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Document 62020CJ0692

Sentenza della Corte (Prima Sezione) del 28 settembre 2023.
Commissione europea contro Regno Unito di Gran Bretagna e Irlanda del Nord.
Inadempimento di uno Stato – Sentenza della Corte di accertamento di un inadempimento – Mancata esecuzione – Direttiva 95/60/CE – Marcatura fiscale del gasolio – Accordo sul recesso del Regno Unito di Gran Bretagna e Irlanda del Nord dall’Unione europea e dalla Comunità europea dell’energia atomica – Protocollo su Irlanda/Irlanda del Nord – Persistenza dell’infrazione dopo la fine del periodo di transizione per quanto riguarda l’Irlanda del Nord – Articolo 260, paragrafo 2, TFUE – Sanzioni pecuniarie – Somma forfettaria – Gravità dell’infrazione – Capacità finanziaria.
Causa C-692/20.

Court reports – general – 'Information on unpublished decisions' section

ECLI identifier: ECLI:EU:C:2023:707

 SENTENZA DELLA CORTE (Prima Sezione)

28 settembre 2023 ( *1 )

«Inadempimento di uno Stato – Sentenza della Corte di accertamento di un inadempimento – Mancata esecuzione – Direttiva 95/60/CE – Marcatura fiscale del gasolio – Accordo sul recesso del Regno Unito di Gran Bretagna e Irlanda del Nord dall’Unione europea e dalla Comunità europea dell’energia atomica – Protocollo su Irlanda/Irlanda del Nord – Persistenza dell’infrazione dopo la fine del periodo di transizione per quanto riguarda l’Irlanda del Nord – Articolo 260, paragrafo 2, TFUE – Sanzioni pecuniarie – Somma forfettaria – Gravità dell’infrazione – Capacità finanziaria»

Nella causa C‑692/20,

avente ad oggetto il ricorso per inadempimento, ai sensi dell’articolo 260, paragrafo 2, TFUE, proposto il 21 dicembre 2020,

Commissione europea, rappresentata da A. Armenia e P.-J. Loewenthal, in qualità di agenti,

ricorrente,

contro

Regno Unito di Gran Bretagna e Irlanda del Nord, rappresentato inizialmente da S. McCrory e F. Shibli, in qualità di agenti, assistiti da O. Thomas, KC, e da P. Reynolds, barrister, successivamente da L. Baxter, S. McCrory e F. Shibli, in qualità di agenti, assistiti da O. Thomas, KC, e da P. Reynolds, barrister, successivamente da L. Baxter, in qualità di agente, assistito da O. Thomas, KC, e da P. Reynolds, barrister, e, infine, da S. Fuller, in qualità di agente, assistito da O. Thomas, KC, e da P. Reynolds, barrister,

convenuto,

LA CORTE (Prima Sezione),

composta da A. Arabadjiev, presidente di sezione, L. Bay Larsen, vicepresidente della Corte, facente funzione di giudice della Prima Sezione, P.G. Xuereb, A. Kumin (relatore) e I. Ziemele, giudici,

avvocato generale: A.M. Collins

cancelliere: M. Longar, amministratore

vista la fase scritta del procedimento e in seguito all’udienza del 28 settembre 2022,

sentite le conclusioni dell’avvocato generale, presentate all’udienza dell’8 dicembre 2022,

ha pronunciato la seguente

Sentenza

1

Con il suo ricorso la Commissione europea chiede che la Corte voglia:

dichiarare che il Regno Unito di Gran Bretagna e Irlanda del Nord, non avendo adottato le misure necessarie all’esecuzione della sentenza del 17 ottobre 2018, Commissione/Regno Unito (C‑503/17; in prosieguo: la «sentenza di accertamento dell’inadempimento», EU:C:2018:831), è venuto meno agli obblighi ad esso incombenti in forza dell’articolo 260, paragrafo 1, TFUE, in combinato disposto con gli articoli 127 e 131 dell’accordo sul recesso del Regno Unito di Gran Bretagna e Irlanda del Nord dall’Unione europea e dalla Comunità europea dell’energia atomica (GU 2020, L 29, pag. 7; in prosieguo: l’«accordo di recesso»);

condannare il Regno Unito, ai sensi dell’articolo 260, paragrafo 2, TFUE, in combinato disposto con gli articoli 127 e 131 dell’accordo di recesso, a versare alla Commissione:

una penalità giornaliera di importo pari a EUR 268878,50 per giorno di ritardo nell’esecuzione della sentenza di accertamento dell’inadempimento, a partire dalla data di pronuncia della sentenza nella presente causa e fino alla data della completa esecuzione della sentenza di accertamento dell’inadempimento;

una somma forfettaria pari all’importo ottenuto moltiplicando l’importo giornaliero di EUR 35873,20 per il numero di giorni trascorsi fra la data di pronuncia della sentenza di accertamento dell’inadempimento e la data in cui tale Stato si conforma alla predetta sentenza, oppure, nel caso in cui non si sia conformato a tale sentenza prima della pronuncia della sentenza nella presente causa, la data di quest’ultima pronuncia, somma dell’importo minimo di EUR 8901000;

condannare il Regno Unito alle spese.

Contesto normativo

Diritto dell’Unione

Accordo di recesso

2

L’accordo di recesso, approvato a nome dell’Unione europea e della Comunità europea dell’energia atomica (CEEA) con decisione (UE) 2020/135 del Consiglio, del 30 gennaio 2020 (GU 2020, L 29, pag. 1), è entrato in vigore il 1o febbraio 2020.

3

L’articolo 86 di tale accordo, rubricato «Cause pendenti dinanzi alla Corte di giustizia dell’Unione europea», ai paragrafi 1 e 3, così dispone:

«1.   La Corte di giustizia dell’Unione europea resta competente per tutti i ricorsi proposti dal Regno Unito o contro il Regno Unito prima della fine del periodo di transizione. (...)

(...)

3.   Ai fini del presente capo, la Corte di giustizia dell’Unione europea si considera adita (...) nel momento in cui la domanda giudiziale è registrata presso la cancelleria della Corte di giustizia (...)».

4

Conformemente all’articolo 126 di tale accordo, il periodo di transizione è iniziato a decorrere dalla data di entrata in vigore di tale accordo ed è cessato il 31 dicembre 2020.

5

L’articolo 127 dell’accordo di recesso, rubricato «Ambito di applicazione della transizione», prevede quanto segue:

«1.   Salvo che il presente accordo non disponga diversamente, il diritto dell’Unione si applica al Regno Unito e nel Regno Unito durante il periodo di transizione.

(...)

3.   Durante il periodo di transizione il diritto dell’Unione applicabile a norma del paragrafo 1 produce nei confronti del Regno Unito e nel Regno Unito gli stessi effetti giuridici che produce all’interno dell’Unione e degli Stati membri, ed è interpretato e applicato secondo gli stessi metodi e principi generali applicabili all’interno dell’Unione.

(...)

6.   Salvo che il presente accordo non disponga diversamente, durante il periodo di transizione i riferimenti agli Stati membri nel diritto dell’Unione applicabile a norma del paragrafo 1, anche attuato e applicato dagli Stati membri, si intendono fatti anche al Regno Unito.

(...)».

6

Ai sensi dell’articolo 131 di tale accordo, rubricato «Sorveglianza ed esecuzione»:

«Durante il periodo di transizione le istituzioni, organi e organismi dell’Unione hanno i poteri conferiti loro dal diritto dell’Unione rispetto al Regno Unito e alle persone fisiche e giuridiche residenti o stabilite nel Regno Unito. In particolare, la Corte di giustizia dell’Unione europea ha giurisdizione in forza dei trattati.

Durante il periodo di transizione il primo comma si applica anche per quanto riguarda l’interpretazione e l’applicazione del presente accordo».

7

Il protocollo su Irlanda/Irlanda del Nord, allegato all’accordo di recesso (in prosieguo: il «protocollo su Irlanda/Irlanda del Nord»), contiene un articolo 8, rubricato «IVA e accise», il quale, al suo primo comma, stabilisce quanto segue:

«Le disposizioni del diritto dell’Unione elencate nell’allegato 3 del presente protocollo relative alle merci si applicano nel e al Regno Unito nei confronti dell’Irlanda del Nord».

8

L’articolo 12 del protocollo su Irlanda/Irlanda del Nord, rubricato «Attuazione, applicazione, sorveglianza ed esecuzione», al paragrafo 1, così dispone:

«Fatto salvo il paragrafo 4, le autorità del Regno Unito sono responsabili dell’attuazione e dell’applicazione nel e al Regno Unito nei confronti dell’Irlanda del Nord delle disposizioni del diritto dell’Unione rese applicabili dal presente protocollo».

9

L’allegato 3 di detto protocollo fa riferimento, fra l’altro, alla direttiva 95/60/CE del Consiglio, del 27 novembre 1995, sulla marcatura fiscale dei gasoli e del petrolio lampante (GU 1995, L 291, pag. 46).

Direttiva 95/60

10

I considerando primo e terzo della direttiva 95/60 sono così formulati:

«considerando che le misure comunitarie previste dalla presente direttiva sono non solo necessarie ma indispensabili per il raggiungimento degli obiettivi del mercato interno; che tali obiettivi non possono essere realizzati individualmente dagli Stati membri; (...) che la presente direttiva è conforme al principio della sussidiarietà;

(...)

considerando che per il buon funzionamento del mercato interno è necessario stabilire norme comuni per la marcatura fiscale del gasolio e del petrolio lampante ai quali non sia stata applicata l’aliquota normale dell’accisa in vigore per tali oli minerali usati come carburante».

11

L’articolo 1 di tale direttiva, al paragrafo 1 dispone quanto segue:

«Fatte salve le disposizioni nazionali in materia di marcatura fiscale, gli Stati membri applicano una marcatura fiscale conformemente alle disposizioni della presente direttiva:

a tutti i tipi di gasolio di cui al codice NC 2710 00 69 immessi in consumo (...) e esentati o assoggettati ad accisa ad un’aliquota diversa da quella applicabile ai sensi dell’articolo 5, paragrafo 1 della direttiva 92/82/CEE [del Consiglio, del 19 ottobre 1992, relativa al ravvicinamento delle aliquote di accisa sugli oli minerali (GU 1992, L 316, pag. 19), abrogata e sostituita dalla direttiva 2003/96/CE del Consiglio, del 27 ottobre 2003, che ristruttura il quadro comunitario per la tassazione dei prodotti energetici e dell’elettricità (GU 2003, L 283, pag. 51)];

(...)».

12

Ai sensi dell’articolo 3 della direttiva in parola:

«Gli Stati membri prendono le misure necessarie affinché sia evitato l’abuso dei prodotti marcati, e segnatamente affinché gli oli minerali in questione non possano essere utilizzati come carburante di motori di autoveicoli stradali né conservati nel serbatoio di questi ultimi a meno che un siffatto uso non sia consentito negli specifici casi determinati dalle autorità competenti degli Stati membri.

Gli Stati membri dispongono affinché l’uso nelle circostanze di cui al primo comma degli oli minerali in questione sia considerato reato dal diritto nazionale dello Stato membro interessato. Ogni Stato membro adotta le misure necessarie per attuare pienamente tutte le disposizioni della presente direttiva ed in particolare stabilisce le sanzioni da applicare in caso di inosservanza di tali misure; tali sanzioni devono essere proporzionate allo scopo ed avere efficacia dissuasiva».

Direttiva 2003/96

13

L’articolo 14, paragrafo 1, della direttiva 2003/96 prevede quanto segue:

«In aggiunta alle disposizioni generali di cui alla direttiva 92/12/CEE [del Consiglio, del 25 febbraio 1992, relativa al regime generale, alla detenzione, alla circolazione ed ai controlli dei prodotti soggetti ad accisa (GU 1992, L 76, pag. 1)], relative alle esenzioni di cui godono i prodotti tassabili quando sono destinati a determinati usi, e fatte salve le altre disposizioni comunitarie, gli Stati membri esentano dalla tassazione i prodotti elencati in appresso, alle condizioni da essi stabilite al fine di garantire un’agevole e corretta applicazione delle esenzioni stesse e di evitare frodi, evasioni o abusi:

(...)

c)

i prodotti energetici forniti per essere utilizzati come carburanti per la navigazione nelle acque comunitarie (compresa la pesca), diversa dalla navigazione delle imbarcazioni private da diporto, e l’elettricità prodotta a bordo delle imbarcazioni.

(...)».

Diritto del Regno Unito

14

L’Hydrocarbon Oil Duties Act 1979 (legge del 1979 relativa alle accise sugli oli di idrocarburo), che disciplina la tassazione dei carburanti, è stato modificato, fra l’altro, dal Finance Act 2012 (legge finanziaria del 2012). In considerazione della data dei fatti, al procedimento principale si applica tale legge del 1979, così come modificata dalla citata legge del 2012 (in prosieguo: la «legge del 1979»).

15

L’articolo 14E della legge del 1979 disciplinava la tassazione del carburante utilizzato nell’ambito della navigazione privata da diporto. Esso prevedeva quanto segue:

«Olio pesante e miscela bio che beneficiano di un’aliquota ridotta: imbarcazioni private da diporto

1)

Il presente articolo si applica agli oli pesanti o alle miscele bio che beneficiano di un’aliquota ridotta.

2)

Gli oli pesanti o le miscele bio non possono essere utilizzati come carburante per la propulsione di imbarcazioni private da diporto.

3)

Se, all’atto della fornitura di una determinata quantità di olio pesante o di miscela bio da un soggetto (il «fornitore») a un altro, quest’ultimo presenta una dichiarazione adeguata al fornitore:

a)

il paragrafo 2 non si applica a tale olio pesante o a tale miscela bio,

e

b)

il fornitore è tenuto a versare all’autorità fiscale, conformemente alla normativa, l’importo di cui al paragrafo 4.

(...)

7A)

Una dichiarazione adeguata deve includere il riconoscimento del fatto che nessuna disposizione del presente articolo o nessuna azione intrapresa in forza di quest’ultimo (compresa la dichiarazione stessa) pregiudica le restrizioni o i divieti previsti dalla legislazione di uno Stato membro diverso dal Regno Unito per quanto riguarda l’uso di oli pesanti o di miscele bio come carburanti per la navigazione al di fuori delle acque territoriali del Regno Unito (...)

(...)».

16

L’articolo 14E della legge del 1979 è stato modificato dallo Schedule 11 to Finance Act 2020 (allegato 11 della legge finanziaria del 2020), entrato in vigore il 1o ottobre 2021, sostanzialmente al fine di vietare l’utilizzo, in Irlanda del Nord, di carburante marcato per la propulsione di imbarcazioni private da diporto.

La sentenza di accertamento dell’inadempimento

17

Nella sentenza di accertamento dell’inadempimento, la Corte ha dichiarato che «[i]l Regno Unito (...), autorizzando l’uso di carburante marcato ai fini della navigazione privata da diporto, anche quando tale carburante non è oggetto di alcuna esenzione o riduzione dell’accisa, è venuto meno agli obblighi ad esso incombenti in forza della [direttiva 95/60/CE]».

Procedimento precontenzioso

18

In seguito alla pronuncia della sentenza di accertamento dell’inadempimento, la Commissione ha chiesto al Regno Unito, con una lettera del 22 ottobre 2018, di comunicarle, entro un termine di due mesi, le misure che prevedeva di adottare per conformarsi a tale sentenza.

19

Con una lettera del 19 dicembre 2018, il Regno Unito ha comunicato di avere l’intenzione di modificare, nel corso degli anni 2019 e 2020, la propria normativa, in particolare la legge del 1979 e la normativa derivata pertinente, al fine di vietare l’utilizzo di carburante marcato per la propulsione di imbarcazioni private da diporto. Nella lettera, tale Stato ha altresì precisato che, in considerazione delle notevoli conseguenze pratiche di siffatte modifiche, sarebbe stata effettuata una consultazione pubblica.

20

Il 15 maggio 2020 la Commissione, ritenendo che il Regno Unito non avesse adottato le misure necessarie per conformarsi alla sentenza di accertamento dell’inadempimento, gli ha indirizzato una lettera di diffida ai sensi dell’articolo 260, paragrafo 2, TFUE, invitandolo a presentare le sue osservazioni entro il termine di quattro mesi a decorrere dalla ricezione di tale lettera, vale a dire entro il 15 settembre 2020.

21

Il Regno Unito ha risposto alla lettera di diffida l’11 settembre 2020, esponendo le difficoltà legate all’esecuzione della sentenza di accertamento dell’inadempimento, in particolare a causa delle elezioni generali che si erano tenute in tale Stato nel mese di dicembre 2019. Detto Stato ha altresì rilevato che una delega legislativa era stata inclusa nella legge finanziaria del 2020 e che essa costituiva un atto preliminare indispensabile all’adozione della normativa derivata necessaria per conformarsi a tale sentenza. Inoltre, esso ha indicato che erano state proposte riforme più ampie in ordine alla soppressione del diritto di utilizzare carburante marcato nella maggior parte dei settori a partire dall’aprile 2022. Al riguardo, il medesimo Stato ha precisato che una consultazione su tali riforme sarebbe stata completata il 1o ottobre 2020 e che la decisione relativa al termine per la soppressione del diritto di utilizzare carburante marcato per la propulsione di imbarcazioni private da diporto sarebbe stata adottata dopo tale consultazione, insieme alle decisioni finali sulle più ampie riforme relative a questo tipo di carburante.

22

In tali circostanze, la Commissione ha deciso di proporre il presente ricorso.

Sviluppi intervenuti nel corso del presente procedimento

23

Poiché il periodo di transizione previsto all’articolo 126 dell’accordo di recesso si è concluso il 31 dicembre 2020, le disposizioni della direttiva 95/60 hanno cessato di applicarsi, a decorrere dal 1o gennaio 2021, al Regno Unito, ad eccezione tuttavia dell’Irlanda del Nord, dove tali disposizioni sono rimaste in vigore, dopo tale data, in forza dell’articolo 8 del protocollo su Irlanda/Irlanda del Nord, letto in combinato disposto con il suo allegato 3.

24

Il 21 maggio 2021, il Regno Unito ha inviato alla Commissione una lettera con cui l’ha informata che la normativa definitiva recante il divieto di utilizzare carburante marcato ad aliquota di accisa ridotta per la propulsione di imbarcazioni private da diporto in Irlanda del Nord sarebbe stata adottata dal Parlamento del Regno Unito il 1o luglio 2021. Inoltre, il Regno Unito ha indicato che i fornitori privati di carburante non erano in grado di costruire, durante la stagione di navigazione, le infrastrutture supplementari necessarie per consentire la fornitura di carburante diesel ad aliquota di accisa piena alle imbarcazioni private da diporto e la fornitura di diesel ad aliquota ridotta alle imbarcazioni commerciali, cosicché tale divieto sarebbe entrato in vigore il 1o ottobre 2021.

25

Il Regno Unito ha quindi aggiornato, il 21 maggio 2021, le istruzioni sulle accise applicabili al carburante utilizzato per imbarcazioni private da diporto, che, al punto 2.3, indicano ormai quanto segue:

«A decorrere dal 1o ottobre 2021, le imbarcazioni private da diporto in Irlanda del Nord dotate di un unico serbatoio di carburante (per la propulsione e per usi diversi dalla propulsione) non possono utilizzare [carburante marcato], a meno che non sia stato versato in un serbatoio di carburante in Irlanda del Nord prima del 1o ottobre 2021 oppure in un territorio in cui il [carburante marcato] può ancora essere legalmente utilizzato per la propulsione (...)».

26

La normativa derivata di cui trattasi è stata adottata il 28 giugno 2021 e ha consentito l’entrata in vigore delle disposizioni della legge finanziaria del 2020, cosicché, dal 1o ottobre 2021, in Irlanda del Nord è vietato l’impiego, da parte degli utilizzatori di imbarcazioni private da diporto, di carburante marcato a fini di propulsione.

27

Con una lettera dell’11 febbraio 2022, la Commissione ha informato la Corte che rinunciava parzialmente al suo ricorso per quanto riguarda la penalità giornaliera, per il motivo che tale capo delle conclusioni era divenuto privo di oggetto con l’entrata in vigore, in data 1o ottobre 2021, delle disposizioni della legge finanziaria del 2020. Tuttavia, essa ha mantenuto la sua domanda per quanto riguarda la condanna del Regno Unito al pagamento di una somma forfettaria di EUR 35873,20 al giorno per il periodo dal 17 ottobre 2018 al 30 settembre 2021, compreso fra la pronuncia della sentenza di accertamento dell’inadempimento e la data in cui tale Stato si è conformato alla sentenza in questione.

Sull’inadempimento

Argomenti delle parti

28

La Commissione sostiene che il Regno Unito non ha adottato le misure necessarie all’esecuzione della sentenza di accertamento dell’inadempimento. Tale Stato avrebbe avuto a disposizione un periodo di quattro mesi per presentare le sue osservazioni a decorrere dal ricevimento della lettera di diffida, ovverosia fino al 15 settembre 2020. Orbene, dalla risposta a tale lettera di diffida risulterebbe chiaramente che, nonostante l’adozione di taluni atti legislativi preliminari, il diritto di utilizzare carburante marcato per la propulsione di imbarcazioni private da diporto sarebbe stato soppresso solo nel mese di aprile 2022. A tal riguardo, la Commissione sostiene che uno Stato membro non può invocare lungaggini dell’iter legislativo o difficoltà di ordine interno al fine di giustificare la mancata esecuzione in tempo utile di una sentenza della Corte.

29

Il Regno Unito replica di non essere venuto meno al suo obbligo di dare esecuzione alla sentenza di accertamento dell’inadempimento, e che la lettera di diffida e il presente ricorso della Commissione sono stati prematuri. Infatti, dalla giurisprudenza della Corte risultante, in particolare, dalle sentenze del 4 luglio 2000, Commissione/Grecia (C‑387/97, EU:C:2000:356, punto 82), e del 25 giugno 2013, Commissione/Repubblica ceca (C‑241/11, EU:C:2013:423, punto 44), secondo la quale l’esecuzione di una sentenza che accerta un inadempimento deve concludersi al più presto possibile, si potrebbe dedurre che la Corte deve esaminare le difficoltà pratiche che lo Stato membro interessato deve affrontare. Dalla sentenza del 25 novembre 2003, Commissione/Spagna (C‑278/01, EU:C:2003:635, punto 30), emergerebbe altresì che, per constatare una mancata esecuzione contraria all’articolo 260, paragrafo 2, TFUE, la Corte deve ritenere che l’esecuzione della sentenza di inadempimento in questione fosse possibile in una data anteriore a quella in cui essa ha effettivamente avuto luogo.

30

In siffatto contesto, la Commissione sarebbe tenuta ad analizzare le difficoltà pratiche che devono essere superate dallo Stato membro interessato per conformarsi ad una sentenza di accertamento di un inadempimento. L’istituzione dovrebbe dimostrare che, nonostante tali difficoltà, era ragionevolmente possibile per lo Stato membro conformarsi entro il termine impartito nella lettera di diffida. Orbene, tenuto conto della complessità e dell’ampiezza del compito di conformarsi alla sentenza di accertamento dell’inadempimento, il periodo di 23 mesi tra la data di pronuncia di tale sentenza e la scadenza del termine impartito in detta lettera sarebbe stato manifestamente insufficiente a consentire che il Regno Unito si conformasse alla sentenza.

31

Peraltro, l’approccio fondato sulla responsabilità oggettiva non sarebbe applicabile alle cause avviate sul fondamento dell’articolo 260 TFUE. La Commissione avrebbe dovuto, se del caso, chiedere, unitamente al ricorso da essa proposto sulla base dell’articolo 258 TFUE, che al Regno Unito fossero inflitte sanzioni pecuniarie conformemente all’articolo 260, paragrafo 3, TFUE, ma non lo ha fatto. Infine, la Commissione confonderebbe le difficoltà pratiche che gli Stati membri devono affrontare, delle quali la Corte deve tener conto, con i problemi giuridici o politici interni di tali Stati, i quali non potrebbero essere presi in considerazione.

32

Nel caso di specie, il Regno Unito sostiene di essersi trovato ad affrontare difficoltà pratiche uniche per attuare la direttiva 95/60 e conformarsi alla sentenza di accertamento dell’inadempimento, circostanza di cui ha informato la Commissione. Infatti, esso avrebbe dovuto far fronte a difficoltà connesse, in primo luogo, alle caratteristiche geografiche particolari del Regno Unito riguardo alla lunghezza delle coste nonché al numero di porti e rade, in secondo luogo, alla grande varietà nelle dimensioni dei porti in cui le navi possono rifornirsi di carburante, in terzo luogo, ai vincoli materiali che si trovano ad affrontare i piccoli porti nel fornire sia carburante non marcato sia carburante marcato, in quarto luogo, a preoccupazioni di ordine economico e di sicurezza, in particolare, concernenti l’evasione fiscale, il rischio di deterioramento del diesel, l’installazione di serbatoi secondari temporanei, la destinazione dei redditi da turismo e l’utilizzo del carburante marcato per fini diversi dalla propulsione e, in quinto luogo, alla pandemia di COVID-19.

33

Nella replica, la Commissione rileva, in primo luogo, che il Regno Unito non nega che, alla data del 15 settembre 2020, non aveva dato esecuzione alla sentenza di accertamento dell’inadempimento.

34

In secondo luogo, l’affermazione di tale Stato secondo cui la Commissione dovrebbe dimostrare che per esso era ragionevolmente possibile eseguire la sentenza prima di tale data non sarebbe suffragata dalla giurisprudenza.

35

In terzo luogo, la giurisprudenza costante della Corte secondo la quale uno Stato membro non può addurre difficoltà pratiche per giustificare l’inosservanza dell’articolo 260, paragrafo 1, TFUE non si limiterebbe alle difficoltà politiche e giuridiche. Inoltre, facendo valere che l’approccio fondato sulla responsabilità oggettiva non può essere applicato nell’ambito del procedimento di cui all’articolo 260 TFUE, il Regno Unito avrebbe confuso l’obbligo ad esso incombente ai sensi dell’articolo 260, paragrafo 1, TFUE con la valutazione della gravità dell’inadempimento ai sensi dell’articolo 260, paragrafo 2, TFUE.

36

In ogni caso, le circostanze invocate dal Regno Unito non costituirebbero difficoltà pratiche tali da giustificare la mancata esecuzione della sentenza di accertamento dell’inadempimento. Infatti, anzitutto, per quanto riguarda gli asseriti ritardi legislativi, l’obbligo per tale Stato di procedere a una valutazione dei porti turistici e commerciali al fine di determinare le eventuali misure correttive necessarie all’esecuzione di tale sentenza non può spiegare le ragioni per le quali, ad oltre due anni e mezzo dalla sua pronuncia, detto Stato non avrebbe ancora adottato la legislazione derivata necessaria per conformarsi a detta sentenza. Inoltre, per quanto riguarda le difficoltà asseritamente derivanti dall’infrastruttura, quali l’esistenza di porti distanti fra loro oppure di porti di dimensioni molto ridotte, privi di spazio sufficiente per fornire carburante marcato e carburante non marcato, la Commissione ritiene che tali eventuali difficoltà sembrino essere l’eccezione piuttosto che la regola. Peraltro, altri Stati membri avrebbero già superato difficoltà della stessa natura. Oltre a ciò, riguardo alla pandemia di COVID-19, la Commissione avrebbe concesso al Regno Unito un termine eccezionale di quattro mesi per rispondere alla lettera di diffida, mentre il termine ordinario sarebbe stato di soli due mesi. Inoltre, il numero di casi di COVID-19 in tale Stato si sarebbe collocato a uno dei suoi livelli più bassi nell’estate del 2020.

37

In quarto luogo, contrariamente a quanto afferma il Regno Unito, risulterebbe chiaramente dalla sua lettera dell’11 settembre 2020 che il diritto di utilizzare carburante marcato sarebbe stato soppresso, nella maggior parte dei settori, soltanto a partire dal mese di aprile 2022. La discrepanza fra gli impegni assunti da tale Stato di eseguire in tempo utile la sentenza di accertamento dell’inadempimento e l’assenza di risultati tangibili in un futuro prevedibile avrebbe indotto la Commissione ad azionare il procedimento previsto all’articolo 260, paragrafo 2, TFUE. Soltanto dopo che quest’ultima aveva proposto un ricorso sulla base di tale disposizione, detto Stato si sarebbe impegnato ad adottare la normativa derivata necessaria.

38

In quinto luogo, il Regno Unito invocherebbe erroneamente l’articolo 260, paragrafo 3, TFUE, dato che il procedimento per inadempimento che ha portato alla pronuncia della sentenza di accertamento dell’inadempimento avrebbe riguardato la trasposizione scorretta di una direttiva, e non già una mancata comunicazione delle misure di trasposizione.

39

Nella controreplica il Regno Unito ribatte, in primo luogo, che la legge finanziaria del 2020 gli ha consentito, sin dalla sua entrata in vigore, il 1o ottobre 2021, di conformarsi alla direttiva 95/60.

40

In secondo luogo, esso sostiene che un inadempimento dell’articolo 260, paragrafo 1, TFUE non può risultare dal mero fatto di non aver adottato le misure necessarie prima della scadenza del termine fissato nella lettera di diffida, salvo riconoscere in capo alla Commissione il potere – non conferitole da tale disposizione – di fissare il termine di esecuzione di una sentenza della Corte di accertamento di un inadempimento. Peraltro, nell’esercizio dei suoi poteri discrezionali, tale istituzione non potrebbe, a meno di violare i principi di certezza del diritto e di proporzionalità, adire la Corte ai sensi dell’articolo 260, paragrafo 2, TFUE quando lo desideri e senza esaminare se l’esecuzione della sentenza della Corte fosse «possibile». Inoltre, si dovrebbe ravvisare una violazione del principio della parità di trattamento nel fatto che i termini concessi dalla Commissione ad altri Stati membri per conformarsi ad una sentenza della Corte di accertamento di un inadempimento sarebbero stati, in taluni casi, considerevolmente più lunghi di quello concesso nel caso di specie.

41

In terzo, e ultimo, luogo, la Commissione avrebbe travisato le affermazioni del Regno Unito relative alle difficoltà pratiche in questione e non avrebbe trattato in maniera adeguata tali difficoltà. Inoltre, essa avrebbe adito la Corte sulla base di un’interpretazione erronea della lettera dell’11 settembre 2020. Quest’ultima non indicherebbe, contrariamente a quanto sostiene la Commissione, che il divieto di utilizzare il carburante marcato per le imbarcazioni private da diporto si applicherebbe solo a partire dal mese di aprile 2022, bensì preciserebbe che, in tale data, sarebbero entrate in vigore talune modifiche eccedenti gli obblighi risultanti dalla sentenza di accertamento dell’inadempimento.

Giudizio della Corte

42

In forza dell’articolo 260, paragrafo 2, TFUE, se ritiene che lo Stato membro in questione non abbia preso le misure necessarie che l’esecuzione della sentenza della Corte comporta‚ la Commissione, dopo aver posto tale Stato in condizione di presentare osservazioni, può adire la Corte, precisando l’importo della somma forfettaria o della penalità da versare da parte di detto Stato, che essa consideri adeguato alle circostanze.

43

Occorre rilevare che, per quanto riguarda il procedimento per inadempimento ai sensi dell’articolo 260, paragrafo 2, TFUE, si deve assumere come data di riferimento per valutare l’esistenza di un inadempimento siffatto quella della scadenza del termine fissato nella lettera di diffida emanata a norma di tale disposizione [sentenza del 20 gennaio 2022, Commissione/Grecia (Recupero di aiuti di stato – Ferro-nichel), C‑93/20, EU:C:2022:36, punto 61 e giurisprudenza ivi citata].

44

Inoltre, va ricordato che il procedimento di inadempimento si fonda sull’oggettiva constatazione del mancato rispetto, da parte di uno Stato membro, degli obblighi che gli impongono il Trattato o un atto di diritto derivato [sentenza del 12 novembre 2019, Commissione/Irlanda (Parco eolico di Derrybrien), C-261/18, EU:C:2019:955, punto 92].

45

Nel caso di specie, come risulta dal punto 20 della presente sentenza, il 15 maggio 2020 la Commissione ha inviato una lettera di diffida al Regno Unito ai sensi del procedimento previsto dall’articolo 260, paragrafo 2, TFUE. Pertanto, la data di riferimento menzionata al punto 43 della presente sentenza è quella della scadenza del termine fissato in tale lettera, ossia il 15 settembre 2020.

46

È evidente che, a tale data, il Regno Unito non aveva adottato tutte le misure necessarie al fine di dare esecuzione alla sentenza di accertamento dell’inadempimento. Infatti, sebbene a tale data risultasse adottata la legge finanziaria del 2020, che conteneva la delega legislativa necessaria affinché questo Stato si conformasse alla sentenza, detta legge è entrata in vigore solo il 1o ottobre 2021, cosicché, prima di quest’ultima data, l’utilizzo di carburante marcato per la propulsione di imbarcazioni private da diporto era autorizzato in tutto il suddetto Stato.

47

Tale constatazione non è messa in discussione dagli argomenti del Regno Unito. Per quanto riguarda, in primo luogo, l’argomento di tale Stato secondo cui la Commissione deve dimostrare che era per essa ragionevolmente possibile dare esecuzione alla sentenza di accertamento dell’inadempimento prima della data di scadenza del termine fissato nella lettera di diffida, è sufficiente rilevare che, seppure spetti alla Commissione, nell’ambito di un procedimento ai sensi dell’articolo 260, paragrafo 2, TFUE, fornire alla Corte gli elementi necessari a stabilire il livello di esecuzione da parte di uno Stato membro di una sentenza di condanna per inadempimento (sentenza del 2 dicembre 2014, Commissione/Italia, C‑196/13, EU:C:2014:2407, punto 48 e giurisprudenza ivi citata), non si può imporre alla Commissione l’onere di provare che l’esecuzione di una sentenza di accertamento dell’inadempimento è possibile alla data di scadenza del termine fissato nella lettera di diffida inviata da tale istituzione allo Stato membro interessato.

48

Per quanto riguarda, in secondo luogo, l’argomento del Regno Unito secondo cui la lettera di diffida e il presente ricorso erano prematuri, in particolare perché era per esso impossibile, a causa di difficoltà pratiche, conformarsi pienamente alla sentenza di accertamento dell’inadempimento prima della scadenza del termine fissato in tale lettera, occorre ricordare, sotto un primo profilo, che, sebbene l’articolo 260, paragrafo 1, TFUE non precisi il termine entro il quale l’esecuzione di una sentenza di accertamento dell’inadempimento deve avvenire, l’interesse collegato a un’applicazione immediata e uniforme del diritto dell’Unione impone, in base a una giurisprudenza consolidata, che questa esecuzione sia avviata immediatamente e venga completata nel più breve termine possibile [sentenza del 12 novembre 2019, Commissione/Irlanda (Parco eolico di Derrybrien), C‑261/18, EU:C:2019:955, punto 123 e giurisprudenza ivi citata].

49

Sotto un secondo profilo, contrariamente a quanto sostiene il Regno Unito, dalla giurisprudenza non si può inferire che lo Stato membro interessato possa addurre difficoltà pratiche per giustificare la mancata esecuzione di una sentenza della Corte. Infatti, secondo una giurisprudenza costante, uno Stato membro non può eccepire disposizioni, prassi o situazioni del suo ordinamento giuridico interno per giustificare l’inosservanza degli obblighi risultanti dal diritto dell’Unione [sentenza del 12 novembre 2019, Commissione/Irlanda (Parco eolico di Derrybrien), C‑261/18, EU:C:2019:955, punto 89 e giurisprudenza ivi citata].

50

Come rilevato dall’avvocato generale ai paragrafi 18 e 20 delle sue conclusioni, non si può ritenere che tale giurisprudenza riguardi unicamente le difficoltà giuridiche e politiche, cosicché le difficoltà pratiche potrebbero giustificare la mancata esecuzione di una sentenza della Corte di accertamento di un inadempimento ai sensi dell’articolo 258 TFUE.

51

Ciò posto, nel caso di specie, la mancata esecuzione della sentenza di accertamento dell’inadempimento non può essere giustificata dalle difficoltà interne o pratiche né dalle circostanze particolari, invocate dal Regno Unito nel corso della fase precontenziosa e del presente procedimento, connesse in particolare alla procedura legislativa, alle elezioni generali, alle consultazioni pubbliche, alle caratteristiche geografiche, alla varietà nelle dimensioni dei porti, alle difficoltà di fornire al contempo carburante marcato e carburante non marcato, a preoccupazioni di ordine economico e di sicurezza nonché alla pandemia di COVID-19.

52

Occorre altresì respingere l’argomentazione del Regno Unito secondo cui la Commissione, da un lato, ha snaturato le sue affermazioni relative alle difficoltà pratiche che esso avrebbe dovuto affrontare nell’esecuzione di tale sentenza e, dall’altro, ha trattato in modo inadeguato tali difficoltà.

53

In terzo luogo, per quanto riguarda l’argomentazione del Regno Unito secondo cui il termine di quattro mesi concesso dalla Commissione nella sua lettera di diffida per presentare osservazioni sull’esecuzione della sentenza di accertamento dell’inadempimento era irragionevole ed insufficiente, si deve rilevare che dalla giurisprudenza risulta che gli obiettivi del procedimento precontenzioso, ovverosia dare allo Stato membro interessato l’opportunità di conformarsi agli obblighi ad esso incombenti in forza del diritto dell’Unione e di sviluppare un’utile difesa contro gli addebiti formulati dalla Commissione, impongono a quest’ultima di concedere un termine ragionevole agli Stati membri per rispondere alla lettera di diffida e per conformarsi alla sentenza di condanna per inadempimento pronunciata ai sensi dell’articolo 258 TFUE, o, se del caso, per preparare la loro difesa, ove, per valutare la ragionevolezza del termine impartito, si deve tener conto del complesso delle circostanze caratterizzanti la fattispecie che viene in rilievo [v., per analogia, sentenza del 16 luglio 2020, Commissione/Romania (Antiriciclaggio), C‑549/18, EU:C:2020:563, punto 70 e giurisprudenza ivi citata].

54

Nel caso di specie, occorre constatare che il termine di quattro mesi concesso dalla Commissione nella sua lettera di diffida non era né irragionevole né insufficiente, tenuto conto in particolare del fatto che, complessivamente, sono trascorsi quasi 23 mesi fra la pronuncia della sentenza di accertamento dell’inadempimento e la scadenza di tale termine.

55

In quarto luogo, nei limiti in cui il Regno Unito fa valere che il presente ricorso era prematuro, è sufficiente ricordare che da una giurisprudenza costante della Corte risulta che la Commissione – nella sua qualità di custode dei Trattati in forza dell’articolo 17, paragrafo 1, seconda frase, TUE – dispone di un potere discrezionale per decidere sull’opportunità di agire contro uno Stato membro e sul momento in cui avviare il procedimento per inadempimento contro quest’ultimo, mentre le motivazioni sottese a tale decisione non possono avere alcuna incidenza sulla ricevibilità dell’azione e neppure essere oggetto di un sindacato giurisdizionale da parte della Corte [v., in tal senso, sentenze del 13 gennaio 2021, Commissione/Slovenia (MiFID II)C‑628/18, EU:C:2021:1, punti 4748, nonché dell’8 marzo 2022, Commissione/Regno Unito (Lotta contro la frode da sottovalutazione), C‑213/19, EU:C:2022:167, punto 203 e giurisprudenza ivi citata].

56

In considerazione di tale potere discrezionale, si deve altresì respingere l’argomento del Regno Unito secondo cui la Commissione avrebbe violato il principio della parità di trattamento perché avrebbe concesso ad altri Stati membri termini considerevolmente più lunghi di quello da essa concesso al Regno Unito per dare esecuzione alla sentenza di accertamento dell’inadempimento [v., in tal senso, sentenza del 13 gennaio 2021, Commissione/Slovenia (MiFID II), C‑628/18, EU:C:2021:1, punto 53].

57

In quinto luogo, riguardo all’argomento del Regno Unito secondo cui il presente ricorso si basa su un errore di interpretazione commesso da tale istituzione, che avrebbe snaturato la lettera dell’11 settembre 2020, anche supponendo che quest’ultima non indichi, contrariamente a quanto sostiene la Commissione, che il divieto di utilizzare il carburante marcato per le imbarcazioni private da diporto si applicherebbe solo a partire dal mese di aprile 2022, tale circostanza è irrilevante ai fini della valutazione della fondatezza del presente ricorso e non può rimettere in discussione la constatazione di cui al punto 46 della presente sentenza, secondo la quale, il 15 settembre 2020, il Regno Unito non aveva adottato tutte le misure necessarie per dare esecuzione alla sentenza di accertamento dell’inadempimento.

58

In sesto, e ultimo, luogo, contrariamente a quanto sostenuto dal Regno Unito, la Commissione non poteva, in occasione del ricorso da essa proposto nella causa che ha dato luogo alla sentenza di accertamento dell’inadempimento, chiedere alla Corte, in forza dell’articolo 260, paragrafo 3, TFUE, di infliggere sanzioni pecuniarie a tale Stato. Infatti, tale ricorso è stato proposto non già a causa del fatto che detto Stato era venuto meno al suo obbligo di comunicazione delle misure di trasposizione della direttiva 95/60, bensì a causa di una trasposizione scorretta di tale direttiva. Orbene, non spetta alla Corte esaminare, nell’ambito di un procedimento giurisdizionale avviato ai sensi dell’articolo 260, paragrafo 3, TFUE, se uno Stato membro abbia trasposto in modo corretto una direttiva [v., in tal senso, sentenza del 25 febbraio 2021, Commissione/Spagna (Direttiva sui dati personali – Settore penale), C‑658/19, EU:C:2021:138, punto 30 e giurisprudenza ivi citata].

59

In considerazione di tutto quanto precede, si deve dichiarare che il Regno Unito, non avendo adottato, alla data di scadenza del termine impartito nella lettera di diffida emessa dalla Commissione, ossia il 15 settembre 2020, tutte le misure che l’esecuzione della sentenza di accertamento dell’inadempimento comporta, è venuto meno agli obblighi ad esso incombenti in forza dell’articolo 260, paragrafo 1, TFUE.

Sulla somma forfettaria

Argomenti delle parti

60

La Commissione ritiene che ogni prolungata mancata esecuzione di una sentenza della Corte rappresenti, di per sé, un grave pregiudizio al principio di legalità e alla certezza del diritto e, pertanto, essa chiede – riferendosi ai punti 10 e seguenti della sua comunicazione SEC(2005) 1658, del 12 dicembre 2005, intitolata «Applicazione dell’articolo [260 TFUE]» (GU 2007, C 126, pag. 15; in prosieguo: la «comunicazione del 2005») – che sia inflitta una somma forfettaria al Regno Unito.

61

La Commissione si basa sulla comunicazione del 2005 e sulla comunicazione intitolata «Aggiornamento dei dati utilizzati per il calcolo delle somme forfettarie e delle penalità che la Commissione propone alla Corte di giustizia dell’Unione europea nell’ambito dei procedimenti d’infrazione» (GU 2020, C 301, pag. 1; in prosieguo: la «comunicazione del 2020») per chiedere che tale somma forfettaria sia calcolata moltiplicando l’importo giornaliero di EUR 35873,20 per il numero di giorni trascorsi fra la data di pronuncia della sentenza di accertamento dell’inadempimento e la data in cui il Regno Unito si è conformato a tale sentenza. Tale importo risulterebbe dalla moltiplicazione di un importo forfettario di base uniforme per un coefficiente di gravità e per un fattore «n». La Commissione precisa che la somma forfettaria così ottenuta non può essere inferiore a un importo di EUR 8901000.

62

In primo luogo, la Commissione rileva che dalla comunicazione del 2020 risulta, da un lato, che l’importo forfettario di base uniforme è fissato in EUR 1052 e, dall’altro, che il fattore «n», preso in considerazione al fine di assicurare l’effetto dissuasivo della sanzione, ammonta, per il Regno Unito, a 3,41.

63

In secondo luogo, in ordine alla gravità dell’infrazione, la Commissione rileva che l’obiettivo perseguito dalla direttiva 95/60 è quello di completare la direttiva 2003/96 e di promuovere la realizzazione nonché il buon funzionamento del mercato interno, consentendo l’individuazione agevole e rapida del gasolio non soggetto alla normale aliquota fiscale. Orbene, non avendo adottato le misure necessarie per evitare l’uso abusivo di prodotti marcati, tale Stato avrebbe reso difficile, se non impossibile, per le autorità degli altri Stati membri, in particolare per quelle aventi acque vicine al Regno Unito, stabilire se un’imbarcazione privata da diporto che si rifornisce di carburante marcato nei porti del Regno Unito e raggiunge poi le acque di tali Stati membri trasporti carburante legalmente tassato all’aliquota piena nel Regno Unito. Inoltre, dal documento del governo del Regno Unito del 15 luglio 2019, intitolato «Implementation of the Court of Justice of the European Union (CJEU) judgment on diesel fuel used in private pleasure craft» [esecuzione della sentenza della Corte di giustizia dell’Unione europea (CGUE) sull’uso del gasolio ai fini della navigazione privata da diporto], mediante il quale è stata avviata una consultazione pubblica in detto Stato, emerge che un numero considerevole di imbarcazioni private da diporto è stato inciso dalla mancata adozione di tali misure necessarie da parte del medesimo Stato. Pertanto, occorrerebbe adottare un coefficiente di gravità di 10 su 20.

64

Il Regno Unito replica che, anche nell’ipotesi in cui la Corte dovesse constatare la mancata esecuzione della sentenza di accertamento dell’inadempimento, non dovrebbe essergli inflitta alcuna sanzione pecuniaria e, in subordine, che tale sanzione dovrebbe limitarsi a una somma forfettaria non superiore a EUR 250000.

65

Per quanto riguarda il grado di gravità dell’infrazione e la capacità finanziaria dello Stato membro, si dovrebbe tener conto, sulla scorta della giurisprudenza costante, da un lato, delle conseguenze dell’omessa esecuzione della sentenza di condanna per inadempimento sugli interessi privati e pubblici e, dall’altro, dell’urgenza di indurre lo Stato membro di cui trattasi a conformarsi ai suoi obblighi (v., in tal senso, sentenza del 12 luglio 2005, Commissione/Francia, C‑304/02, EU:C:2005:444, punto 104; del 14 marzo 2006, Commissione/Francia, C‑177/04, EU:C:2006:173, punto 62, e del 10 gennaio 2008, Commissione/Portogallo, C‑70/06, EU:C:2008:3, punto 39).

66

Per quanto riguarda, in primo luogo, la gravità della mancata esecuzione, non potrebbe che trattarsi di un’infrazione limitata e di una gravità molto modesta, cosicché occorrerebbe adottare un approccio analogo a quello adottato dalla Corte nella sentenza del 10 gennaio 2008, Commissione/Portogallo (C‑70/06, EU:C:2008:3), e, pertanto, adottare un fattore di gravità non superiore a 3.

67

In primis, il Regno Unito rileva che l’atto di ricorso della Commissione non conterrebbe alcuna analisi dell’importanza della norma dell’Unione che è stata oggetto dell’infrazione di cui trattasi.

68

In secundis, la Commissione dovrebbe accertare non solo l’esistenza di una mancata esecuzione di una sentenza di condanna per inadempimento, ma anche le conseguenze di tale mancata esecuzione sul mercato interno e sugli interessi generali e particolari. Orbene, secondo il Regno Unito, le infrazioni alla direttiva 95/60 hanno solo conseguenze estremamente limitate su tali interessi, tenuto conto del sistema completo da esso istituito per verificare che gli utilizzatori delle imbarcazioni private da diporto abbiano versato l’importo adeguato dell’imposta. Non vi sarebbero quindi né perdite fiscali né un pregiudizio per il mercato interno. Inoltre, per quanto riguarda le difficoltà addotte dalla Commissione in merito alla verifica da parte degli altri Stati membri che l’imposta sia stata debitamente versata nel Regno Unito, quest’ultimo Stato sostiene, da un lato, che tali difficoltà non sono supportate da alcuna prova e, dall’altro, che il sistema di verifica da esso istituito poteva essere utilizzato dalle autorità di tali altri Stati membri.

69

Inoltre, la non conformità sarebbe minima in quanto, nel Regno Unito, meno dello 0,2% del carburante marcato sarebbe stato utilizzato per la propulsione di imbarcazioni private da diporto per il periodo compreso tra il 2017 e il 2019.

70

In tale contesto, occorrerebbe altresì tenere conto del fatto che, dopo la scadenza del periodo transitorio, il 31 dicembre 2020, l’obbligo del Regno Unito di conformarsi alla sentenza di accertamento dell’inadempimento riguarda ormai solo l’Irlanda del Nord. Il Regno Unito sostiene, a questo proposito, che il numero di imbarcazioni private da diporto in Irlanda del Nord è stimato in 1500 e che nel periodo compreso tra il 1o gennaio e il 22 marzo 2021 sarebbero stati forniti agli utilizzatori di queste imbarcazioni solo 132 litri di carburante marcato.

71

In tertiis, dalla giurisprudenza della Corte risulterebbe che quest’ultima tiene conto, per determinare la gravità dell’inadempimento, delle difficoltà nell’ottemperare. Peraltro, procedendo ad una consultazione pubblica nel corso del 2019 e adottando la normativa primaria di cui trattasi, il Regno Unito avrebbe realizzato progressi significativi dopo la pronuncia della sentenza di accertamento dell’inadempimento. Inoltre, esso avrebbe agito in buona fede in quanto ha regolarmente aggiornato la Commissione sulle misure adottate. Occorrerebbe altresì tener conto del fatto che si tratta del primo ricorso proposto contro tale Stato a titolo di mancata esecuzione di una sentenza della Corte.

72

Per quanto riguarda, in secondo luogo, la durata dell’inadempimento, il periodo di mancata esecuzione comincerebbe a decorrere solo dal momento in cui secondo la Corte era in concreto possibile dare esecuzione alla sentenza di accertamento dell’inadempimento. In effetti, dalla sentenza del 28 novembre 2013, Commissione/Lussemburgo (C‑576/11, EU:C:2013:773) risulterebbe che, al fine di valutare tale durata, occorre tener conto delle difficoltà pratiche.

73

In terzo luogo, il Regno Unito afferma che il fattore «n» del 3,41, che è stato adottato nella comunicazione del 2020, è eccessivo.

74

In primis, la capacità finanziaria non potrebbe più essere fondata sul prodotto interno lordo (PIL) del Regno Unito nel suo insieme, dato che, a partire dalla fine del periodo di transizione, gli obblighi imposti dalla direttiva 95/60 e dall’articolo 260 TFUE si applicano al Regno Unito soltanto relativamente all’Irlanda del Nord. Ebbene, l’economia nord-irlandese avrebbe rappresentato circa il 2,28% dell’economia del Regno Unito per l’anno 2018, cosicché il fattore «n» dovrebbe essere adeguato proporzionalmente. A tal riguardo, occorrerebbe distinguere la presente causa da quella che ha dato luogo alla sentenza dell’11 dicembre 2012, Commissione/Spagna (C‑610/10, EU:C:2012:781), nella quale la Corte ha respinto l’argomento del Regno di Spagna secondo cui doveva essere preso in considerazione solo il PIL del Paese basco, in quanto la violazione delle norme dell’Unione riguardava unicamente tale parte del Regno di Spagna. Infatti, in quella causa, le norme dell’Unione si applicavano a detto Stato membro nel suo insieme, mentre, nel caso di specie, la direttiva 95/60 si applica ormai al Regno Unito solo per quanto riguarda l’Irlanda del Nord. Peraltro, poiché la Commissione ha ritenuto che il fattore «n» dovesse essere ricalcolato dopo la fine del periodo di transizione, sarebbe contraddittorio persistere nell’utilizzare il PIL totale del Regno Unito dopo tale periodo.

75

In secundis, si dovrebbe tener conto del fatto che il Regno Unito non dispone più di alcun seggio al Parlamento europeo.

76

In tertiis, la Corte dovrebbe tenere conto delle informazioni più recenti in materia di PIL. A tal riguardo, il rappresentante del Regno Unito ha precisato, in udienza, che, relativamente all’anno 2020, il PIL di tale Stato ammontava a 2156073 milioni di sterline inglesi (GBP) (circa EUR 2423426 milioni).

77

Nella replica, la Commissione rileva che la Corte può infliggere al Regno Unito una sanzione più elevata di quella da essa stessa proposta.

78

In primo luogo, in ordine alla gravità dell’inadempimento, la Commissione ricorda che la chiarezza dell’obbligo violato svolge un ruolo importante nel valutare la gravità dell’infrazione. Del pari, la questione sarebbe non già di sapere se il Regno Unito abbia rispettato la finalità della direttiva 2003/96, ma piuttosto se esso si sia conformato all’obbligo chiaro e indispensabile previsto dalla direttiva 95/60 di sopprimere il diritto delle imbarcazioni private da diporto di utilizzare carburante marcato. Peraltro, non spetterebbe alla Commissione dimostrare che le conseguenze dell’infrazione si sono effettivamente concretizzate.

79

Inoltre, secondo la Commissione, rileva unicamente il fatto che le imbarcazioni private da diporto abbiano avuto accesso alle acque di diversi Stati membri utilizzando carburante marcato, con riferimento al quale le autorità di tali Stati hanno potuto legittimamente supporre che non fosse stato tassato.

80

Del resto, il Regno Unito avrebbe ritardato per due volte l’adozione della normativa derivata pertinente. Inoltre, solo dopo la proposizione del presente ricorso tale Stato ne avrebbe anticipato l’adozione. Infine, la Commissione avrebbe tenuto conto del fatto che si tratta del primo procedimento per mancata esecuzione di una sentenza della Corte nei confronti di tale Stato.

81

In udienza, la Commissione ha fatto valere che non occorreva diminuire il fattore di gravità a seguito della riduzione della portata territoriale dell’infrazione, poiché tale riduzione risultava dall’accordo di recesso, e non da misure adottate dal Regno Unito per dare esecuzione alla sentenza di accertamento dell’inadempimento.

82

In secondo luogo, in ordine alla durata dell’infrazione, non occorrerebbe tener conto di difficoltà pratiche né del fatto che il Regno Unito ha compiuto sforzi in buona fede.

83

In terzo luogo, per quanto riguarda il fattore «n», la Commissione ricorda, in primis, che il presente procedimento è stato avviato prima della fine del periodo di transizione e che, in forza degli articoli 127 e 131 dell’accordo di recesso, il Regno Unito restava responsabile, nel suo insieme, dell’applicazione e del rispetto del diritto dell’Unione durante detto periodo.

84

In secundis, il numero di seggi di cui dispone uno Stato membro al Parlamento sarebbe utilizzato come variabile per determinare il fattore «n» poiché costituirebbe un indicatore utile delle dimensioni di tale Stato membro, cosicché il fatto che il Regno Unito non detenga più alcun seggio al Parlamento sarebbe irrilevante e sarebbe, del resto, una conseguenza diretta dell’accordo di recesso da esso firmato. La Commissione rileva che, in ogni caso, tale Stato era rappresentato al Parlamento nel momento in cui è stato accertato l’inadempimento, nel corso del 2018.

85

In tertiis, per quanto riguarda l’affermazione del Regno Unito secondo cui il fattore «n» dovrebbe essere ridotto per ragioni economiche, la Commissione ha indicato, in udienza, che le cifre comunicate dal Regno Unito relative al 2020 potevano essere considerate attendibili. Inoltre, secondo la comunicazione della Commissione intitolata «Adeguamento del calcolo delle somme forfettarie e delle penalità proposte dalla Commissione nell’ambito dei procedimenti d’infrazione dinanzi alla Corte di giustizia dell’Unione europea a seguito del recesso del Regno Unito» (GU 2021, C 129, pag. 1; in prosieguo: la comunicazione del 2021), il fattore «n» dovrebbe ormai essere fissato a 3,70 per le infrazioni commesse da tale Stato e la somma forfettaria minima dovrebbe essere fissata in EUR 8215000.

86

Nella sua controreplica, il Regno Unito ha indicato che si sarebbe conformato alla direttiva 95/60 il 1o ottobre 2021. La Commissione non potrebbe quindi chiedere l’irrogazione di sanzioni pecuniarie, poiché lo scopo di queste ultime, come risulterebbe dalla sentenza del 7 settembre 2016, Commissione/Grecia (C-584/14, EU:C:2016:636, punto 70), è quello di incoraggiare la rapida esecuzione di una sentenza della Corte di accertamento di un inadempimento nel caso in cui tale inadempimento perduri.

87

In primo luogo, riguardo alla gravità dell’inadempimento, tale Stato contesta l’argomento della Commissione secondo cui dal primo considerando della direttiva 95/60 si evincerebbe la necessità di considerare che gli obblighi derivanti da tale direttiva sono importanti. Infatti, da un lato, come emergerebbe dalla sentenza del 25 giugno 2013, Commissione/Repubblica ceca (C‑241/11, EU:C:2013:423, punto 54), le indicazioni di un considerando avrebbero uno scarso valore analitico al fine di valutare l’importanza relativa di una norma rispetto ad altre norme dell’Unione e, dall’altro, numerose direttive conterrebbero termini equivalenti.

88

Inoltre, occorrerebbe tener conto dell’obiettivo finale perseguito dalla direttiva 95/60 di attuare un sistema armonizzato di imposizione delle accise sul gasolio. Per giunta, la Commissione confonderebbe la questione della conformità a tale direttiva con quella dei fattori pertinenti per valutare la gravità di una non conformità.

89

Peraltro, la circostanza che il carburante marcato fornito agli utilizzatori di imbarcazioni private da diporto nel Regno Unito rappresentasse lo 0,2% del carburante marcato distribuito in tale Stato e che il carburante marcato fornito a tali utilizzatori in Irlanda del Nord ammontasse allo 0,02% del mercato del Regno Unito nei mesi da giugno ad agosto 2019 sarebbe determinante.

90

Analogamente, il fatto che la Commissione abbia fatto riferimento solo a notizie di stampa non comprovate relative ad ammende irrogate, in un solo Stato membro, agli utilizzatori di imbarcazioni private da diporto del Regno Unito e che essa non abbia presentato alcuna prova che una simile ammenda sia stata inflitta dopo il maggio 2018 dimostrerebbe l’impatto limitato della mancata conformità alla direttiva 95/60. Ebbene, dalla sentenza del 10 settembre 2009, Commissione/Portogallo (C‑457/07, EU:C:2009:531, punto 98) si evincerebbe che quando, come nella presente causa, uno Stato membro ha prodotto informazioni dettagliate che dimostrano l’effetto limitato o l’assenza di effetti di un’infrazione, incombe alla Commissione dimostrare le ragioni per le quali la Corte dovrebbe aderire alla sua posizione. Infine, la Commissione non potrebbe basarsi sull’inadempimento iniziale per negare la buona fede del Regno Unito.

91

In secondo luogo, per quanto riguarda il fattore «n», occorrerebbe tener conto del fatto che il diritto dell’Unione si applica ormai al Regno Unito soltanto per quanto riguarda l’Irlanda del Nord, la quale, come affermato dal Regno Unito in udienza, rappresentava il 2,25% del PIL del Regno Unito nel 2020. In effetti, la Corte dovrebbe basarsi sulle dimensioni dell’economia del territorio al quale si applica il diritto dell’Unione alla data della sentenza che sarà pronunciata nella presente causa.

92

In udienza, il Regno Unito ha parimenti sostenuto che, a partire dal suo recesso dall’Unione, esso si troverebbe in una situazione diversa rispetto a quella degli Stati membri, cosicché occorrerebbe applicargli un trattamento diverso, in particolare per quanto riguarda il fattore «n», e ridurre l’importo della somma forfettaria.

Giudizio della Corte

93

In via preliminare, occorre constatare che, sebbene il 1o ottobre 2021 il Regno Unito abbia posto fine all’inadempimento del suo obbligo di dare piena esecuzione alla sentenza di accertamento dell’inadempimento e sebbene pertanto, nel caso di specie, l’inadempimento non sia perdurato fino all’esame dei fatti da parte della Corte, la Commissione, come risulta dal punto 27 della presente sentenza, ha mantenuto la sua domanda diretta alla condanna di tale Stato al pagamento di una somma forfettaria.

94

Orbene, occorre rilevare, al riguardo, che un ricorso con cui la Commissione chieda, come nel caso di specie, l’imposizione di una somma forfettaria non può essere respinto per il solo motivo che riguarda un inadempimento che, pur essendo perdurato nel tempo, nel momento in cui la Corte esamina i fatti controversi è ormai cessato [sentenza del 13 gennaio 2021, Commissione/Slovenia (MiFID II), C‑628/18, EU:C:2021:1, punto 70].

95

In via principale, si deve ricordare che spetta alla Corte, in ciascuna causa e in funzione delle circostanze del caso di specie sottoposto al suo esame, nonché del livello di persuasione e di dissuasione che le appaia necessario, stabilire le sanzioni pecuniarie appropriate, in particolare per prevenire il reiterarsi di analoghe infrazioni al diritto dell’Unione [sentenza del 20 gennaio 2022, Commissione/Grecia (Recupero di aiuti di stato – Ferro-nichel), C‑51/20, EU:C:2022:36, punto 86 e giurisprudenza ivi citata].

96

La condanna al pagamento di una somma forfettaria e la fissazione dell’eventuale importo di detta somma devono restare correlati, in ciascun caso di specie, al complesso degli elementi rilevanti relativi tanto alle caratteristiche dell’inadempimento accertato quanto all’atteggiamento specifico dello Stato membro interessato dal procedimento avviato in base all’articolo 260 TFUE. A tal proposito, quest’ultimo attribuisce alla Corte un ampio potere discrezionale nel decidere in merito all’irrogazione o meno di una siffatta sanzione e nel determinarne eventualmente l’importo. Inoltre, spetta alla Corte, nell’esercizio del proprio potere discrezionale, fissare l’importo di detta somma forfettaria in modo che essa sia, da un lato, adeguata alle circostanze e, dall’altro, proporzionata all’infrazione commessa. Tra i fattori rilevanti a tal fine si annoverano in particolare elementi quali la gravità dell’infrazione constatata, la sua durata dopo la pronuncia della sentenza che l’ha constatata e la capacità finanziaria dello Stato membro di cui trattasi [v., in tal senso, sentenza del 12 novembre 2019, Commissione/Irlanda (Parco eolico di Derrybrien), C‑261/18, EU:C:2019:955, punti 113114 nonché giurisprudenza ivi citata].

97

In primo luogo, per quanto attiene alla gravità dell’infrazione, occorre ricordare l’importanza della norma violata ai fini dell’instaurazione del mercato interno, che, come risulta dalla sentenza del 20 gennaio 2022, Commissione/Grecia (Recupero di aiuti di stato – Ferro-nichel), (C‑51/20, EU:C:2022:36, punto 98), costituisce uno dei compiti essenziali conferiti all’Unione in forza dell’articolo 3, paragrafo 3, TUE.

98

A tal riguardo, come risulta dai punti 44 e 46 della sentenza di accertamento dell’inadempimento, da un lato, in forza dell’articolo 1 della direttiva 95/60, letto alla luce del suo terzo considerando, gli Stati membri sono tenuti ad applicare un sistema di marcatura fiscale come quello previsto da tale direttiva, fra l’altro, al gasolio che non è tassato all’aliquota piena e, dall’altro, l’obiettivo perseguito da detta direttiva, ossia completare la direttiva 2003/96 e promuovere la realizzazione e il buon funzionamento del mercato interno, consentendo l’individuazione agevole e rapida del gasolio non soggetto alla normale aliquota d’imposta, non potrebbe essere raggiunto se agli Stati membri fosse consentito autorizzare l’utilizzo della marcatura fiscale anche per il gasolio destinato ad usi soggetti all’aliquota normale d’imposta.

99

Peraltro, le misure previste dalla direttiva 95/60 sono, conformemente al suo primo considerando, non solo necessarie, ma anche indispensabili per la realizzazione degli obiettivi del mercato interno.

100

Certo, il Regno Unito sostiene di aver introdotto un sistema completo idoneo a consentire di verificare che gli utilizzatori di imbarcazioni private da diporto abbiano versato l’importo adeguato dell’imposta e sostiene che tale sistema potrebbe essere utilizzato anche dalle autorità degli Stati membri, nel corso di controlli successivi, che, in ogni caso, non sono l’obiettivo principale della direttiva 95/60.

101

Ciò premesso, è sufficiente ricordare, a tal riguardo, che, ai punti 52 e 53 della sentenza di accertamento dell’inadempimento, la Corte ha dichiarato che la marcatura fiscale del gasolio esente o tassato a un’aliquota ridotta, prevista dalla direttiva 95/60, mira precisamente, a facilitare i controlli del pagamento effettivo delle accise adeguate nello Stato membro dell’immissione in consumo da parte delle autorità fiscali di un altro Stato membro, e che poco importa che esistano altri mezzi di controllo, come la produzione di una ricevuta attestante il pagamento della differenza di accisa, suggerita dal Regno Unito.

102

Peraltro, occorre altresì ricordare che l’obbligo di adottare le misure nazionali per garantire la trasposizione completa di una direttiva costituisce un obbligo fondamentale degli Stati membri al fine di assicurare la piena efficacia del diritto dell’Unione e che l’inadempimento di tale obbligo deve, pertanto, essere ritenuto di una gravità certa [v., per analogia, sentenza del 25 febbraio 2021, Commissione/Spagna (Direttiva sui dati personali – Settore penale), C‑658/19, EU:C:2021:138, punto 64 e giurisprudenza ivi citata].

103

Laddove il Regno Unito afferma che la gravità dell’infrazione è minima a causa del fatto che il carburante marcato fornito agli utilizzatori di imbarcazioni private da diporto nel Regno Unito rappresentava lo 0,2% del carburante marcato distribuito in tale Stato, occorre constatare, al pari della Commissione, che l’inadempimento di cui trattasi era idoneo a penalizzare un numero importante di utenti di imbarcazioni private da diporto e, pertanto, a ledere gli interessi privati e pubblici coinvolti. Infatti, tanto i cittadini britannici che volevano recarsi nelle acque degli Stati membri confinanti con il Regno Unito quanto i cittadini di tali Stati membri vicini che volevano recarsi nelle acque del Regno Unito e dovevano ivi rifornirsi di carburante marcato prima di ritornare nelle acque di detti Stati membri rischiavano di trovarsi in difficoltà in occasione dei controlli da parte delle autorità di tali Stati membri e, in particolare, di vedersi infliggere ammende da parte di tali autorità.

104

Inoltre, il Regno Unito stesso ha indicato, nelle sue osservazioni scritte, che un divieto di utilizzare carburante marcato per la propulsione di tali imbarcazioni comportava conseguenze pratiche considerevoli, il che sarebbe privo di senso se il quantitativo di carburante marcato fornito a tal fine fosse trascurabile. Peraltro, dal documento del 15 luglio 2019, intitolato «Implementation of the Court of Justice of the European Union (CJEU) judgment on diesel fuel used in private pleasure craft», mediante il quale è stata avviata nel Regno Unito una consultazione pubblica, emerge che tale Stato disponeva di un numero considerevole di imbarcazioni private da diporto e che una notevole quantità di carburante marcato era utilizzata per la propulsione di tali imbarcazioni.

105

Per quanto riguarda le possibili circostanze attenuanti invocate dal Regno Unito, sotto un primo profilo, alla luce dei punti da 49 a 51 della presente sentenza, occorre respingere l’argomento di tale Stato secondo cui il presente inadempimento sarebbe di gravità molto modesta a causa delle difficoltà pratiche di cui trattasi. Infatti, la Corte ha ripetutamente ricordato, nell’ambito della valutazione della gravità dell’inadempimento, che uno Stato membro non può eccepire disposizioni, prassi o situazioni del suo ordinamento giuridico interno per giustificare l’inosservanza degli obblighi risultanti dal diritto dell’Unione (v., in tal senso, sentenze del 4 dicembre 2014, Commissione/Svezia, C‑243/13, EU:C:2014:2413, punto 53; del 13 luglio 2017, Commissione/Spagna, C‑388/16, EU:C:2017:548, punto 41, e del 25 luglio 2018, Commissione/Spagna, C‑205/17, EU:C:2018:606, punto 62).

106

Sotto un secondo profilo, per quanto concerne il fatto che il Regno Unito, nel corso del procedimento precontenzioso, ha regolarmente comunicato alla Commissione le misure che intendeva adottare al fine di conformarsi alla sentenza di accertamento dell’inadempimento, occorre ricordare che un obbligo di leale cooperazione con la Commissione incombe comunque agli Stati membri in forza dell’articolo 4, paragrafo 3, TUE, il che implica che ogni Stato membro è tenuto ad agevolare tale istituzione nello svolgimento del suo compito, che consiste, ai sensi dell’articolo 17 TUE, nel vigilare, in quanto custode dei Trattati, sull’applicazione del diritto dell’Unione sotto il controllo della Corte [sentenza dell’8 marzo 2022, Commissione/Regno Unito (Lotta contro la frode da sottovalutazione), C‑213/19, EU:C:2022:167, punto 527].

107

Pertanto, solo una cooperazione con la Commissione caratterizzata da iniziative che attestino l’intenzione di conformarsi nel più breve tempo possibile alla sentenza di condanna per inadempimento in questione, pronunciata ai sensi dell’articolo 258 TFUE, potrebbe essere presa in considerazione quale circostanza attenuante nell’ambito della valutazione della gravità dell’infrazione.

108

Orbene, nel caso di specie, contrariamente a quanto il Regno Unito aveva indicato alla Commissione nella sua lettera del 19 dicembre 2018, esso non ha proceduto, nel corso degli anni 2019 e 2020, alle modifiche legislative necessarie per conformarsi alla sentenza di accertamento dell’inadempimento. Peraltro, nei limiti in cui tale Stato ha indicato, nella sua lettera dell’11 settembre 2020, che la decisione relativa al termine di soppressione del diritto di utilizzare carburante marcato per la propulsione di imbarcazioni private da diporto sarebbe stata adottata solo dopo una consultazione pubblica relativa alla soppressione di tale diritto per settori diversi dalla propulsione di tali imbarcazioni, esso ha ammesso che l’esecuzione di tale sentenza avrebbe potuto essere realizzata più rapidamente.

109

In un simile contesto, la cooperazione del Regno Unito con la Commissione nel corso del procedimento precontenzioso non può essere presa in considerazione quale circostanza attenuante.

110

Per contro, sotto un terzo profilo, occorre ammettere, quale circostanza attenuante, il fatto che il Regno Unito abbia adottato una serie di misure sia prima della proposizione del presente ricorso sia in corso di causa al fine di dare esecuzione alla sentenza di accertamento dell’inadempimento e, in particolare, che esso abbia posto fine all’infrazione addebitata con l’entrata in vigore, il 1o ottobre 2021, delle disposizioni della legge finanziaria del 2020 (v., per analogia, sentenza del 31 marzo 2011, Commissione/Grecia, C‑407/09, EU:C:2011:196, punto 41).

111

Analogamente, sotto un quarto profilo, se è vero che le dimensioni dello Stato membro interessato non sono di per sé rilevanti nell’ambito della valutazione della gravità dell’inadempimento, occorre, tuttavia, tener conto del fatto che, dal 1o gennaio 2021, la direttiva 95/60 è ormai applicabile al Regno Unito soltanto per quanto riguarda l’Irlanda del Nord, cosicché la conseguenza dell’inadempimento è ridotta a partire da tale data.

112

Infine, sotto un quinto profilo, occorre prendere in considerazione, quale circostanza attenuante, il fatto che il Regno Unito non avesse, in precedenza, mai omesso di dare esecuzione a una sentenza pronunciata dalla Corte ai sensi dell’articolo 258 TFUE (v. sentenza del 30 maggio 2013, Commissione/Svezia, C‑270/11, EU:C:2013:339, punto 55).

113

Per quanto concerne, in secondo luogo, la durata dell’infrazione, è sufficiente ricordare che essa dev’essere valutata tenendo conto del periodo che è trascorso fra la data della pronuncia della sentenza di condanna per inadempimento di cui trattasi, resa ai sensi dell’articolo 258 TFUE, da un lato, e il momento in cui la Corte valuta i fatti oppure la data in cui lo Stato membro interessato si conforma a tale sentenza se quest’ultima data è anteriore, dall’altro [v., in tal senso, sentenza del 31 marzo 2011, Commissione/Grecia, C‑407/09, EU:C:2011:196, punto 35, e del 12 novembre 2019, Commissione/Irlanda (Parco eolico di Derrybrien), C‑261/18, EU:C:2019:955, punto 122].

114

Nel caso di specie, occorre constatare che sono trascorsi 1079 giorni e, pertanto, quasi tre anni fra la pronuncia della sentenza di accertamento dell’inadempimento e la sua esecuzione da parte del Regno Unito.

115

In terzo luogo, per quanto riguarda la capacità finanziaria, dalla giurisprudenza emerge che occorre basarsi sul PIL dello Stato membro interessato quale fattore predominante, ai fini della valutazione della sua capacità finanziaria e della fissazione di sanzioni sufficientemente dissuasive e proporzionate, allo scopo di prevenire in modo efficace la futura reiterazione di analoghe infrazioni al diritto dell’Unione [v., in tal senso, sentenza del 20 gennaio 2022, Commissione/Grecia (Recupero di aiuti di Stato – Ferro-nickel), C‑51/20, EU:C:2022:36, punti 116130].

116

A tal riguardo, il Regno Unito fa valere, in primis, che occorre basarsi esclusivamente sul PIL dell’Irlanda del Nord per tutto il periodo di infrazione, mentre la Commissione sostiene che occorre prendere in considerazione il PIL del Regno Unito nel suo insieme per tale periodo.

117

Nel caso di specie, se è vero che, conformemente all’articolo 127, paragrafo 1, dell’accordo di recesso, il diritto dell’Unione si applicava al Regno Unito nel suo insieme durante il periodo di transizione, vale a dire fino al 31 dicembre 2020, a partire dal 1o gennaio 2021 l’inadempimento di cui è causa interessa ormai soltanto l’Irlanda del Nord.

118

Ciò posto, dall’articolo 12, paragrafo 1, del protocollo su Irlanda/Irlanda del Nord risulta che sono le autorità del Regno Unito, e non quelle dell’Irlanda del Nord, ad essere responsabili dell’attuazione e dell’applicazione nel e al Regno Unito, per quanto riguarda l’Irlanda del Nord, delle disposizioni del diritto dell’Unione rese applicabili da tale protocollo. In tale contesto, contrariamente a quanto sostiene il Regno Unito, il fatto che quest’ultimo non sia più uno Stato membro dal 1o febbraio 2020 non incide sulla valutazione della sua capacità finanziaria, cosicché non occorre applicare ad esso un trattamento diverso da quello riservato agli Stati membri sotto tale profilo.

119

Inoltre, come risulta dalla giurisprudenza esposta al punto 115 della presente sentenza, la capacità finanziaria è presa in considerazione al fine di fissare sanzioni sufficientemente dissuasive e proporzionate, e ciò allo scopo di prevenire in modo efficace la futura reiterazione di analoghe infrazioni al diritto dell’Unione. Orbene, una sanzione nei confronti del Regno Unito calcolata, sotto il profilo della valutazione della capacità finanziaria, tenendo conto del solo PIL dell’Irlanda del Nord, per quanto riguarda la persistenza dell’inadempimento dopo la fine del periodo di transizione, non sarebbe sufficientemente dissuasiva e, pertanto, non potrebbe consentire di raggiungere tale obiettivo.

120

Inoltre, dato che, come risulta dal punto 111 della presente sentenza, il fatto che dalla fine del periodo di transizione il diritto dell’Unione sia applicabile al Regno Unito solo per quanto riguarda l’Irlanda del Nord costituisce una circostanza attenuante che svolge un ruolo nella valutazione della gravità dell’inadempimento, è ingiustificato tenere nuovamente conto di tale circostanza nella valutazione della capacità finanziaria del Regno Unito.

121

Alla luce di quanto precede, occorre prendere in considerazione il PIL del Regno Unito nel suo insieme per tutto il periodo dell’infrazione al fine di determinare la capacità finanziaria di tale Stato.

122

Tale valutazione non è rimessa in discussione dagli argomenti addotti dal Regno Unito. Infatti, sebbene occorra tener conto dell’evoluzione recente del PIL conformemente alla giurisprudenza della Corte [sentenza del 12 novembre 2019, Commissione/Irlanda (Parco eolico di Derrybrien), C‑261/18, EU:C:2019:955, punto 124 e giurisprudenza ivi citata], da tale giurisprudenza non si può dedurre, contrariamente alle affermazioni del Regno Unito, che la Corte debba unicamente tener conto del PIL del territorio al quale si applica il diritto dell’Unione alla data dell’esame dei fatti da parte della Corte.

123

Peraltro, nella misura in cui, da un lato, la Commissione fa valere che, conformemente alla comunicazione del 2021, il fattore «n» dovrebbe essere fissato a 3,70 per quanto riguarda le infrazioni commesse dal Regno Unito e la somma forfettaria minima in EUR 8215000 e, dall’altro, detto Stato sostiene che l’argomentazione di tale istituzione relativa alla sua capacità finanziaria e tale comunicazione del 2021 si contraddicono, è sufficiente ricordare che orientamenti come quelli contenuti nelle comunicazioni della Commissione non vincolano la Corte, ma contribuiscono a garantire la trasparenza, la prevedibilità e la certezza del diritto dell’azione condotta dalla Commissione stessa quando tale istituzione formula proposte alla Corte [sentenza del 20 gennaio 2022, Commissione/Grecia (Recupero di aiuti di Stato – Ferro-nichel), C‑51/20, EU:C:2022:36, punto 95 e giurisprudenza ivi citata].

124

In secundis, per quanto riguarda l’argomento del Regno Unito secondo cui il fattore «n» adottato dalla Commissione si basa sul numero di seggi di cui dispone uno Stato membro al Parlamento mentre il Regno Unito non dispone più di alcun seggio in tale istituzione, la Corte ha già dichiarato che la presa in considerazione del peso istituzionale dello Stato membro interessato non appare indispensabile per garantire una dissuasione sufficiente e indurre tale Stato membro a modificare il suo comportamento attuale o futuro [sentenza del 20 gennaio 2022, Commissione/Grecia (Recupero di aiuti di Stato – Ferro-nichel), C‑51/20, EU:C:2022:36, punto 115].

125

In tertiis, come indicato al punto 122 della presente sentenza, dalla giurisprudenza risulta che occorre tenere conto dell’evoluzione recente del PIL dello Stato membro interessato, quale essa si presenta alla data dell’esame dei fatti da parte della Corte [sentenza del 12 novembre 2019, Commissione/Irlanda (Parco eolico di Derrybrien), C‑261/18, EU:C:2019:955, punto 124 e giurisprudenza ivi citata].

126

Alla luce di tutte le considerazioni che precedono, costituisce equa valutazione delle circostanze del caso di specie fissare in EUR 32000000 la somma forfettaria che il Regno Unito dovrà versare per il periodo compreso tra il 17 ottobre 2018 e il 30 settembre 2021.

127

Occorre, di conseguenza, condannare il Regno Unito a versare alla Commissione la somma forfettaria di EUR 32000000.

Sulle spese

128

Ai sensi dell’articolo 138, paragrafo 1, del regolamento di procedura della Corte, la parte soccombente è condannata alle spese se ne è stata fatta domanda. Poiché la Commissione ha chiesto la condanna del Regno Unito e l’inadempimento è stato constatato, quest’ultimo deve essere condannato alle spese.

 

Per questi motivi, la Corte (Prima Sezione) dichiara e statuisce:

 

1)

Il Regno Unito di Gran Bretagna e Irlanda del Nord, non avendo adottato, alla data di scadenza del termine impartito nella lettera di diffida emessa dalla Commissione europea, ossia il 15 settembre 2020, tutte le misure che l’esecuzione della sentenza del 17 ottobre 2018, Commissione/Regno Unito (C‑503/17, EU:C:2018:831) comporta, è venuto meno agli obblighi ad esso incombenti in forza dell’articolo 260, paragrafo 1, TFUE.

 

2)

Il Regno Unito di Gran Bretagna e Irlanda del Nord è condannato a versare alla Commissione europea la somma forfettaria di EUR 32000000.

 

3)

Il Regno Unito di Gran Bretagna e Irlanda del Nord è condannato alle spese.

 

Firme


( *1 ) Lingua processuale: l’inglese.

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