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Document 62021CC0262

    Conclusioni dell’avvocato generale P. Pikamäe, presentate il 14 luglio 2021.
    A contro B.
    Domanda di pronuncia pregiudiziale proposta dal Korkein oikeus.
    Rinvio pregiudiziale – Spazio di libertà, sicurezza e giustizia – Competenza, riconoscimento ed esecuzione delle decisioni in materia matrimoniale e in materia di responsabilità genitoriale – Regolamento (CE) n. 2201/2003 – Ambito di applicazione – Articolo 2, punto 11 – Nozione di “trasferimento illecito o mancato ritorno [illecito] del minore” – Convenzione dell’Aia del 25 ottobre 1980 – Domanda di ritorno di un minore in tenera età di cui i genitori hanno l’affidamento condiviso – Cittadini di paesi terzi – Trasferimento del minore e della madre verso lo Stato membro competente per l’esame di una domanda di protezione internazionale a norma del regolamento (UE) n. 604/2013 (Dublino III).
    Causa C-262/21 PPU.

    Court reports – general ;

    ECLI identifier: ECLI:EU:C:2021:592

     CONCLUSIONI DELL’AVVOCATO GENERALE

    PRIIT PIKAMÄE

    presentate il 14 luglio 2021 ( 1 ) ( i )

    Causa C‑262/21 PPU

    A

    contro

    B

    [domanda di pronuncia pregiudiziale proposta dal Korkein oikeus (Corte suprema, Finlandia)]

    «Rinvio pregiudiziale – Cooperazione giudiziaria in materia civile – Competenza, riconoscimento ed esecuzione delle decisioni in materia matrimoniale e in materia di responsabilità genitoriale – Regolamento (CE) n. 2201/2003 – Ambito di applicazione ratione materiae – Nozione di “materie civili” – Domanda di protezione internazionale di un genitore a nome del figlio minorenne – Regolamento (UE) n. 604/2013 – Decisione di trasferimento del minore nello Stato membro competente per l’esame della domanda – Domanda di ritorno – Trasferimento illecito o mancato ritorno illecito del minore – Articolo 2, paragrafo 11 – Qualificazione – Convenzione dell’Aia del 1980 – Residenza abituale – Vie di fatto»

    I. Introduzione

    1.

    Può una decisione di trasferimento di un minore adottata a norma del regolamento n. 604/2013 ( 2 ) e facente seguito a una domanda di protezione internazionale presentata a suo nome da uno dei genitori, senza il consenso dell’altro, rientrare nell’ambito di applicazione ratione materiae del regolamento (CE) n. 2201/2003 ( 3 ) e, in caso di risposta affermativa, può essere ivi ravvisata una fattispecie di sottrazione internazionale di tale minore?

    2.

    È questa una delle questioni che pone la presente causa, la cui originalità risiede nel mettere in relazione due strumenti giuridici di diritto dell’Unione apparentemente ben distinti per oggetto e obiettivi, e sulla quale la Corte dovrà pronunciarsi per la prima volta.

    II. Contesto normativo

    A. Convenzione dell’Aia del 25 ottobre 1980

    3.

    L’articolo 3 della Convenzione dell’Aia sugli aspetti civili della sottrazione internazionale di minori, conclusa all’Aia il 25 ottobre 1980 (in prosieguo: la «Convenzione dell’Aia del 1980»), dispone quanto segue:

    «Il trasferimento o il mancato rientro di un minore è ritenuto illecito:

    a)

    quando avviene in violazione dei diritti di custodia assegnati ad una persona, istituzione o ogni altro ente, congiuntamente o individualmente, in base alla legislazione dello Stato nel quale il minore aveva la sua residenza abituale immediatamente prima del suo trasferimento o del suo mancato rientro e;

    b)

    se tali diritti [erano] effettivamente esercitati, individualmente o congiuntamente, al momento del trasferimento del minore o del suo mancato rientro, o avrebbero potuto esserlo se non si fossero verificate tali circostanze.

    Il diritto di custodia citato al capoverso a) di cui sopra può in particolare derivare direttamente dalla legge, da una decisione giudiziaria o amministrativa, o da un accordo in vigore in base alla legislazione del predetto Stato».

    4.

    L’articolo 12 di tale convenzione enuncia quanto segue:

    «Qualora un minore sia stato illecitamente trasferito o trattenuto ai sensi dell’articolo 3, e sia trascorso un periodo inferiore ad un anno, a decorrere dal trasferimento o dal mancato ritorno del minore, fino alla presentazione dell’istanza presso l’autorità giudiziaria o amministrativa dello Stato contraente dove si trova il minore, l’autorità adita ordina il suo ritorno immediato.

    L’autorità giudiziaria o amministrativa, benché adita dopo la scadenza del periodo di un anno di cui al capoverso precedente, deve parimenti ordinare il ritorno del minore, a meno che non sia dimostrato che il minore si è integrato nel suo nuovo ambiente.

    Se l’autorità giudiziaria o amministrativa dello Stato richiesto ha motivo di ritenere che il minore è stato condotto in un altro Stato, essa può sospendere la procedura o respingere la domanda di ritorno del minore».

    5.

    L’articolo 13 di detta convenzione è redatto nei seguenti termini:

    «Nonostante le disposizioni del precedente articolo, l’autorità giudiziaria o amministrativa dello Stato richiesto non è tenuta ad ordinare il ritorno del minore qualora la persona, istituzione o ente che si oppone al ritorno dimostri:

    a)

    che la persona, l’istituzione o l’ente cui era affidato il minore non esercitava effettivamente il diritto di affidamento al momento del trasferimento o del mancato rientro, o aveva consentito, anche successivamente, al trasferimento o al mancato ritorno; o

    b)

    che sussiste un fondato rischio, per il minore, di essere esposto, per il fatto del suo ritorno, a pericoli fisici o psichici, o comunque di trovarsi in una situazione intollerabile.

    L’autorità giudiziaria o amministrativa può altresì rifiutarsi di ordinare il ritorno del minore qualora essa accerti che il minore si oppone al ritorno, e che ha raggiunto un’età ed un grado di maturità tali che sia opportuno tener conto del suo parere.

    Nel valutare le circostanze di cui al presente articolo, le autorità giudiziarie e amministrative devono tener conto delle informazioni fornite dall’Autorità centrale o da ogni altra autorità competente dello Stato di residenza del minore, riguardo alla sua situazione sociale».

    B. Diritto dell’Unione

    1.   Regolamento n. 2201/2003

    6.

    Il considerando 5 del regolamento n. 2201/2003 indica quanto segue:

    «Per garantire parità di condizioni a tutti i minori, il presente regolamento disciplina tutte le decisioni in materia di responsabilità genitoriale, incluse le misure di protezione del minore, indipendentemente da qualsiasi nesso con un procedimento matrimoniale».

    7.

    Il considerando 10 del regolamento n. 2201/2003 così dispone:

    «Il presente regolamento non è inteso ad applicarsi a materie come quelle relative alla sicurezza sociale, misure pubbliche di carattere generale in materia di istruzione e di sanità o decisioni sul diritto d’asilo e nel settore dell’immigrazione. (...)».

    8.

    Il considerando 17 del regolamento n. 2201/2003 così recita:

    «In caso di trasferimento o mancato rientro illeciti del minore, si dovrebbe ottenerne immediatamente il ritorno e a tal fine dovrebbe continuare ad essere applicata la [Convenzione dell’Aia del 1980] quale integrata dalle disposizioni del presente regolamento, in particolare l’articolo 11. I giudici dello Stato membro in cui il minore è stato trasferito o trattenuto illecitamente dovrebbero avere la possibilità di opporsi al suo rientro in casi precisi, debitamente motivati. Tuttavia, una simile decisione dovrebbe poter essere sostituita da una decisione successiva emessa dai giudici dello Stato membro di residenza abituale del minore prima del suo trasferimento illecito o mancato rientro [illecito]. Se la decisione implica il rientro del minore, esso dovrebbe avvenire senza che sia necessario ricorrere a procedimenti per il riconoscimento e l’esecuzione della decisione nello Stato membro in cui il minore è trattenuto».

    9.

    L’articolo 1 del regolamento n. 2201/2003, intitolato «Ambito di applicazione», così recita:

    «1.   Il presente regolamento si applica, indipendentemente dal tipo di autorità giurisdizionale, alle materie civili relative:

    (…)

    b)

    all’attribuzione, all’esercizio, alla delega, alla revoca totale o parziale della responsabilità genitoriale.

    2.   Le materie di cui al paragrafo 1, lettera b), riguardano in particolare:

    a)

    il diritto di affidamento e il diritto di visita;

    (…)».

    10.

    L’articolo 2 di tale regolamento, intitolato «Definizioni», precisa quanto segue:

    «Ai fini del presente regolamento valgono le seguenti definizioni:

    (…)

    7)

    “responsabilità genitoriale”: i diritti e doveri di cui è investita una persona fisica o giuridica in virtù di una decisione giudiziaria, della legge o di un accordo in vigore riguardanti la persona o i beni di un minore. Il termine comprende, in particolare, il diritto di affidamento e il diritto di visita;

    (…)

    9)

    “diritto di affidamento”: i diritti e doveri concernenti la cura della persona di un minore, in particolare il diritto di intervenire nella decisione riguardo al suo luogo di residenza;

    (…)

    11)

    “trasferimento illecito o mancato ritorno [illecito] del minore”: il trasferimento o il mancato rientro di un minore:

    a)

    quando avviene in violazione dei diritti di affidamento derivanti da una decisione, dalla legge o da un accordo vigente in base alla legislazione dello Stato membro nel quale il minore aveva la sua residenza abituale immediatamente prima del suo trasferimento o del suo mancato rientro

    e

    b)

    se il diritto di affidamento era effettivamente esercitato, individualmente o congiuntamente, al momento del trasferimento del minore o del suo mancato rientro, o lo sarebbe stato se non fossero sopravvenuti tali eventi. L’affidamento si considera esercitato congiuntamente da entrambi i genitori quando uno dei titolari della responsabilità genitoriale non può, conformemente a una decisione o al diritto nazionale, decidere il luogo di residenza del minore senza il consenso dell’altro titolare della responsabilità genitoriale».

    11.

    L’articolo 11 di detto regolamento prevede quanto segue:

    «1.   Quando una persona, istituzione o altro ente titolare del diritto di affidamento adisce le autorità competenti di uno Stato membro affinché emanino un provvedimento in base alla [C]onvenzione dell’Aia del 25 ottobre 1980 (…) per ottenere il ritorno di un minore che è stato illecitamente trasferito o trattenuto in uno Stato membro diverso dallo Stato membro nel quale il minore aveva la residenza abituale immediatamente prima dell’illecito trasferimento o mancato ritorno, si applicano i paragrafi da 2 a 8.

    (…)

    4.   Un’autorità giurisdizionale non può rifiutare di ordinare il ritorno di un minore in base all’articolo 13, lettera b), della [C]onvenzione dell’Aia del 1980 qualora sia dimostrato che sono previste misure adeguate per assicurare la protezione del minore dopo il suo ritorno».

    2.   Regolamento n. 604/2013

    12.

    L’articolo 12 del regolamento n. 604/2013 così dispone:

    «1.   Se il richiedente è titolare di un titolo di soggiorno in corso di validità, lo Stato membro competente per l’esame della domanda di protezione internazionale è quello che ha rilasciato tale titolo.

    (…)

    3.   Se il richiedente è titolare di più titoli di soggiorno o visti in corso di validità, rilasciati da vari Stati membri, lo Stato membro competente per l’esame della domanda di protezione internazionale è, nell’ordine:

    a)

    lo Stato membro che ha rilasciato il titolo di soggiorno che conferisce il diritto di soggiorno più lungo o, se la validità temporale è identica, lo Stato membro che ha rilasciato il titolo di soggiorno la cui scadenza è più lontana;

    b)

    lo Stato membro che ha rilasciato il visto la cui scadenza è più lontana, quando i visti sono di analoga natura;

    c)

    quando si tratta di visti di natura diversa, lo Stato membro che ha rilasciato il visto di validità più lunga o, in caso di validità identica, lo Stato membro che ha rilasciato il visto la cui scadenza è più lontana.

    (…)».

    13.

    L’articolo 29, paragrafo 1, di tale regolamento prevede quanto segue:

    «Il trasferimento del richiedente o di altra persona ai sensi dell’articolo 18, paragrafo 1, lettera c) o d), dallo Stato membro richiedente verso lo Stato membro competente avviene conformemente al diritto nazionale dello Stato membro richiedente, previa concertazione tra gli Stati membri interessati, non appena ciò sia materialmente possibile e comunque entro sei mesi a decorrere dall’accettazione della richiesta di un altro Stato membro di prendere o riprendere in carico l’interessato, o della decisione definitiva su un ricorso o una revisione in caso di effetto sospensivo ai sensi dell’articolo 27, paragrafo 3.

    Se i trasferimenti verso lo Stato membro competente avvengono sotto forma di partenza controllata o sotto scorta, gli Stati membri garantiscono che siano svolti in modo umano e nel pieno rispetto dei diritti fondamentali e della dignità umana.

    Se necessario, lo Stato membro richiedente rilascia al richiedente un lasciapassare. La Commissione stabilisce, mediante atti di esecuzione, il modello del lasciapassare. Tali atti di esecuzione sono adottati secondo la procedura di esame di cui all’articolo 44, paragrafo 2.

    Lo Stato membro competente informa lo Stato membro richiedente dell’arrivo a destinazione dell’interessato o, eventualmente, del fatto che il medesimo non si è presentato nei termini prescritti».

    C. Diritto finlandese

    14.

    Il ritorno del minore è disciplinato dalla laki lapsen huollosta ja tapaamisoikeudesta 361/1983 (legge relativa all’affidamento del minore e al diritto di visita), come modificata dalla legge 186/1994. Le disposizioni di tale legge corrispondono a quelle della Convenzione dell’Aia del 1980.

    II. Fatti, procedimento principale e questioni pregiudiziali

    15.

    Dalla decisione di rinvio nonché dalle risposte alle richieste di documenti e di informazioni rivolte dalla Corte risulta che la controversia di cui al procedimento principale vede contrapposti due cittadini iraniani, genitori di un bambino di 20 mesi.

    16.

    Nel 2016, il padre e la madre hanno risieduto in Finlandia. In tale paese, la madre beneficiava di un titolo di soggiorno per motivi familiari (poiché il padre disponeva di un titolo di soggiorno nella sua qualità di lavoratore dipendente) per un periodo di quattro anni a decorrere dal 28 dicembre 2017. Nel maggio del 2019, i genitori si sono stabiliti in Svezia e la madre ha ottenuto, in tale paese, un titolo di soggiorno per motivi familiari per il periodo compreso tra l’11 marzo 2019 e il 16 settembre 2020. Il 5 settembre 2019 è nato un figlio comune, il cui diritto di affidamento era detenuto in maniera condivisa dai genitori.

    17.

    Con decisione dell’11 novembre 2019, le autorità svedesi hanno collocato la madre e il minore in una casa di accoglienza a seguito degli atti di violenza domestica subiti dalla madre, decisione confermata con sentenza del 17 gennaio 2020. Il 21 novembre 2019, il padre ha chiesto un titolo di soggiorno per il minore in Svezia sulla base del suo legame familiare con il medesimo. Il 4 dicembre successivo, anche la madre ha depositato, per il minore, una domanda di titolo di soggiorno in Svezia. Il 7 agosto 2020, la madre ha presentato presso le autorità svedesi competenti una domanda di protezione internazionale per sé stessa e per il figlio, invocando violenze domestiche perpetrate su di lei dal padre e, in caso di ritorno in Iran, il rischio di violenze fondate sull’onore da parte della famiglia del padre. Il 27 agosto 2020, la Repubblica di Finlandia ha comunicato al Regno di Svezia che, in applicazione dell’articolo 12, paragrafo 3, del regolamento n. 604/2013, essa era competente per l’esame di tale domanda.

    18.

    Il 27 ottobre 2020, l’autorità svedese competente in materia di immigrazione ha dichiarato irricevibile la domanda di asilo della madre e del minore, ha archiviato la domanda di titolo di soggiorno per il minore presentata dal padre sulla base del legame familiare e ha disposto il trasferimento della madre e del minore in Finlandia in applicazione del regolamento n. 604/2013. Il 24 novembre successivo, tale trasferimento è stato effettuato in conformità all’articolo 29 di detto regolamento, il che ha comportato la revoca della decisione di presa in carico e di collocamento del minore. L’11 gennaio 2021, la madre ha presentato in Finlandia una domanda di asilo per sé stessa e per il minore, il cui esame è tuttora in corso.

    19.

    Il 7 dicembre 2020, il padre ha proposto ricorso avverso la decisione adottata il 27 ottobre 2020 dall’autorità svedese competente in materia di immigrazione per avere essa archiviato la sua domanda di titolo di soggiorno e trasferito il minore in Finlandia. Il 21 dicembre 2020, un giudice svedese ha annullato detta decisione, poiché il padre non era stato ascoltato, e ha rinviato gli atti dinanzi a tale autorità. Riesaminando gli atti, quest’ultima ha deciso, il 29 dicembre 2020, di archiviare le cause concernenti il minore poiché questi aveva lasciato il territorio nazionale. Un giudice svedese, statuendo il 6 aprile 2021 in seguito al ricorso proposto, il 19 gennaio 2021, dal padre avverso la decisione del 29 dicembre 2020, ha respinto le domande di quest’ultimo e, segnatamente, quella diretta ad ottenere il ritorno del minore in Svezia in applicazione del regolamento n. 604/2013. Secondo le informazioni comunicate dall’autorità svedese competente in materia di immigrazione, il minore non dispone attualmente di un titolo di soggiorno in Svezia, cosicché non può entrare in tale paese.

    20.

    Parallelamente, un tribunale svedese, con ordinanza emessa in sede di procedimento cautelare nel novembre del 2020, ha confermato a titolo provvisorio il diritto di affidamento condiviso dei due genitori. Con sentenza del 29 aprile 2021, tale tribunale ha pronunciato il divorzio dei genitori, ha attribuito l’affidamento esclusivo del minore alla madre con effetto immediato, ha respinto la domanda di diritto di visita presentata dal padre e ha precisato che la summenzionata ordinanza cautelare era decaduta.

    21.

    Sostenendo che il minore era stato oggetto di un trasferimento o di un mancato ritorno illeciti, il 21 dicembre 2020 il padre ha presentato dinanzi allo hovioikeus (Corte d’appello) di Helsinki (Finlandia) una domanda intesa a ottenere il ritorno immediato del minore in Svezia. Con decisione del 25 febbraio 2021, lo hovioikeus (Corte d’appello) di Helsinki ha respinto tale domanda. Il padre ha impugnato tale decisione dinanzi al Korkein oikeus (Corte suprema, Finlandia). In sede di esame del ricorso in questione, tale giudice, il 23 aprile 2021, ha deciso di sospendere il procedimento e di sottoporre alla Corte le seguenti questioni pregiudiziali:

    «1)

    Se l’articolo 2, punto 11, del regolamento [n. 2201/2003], relativo al trasferimento illecito di un minore, debba essere interpretato nel senso che rientri in tale qualificazione la situazione in cui uno dei genitori, senza il consenso dell’altro genitore, trasferisce il minore dal suo Stato di residenza in un altro Stato membro, che è lo Stato membro competente ai sensi di una decisione di trasferimento adottata da un’autorità in applicazione del regolamento [n. 604/2013].

    2)

    In caso di risposta negativa alla prima questione, se l’articolo 2, punto 11, del regolamento [n. 2201/2003], relativo all’illecito mancato rientro, debba essere interpretato nel senso che rientri in tale qualificazione la situazione in cui un giudice dello Stato di residenza del minore ha annullato la decisione adottata da un’autorità di trasferire l’esame del fascicolo, il quale è stato archiviato dopo che il minore e la madre hanno lasciato il loro Stato di residenza, ma in cui il minore, di cui è stato ordinato il ritorno, non dispone più di un titolo di soggiorno in corso di validità nel suo Stato di residenza, né di un diritto di ingresso o di soggiorno nello Stato in questione ( 4 ).

    3)

    Qualora, tenuto conto della risposta fornita alla prima o alla seconda questione, occorra interpretare [l’articolo 2, punto 11, del] regolamento [n. 2201/2003] nel senso che si tratti di un illecito trasferimento o mancato rientro del minore, e pertanto quest’ultimo dovrebbe essere rinviato nel suo Stato di residenza, se l’articolo 13, primo comma, lettera b), della convenzione [dell’Aia del 1980] debba essere interpretato nel senso che osti al ritorno del minore per uno dei seguenti motivi:

    a)

    perché sussiste un rischio grave, ai sensi di tale disposizione, che il ritorno di un lattante di cui la madre si è personalmente occupata, ove questi venga rinviato da solo, lo esponga a un pericolo fisico o psichico, o comunque lo ponga in una situazione intollerabile; oppure

    b)

    perché il minore, nel suo Stato di residenza, verrebbe preso in carico e collocato in una casa di accoglienza da solo o con la madre, il che indicherebbe che sussiste un fondato rischio, ai sensi di tale disposizione, che il ritorno del minore lo esponga a pericoli fisici o psichici, o lo ponga comunque in una situazione intollerabile; o ancora

    c)

    perché il minore, che non dispone di un titolo di soggiorno in corso di validità, si troverebbe in una situazione intollerabile ai sensi di tale disposizione.

    4)

    Qualora, in considerazione della risposta alla terza questione, fosse possibile interpretare i motivi di rifiuto di cui all’articolo 13, primo comma, lettera b), della convenzione [dell’Aia del 1980] nel senso che sussiste un fondato rischio che il ritorno del minore lo esponga a pericoli fisici o psichici o comunque lo ponga in una situazione intollerabile, se l’articolo 11, paragrafo 4, del regolamento [n. 2201/2003], in combinato disposto con la nozione di “interesse superiore del minore” di cui all’articolo 24 della Carta dei diritti fondamentali dell’Unione europea [(in prosieguo: la “Carta”)] e al regolamento [n. 2201/2003], debba essere interpretato nel senso che, in una situazione in cui né il minore né la madre dispongono di un titolo di soggiorno in corso di validità nello Stato di residenza del minore, e pertanto non hanno diritto di ingresso o di soggiorno in tale paese, lo Stato di residenza del minore debba adottare misure adeguate per assicurare il soggiorno regolare del minore e della madre in tale Stato membro.

    Qualora sullo Stato di residenza del minore gravi un tale obbligo, se il principio della fiducia reciproca tra Stati membri debba essere interpretato nel senso che lo Stato che consegna il minore può, in conformità di tale principio, presumere che lo Stato di residenza del minore adempirà tali obblighi o se l’interesse del minore imponga che le autorità dello Stato di residenza forniscano dettagli sulle misure specifiche che sono state o saranno adottate per la protezione del minore, in modo che lo Stato membro che consegna il minore possa valutare, in particolare, l’adeguatezza di tali misure alla luce degli interessi del minore.

    5)

    Qualora sullo Stato di residenza del minore non gravi l’obbligo, di cui alla quarta questione pregiudiziale, di adottare misure adeguate, se, alla luce dell’articolo 24 della [Carta], l’articolo 20 della Convenzione [dell’Aia del 1980] debba essere interpretato, nei casi di cui alla terza questione pregiudiziale, punti da i) a iii), nel senso che esso osti al ritorno del minore in quanto detto ritorno potrebbe essere considerato come contrario, ai sensi di tale disposizione, ai principi fondamentali relativi alla protezione dei diritti dell’uomo e delle libertà fondamentali».

    III. Procedimento dinanzi alla Corte

    22.

    Il giudice del rinvio ha chiesto che il rinvio pregiudiziale sia sottoposto al procedimento d’urgenza di cui all’articolo 107 del regolamento di procedura della Corte. Il 12 maggio 2021, la Prima Sezione della Corte ha deciso, su proposta del giudice relatore e sentito l’avvocato generale, di accogliere tale domanda.

    23.

    Il 21 maggio 2021, il giudice del rinvio ha risposto alla richiesta di informazioni informale della Corte. Con memoria del 31 maggio 2021, il governo svedese ha risposto ai quesiti scritti posti dalla Corte e ha prodotto i documenti richiesti dalla stessa.

    24.

    Hanno depositato osservazioni scritte la convenuta nel procedimento principale, il governo finlandese e la Commissione europea. Queste stesse parti nonché il ricorrente nel procedimento principale sono stati sentiti all’udienza di discussione tenutasi il 28 giugno 2021.

    IV. Analisi

    A. Sulle questioni prima e seconda

    1.   Osservazioni preliminari

    25.

    In primo luogo, dal testo delle prime due questioni pregiudiziali emerge che il giudice del rinvio si interroga, in sostanza, sulle conseguenze di una decisione di trasferimento di un minore e della madre adottata in applicazione del regolamento n. 604/2013 sulla qualificazione di «trasferimento illecito o mancato ritorno [illecito]» quale definita all’articolo 2, punto 11, del regolamento n. 2201/2003. Queste due questioni interessano pertanto un quesito comune, cosicché reputo opportuno esaminarle congiuntamente.

    26.

    In secondo luogo, il giudice del rinvio ha posto le suddette questioni vertenti sull’interpretazione dell’articolo 2, punto 11, del regolamento n. 2201/2003 partendo dalla premessa secondo la quale tale disposizione è applicabile alla controversia di cui al procedimento principale, circostanza contestata dalla convenuta nel procedimento principale, sostenuta dalla Commissione. Poiché l’applicabilità delle disposizioni del regolamento n. 2201/2003 solleva una difficoltà ed è stata dibattuta nell’udienza dinanzi alla Corte, occorre verificare se una situazione come quella descritta dalla decisione di rinvio rientri nell’ambito di applicazione di tale regolamento ( 5 ). In caso di risposta affermativa, sarà necessario esaminare i criteri costitutivi della qualificazione di «trasferimento illecito o mancato ritorno [illecito]».

    2.   Sull’applicabilità del regolamento n. 2201/2003

    27.

    La convenuta nel procedimento principale, sostenuta dalla Commissione, sostiene che, da un lato, l’applicazione del regolamento n. 604/2013 rientra in un esercizio da parte degli Stati membri di pubblici poteri estraneo alle questioni di diritto civile oggetto del regolamento n. 2201/2003 e che, dall’altro, le decisioni relative al diritto d’asilo e all’immigrazione sono espressamente escluse dall’ambito di applicazione del regolamento n. 2201/2003.

    28.

    Trovo difficile condividere una simile analisi. Occorre rilevare, infatti, che il regolamento n. 2201/2003 si applica, ai sensi del suo articolo 1, paragrafo 1, lettera b), alle materie civili relative all’attribuzione, all’esercizio, alla revoca totale o parziale della responsabilità genitoriale. In tale contesto, la Corte ha ripetutamente dichiarato che la nozione di «materie civili» dev’essere intesa non in termini restrittivi, bensì quale nozione autonoma del diritto dell’Unione che ricomprende, in particolare, tutte le domande, i provvedimenti o le decisioni in materia di «responsabilità genitoriale», fra cui, alla luce del considerando 5 del regolamento n. 2201/2003, quelle dirette alla protezione del minore ( 6 ). Nel solco di tale approccio estensivo, la Corte ha parimenti incluso nella nozione di «materie civili» misure di protezione che, anche sotto il profilo del diritto degli Stati membri, rientrano nel diritto pubblico ( 7 ). Una simile concezione delle «materie civili» presuppone dunque di verificare se, indipendentemente dalla sua qualificazione, una misura contribuisca, per sua natura, alla protezione del minore.

    29.

    Alla luce di tali elementi, ritengo che, nelle circostanze particolari del caso di specie, il trasferimento del minore avvenuto in applicazione del regolamento n. 604/2013 rientri nell’ambito di applicazione del regolamento n. 2201/2013. Infatti, la decisione di trasferimento deve essere considerata non isolatamente, bensì nel contesto dell’intero procedimento in cui si inserisce. Ne risulta che il trasferimento non può essere dissociato dalla domanda di protezione internazionale, alla quale esso è direttamente riconducibile. Orbene, nel presente caso, la domanda di protezione internazionale ha come obiettivo ( 8 ) quello di assicurare al minore uno status perenne che lo premunisca contro un potenziale pericolo per il medesimo. Di conseguenza, tale domanda costituisce effettivamente una misura di protezione del minore e, pertanto, rientra nell’ambito delle «materie civili» ai sensi dell’articolo 1 del regolamento n. 2201/2003.

    30.

    Una simile conclusione non mi sembra rimessa in discussione dal considerando 10 del regolamento n. 2201/2003, ai sensi del quale tale regolamento «non è inteso» ad applicarsi alle «decisioni sul diritto d’asilo e nel settore dell’immigrazione». Leggendo tale testo, dall’impiego dei termini «non è inteso» ( 9 ) desumo che il legislatore dell’Unione non ha voluto escludere sistematicamente dalle «materie civili» la totalità delle decisioni relative al diritto d’asilo. Una simile analisi è conforme, oltretutto, all’approccio estensivo adottato dalla Corte, la quale, alla luce del considerando 5 di detto regolamento, ha incluso nelle «materie civili» le misure di protezione del minore rientranti nell’ambito del diritto pubblico.

    31.

    A parte i termini di detto considerando 10, il quale è in ogni caso privo di valore giuridico vincolante ( 10 ), dalle disposizioni del regolamento n. 2201/2003 non risulta che le decisioni relative al diritto di asilo siano, per principio, escluse dall’ambito di applicazione di tale regolamento. A sostegno di tale analisi, osservo che tali decisioni non figurano all’articolo 1, paragrafo 3, di detto regolamento, il quale elenca tassativamente le materie escluse dall’ambito di applicazione di questo stesso regolamento ( 11 ). Inoltre, non può essere ricavato un argomento dal fatto che l’articolo 1, paragrafo 2, del regolamento n. 2201/2003 non menziona, fra le materie civili, le decisioni relative al diritto d’asilo. Infatti, come già dichiarato dalla Corte, l’impiego della locuzione «in particolare» all’articolo 1, paragrafo 2, del regolamento n. 2201/2003 implica che l’elenco contenuto in tale disposizione riveste carattere indicativo ( 12 ).

    32.

    Alla luce dell’insieme di tali considerazioni, ritengo, contrariamente a quanto sostenuto dalla Commissione e dalla convenuta nel procedimento principale, che le decisioni relative al diritto di asilo rientrino nell’ambito di applicazione del regolamento n. 2201/2003 sempreché esse rivestano, come nel caso in esame, il carattere di una misura di protezione del minore.

    3.   Sulla qualificazione di «trasferimento illecito o mancato ritorno [illecito]»

    33.

    In conformità alla logica descritta supra, occorre analizzare ciascuno dei criteri che consentono di qualificare come «illecito» un trasferimento o un mancato ritorno di un minore e verificare, alla luce delle circostanze del caso di specie, se tali criteri siano soddisfatti.

    34.

    A tal riguardo, l’articolo 2, punto 11, del regolamento n. 2201/2003, il cui tenore letterale è molto simile a quello dell’articolo 3 della Convenzione dell’Aia del 1980, riunisce il trasferimento e il mancato ritorno illeciti in una stessa definizione. Basandosi su tale definizione, la Corte ha precisato che l’esistenza di un trasferimento o di un mancato ritorno illeciti ai sensi dell’articolo 2, punto 11, di detto regolamento presuppone che il minore avesse la propria residenza abituale nello Stato membro d’origine immediatamente prima del suo trasferimento o del suo mancato ritorno e risulti dalla violazione del diritto di affidamento attribuito in virtù della normativa di tale Stato membro ( 13 ). Ne discende che la qualificazione di «trasferimento illecito o mancato ritorno [illecito]» si basa essenzialmente sulle due nozioni cumulative di residenza abituale del minore e di violazione del diritto di affidamento. Al fine di fornire una risposta utile al giudice del rinvio, occorre dunque esaminare in successione ciascuna di queste due nozioni.

    a)   Sulla residenza abituale del minore

    35.

    La nozione di «residenza abituale» è impiegata secondo due diversi profili nel regolamento n. 2201/2003. Da un lato, in conformità all’articolo 2, punto 11, e all’articolo 11 di detto regolamento, essa costituisce un elemento chiave della qualificazione di «trasferimento illecito o mancato ritorno [illecito]» e del meccanismo di ritorno del minore previsto in una simile ipotesi. Dall’altro, essa riveste, nell’ambito degli articoli da 8 a 10 dello stesso regolamento, il carattere di un criterio generale di competenza giurisdizionale ( 14 ). Tuttavia, poiché la nozione di «residenza abituale» deve avere un significato uniforme nel regolamento n. 2201/2003, la Corte ha dichiarato che l’interpretazione di tale nozione data nell’ambito degli articoli 8 e 10 di tale regolamento è applicabile per analogia all’articolo 2, punto 11, e all’articolo 11 di questo stesso regolamento ( 15 ).

    36.

    Occorre rilevare che il regolamento n. 2201/2003 non contiene una definizione della «residenza abituale», anche se l’utilizzazione di quest’ultimo aggettivo implica che la residenza del minore presenti una certa stabilità o regolarità ( 16 ), e non effettua neppure un rinvio espresso al diritto degli Stati membri. La Corte ha desunto da tali elementi che la nozione di «residenza abituale» doveva essere oggetto di un’interpretazione autonoma, alla luce del contesto delle disposizioni del regolamento n. 2201/2003 e dello scopo perseguito da quest’ultimo, segnatamente quello risultante dal considerando 12, secondo il quale detto regolamento è stato elaborato in funzione dell’interesse superiore del minore e, in particolare, del criterio di vicinanza ( 17 ).

    37.

    Su tale base, la Corte ha deciso che la residenza abituale del minore, ai sensi del regolamento n. 2201/2003, corrisponde al luogo in cui si trova, alla luce delle circostanze che caratterizzano ogni caso di specie, il centro della sua vita ( 18 ). In tal senso, nell’ambito di tale approccio concreto, occorre prendere in considerazione, oltre alla presenza fisica del minore nel territorio dello Stato membro, i fattori idonei a dimostrare che tale presenza non è in alcun modo temporanea od occasionale e che essa denota una certa integrazione del minore in un ambiente sociale e familiare stabile ( 19 ). A tal fine, occorre prendere in considerazione, in ciascun caso specifico, un complesso di indizi concordanti, quali la durata, la regolarità, le condizioni e le ragioni del soggiorno del minore nel territorio dei diversi Stati membri in questione, il luogo e le condizioni della frequenza scolastica di quest’ultimo nonché le relazioni familiari e sociali del minore in detti Stati membri ( 20 ).

    38.

    Inoltre, nel caso, come nella specie, di un minore in tenera età, la Corte ha dichiarato che la valutazione dell’integrazione del minore in un ambiente sociale e familiare non può prescindere dalle circostanze che caratterizzano il soggiorno delle persone da cui egli dipende ( 21 ). Infatti, l’ambiente in cui cresce un minore in tenera età è essenzialmente familiare e determinato dalla persona o dalle persone di riferimento con le quali lo stesso vive, da cui è effettivamente accudito e che si prendono cura di lui ( 22 ) – di norma i suoi genitori. Di conseguenza, qualora un tale minore viva quotidianamente con i genitori, la determinazione della sua residenza abituale presuppone quella del luogo in cui i suoi genitori sono presenti stabilmente e sono integrati in un ambiente sociale e familiare ( 23 ). Per determinare tale luogo, occorre esaminare una serie di elementi fattuali che includono, in maniera non esaustiva, la durata, la regolarità, le condizioni e i motivi del soggiorno dei genitori nello Stato membro o negli Stati membri di cui trattasi, le loro conoscenze linguistiche, le loro origini geografiche e familiari, nonché le relazioni familiari e sociali da essi intrattenute. Tali indizi di natura oggettiva possono essere integrati, se del caso, dalla considerazione dell’intenzione dei genitori affidatari di stabilirsi con il minore in un luogo determinato allorché essa riflette la realtà dell’integrazione dei genitori, e quindi del minore, in un ambiente sociale e familiare ( 24 ).

    39.

    In tal senso, come rilevato dall’avvocato generale Saugmandsgaard Øe nella causa UD, la Corte ha elaborato un approccio cosiddetto «ibrido», secondo cui la residenza abituale del minore è determinata sulla base, da una parte, di fattori oggettivi che caratterizzano il soggiorno del minore e, dall’altra, di circostanze attinenti al soggiorno dei genitori, nonché delle loro intenzioni quanto al luogo di residenza del minore ( 25 ). Spetterà al giudice del rinvio verificare, sulla base di tali elementi, se il minore avesse la propria residenza abituale in Svezia immediatamente prima del trasferimento o del mancato rientro illeciti dedotti, prendendo in considerazione tutte le circostanze di fatto particolari del caso di specie.

    40.

    Ciò premesso e al fine di fornire elementi utili al giudice del rinvio, osservo, quanto alla qualificazione di «trasferimento illecito», che il minore, nonché la madre, sono stati trasferiti in Finlandia il 24 novembre 2020. Orbene, prima di tale trasferimento, il minore risiedeva in Svezia dal 5 settembre 2019, data della sua nascita, mentre i suoi genitori, affidatari, vivevano in tale paese dal maggio del 2019, ove disponevano di un titolo di soggiorno. Ne discende che, fatti salvi elementi complementari eventualmente in possesso del giudice del rinvio, risulta comprovato che prima del trasferimento la residenza abituale del minore era fissata in Svezia.

    41.

    Per contro, sotto il profilo della qualificazione di «mancato ritorno», non mi sembra affatto accertato, alla luce dei succitati criteri, che il minore avesse mantenuto la propria residenza abituale in Svezia immediatamente prima del mancato ritorno illecito dedotto. Come ho già sottolineato, la residenza abituale di un minore in tenera età è strettamente connessa a quella delle persone di riferimento con le quali egli vive, da cui è effettivamente accudito e che si prendono cura di lui. Orbene, dagli elementi forniti alla Corte emerge che, per via delle decisioni prese dalle autorità svedesi a seguito del comportamento del padre, il minore non ha quasi più alcun contatto con il medesimo e vive con la madre. Osservo, inoltre, che il trasferimento del minore in Finlandia, a seguito di una decisione di trasferimento immediatamente esecutiva, trae origine dalla domanda di protezione internazionale effettuata dalla madre a nome del minore e che, dal suo trasferimento, quest’ultimo soggiorna in tale paese ( 26 ) con la madre e non ha il diritto di entrare né di soggiornare in Svezia. Mi sembra che elementi del genere, attestanti il radicamento del minore in Finlandia, possano essere utilmente presi in considerazione in sede di fissazione della residenza abituale del medesimo e risultino determinanti per ravvisare un’assenza di trattenimento illecito.

    b)   Sulla violazione del diritto di affidamento

    42.

    Dall’articolo 2, punto 11, del regolamento n. 2201/2003 risulta che il trasferimento o il mancato ritorno del minore è illecito quando pregiudica l’esercizio effettivo di un diritto di affidamento attribuito in base alla legislazione dello Stato membro nel quale il minore aveva la sua residenza immediatamente prima del suo trasferimento o del suo mancato ritorno. In altre parole, il carattere illecito del trasferimento o del trattenimento di un minore ai fini dell’applicazione del regolamento n. 2201/2003 presuppone necessariamente l’esistenza di un diritto di affidamento, conferito dal diritto nazionale applicabile, in violazione del quale tale trasferimento o tale trattenimento ha avuto luogo.

    43.

    Nel caso in oggetto, il giudice del rinvio chiede se il trasferimento del minore, avvenuto nell’ambito di uno spostamento verso lo Stato membro competente per l’esame della domanda di protezione internazionale, e la sua permanenza in tale Stato siano idonei a configurare una violazione del diritto di affidamento. Al fine di fornire una risposta utile al giudice del rinvio, è necessario non solo precisare i contorni della nozione di «diritto di affidamento», ma soprattutto definire in maniera più ampia il concetto di «violazione» di tale diritto. Su quest’ultimo aspetto, premetto che la circostanza che il trasferimento del minore risulti dall’applicazione del regolamento n. 604/2013 mi sembra dimostrare che la violazione del diritto di affidamento presuppone necessariamente un ricorso alle vie di fatto imputabile all’autore del trasferimento o del mancato ritorno illeciti.

    1) L’esercizio effettivo di un diritto di affidamento

    44.

    Sulla base della definizione data all’articolo 2, punto 9, del regolamento n. 2201/2003, la Corte ha dichiarato che la nozione di «diritto di affidamento» costituisce una nozione autonoma che deve essere oggetto di un’interpretazione uniforme e che, ai fini dell’applicazione di detto regolamento, il diritto di affidamento comporta, in ogni caso, il diritto di chi ne è titolare di decidere il luogo di residenza del minore ( 27 ). Mentre la nozione di «diritto di affidamento» è definita dal diritto dell’Unione, l’articolo 2, punto 11, del regolamento n. 2201/2003 rinvia la designazione del titolare di tale diritto alla legislazione dello Stato membro nel quale il minore aveva la sua residenza abituale immediatamente prima del suo trasferimento o del suo mancato rientro. Infatti, ai sensi di detto articolo, il carattere illecito o no del trasferimento o di un trattenimento di un minore dipende da «diritti di affidamento derivanti da una decisione, dalla legge o da un accordo vigente in base alla legislazione dello Stato membro nel quale il minore aveva la sua residenza abituale immediatamente prima del suo trasferimento o del suo mancato rientro». Di conseguenza, l’attribuzione del diritto di affidamento a entrambi i genitori o a uno di essi rientra nell’ambito di applicazione del solo diritto dello Stato membro d’origine.

    45.

    Da tali elementi discende che spetterà al giudice del rinvio stabilire se il padre fosse titolare di un diritto di affidamento che gli conferiva il diritto di decidere il luogo di residenza del minore, attribuito dallo Stato membro nel quale quest’ultimo aveva la sua residenza abituale immediatamente prima del suo trasferimento o del suo mancato rientro. Su tale punto, osservo che, stando agli elementi a disposizione della Corte, il diritto di affidamento era detenuto in maniera condivisa dal padre e dalla madre fino alla sentenza pronunciata il 29 aprile 2021, con la quale un giudice svedese ha affidato il minore in via esclusiva alla madre, con effetto immediato ( 28 ).

    46.

    A questo primo criterio giuridico concernente l’esistenza del diritto di affidamento se ne aggiunge un secondo più fattuale. Ai sensi dell’articolo 2, punto 11, lettera b), del regolamento n. 2201/2003, il trasferimento o il mancato ritorno rivestono carattere illecito solo se il diritto di affidamento era «effettivamente esercitato, individualmente o congiuntamente, al momento del trasferimento del minore o del suo mancato rientro, o lo sarebbe stato se non fossero sopravvenuti tali eventi». Tale condizione supplementare è logica, in quanto la qualificazione come «trasferimento illecito o mancato ritorno [illecito]» comporta l’attuazione del meccanismo di ritorno immediato del minore previsto dal regolamento n. 2201/2003. Orbene, in una situazione caratterizzata da un diritto di affidamento esistente in forma teorica, con nessuna o estremamente poche manifestazioni concrete, l’esecuzione di una procedura di ritorno immediato non sarebbe conforme all’obiettivo di protezione degli interessi fondamentali del minore perseguito da detto regolamento.

    47.

    A quanto mi consta, la Corte non ha ancora avuto l’occasione di precisare esplicitamente il significato del criterio relativo all’esercizio effettivo del diritto di affidamento. Tuttavia, nelle sue conclusioni presentate nella causa UD, l’avvocato generale Saugmandsgaard Øe ha proposto una definizione a contrario di tale nozione, rilevando «che il genitore che non esercita effettivamente il diritto di affidamento del figlio (pur essendo titolare della responsabilità genitoriale) fa parte dell’ambiente familiare di quest’ultimo solo nella misura in cui tale minore mantenga contatti regolari con lui» ( 29 ). Inoltre, osservo che tale nozione di «esercizio effettivo del diritto di affidamento» figura parimenti nella Convenzione dell’Aia del 1980, il cui articolo 3 definisce il trasferimento o il mancato ritorno illeciti in termini pressoché identici a quelli utilizzati all’articolo 2, punto 11, del regolamento n. 2201/2003. Orbene, dalla relazione esplicativa di detta convenzione emerge che il carattere effettivo del diritto di affidamento, il quale deve essere verificato alla luce delle circostanze che caratterizzano ogni caso di specie, deve essere inteso in senso ampio ( 30 ) e corrisponde alle situazioni in cui l’affidatario si occupa della cura del minore anche se, concretamente ma per ragioni legittime, essi non abitano assieme ( 31 ).

    48.

    Desumo da tali elementi che un genitore esercita effettivamente il diritto di affidamento quando si occupa della cura del minore e intrattiene rapporti regolari con il medesimo. Ciò premesso, i contorni di tale criterio devono essere esaminati e applicati con prudenza e rigore, in modo da prevenire qualsiasi utilizzo abusivo dello stesso al fine di giustificare il trasferimento o il trattenimento del minore, pena il disconoscimento dell’obiettivo di protezione dell’interesse superiore del minore perseguito dal regolamento n. 2201/2003. Nell’ambito della sua valutazione, il giudice del rinvio dovrà tenere conto del fatto che, solo due mesi dopo la sua nascita, il minore è stato oggetto di una decisione di presa in carico e di collocamento, insieme alla madre, in un centro di accoglienza a causa del comportamento violento del padre, e che a partire da tale evento quest’ultimo, secondo le autorità svedesi, ha intrattenuto soltanto rapporti sporadici con il minore.

    2) Ricorso alle vie di fatto imputabile alla madre del minore

    49.

    Per chiarire questo secondo requisito, occorre fare riferimento all’accezione della nozione di «trasferimento illecito» adottata dalla Convenzione dell’Aia del 1980 e dal regolamento n. 2201/2003. Quanto a detta convenzione, rilevo, al pari della Commissione, che, secondo il punto 11 della relazione esplicativa alla Convenzione dell’Aia del 1980, «le situazioni considerate sono quelle derivanti dal ricorso alle vie di fatto per instaurare legami giurisdizionali artificiali a livello internazionale, nell’ottica di ottenere l’affidamento di un minore». Tale considerazione è esplicitata ai punti da 12 a 15 di tale relazione esplicativa, da cui risulta, in sostanza, che il trasferimento illecito, il quale ha come conseguenza la sottrazione del minore all’ambiente familiare e sociale in cui viveva, mira a ottenere dalle autorità del paese in cui il minore è stato portato il diritto di affidamento sul medesimo. In altri termini, tentando di ottenere legami giurisdizionali più o meno artificiali, l’autore o l’istigatore del trasferimento illecito intende ottenere la consacrazione giuridica delle vie di fatto cui è ricorso.

    50.

    Una concezione identica del trasferimento o del mancato ritorno illeciti emerge parimenti esaminando le sentenze della Corte vertenti sull’interpretazione del regolamento n. 2201/2003. La Corte ha in tal senso rilevato «che, il più delle volte, un trasferimento illecito del minore, a seguito di una decisione presa unilateralmente da uno dei suoi genitori, priva il bambino della possibilità di intrattenere regolarmente relazioni personali e contatti diretti con l’altro genitore» ( 32 ). Seguendo la stessa logica, la Corte ha ritenuto che le disposizioni del regolamento n. 2201/2003, fra cui segnatamente quelle relative al rientro immediato del minore, abbiano lo scopo di evitare che «uno dei genitori non possa rafforzare la propria posizione sulla questione dell’affidamento del minore sottraendosi, per vie di fatto, alla competenza dei giudici in linea di principio designati, conformemente alle norme previste segnatamente da detto regolamento, per statuire sulla responsabilità genitoriale riguardante quest’ultimo» ( 33 ).

    51.

    Da tali considerazioni discende che la violazione del diritto di affidamento, che presuppone il trasferimento o il mancato ritorno illeciti, viene intesa in maniera identica nella Convenzione dell’Aia del 1980 e nel regolamento n. 2201/2003. Ai sensi di questi due testi, la violazione del diritto di affidamento consiste essenzialmente in un comportamento illecito che consente al genitore responsabile del trasferimento del minore o del suo trattenimento di aggirare le norme in materia di competenza giurisdizionale internazionale. Deduco dall’insieme di tali elementi che la caratterizzazione di un trasferimento o di un mancato ritorno illeciti non dipende, contrariamente a quanto asserito dal governo finlandese, dalla sola constatazione meramente sostanziale, oggettiva, che il minore è stato trasferito o trattenuto al di fuori del luogo della sua residenza abituale senza il consenso del titolare o del co-titolare del diritto di affidamento. È inoltre necessario che la violazione del diritto di affidamento di quest’ultimo prenda le mosse dal ricorso alle vie di fatto imputabile al genitore responsabile del trasferimento o del trattenimento del minore e destinata, in violazione dell’interesse superiore del minore, a procurare a tale genitore un vantaggio pratico o giuridico a scapito dell’altro genitore.

    52.

    La singolarità della presente fattispecie risiede nella circostanza che il trasferimento del minore ha avuto luogo nell’ambito di una decisione, adottata a norma del regolamento n. 604/2013, di trasferimento dell’interessato e della madre verso lo Stato membro competente per l’esame delle domande di protezione internazionale presentate dalla stessa. A tale riguardo, occorre sottolineare che, ai sensi dell’articolo 7, paragrafo 1, della direttiva 2013/32/UE ( 34 ), ciascun adulto con capacità di agire deve poter presentare una domanda di protezione internazionale per proprio conto. Quanto ai minori, l’articolo 7, paragrafo 3, della direttiva 2013/32 prevede che essi debbano poter presentare una domanda di protezione internazionale per proprio conto negli Stati membri che riconoscono ai minori la capacità di agire in giudizio e che, in tutti gli Stati membri vincolati da tale direttiva, essi debbano poter presentare una domanda di protezione internazionale tramite un rappresentante adulto, come un genitore o un altro familiare adulto. Da tali disposizioni risulta che la normativa dell’Unione non osta né a che più familiari presentino ciascuno una domanda di protezione internazionale né a che uno di essi presenti la propria domanda anche per conto di un familiare minorenne ( 35 ).

    53.

    In conformità all’articolo 20 del regolamento n. 604/2013, la procedura di determinazione dello Stato membro competente è avviata non appena una simile domanda è presentata. Ai sensi del paragrafo 3 di tale articolo, la situazione di un minore che accompagna il richiedente e risponde alla definizione di familiare è indissociabile da quella del suo familiare e rientra nella competenza dello Stato membro competente per l’esame della domanda di protezione internazionale del suddetto familiare, anche se il minore non è personalmente un richiedente, purché ciò sia nell’interesse superiore del minore. La Corte ha dichiarato che, in assenza di prova contraria, quest’ultima disposizione stabilisce una presunzione secondo la quale è nell’interesse superiore del minore considerare la sua situazione come indissociabile da quella dei suoi genitori ( 36 ).

    54.

    L’autorità nazionale competente investita di una simile domanda di protezione internazionale è chiamata non già ad attribuire la competenza per l’esame di una domanda di protezione internazionale a uno Stato membro designato secondo la convenienza del ricorrente, bensì ad applicare i criteri di competenza fissati dal legislatore dell’Unione al capo III del regolamento n. 604/2013 per determinare lo Stato membro competente per l’esame di detta domanda, prendendo in considerazione l’interesse superiore del minore ( 37 ). Sulla base di tali criteri di designazione, lo Stato membro che ha ricevuto una domanda di protezione internazionale può chiedere a un altro Stato membro la presa in carico o la ripresa in carico del richiedente alle condizioni specificate agli articoli 21, 23 e 24 del regolamento n. 604/2013. Se lo Stato richiesto ritiene, dopo le verifiche previste agli articoli 22 e 25 di detto regolamento, di essere competente per l’esame della domanda di protezione internazionale, il richiedente è oggetto, in conformità all’articolo 26 di detto regolamento, di una decisione di trasferimento verso tale Stato.

    55.

    Tale decisione, fatto salvo l’esercizio dei mezzi di impugnazione previsti all’articolo 27 del regolamento n. 604/2013, è vincolante nei confronti del richiedente, il quale, alle condizioni previste all’articolo 28, secondo comma, di detto regolamento, può essere oggetto di un trattenimento destinato ad assicurare la procedura di trasferimento ove sussista un rischio notevole di fuga. Ai sensi dell’articolo 29 di questo stesso regolamento, il trasferimento deve avvenire non appena sia materialmente possibile e comunque entro sei mesi a decorrere dall’accettazione della presa in carico da parte dello Stato membro richiesto.

    56.

    Da tale analisi risulta che l’applicazione dei criteri oggettivi di designazione previsti dal regolamento n. 604/2013 implica per il richiedente, che non risiede nello Stato membro competente per la domanda di protezione internazionale, l’attuazione di una procedura di trasferimento vincolante nei suoi confronti. Ciò posto, il trasferimento di un minore avvenuto a norma dell’articolo 29 del regolamento n. 604/2013 successivamente alla domanda di protezione internazionale presentata per lo stesso da uno solo dei genitori titolari del diritto di affidamento, a sua volta oggetto della decisione di trasferimento, non può costituire, di per sé, una violazione di tale diritto ai sensi dell’articolo 2, punto 11, del regolamento n. 2201/2003. Infatti, in un’ipotesi del genere, il trasferimento del minore risulta non già dal ricorso alle vie di fatto imputabile a tale genitore, bensì dall’attuazione di una normativa distinta la cui applicazione si impone sia agli Stati membri sia ai richiedenti protezione internazionale.

    57.

    La situazione sarebbe peraltro diversa nel caso in cui, con il pretesto di una domanda di protezione internazionale presentata per il minore e per sé stesso, un genitore abbia in realtà inteso far ricorso alle vie di fatto al fine di aggirare le norme in materia di competenza giurisdizionale previste dal regolamento n. 2201/2003 ( 38 ). Sebbene, in ogni caso, la valutazione dell’eventuale esistenza di un ricorso alle vie di fatto rientri nella competenza del giudice nazionale, al quale spetta esaminare la totalità delle circostanze particolari del caso di specie, ritengo che, alla luce delle informazioni comunicate dal giudice del rinvio e dalle parti, un simile comportamento illecito non risulti dimostrato ( 39 ).

    58.

    Infatti, secondo quanto enunciato nella domanda di pronuncia pregiudiziale, da nessun elemento fattuale risulta che la madre avrebbe abusato della procedura di domanda di asilo per aggirare le norme in materia di competenza giurisdizionale previste dal regolamento n. 2201/2013 ( 40 ). Si deve sottolineare che, dopo aver già chiesto, il 4 dicembre 2019, un titolo di soggiorno per il minore in Svezia, la madre, il 7 agosto 2020, ha chiesto il riconoscimento da parte di questo stesso paese dello status di protezione internazionale per sé stessa e per il figlio. Il fatto che la madre non abbia informato il padre del minore in merito alla domanda di protezione internazionale depositata presso le autorità svedesi e del suo seguito non costituisce, di per sé, prova di un’intenzione fraudolenta della stessa, considerato, inoltre, che tale comportamento si inserisce in un contesto di timori connessi alle violenze coniugali passate. Come sottolineato dal giudice del rinvio, la madre ha nuovamente investito un giudice svedese di una domanda di affidamento esclusivo il 2 settembre 2020, data alla quale l’autorità competente in materia di immigrazione le aveva già comunicato che la Repubblica di Finlandia era competente a conoscere della sua domanda di protezione internazionale e di quella del minore. Inoltre, sebbene la madre si sia recata volontariamente in Finlandia, resta il fatto che tale trasferimento ha avuto luogo in esecuzione di una decisione vincolante di trasferimento avverso la quale non si può ritenere che ella fosse tenuta a proporre un ricorso ( 41 ) né tantomeno che potesse sottrarvisi.

    59.

    In conformità a tale decisione di trasferimento, la madre e il minore sono successivamente rimasti ininterrottamente in Finlandia, Stato membro al quale incombe l’esame delle domande di protezione internazionale. Il procedimento è attualmente in corso e un colloquio con la madre del minore si è svolto il 27 maggio 2021. È giocoforza constatare che non vi sono state né una richiesta né una decisione di ripresa in carico della madre e del minore in Svezia, cosicché la situazione giuridica degli interessati è sempre quella di richiedenti protezione internazionale residenti in Finlandia, Stato competente per l’esame della loro domanda. Con sentenza del 6 aprile 2021, divenuta definitiva il 12 maggio dello stesso anno secondo la convenuta nel procedimento principale, un giudice amministrativo svedese ha respinto la domanda del padre del minore diretta a ottenere il ritorno di quest’ultimo sulla base del regolamento n. 604/2013. Infine, occorre rilevare che né la madre né il minore dispongono attualmente di un titolo di soggiorno in Svezia e che un giudice di tale Stato membro competente in materia familiare ha attribuito l’affidamento esclusivo del minore alla madre e ha respinto la domanda di diritto di visita presentata dal padre.

    60.

    Ritengo che siffatte circostanze siano idonee a escludere una violazione del diritto di affidamento e, pertanto, la qualificazione come «trasferimento illecito o mancato ritorno [illecito]».

    B. Sulle questioni terza, quarta e quinta

    61.

    Rilevo, infine, che le questioni pregiudiziali terza, quarta e quinta vertono sulle condizioni alle quali un’autorità giurisdizionale investita di una domanda di ritorno può rigettarla, a norma dell’articolo 13, primo comma, lettera b), della Convenzione dell’Aia del 1980 e dell’articolo 11, paragrafo 4, del regolamento n. 2201/2003, al fine di assicurare la protezione del minore.

    62.

    Dalla formulazione stessa della domanda di pronuncia pregiudiziale risulta che tali questioni presentano un carattere condizionale. Esse si pongono solo nel caso in cui la risposta fornita alle prime due questioni consenta di ritenere che le circostanze del procedimento principale configurino un «trasferimento illecito o mancato ritorno [illecito]» del minore ai sensi dell’articolo 2, punto 11, di detto regolamento. Orbene, come è stato illustrato nelle presenti conclusioni in un modo che, a mio avviso, non lascia spazio a dubbi, tale qualificazione non può essere ravvisata. Non occorre pertanto rispondere alle questioni pregiudiziali terza, quarta e quinta. Rilevo, quanto al resto, che la conferma dell’esistenza di una decisione giudiziaria, menzionata dalla convenuta nel procedimento principale in udienza, che ha respinto l’appello del padre avverso la sentenza del 29 aprile 2021 che attribuisce alla madre l’affidamento esclusivo del figlio comune sarebbe idonea a chiudere la discussione dinanzi al giudice del rinvio concernente il ritorno del minore in Svezia.

    V. Conclusione

    Alla luce delle considerazioni che precedono, propongo alla Corte di rispondere nei seguenti termini alle questioni pregiudiziali sottoposte dal Korkein oikeus (Corte suprema, Finlandia):

    Il regolamento (CE) n. 2201/2003 del Consiglio, del 27 novembre 2003, relativo alla competenza, al riconoscimento e all’esecuzione delle decisioni in materia matrimoniale e in materia di responsabilità genitoriale, che abroga il regolamento (CE) n. 1347/2000, deve essere interpretato nel senso che la situazione, come quella di cui al procedimento principale, in cui un minore e la madre si sono recati e sono rimasti in uno Stato membro in esecuzione di una decisione di trasferimento adottata dall’autorità competente dello Stato membro d’origine in conformità al regolamento (UE) n. 604/2013 del Parlamento europeo e del Consiglio, del 26 giugno 2013, che stabilisce i criteri e i meccanismi di determinazione dello Stato membro competente per l’esame di una domanda di protezione internazionale presentata in uno degli Stati membri da un cittadino di un paese terzo o da un apolide non può essere considerata un trasferimento illecito o un mancato ritorno illecito, ai sensi dell’articolo 2, punto 11, del regolamento n. 2201/2003, a meno che non sia accertato che, con il pretesto di una domanda di protezione internazionale presentata per il minore, la madre sia ricorsa alle vie di fatto al fine di eludere le norme in materia di competenza giurisdizionale previste dal regolamento n. 2201/2003, circostanza che spetta al giudice del rinvio verificare alla luce di tutte le circostanze particolari del caso di specie.


    ( 1 ) Lingua originale: il francese.

    ( i )

    ( 2 ) Regolamento del Parlamento europeo e del Consiglio, del 26 giugno 2013, che stabilisce i criteri e i meccanismi di determinazione dello Stato membro competente per l’esame di una domanda di protezione internazionale presentata in uno degli Stati membri da un cittadino di un paese terzo o da un apolide (GU 2013, L 180, pag. 31).

    ( 3 ) Regolamento del Consiglio, del 27 novembre 2003, relativo alla competenza, al riconoscimento e all’esecuzione delle decisioni in materia matrimoniale e in materia di responsabilità genitoriale, che abroga il regolamento (CE) n. 1347/2000 (GU 2003, L 338, pag. 1).

    ( 4 ) Viene ripresa qui la formulazione della seconda questione pregiudiziale, come precisata dal giudice del rinvio nella sua risposta fornita il 21 maggio 2021 alla richiesta di informazioni informale rivolta dalla Corte.

    ( 5 ) V., in tal senso, sentenze del 18 dicembre 2014, McCarthy e a. (C‑202/13, EU:C:2014:2450, punto 30); del 25 luglio 2018, Alheto (C‑585/16, EU:C:2018:584, punto 67), e del 12 marzo 2020, VW (Diritto di avvalersi di un difensore in caso di mancata comparizione) (C‑659/18, EU:C:2020:201, punti 2223).

    ( 6 ) V., in tal senso, sentenze del 27 novembre 2007, C (C‑435/06, EU:C:2007:714, punti da 46 a 51); del 21 ottobre 2015, Gogova (C‑215/15, EU:C:2015:710, punto 26), e del 19 settembre 2018, C.E. e N.E. (C‑325/18 PPU e C‑375/18 PPU, EU:C:2018:739, punto 55).

    ( 7 ) V., in tal senso, sentenze del 27 novembre 2007, C (C‑435/06, EU:C:2007:714, punti 34, 5051); del 2 aprile 2009, A (C‑523/07, EU:C:2009:225, punto 24, da 27 a 29), e del 26 aprile 2012, Health Service Executive (C‑92/12 PPU, EU:C:2012:255, punti 6061).

    ( 8 ) Nella sentenza del 21 ottobre 2015, Gogova (C‑215/15, EU:C:2015:710, punto 28), la Corte ha dichiarato che, al fine di stabilire se una domanda ricada nella sfera d’applicazione del regolamento n. 2201/2003, occorre far riferimento all’oggetto della medesima. Rilevo che, nel caso in esame, sarebbe quasi sufficiente attenersi alla formulazione della domanda in questione.

    ( 9 ) Formulazione che deve essere distinta da quella, più imperativa, di «non si applica».

    ( 10 ) Sentenza del 25 novembre 2020, Istituto nazionale della previdenza sociale (Prestazioni familiari per i soggiornanti di lungo periodo) (C‑303/19, EU:C:2020:958, punto 26).

    ( 11 ) Sentenza del 13 ottobre 2016, Mikołajczyk (C‑294/15, EU:C:2016:772, punto 29). Ricordo, inoltre, per quanto riguarda il dettato del considerando 4 del regolamento n. 2201/2003, che il preambolo di un atto dell’Unione non solo non ha alcun valore giuridico vincolante, ma non può neanche essere invocato né per derogare alle disposizioni stesse dell’atto in questione né per interpretare queste disposizioni in un senso manifestamente contrario al loro tenore letterale [sentenza del 25 novembre 2020, Istituto nazionale della previdenza sociale (Prestazioni familiari per i soggiornanti di lungo periodo), C‑303/19, EU:C:2020:958, punto 26].

    ( 12 ) V., in tal senso, sentenza del 27 novembre 2007, C (C‑435/06, EU:C:2007:714, punto 30).

    ( 13 ) V. sentenza del 9 ottobre 2014, C (C‑376/14 PPU, EU:C:2014:2268, punto 47).

    ( 14 ) Per maggiori elementi su tale distinzione, v. conclusioni dell’avvocato generale Wahl nella causa OL (C‑111/17 PPU, EU:C:2017:375, paragrafi da 44 a 51).

    ( 15 ) V. sentenze del 9 ottobre 2014, C (C‑376/14 PPU, EU:C:2014:2268, punto 54) e dell’8 giugno 2017, OL (C‑111/17 PPU, EU:C:2017:436, punto 41).

    ( 16 ) V. sentenze del 22 dicembre 2010, Mercredi (C‑497/10 PPU, EU:C:2010:829, punto 44) e del 17 ottobre 2018, UD (C‑393/18 PPU, EU:C:2018:835, punto 45).

    ( 17 ) V. sentenze del 2 aprile 2009, A (C‑523/07, EU:C:2009:225, punti 3435); del 22 dicembre 2010, Mercredi (C‑497/10 PPU, EU:C:2010:829, punti da 44 a 46); del 9 ottobre 2014, C (C‑376/14 PPU, EU:C:2014:2268, punto 50); dell’8 giugno 2017, OL (C‑111/17 PPU, EU:C:2017:436, punto 40); del 28 giugno 2018, HR (C‑512/17, EU:C:2018:513, punto 40), e del 17 ottobre 2018, UD (C‑393/18 PPU, EU:C:2018:835, punto 45).

    ( 18 ) V. sentenza del 28 giugno 2018, HR (C‑512/17, EU:C:2018:513, punti 4142).

    ( 19 ) V., in tal senso, sentenze del 2 aprile 2009, A (C‑523/07, EU:C:2009:225, punti 3738); del 22 dicembre 2010, Mercredi (C‑497/10 PPU, EU:C:2010:829, punti 44, da 47 a 49); del 9 ottobre 2014, C (C‑376/14 PPU, EU:C:2014:2268, punto 51); dell’8 giugno 2017, OL (C‑111/17 PPU, EU:C:2017:436, punti 4243), e del 28 giugno 2018, HR (C‑512/17, EU:C:2018:513, punto 41).

    ( 20 ) V., in tal senso, sentenza del 2 aprile 2009, A (C‑523/07, EU:C:2009:225, punto 39), e del 28 giugno 2018, HR (C‑512/17, EU:C:2018:513, punto 43)

    ( 21 ) V. sentenza del 22 dicembre 2010, Mercredi (C‑497/10 PPU, EU:C:2010:829, punti da 53 a 55).

    ( 22 ) V. sentenza dell’8 giugno 2017, OL (C‑111/17 PPU, EU:C:2017:436, punto 45).

    ( 23 ) V. sentenza del 28 giugno 2018, HR (C‑512/17, EU:C:2018:513, punto 45).

    ( 24 ) V. sentenze del 2 aprile 2009, A (C‑523/07, EU:C:2009:225, punto 40), e dell’8 giugno 2017, OL (C‑111/17 PPU, EU:C:2017:436, punti 4647).

    ( 25 ) V. conclusioni dell’avvocato generale Saugmandsgaard Øe nella causa UD (C‑393/18 PPU, EU:C:2018:749, paragrafo 52).

    ( 26 ) Secondo la madre del minore, quest’ultimo frequenta durante il giorno un asilo nido finlandese e parla già la lingua finlandese come può farlo un bambino della sua età. Nella sentenza del 9 ottobre 2014, C (C‑376/14 PPU, EU:C:2014:2268, punto 56), la Corte ha precisato che la necessità di garantire la tutela dell’interesse superiore del minore implicava la considerazione di elementi di fatto attestanti una certa integrazione del minore in un ambiente familiare e sociale dal suo trasferimento.

    ( 27 ) V., in tal senso, sentenza del 5 ottobre 2010, McB. (C‑400/10 PPU, EU:C:2010:582, punto 41).

    ( 28 ) Per quanto riguarda la cessazione dell’affidamento condiviso alla data del 29 aprile 2021, essa ha come conseguenza che la qualificazione come «mancato ritorno [illecito]» potrebbe in ogni caso applicarsi solo per il periodo compreso tra il 24 novembre 2020 e il 29 aprile 2021.

    ( 29 ) V. conclusioni dell’avvocato generale Saugmandsgaard Øe nella causa UD (C‑393/18 PPU, EU:C:2018:749, paragrafo 94).

    ( 30 ) Un’analisi delle decisioni recensite nella banca dati Incadat (repertorio della giurisprudenza degli organi giurisdizionali degli Stati firmatari della Convenzione dell’Aia del 1980) mostra che tale accezione ampia della nozione di «esercizio effettivo del diritto di affidamento» viene adottata dai giudici degli Stati membri.

    ( 31 ) Relazione esplicativa della Convenzione dell’Aia del 1980, E. Perez-Vera, punti 72, 73 e 115 (https://assets.hcch.net/docs/a5fb103c-2ceb-4d17-87e3-a7528a0d368c.pdf).

    ( 32 ) Sentenze del 23 dicembre 2009, Detiček (C‑403/09 PPU, EU:C:2009:810, punto 56) e del 1o luglio 2010, Povse (C‑211/10 PPU, EU:C:2010:400, punto 64).

    ( 33 ) Sentenza dell’8 giugno 2017, OL (C‑111/17 PPU, EU:C:2017:436, punto 63). V., nello stesso senso, sentenze del 23 dicembre 2009, Detiček (C‑403/09 PPU, EU:C:2009:810, punto 57), e del 9 ottobre 2014, C (C‑376/14 PPU, EU:C:2014:2268, punto 67). Nelle sentenze del 1o luglio 2010, Povse (C‑211/10 PPU, EU:C:2010:400, punto 41), e del 24 marzo 2021, SS (C‑603/20 PPU, EU:C:2021:231, punto 45), la Corte impiega il termine comune «sottrazione», più esplicito e significativo, il quale viene parimenti utilizzato nel titolo della Convenzione dell’Aia del 1980.

    ( 34 ) Direttiva del Parlamento europeo e del Consiglio, del 26 giugno 2013, recante procedure comuni ai fini del riconoscimento e della revoca dello status di protezione internazionale (GU 2013, L 180, pag. 60).

    ( 35 ) V. sentenza del 4 ottobre 2018, Ahmedbekova (C‑652/16, EU:C:2018:801, punti da 53 a 55).

    ( 36 ) V., in tal senso, sentenza del 23 gennaio 2019, M.A. e a. (C‑661/17, EU:C:2019:53, punti da 87 a 90).

    ( 37 ) V., in tal senso, sentenza del 7 giugno 2016, Ghezelbash (C‑63/15, EU:C:2016:409, punto 54).

    ( 38 ) Nella sentenza del 18 dicembre 2014, McCarthy e a. (C‑202/13, EU:C:2014:2450, punto 54), la Corte ha precisato che la prova di una pratica abusiva impone di verificare, quantomeno, se l’interessato abbia cercato di ottenere un vantaggio derivante dalla normativa dell’Unione mediante la creazione artificiosa delle condizioni necessarie per il suo ottenimento.

    ( 39 ) Mi sembra, inoltre, che l’oggettiva difficoltà relativa alla conoscenza e alla comprensione del meccanismo complesso previsto dal regolamento n. 604/2013 ai fini della determinazione dello Stato membro competente per l’esame di una domanda di protezione internazionale, nonché l’incertezza quanto al risultato di una siffatta procedura, contribuiscano alla constatazione del carattere poco realistico di una strategia intesa ad eludere le disposizioni di tale norma al fine di creare legami giurisdizionali artificiali a livello internazionale.

    ( 40 ) V., in tal senso, sentenza dell’8 giugno 2017, OL (C‑111/17 PPU, EU:C:2017:436, punto 64).

    ( 41 ) Nella sentenza del 7 giugno 2016, Ghezelbash (C‑63/15, EU:C:2016:409, punto 54), la Corte ha precisato, inoltre, che la proposizione di un ricorso ai sensi del regolamento n. 604/2013 non può essere paragonata al forum shopping che il sistema di Dublino tende a evitare.

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