EUR-Lex Access to European Union law

Back to EUR-Lex homepage

This document is an excerpt from the EUR-Lex website

Document 62020TJ0278

Sentenza del Tribunale (Prima Sezione) del 6 luglio 2022 (Estratti).
Zhejiang Hangtong Machinery Manufacture Co. Ltd e Ningbo Hi-Tech Zone Tongcheng Auto Parts Co. Ltd contro Commissione europea.
Dumping – Importazioni di ruote d’acciaio originarie della Cina – Istituzione di un dazio antidumping definitivo e riscossione definitiva del dazio provvisorio – Articolo 17, paragrafo 4, articoli 18 e 20 del regolamento (UE) 2016/1036 – Omessa collaborazione – Insufficienza delle informazioni comunicate alla Commissione.
Causa T-278/20.

Court reports – general

ECLI identifier: ECLI:EU:T:2022:417

 SENTENZA DEL TRIBUNALE (Prima Sezione)

6 luglio 2022 ( *1 )

«Dumping – Importazioni di ruote d’acciaio originarie della Cina – Istituzione di un dazio antidumping definitivo e riscossione definitiva del dazio provvisorio – Articolo 17, paragrafo 4, articoli 18 e 20 del regolamento (UE) 2016/1036 – Omessa collaborazione – Insufficienza delle informazioni comunicate alla Commissione»

Nella causa T‑278/20,

Zhejiang Hangtong Machinery Manufacture Co. Ltd, con sede in Taizhou (Cina),

Ningbo Hi-Tech Zone Tongcheng Auto Parts Co. Ltd, con sede in Ningbo (Cina),

rappresentate dagli avv. K. Adamantopoulos e P. Billiet,

ricorrenti,

contro

Commissione europea, rappresentata da K. Blanck e G. Luengo, in qualità di agenti,

convenuta,

IL TRIBUNALE (Prima Sezione),

composto da H. Kanninen, presidente, O. Porchia (relatrice) e M. Stancu, giudici

cancelliere: I. Pollalis, amministratore

vista la fase scritta del procedimento,

in seguito all’udienza del 14 dicembre 2021,

ha pronunciato la seguente

Sentenza ( 1 )

[omissis]

Fatti

[omissis]

3

Le ricorrenti sono due società di diritto cinese con sede in Cina. Con la società di diritto samoano Ningbo Wheelsky Company Limited (in prosieguo: la «WS»), la HT e la TC fanno parte del gruppo Hangtong (in prosieguo: il «gruppo HT») e sono tutte e tre società collegate.

4

All’interno di tale gruppo, la HT produce ruote d’acciaio, vendute sia sul mercato interno cinese sia all’esportazione, mentre la TC è un commerciante e la WS percepisce il pagamento delle vendite effettuate presso i clienti importatori. Per talune operazioni di esportazione, il gruppo HT ricorre ai circuiti della Ningbo Ningdian International Trade CO., Ltd (in prosieguo: la «ND»), che è un agente doganale non legato alle ricorrenti.

[omissis]

Conclusioni delle parti

25

Le ricorrenti chiedono che il Tribunale voglia:

annullare il regolamento impugnato nella parte che le riguarda;

condannare la Commissione alle spese.

26

La Commissione chiede che il Tribunale voglia:

respingere il ricorso dichiarandolo infondato;

condannare le ricorrenti alle spese.

In diritto

[omissis]

Sul secondo motivo, vertente, da un lato, su un errore manifesto di valutazione nonché sulla violazione dell’articolo 2, paragrafi 6 bis, 8, 10 e 11, dell’articolo 3, dell’articolo 6, dell’articolo 9, paragrafo 6, e dell’articolo 18, paragrafi 1 e 3, del regolamento di base nonché dell’allegato II, paragrafo 3, dell’accordo antidumping dell’OMC e, dall’altro, sulla violazione degli articoli 2 e 3, dell’articolo 6, paragrafi 6 e 8, dell’articolo 9, paragrafo 4, e dell’articolo 18, paragrafi 1 e 3, del regolamento di base nonché dell’allegato II, paragrafo 3, dell’accordo antidumping dell’OMC

31

Il secondo motivo è suddiviso in tre parti.

32

Con la prima parte le ricorrenti fanno valere, in sostanza, che la Commissione ha ritenuto a torto che i dati relativi al prezzo all’esportazione che esse le avevano comunicato non fossero attendibili. Con la seconda parte, esse contestano alla Commissione di non aver tenuto conto degli sforzi da esse compiuti per il successo dell’inchiesta e di non aver calcolato il prezzo all’esportazione sulla base dei dati che esse le avevano comunicato, anche se tali dati non erano i migliori sotto tutti gli aspetti. Con la terza parte, le ricorrenti contestano alla Commissione di essersi astenuta dal calcolare il valore normale e di aver fatto uso dei dati disponibili per determinare il loro margine di dumping.

– Sulla prima e sulla seconda parte del secondo motivo, vertenti su un errore manifesto di valutazione e sulla violazione dell’articolo 2, paragrafi 6 bis, 8, 9, 10 e 11, dell’articolo 3, dell’articolo 6, dell’articolo 9, paragrafo 6, e dell’articolo 18, paragrafi 1 e 3, del regolamento di base e dell’allegato II, paragrafo 3, dell’accordo antidumping dell’OMC

33

Con le prime due parti del secondo motivo, che occorre esaminare congiuntamente, le ricorrenti affermano in primo luogo che i dati che esse hanno comunicato alla Commissione erano sufficienti per consentire a tale istituzione di stabilire un prezzo attendibile all’esportazione.

34

A tal riguardo, le ricorrenti indicano che i prezzi di vendita delle ruote d’acciaio iscritti nei conti della HT e della TC concordavano con quelli menzionati sulle fatture IVA nonché sulle dichiarazioni doganali della HT alla TC, prezzi corrispondenti al 90% delle esportazioni di ruote d’acciaio realizzate dal gruppo HT verso l’Unione durante il periodo dell’inchiesta.

35

Infatti, la differenza tra gli importi figuranti nelle fatture IVA emesse dalla HT a destinazione della TC e le dichiarazioni doganali relative all’esportazione fuori dalla Cina incideva soltanto sul 10% delle loro esportazioni totali verso l’Unione, di modo che la Commissione aveva, conformemente alla sua prassi generale, la possibilità di non tener conto di tale residuo del 10%.

36

A tal riguardo, le ricorrenti fanno valere che le affermazioni della Commissione contenute nei considerando 35 e 40 del regolamento impugnato dimostrano un ragionamento contraddittorio. Infatti, tale istituzione non può al tempo stesso affermare che sussiste un’incertezza fondamentale quanto all’attendibilità delle informazioni contabili delle ricorrenti, pur ammettendo che le informazioni sul valore normale erano affidabili e verificate e sebbene, come essa stessa ha ammesso, il valore normale rappresenti il 50% del calcolo del margine di dumping.

37

Le ricorrenti precisano che, indipendentemente dalla mancanza di contabilità della WS, il prezzo all’esportazione dei prodotti venduti nell’Unione poteva essere stabilito sulla base della gestione della lista DMSAL, la quale registrava e identificava tutte le vendite della HT alla TC ai fini dell’esportazione delle merci verso l’Unione. I dati di tale lista potevano essere facilmente confrontati con i moduli di sdoganamento delle merci esportate verso l’Unione, le fatture IVA all’esportazione verso l’Unione nonché con i documenti giustificativi di pagamento dei clienti dell’Unione quali risultavano dagli estratti dei conti bancari della WS.

38

Le ricorrenti contestano le considerazioni della Commissione secondo cui era impossibile che tale istituzione determinasse con certezza il prezzo all’esportazione, anche se, secondo quanto da essa stessa constatato, il valore doganale dichiarato corrispondeva alla fattura commerciale iniziale, indipendentemente dal fatto che, per la stessa operazione, potevano esservi due fatture, una riguardante il collegamento tra la HT e la TC, l’altra riguardante il collegamento tra la TC e la ND. Ciò implica che la Commissione poteva, in base ai prezzi fatturati dalla HT alla TC o alla ND, stabilire un prezzo all’esportazione, effettuando un’approssimazione in conformità alla sua prassi abituale allorché dispone di dati attendibili riguardo al valore normale.

39

Tali dati potevano inoltre essere confrontati con le statistiche doganali cinesi, le quali, contrariamente a quanto tenta di dimostrare la Commissione mediante il documento di cui all’allegato B2 del controricorso, erano esatte. Infatti, l’asserita inattendibilità di tali dati è dovuta al fatto che la Commissione non ha tenuto conto delle correzioni effettuate dalle ricorrenti nel documento contenuto nell’allegato C4 della replica. Tali dati coincidono con la lista RLSALUR da esse modificata e che indicava tutte le vendite di parti collegate a clienti indipendenti nell’Unione.

40

Le ricorrenti contestano alla Commissione di non essersi preoccupata di verificare il totale delle vendite all’esportazione delle ruote d’acciaio analizzando i registri dei clienti indipendenti e le fatture dell’IVA all’esportazione, cosa che tale istituzione si era tuttavia impegnata a fare nella comunicazione loro indirizzata contemporaneamente alla notifica del regolamento provvisorio e sebbene sette dei loro otto clienti all’interno dell’Unione avessero accettato di collaborare con la Commissione.

41

Le ricorrenti fanno valere che, in ogni caso, esse sono riuscite a provare, sulla base delle ricevute bancarie della WS, il 98% delle loro esportazioni verso l’Unione e, sulla base dei formulari doganali di importazione verso l’Unione, il 65% delle esportazioni verso l’Unione.

42

A tal riguardo, e per quanto riguarda i dati relativi ai moduli d’importazione delle merci verso l’Unione, le ricorrenti sottolineano che, come da esse indicato alla Commissione nelle loro osservazioni del 27 agosto 2019, esse hanno trasmesso a tale istituzione la lista EUSALES, che censiva i loro otto clienti nell’Unione, poi, un elenco aggiornato di tali clienti, con le loro coordinate e, per la maggior parte di essi, la prova del pagamento dei dazi doganali all’atto dell’importazione nell’Unione. Tali elementi confermavano, per l’essenziale delle transazioni, il pagamento dei prezzi all’esportazione fatturati. Il residuo non oggetto di informazione era dovuto al fatto che alcuni dei loro clienti non avevano voluto trasmettere loro i documenti relativi alle importazioni da essi effettuate.

43

Le ricorrenti aggiungono che, come risulta dalla giurisprudenza della Corte e da quella dell’OMC, la Commissione non poteva, per giustificare il diniego di stabilire il prezzo all’esportazione, opporre alle ricorrenti il fatto che esse non fornivano la prova di una chiara ripartizione tra esportazioni effettuate nell’Unione e al di fuori dell’Unione, a causa della mancata comunicazione da parte loro di una tabella di ripartizione tra tali esportazioni, sebbene ciò non fosse mai stato loro richiesto. Esse fanno valere che, in ogni caso, la gestione della tabella DMSAL, che metteva in evidenza una siffatta ripartizione, consentiva di distinguere le vendite effettuate a importatori dell’Unione da quelle effettuate ad importatori stabiliti in Stati terzi.

44

A tal riguardo, le ricorrenti sottolineano che esse utilizzano un sistema triangolare di fatturazione tra società collegate per le esportazioni verso l’Unione. In forza di tale sistema, i prezzi di vendita delle merci indicati nelle fatture di clienti dell’Unione provenienti dalla Cina possono differire e spesso differiscono da quelli dichiarati alle autorità doganali dell’Unione per tali merci al momento dell’importazione di queste ultime.

45

Pertanto, poiché il valore di transazione riflette una vendita all’esportazione e non è inferiore al valore commerciale e al costo intrinseco delle merci di cui trattasi, comprendente il costo del nolo e dell’assicurazione alla frontiera dell’Unione, tale valore di transazione è legittimamente utilizzato ai fini della valutazione in dogana nell’Unione.

46

Le ricorrenti affermano che le informazioni da esse comunicate alla Commissione costituivano, di gran lunga, le migliori informazioni disponibili sulle vendite all’esportazione di ruote d’acciaio, ai sensi dell’allegato II dell’accordo antidumping dell’OMC.Ciò sarebbe stato del resto constatato dalla consulente auditrice nella sua prima relazione di audizione, ai sensi del quale essa ha indicato che le ricorrenti avevano agito con la massima diligenza.

47

Le ricorrenti ne deducono che, respingendo i dati che le erano stati comunicati, astenendosi dal compiere le operazioni che la Commissione si era impegnata a eseguire nella comunicazione effettuata al momento della notifica del regolamento provvisorio e basando le sue conclusioni su elementi di cui non aveva chiesto loro la comunicazione, quest’ultima si è astenuta dal procedere a un equo confronto dei prezzi utilizzando i prezzi all’esportazione, come previsto dall’articolo 2, paragrafo 11, del regolamento di base.

48

Le ricorrenti sostengono, in secondo luogo, che, per quanto riguarda il prezzo all’esportazione, la Commissione avrebbe dovuto avvalersi dell’articolo 18, paragrafo 3, del regolamento di base, utilizzando le vendite «franco fabbrica» della HT alla TC e alla ND per calcolare il prezzo e il volume delle esportazioni verso l’Unione durante il periodo d’inchiesta, in modo da potere, a norma dell’articolo 18, paragrafo 3, del regolamento di base, stabilire accuratamente i margini di dumping e di pregiudizio ad esse relativi, senza tener conto delle transazioni della WS, conformemente alla pertinente giurisprudenza, in particolare ai punti 120 e 121 della sentenza del 19 marzo 2015, City Cycle Industries/Consiglio (T‑413/13, non pubblicata, EU:T:2015:164).

49

A tal riguardo, le ricorrenti fanno valere che la Commissione non ha mai contestato i prezzi fatturati dalla HT alla TC e alla ND e i valori delle ruote d’acciaio dichiarati alle autorità doganali dell’Unione all’atto dell’importazione delle ruote d’acciaio delle ricorrenti. Esse aggiungono che la determinazione del prezzo all’esportazione sulla base di tali dati è conforme alle disposizioni dell’articolo 2, paragrafi 8 e 9, del regolamento di base.

50

Esse sottolineano che l’argomento della Commissione relativo al diniego di stabilire il prezzo all’esportazione sulla base della fatturazione intervenuta tra la HT e la TC è ingiustificato. Infatti, è pacifico che tali prezzi sono inferiori ai prezzi effettivamente fatturati ai clienti dell’Unione. La determinazione del prezzo all’esportazione sulla base di tali dati è quindi idonea a stabilire dazi antidumping più severi di quella che sarebbe stata stabilita sulla base dei prezzi realmente fatturati agli importatori dell’Unione.

51

Per quanto riguarda l’obiezione della Commissione relativa all’impossibilità di applicare valori incerti a causa dell’articolo 9, paragrafo 6, del regolamento di base, le ricorrenti fanno valere che tali disposizioni sono destinate ad applicarsi anche quando la Commissione si avvale dell’articolo 18 del regolamento di base nei confronti dei produttori selezionati nel campione. I margini dei produttori interessati non sono quindi presi in considerazione nel calcolo della media ponderata del margine di dumping applicabile ai produttori che non erano inclusi nel campione.

52

In ogni caso, la Commissione non dimostra sotto quale profilo, indipendentemente dall’applicazione dell’articolo 9, paragrafo 6, del regolamento di base, l’inclusione delle ricorrenti nel campione fosse tale da incidere in modo significativo sui risultati dell’inchiesta.

53

Esse affermano infine che, in forza delle norme dell’OMC, la Commissione non poteva legittimamente rifiutare di applicare le disposizioni dell’articolo 18, paragrafo 3, del regolamento di base.

54

La Commissione chiede il rigetto di tali argomenti.

55

A tal riguardo, per rispondere agli argomenti delle ricorrenti, appare necessario, in un primo momento, esaminare se i documenti comunicati, quali la lista DMSAL o le dichiarazioni doganali, fossero sufficientemente affidabili per consentire alla Commissione di stabilire un prezzo all’esportazione; poi, in un secondo momento, determinare se fosse possibile per la Commissione avvalersi dell’articolo 18, paragrafo 3, del regolamento di base per stabilire il prezzo all’esportazione, in circostanze in cui le ricorrenti avevano comunicato tutti i documenti in loro possesso.

56

Per quanto riguarda, anzitutto, la questione relativa all’affidabilità dei dati relativi alla fissazione del prezzo all’esportazione, occorre ricordare, in via preliminare, che, in forza di una giurisprudenza costante della Corte, in materia di politica commerciale comune, e specialmente nell’ambito delle misure di difesa commerciale, la Commissione dispone di un ampio potere discrezionale in considerazione della complessità delle situazioni economiche, politiche e giuridiche che deve esaminare. Relativamente al sindacato giurisdizionale di un siffatto potere discrezionale, esso deve quindi limitarsi all’accertamento del rispetto delle norme procedurali, dell’esattezza materiale dei fatti considerati nell’operare la scelta contestata, nonché dell’assenza di errore manifesto nella valutazione di tali fatti o di sviamento di potere [v. sentenza del 14 dicembre 2017, EBMA/Giant (China), C‑61/16 P, EU:C:2017:968, punto 68 e giurisprudenza ivi citata].

57

Inoltre, la Corte ha dichiarato che il controllo da parte del Tribunale degli elementi di prova sui quali la Commissione fonda le proprie constatazioni non costituisce una nuova valutazione dei fatti che sostituisce quella di tale istituzione. Tale controllo non incide sull’ampio potere discrezionale di questa istituzione nell’ambito della politica commerciale, ma si limita a rilevare se i suddetti elementi siano idonei a suffragare le conclusioni cui è giunta la Commissione. Il Tribunale è quindi tenuto non solo a verificare l’esattezza materiale degli elementi di prova addotti, la loro attendibilità e la loro coerenza, ma altresì ad accertare se tali elementi costituiscano l’insieme dei dati rilevanti che devono essere presi in considerazione per valutare una situazione complessa e se siano di natura tale da corroborare le conclusioni che ne sono state tratte [v. sentenza del 14 dicembre 2017, EBMA/Giant (China), C‑61/16 P, EU:C:2017:968, punto 69 e giurisprudenza ivi citata].

58

Inoltre, nell’ambito del regolamento di base, le imprese interessate dall’inchiesta antidumping sono tenute a comunicare alla Commissione le informazioni necessarie per stabilire il loro margine di dumping. Se non forniscono tali informazioni, tali imprese rischiano di vedersi applicare, ai sensi dell’articolo 18, paragrafo 1, di tale regolamento, dati diversi da quelli che hanno fornito (v., in tal senso, sentenza del 13 luglio 2006, Shandong Reipu Biochemicals/Consiglio, T‑413/03, EU:T:2006:211, punto 65 e giurisprudenza ivi citata).

59

A tal riguardo, occorre rilevare che l’analisi del documento della Commissione figurante nell’allegato B1 del controricorso, non contestato dalle ricorrenti, evidenzia, in primo luogo, che, in ciascuno dei sette canali di vendita utilizzati dal gruppo HT per esportare i suoi prodotti, gli importatori pagavano il corrispettivo delle merci vendute nelle mani della WS, che non giustificava alcuna contabilità. Di conseguenza, e indipendentemente dal fatto che la legge samoana sulle società non preveda che esse debbano provare una contabilità certificata, gli estratti bancari della WS non avevano alcun valore probatorio.

60

In secondo luogo, in tutti i canali di vendita, le vendite sono state effettuate agli importatori senza che le fatture emesse a loro nome fossero registrate nel gruppo HT.Infatti, la TC registrava nella sua contabilità fatture inferiori all’importo delle fatture inviate agli importatori e, sulla base di queste prime fatture, faceva dichiarazioni ingannevoli alle autorità doganali riguardo al prezzo d’esportazione (canale 1), oppure la TC emetteva fatture per conto degli importatori, ma non le registrava nella sua contabilità (canali 2 e 3) o la WS emetteva fatture che non venivano registrate nella sua contabilità, poiché la legge samoana non impone alle imprese di tenere una contabilità certificata (canali 4 e 5) o, infine, le fatture venivano emesse dalla ND, che è una società esterna al gruppo e rispetto alla quale la Commissione non ha potuto ottenere alcuna informazione a causa della sua mancanza di collaborazione nell’inchiesta (canali 6 e 7).

61

In terzo luogo, in tutti i canali di vendita, ad eccezione del primo canale di vendita, le vendite di merci all’esportazione avvenivano dopo la vendita della merce da parte della HT o della TC alla ND, il che, per le ragioni menzionate al punto 60 supra, implicava l’impossibilità per la Commissione di determinare il prezzo di vendita realmente pagato dagli importatori europei.

62

La combinazione di tutti gli elementi menzionati ai punti da 59 a 61 supra non permette di ritenere che la Commissione abbia commesso un errore manifesto nel constatare l’inaffidabilità dei dati relativi al prezzo all’esportazione.

63

Ciò implica che devono essere considerati semplici affermazioni le asserzioni delle ricorrenti secondo cui esse hanno provato il 98% dei pagamenti degli importatori europei sulla base degli estratti conto bancari della WS, il 90% dei prezzi di vendita sulla base delle fatture IVA emesse dalla HT e, infine, il 65% delle operazioni di esportazione verso l’Unione sulla base delle dichiarazioni doganali di tali importatori, così come l’asserzione delle ricorrenti secondo cui la Commissione non ha tenuto conto del sistema della tratta commerciale triangolare da esse adottato.

64

Tali incoerenze sono state del resto evidenziate all’udienza, nel corso della quale le ricorrenti hanno riconosciuto l’impossibilità in cui si era trovata la Commissione di utilizzare la contabilità della WS, l’assenza di qualsiasi registrazione contabile delle fatture della TC destinate agli importatori europei e, di conseguenza, le difficoltà esistenti per stabilire nella fattispecie un prezzo all’esportazione attendibile.

65

Occorre di conseguenza analizzare, in primo luogo, se tale prezzo all’esportazione potesse essere stabilito, come suggeriscono le ricorrenti, sulla base della lista DMSAL, delle fatture IVA emesse dalla HT a destinazione della TC e se la Commissione abbia ritenuto a torto che la fissazione di un prezzo all’esportazione fosse impossibile, in assenza di una tabella che distinguesse le esportazioni realizzate con l’Unione dalle altre, la cui comunicazione non sarebbe stata richiesta nel corso dell’inchiesta.

66

Per quanto riguarda anzitutto la lista DMSAL e le fatture IVA emesse dalla HT a destinazione della TC, occorre rilevare che, come sottolineato in udienza dalla Commissione, tali elementi di prova riguardavano vendite, realizzate dalla HT alla TC, quindi vendite infragruppo e domestiche il cui prezzo era, di conseguenza, diverso da quello realmente pagato dagli importatori europei. Inoltre, come confermato in udienza, la Commissione era nell’impossibilità di verificare l’effettività delle esportazioni verso l’Unione dichiarate dalle ricorrenti in assenza di qualsiasi contabilità credibile riguardante tali esportazioni.

67

A questo proposito, per quanto riguarda l’argomento delle ricorrenti secondo cui non è stata prodotta alcuna tabella che distingua le esportazioni verso l’UE dalle altre esportazioni, va notato che, all’udienza, le ricorrenti hanno innanzitutto affermato che una tale tabella non era necessaria, poiché tutte le informazioni che vi sarebbero incluse erano già contenute nell’elenco DMSAL. Esse hanno poi confermato che sarebbero state in grado di produrre una tale tabella se la Commissione glielo avesse chiesto, come risulta dalle osservazioni inviate il 25 ottobre 2019, dopo la notifica del regolamento provvisorio, e hanno infine ammesso di non aver fornito tale tabella perché temevano che la Commissione avrebbe sostenuto che tale tabella non fosse credibile a causa dell’assenza di fatture a sostegno dei dati.

68

Tali affermazioni contraddittorie mettono in evidenza il carattere artificioso dell’argomento delle ricorrenti secondo cui la Commissione non poteva, per respingere i loro dati relativi al prezzo all’esportazione, opporre loro l’assenza di comunicazione di una tabella che mettesse in evidenza le esportazioni verso l’Unione.

69

Infatti, se la Commissione non ha accolto tali dati all’esportazione, non è soltanto a causa dell’assenza di detta tabella, ma in quanto, come risulta in particolare dai considerando 32, 35 e 40 del regolamento impugnato, tale istituzione ha dovuto confrontarsi con «una fondamentale mancanza di affidabilità dei registri» e con l’impossibilità di stabilire con certezza il tipo e il numero di prodotti esportati verso l’Unione, di modo che essa era nell’impossibilità di stabilire un prezzo all’esportazione sulla base delle fatture IVA emesse dalla HT e destinate alla TC. Queste ultime constatazioni non sono del resto affatto in contraddizione con la circostanza che la Commissione ha considerato affidabili i dati relativi al valore normale, poiché questi ultimi dati, contrariamente ai dati relativi alle esportazioni, erano regolarmente registrati nella contabilità della HT.

70

Inoltre, i regolamenti ai quali le ricorrenti rinviano per dimostrare che la Commissione si è discostata dalla sua prassi abituale per quanto riguarda l’adeguamento dei prezzi all’esportazione non appaiono pertinenti, in quanto la legittimità di un regolamento che istituisce dazi antidumping deve essere valutata alla luce delle norme di diritto e, in particolare, delle disposizioni del regolamento di base, e non sulla base dell’asserita prassi decisionale anteriore della Commissione [v., in tal senso, sentenza del 18 ottobre 2016, Crown Equipment (Suzhou) e Crown Gabelstapler/Consiglio, T‑351/13, non pubblicata, EU:T:2016:616, punto 107].

71

Per quanto riguarda, in secondo luogo, gli argomenti sviluppati dalle ricorrenti a proposito dell’asserita mancanza di diligenza degli ispettori presso gli importatori europei e a proposito dei documenti relativi a tali importatori, occorre anzitutto rilevare che, contrariamente a quanto affermano le ricorrenti, la Commissione non si è mai impegnata a fare un’inchiesta in loco presso tali importatori per determinare il prezzo all’esportazione. Infatti, dalla comunicazione specifica fatta alle ricorrenti in accompagnamento al regolamento provvisorio risulta che tale istituzione si è limitata a prendere atto della loro proposta formulata in tal senso in una lettera del 27 agosto 2019 e figurante nell’allegato A 21 del ricorso.

72

Oltre al fatto che le ricorrenti non contestano la circostanza enunciata al considerando 33 del regolamento impugnato, secondo cui solo tre importatori dell’Unione hanno accettato di collaborare con la Commissione, occorre poi rilevare che il numero dichiarato di tali importatori è variato nel corso dell’inchiesta, passando da otto, come risulta dal documento del 27 agosto 2019, contenuto nell’allegato A 21 del ricorso, a dodici nel gennaio 2020, come risulta dai documenti contenuti nell’allegato A 28 del ricorso.

73

Una siffatta variazione del numero di importatori dell’Unione implica che la Commissione, come ha confermato in udienza, poteva validamente ritenere di non avere alcuna certezza sull’affidabilità delle informazioni comunicate dalle ricorrenti in merito a tali importatori, cosicché non può esserle addebitato di non averne tenuto conto, né di non aver effettuato alcuna iniziativa presso tali importatori. Non si può quindi contestare alla Commissione di aver violato le disposizioni dell’articolo 6, paragrafo 4, del regolamento di base.

74

Per quanto riguarda, in terzo luogo, gli argomenti relativi alle statistiche doganali cinesi, da un lato, le tabelle di sintesi dei documenti doganali rivelavano incoerenze evidenziate dalla Commissione nell’allegato B2 al controricorso. Ciò ha indotto le ricorrenti a modificare tali tabelle, senza tuttavia convincere i servizi ispettivi, in quanto essi si sono trovati nell’impossibilità di trovare riscontro a tali dati nei dati contabili e fiscali delle ricorrenti. Dall’altro lato, il valore di riferimento delle merci era espresso in tali documenti in chilogrammi e questi ultimi menzionavano importi globali di pagamento espressi in dollari statunitensi, di modo che la Commissione non era in grado di conoscere il tipo e i quantitativi di prodotti esportati verso l’Unione, nonché gli importi unitari di vendita, che sono tuttavia elementi necessari per stabilire un prezzo all’esportazione. Infine, tali documenti provenivano in parte dalla ND, che è una società non collegata alle ricorrenti, il che poneva la Commissione nell’impossibilità di verificarne la veridicità e, di conseguenza, il carattere probatorio.

75

Per quanto riguarda, infine, la censura formulata dalle ricorrenti relativa alla violazione da parte della Commissione dell’articolo 18, paragrafo 3, del regolamento di base, occorre rilevare che l’obiettivo dell’articolo 18 del regolamento di base è di consentire alla Commissione di proseguire l’inchiesta anche qualora le parti rifiutassero di collaborare o collaborassero in modo insufficiente. Il livello di collaborazione delle parti deve essere valutato in funzione della nozione di «informazioni necessarie» utilizzata da tale articolo, dal momento che queste ultime, per essere considerate collaboranti, devono comunicare alla Commissione le informazioni idonee a consentire a tale istituzione di elaborare le debite conclusioni nell’ambito dell’inchiesta antidumping, laddove la valutazione del carattere «necessario» di un’informazione va effettuata caso per caso [v., in tal senso, sentenza del 14 dicembre 2017, EBMA/Giant (China), C‑61/16 P, EU:C:2017:968, punti 5355].

76

Infatti, è stato già dichiarato che l’entità dello sforzo compiuto da una parte interessata per comunicare determinate informazioni non è necessariamente collegata alla qualità intrinseca delle informazioni comunicate e, in ogni caso, non costituisce il solo elemento determinante. Così, se alla fine non si ottengono le informazioni richieste, la Commissione è legittimata a fare ricorso ai dati disponibili relativi alle informazioni richieste (v., relativamente al punto 6.8 dell’accordo antidumping dell’OMC, la relazione del gruppo speciale costituito nel quadro dell’OMC, intitolata «Egitto – Misure antidumping definitive sulle importazioni di barre di armatura in acciaio provenienti dalla Turchia» e adottata il 1o ottobre 2002, punto 7.242) (sentenza del 4 marzo 2010, Sun Sang Kong Yuen Shoes Factory/Consiglio, T‑409/06, EU:T:2010:69, punto 104).

77

Infine, in applicazione di una giurisprudenza costante, l’articolo 18, paragrafo 3, del regolamento di base prevede che, qualora le informazioni presentate da una parte interessata non siano perfettamente conformi alle condizioni richieste, esse non devono tuttavia essere disattese, a condizione che le eventuali carenze non siano tali da provocare eccessive difficoltà per l’elaborazione di conclusioni sufficientemente precise e che le informazioni siano state presentate correttamente entro i termini, siano verificabili e la parte interessata abbia agito con la massima diligenza. Dalla sua formulazione emerge che le quattro condizioni sono cumulative. Pertanto, il mancato rispetto di una di queste condizioni impedisce l’applicazione di questa disposizione, e quindi la presa in considerazione delle informazioni in questione (v. sentenza del 19 marzo 2015, City Cycle Industries/Consiglio, T‑413/13, non pubblicata, EU:T:2015:164, punto 120 e giurisprudenza ivi citata).

78

A tal riguardo, occorre constatare che, per le ragioni già indicate ai punti da 59 a 62 supra, la Commissione ha potuto avvalersi dell’articolo 18, paragrafo 1, del regolamento di base per determinare il prezzo all’esportazione, in quanto le carenze dei dati comunicati dalle ricorrenti rendevano eccessivamente difficile l’elaborazione di conclusioni ragionevolmente corrette.

79

Da quanto precede risulta che, senza commettere un errore manifesto di valutazione o violare l’articolo 18, paragrafi 1 e 3, e, di conseguenza, l’articolo 9, paragrafo 6, del regolamento di base o l’allegato II, paragrafo 3, dell’accordo antidumping dell’OMC, la Commissione, ai considerando da 29 a 41 del regolamento impugnato, ha sostanzialmente ritenuto che, a prescindere dal fatto che le ricorrenti abbiano agito con la massima diligenza, la principale difficoltà incontrata durante l’inchiesta fosse dovuta all’assenza di una serie completa e verificabile di dati sulle operazioni di esportazione, incluso e, in particolare, per quanto riguarda i prodotti esportati, i volumi e i valori, cosicché tale istituzione ha considerato di non poter esercitare alcun controllo adeguato e indipendente su tali dati e li ha respinti nel loro insieme, applicando i dati disponibili, conformemente alle disposizioni dell’articolo 18, paragrafo 1, del regolamento di base.

80

Infine, occorre constatare che la mera evocazione della violazione dell’articolo 2, paragrafi 6 bis, 8, 9, 10 e 11, dell’articolo 3 nonché dell’articolo 6 del regolamento di base, oltre ad essere sommaria, non può essere sufficiente a dimostrare la pertinenza dell’asserita violazione di tali disposizioni e, di conseguenza, a dimostrare una qualsivoglia illegittimità del regolamento impugnato al riguardo.

81

Occorre pertanto respingere la prima e la seconda parte del secondo motivo.

– Sulla terza parte del secondo motivo, vertente sulla violazione degli articoli 2 e 3, dell’articolo 6, paragrafi 6 e 8, dell’articolo 9, paragrafo 4, e dell’articolo 18, paragrafi 1 e 3, del regolamento di base nonché dell’allegato II, paragrafo 3, dell’accordo antidumping dell’OMC

82

Con la terza parte del secondo motivo, le ricorrenti fanno valere, in sostanza, che, astenendosi dall’utilizzare i loro dati per determinare il valore normale, sebbene fossero stati considerati affidabili, la Commissione ha violato l’articolo 18, paragrafi 1 e 3, del regolamento di base e l’allegato II, paragrafo 3, dell’accordo antidumping dell’OMC, nonché gli articoli 2 e 3, l’articolo 6, paragrafi 6 e 8, e l’articolo 9, paragrafo 4, di tale regolamento. Esse aggiungono che la Commissione non ha sufficientemente spiegato le ragioni per cui non aveva preso in considerazione tali dati per stabilire il valore normale.

83

A tal riguardo, le ricorrenti affermano che la Commissione si è discostata dalla sua prassi abituale, consistente nel ricorrere ai dati disponibili solo in circostanze in cui i dati non sono interamente verificabili ed affidabili.

84

Esse sottolineano che tale prassi è conforme alla giurisprudenza dell’OMC.

85

Esse affermano che la Commissione non ha sufficientemente spiegato perché non aveva calcolato il valore normale, sebbene disponesse di informazioni attendibili al riguardo, come risulta dai considerando 42 e 44 del regolamento impugnato.

86

Le ricorrenti fanno valere che era possibile per la Commissione utilizzare il loro valore normale per confrontarlo con i prezzi all’esportazione verso l’Unione, con i loro prezzi all’esportazione costruiti verso l’Unione o quanto meno con i prezzi all’esportazione praticati dall’unico produttore incluso nel campione e che aveva collaborato o a quelli forniti dagli altri produttori-esportatori che avevano chiesto un esame individuale conformemente all’articolo 17, paragrafo 3, del regolamento di base o dalle altre parti interessate.

87

Esse aggiungono che un siffatto modo di procedere avrebbe tenuto conto del fatto che esse avevano pienamente collaborato con la Commissione durante tutta l’inchiesta, il che è stato peraltro sottolineato dalla consigliera auditrice e non è stato contestato dalla Commissione.

88

La Commissione contesta tali argomenti.

89

A questo proposito e a titolo introduttivo, per quanto riguarda l’argomentazione delle ricorrenti di cui al precedente punto 87, va notato che, nella relazione iniziale dell’audizione del 17 settembre 2019, la consigliera auditrice, visti gli sforzi fatti dalle ricorrenti, ha certamente considerato che l’applicazione della qualifica di «non collaboranti» alle ricorrenti, in quanto avevano fornito informazioni false o fuorvianti, non era la migliore e ha quindi chiesto che fossero chiarite le condizioni per il ricorso all’articolo 18 del regolamento di base. Resta il fatto che, nella seconda e nell’ultima relazione di audizione del 7 febbraio 2020, questa stessa consigliera auditrice non ha più fatto alcuna osservazione sul ricorso a tale articolo da parte della Commissione, di modo che non si può trarre alcuna conseguenza da questi due documenti per quanto riguarda il livello di collaborazione delle ricorrenti.

90

Per quanto riguarda i regolamenti sui quali si basano le ricorrenti per sostenere l’esistenza di un’asserita prassi della Commissione, che consisterebbe nel fare ricorso ai dati disponibili solo in circostanze in cui i dati non sono interamente verificabili ed affidabili, è sufficiente respingere tale argomento sulla base della giurisprudenza citata al punto 70 supra.

91

Per quanto riguarda l’accordo antidumping dell’OMC e, più in particolare, l’allegato II di tale accordo, nonché la giurisprudenza ad esso relativa, che è stato oggetto di un quesito scritto cui rispondere in udienza, occorre rilevare che è alla luce di questi ultimi che l’articolo 18 del regolamento di base deve essere interpretato per quanto possibile, dal momento che costituisce la trasposizione nel diritto dell’Unione del contenuto di tali disposizioni (v., in tal senso, sentenza del 22 maggio 2014, Guangdong Kito Ceramics e a./Consiglio, T‑633/11, non pubblicata, EU:T:2014:271, punto 40).

92

A tal riguardo, occorre sottolineare che, ai punti 7.354 e seguenti della relazione del gruppo speciale dell’OMC del 16 novembre 2017, CE, misure antidumping riguardanti il salmone d’allevamento (WT/DS 337/R) di cui si avvalgono le ricorrenti, tale gruppo speciale, in occasione del rigetto da parte delle Comunità europee di un elemento di prova relativo alla determinazione del valore normale, ha sottolineato che l’autorità ispettiva doveva, in applicazione dell’articolo 6.8 dell’accordo antidumping dell’OMC e del paragrafo 3 dell’allegato II di tale accordo, utilizzare le informazioni «verificabili» ad essa comunicate dalle parti.

93

Inoltre, nel caso Stati Uniti – Misure antidumping e compensative applicate a lamiere in acciaio provenienti dall’India (WT/DS 206/R), di cui si avvalgono altresì le ricorrenti, è vero che, ai punti 7.60 e seguenti della sua relazione, il gruppo speciale dell’OMC ha ritenuto, in sostanza, che le autorità ispettive dovessero sforzarsi di utilizzare al massimo i dati che gli erano stati comunicati dalle parti, dato che uno degli obiettivi fondamentali dell’accordo antidumping dell’OMC nel suo insieme era quello di fare in modo che si raggiungessero, nei limiti del possibile, determinazioni obiettive sulla base di fatti.

94

Resta il fatto che, ai punti 7.62 e 7.64 della medesima relazione, il gruppo speciale dell’OMC ha rilevato che non era possibile concludere che l’autorità incaricata dell’inchiesta dovesse utilizzare informazioni che, ad esempio, non erano verificabili o non erano state comunicate in tempo utile, o che essa dovesse utilizzarle a prescindere dalle difficoltà che ciò comportava.

95

Inoltre, come sottolineato dalla Commissione nel corso dell’udienza, senza che le ricorrenti pervengano a contraddirla, occorre rilevare che le cause che hanno dato luogo a queste due relazioni dell’OMC differiscono dal caso di specie in quanto, in tali cause, la principale difficoltà incontrata dai servizi ispettivi non riguardava, come nel caso di specie, la determinazione del prezzo all’esportazione, a causa della mancata comunicazione di qualsiasi dato affidabile per quanto riguarda le esportazioni, in particolare per quanto riguarda i tipi di prodotto esportati e il loro prezzo, bensì la determinazione del valore normale.

96

Da queste due relazioni si deduce che, sebbene, in linea di principio, l’autorità incaricata dell’inchiesta debba adoperarsi per utilizzare le informazioni comunicate dalle parti che sono verificabili, essa deve farlo per quanto possibile. Ciò implica che tale autorità può non tener conto di informazioni che, in definitiva, sono tali da fornire risultati che non consentano di elaborare conclusioni ragionevolmente corrette.

97

Tuttavia, nel contesto del presente caso, qualsiasi determinazione del valore normale sarebbe stata superflua, poiché nessun margine di dumping avrebbe potuto essere stabilito in assenza della possibilità di determinare il prezzo all’esportazione con riferimento alle ricorrenti, come risulta dai punti da 56 a 81 supra.

98

Tale conclusione non è rimessa in discussione dall’argomento delle ricorrenti secondo cui sarebbe stato possibile stabilire il loro valore normale al fine di confrontarlo con il prezzo all’esportazione ricostruito per altri produttori. Infatti, come sottolineato dalla Commissione in udienza, l’applicazione di un metodo del genere, in assenza di qualsiasi certezza sull’identità e sul quantitativo del tipo di prodotti esportati, come risulta dal punto 69 supra, avrebbe inevitabilmente avuto l’effetto di mettere in relazione valori non corrispondenti e, di conseguenza, asimmetrici, cosicché, alla fine, le conclusioni relative al margine di dumping non sarebbero state ragionevolmente corrette.

99

Per quanto riguarda la censura relativa all’insufficiente motivazione delle ragioni per le quali la Commissione si è astenuta dal calcolare il valore normale, occorre rilevare che il Tribunale ha già dichiarato che la motivazione richiesta dall’articolo 296 TFUE doveva far apparire in forma chiara e non equivoca l’iter logico seguito dall’istituzione da cui promana l’atto controverso, in modo da consentire agli interessati di conoscere le ragioni del provvedimento adottato al fine di difendere i loro diritti e al giudice di esercitare il proprio controllo. Non si può tuttavia esigere che la motivazione specifichi tutti gli elementi di fatto e di diritto pertinenti, in quanto la questione se essa soddisfi i requisiti di cui all’articolo 296 TFUE deve essere valutata alla luce non solo della sua formulazione, ma anche del suo contesto nonché dell’insieme delle norme giuridiche che disciplinano la materia di cui trattasi (v. sentenza del 10 ottobre 2012, Shanghai Biaowu High-Tensile Fastener e Shanghai Prime Machinery/Consiglio, T‑170/09, non pubblicata, EU:T:2012:531, punto 126 e giurisprudenza ivi citata). Inoltre, la motivazione del regolamento impugnato deve essere valutata tenendo conto, in particolare, delle informazioni che sono state comunicate alla ricorrente e delle osservazioni che quest’ultima ha presentato nel corso del procedimento amministrativo (sentenza del 4 marzo 2010, Sun Sang Kong Yuen Shoes Factory/Consiglio, T‑409/06, EU:T:2010:69, punto 150). In particolare, non è necessario che la motivazione dei regolamenti antidumping specifichi i diversi elementi di fatto e di diritto, talvolta molto numerosi e complessi, che ne costituiscono l’oggetto, dal momento che tali regolamenti rientrano nel contesto sistematico del complesso delle misure di cui fanno parte. Al riguardo, è sufficiente che il ragionamento seguito dalle istituzioni nei regolamenti appaia in modo chiaro e non equivoco (v., in tal senso, la sentenza del 15 ottobre 1998, Industrie des poudres sphériques/Consiglio, T‑2/95, EU:T:1998:242, punto 357).

100

A tal riguardo, occorre rilevare che, contrariamente a quanto affermano le ricorrenti, i motivi enunciati dalla Commissione nel regolamento impugnato consentono di comprendere le ragioni per le quali essa ritiene che i dati relativi al valore normale non costituiscano la metà delle informazioni necessarie per stabilire un margine di dumping.

101

Infatti, come indicato in modo chiaro e inequivocabile dalla Commissione, al considerando 42 del regolamento impugnato, la determinazione del valore normale era priva di effetti nella presente causa, dal momento che le informazioni comunicate per la determinazione del prezzo all’esportazione, che è un elemento fondamentale per il calcolo del margine di dumping, non erano attendibili, in quanto non erano verificabili.

102

Inoltre, è giocoforza constatare che tale motivazione ha consentito alle ricorrenti di comprendere le ragioni per le quali la Commissione non ha stabilito il loro valore normale nel caso di specie e di contestare la legittimità di tale scelta, come risulta dagli argomenti sollevati in particolare nell’ambito del presente motivo. Una siffatta motivazione consente altresì al giudice dell’Unione di esercitare il suo controllo sulla legittimità del regolamento impugnato.

103

Infine, per le stesse ragioni esposte al punto 80 supra, occorre respingere l’asserita violazione degli articoli 2 e 3, dell’articolo 6, paragrafi 6 e 8, nonché dell’articolo 9, paragrafo 4, del regolamento di base.

104

Da quanto precede risulta che la terza parte del secondo motivo deve essere respinta e, di conseguenza, il secondo motivo nella sua interezza.

[omissis]

 

Per questi motivi,

IL TRIBUNALE (Prima Sezione)

dichiara e statuisce:

 

1)

Il ricorso è respinto.

 

2)

La Zhejiang Hangtong Machinery Manufacture Co. Ltd e la Ningbo Hi‑Tech Zone Tongcheng Auto Parts Co. Ltd sono condannate alle spese.

 

Kanninen

Porchia

Stancu

Così deciso e pronunciato a Lussemburgo il 6 luglio 2022.

Firme


( *1 ) Lingua processuale: l’inglese.

( 1 ) Sono riprodotti soltanto i punti della presente sentenza la cui pubblicazione è ritenuta utile dal Tribunale.

Top