una situazione che rientri nell’ambito di applicazione dell’articolo 85 quater, paragrafo 1, lettera a), della direttiva 2001/83 e quella che rientri nell’ambito di applicazione dell’articolo 85 quater, paragrafo 2, di tale direttiva. L’utilizzo dei medesimi criteri consentirebbe di garantire la coerenza delle soluzioni adottate in tali due disposizioni e, come dimostrerò qui di seguito (21), esiste un certo parallelismo tra di esse per quanto riguarda la loro percezione dei servizi della società dell’informazione nel contesto della commercializzazione dei medicinali online.

51.      In ogni caso, e fatte salve le verifiche che spettano al giudice del rinvio, dalla mia analisi si evince che, come ho osservato al paragrafo 32 delle presenti conclusioni, la Doctipharma fornisce un servizio distinto, che non costituisce parte integrante di un servizio globale il cui elemento principale consiste nella messa in vendita di medicinali, cosicché non si può ritenere che tale società offra la vendita a distanza di medicinali al pubblico mediante servizi della società dell’informazione.

52.      Dall’altro lato, il divieto di un servizio come quello fornito dalla Doctipharma deriva, in base alla formulazione della terza e della quinta questione pregiudiziale, da un’interpretazione delle disposizioni nazionali di cui trattasi nel procedimento principale. Orbene, tali disposizioni sembrano vietare alle persone autorizzate o legittimate a fornire medicinali al pubblico, anche a distanza, di tenere determinati comportamenti quando li mettono in vendita. Pertanto, il divieto del servizio fornito dalla Doctipharma sembra esso stesso derivare da un divieto per tali persone di utilizzare servizi come quello fornito dalla Doctipharma. Da tale punto di vista, il divieto di cui alle suddette questioni pregiudiziali deriva dall’interpretazione delle disposizioni nazionali che definiscono le modalità di commercializzazione dei medicinali online.

53.      Ad abundantiam, alla luce del suo obiettivo, il divieto di cui trattasi nel procedimento principale può essere considerato come una misura con cui il legislatore nazionale ha cercato di eliminare o di ridurre un rischio di pregiudizio all’autonomia delle persone autorizzate o legittimate a fornire medicinali al pubblico. Tenuto conto della mia interpretazione della sentenza Apothekerkammer des Saarlandes e a. (22), nel contesto della direttiva 2001/83 (23), una tale misura rientrerebbe nell’ambito di applicazione dell’articolo 85 quater, paragrafo 2, di detta direttiva.

54.      Alla luce di quanto precede, fatte salve le verifiche che spettano al giudice del rinvio per quanto riguarda, da un lato, le caratteristiche del servizio di cui trattasi nel procedimento principale e, dall’altro, il contenuto normativo delle disposizioni nazionali di cui trattasi nel procedimento principale, ritengo che il divieto derivante da tali disposizioni nazionali rientri nell’ambito di applicazione dell’articolo 85 quater, paragrafo 2, della direttiva 2001/83.

55.      Inoltre, l’analisi esposta ai paragrafi da 49 a 54 delle presenti conclusioni è corroborata dalla considerazione della dimensione transfrontaliera delle vendite online di medicinali.

b)      Sulla direttiva 2000/31

56.      Sebbene il procedimento principale non abbia una dimensione transfrontaliera, tale dimensione costituisce un aspetto non trascurabile del commercio elettronico di medicinali. Considerate le disparità tra le legislazioni degli Stati membri per quanto riguarda le persone legittimate a vendere medicinali non soggetti a prescrizione, la vendita a distanza potrebbe, ancor più della vendita in un punto vendita tradizionale (una farmacia), consentire un accesso semplificato a determinati medicinali. Nel corso dell’udienza è stata inoltre sottolineata la necessità di interpretare le disposizioni considerate nelle questioni pregiudiziali tenendo conto della dimensione transfrontaliera della vendita online di medicinali. Infatti, non si può escludere che Stati membri diversi da quello nel cui territorio è stabilito un fornitore di un servizio della società dell’informazione possano tentare di limitare l’accesso a tale servizio.

57.      Al riguardo, la dimensione transfrontaliera della commercializzazione di prodotti online attraverso i servizi della società dell’informazione è parzialmente disciplinata dalla direttiva 2000/31. La vendita di medicinali non soggetti a prescrizione medica non ne è totalmente esclusa, come dimostrano i riferimenti a tale direttiva nell’articolo 85 quater, paragrafo 1, lettera d), e paragrafo 6, della direttiva 2001/83, che prevedono che tali disposizioni si applichino fatta salva tale prima direttiva (24).

58.      Secondo la logica della direttiva 2000/31 e, più specificamente, dell’articolo 3, paragrafi 1 e 2, della stessa, per quanto riguarda i requisiti che rientrano nell’«ambito regolamentato», come definito all’articolo 2, lettera h), di tale direttiva, il prestatore di un servizio della società dell’informazione è, di norma, soggetto alla normativa nazionale dello Stato membro di origine. Uno Stato membro diverso da quello di origine può, «per motivi che rientrano nell’ambito regolamentato», limitare la libera circolazione dei servizi della società dell’informazione solo adottando misure che soddisfino le condizioni di cui all’articolo 3, paragrafo 4, lettere a) e b), di detta direttiva. I requisiti che rientrano nell’ambito regolamentato possono quindi essere imposti dallo Stato membro d’origine o – nei limiti imposti dall’articolo 3, paragrafo 4, della stessa direttiva – da altri Stati membri.

59.      A tale proposito, da un lato, come risulta dall’articolo 2, lettera h), punto i), della direttiva 2000/31, l’ambito regolamentato comprende le prescrizioni che il prestatore deve rispettare per quanto concerne l’accesso all’attività di servizi della società dell’informazione e il suo esercizio, quali ad esempio le prescrizioni riguardanti il comportamento del prestatore oppure la sua responsabilità (25).

60.      Dall’altro lato, ai sensi dell’articolo 2, lettera h), punto ii), della direttiva 2000/31, l’ambito regolamentato non comprende le norme nazionali che riguardano le prescrizioni applicabili alle merci in quanto tali, nonché le condizioni alle quali le merci vendute via Internet possono essere fornite sul territorio di uno Stato membro. Il considerando 21 di tale direttiva afferma che l’ambito regolamentato «non comprende i requisiti legali degli Stati membri relativi alle merci, quali le norme in materia di sicurezza, gli obblighi di etichettatura e la responsabilità per le merci, o i requisiti degli Stati membri relativi alla consegna o al trasporto delle merci, compresa la distribuzione di prodotti medicinali». Siffatti requisiti possono quindi essere imposti da uno Stato membro di destinazione, ai sensi dell’articolo 85 quater, paragrafo 2, della direttiva 2001/83, senza che sia necessario esaminare la questione del rapporto tra tale direttiva e l’articolo 3 della direttiva 2000/31. Orbene, il divieto imposto alla Doctipharma sulla base dell’interpretazione delle disposizioni nazionali di cui trattasi nel procedimento principale non sembra derivare da siffatti requisiti.

61.      Per contro, nei limiti in cui l’interpretazione di tali disposizioni nazionali equivale, dal punto di vista della Doctipharma, a vietare l’esercizio di un’attività specifica da parte di un prestatore di un servizio della società dell’informazione e, dal punto di vista dei farmacisti, a vietare determinati comportamenti relativi all’esercizio della vendita di medicinali online, dette disposizioni nazionali riguardano l’accesso all’attività di un servizio della società dell’informazione e l’esercizio di una tale attività. Le disposizioni nazionali di cui trattasi nel procedimento principale prevedono quindi requisiti che rientrano nell’ambito regolamentato.

62.      Al riguardo, la sentenza A (Pubblicità e vendita di medicinali on line) (26) sembra confermare che alcuni requisiti che rientrano nell’ambito regolamentato della direttiva 2000/31 possono anche costituire condizioni ai sensi dell’articolo 85 quater, paragrafo 2, della direttiva 2001/83. Infatti, secondo il punto 68 di tale sentenza, il divieto di cui trattasi, imposto alle farmacie, di sollecitare la loro clientela mediante una campagna pubblicitaria multiforme e su vasta scala per i suoi servizi di vendita online perseguiva «un obiettivo di tutela della salute, previsto all’articolo 3, paragrafo 4, lettera a), della direttiva 2000/31, nonché, del resto, all’articolo 85 quater, paragrafo 2, della direttiva 2001/83».

63.      Per scrupolo di completezza, non sono pienamente persuaso che la sentenza A (Pubblicità e vendita di medicinali on line) (27) precluda in via definitiva che qualsiasi condizione rientrante nell’ambito regolamentato debba essere conforme all’articolo 3, paragrafo 4, della direttiva 2000/31 e all’articolo 85 quater, paragrafo 2, della direttiva 2001/83. Infatti, come ho già rilevato in diversi contesti, tale prima disposizione non comprende misure generali e astratte, mentre non escludo che siffatte misure possano rientrare nell’ambito di applicazione di tale seconda disposizione (28). Proprio in virtù di tale ragione, non è chiaro se detta sentenza stabilisca un principio universale, applicabile in tutti i casi, per quanto riguarda il rapporto tra tali due disposizioni (29).

64.      Tuttavia, e in ogni caso, uno Stato membro di destinazione deve rispettare la normativa dello Stato membro d’origine per quanto riguarda le persone autorizzate a mettere in vendita medicinali online, senza potersi avvalere dell’articolo 85 quater, paragrafo 2, della direttiva 2001/83. Come risulta dal paragrafo 48 delle presenti conclusioni, le condizioni imposte da quest’ultima disposizione non rispondono alla questione su «chi» possa mettere in vendita medicinali online. Solo l’articolo 3, paragrafo 4, della direttiva 2000/31 può essere applicato in una tale situazione. Come ho osservato al paragrafo 50 delle presenti conclusioni, esiste quindi un certo parallelismo tra tali due direttive per quanto riguarda la loro percezione dei servizi della società dell’informazione e le condizioni a cui questi sono soggetti.

65.      Alla luce delle precedenti considerazioni, rimango sulla posizione esposta al paragrafo 54 delle presenti conclusioni. Occorre quindi rispondere alla seconda questione pregiudiziale nel senso che l’articolo 85 quater, paragrafo 2, della direttiva 2001/83 deve essere interpretato nel senso che tale disposizione si applica a un divieto imposto al prestatore di un servizio quale quello descritto nella prima questione pregiudiziale, derivante dall’interpretazione delle disposizioni nazionali che vietano alle persone autorizzate o legittimate a fornire al pubblico a distanza medicinali non soggetti a prescrizione medica di avvalersi di tale servizio. Nel caso di specie, spetta al giudice del rinvio verificare se tutti questi elementi ricorressero in relazione alle disposizioni nazionali di cui trattasi nel procedimento principale.

C.      Sulla terza, sulla quarta, sulla quinta e sulla sesta questione pregiudiziale

1.      Osservazioni preliminari

66.      Con la sua terza, quarta, quinta e sesta questione, che è opportuno esaminare congiuntamente, il giudice del rinvio chiede se l’articolo 85 quater, paragrafo 2, della direttiva 2001/83 osti al divieto di un servizio, quale quella descritto nella prima questione pregiudiziale, derivante dall’interpretazione di disposizioni nazionali come quelle descritte nella seconda questione pregiudiziale.

67.      Infatti, tali questioni si pongono nel caso in cui il servizio fornito dalla Doctipharma fosse considerato un servizio della società dell’informazione, ai sensi della direttiva 2001/83 (prima questione pregiudiziale). Tenuto conto della mia lettura della seconda questione pregiudiziale, le disposizioni nazionali da cui deriva il divieto di tale servizio dovrebbero essere considerate come le disposizioni nazionali che impongono condizioni alla fornitura al dettaglio di medicinali messi in vendita al pubblico a distanza mediante un servizio della società dell’informazione ai sensi dell’articolo 85 quater, paragrafo 2, della direttiva 2001/83.

68.      Dall’articolo 85 quater, paragrafo 1, della direttiva 2001/83 risulta che, a differenza della vendita online di medicinali soggetti a prescrizione medica, uno Stato membro non è autorizzato a vietare completamente l’offerta di medicinali non soggetti a prescrizione medica mediante servizi di vendita online forniti da un prestatore stabilito nel territorio di tale Stato membro, purché siano soddisfatte le condizioni previste da tale disposizione (30). In tale contesto, uno Stato membro di destinazione è autorizzato, ai sensi dell’articolo 85 quater, paragrafo 2, di tale direttiva, a imporre «[condizioni] per la fornitura al dettaglio, [sul territorio di tale Stato membro,] di medicinali venduti a distanza al pubblico mediante servizi della società dell’informazione». Siffatte condizioni devono essere giustificate da motivi di tutela della salute pubblica.

69.      Come osserva la Commissione, il giudice del rinvio cita disposizioni nazionali la cui interpretazione induce a vietare una determinata attività, senza precisare il nesso tra il divieto derivante da tale interpretazione e l’obiettivo di tutela della salute pubblica, di cui all’articolo 85 quater, paragrafo 2, della direttiva 2001/83. Quindi, sebbene la domanda di pronuncia pregiudiziale riguardi la questione se tale divieto sia giustificato dall’obiettivo di tutela della salute pubblica, le presenti conclusioni devono limitarsi a fornire indicazioni generali che consentano al giudice del rinvio di rispondere a tale questione.

2.      Indicazioni relative allobiettivo di tutela della salute pubblica

70.      L’articolo 85 quater, paragrafo 2, della direttiva 2001/83 si limita a stabilire che le condizioni imposte da tale disposizione devono essere giustificate da motivi di tutela della salute pubblica.

71.      Al riguardo, il considerando 24 della direttiva 2011/62 chiarisce il contenuto normativo di tale disposizione indicando che le condizioni imposte in base ad essa «non dovrebbero limitare in modo indebito il funzionamento del mercato interno». In considerazione della terminologia tradizionale del diritto dell’Unione, utilizzata nell’ambito di tale precisazione, ritengo che questa rifletta la volontà del legislatore dell’Unione di sottoporre l’esercizio del potere di uno Stato membro di destinazione a un test classico volto a determinare se le condizioni imposte da uno Stato membro siano idonee a garantire il raggiungimento dell’obiettivo di tutela della salute pubblica e se tali condizioni non vadano al di là di quanto necessario per raggiungere detto obiettivo.

72.      Inoltre, come ho dimostrato ai paragrafi da 62 a 64 delle presenti conclusioni, le condizioni imposte ai sensi dell’articolo 85 quater, paragrafo 2, della direttiva 2001/83 possono essere applicate anche nel contesto di una dimensione transfrontaliera, nei confronti dei prestatori di servizi della società dell’informazione stabiliti in Stati membri diversi da quello da cui proviene una condizione imposta da tale disposizione. L’esercizio del potere di uno Stato membro di destinazione dovrebbe quindi essere soggetto alle condizioni che si ispirano a quelle al cui rispetto è soggetto qualsiasi ostacolo alle libertà fondamentali garantite dagli articoli del TFUE.

73.      Propongo pertanto di rispondere alla terza, alla quarta, alla quinta e alla sesta questione pregiudiziale dichiarando che l’articolo 85 quater, paragrafo 2, della direttiva 2001/83 deve essere interpretato nel senso che esso osta al divieto di un servizio, quale quello descritto nella prima questione pregiudiziale, derivante dall’interpretazione delle disposizioni quali quelle descritte nella seconda questione pregiudiziale, a meno che non sia dimostrato che tale divieto sia tanto opportuno quanto necessario per la tutela della salute pubblica, circostanza la cui verifica spetta al giudice del rinvio.

74.      Al fine di fornire ulteriori indicazioni al giudice del rinvio, formulerò alcune osservazioni aggiuntive in merito all’esame che tale giudice deve effettuare.

75.      In primo luogo, innanzi tutto, considerata l’importanza del rapporto di fiducia che deve intercorrere tra un professionista della salute, come un farmacista, e i suoi clienti, la tutela della dignità di una professione regolamentata è tale da costituire un motivo imperativo di interesse generale, rientrante nella tutela della salute pubblica, idoneo a giustificare una restrizione alla libera prestazione dei servizi (31). Lo stesso vale per quanto riguarda la sicurezza e la qualità della distribuzione al dettaglio dei medicinali (32). Inoltre, in considerazione del fatto che la direttiva 2011/62 mira essenzialmente a prevenire l’introduzione di medicinali falsificati nella catena di approvvigionamento, occorre sottolineare che la necessità di garantire una fornitura sicura e di qualità di medicinali al pubblico costituisce un obiettivo di tutela della salute e della vita delle persone (33). Infine, a mio avviso, l’obiettivo di tutela della salute pubblica comprende anche la prevenzione dell’uso irrazionale ed eccessivo dei medicinali non soggetti a prescrizione medica, il che risponde all’obiettivo essenziale della salvaguardia della salute pubblica (34).

76.      In secondo luogo, per quanto riguarda l’idoneità di una disposizione nazionale a conseguire l’obiettivo invocato, occorre ricordare che, qualora sussistano incertezze sull’esistenza o sulla portata di rischi per la salute delle persone, lo Stato membro deve poter adottare misure di protezione senza dover attendere che l’esistenza di tali rischi sia pienamente dimostrata. Inoltre, lo Stato membro può adottare le misure che riducono, per quanto possibile, un rischio per la salute pubblica (35).

77.      In terzo luogo, in sede di valutazione dell’osservanza del principio di proporzionalità nell’ambito della sanità pubblica, occorre tenere conto del fatto che la salute e la vita umana sono al primo posto tra i beni e gli interessi tutelati dal TFUE e che spetta agli Stati membri decidere il livello al quale intendono garantire la tutela della salute pubblica e il modo in cui questo livello deve essere raggiunto (36).

78.      Per completezza, occorre sottolineare che la Commissione, nelle sue osservazioni scritte, afferma che il divieto derivante dall’interpretazione delle disposizioni nazionali di cui trattasi nel procedimento principale dovrebbe essere esaminato anche alla luce dell’articolo 15, paragrafi da 1 a 3, della direttiva 2006/123/CE (37).

79.      Al riguardo, la Commissione ricorda che, ai sensi dell’articolo 3, paragrafo 1, di tale direttiva, «[s]e disposizioni della [stessa] confliggono con disposizioni di altri atti comunitari che disciplinano aspetti specifici dell’accesso ad un’attività di servizi o del suo esercizio in settori specifici o per professioni specifiche, le disposizioni di questi altri atti comunitari prevalgono e si applicano a tali settori o professioni specifiche». Nel caso di specie, poiché non sembra esserci incompatibilità tra le disposizioni pertinenti della direttiva 2006/123 e quelle della direttiva 2001/83, non ci sarebbe motivo di applicare solo queste ultime disposizioni.

80.      Ai sensi dell’articolo 15, paragrafo 1, della direttiva 2006/123 gli Stati membri provvedono, in particolare, affinché i requisiti di cui al paragrafo 2, lettera d), di tale articolo – ovvero quelli relativi all’accesso alle attività di servizi di cui trattasi a prestatori particolari a motivo della natura specifica dell’attività – siano conformi alle condizioni di non discriminazione, di necessità e di proporzionalità di cui al paragrafo 3 di detto articolo.

81.      In sostanza, tali condizioni corrispondono a quelle esaminate nell’ambito della mia analisi della terza, della quarta, della quinta e della sesta questione pregiudiziale. Inoltre, nulla indica che il divieto derivante dall’interpretazione delle disposizioni nazionali sia di per sé discriminatorio. Il fatto che, se si seguisse alla lettera la sentenza A (Pubblicità e vendita di medicinali on line) (38), tale divieto sarebbe, fatta salva la clausola di deroga di cui all’articolo 3, paragrafo 4, della direttiva 2000/31, inopponibile ai prestatori stabiliti in altri Stati membri, non altera, dal punto di vista del diritto dell’Unione, la natura non discriminatoria di tale divieto così come stabilito a livello nazionale.

82.      Ciò premesso, il giudice del rinvio non solleva questioni relative alla direttiva 2006/123 e solo la Commissione si è pronunciata sull’eventuale applicazione di tale direttiva nel procedimento principale. Inoltre, come ho indicato, il giudice del rinvio non fornisce informazioni dettagliate sulle caratteristiche del servizio fornito dalla Doctipharma e sugli obiettivi perseguiti dal divieto imposto relativamente a tale servizio. In tali circostanze, propongo alla Corte di richiamare l’attenzione del giudice del rinvio su tale direttiva, senza tuttavia procedere alla sua interpretazione.

VI.    Conclusione

83.      Alla luce di tutte le considerazioni che precedono, propongo alla Corte di rispondere alle questioni pregiudiziali sollevate dalla cour d’appel de Paris (Corte d’appello di Parigi, Francia) come segue:

1)      L’articolo 1, punto 2, della direttiva 98/34/CE del Parlamento europeo e del Consiglio, del 22 giugno 1998, che prevede una procedura d’informazione nel settore delle norme e delle regolamentazioni tecniche, come modificata dalla direttiva 98/49/CE del Parlamento europeo e del Consiglio, del 20 luglio 1998,

deve essere interpretato nel senso che:

un servizio fornito da un prestatore su un sito Internet consistente nel mettere in contatto farmacisti e clienti ai fini della vendita, a partire dai siti delle farmacie che hanno aderito a tale sito su base forfettaria, di medicinali non soggetti a prescrizione medica, senza che tale prestatore, il farmacista e il cliente entrino in contatto con mezzi diversi dalle attrezzature elettroniche al momento della conclusione di un contratto di vendita, costituisce un «servizio della società dell’informazione». Nel caso di specie, spetta al giudice del rinvio verificare se, da un punto di vista fattuale, tutti questi elementi ricorressero in relazione al servizio di cui trattasi nel procedimento principale.

2)      L’articolo 85 quater, paragrafo 2, della direttiva 2001/83/CE del Parlamento europeo e del Consiglio, del 6 novembre 2001, recante un codice comunitario relativo ai medicinali per uso umano, come modificata dalla direttiva 2011/62/UE del Parlamento europeo e del Consiglio, dell’8 giugno 2011,

deve essere interpretato nel senso che:

tale disposizione si applica a un divieto imposto al prestatore di un servizio quale quello descritto nella prima questione pregiudiziale, derivante dall’interpretazione delle disposizioni nazionali che vietano alle persone autorizzate o legittimate a fornire al pubblico a distanza medicinali non soggetti a prescrizione medica di avvalersi di tale servizio. Nel caso di specie, spetta al giudice del rinvio verificare se tutti questi elementi ricorressero in relazione alle disposizioni nazionali di cui trattasi nel procedimento principale.

3)      L’articolo 85 quater, paragrafo 2, della direttiva 2001/83

deve essere interpretato nel senso che:

esso osta al divieto di un servizio, quale quello descritto nella prima questione pregiudiziale, derivante dall’interpretazione delle disposizioni quali quelle descritte nella seconda questione pregiudiziale, a meno che non sia dimostrato che tale divieto sia tanto opportuno quanto necessario per la tutela della salute pubblica, circostanza la cui verifica spetta al giudice del rinvio.


1      Lingua originale: il francese.


2      Direttiva del Parlamento europeo e del Consiglio, del 6 novembre 2001, recante un codice comunitario relativo ai medicinali per uso umano (GU 2001, L 311, pag. 67), come modificata dalla direttiva 2011/62/UE del Parlamento europeo e del Consiglio, dell’8 giugno 2011 (GU 2011, L 174, pag. 74) (in prosieguo: la «direttiva 2001/83»).


3      Direttiva del Parlamento europeo e del Consiglio, del 22 giugno 1998, che prevede una procedura d’informazione nel settore delle norme e delle regolamentazioni tecniche (GU 1998, L 204, pag. 37), come modificata dalla direttiva 98/48/CE del Parlamento europeo e del Consiglio, del 20 luglio 1998 (GU 1998, L 217, pag. 18) (in prosieguo: la «direttiva 98/34»).


4      Direttiva del Parlamento europeo e del Consiglio, dell’8 giugno 2000, relativa a taluni aspetti giuridici dei servizi della società dell’informazione, in particolare il commercio elettronico, nel mercato interno («Direttiva sul commercio elettronico») (GU 2000, L 178, pag. 1).


5      Sentenza del 20 dicembre 2017 (C‑434/15, EU:C:2017:981).


6      Sentenza del 1° ottobre 2020 (C‑649/18, EU:C:2020:764).


7      Sentenza del 20 dicembre 2017 (C‑434/15, EU:C:2017:981).


8      Sentenza del 1° ottobre 2020 (C‑649/18, EU:C:2020:764).


9      Al riguardo, non si può escludere che la risposta alla prima questione richieda l’interpretazione non solo delle disposizioni della direttiva 98/34, ma anche di quelle della direttiva (UE) 2015/1535 del Parlamento europeo e del Consiglio, del 9 settembre 2015, che prevede una procedura d’informazione nel settore delle regolamentazioni tecniche e delle regole relative ai servizi della società dell’informazione (GU 2015, L 241, pag. 1). Infatti, la direttiva 98/34 è stata abrogata il 7 ottobre 2015 dalla direttiva 2015/1535, e la Doctipharma afferma, nelle sue osservazioni scritte, che il servizio di cui trattasi è stato fornito fino al 2016. Tuttavia, occorre rilevare che la seconda direttiva ha ripreso la definizione della nozione di «servizio della società dell’informazione» che compariva nella prima direttiva, cosicché l’applicazione di tale seconda direttiva ai fatti del procedimento principale non inciderebbe, in ogni caso, sulla risposta alla prima questione pregiudiziale.


10      V., in tal senso, sentenza del 3 dicembre 2020, Star Taxi App (C‑62/19, EU:C:2020:980, punto 45).


11      V., per analogia, sentenza del 19 dicembre 2019, Airbnb Ireland (C‑390/18, EU:C:2019:1112, punto 47).


12      Sentenza del 20 dicembre 2017 (C‑434/15, EU:C:2017:981, punti 37 e 40).


13      Sentenza del 19 dicembre 2019 (C‑390/18, EU:C:2019:1112, punto 50).


14      Sentenza del 3 dicembre 2020 (C‑62/19, EU:C:2020:980, punto 49).


15      V., in tal senso, sentenze del 20 dicembre 2017, Asociación Profesional Elite Taxi (C‑434/15, EU:C:2017:981, punti 38 e 39); del 19 dicembre 2019, Airbnb Ireland (C‑390/18, EU:C:2019:1112, punti da 53 a 56), e del 3 dicembre 2020, Star Taxi App (C‑62/19, EU:C:2020:980, punti da 50 a 53).


16      Sentenza del 2 dicembre 2010, Ker-Optika (C‑108/09, EU:C:2010:725).


17      V. paragrafo 34 delle presenti conclusioni.


18      Sentenza del 19 maggio 2009 (C‑171/07 e C‑172/07, EU:C:2009:316, punti 34 e 35).


19      Sentenza del 19 maggio 2009 (C‑171/07 e C‑172/07, EU:C:2009:316, punti 19, 31, 34 e 35).


20      V. paragrafo 41 delle presenti conclusioni.


21      V. paragrafi da 56 a 64 delle presenti conclusioni.


22      Sentenza del 19 maggio 2009 (C‑171/07 e C‑172/07, EU:C:2009:316).


23      V. paragrafo 48 delle presenti conclusioni.


24      V. inoltre, in tal senso, sentenza del 1° ottobre 2020, A (Pubblicità e vendita di medicinali on line) (C‑649/18, EU:C:2020:764, punto 32).


25      V. articolo 2, lettera h), punto i), della direttiva 2000/31.


26      Sentenza del 1° ottobre 2020 (C‑649/18, EU:C:2020:764).


27      Sentenza del 1° ottobre 2020 (C‑649/18, EU:C:2020:764).


28      V. le mie conclusioni nelle cause Airbnb Ireland (C‑390/18, EU:C:2019:336, paragrafi da 123 a 125), LEA (C‑10/22, EU:C:2023:437, paragrafo 51) nonché Google Ireland e a. (C‑376/22, EU:C:2023:467, paragrafo 73).


29      Infatti, da un lato, il dispositivo di tale sentenza fa riferimento, in linea generale, alla direttiva 2000/31 senza menzionare la direttiva 2001/83 e il suo articolo 85 quater, paragrafo 2. Dall’altro lato, dal punto 27 della sua sentenza del 17 settembre 2021, emessa a seguito della sentenza del 1° ottobre 2020, A (Pubblicità e vendita di medicinali on line) (C‑649/18, EU:C:2020:764), risulta che la cour d’appel de Paris (Corte d’appello di Parigi) sembra aver interpretato quest’ultima nel senso che l’articolo 85 quater, paragrafo 2, della direttiva 2001/83 comprende i requisiti relativi alla pubblicità online e prevale sull’articolo 3, punto 4, della direttiva 2000/31, nei limiti in cui quest’ultimo stabilisce le condizioni alle quali uno Stato membro può derogare al principio enunciato all’articolo 3, paragrafi 1 e 2, della stessa.


30      V., in tal senso, conclusioni dell’avvocato generale Saugmandsgaard Øe nella causa A (Pubblicità e vendita di medicinali on line) (C‑649/18, EU:C:2020:134, paragrafo 25).


31      V. sentenza del 1° ottobre 2020, A (Pubblicità e vendita di medicinali on line) (C‑649/18, EU:C:2020:764, punto 66).


32      V., in tal senso, sentenza del 19 maggio 2009, Apothekerkammer des Saarlandes e a. (C-171/07 e C-172/07, EU:C:2009:316, punto 39).


33      V. sentenza del 18 settembre 2019, VIPA (C‑222/18, EU:C:2019:751, punto 68).


34      V., per analogia, sentenza del 22 dicembre 2022, EUROAPTIEKA (C‑530/20, EU:C:2022:1014, punti 39, 43 e 44). V. anche, in tal senso, sentenza del 2 dicembre 2010, Ker-Optika (C‑108/09, EU:C:2010:725, punti 58 e 59).


35      V., in tal senso, sentenza del 18 settembre 2019, VIPA (C‑222/18, EU:C:2019:751, punto 72).


36      V. sentenza del 5 dicembre 2013, Venturini e a. (da C‑159/12 a C‑161/12, EU:C:2013:791, punto 59).


37      Direttiva del Parlamento europeo e del Consiglio, del 12 dicembre 2006, relativa ai servizi nel mercato interno (GU 2006, L 376, pag. 36).


38      Sentenza del 1° ottobre 2020 (C‑649/18, EU:C:2020:764).

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