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Document 62020CJ0385

    Sentenza della Corte (Quarta Sezione) del 7 aprile 2022.
    EL e TP contro Caixabank SA.
    Domanda di pronuncia pregiudiziale proposta dallo Juzgado de Primera Instancia de Barcelona.
    Rinvio pregiudiziale – Clausole abusive nei contratti stipulati con i consumatori – Direttiva 93/13/CEE – Principio di effettività – Principio di equivalenza – Procedimento giurisdizionale diretto all’accertamento del carattere abusivo di una clausola contrattuale – Potere di controllo d’ufficio del giudice nazionale – Procedimento nazionale di liquidazione delle spese – Spese rimborsabili a titolo di onorari di avvocato.
    Causa C-385/20.

    Court reports – general

    ECLI identifier: ECLI:EU:C:2022:278

     SENTENZA DELLA CORTE (Quarta Sezione)

    7 aprile 2022 ( *1 )

    «Rinvio pregiudiziale – Clausole abusive nei contratti stipulati con i consumatori – Direttiva 93/13/CEE – Principio di effettività – Principio di equivalenza – Procedimento giurisdizionale diretto all’accertamento del carattere abusivo di una clausola contrattuale – Potere di controllo d’ufficio del giudice nazionale – Procedimento nazionale di liquidazione delle spese – Spese rimborsabili a titolo di onorari di avvocato»

    Nella causa C‑385/20,

    avente ad oggetto la domanda di pronuncia pregiudiziale proposta alla Corte, ai sensi dell’articolo 267 TFUE, dallo Juzgado de Primera Instancia no 49 de Barcelona (Tribunale di primo grado n. 49 di Barcellona, Spagna), con decisione del 7 luglio 2020, pervenuta in cancelleria il 12 agosto 2020, nel procedimento

    EL,

    TP

    contro

    CaixaBank SA,

    LA CORTE (Quarta Sezione),

    composta da K. Jürimäe, presidente della Terza Sezione, facente funzione di presidente della Quarta Sezione, S. Rodin (relatore) e N. Piçarra, giudici,

    avvocato generale: H. Saugmandsgaard Øe

    cancelliere: A. Calot Escobar

    vista la fase scritta del procedimento,

    considerate le osservazioni presentate:

    per EL e TP, da P. Gabeiras Vázquez, abogada;

    per la Caixabank SA, da J. Gutiérrez de Cabiedes Hidalgo de Caviedes, abogado;

    per il governo spagnolo, da J. Rodríguez de la Rúa Puig e S. Centeno Huerta, in qualità di agenti;

    per il governo polacco, da B. Majczyna, in qualità di agente;

    per la Commissione europea, da N. Ruiz García e J. Baquero Cruz, in qualità di agenti,

    sentite le conclusioni dell’avvocato generale, presentate all’udienza del 6 ottobre 2021,

    ha pronunciato la seguente

    Sentenza

    1

    La domanda di pronuncia pregiudiziale verte sull’interpretazione dell’articolo 6, paragrafo 1, e dell’articolo 7, paragrafo 1, della direttiva 93/13/CEE del Consiglio, del 5 aprile 1993, concernente le clausole abusive nei contratti stipulati con i consumatori (GU 1993, L 95, pag. 29).

    2

    Tale domanda è stata presentata nell’ambito di una controversia tra EL e TP, da un lato, e la Caixabank SA, dall’altro, in merito alle spese rimborsabili a titolo di onorari di avvocato dovuti a seguito di un procedimento giurisdizionale diretto all’accertamento del carattere abusivo di una clausola contrattuale.

    Contesto normativo

    Diritto dell’Unione

    3

    Il ventiquattresimo considerando della direttiva 93/13 precisa «che le autorità giudiziarie e gli organi amministrativi degli Stati membri devono disporre dei mezzi adeguati ed efficaci per far cessare l’inserzione delle clausole abusive contenute nei contratti stipulati con i consumatori».

    4

    L’articolo 4 di tale direttiva così dispone:

    «1.   Fatto salvo l’articolo 7, il carattere abusivo di una clausola contrattuale è valutato tenendo conto della natura dei beni o servizi oggetto del contratto e facendo riferimento, al momento della conclusione del contratto, a tutte le circostanze che accompagnano detta conclusione e a tutte le altre clausole del contratto o di un altro contratto da cui esso dipende.

    2.   La valutazione del carattere abusivo delle clausole non verte né sulla definizione dell’oggetto principale del contratto, né sulla perequazione tra il prezzo e la remunerazione, da un lato, e i servizi o i beni che devono essere forniti in cambio, dall’altro, purché tali clausole siano formulate in modo chiaro e comprensibile».

    5

    L’articolo 6, paragrafo 1, di detta direttiva prevede quanto segue:

    «Gli Stati membri prevedono che le clausole abusive contenute in un contratto stipulato fra un consumatore ed un professionista non vincolano il consumatore, alle condizioni stabilite dalle loro legislazioni nazionali, e che il contratto resti vincolante per le parti secondo i medesimi termini, sempre che esso possa sussistere senza le clausole abusive».

    6

    Ai sensi dell’articolo 7, paragrafo 1, della direttiva 93/13:

    «Gli Stati membri, nell’interesse dei consumatori e dei concorrenti professionali, provvedono a fornire mezzi adeguati ed efficaci per far cessare l’inserzione di clausole abusive nei contratti stipulati tra un professionista e dei consumatori».

    7

    L’articolo 8 di tale direttiva precisa quanto segue:

    «Gli Stati membri possono adottare o mantenere, nel settore disciplinato dalla presente direttiva, disposizioni più severe, compatibili con il trattato, per garantire un livello di protezione più elevato per il consumatore».

    Diritto spagnolo

    8

    L’articolo 243, paragrafo 1, della Ley 1/2000 de Enjuiciamiento Civil (legge 1/2000 recante il codice di procedura civile), del 7 gennaio 2000 (BOE n. 7, dell’8 gennaio 2000, pag. 575; in prosieguo: la «LEC»), dispone che le spese sono calcolate, segnatamente, dal cancelliere incaricato dell’esecuzione della sentenza. Quest’ultimo è tenuto a ridurre l’importo delle spese reclamate a titolo di onorari degli avvocati e degli altri professionisti non soggetti a una tariffa specifica qualora tali onorari superino il massimale di cui all’articolo 394, paragrafo 3.

    9

    L’articolo 251, punti 1 e 8, della LEC prevede quanto segue:

    «Il valore è fissato in funzione dell’interesse economico della domanda, calcolato secondo le seguenti regole:

    1.   Se viene reclamata una somma di denaro determinata, il valore della domanda è rappresentato da tale somma e, in mancanza di determinazione, anche per relazione, la domanda è considerata di valore indeterminato.

    (...)

    8.   Nei procedimenti aventi ad oggetto l’esistenza, la validità o l’efficacia di un titolo di credito, il valore sarà calcolato in base all’importo totale del debito, anche se pagabile a rate. Tale criterio di valutazione si applica ai giudizi costitutivi, modificativi o estintivi di un titolo di credito o di un diritto di natura personale, purché non sia applicabile un’altra norma del presente articolo».

    10

    Ai sensi dell’articolo 253 della LEC:

    «1.   Il ricorrente indica il valore della domanda, giustificandolo, nell’atto introduttivo del giudizio. Detto valore è calcolato, in ogni caso, conformemente alle regole enunciate nelle disposizioni che precedono.

    La modifica del valore dei beni oggetto della controversia che intervenga dopo la proposizione del ricorso, non comporta alcuna modifica del valore della domanda né del tipo di procedimento.

    2.   Il valore della domanda è indicato con chiarezza e precisione. Esso può tuttavia essere indicato per relazione, se il ricorrente dimostra in buona e debita forma che l’interesse economico della controversia è perlomeno pari al valore minimo corrispondente al procedimento ordinario o non supera l’importo massimo fissato per il procedimento sommario (juicio verbal). Il ricorrente non può in alcun caso limitarsi ad indicare il tipo di procedimento da seguire, né delegare al convenuto il compito di determinare il valore della domanda.

    3.   Qualora il ricorrente non possa determinare il valore della domanda, nemmeno per relazione, perché l’oggetto è privo di interesse economico, tale interesse non può essere calcolato conformemente ad alcuna delle norme di legge sulla determinazione del valore della domanda o, sebbene esista una regola di calcolo applicabile, il valore della domanda non poteva essere determinato al momento della proposizione del ricorso, quest’ultimo è trattato secondo le modalità del procedimento ordinario».

    11

    L’articolo 394, paragrafo 3, della LEC così recita:

    «Se, in applicazione del paragrafo 1 del presente articolo, la parte soccombente è condannata alle spese, questa è tenuta a pagare, sulla somma corrispondente alla remunerazione di avvocati e di altri professionisti non soggetti a tariffa delle spese o degli onorari, solo un importo complessivo non superiore a un terzo del valore del processo per ciascuna delle parti che hanno ottenuto una siffatta decisione a proprio favore; a questo solo scopo, le domande di valore indeterminabile saranno valutate in EUR 18000, a meno che, in ragione della complessità della causa, il giudice disponga diversamente».

    12

    L’articolo 411 della LEC è così formulato:

    «Le modifiche sopravvenute dopo l’inizio del procedimento per quanto riguarda il domicilio delle parti, la situazione della cosa controversa e l’oggetto del giudizio non modificano la giurisdizione e la competenza, che si determinano secondo quanto accertato all’inizio della litispendenza».

    Procedimento principale e questioni pregiudiziali

    13

    Il 25 aprile 2008 i ricorrenti nel procedimento principale e la Caixabank concludevano un contratto di credito, accompagnato da garanzia ipotecaria, per un importo di EUR 159000 espresso in valuta estera.

    14

    Nel corso del 2016, i ricorrenti nel procedimento principale hanno proposto dinanzi al giudice del rinvio una domanda diretta ad ottenere la dichiarazione della nullità parziale di tale contratto, deducendo il carattere abusivo delle clausole relative al rimborso in valuta estera.

    15

    In tale domanda i ricorrenti nel procedimento principale hanno asserito che, sebbene alla data di presentazione della stessa il saldo residuo dovuto fosse di EUR 127269,15, l’importo di detta domanda doveva essere considerato indeterminato. Infatti, poiché la domanda in questione mirava all’annullamento delle clausole relative al rimborso del prestito, l’importo effettivo di quest’ultimo avrebbe potuto essere calcolato solo nella fase di esecuzione dell’eventuale decisione di accoglimento di tale domanda.

    16

    Con sentenza del 29 novembre 2018 il giudice del rinvio ha accolto la domanda dei ricorrenti nel procedimento principale, dichiarando la nullità delle clausole del contratto relative al rimborso in valuta estera e ordinando di ricalcolare il saldo residuo dovuto tenendo conto dell’importo che sarebbe già stato rimborsato dai ricorrenti nel procedimento principale se le mensilità già pagate fossero state versate in euro, e non in valuta estera. La Caixabank, rimasta soccombente, è stata condannata alle spese.

    17

    Con decisione del 1o ottobre 2019 il cancelliere ha fissato il valore della controversia, per quanto riguarda le spese, in EUR 30000 ai fini del calcolo degli onorari di avvocato, conformemente al criterio 15 dei criteri di orientamento dell’Ordine degli avvocati di Barcellona (Spagna), e in EUR 18000 ai fini del calcolo degli onorari del procuratore legale, ai sensi delle disposizioni dell’articolo 394, paragrafo 3, della LEC. Inoltre, in forza di quest’ultima disposizione, l’importo totale degli onorari di avvocato che possono essere posti a carico della parte condannata alle spese non può eccedere un terzo dell’importo su cui verte la controversia, ossia, nella fattispecie, EUR 10000, mentre, per quanto riguarda i procuratori legali, essi sono soggetti ad una tariffa specifica.

    18

    I ricorrenti nel procedimento principale hanno proposto un ricorso per revisione avverso il decreto del cancelliere del 1o ottobre 2019, nell’ambito del quale il giudice del rinvio ha proposto il presente rinvio pregiudiziale, nutrendo dubbi quanto alla conformità alla direttiva 93/13 della normativa spagnola in materia di calcolo delle spese.

    19

    Il giudice del rinvio cita una sentenza dell’Audiencia Provincial de Barcelona (Corte provinciale di Barcellona, Spagna) del 15 febbraio 2011 (ES:APB:2011:1791), che richiama la giurisprudenza pertinente del Tribunal Constitucional (Corte costituzionale, Spagna) e del Tribunal Supremo (Corte suprema, Spagna).

    20

    Secondo tale sentenza, da un lato, dalla giurisprudenza costante del Tribunal Constitucional (Corte costituzionale) risulta che il valore della controversia, quale fissato nella domanda, non può subire alcuna modifica a posteriori, neppure nei successivi gradi di giudizio.

    21

    Dall’altro lato, secondo la medesima sentenza, dalla giurisprudenza costante del Tribunal Supremo (Corte suprema) si evince che il valore della controversia, in assenza di contestazione tra le parti, è fissato definitivamente nella domanda e nella comparsa di risposta, cosicché le parti non possono più modificare tale valore in caso di ricorso o quando impugnano la liquidazione delle spese.

    22

    Secondo il giudice del rinvio, il decreto del cancelliere del 1o ottobre 2019 ha applicato tale giurisprudenza costante del Tribunal Constitucional (Corte costituzionale) e del Tribunal Supremo (Corte suprema).

    23

    Ciò nonostante, il giudice del rinvio osserva che esiste un’altra corrente nella giurisprudenza nazionale in forza della quale, indipendentemente dal valore della controversia, gli onorari di avvocato devono essere calcolati sulla base del loro valore economico reale e del lavoro svolto dal professionista interessato. Esso cita, a tale riguardo, una sentenza del Tribunal Supremo (Corte suprema) del 5 ottobre 2001 (ES:TS:2001:7567).

    24

    In tale contesto, lo Juzgado de Primera Instancia no 49 de Barcelona (Tribunale di primo grado n. 49 di Barcellona, Spagna) ha deciso di sospendere il procedimento e di sottoporre alla Corte le seguenti questioni pregiudiziali

    «1)

    Se l’interpretazione giurisprudenziale degli articoli 251, 394, paragrafo 3, e 411 della [LEC] adottata nel decreto del 1o ottobre 2019, che assimila il valore della causa all’interesse economico della controversia e che, di conseguenza, conduce a una riduzione degli onorari pagati dal consumatore al suo avvocato, sulla base di una somma fissa (EUR 18000) stabilita legalmente solo per le cause di valore indeterminabile e non per quelle di valore indeterminato, sia contraria agli articoli 6, paragrafo 1, e 7, paragrafo 1, della direttiva [93/13], poiché essa non consente di ripristinare, per il consumatore, la situazione di fatto e di diritto in cui egli si sarebbe trovato in mancanza di tale clausola, sebbene esista una statuizione giudiziale in suo favore sul carattere abusivo della clausola, e poiché essa non rimuove un irragionevole requisito processuale relativo ad una limitazione delle spese, rimozione che garantirebbe al consumatore i mezzi più opportuni ed efficaci per esercitare legittimamente i suoi diritti.

    2)

    Se l’articolo 394, paragrafo 3, della [LEC] sia contrario, di per sé, agli articoli 6, paragrafo 1, e 7, paragrafo 1, della direttiva [93/13] e renda impossibile o eccessivamente difficile l’esercizio giurisdizionale dei diritti che tale direttiva conferisce ai consumatori, poiché la limitazione imposta da tale articolo al consumatore, consistente nel dover sopportare una parte delle proprie spese processuali, comporta l’impossibilità di ripristinare, per il consumatore, la situazione di fatto e di diritto in cui egli si sarebbe trovato in mancanza di tale clausola, sebbene esista una statuizione giudiziale in suo favore sul carattere abusivo della stessa, e poiché non rimuove un irragionevole requisito processuale relativo ad una limitazione delle spese, rimozione che garantirebbe al consumatore i mezzi più opportuni ed efficaci per esercitare legittimamente i suoi diritti».

    Sulle questioni pregiudiziali

    Sulla competenza della Corte

    25

    La Caixabank e il governo spagnolo contestano la competenza della Corte a statuire sulle due questioni pregiudiziali. Infatti, essi ritengono, in sostanza, che la direttiva 93/13 non sia applicabile dal momento che il procedimento relativo all’esame della clausola contrattuale di cui trattasi nel procedimento principale si è già concluso con una sentenza che ne ha accertato il carattere abusivo, e che la presente domanda di pronuncia pregiudiziale sia stata presentata nell’ambito di un procedimento, accessorio, di liquidazione delle spese il cui importo dev’essere calcolato esclusivamente sulla base della normativa nazionale.

    26

    È corretto affermare che il regime di liquidazione delle spese di cui trattasi nel procedimento principale costituisce uno specifico procedimento dinanzi ai giudici nazionali e rientra quindi, in linea di principio, nell’ambito del diritto processuale spagnolo.

    27

    Tuttavia, dalla decisione di rinvio risulta che il procedimento di liquidazione delle spese, nell’ambito del quale è stata proposta la presente domanda di pronuncia pregiudiziale, è intrinsecamente connesso e accessorio al procedimento giurisdizionale che ha condotto all’accertamento del carattere abusivo di una clausola contrattuale. Pertanto, la Caixabank e il governo spagnolo non possono eccepire l’inapplicabilità della direttiva 93/13, poiché è necessario verificare che il regime di liquidazione delle spese di cui trattasi nel procedimento principale non sia tale da dissuadere i consumatori dall’esercitare il diritto a una tutela effettiva richiesta dall’articolo 7 di tale direttiva nei confronti delle clausole contrattuali abusive, a causa delle spese che un’azione giudiziaria comporterebbe per tali consumatori (v., per analogia, sentenza del 16 luglio 2020, Caixabank e Banco Bilbao Vizcaya Argentaria, C‑224/19 e C‑259/19, EU:C:2020:578, punti 4445).

    28

    Stanti tali premesse, si deve dichiarare che la Corte è competente a statuire sulla domanda di pronuncia pregiudiziale.

    Sulla ricevibilità

    29

    La Caixabank e il governo spagnolo eccepiscono inoltre l’irricevibilità delle questioni pregiudiziali.

    30

    In primo luogo, essi affermano, in sostanza, che la decisione di rinvio non contiene gli elementi di fatto o di diritto necessari alla Corte per fornire una risposta utile alle questioni sollevate. Essi aggiungono che la decisione di rinvio non indica quale sia l’importo degli onorari richiesto ai ricorrenti nel procedimento principale né la somma effettivamente pagata a tale titolo da questi ultimi. Poiché la Caixabank ha accettato di pagare la somma di EUR 7018, ossia un importo superiore all’importo fisso di EUR 1200 previsto nella convenzione degli onorari, i ricorrenti nel procedimento principale dovrebbero quindi essere considerati integralmente rimborsati delle loro spese e le questioni pregiudiziali dovrebbero ritenersi ipotetiche.

    31

    In secondo luogo, la Caixabank e il governo spagnolo invocano l’esistenza di una contraddizione a proposito dell’importo che costituisce la base per il calcolo degli onorari di avvocato di cui i ricorrenti nel procedimento principale possono ottenere il rimborso. Vi sarebbe, a tale riguardo, una differenza tra la formulazione della prima questione e il contenuto della decisione di rinvio.

    32

    In terzo luogo, il governo spagnolo eccepisce l’irricevibilità della prima questione nella parte in cui essa riguarda l’interpretazione dell’articolo 411 della LEC.

    33

    In via preliminare, occorre ricordare che spetta soltanto al giudice nazionale, cui è stata sottoposta la controversia e che deve assumersi la responsabilità dell’emananda decisione giurisdizionale, valutare, alla luce delle particolarità del caso di specie, tanto la necessità quanto la rilevanza delle questioni che sottopone alla Corte. Di conseguenza, allorché le questioni sollevate riguardano l’interpretazione del diritto dell’Unione, la Corte, in via di principio, è tenuta a statuire (sentenza del 6 ottobre 2021, Sumal, C‑882/19, EU:C:2021:800, punto 27 e giurisprudenza citata).

    34

    Ne consegue che le questioni vertenti sull’interpretazione del diritto dell’Unione, proposte dal giudice nazionale nel contesto di diritto e di fatto che egli definisce sotto la propria responsabilità e del quale non spetta alla Corte verificare l’esattezza, godono di una presunzione di rilevanza. Il rigetto da parte della Corte di una domanda presentata da un giudice nazionale è possibile solo qualora appaia in modo manifesto che l’interpretazione del diritto dell’Unione richiesta non ha alcun rapporto con la realtà effettiva o con l’oggetto del procedimento principale, qualora il problema sia di natura ipotetica oppure, ancora, qualora la Corte non disponga degli elementi di fatto o di diritto necessari per fornire una risposta utile alle questioni che le vengono sottoposte (v., in tal senso, sentenza del 6 ottobre 2021, Sumal, C‑882/19, EU:C:2021:800, punto 28 e giurisprudenza citata).

    35

    Inoltre, in considerazione dello spirito di cooperazione che informa i rapporti fra i giudici nazionali e la Corte nell’ambito del procedimento pregiudiziale, la mancanza di talune previe constatazioni da parte del giudice del rinvio non conduce necessariamente all’irricevibilità della domanda di pronuncia pregiudiziale se, nonostante tali mancanze, la Corte, alla luce degli elementi risultanti dal fascicolo, ritiene di essere in grado di fornire una risposta utile al giudice del rinvio (sentenza del 17 ottobre 2019, Comida paralela 12, C‑579/18, EU:C:2019:875, punto 21).

    36

    Nel caso di specie, occorre rilevare, in primo luogo, che il giudice del rinvio ha posto nelle sue questioni pregiudiziali la premessa di fatto secondo la quale i ricorrenti nel procedimento principale si ritrovano nella situazione di doversi fare carico della quota degli onorari richiesti dal loro avvocato che eccede l’importo degli onorari rimborsato dalla Caixabank. Pertanto, le questioni pregiudiziali non risultano ipotetiche.

    37

    Peraltro, sebbene il giudice del rinvio non abbia indicato l’insieme degli elementi ai quali si riferisce la Caixabank, la descrizione dei fatti contenuta nella decisione di rinvio è sufficiente per consentire alla Corte di fornire una risposta utile alle questioni pregiudiziali. Infatti detto giudice precisa, in particolare, il danno economico che i ricorrenti nel procedimento principale subiscono in conseguenza dell’applicazione del regime di liquidazione delle spese di cui trattasi nel procedimento principale.

    38

    Inoltre, come ricordato al punto 34 della presente sentenza, la Corte è tenuta a prendere in considerazione, nell’ambito della ripartizione delle competenze tra i giudici dell’Unione e i giudici nazionali, il contesto di fatto e di diritto nel quale si inseriscono le questioni pregiudiziali, come definito dalla decisione di rinvio. Pertanto, a prescindere dalle critiche mosse dalla Caixabank e dal governo spagnolo alle valutazioni di fatto del giudice del rinvio, l’esame del presente rinvio pregiudiziale deve essere effettuato sulla base di queste ultime [v., in tal senso, sentenza del 26 marzo 2020, A.P. (Misure di sospensione condizionale), C‑2/19, EU:C:2020:237, punto 27 e giurisprudenza citata].

    39

    In secondo luogo, supponendo che esista una contraddizione in ordine all’importo che funge da base per il calcolo degli onorari di avvocato di cui i ricorrenti nel procedimento principale possono ottenere il rimborso, tale importo non è decisivo per rispondere alla questione se l’articolo 6, paragrafo 1, e l’articolo 7, paragrafo 1, della direttiva 93/13 debbano essere interpretati nel senso che ostano all’applicazione del regime di liquidazione delle spese di cui trattasi nel procedimento principale.

    40

    In terzo luogo, per quanto riguarda gli argomenti addotti dal governo spagnolo a sostegno dell’irricevibilità della prima questione nella parte relativa all’articolo 411 della LEC, risulta che essi, come rilevato dall’avvocato generale al paragrafo 28 delle sue conclusioni, rientrano nel merito e non nella ricevibilità.

    41

    Tenuto conto di tutte le considerazioni che precedono, si deve quindi dichiarare che le questioni pregiudiziali sono ricevibili.

    Nel merito

    Sulla seconda questione

    42

    Con la sua seconda questione, che occorre esaminare per prima, il giudice del rinvio chiede, in sostanza, se l’articolo 6, paragrafo 1, e l’articolo 7, paragrafo 1, della direttiva 93/13, letti alla luce del principio di effettività, debbano essere interpretati nel senso che ostano a una normativa nazionale che, nell’ambito della liquidazione delle spese connesse a un ricorso relativo al carattere abusivo di una clausola contrattuale, prevede un massimale applicabile agli onorari di avvocato che il consumatore risultato vittorioso nel merito può recuperare dal professionista condannato alle spese.

    43

    In via preliminare, occorre ricordare che una clausola contrattuale dichiarata abusiva dev’essere considerata, in linea di principio, come se non fosse mai esistita, cosicché essa non può sortire alcun effetto nei confronti del consumatore. Pertanto, l’accertamento giudiziale del carattere abusivo di una clausola del genere, in linea di massima, deve produrre la conseguenza di ripristinare, per il consumatore, la situazione di diritto e di fatto in cui egli si sarebbe trovato in mancanza di tale clausola abusiva (sentenza del 21 dicembre 2016, Gutiérrez Naranjo e a., C‑154/15, C‑307/15 e C‑308/15, EU:C:2016:980, punto 61).

    44

    Occorre rilevare che, nel procedimento principale, la clausola del contratto relativa al rimborso del mutuo in valuta estera, di cui i consumatori interessati chiedevano l’annullamento, è stata dichiarata abusiva e l’istituto bancario in questione è stato condannato a ricalcolare il saldo residuo dovuto tenendo conto dell’importo che sarebbe già stato rimborsato da tali consumatori se le mensilità già pagate fossero state versate in euro, e non in valuta estera. Pertanto, relativamente al mutuo che era stato concluso dai consumatori interessati, questi ultimi possono essere considerati, ai sensi della giurisprudenza della Corte, ripristinati nella situazione di diritto e di fatto nella quale si sarebbero trovati in assenza della clausola dichiarata abusiva.

    45

    Tuttavia, nel caso di specie, è alla luce della liquidazione delle spese, che forma oggetto di un procedimento accessorio, che il giudice del rinvio si interroga sulla conformità della normativa nazionale vigente all’articolo 6, paragrafo 1, e all’articolo 7, paragrafo 1, della direttiva 93/13.

    46

    Occorre rilevare, a tale riguardo, come osservato dall’avvocato generale al paragrafo 51 delle sue conclusioni, che le norme relative alla liquidazione delle spese nelle cause civili costituiscono norme di procedura che non sono previste, per quanto riguarda le spese relative ad un procedimento diretto ad accertare il carattere abusivo di una clausola contrattuale, dalla direttiva 93/13.

    47

    Orbene, la Corte ha dichiarato che, in assenza di una normativa specifica dell’Unione in materia, le modalità di attuazione della tutela dei consumatori di cui all’articolo 6, paragrafo 1, e all’articolo 7, paragrafo 1, della direttiva 93/13 rientrano nell’ambito dell’ordinamento giuridico interno degli Stati membri, in forza del principio dell’autonomia procedurale di questi ultimi. Tali modalità non devono tuttavia essere meno favorevoli di quelle che riguardano situazioni analoghe di natura interna (principio di equivalenza) né essere strutturate in modo da rendere in pratica impossibile o eccessivamente difficile l’esercizio dei diritti conferiti dall’ordinamento giuridico dell’Unione (principio di effettività). Da ciò risulta che la ripartizione delle spese di un procedimento giurisdizionale dinanzi ai giudici nazionali rientra nell’autonomia procedurale degli Stati membri, fatto salvo il rispetto dei principi di equivalenza e di effettività (sentenza del 16 luglio 2020, Caixabank e Banco Bilbao Vizcaya Argentaria, C‑224/19 e C‑259/19, EU:C:2020:578, punti 8395 e giurisprudenza citata).

    48

    Per quanto riguarda il principio di effettività, l’unico in discussione nel procedimento principale, la Corte ha già dichiarato che ogni caso in cui si pone la questione se una disposizione processuale nazionale renda impossibile o eccessivamente difficile l’applicazione del diritto dell’Unione dev’essere esaminato tenendo conto del ruolo di detta disposizione nell’insieme del procedimento, dello svolgimento e delle peculiarità dello stesso, dinanzi ai vari organi giurisdizionali nazionali. Sotto tale profilo, si devono considerare, se necessario, i principi che sono alla base del sistema giurisdizionale nazionale, quali la tutela dei diritti della difesa, il principio della certezza del diritto e il regolare svolgimento del procedimento (sentenza del 26 giugno 2019, Addiko Bank, C‑407/18, EU:C:2019:537, punto 48 e giurisprudenza citata).

    49

    Nel caso di specie, la direttiva 93/13 attribuisce al consumatore il diritto di rivolgersi a un giudice al fine di far accertare il carattere abusivo di una clausola contrattuale e di escluderne l’applicazione. Orbene, la Corte ha dichiarato che far dipendere l’esito della ripartizione delle spese di un simile procedimento dalle sole somme indebitamente pagate e di cui è ordinata la restituzione è tale da dissuadere il consumatore dall’esercitare tale diritto, tenuto conto delle spese che un’azione giudiziaria comporterebbe. Essa ne ha dedotto che l’articolo 6, paragrafo 1, e l’articolo 7, paragrafo 1, di tale direttiva nonché il principio di effettività devono essere interpretati nel senso che essi ostano a un regime che consente di far gravare sul consumatore una parte delle spese processuali, a seconda del livello delle somme indebitamente pagate che gli sono restituite in seguito alla dichiarazione di nullità di una clausola contrattuale per via del suo carattere abusivo, in quanto un simile regime crea un ostacolo sostanziale che può scoraggiare i consumatori dall’esercitare il diritto a un controllo giurisdizionale effettivo del carattere potenzialmente abusivo di clausole contrattuali quale riconosciuto dalla suddetta direttiva (sentenza del 16 luglio 2020, Caixabank e Banco Bilbao Vizcaya Argentaria, C‑224/19 e C‑259/19, EU:C:2020:578, punti 9899 nonché giurisprudenza citata).

    50

    Tuttavia, occorre distinguere tale situazione giuridica da quella in cui, come nel procedimento principale, le spese sono poste esclusivamente a carico del professionista che ha concluso un contratto con il consumatore che ha ottenuto l’annullamento di una clausola abusiva, ma con una limitazione, determinata dal valore della controversia, dell’importo massimo delle spese di cui tale consumatore può ottenere il rimborso dalla sua controparte contrattuale.

    51

    Come rilevato dall’avvocato generale al paragrafo 52 delle sue conclusioni, il principio di effettività non osta, in generale, a che un consumatore sopporti determinate spese giudiziarie quando propone un ricorso diretto all’accertamento del carattere abusivo di una clausola contrattuale. Inoltre, è incontestabile che gli onorari di avvocato costituiscono in genere una parte sostanziale delle spese sostenute nell’ambito di un procedimento giurisdizionale dal consumatore (v., in tal senso, sentenza del 28 luglio 2016, United Video Properties, C‑57/15, EU:C:2016:611, punto 22).

    52

    Ne consegue che, in linea di massima, non è contrario al principio di effettività il fatto che il consumatore risultato vittorioso non sia rimborsato, dalla parte soccombente, della totalità degli onorari di avvocato che ha pagato.

    53

    Infatti, dal momento che il consumatore ha scelto l’avvocato al quale ha affidato la propria difesa, e ha concordato con quest’ultimo gli onorari a esso spettanti, non si può escludere che tali spese giudiziarie risultino eccessive a causa di onorari insolitamente elevati concordati tra la parte vittoriosa e il suo avvocato. In tale contesto la Corte ha riconosciuto che una normativa che preveda tariffe forfettarie per il rimborso degli onorari di avvocato può, in linea di principio, essere giustificata a condizione che miri a garantire la ragionevolezza delle spese rimborsabili, tenuto conto di fattori quali l’oggetto della controversia, il valore di questa, o il lavoro da svolgere per la difesa del diritto in questione (v., in tal senso, sentenza del 28 luglio 2016, United Video Properties, C‑57/15, EU:C:2016:611, punto 25).

    54

    A tale proposito occorre tuttavia sottolineare che modalità procedurali comportanti costi troppo elevati per il consumatore potrebbero avere come conseguenza che egli sia dissuaso dall’agire in giudizio in considerazione delle spese che un’azione giudiziaria implicherebbe rispetto all’importo del debito contestato, o dall’intervenire utilmente nella difesa dei propri diritti dinanzi al giudice adito dal professionista (v., in tal senso, sentenze del 13 settembre 2018, Profi Credit Polska, C‑176/17, EU:C:2018:711, punto 69, e del 3 aprile 2019, Aqua Med, C‑266/18, EU:C:2019:282, punto 54).

    55

    Le spese giudiziarie di cui il consumatore risultato vittorioso deve poter ottenere il rimborso, da parte della parte soccombente, devono di conseguenza essere di importo sufficiente rispetto al costo totale del procedimento giurisdizionale affinché non ne derivi un effetto dissuasivo quanto all’attuazione, da parte di tale consumatore, della tutela giuridica conferitagli dalla direttiva 93/13.

    56

    Spetta quindi agli Stati membri, qualora prevedano nell’ambito della loro autonomia procedurale un regime di rimborso degli onorari di avvocato comportante una limitazione dell’importo che dev’essere versato dal professionista condannato alle spese, definire un limite che consenta al consumatore di essere rimborsato delle spese da esso sostenute a concorrenza di un importo ragionevole e proporzionato al costo di un procedimento giurisdizionale relativo al carattere abusivo di una clausola contrattuale.

    57

    Spetta quindi al giudice nazionale verificare se ciò avvenga nel procedimento principale.

    58

    Alla luce di tutte le considerazioni che precedono, occorre rispondere alla seconda questione dichiarando che l’articolo 6, paragrafo 1, e l’articolo 7, paragrafo 1, della direttiva 93/13, letti alla luce del principio di effettività, devono essere interpretati nel senso che non ostano a una normativa nazionale che prevede, nell’ambito della liquidazione delle spese connesse a un ricorso relativo al carattere abusivo di una clausola contrattuale, un massimale applicabile agli onorari di avvocato che il consumatore risultato vittorioso nel merito può recuperare dal professionista condannato alle spese, a condizione che tale massimale consenta al primo di ottenere, a tale titolo, il rimborso di un importo ragionevole e proporzionato rispetto alle spese che egli ha dovuto oggettivamente sostenere per proporre tale ricorso.

    Sulla prima questione

    59

    Con la sua prima questione, il giudice del rinvio chiede, in sostanza, se l’articolo 6, paragrafo 1, e l’articolo 7, paragrafo 1, della direttiva 93/13, letti alla luce del principio di effettività, debbano essere interpretati nel senso che ostano a una normativa nazionale secondo la quale il valore della controversia, che costituisce la base di calcolo delle spese che possono essere recuperate dal consumatore risultato vittorioso nell’ambito di un ricorso relativo a una clausola contrattuale abusiva, dev’essere determinato nell’atto di ricorso o, in mancanza, è fissato da tale normativa, senza che tale dato possa essere modificato successivamente.

    60

    Occorre in primo luogo ricordare che, secondo il fascicolo di cui dispone la Corte, la normativa nazionale di cui trattasi nel procedimento principale stabilisce che l’importo che dev’essere rimborsato, in particolare per il compenso degli avvocati, dalla parte condannata alle spese, non può eccedere un terzo del valore della controversia. Ai sensi dell’articolo 253 della LEC, quest’ultimo deve essere menzionato nell’atto di ricorso. Inoltre, dall’articolo 251 della LEC risulta che, se viene richiesta una somma di denaro, in mancanza di determinazione di tale somma il valore della controversia si considera di importo indeterminato. Infine, l’articolo 394, paragrafo 3, della LEC prevede che, al solo fine del calcolo della somma che la parte condannata alle spese può essere tenuta a pagare a titolo di compenso degli avvocati, ai capi della domanda non stimabili viene attribuito il valore di EUR 18000, salvo che, a causa della complessità della causa, il giudice non decida diversamente.

    61

    Per quanto riguarda quest’ultima disposizione, si deve quindi osservare che il valore della controversia non sembra immutabile, poiché il cancelliere del giudice competente e il giudice incaricato, in fine, della liquidazione delle spese, possono modificarlo in base alla complessità della causa di cui trattasi. A tale proposito, dagli elementi contenuti nella decisione di rinvio risulta che i ricorrenti nel procedimento principale non avevano determinato nel loro atto introduttivo del giudizio il valore della controversia, il quale è stato invece fissato successivamente, nel procedimento accessorio di liquidazione delle spese, in un importo pari a EUR 30000.

    62

    In secondo luogo, occorre rilevare, come già ricordato al punto 48 della presente sentenza, che la tutela dei diritti conferiti al consumatore dalla direttiva 93/13 è valutata alla luce del principio di effettività, il cui rispetto, da parte degli Stati membri, è analizzato in particolare prendendo in considerazione il principio della certezza del diritto.

    63

    Orbene, la determinazione del valore della controversia fin dal deposito dell’atto introduttivo del giudizio risulta conforme al principio della certezza del diritto in quanto, come rilevato dall’avvocato generale al paragrafo 76 delle sue conclusioni, una siffatta determinazione consente alle parti del procedimento di conoscere, sin dall’avvio di quest’ultimo, il costo economico potenziale della controversia.

    64

    Inoltre, per quanto riguarda l’importo delle spese di cui il consumatore può chiedere il rimborso, a titolo di onorari di avvocato sostenuti, alla parte soccombente, non risulta contrario al principio di effettività che, in forza del principio della certezza del diritto, la normativa nazionale preveda che il valore della controversia non possa essere modificato nel corso del procedimento giurisdizionale, dal momento che è alla fine del procedimento che occorre garantire il rimborso effettivo delle spese sostenute dal consumatore prendendo in considerazione l’importo degli onorari di cui egli può, tenuto conto del valore attribuito alla controversia, chiedere il rimborso al professionista condannato alle spese.

    65

    Orbene, a tale proposito è già stato sottolineato ai punti 62 e 64 della presente sentenza che l’effettività della tutela prevista dalla direttiva 93/13 dev’essere assicurata dalla garanzia, per i consumatori, di essere rimborsati delle spese da essi sostenute a concorrenza di un importo ragionevole e proporzionato al costo degli onorari di avvocato in un procedimento giurisdizionale di accertamento del carattere abusivo di una clausola contrattuale. Spetta quindi al giudice nazionale incaricato, in fine, della liquidazione delle spese assicurarsi che le norme nazionali di cui trattasi non rendano impossibile o eccessivamente difficile l’esercizio, da parte del consumatore, dei diritti conferitigli da tale direttiva.

    66

    Nel caso di specie, la fissazione del valore della controversia in EUR 30000 al momento della liquidazione delle spese tende a dimostrare che il cancelliere del giudice competente, sotto il controllo del giudice competente in fine, dispone del potere discrezionale necessario per procedere alla valutazione del valore della controversia di cui trattasi, tenendo conto, al contempo, del massimale legale delle spese ripetibili nella misura di un terzo di tale valore. Spetta al giudice nazionale competente in fine a procedere alla liquidazione delle spese, assicurarsi, effettuando tali calcoli, che le spese che devono essere effettivamente rimborsate tenuto conto di tale massimale legale corrispondano a un importo ragionevole e proporzionato rispetto alle spese di avvocato che il consumatore ha dovuto oggettivamente sostenere per proporre il ricorso di cui trattasi.

    67

    Alla luce di tutte le suesposte considerazioni, occorre rispondere alla prima questione dichiarando che l’articolo 6, paragrafo 1, e l’articolo 7, paragrafo 1, della direttiva 93/13, letti alla luce del principio di effettività, devono essere interpretati nel senso che non ostano a una normativa nazionale secondo la quale il valore della controversia, che costituisce la base di calcolo delle spese che possono essere recuperate dal consumatore risultato vittorioso nell’ambito di un ricorso relativo a una clausola contrattuale abusiva, dev’essere determinato nell’atto di ricorso o, in mancanza, è fissato da tale normativa, senza che tale dato possa essere modificato successivamente, a condizione che il giudice incaricato, in fine, della liquidazione delle spese resti libero di determinare il valore reale della controversia per il consumatore garantendogli di beneficiare del diritto al rimborso di un importo ragionevole e proporzionato rispetto alle spese che egli ha dovuto oggettivamente sostenere per proporre tale ricorso.

    Sulle spese

    68

    Nei confronti delle parti nel procedimento principale la presente causa costituisce un incidente sollevato dinanzi al giudice nazionale, cui spetta quindi statuire sulle spese. Le spese sostenute da altri soggetti per presentare osservazioni alla Corte non possono dar luogo a rifusione.

     

    Per questi motivi, la Corte (Quarta Sezione) dichiara:

     

    1)

    L’articolo 6, paragrafo 1, e l’articolo 7, paragrafo 1, della direttiva 93/13/CEE del Consiglio, del 5 aprile 1993, concernente le clausole abusive nei contratti stipulati con i consumatori, letti alla luce del principio di effettività, devono essere interpretati nel senso che non ostano a una normativa nazionale che prevede, nell’ambito della liquidazione delle spese connesse a un ricorso relativo al carattere abusivo di una clausola contrattuale, un massimale applicabile agli onorari di avvocato che il consumatore risultato vittorioso nel merito può recuperare dal professionista condannato alle spese, a condizione che tale massimale consenta al primo di ottenere, a tale titolo, il rimborso di un importo ragionevole e proporzionato rispetto alle spese che egli ha dovuto oggettivamente sostenere per proporre tale ricorso.

     

    2)

    L’articolo 6, paragrafo 1, e l’articolo 7, paragrafo 1, della direttiva 93/13, letti alla luce del principio di effettività, devono essere interpretati nel senso che non ostano a una normativa nazionale secondo la quale il valore della controversia, che costituisce la base di calcolo delle spese che possono essere recuperate dal consumatore risultato vittorioso nell’ambito di un ricorso relativo a una clausola contrattuale abusiva, dev’essere determinato nell’atto di ricorso o, in mancanza, è fissato da tale normativa, senza che tale dato possa essere modificato successivamente, a condizione che il giudice incaricato, in fine, della liquidazione delle spese resti libero di determinare il valore reale della controversia per il consumatore garantendogli di beneficiare del diritto al rimborso di un importo ragionevole e proporzionato rispetto alle spese che egli ha dovuto oggettivamente sostenere per proporre tale ricorso.

     

    Firme


    ( *1 ) Lingua processuale: lo spagnolo.

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