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Document 62020CC0415

Conclusioni dell’avvocato generale T. Ćapeta, presentate il 13 gennaio 2022.
Gräfendorfer Geflügel- und Tiefkühlfeinkost Produktions GmbH e F. Reyher Nchfg. GmbH & Co. KG vertr. d. d. Komplementärin Verwaltungsgesellschaft F. Reyher Nchfg. mbH contro Hauptzollamt Hamburg e Flexi Montagetechnik GmbH & Co. KG contro Hauptzollamt Kiel.
Domande di pronuncia pregiudiziale proposte dal Finanzgericht Hamburg.
Rinvio pregiudiziale – Unione doganale – Diritti al rimborso o al pagamento di importi di denaro riscossi o rifiutati da uno Stato membro in violazione del diritto dell’Unione – Dazi antidumping, dazi all’importazione, restituzioni all’esportazione e sanzioni pecuniarie – Nozione di “violazione del diritto dell’Unione” – Interpretazione o applicazione erronea di tale diritto – Accertamento, ad opera di un giudice dell’Unione o di un giudice nazionale, della sussistenza di una violazione di detto diritto – Diritto al pagamento di interessi – Periodo coperto da tale pagamento di interessi.
Cause riunite C-415/20, C-419/20 e C-427/20.

Court reports – general – 'Information on unpublished decisions' section

ECLI identifier: ECLI:EU:C:2022:14

 CONCLUSIONI DELL’AVVOCATO GENERALE

TAMARA ĆAPETA

presentate il 13 gennaio 2022 ( 1 )

Cause riunite C‑415/20, C‑419/20 e C‑427/20

Gräfendorfer Geflügel- und Tiefkühlfeinkost Produktions GmbH (C‑415/20)

F. Reyher Nchfg. GmbH & Co. KG vertr. d. d. Komplementärin Verwaltungsgesellschaft F. Reyher Nchfg. mbH (C‑419/20)

contro

Hauptzollamt Hamburg (C‑415/20 e C‑419/20)

e

Flexi Montagetechnik GmbH & Co. KG

contro

Hauptzollamt Kiel (C‑427/20)

[domande di pronuncia pregiudiziale proposta dal Finanzgericht Hamburg (Tribunale tributario di Amburgo, Germania)]

«Rinvio pregiudiziale – Rimborso di somme riscosse da uno Stato membro in violazione del diritto dell’Unione – Pagamento di interessi – Unione doganale – Articolo 241 del regolamento (CEE) n. 2913/92 (codice doganale comunitario) – Articolo 116, paragrafo 6, del regolamento (UE) n. 952/2013 (codice doganale dell’Unione) – Limite al pagamento degli interessi in caso di rimborso dei dazi doganali – Principio di effettività – Misure nazionali ai sensi delle quali il pagamento degli interessi è dovuto dal momento in cui è instaurato un procedimento giudiziario»

I. Introduzione

1.

Le tre domande di pronuncia pregiudiziale in esame, proposte dal Finanzgericht Hamburg (Tribunale tributario di Amburgo, Germania), vertono sull’interpretazione del diritto dell’Unione concernente il diritto dei singoli al pagamento degli interessi, riconosciuto dalla giurisprudenza della Corte come rimedio previsto ai sensi del diritto dell’Unione. Esse riguardano tre diverse situazioni concernenti domande di pagamento degli interessi su somme indebitamente riscosse in violazione del diritto dell’Unione per quanto concerne, in primo luogo, il pagamento tardivo di restituzioni all’esportazione per prodotti agricoli e il rimborso di sanzioni pecuniarie illegittimamente comminate in relazione a tali restituzioni, in secondo luogo, il rimborso di dazi antidumping e, in terzo luogo, il rimborso di dazi all’importazione.

2.

Le questioni sollevate dalle presenti cause offrono alla Corte l’opportunità di precisare e sviluppare la propria giurisprudenza sul diritto al pagamento degli interessi e, in particolare, di affrontare la questione concernente l’individuazione delle violazioni del diritto dell’Unione in presenza delle quali sorge, ai sensi del diritto dell’Unione, tale diritto. Inoltre, la Corte è chiamata a precisare le condizioni alle quali possono essere imposti limiti al diritto al pagamento degli interessi, sia ai sensi del diritto dell’Unione sia ai sensi del diritto nazionale.

II. Contesto normativo

A.   Diritto dell’Unione

3.

Il regolamento (CEE) n. 2913/92 del Consiglio, del 12 ottobre 1992, che istituisce un codice doganale comunitario ( 2 ) è stato abrogato e sostituito dal regolamento (CE) n. 450/2008 del Parlamento europeo e del Consiglio, del 23 aprile 2008, che istituisce il codice doganale comunitario (codice doganale aggiornato) ( 3 ), a sua volta abrogato e sostituito dal regolamento (UE) n. 952/2013 del Parlamento europeo e del Consiglio, del 9 ottobre 2013, che istituisce il codice doganale dell’Unione ( 4 ).

4.

L’articolo 241 del codice doganale comunitario disponeva quanto segue:

«Il rimborso, da parte dell’autorità doganale, di importi di dazi all’importazione o all’esportazione come pure degli interessi di credito o di mora eventualmente riscossi in occasione del loro pagamento non dà luogo al pagamento di interessi da parte di questa autorità. Tuttavia, viene pagato un interesse:

quando la decisione in merito ad una richiesta di rimborso non venga eseguita entro tre mesi dall’adozione di tale decisione;

quando le disposizioni nazionali lo prevedono.

(…)».

5.

L’articolo 116, paragrafo 6, del codice doganale dell’Unione così prevede:

«Il rimborso non dà luogo al pagamento di interessi da parte delle autorità doganali interessate.

Tuttavia, è pagato un interesse quando una decisione che concede il rimborso non è eseguita entro tre mesi dalla sua adozione, a meno che le cause dell’inadempienza esulino dal controllo delle autorità doganali.

In tali casi, l’interesse è pagato dalla data di scadenza del termine di tre mesi fino alla data del rimborso. Il tasso d’interesse è fissato conformemente all’articolo 112».

B.   Diritto tedesco

6.

Secondo il giudice del rinvio, le norme di diritto tedesco pertinenti sono contenute nell’Abgabenordnung (codice tributario) (BGBl. 2002 I, pag. 3866), nella versione applicabile alle controversie di cui ai procedimenti principali (in prosieguo: l’«AO»).

7.

L’articolo 3 dell’AO prevede quanto segue:

«(…)

(3) I dazi all’importazione e all’esportazione ai sensi dell’articolo 5, punti 20 e 21, del codice doganale dell’Unione costituiscono imposte ai sensi della presente legge. (…)

(4) Gli “oneri fiscali accessori” sono (…) gli interessi ai sensi degli articoli da 233 a 237, (…) interessi sui dazi all’importazione e all’esportazione ai sensi dell’articolo 5, punti 20 e 21, del codice doganale dell’Unione (…)

(…)».

8.

L’articolo 233 dell’AO così dispone:

«I diritti derivanti da debiti tributari (articolo 37) producono interessi unicamente se previsto dalla legge (…)

(…)».

9.

L’articolo 236 dell’AO prevede quanto segue:

«(1) Qualora, per mezzo o a seguito di una decisione giudiziaria definitiva, un’imposta accertata venga ridotta o ne venga concesso il rimborso, l’importo da rimborsare o accreditare è soggetto a interessi, fatto salvo il paragrafo 3, a decorrere dalla data della litispendenza fino alla data del pagamento (…)

(…)».

10.

Inoltre, per quanto concerne la causa C‑415/20, la normativa pertinente comprende il Gesetz zur Durchführung der gemeinsamen Marktorganisationen und der Direktzahlungen (legge di attuazione delle organizzazioni comuni dei mercati e dei pagamenti diretti) (BGB1. 2017 I, pag. 3746), nella versione applicabile alle controversie di cui ai procedimenti principali (in prosieguo: il «MOG»).

11.

L’articolo 14 del MOG è così formulato:

«1. Gli importi dovuti per il rimborso di benefici o per la violazione di ogni altro obbligo maturano interessi al tasso di base maggiorato di cinque punti percentuali a decorrere dal giorno della loro esigibilità. Ogni dazio non pagato in tempo utile matura interessi al tasso di base maggiorato di cinque punti percentuali a decorrere dalla data della sua esigibilità. La prima e la seconda frase si applicano fatte salve le disposizioni e gli atti di cui all’articolo 1, paragrafo 2.

2. Gli importi dovuti a titolo di beneficio o nel quadro di interventi maturano interessi a decorrere dalla data di pendenza della lite, conformemente agli articoli 236, 238 e 239 dell’AO. Ad esclusione di tali situazioni, essi non danno luogo al pagamento di interessi».

III. Fatti, procedimento principale e questioni pregiudiziali

A.   Causa C‑415/20

12.

Dall’ordinanza di rinvio risulta che la Gräfendorfer Geflügel- und Tiefkühlfeinkost Produktions GmbH (in prosieguo: la «Gräfendorfer») è una società tedesca che esporta carcasse di pollame in paesi terzi.

13.

Nel periodo tra i mesi di gennaio e giugno 2012, l’Hauptzollamt Hamburg (ufficio doganale principale di Amburgo, Germania) ha negato alla Gräfendorfer la concessione di restituzioni all’esportazione a motivo del fatto che le carcasse di pollame esportate erano prive della qualità leale e mercantile, poiché non erano state completamente spennate o avevano troppe frattaglie. Inoltre, sulla base del diritto dell’Unione pertinente ( 5 ), l’ufficio doganale principale di Amburgo ha comminato alla Gräfendorfer una sanzione per aver richiesto una restituzione all’esportazione superiore a quanto ad essa spettante.

14.

Successivamente, nell’ambito di ricorsi proposti da soggetti diversi dalla Gräfendorfer ( 6 ), il Finanzgericht Hamburg (Tribunale tributario di Amburgo) ha stabilito, sulla base della sentenza della Corte del 24 novembre 2011 nella causa Gebr. Stolle ( 7 ), che la presenza di un limitato numero di piume non pregiudica la concessione di restituzioni all’esportazione e che sono ammesse al massimo quattro frattaglie. Di conseguenza, l’ufficio doganale principale di Amburgo ha accolto il reclamo amministrativo presentato dalla Gräfendorfer, concedendole le restituzioni all’esportazione richieste e rimborsando le sanzioni comminate.

15.

Con lettera del 16 aprile 2015, la Gräfendorfer ha chiesto all’ufficio doganale principale di Amburgo il pagamento degli interessi sul pagamento tardivo delle restituzioni all’esportazione, nonché sulle sanzioni rimborsate. Con decisione del 22 luglio 2015, l’ufficio doganale principale di Amburgo ha respinto tale domanda. Esso ha altresì respinto, con decisione del 18 aprile 2018, il reclamo amministrativo proposto dalla Gräfendorfer avverso la sua decisione del 22 luglio 2015.

16.

Il 23 maggio 2018 la Gräfendorfer ha proposto ricorso avverso tale decisione di rigetto dinanzi al giudice del rinvio. A sostegno del suo ricorso, essa invoca il diritto dell’Unione e il diritto al pagamento degli interessi risultante dalla giurisprudenza della Corte. L’ufficio doganale principale di Amburgo sostiene, in particolare, che il suo rifiuto di concedere le restituzioni all’esportazione non era contrario, all’epoca, al diritto dell’Unione, bensì conforme alla normativa dell’Unione e alla giurisprudenza nazionale applicabili; è soltanto per effetto della sentenza della Corte e delle successive decisioni del giudice del rinvio che alla Gräfendorfer è stato riconosciuto il diritto alla concessione di restituzioni all’esportazione e, in tale situazione, essa non può esigere interessi sull’importo rettificato. L’ufficio doganale principale di Amburgo ha invocato, al riguardo, la sentenza della Corte del 18 gennaio 2017 nella causa Wortmann ( 8 ).

17.

Il giudice del rinvio indica che nessuna disposizione della normativa dell’Unione o nazionale applicabile alla controversia principale consente di accogliere le domande di interessi della Gräfendorfer per quanto concerne il pagamento tardivo delle restituzioni all’esportazione o delle sanzioni rimborsate. La soluzione della controversia dipende quindi dalla questione se tali domande possano essere fondate sul diritto al pagamento degli interessi ai sensi del diritto dell’Unione, quale risultante dalla giurisprudenza della Corte.

18.

Nutrendo dubbi sulla questione se il diritto al pagamento degli interessi fondato sul diritto dell’Unione sorga in una situazione di violazione del diritto dell’Unione come quella oggetto di tale causa, il Finanzgericht Hamburg (Tribunale tributario di Amburgo) ha deciso di sospendere il procedimento e di sottoporre alla Corte le seguenti questioni pregiudiziali:

«1)

Se l’obbligo sancito dal diritto dell’Unione in capo agli Stati membri di rimborsare i dazi riscossi in violazione di esso maggiorati di interessi sussista anche laddove il rimborso non sia dovuto in ragione di una violazione del diritto dell’Unione accertata dalla Corte di giustizia dell’Unione europea, ma a causa di un’interpretazione di una (sotto)voce della nomenclatura combinata da parte di detta Corte.

2)

Se i principi in materia di diritto al riconoscimento di interessi sulla base del diritto dell’Unione elaborati dalla Corte di giustizia dell’Unione europea possano essere trasposti anche al pagamento di restituzioni all’esportazione che le autorità degli Stati membri hanno negato in violazione del diritto dell’Unione».

B.   Causa C‑419/20

19.

Come emerge dalla decisione di rinvio, la F. Reyher Nchfg. GmbH & Co. KG (in prosieguo: la «Reyer») è una società tedesca che, nel corso degli anni 2010 e 2011, ha importato nell’Unione elementi di fissaggio da un’impresa con sede in Indonesia, controllata di una società con sede in Cina.

20.

L’ufficio doganale principale di Amburgo ha ritenuto che tali elementi di fissaggio fossero originari della Cina e dovessero essere assoggettati, al momento della loro importazione nell’Unione, ai dazi antidumping previsti dal regolamento n. 91/2009 ( 9 ). Di conseguenza, l’ufficio doganale principale di Amburgo ha emesso, nel corso del 2013, vari avvisi di riscossione di dazi antidumping nei confronti della Reyher, che quest’ultima ha provveduto a versare. In seguito, la Reyher ha proposto un ricorso contro l’imposizione di tali dazi dinanzi al Finanzgericht Hamburg (Tribunale tributario di Amburgo).

21.

Con sentenza del 3 aprile 2019, divenuta definitiva, il Finanzgericht Hamburg (Tribunale tributario di Amburgo) ha accolto il ricorso della Reyher e ha annullato i dazi antidumping ad essa imposti in base al rilievo che l’ufficio doganale principale di Amburgo non aveva dimostrato che gli elementi di fissaggio importati nell’Unione dalla Reyher fossero originari della Cina.

22.

Nel maggio 2019, l’ufficio doganale principale di Amburgo ha rimborsato alla Reyher i dazi antidumping versati da quest’ultima. Esso ha tuttavia respinto la domanda della Reyher concernente il pagamento degli interessi su tali dazi, respingendo poi il reclamo amministrativo da essa presentato avverso il diniego.

23.

Il 10 febbraio 2020 la Reyher ha proposto ricorso avverso tale diniego dinanzi al giudice del rinvio. Sebbene sia controversa tra le parti la questione se il pagamento degli interessi sia o meno escluso in base dell’articolo 116, paragrafo 6, del codice doganale dell’Unione, il giudice del rinvio ritiene che ai fatti del caso di specie non sia applicabile tale codice, bensì il precedente codice doganale comunitario. Ai sensi dell’articolo 241 del codice doganale comunitario, sono dovuti interessi qualora le disposizioni nazionali lo prevedano. Il giudice del rinvio ritiene, pertanto, che la Reyher possa esigere gli interessi maturati dall’inizio del procedimento giudiziario sulla base dell’articolo 236, paragrafo 1, dell’AO. Tale giudice si chiede, tuttavia, se la Reyher abbia diritto agli interessi per il periodo compreso tra il pagamento dei dazi antidumping non dovuti fino all’avvio del procedimento giudiziario.

24.

Nutrendo dubbi in ordine alla possibilità, per la Reyher, di fondarsi sul diritto al pagamento degli interessi fondato sul diritto dell’Unione, conformemente alla giurisprudenza della Corte, per quanto concerne gli interessi che essa non può esigere sulla base del diritto nazionale, il Finanzgericht Hamburg (Tribunale tributario di Amburgo) ha deciso di sospendere il procedimento e di sottoporre alla Corte la seguente questione pregiudiziale:

«Se sussista una violazione del diritto dell’Unione, quale presupposto del diritto al versamento degli interessi sancito dallo stesso diritto dell’Unione e sviluppato dalla Corte di giustizia dell’Unione europea, anche nel caso in cui un’amministrazione di uno Stato membro proceda alla liquidazione di tributi in violazione di vigenti norme del diritto dell’Unione ma un giudice dello Stato membro dichiari successivamente l’insussistenza dei requisiti di fatto per la loro riscossione».

C.   Causa C‑427/20

25.

Dall’ordinanza di rinvio emerge che la Flexi Montagetechnik GmbH & Co. KG (in prosieguo: la «Flexi Montagetechnik») è una società tedesca che importava nell’Unione moschettoni destinati alla produzione di guinzagli per cani.

26.

L’Hauptzollamt Kiel (ufficio doganale principale di Kiel, Germania) ha ritenuto, in esito a un controllo in loco, che detti moschettoni non dovessero essere classificati, come dichiarato dalla Flexi Montagetechnik, nella voce 8308 della nomenclatura combinata (in prosieguo: la «NC»), che comporta un’aliquota doganale del 2,7%, bensì come merci rientranti nella voce 7907 della NC, che comporta un’aliquota doganale del 5%, e soggette, pertanto, a dazi all’importazione di importo superiore a quello pagato dalla Flexi Montagetechnik. L’ufficio doganale principale di Kiel ha emesso due avvisi di riscossione di dazi all’importazione, che la Flexi Montagetechnik ha versato nel marzo 2014. Successivamente, nel settembre 2014, la Flexi Montagetechnik ha proposto ricorso giurisdizionale avverso tali avvisi.

27.

Con sentenza del 20 giugno 2017, il Bundesfinanzhof (Corte tributaria federale, Germania) ha annullato tali avvisi sulla base del rilievo che la riscossione a posteriori dei dazi all’importazione era illegittima, dovendo i moschettoni essere classificati nella voce 8308, come aveva fatto la Flexi Montagetechnik.

28.

Nell’ottobre 2017 l’ufficio doganale principale di Kiel ha rimborsato alla Flexi Montagetechnik i dazi all’importazione da quest’ultima versati. Esso ha tuttavia rifiutato di pagare gli interessi su tali dazi per il periodo intercorrente tra la data del pagamento e la data del rimborso, respingendo poi l’opposizione della Flexi Montagetechnik a tale diniego.

29.

La Flexi Montagetechnik ha proposto ricorso avverso tale diniego dinanzi al giudice del rinvio. Nel corso del procedimento, l’ufficio doganale principale di Kiel ha versato alla Flexi Montagetechnik gli interessi per il periodo compreso tra la proposizione del ricorso contro gli avvisi di riscossione (settembre 2014) e il rimborso dei dazi all’importazione (ottobre 2017). Tuttavia, le parti sono tuttora in disaccordo sulla questione se la Flexi Montagetechnik possa esigere il pagamento degli interessi anche per il periodo compreso tra il pagamento dei dazi all’importazione illegittimamente riscossi (marzo 2014) e la proposizione del ricorso contro gli avvisi di riscossione (settembre 2014).

30.

Nutrendo dubbi in ordine alla possibilità, per la Flexi Montagetechnik, di fondarsi sul diritto al pagamento degli interessi discendente dal diritto dell’Unione, conformemente alla giurisprudenza della Corte per quanto concerne gli interessi che essa non può esigere in base al diritto nazionale, il Finanzgericht Hamburg (Tribunale tributario di Amburgo) ha deciso di sospendere il procedimento e di sottoporre alla Corte la seguente questione pregiudiziale:

«Se sussista una violazione del diritto dell’Unione, quale presupposto del diritto al versamento degli interessi sancito dallo stesso diritto dell’Unione e sviluppato dalla Corte di giustizia dell’Unione europea, anche nel caso in cui un’amministrazione di uno Stato membro proceda alla liquidazione di tributi in violazione di vigenti norme del diritto dell’Unione e un giudice dello Stato membro dichiari tale violazione».

IV. Procedimento dinanzi alla Corte

31.

Con decisione del 9 ottobre 2020 il presidente della Corte ha deciso di riunire le cause C‑415/20, C‑419/20 e C‑427/20 ai fini del procedimento scritto e orale nonché della sentenza.

32.

La Gräfendorfer, la Reyher, la Flexi Montagetechnik, il governo dei Paesi Bassi e la Commissione europea hanno presentato osservazioni scritte alla Corte. Tali parti hanno altresì risposto ai quesiti scritti sottoposti dalla Corte ai sensi dell’articolo 62, paragrafo 1, del suo regolamento di procedura.

V. Analisi

33.

Con le sue questioni, il giudice del rinvio pone diversi interrogativi concernenti il diritto al pagamento degli interessi fondato sul diritto dell’Unione, come sviluppato nella giurisprudenza della Corte.

34.

Il giudice del rinvio non pone in discussione l’esistenza del diritto al pagamento degli interessi ai sensi del diritto dell’Unione, ma nutre dubbi in ordine alla sussistenza o meno di tale diritto in diverse situazioni concernenti la violazione del diritto dell’Unione di cui è chiamato ad occuparsi.

35.

La prima questione sottesa alle tre cause consiste, in sostanza, nell’accertare se, ai fini del sorgere del diritto al pagamento di interessi ai sensi del diritto dell’Unione, rilevi o meno il modo in cui la violazione del diritto dell’Unione si è verificata. Si pone, inoltre, indirettamente, la questione se rilevi o meno il fatto che la violazione del diritto dell’Unione sia stata accertata dai giudici nazionali e non dalla Corte di giustizia.

36.

La seconda questione sottesa a tali cause consiste, sostanzialmente, nello stabilire se e a quali condizioni il diritto al pagamento degli interessi fondato sul diritto dell’Unione possa essere limitato. Le cause C‑419/20 e C‑427/20 sollevano la questione dell’applicabilità del limite al diritto al pagamento degli interessi previsto ai sensi della normativa doganale dell’Unione, mentre tutte e tre le cause sollevano la questione della possibilità che siano posti limiti a tale diritto ai sensi del diritto nazionale.

37.

Al fine di rispondere a dette questioni, mi occuperò anzitutto del diritto al pagamento degli interessi quale sviluppato nella giurisprudenza della Corte concernente il rimborso delle somme riscosse in violazione del diritto dell’Unione (sezione A). Esaminerò poi se, ai fini del sorgere del diritto al pagamento degli interessi ai sensi del diritto dell’Unione, rilevi o meno il modo in cui la violazione del diritto dell’Unione si è verificata (sezione B.1), quindi mi occuperò della questione se rilevi o meno il fatto che la violazione del diritto dell’Unione sia stata accertata dai giudici nazionali o dalla Corte di giustizia (sezione B.2). Infine, esaminerò le possibili giustificazioni dei limiti posti al diritto al pagamento degli interessi, sia ai sensi del diritto dell’Unione (sezione C.1) sia ai sensi del diritto nazionale (sezione C.2).

38.

La mia analisi dimostrerà che il diritto al pagamento degli interessi costituisce una regola generale del diritto dell’Unione, applicabile in tutti i casi in cui un pagamento dovuto ai sensi del diritto dell’Unione è effettuato tardivamente, indipendentemente dal fatto che si tratti del rimborso di somme di denaro indebitamente riscosse o del pagamento tardivo di prestazioni alle quali un soggetto ha diritto ai sensi del diritto dell’Unione. Siffatta regola generale può essere limitata dal diritto dell’Unione o dal diritto nazionale, purché il limite sia giustificato da un interesse pubblico accettabile e sia proporzionato a detto interesse. Alla luce di ciò, esaminerò il limite introdotto dalla normativa doganale dell’Unione nonché quello previsto ai sensi del diritto nazionale applicabile.

A.   Diritto al pagamento degli interessi ai sensi del diritto dell’Unione

39.

In via preliminare, occorre osservare che il diritto al pagamento degli interessi ai sensi del diritto dell’Unione si è evoluto di pari passo con la giurisprudenza della Corte sul diritto al rimborso delle somme indebitamente riscosse in violazione del diritto dell’Unione.

40.

Le situazioni in cui sono stati imposti vari tipi di tributi in violazione del diritto dell’Unione sono ben note. Nella sua giurisprudenza iniziale, la Corte si è occupata, ad esempio, di spese per diritti di controllo fitosanitario ( 10 ), tasse all’esportazione ( 11 ), diritti di visita sanitaria all’importazione ( 12 ), tributi sulle carcasse di suino destinate alla produzione di bacon ( 13 ), imposte di consumo sulle banane ( 14 ) e diritti per l’iscrizione di società per azioni e società a responsabilità limitata ( 15 ). La giurisprudenza più recente concerne il pagamento anticipato dell’imposta societaria sugli utili distribuiti da una controllata alla sua società capogruppo ( 16 ), la riscossione in eccesso dell’imposta sul valore aggiunto (in prosieguo: «IVA») ( 17 ), una tassa sull’inquinamento per gli autoveicoli ( 18 ) e il pagamento in eccesso di un’imposta sul consumo di elettricità ( 19 ), solo per fare qualche esempio.

41.

Nei casi in cui tali tributi sono stati dichiarati contrari al diritto dell’Unione, i soggetti che li hanno versati ne hanno chiesto il rimborso. Tali domande sono state sovente accompagnate da domande di pagamento degli interessi.

42.

Tuttavia, il diritto dell’Unione non contiene norme generali scritte concernenti diritti o rimedi a disposizione dei soggetti che hanno versato somme riscosse in violazione del diritto dell’Unione. Tale settore del diritto si è quindi sviluppato, ed è tuttora in fase di sviluppo, attraverso la giurisprudenza della Corte. Ciò che segue è una rassegna succinta della mia interpretazione di tale giurisprudenza.

43.

Secondo costante giurisprudenza, il diritto di ottenere il rimborso delle imposte riscosse da uno Stato membro in violazione di norme del diritto dell’Unione costituisce la conseguenza e il complemento dei diritti attribuiti ai soggetti dell’ordinamento dalle disposizioni del diritto dell’Unione, nell’interpretazione loro data dalla Corte. Gli Stati membri sono quindi tenuti, in linea di principio, a rimborsare le somme riscosse in violazione del diritto dell’Unione ( 20 ).

44.

A mio avviso, da tale giurisprudenza risulta chiaramente che il diritto al rimborso è esso stesso un diritto che sorge dal diritto dell’Unione allorché un soggetto abbia versato somme riscosse in violazione del diritto dell’Unione ( 21 ).

45.

Inoltre, la Corte ha statuito che, qualora uno Stato membro abbia prelevato tributi in violazione delle disposizioni del diritto dell’Unione, i singoli hanno diritto al rimborso non solo del tributo indebitamente riscosso, ma altresì degli importi pagati allo Stato o da esso trattenuti in rapporto diretto con tale tributo. Tale rimborso comprende altresì le perdite derivanti dall’indisponibilità di somme di denaro versate ( 22 ).

46.

La Corte ha inoltre precisato che da tale giurisprudenza risulta che il principio dell’obbligo, posto a carico degli Stati membri, di restituire, corredate di interessi, le imposte percepite in violazione del diritto dell’Unione discende dal diritto dell’Unione medesimo ( 23 ).

47.

Interpreto la giurisprudenza citata nel senso che, quando il diritto al rimborso sorge ai sensi del diritto dell’Unione, esso è accompagnato dal diritto al pagamento degli interessi. Siffatta interpretazione della giurisprudenza è confermata dagli avvocati generali della Corte ( 24 ) e dalla dottrina ( 25 ).

48.

La questione che, tuttavia, non è stata ancora chiaramente affrontata nella giurisprudenza è se siano dovuti interessi in tutte le situazioni in cui il diritto al rimborso si fonda sul diritto dell’Unione o se vi siano situazioni in cui il diritto dell’Unione attribuisce il diritto al rimborso, ma senza esigere il pagamento degli interessi. Inoltre, non è stato ancora precisato se il diritto al pagamento degli interessi sorga soltanto unitamente al diritto al rimborso ai sensi del diritto dell’Unione o se sorga anche in altre situazioni in cui l’obbligo di pagamento eseguito con ritardo si fonda direttamente sul diritto dell’Unione (come nel caso delle restituzioni all’esportazione nella causa C‑415/20).

49.

Anche la risposta a tale questione deve essere ricercata, a mio avviso, nel diritto dell’Unione, e non dipende dagli ordinamenti giuridici nazionali. In altri termini, la portata del diritto al pagamento degli interessi non rientra nell’autonomia procedurale nazionale. Tale nozione rinvia alle competenze degli Stati membri a disciplinare, nei loro ordinamenti giuridici, questioni sostanziali e procedurali pertinenti ai fini dell’esercizio di diritti rimediali (quali il diritto al rimborso o il diritto al risarcimento, come risultanti dal diritto dell’Unione), qualora non vi siano le norme dell’Unione necessarie per la loro attuazione. Tuttavia, la questione se il diritto al pagamento degli interessi sorga in tutti o soltanto in alcuni casi in cui sussiste il diritto al rimborso, oppure anche in altre situazioni in cui l’obbligazione pecuniaria è fondata sul diritto dell’Unione, è una questione concernente l’esistenza di tale diritto, e non la sua attuazione, e rientra quindi esclusivamente nel diritto dell’Unione. Di converso, la questione se tale diritto, qualora esistente ai sensi del diritto dell’Unione, possa essere limitato dagli ordinamenti giuridici nazionali è una questione di tipo diverso, che esaminerò separatamente nel prosieguo (v. sezione C.2).

B.   Violazione del diritto dell’Unione che dà origine al diritto al rimborso con interessi ai sensi della giurisprudenza della Corte

1. Se rilevi o meno il modo in cui la violazione del diritto dell’Unione si è verificata

50.

Una delle questioni sollevate dalle presenti cause verte sulla questione se sia rilevante o meno, ai fini della giurisprudenza della Corte in materia di restituzione delle somme indebitamente versate maggiorate di interessi, il modo in cui la violazione del diritto dell’Unione si è verificata. Più precisamente, si pone la questione se gli interessi siano dovuti soltanto nei casi in cui la misura dell’Unione o nazionale che funge da base giuridica per la riscossione delle somme indebitamente riscosse sia annullata o dichiarata invalida, come sostiene il governo dei Paesi Bassi, o se, come sostenuto dal giudice del rinvio, dalla Gräfendorfer, dalla Reyher, dalla Flexi Montagetechnik e dalla Commissione, gli interessi siano esigibili in relazione a qualsiasi violazione del diritto dell’Unione.

51.

A tale riguardo, il giudice del rinvio precisa che la caratteristica che accomuna le cause nelle quali la Corte ha ritenuto che i ricorrenti avessero diritto agli interessi ai sensi del diritto dell’Unione risiede nel fatto che il diritto al rimborso è sorto a seguito della dichiarazione di invalidità della base giuridica del pagamento da parte della Corte ( 26 ).

52.

Di converso, la violazione del diritto dell’Unione nelle presenti cause derivava dal fatto che le autorità nazionali competenti avevano commesso errori nell’interpretazione del diritto dell’Unione o nella valutazione dei fatti in sede di applicazione di norme giuridicamente valide di diritto dell’Unione. Nella causa C‑415/20 la violazione è consistita in un’interpretazione erronea della normativa dell’Unione in vigore, in forza della quale è stato negato alla ricorrente il pagamento di restituzioni all’esportazione e, inoltre, le è stata comminata una sanzione da parte delle autorità nazionali competenti. Nella causa C‑419/20, la violazione è consistita in un errore di valutazione dei fatti da parte delle autorità nazionali competenti, che ha condotto all’imposizione di dazi antidumping non dovuti ai sensi del diritto dell’Unione in vigore e, nella causa C‑427/20, l’imposizione di dazi all’importazione è derivata da un’interpretazione non corretta, da parte di tali autorità, del diritto dell’Unione in vigore.

53.

È vero che le cause richiamate dal giudice del rinvio concernevano situazioni nelle quali la base giuridica del pagamento è stata dichiarata invalida. La sentenza Zuckerfabrik Jülich ( 27 ) riguardava il pagamento di interessi su somme indebitamente riscosse a titolo di contributi alla produzione nel settore dello zucchero, sulla base di regolamenti dell’Unione che la Corte ha dichiarato invalidi. La sentenza Irimie ( 28 ) verteva sul pagamento di interessi relativi a una tassa sull’inquinamento, oggetto di rimborso, prevista dal diritto nazionale e giudicata contraria al diritto dell’Unione in base all’interpretazione della Corte. Infine, la sentenza Wortmann ( 29 ) riguardava il pagamento di interessi connessi al rimborso di dazi antidumping versati dalla ricorrente in applicazione di un regolamento dell’Unione che era stato parzialmente annullato dalla Corte.

54.

Tuttavia, occorre rilevare che, da un lato, vi sono cause decise dalla Corte nelle quali la ragione per il pagamento di interessi non consisteva nella dichiarazione di invalidità della base giuridica del pagamento, bensì in un’altra violazione del diritto dell’Unione. Una di tale cause è stata menzionata dal giudice del rinvio stesso ( 30 ). In secondo luogo, vi sono, a mio avviso, importanti ragioni concettuali che depongono a favore di una risposta nel senso che sussiste un diritto al pagamento degli interessi in forza del diritto dell’Unione indipendentemente dal modo in cui si manifesta la violazione del diritto dell’Unione. In altri termini, non è giustificato, a mio avviso, limitare il diritto al pagamento degli interessi alle sole situazioni in cui il fondamento giuridico del pagamento è stato dichiarato invalido. Per spiegare questa posizione, occorre anzitutto esaminare le ragioni alla base della giurisprudenza della Corte che ha riconosciuto il diritto al pagamento degli interessi.

a) Finalità del diritto al pagamento degli interessi

55.

Quando una persona ha versato una somma di denaro riscossa in violazione del diritto dell’Unione, il diritto alla restituzione di tale somma sorge automaticamente, sebbene esso possa essere confermato dalla Corte di giustizia o dal giudice nazionale in un momento successivo. Ciò discende dalla giurisprudenza menzionata al paragrafo 43 delle presenti conclusioni, nella quale la Corte ha precisato che il diritto di ottenere il rimborso delle imposte riscosse da uno Stato membro in violazione di norme del diritto dell’Unione costituisce la conseguenza e il complemento dei diritti di non pagare tali somme attribuiti ai singoli dalle disposizioni del diritto dell’Unione. Tra la data in cui è sorto il diritto al rimborso e la data in cui è stato effettuato il rimborso intercorre un periodo di tempo, talora notevole ( 31 ). Gli interessi servono a rimediare al decorso di tale periodo di tempo.

56.

L’obbligo di pagare interessi non costituisce una punizione o una sanzione, a carico delle autorità nazionali competenti, per la violazione del diritto dell’Unione commessa, ma mira piuttosto a garantire ai singoli un adeguato risarcimento per le perdite subite a causa dell’indisponibilità delle somme indebitamente riscosse in violazione del diritto dell’Unione. In altri termini, il diritto al pagamento degli interessi si basa sull’idea di concedere ai singoli una restitutio in integrum a causa dell’impossibilità di utilizzare tali somme per un determinato periodo ( 32 ).

57.

Trattandosi semplicemente di un mezzo per rimediare alla perdita di valore del denaro nel tempo, il diritto al pagamento degli interessi non dipende dalla questione se le autorità nazionali competenti abbiano ritenuto di agire conformemente al diritto dell’Unione, che, soltanto in seguito, è stato interpretato in modo diverso rispetto a quello che, secondo dette autorità, corrispondeva, all’epoca, alla sua corretta applicazione. La preoccupazione sollevata dal giudice del rinvio al riguardo, consistente nel fatto che tali autorità potrebbero non essere debitrici di interessi per aver riscosso tali somme in buona fede, è quindi irrilevante ai fini del sorgere del diritto al pagamento degli interessi.

58.

Il diritto al pagamento degli interessi non è uguale al diritto al risarcimento. Nelle cause concernenti il rimborso, esso sorge come conseguenza della riscossione di somme di denaro in violazione del diritto dell’Unione e non dipende dall’accertamento della responsabilità delle autorità nazionali competenti che hanno commesso la violazione del diritto dell’Unione. È quindi irrilevante il motivo per il quale le autorità nazionali competenti hanno riscosso somme di denaro in violazione del diritto dell’Unione. Così come il diritto al rimborso, in quanto rimedio dell’Unione, consegue semplicemente dal fatto oggettivo che tali somme non erano dovute, il diritto al pagamento degli interessi costituisce consegue dal decorso del tempo.

59.

Nel caso in cui sorga il rimedio consistente nel rimborso, gli interessi coprono il periodo di tempo in cui una persona avrebbe dovuto poter disporre delle somme di denaro in questione, ma così non è stato, senza che sia necessario individuare i motivi per i quali le autorità nazionali competenti hanno commesso una violazione del diritto dell’Unione. La violazione è di per sé sufficiente. Gli interessi si limitano a compensare il decorso del tempo e non sono quindi legati alla questione dell’eventuale assenza di colpa per la violazione del diritto dell’Unione.

60.

La giurisprudenza conferma una siffatta giustificazione economica del diritto al pagamento degli interessi. La Corte ha anzitutto sottolineato la logica economica del diritto al rimborso. Essa ha ritenuto che «il diritto alla ripetizione dell’indebito è inteso a rimediare alle conseguenze dell’incompatibilità dell’imposta con il diritto dell’Unione, neutralizzando l’onere economico che ha indebitamente gravato l’operatore che, in definitiva, lo ha effettivamente sopportato» ( 33 ). In una serie di cause recenti, come menzionato al paragrafo 45 delle presenti conclusioni, la Corte ha inoltre precisato che il diritto dell’Unione esige la restituzione di somme di denaro indebitamente riscosse maggiorate di interessi, poiché gli interessi coprono «le perdite derivanti dall’indisponibilità di somme di danaro» pagate ( 34 ).

61.

Pertanto, il pagamento degli interessi è necessario per ristabilire il rispetto del diritto dell’Unione, creando una situazione il più simile possibile a quella che sarebbe esistita se non si fosse verificata una violazione del diritto dell’Unione. Esso mira, quindi, a ripristinare l’effetto utile del diritto dell’Unione.

62.

Una spiegazione alternativa o, eventualmente, aggiuntiva del riconoscimento degli interessi, come proposto dal giudice del rinvio, dalla Gräfendorfer e dalla Flexi Montagetechnik, è l’istituto dell’arricchimento senza causa ( 35 ).

63.

Su tale istituto si è basata l’avvocato generale Sharpston nelle sue conclusioni nella causa Zuckerfabrik Jülich e a. ( 36 ), anch’essa vertente sul rimborso di somme riscosse dalle autorità nazionali, ma che erano state riscosse a favore del bilancio dell’Unione, sul fondamento di una base giuridica invalida dell’Unione.

64.

Inoltre, la Corte si è fondata sull’arricchimento senza causa nelle sue sentenze del 16 dicembre 2008, Masdar (UK)/Commissione ( 37 ), e del 9 luglio 2020, Repubblica ceca/Commissione ( 38 ) per giustificare la possibilità di proporre un ricorso per il rimborso di somme, nei confronti dell’Unione, sulla base dell’articolo 268 TFUE e dell’articolo 340, secondo comma, TFUE. La Corte ha sottolineato che un soggetto che ha subito una perdita la quale incrementi il patrimonio di un altro soggetto (in tal caso, l’Unione), senza che vi sia alcun fondamento giuridico per tale arricchimento, ha generalmente diritto ad una restituzione, fino a concorrenza di tale perdita, da parte del soggetto che si è arricchito. Ad avviso della Corte, un ricorso per il rimborso di somme riscosse a favore del bilancio dell’Unione richiederebbe la prova di un arricchimento, senza valido fondamento giuridico, del convenuto e di un impoverimento del ricorrente correlato all’arricchimento stesso.

65.

Se l’istituto dell’arricchimento senza causa può costituire una valida giustificazione per un ricorso proposto da uno Stato membro che chieda il rimborso di somme da esso indebitamente versate al bilancio dell’Unione, fondarsi su tale istituto non è necessario, a mio avviso, per giustificare il pagamento di interessi in situazioni come quelle di cui alle presenti cause. Ciò potrebbe persino creare ostacoli al pagamento degli interessi. A causa dell’organizzazione della governance nell’Unione, varie somme sono sovente riscosse dalle autorità nazionali a favore del bilancio dell’Unione. Conformemente alla giurisprudenza menzionata al paragrafo precedente delle presenti conclusioni, un soggetto che abbia versato somme indebitamente riscosse dovrebbe dimostrare un arricchimento delle autorità nazionali che le hanno percepite. Qualora dette somme siano state trasferite al bilancio dell’Unione, la prova dell’arricchimento delle autorità nazionali potrebbe non essere possibile.

66.

Anziché fondarsi sulla logica dell’arricchimento senza causa, il diritto al pagamento degli interessi si concentra sull’altro lato di tale rapporto, l’impoverimento ingiusto. Esso mira a garantire l’effetto utile del diritto dell’Unione, ponendo il soggetto leso in violazione del diritto dell’Unione nella situazione in cui si sarebbe trovato in assenza di tale violazione. Ciò che rileva, quindi, è l’impoverimento del richiedente, e non l’arricchimento delle autorità nazionali. La prova dell’arricchimento non è necessaria ai fini del diritto al pagamento degli interessi sulla base del diritto dell’Unione ( 39 ).

67.

A mio avviso, la giustificazione economica offerta dalla Corte per l’esistenza del diritto al pagamento degli interessi conferma la conclusione secondo cui, nel diritto dell’Unione, tale diritto sorge in ogni situazione di impoverimento di una persona in violazione del diritto dell’Unione, senza che sia necessario domandarsi se il soggetto che ha commesso la violazione abbia agito o meno bona fide e se si sia o meno arricchito.

b) Se sussista un diritto al pagamento degli interessi nelle presenti cause

68.

Se si ammette che il diritto dell’Unione attribuisce il diritto al pagamento degli interessi per ripristinare il suo effetto utile, rimediando alla perdita di valore del denaro durante il periodo in cui un soggetto ne è stato privato in violazione del diritto dell’Unione, non vi è ragione di distinguere tra le varie circostanze della violazione del diritto dell’Unione.

69.

Gli interessi sono dovuti indipendentemente dal fatto che la violazione sia consistita nell’invalidità del fondamento giuridico dell’Unione o nazionale del pagamento, in un’errata interpretazione del diritto dell’Unione o del diritto nazionale attuativo, in un’erronea valutazione dei fatti sfociata nella riscossione di somme di denaro in violazione del diritto dell’Unione o in qualsiasi altra violazione.

70.

A mio avviso, dalla giurisprudenza si può dedurre che il diritto al pagamento degli interessi sorge in tutte le situazioni in cui una somma di denaro è dovuta, ai sensi del diritto dell’Unione, per rimediare al decorso del tempo, dal momento in cui è sorto il diritto al pagamento fino all’effettuazione di tale pagamento ( 40 ). Il diritto al pagamento degli interessi sorge come conseguenza della violazione della norma dell’Unione che riconosce il diritto al pagamento o al mancato pagamento a partire dal momento in cui tale diritto è stato violato, e serve a ripristinare l’effettività del diritto dell’Unione.

71.

Pertanto, nelle situazioni in cui il diritto al rimborso è sorto a causa dell’invalidazione del fondamento giuridico del pagamento, che si poneva in contrasto con il diritto dell’Unione, il pagamento degli interessi è necessario al fine di ripristinare la situazione che si sarebbe verificata se l’atto dichiarato invalido non fosse stato adottato ( 41 ).

72.

Analogamente, il pagamento degli interessi si impone, per ragioni simili, nelle situazioni in cui il rimborso è richiesto a causa di una valutazione dei fatti o interpretazione del diritto erronee. Nella causa C‑415/20, la ricorrente non sarebbe stata obbligata a pagare sanzioni pecuniarie se le autorità nazionali competenti avessero interpretato correttamente il diritto dell’Unione. Per ripristinare la situazione che si sarebbe verificata se la violazione del diritto dell’Unione non fosse avvenuta, non è sufficiente limitarsi a rimborsare dette sanzioni, ma occorre anche che siano versati interessi per compensare il decorso del tempo. Soltanto in questo modo può essere ripristinata l’effettività del diritto dell’Unione.

73.

Tale ragionamento è applicabile anche alle cause C‑419/20 e C‑427/20. L’effettività del diritto dell’Unione può essere ripristinata soltanto nel caso in cui le ricorrenti siano «ricollocate» in una situazione in cui la violazione del diritto dell’Unione, commessa mediante una valutazione dei fatti o un’interpretazione del diritto dell’Unione erronee, non è intervenuta. Ciò richiede la compensazione della perdita del valore del denaro di cui le ricorrenti sono state private a causa della violazione del diritto dell’Unione.

74.

Tale approccio è confermato dalla giurisprudenza recente, nella quale la Corte ha statuito che sono dovuti interessi anche in situazioni in cui il diritto al rimborso dei ricorrenti non discendeva dalla dichiarazione di invalidità della base giuridica del pagamento, bensì dall’interpretazione non corretta del diritto o dei fatti che hanno determinato il pagamento indebito. Nella sentenza Littlewoods Retail ( 42 ), la ricorrente aveva versato un’eccedenza di IVA a causa dell’errata interpretazione del diritto dell’Unione e del diritto nazionale pertinenti. Nella sentenza Hauptzollamt B ( 43 ), il rimborso era la conseguenza di un calcolo errato delle imposte sull’elettricità. In entrambe le cause la Corte ha ritenuto che le ricorrenti avessero diritto al pagamento degli interessi ai sensi del diritto dell’Unione.

75.

La situazione di cui alla causa C‑415/20, in cui la ricorrente è stata privata, per un determinato periodo di tempo, del pagamento delle restituzioni all’esportazione alle quali aveva diritto ai sensi del diritto dell’Unione, si distingue dalle cause concernenti il rimborso. In tali cause il diritto al pagamento degli interessi è sorto in conseguenza della violazione del diritto di non pagare, mentre nella causa C‑415/20 il diritto al pagamento degli interessi è stato invocato in connessione con il diritto di ricevere un pagamento. Dunque, con la seconda questione in tale causa il giudice del rinvio chiede, in sostanza, se il diritto al pagamento degli interessi sorga soltanto unitamente al diritto al rimborso o se sorga anche in una situazione in cui il diritto di un soggetto a un pagamento, fondato direttamente sul diritto dell’Unione, è stato violato.

76.

Se, come ho suggerito, il diritto al pagamento degli interessi ai sensi del diritto dell’Unione è giustificato dalla necessità di ripristinare l’effettività del diritto dell’Unione, rimediando al decorso del tempo durante il quale un soggetto è stato privato di una somma di denaro in contrasto con il diritto dell’Unione, il diritto al pagamento degli interessi sorge anche quando la violazione consiste nel rifiuto di un pagamento al quale una persona aveva diritto in forza del diritto dell’Unione. Gli interessi sono dovuti, nella situazione di cui alla causa C‑415/20, dal momento del sorgere del diritto alle restituzioni all’esportazione fino al momento in cui dette restituzioni sono state pagate.

77.

In conclusione, occorre, a mio avviso, interpretare la giurisprudenza della Corte nel senso che include, di regola, il diritto al pagamento degli interessi in tutte le situazioni in cui somme dovute ai sensi del diritto dell’Unione sono pagate in ritardo, in violazione del diritto dell’Unione.

78.

Ritengo pertanto che la giurisprudenza della Corte sul diritto al pagamento degli interessi si applichi alle restituzioni all’esportazione erroneamente negate e alle sanzioni pecuniarie erroneamente comminate dalle autorità nazionali competenti in violazione del diritto dell’Unione, come nella causa C‑415/20. Essa si applica altresì al rimborso dei dazi antidumping riscossi sulla base di un errato accertamento dei fatti, come nella causa C‑419/20, nonché al rimborso di dazi all’importazione erroneamente riscossi in conseguenza a un’erronea interpretazione del diritto dell’Unione, come nella causa C‑427/20. In tutte queste situazioni la finalità del pagamento degli interessi è la stessa, ossia rimediare alla perdita di valore del denaro causata dal decorso del tempo, dal momento in cui è sorto il diritto a ricevere le somme di cui trattasi fino al momento del loro pagamento.

79.

Interpretare la giurisprudenza della Corte come limitata alle situazioni in cui un atto dell’Unione o nazionale è annullato o dichiarato invalido dalla Corte pregiudicherebbe l’obiettivo stesso della giurisprudenza, che consiste nel garantire, indipendentemente dal modo in cui il diritto dell’Unione è violato, che sia riconosciuto ai singoli un diritto al pagamento degli interessi al fine di ripristinare l’effettività del diritto dell’Unione.

2. Se rilevi o meno la circostanza che la violazione del diritto dell’Unione sia accertata dai giudici nazionali o dalla Corte di giustizia

80.

Come aspetto correlato, l’interpretazione, ai fini delle presenti cause, della nozione di violazione del diritto dell’Unione nella giurisprudenza della Corte in materia di restituzione delle somme indebitamente riscosse solleva, indirettamente, anche la questione se rilevi o meno la circostanza che la violazione del diritto dell’Unione sia accertata dai giudici nazionali o dalla Corte di giustizia.

81.

Sono del parere che a tale questione occorra rispondere in senso negativo.

82.

Come riconosciuto dalla Corte, l’articolo 19 TUE affida ai giudici nazionali e alla Corte di giustizia il compito di garantire la piena applicazione del diritto dell’Unione in tutti gli Stati membri nonché la tutela giurisdizionale spettante ai singoli in forza di detto diritto ( 44 ). Di conseguenza, il giudice nazionale adempie, in collaborazione con la Corte, ad una funzione loro attribuita congiuntamente al fine di garantire il rispetto del diritto nell’interpretazione e nell’applicazione dei Trattati ( 45 ).

83.

Inoltre, la Corte ha sottolineato che la procedura disciplinata dall’articolo 267 TFUE istituisce una cooperazione diretta tra la Corte e i giudici nazionali, nell’ambito della quale questi ultimi partecipano strettamente alla corretta applicazione e all’interpretazione uniforme del diritto dell’Unione, nonché alla tutela dei diritti attribuiti ai privati. Di conseguenza, le funzioni attribuite, rispettivamente, ai giudici nazionali e alla Corte sono essenziali alla salvaguardia della natura stessa dell’ordinamento istituito dai trattati ( 46 ).

84.

Ne consegue che i giudici nazionali svolgono un ruolo determinante, a fianco della Corte di giustizia, in qualità di giudici di «diritto ordinario» dell’ordinamento giuridico dell’Unione ( 47 ). Pertanto, qualora un giudice nazionale accerti una violazione del diritto dell’Unione, tale accertamento ha lo stesso valore di quello compiuto dalla Corte di giustizia per quanto attiene al diritto al rimborso di somme indebitamente riscosse e al pagamento dei corrispondenti interessi spettante ai singoli in forza del diritto dell’Unione.

85.

Occorre altresì sottolineare che tale approccio sembra riflettersi nella giurisprudenza della Corte in tale contesto. Nella sentenza Wortmann ( 48 ), la Corte ha affermato che, in caso di rimborso di dazi dovuto alla loro riscossione in violazione del diritto dell’Unione, «circostanza che spetta al giudice del rinvio verificare», sussiste l’obbligo degli Stati membri, ai sensi del diritto dell’Unione, di versare gli interessi corrispondenti.

86.

Ritengo pertanto che vi sia una violazione del diritto dell’Unione dalla quale scaturisce il diritto al pagamento degli interessi, indipendentemente dal fatto che siano i giudici nazionali o la Corte ad accertare tale violazione.

C.   Limiti che possono essere posti al diritto al pagamento degli interessi ai sensi del diritto dell’Unione e del diritto nazionale

87.

In tutte e tre le cause il giudice del rinvio ritiene che i ricorrenti abbiano diritto al pagamento degli interessi per l’intero periodo in cui sono stati privati di somme di denaro in violazione del diritto dell’Unione soltanto qualora esista un diritto al pagamento degli interessi ai sensi del diritto dell’Unione. Nelle precedenti sezioni delle presenti conclusioni ho sostenuto che il diritto dell’Unione conferisce alle ricorrenti, di fatto, il diritto al pagamento degli interessi.

88.

Tuttavia, dalle decisioni di rinvio risulta che il giudice del rinvio ritiene che, quanto meno nelle cause C‑419/20 e C‑427/20, i ricorrenti abbiano diritto al pagamento degli interessi, ai sensi del diritto nazionale, per il periodo compreso tra l’avvio del procedimento giudiziario e la data del rimborso, mentre nella causa C‑415/20 la ricorrente non avrebbe diritto al pagamento degli interessi ai sensi del diritto nazionale, non avendo proposto un procedimento giudiziario per ottenere il pagamento delle restituzioni all’esportazione.

89.

A tale riguardo, è irrilevante, a mio avviso, la circostanza se il diritto nazionale attribuisca o meno alle ricorrenti il diritto al pagamento degli interessi nelle presenti cause, poiché tale diritto è sorto direttamente sulla base del diritto dell’Unione. Pertanto, la questione pertinente ai fini della decisione del giudice del rinvio non è se possano essere riconosciuti interessi sulla base del diritto dell’Unione per il periodo fino all’avvio del procedimento giudiziario, bensì, piuttosto, se le norme del diritto nazionale possano legittimamente limitare, in relazione a tale periodo, l’esercizio del diritto al pagamento degli interessi fondato sul diritto dell’Unione oppure subordinarlo alla necessità di agire dinanzi a un giudice.

90.

Similmente, si pone la questione se alle ricorrenti possa essere negato il pagamento degli interessi al quale avrebbero altrimenti diritto ai sensi del diritto dell’Unione sulla base dell’applicazione della normativa doganale dell’Unione.

91.

I diritti derivanti dal diritto dell’Unione, compreso il diritto al pagamento degli interessi, possono, a determinate condizioni, essere limitati sia dallo stesso diritto dell’Unione, sia dal diritto nazionale.

92.

In generale, ai fini dell’ammissibilità di limiti ai diritti dell’Unione devono essere soddisfatte due condizioni: in primo luogo, la misura che limita il diritto fondato sul diritto dell’Unione deve essere giustificata da un obiettivo di interesse generale ammissibile ai sensi del diritto dell’Unione; in secondo luogo, tale misura deve essere proporzionata rispetto a detto obiettivo.

93.

È in tale contesto che esaminerò ora due tipi di limiti pertinenti ai fini delle presenti cause, il primo di diritto dell’Unione e il secondo di diritto nazionale.

1. Limiti imposti dal diritto dell’Unione (articolo 241 del codice doganale comunitario e articolo 116, paragrafo 6, del codice doganale dell’Unione)

94.

Una delle questioni che richiedono una risposta nelle presenti cause è se l’articolo 241 del codice doganale comunitario e l’articolo 116, paragrafo 6, del codice doganale dell’Unione (ai quali farò riferimento congiuntamente come al «codice doganale») si applichino alle circostanze delle cause pendenti dinanzi al giudice del rinvio.

95.

Tali disposizioni del diritto dell’Unione limitano ed escludono, rispettivamente e a determinate condizioni, il pagamento degli interessi in caso di rimborso di dazi doganali da parte delle autorità nazionali competenti. Esse sono quindi potenzialmente rilevanti ai fini del rimborso dei dazi all’importazione di cui alla causa C‑427/20, nonché del rimborso dei dazi antidumping di cui alla causa C‑419/20.

96.

Secondo gli argomenti dedotti dal governo dei Paesi Bassi, la norma che esclude gli interessi sancita nel codice doganale si applica alle circostanze di cui alle cause C‑419/20 e C‑427/20, ragion per cui non sono dovuti interessi in tali cause. La Gräfendorfer, la Reyher, la Flexi Montagetechnik e la Commissione non sono d’accordo. Esse sostengono, basandosi sulla sentenza Wortmann, che la norma del codice doganale che esclude il pagamento degli interessi non si applica alle circostanze di cui a tali cause.

97.

Il governo dei Paesi Bassi fonda la sua argomentazione sulla tesi secondo cui la regola del codice doganale che esclude il pagamento di interessi è una regola generale. Esso sostiene che le conclusioni della Corte nella sentenza Wortmann costituiscono un’eccezione a tale regola.

98.

Contrariamente a tale tesi, ritengo che la regola del codice doganale in questione non costituisca una regola generale, bensì un’eccezione alla regola generale del diritto dell’Unione ai sensi della quale gli interessi sono dovuti in situazioni che implicano il rimborso di somme riscosse in violazione del diritto dell’Unione. Proprio perché la regola generale esige il pagamento degli interessi, era necessario escluderlo mediante una regola espressa.

99.

In quanto limite alla regola generale, la norma del codice doganale deve essere giustificata e proporzionata alla giustificazione addotta. In assenza di una siffatta giustificazione, la norma del codice doganale che esclude gli interessi in caso di rimborso sarebbe invalida ( 49 ).

100.

La sentenza Wortmann ( 50 ) ha offerto una giustificazione alla norma del codice doganale di cui trattasi ( 51 ), ma, al contempo, ne ha limitato l’applicazione a determinati tipi di situazioni. Come spiegherò, ciò si è reso necessario per salvaguardare la legittimità della norma del codice doganale e, per la stessa ragione, tale regola non è applicabile alle presenti cause.

101.

Nella sentenza Wortmann la Corte ha statuito, sulla scia del ragionamento seguito dall’avvocato generale in tale causa, che la genesi dell’articolo 241 del codice doganale comunitario indica che esso si applica «all’ipotesi in cui, dopo che l’autorità doganale ha autorizzato lo svincolo delle merci di cui trattasi, si verifica che la liquidazione iniziale dei dazi all’importazione deve essere diminuita e che, pertanto, la totalità o una parte dei dazi versati da un operatore deve essergli rimborsata» ( 52 ).

102.

Come precisato dall’avvocato generale Campos Sánchez-Bordona, «l’autorità doganale non ispeziona la merce prima di svincolarla, e solo in seguito procede al controllo della regolarità delle importazioni. Se, in tale momento successivo, detta autorità effettua una nuova liquidazione, può risultarne sia che l’importatore deve pagare quanto non ha versato fino a quel momento (liquidazione iniziale per difetto), sia che l’amministrazione deve restituire quanto versato in eccesso» ( 53 ). In entrambe le situazioni il codice doganale esclude il pagamento degli interessi ( 54 ).

103.

Pertanto, la giustificazione del limite previsto dal codice doganale alla regola generale che esige il pagamento degli interessi consiste nel favorire un sistema di sdoganamento rapido e una celere messa in circolazione delle merci sul mercato ( 55 ).

104.

Affinché tale norma resti proporzionata all’obiettivo da essa perseguito, la sua applicazione deve essere limitata alle situazioni concernenti le operazioni di sdoganamento, come precisato ai precedenti paragrafi delle presenti conclusioni. Trattasi delle situazioni in cui l’autorità doganale o un operatore chiedono la rettifica dei dazi doganali subito dopo lo sdoganamento iniziale ed entrambe le parti accettano siffatta rettifica. Nel caso in cui insorga una controversia, tuttavia, la situazione non rientrerebbe nell’eccezione diretta a escludere il pagamento degli interessi.

105.

Tale posizione è stata confermata nella sentenza Wortmann, ai sensi della quale la norma del codice doganale che esclude gli interessi non si applica alle situazioni in cui il rimborso dei dazi discende da errori nel calcolo dei dazi non imputabili alla rapidità del sistema di sdoganamento. Pertanto, essa non è stata applicata, in tale causa, al pagamento degli interessi legati al rimborso dei dazi antidumping imposti sulla base di un regolamento dell’Unione che era stato parzialmente annullato dalla Corte.

106.

Il governo dei Paesi Bassi sostiene che la sentenza Wortmann ha escluso dall’ambito di applicazione del codice doganale soltanto le situazioni in cui il rimborso interviene a seguito della dichiarazione di invalidità della base giuridica del pagamento, come nelle circostanze di cui a tale sentenza.

107.

A mio avviso, tuttavia, siffatta interpretazione non sarebbe conforme alla giustificazione di tale norma elaborata nella sentenza Wortmann, ossia favorire un sistema di sdoganamento rapido, che l’avvocato generale Campos Sánchez-Bordona ha definito come «normali circostanze» ( 56 ). Salvo che le situazioni non rientranti nelle «normali» operazioni di sdoganamento siano escluse dall’ambito di applicazione di tale norma del codice doganale, quest’ultima rischierebbe di essere dichiarata invalida, a causa dell’assenza di proporzionalità rispetto all’obiettivo che la giustifica. Dette situazioni non sono soltanto quelle in cui il rimborso interviene a seguito della dichiarazione di invalidità del fondamento giuridico del pagamento.

108.

Nelle presenti cause, l’erronea valutazione da parte delle autorità nazionali competenti non è stata rettificata nel corso delle «normali», celeri procedure di sdoganamento. La rettifica dei dazi è, piuttosto, il risultato dell’attuazione di sentenze dei giudici nazionali i quali hanno accertato che i dazi erano stati riscossi in violazione del diritto dell’Unione. Situazioni del genere non rientrano nell’eccezione prevista dal codice doganale.

109.

Ritengo pertanto che l’articolo 241 del codice doganale comunitario e l’articolo 116, paragrafo 6, del codice doganale dell’Unione non escludano il pagamento degli interessi nelle circostanze di cui alle presenti cause e che tali cause rientrino nella regola generale del diritto al pagamento degli interessi ai sensi della giurisprudenza della Corte.

2. Limiti imposti dal diritto nazionale (norme nazionali che subordinano il diritto al pagamento degli interessi all’avvio di un procedimento giudiziario e che limitano il pagamento degli interessi al momento dell’avvio di tale procedimento)

110.

Il quadro nel quale è abitualmente condotta l’analisi delle disposizioni nazionali che limitano le norme dell’Unione concernenti rimedi è costituito dalla nozione della cosiddetta autonomia procedurale nazionale. Nelle presenti conclusioni non intendo soffermarmi sull’adeguatezza della nozione di «autonomia procedurale nazionale» ( 57 ). È sufficiente constatare che tale nozione riconosce che spetta agli Stati membri disciplinare le questioni di merito e di procedura necessarie per l’esercizio dei diritti rimediali dell’Unione. L’autonomia procedurale nazionale viene in gioco quando non vi sono disposizioni pertinenti dell’Unione. Tuttavia, essa è controllata dai principi di equivalenza e di effettività ( 58 ).

111.

Norme nazionali che limitino l’effetto utile di diritti fondati sul diritto dell’Unione possono, tuttavia, essere giustificate, a condizione che perseguano un obiettivo legittimo in modo proporzionato.

112.

Questa «norma procedurale di ragionevolezza», come è stata definita dalla dottrina ( 59 ), è stata formulata dalla Corte nelle sentenze del 14 dicembre 1995, van Schijndel e van Veen ( 60 ) e Peterbroeck ( 61 ), ed è stata confermata dalla giurisprudenza successiva ( 62 ). La Corte ha dichiarato, per quanto concerne il principio di effettività, che ciascun caso in cui si pone la questione se una norma processuale nazionale renda impossibile o eccessivamente difficile l’applicazione del diritto dell’Unione dev’essere esaminato tenendo conto del ruolo di detta disposizione nell’insieme del procedimento, dello svolgimento e delle peculiarità dello stesso, dinanzi ai vari organi giurisdizionali nazionali. Pertanto, le disposizioni nazionali che perseguono un obiettivo legittimo, quale la regolarità del procedimento o il rispetto del principio dei diritti della difesa o del principio della certezza del diritto, sono conformi al principio di effettività, poiché garantiscono siffatto obiettivo legittimo in modo proporzionato. Tale verifica deve essere effettuata nel caso concreto da parte del giudice nazionale interessato.

113.

È alla luce di tale quadro di analisi che occorre valutare le norme nazionali che limitano il diritto al pagamento degli interessi nelle presenti cause.

114.

Secondo il giudice del rinvio, le norme nazionali applicabili in tutte e tre le cause limitano la data a partire dalla quale gli interessi sono dovuti a quella dell’avvio di un procedimento giudiziario dinanzi al giudice nazionale competente.

115.

Occorre anzitutto osservare che non sembrano esservi indizi tali da suscitare dubbi quanto alla conformità di tali norme con il principio di equivalenza ( 63 ).

116.

Tuttavia, per quanto riguarda il principio di effettività, vi sono, a mio avviso, seri indizi del fatto che le norme nazionali in questione non siano conformi a tale principio.

117.

Secondo la giurisprudenza della Corte ( 64 ), in linea di principio il diritto dell’Unione esige il pagamento degli interessi in riferimento all’intero periodo compreso tra la data del pagamento o del mancato pagamento delle somme riscosse o trattenute in violazione del diritto dell’Unione e la data del rimborso o del pagamento delle stesse. Ciò garantisce una compensazione adeguata delle perdite causate dall’indisponibilità di tali somme.

118.

Così, nella sentenza Irimie ( 65 ), la Corte ha dichiarato che un regime che limita gli interessi a quelli che decorrono dal giorno successivo alla data della domanda di restituzione della tassa indebitamente riscossa non soddisfa il principio di effettività. Peraltro, occorre osservare che, nelle sue conclusioni nella causa Wortmann ( 66 ), l’avvocato generale Campos Sánchez-Bordona ha ritenuto che lo stesso valesse per la normativa tedesca di cui trattasi nelle presenti cause.

119.

Concordo con tale opinione. Norme nazionali che limitino il pagamento degli interessi alla data di avvio del procedimento giudiziario priva le persone di un’adeguata compensazione per tutto il periodo in cui hanno subito una perdita derivante dal fatto che sono state private della disponibilità di somme indebitamente riscosse, come invece esige l’applicazione effettiva del diritto al pagamento degli interessi.

120.

Come indicato dalla Gräfendorfer, dalla Reyher e dalla Flexi Montagetechnik, in circostanze come quelle di cui alle presenti cause, il periodo tra il versamento delle somme indebitamente riscosse e l’avvio del procedimento giudiziario può durare vari anni, tenuto conto della procedura di reclamo amministrativo che precede la proposizione di un’azione dinanzi a un organo giurisdizionale. Pertanto, non mi sembra che le norme nazionali applicabili in tutte e tre le cause soddisfino le esigenze del principio di effettività.

121.

Il giudice del rinvio ha posto in luce un elemento aggiuntivo presente soltanto nella causa C‑415/20, concernente il versamento degli interessi sul pagamento tardivo di restituzioni all’esportazione. Secondo tale giudice, risulta che, in forza del diritto nazionale pertinente ( 67 ), nelle situazioni di pagamento tardivo sono dovuti interessi a partire dal momento in cui è proposto un procedimento giudiziario mediante il quale l’operatore chiede il versamento di tali somme. Qualora, invece, il pagamento tardivo intervenga senza che sia stato avviato un procedimento giudiziario, ossia se le autorità nazionali competenti decidono di pagare le restituzioni all’esportazione, l’operatore non ha diritto agli interessi. Pertanto, se l’operatore, come nel caso di specie, si è limitato a presentare un reclamo amministrativo alle autorità nazionali competenti e ha atteso la decisione in un caso pilota, al termine del quale tali autorità hanno pagato le restituzioni all’esportazione senza interessi, tale operatore non ha diritto alla corresponsione di interessi.

122.

A mio avviso, siffatte norme nazionali non rispettano il principio di effettività. Dalla giurisprudenza della Corte risulta che il diritto al pagamento di interessi esiste in forza del diritto dell’Unione e, dunque, indipendentemente dal diritto nazionale. Pertanto, un operatore al quale siano state corrisposte tardivamente restituzioni all’esportazione ha diritto al pagamento degli interessi. Subordinare detto diritto all’avvio di un procedimento giudiziario priva i singoli che non hanno presentato una domanda giudiziale diretta a ottenere dette restituzioni, come la ricorrente nella causa C‑415/20, del diritto di cui essi beneficiano in base al diritto dell’Unione.

123.

Anche se le norme nazionali di cui trattasi, come descritte dal giudice del rinvio, riducono l’effettività del diritto al pagamento degli interessi fondato sul diritto dell’Unione, ciò non osta a che, in funzione delle particolari circostanze del caso di specie, norme di questo tipo siano ammissibili ai sensi del diritto dell’Unione. Ciò è possibile soltanto a condizione che tali norme siano proporzionate, in relazione a importanti interessi dell’ordinamento giuridico interno.

124.

Nelle presenti cause, tuttavia, la Corte non dispone di alcun elemento che consenta di valutare se le norme nazionali che limitano il diritto al pagamento degli interessi siano giustificate. Per quanto riguarda le norme nazionali che subordinano il diritto al pagamento degli interessi all’avvio di un procedimento giudiziario, il giudice del rinvio ha indicato che dette norme possono spiegarsi alla luce dell’autonomia decisionale propria degli operatori, segnatamente nel senso che la decisione di attendere l’esito di un caso pilota, anziché avviare un procedimento giudiziario, potrebbe essere interpretata come un esercizio di tale autonomia, mediante il quale l’operatore ha rinunciato al suo diritto agli interessi. Non riesco a scorgere in tali regole un obiettivo di carattere pubblico. Piuttosto, e di converso, mi sembra che l’effetto da esse prodotto sia un aumento non necessario dei procedimenti giudiziari. Ciò nonostante, nella ripartizione delle competenze tra la Corte di giustizia e i giudici nazionali, operanti entrambi in qualità di giudici europei (v. paragrafi da 82 a 84 delle presenti conclusioni), spetta al giudice del rinvio valutare le giustificazioni e la proporzionalità delle norme nazionali di cui trattasi.

125.

In conclusione, occorre ritenere, con riserva di verifica da parte del giudice del rinvio, che le norme nazionali in questione, limitando il pagamento degli interessi sul rimborso delle somme indebitamente riscosse o tardivamente versate dalle autorità nazionali competenti in violazione del diritto dell’Unione, non soddisfano i requisiti del principio di effettività.

126.

La conseguenza che deriva da tale conclusione, alla luce del diritto dell’Unione, è che il giudice del rinvio può interpretare dette norme nazionali in modo tale da soddisfare l’efficace applicazione del diritto al pagamento degli interessi o, qualora ciò si riveli impossibile, escluderne l’applicazione nelle cause di cui è investito.

VI. Conclusione

127.

Alla luce delle considerazioni che precedono, propongo alla Corte di rispondere alle questioni pregiudiziali proposte dal Finanzgericht Hamburg (Tribunale tributario di Amburgo, Germania) nei seguenti termini:

Causa C‑415/20

1)

L’obbligo sancito dal diritto dell’Unione in capo agli Stati membri di rimborsare i dazi riscossi in violazione del diritto dell’Unione maggiorati di interessi sussiste anche quando il rimborso non sia dovuto in ragione di una violazione del diritto dell’Unione accertata dalla Corte di giustizia, ma a causa di un’interpretazione di una (sotto)voce della nomenclatura combinata da parte di detta Corte.

2)

I principi in materia di diritto al riconoscimento di interessi sulla base del diritto dell’Unione elaborati dalla Corte di giustizia possono essere trasposti al pagamento di restituzioni all’esportazione che le autorità nazionali competenti hanno negato in violazione del diritto dell’Unione.

Causa C‑419/20

Sussiste una violazione del diritto dell’Unione, quale presupposto del diritto al versamento degli interessi sancito dal diritto dell’Unione e sviluppato dalla Corte, nel caso in cui le autorità nazionali competenti procedano alla liquidazione di tributi in violazione di vigenti norme del diritto dell’Unione, ma un giudice nazionale dichiari successivamente l’insussistenza dei requisiti di fatto per la loro riscossione.

Causa C‑427/20

Sussiste una violazione del diritto dell’Unione, quale presupposto del diritto al versamento degli interessi sancito dal diritto dell’Unione e sviluppato dalla Corte, nel caso in cui le autorità nazionali competenti procedano alla liquidazione di tributi in violazione di vigenti norme del diritto dell’Unione e un giudice nazionale dichiari tale violazione.


( 1 ) Lingua originale: l’inglese.

( 2 ) GU 1992, L 302, pag. 1 (in prosieguo: il «codice doganale comunitario»).

( 3 ) GU 2008, L 145, pag. 1.

( 4 ) GU 2013, L 269, pag. 1, e rettifica in GU 2013, L 287, pag. 90 (in prosieguo: il «codice doganale dell’Unione»). Ai sensi dei suoi articoli 287 e 288, tale codice è entrato in vigore il 30 ottobre 2013 e si applica, ad eccezione di talune disposizioni (dalle quali è escluso il suo articolo 116), dal 1o maggio 2016.

( 5 ) Regolamento (CE) n. 800/1999 della Commissione, del 15 aprile 1999, recante modalità comuni di applicazione del regime delle restituzioni all’esportazione per i prodotti agricoli (GU 1999, L 102, pag. 11). Tale regolamento è stato abrogato e sostituito dal regolamento (CE) n. 612/2009 della Commissione, del 7 luglio 2009, recante modalità comuni di applicazione del regime delle restituzioni all’esportazione per i prodotti agricoli (GU 2009, L 186, pag. 1).

( 6 ) Il giudice del rinvio menziona, a tale riguardo, le sentenze del 18 febbraio 2014 del Finanzgericht Hamburg (Tribunale tributario di Amburgo), 4 K 18/12 e 4 K 264/11.

( 7 ) Da C‑323/10 a C‑326/10, EU:C:2011:774. Tale causa verteva sull’interpretazione delle sottovoci 02071210 e 02071290 dell’allegato I del regolamento (CEE) n. 3846/87 della Commissione, del 17 dicembre 1987, che stabilisce la nomenclatura dei prodotti agricoli per le restituzioni all’esportazione (GU 1987, L 366, pag. 1).

( 8 ) C‑365/15, EU:C:2017:19 (in prosieguo: la «sentenza Wortmann»).

( 9 ) Regolamento (CE) n. 91/2009 del Consiglio, del 26 gennaio 2009, che istituisce un dazio antidumping definitivo sulle importazioni di determinati elementi di fissaggio in ferro o acciaio originari della Repubblica popolare cinese (GU 2009, L 29, pag. 1). Tale regolamento è stato abrogato dal regolamento di esecuzione (UE) 2016/278 della Commissione, del 26 febbraio 2016, che abroga il dazio antidumping definitivo istituito sulle importazioni di determinati elementi di fissaggio in ferro o acciaio originari della Repubblica popolare cinese, esteso alle importazioni di determinati elementi di fissaggio in ferro o acciaio spediti dalla Malaysia, indipendentemente dal fatto che siano dichiarati o no originari della Malaysia (GU 2016, L 52, pag. 24).

( 10 ) V. sentenza del 16 dicembre 1976, Rewe-Zentralfinanz e Rewe-Zentral (33/76, EU:C:1976:188).

( 11 ) V. sentenza del 16 dicembre 1976, Comet (45/76, EU:C:1976:191).

( 12 ) V. sentenza del 9 novembre 1983, San Giorgio (199/82, EU:C:1983:318).

( 13 ) V. sentenza del 26 giugno 1979, McCarren (177/78, EU:C:1979:164).

( 14 ) V. sentenza del 9 febbraio 1999, Dilexport (C‑343/96, EU:C:1999:59).

( 15 ) V. sentenza del 2 dicembre 1997, Fantask e a. (C‑188/95, EU:C:1997:580).

( 16 ) V. sentenza dell’8 marzo 2001, Metallgesellschaft e a. (C‑397/98 e C‑410/98, EU:C:2001:134).

( 17 ) V. sentenza del 19 luglio 2012, Littlewoods Retail Ltd e a. (C‑591/10, EU:C:2012:478).

( 18 ) V. sentenze del 18 aprile 2013, Irimie (C‑565/11, EU:C:2013:250), e del 15 ottobre 2014, Nicula (C‑331/13, EU:C:2014:2285).

( 19 ) V. sentenza del 9 settembre 2021, Hauptzollamt B (Sgravio fiscale facoltativo) (C‑100/20, EU:C:2021:716).

( 20 ) Tale giurisprudenza è stata inaugurata con la sentenza del 9 novembre 1983, San Giorgio (199/82, EU:C:1983:318, punto 12). Essa è stata confermata dalla giurisprudenza successiva, come la sentenza dell’8 marzo 2001, Metallgesellschaft e a. (C‑397/98 e C‑410/98, EU:C:2001:134, punto 84) o più recentemente, la sentenza del 9 settembre 2021, Hauptzollamt B (Sgravio fiscale facoltativo) (C‑100/20, EU:C:2021:716, punto 26).

( 21 ) Si potrebbe anche sostenere che il diritto al rimborso è stato il primo rimedio fondato sul diritto dell’Unione riconosciuto dalla Corte come inerente al sistema istituito dai Trattati. La giurisprudenza sul diritto al rimborso precede quella in cui la Corte ha individuato altri rimedi, quali il diritto a provvedimenti provvisori (a partire dalla sentenza del 19 giugno 1990, Factortame e a., C‑213/89, EU:C:1990:257) o il diritto al risarcimento dei danni (a partire dalla sentenza del 19 novembre 1991, Francovich e a., C‑6/90 e C‑9/90, EU:C:1991:428). Tuttavia, il diritto al rimborso non è stato immediatamente riconosciuto come rimedio di diritto dell’Unione, poiché la maggior parte dei sistemi giuridici nazionali prevedeva modalità per richiedere il rimborso di somme indebitamente versate. Pertanto, non è stato immediatamente evidente che il diritto dell’Unione contenesse un fondamento giuridico proprio per il rimborso, indipendente dal diritto nazionale. V., al riguardo, Dougan, M., «Cutting Your Losses in the Enforcement Deficit: A Community Right to the Recovery of Unlawfully Levied Charges?», Cambridge Yearbook of European Legal Studies, vol. 1, 1998-1999, pag. 233; Ćapeta, T., Sudovi Europske unije. Nacionalni sudovi kao europski sudovi (EU Courts. National Courts as European Courts), Institut za međunarodne odnose, IMO, Zagabria, 2002, pagg. 109 e segg.

( 22 ) V., ad esempio, sentenze del 19 luglio 2012, Littlewoods Retail Ltd e a. (C‑591/10, EU:C:2012:478, punto 25), e del 9 settembre 2021, Hauptzollamt B (Sgravio fiscale facoltativo) (C‑100/20, EU:C:2021:716, punto 27).

( 23 ) V., ad esempio, sentenze del 19 luglio 2012, Littlewoods Retail Ltd e a. (C‑591/10, EU:C:2012:478, punto 26), e del 9 settembre 2021, Hauptzollamt B (Sgravio fiscale facoltativo) (C‑100/20, EU:C:2021:716, punto 27).

( 24 ) V., a tale riguardo, conclusioni dell’avvocato generale Trstenjak nella causa Littlewoods Retail Ltd e a. (C‑591/10, EU:C:2012:9, paragrafi da 26 a 30), e conclusioni dell’avvocato generale Wathelet nella causa Irimie (C‑565/11, EU:C:2012:803, paragrafi da 21 a 29).

( 25 ) V., ad esempio, Gazin, F., «L’étendue du versement des sommes dues par les États en violation du droit de l’Union européenne: le beurre et l’argent du beurre au service de l’efficacité du droit», Revue du marché commun et de l’Union européenne, n. 571, 2013, pag. 475; Schlote, M., «The San Giorgio “cause of action”», British Tax Review, 2014, pag. 103; van de Moosdijk, M., Unjust Enrichment in European Union Law, Kluwer, 2018, in particolare pagg. da 68 a 83; Episcopo, F., «The Vicissitudes of Life at the Coalface: Remedies and Procedures for Enforcing Union Law before the National Courts», in Craig, P. e de Búrca, G. (a cura di), The Evolution of EU Law, terza edizione, Oxford University Press, 2021, pag. 275, in particolare pagg. 290 e 291.

( 26 ) Il giudice del rinvio menziona, a tal riguardo, le sentenze del 27 settembre 2012, Zuckerfabrik Jülich e a. (C‑113/10, C‑147/10 e C‑234/10, EU:C:2012:591; del 18 aprile 2013, Irimie (C‑565/11, EU:C:2013:250); e del 18 gennaio 2017, Wortmann (C‑365/15, EU:C:2017:19).

( 27 ) V. sentenza del 27 settembre 2012, Zuckerfabrik Jülich e a. (C‑113/10, C‑147/10 e C‑234/10, EU:C:2012:591).

( 28 ) V. sentenza del 18 aprile 2013, Irimie (C‑565/11, EU:C:2013:250).

( 29 ) V. sentenza del 18 gennaio 2017, Wortmann (C‑365/15, EU:C:2017:19).

( 30 ) V. sentenza del 19 luglio 2012, Littlewoods Retail Ltd e a. (C‑591/10, EU:C:2012:478).

( 31 ) Ad esempio, nella causa C‑419/20, la Reyher ha indicato di aver pagato la somma di EUR 774000 nel 2013 e di essere stata rimborsata soltanto nel 2019.

( 32 ) V., ad esempio, Dougan, citato nella nota 21 delle presenti conclusioni; Gazin, citato nella nota 25 delle presenti conclusioni.

( 33 ) Sentenza del 20 ottobre 2011, Danfoss e Sauer-Danfoss (C‑94/10, EU:C:2011:674, punto 23).

( 34 ) V., ad esempio, sentenze del 19 luglio 2012, Littlewoods Retail Ltd e a. (C‑591/10, EU:C:2012:478, punto 25), e del 9 settembre 2021, Hauptzollamt B (Sgravio fiscale facoltativo) (C‑100/20, EU:C:2021:716, punto 27).

( 35 ) V., al riguardo, sentenza van de Moosdijk, citata alla nota 25.

( 36 ) C‑113/10, C‑147/10 e C‑234/10, EU:C:2011:701, paragrafi da 125 a 129.

( 37 ) C‑47/07 P, EU:C:2008:726, in particolare punti da 44 a 50.

( 38 ) C‑575/18 P, EU:C:2020:530, in particolare punti da 81 a 84. V. anche le conclusioni dell’avvocato generale Sharpston nella causa Repubblica ceca/Commissione (C‑575/18 P, EU:C:2020:205, paragrafi da 120 a 129), e le conclusioni dell’avvocato generale Kokott nelle cause Slovacchia/Commissione e Romania/Commissione (C‑593/15 P, C‑594/15 P e C‑599/15 P, EU:C:2017:441, paragrafo 108).

( 39 ) A tale riguardo, è utile menzionare la giurisprudenza in cui la Corte ha consentito agli Stati membri di tener conto dell’istituto dell’arricchimento senza causa. Tale giurisprudenza è sorta in circostanze concernenti disposizioni nazionali che limitavano il diritto al rimborso di somme indebitamente riscosse in violazione del diritto dell’Unione nel caso in cui tali somme erano state trasferite ad altri commercianti o consumatori. V., ad esempio, sentenza del 27 febbraio 1980, Just (68/79, EU:C:1980:57, punti 2627). Tale giurisprudenza conferma la tesi proposta, secondo cui il diritto al pagamento degli interessi nel diritto dell’Unione è giustificato dalla necessità di prevenire l’impoverimento contrario al diritto dell’Unione. Una persona che abbia trasferito somme indebitamente riscosse ad altri non risulterebbe impoverita, ragion per cui il suo diritto al rimborso maggiorato degli interessi ai sensi del diritto dell’Unione potrebbe essere negato.

( 40 ) Il rimborso di imposte, prelievi e altri tributi non rappresenta l’unica situazione in cui il diritto dell’Unione prevede il pagamento di interessi. Gli interessi sono dovuti, ad esempio, anche nell’ambito di domande risarcitorie derivanti dalla violazione del diritto dell’Unione. V., ad esempio, sentenza del 2 agosto 1993, Marshall (C‑271/91, EU:C:1993:335, punto 31).

( 41 ) V., al riguardo, conclusioni dell’avvocato generale Campos Sánchez-Bordona nella causa Wortmann (C‑365/15, EU:C:2016:663, paragrafo 66).

( 42 ) V. sentenza del 19 luglio 2012, Littlewoods Retail Ltd e a. (C‑591/10, EU:C:2012:478).

( 43 ) V. sentenza del 9 settembre 2021, Hauptzollamt B (Sgravio fiscale facoltativo) (C‑100/20, EU:C:2021:716).

( 44 ) V., ad esempio, sentenze del 27 febbraio 2018, Associação Sindical dos Juízes Portugueses (C‑64/16, EU:C:2018:117, punto 32), e del 16 novembre 2021, WB e a. (da C‑748/19 a C‑754/19, EU:C:2021:931, punto 59).

( 45 ) V., ad esempio, parere 1/09 (Accordo relativo alla creazione di un sistema unico di risoluzione delle controversie in materia di brevetti), dell’8 marzo 2011 (EU:C:2011:123, punto 69), e sentenza del 27 febbraio 2018, Associação Sindical dos Juízes Portugueses (C‑64/16, EU:C:2018:117, punto 33).

( 46 ) V., ad esempio, sentenze del 25 giugno 2020, SATCEN/KF (C‑14/19 P, EU:C:2020:492, punto 61), e del 6 ottobre 2021, Consorzio Italian Management e Catania Multiservizi (C‑561/19, EU:C:2021:799, punto 31).

( 47 ) V., a tale riguardo, parere 1/09 (Accordo relativo alla creazione di un sistema unico di risoluzione delle controversie in materia di brevetti), dell’8 marzo 2011 (EU:C:2011:123, punto 80).

( 48 ) V. sentenza del 18 gennaio 2017, Wortmann (C‑365/15, EU:C:2017:19, punto 38) (il corsivo è mio).

( 49 ) Nelle sue conclusioni nella causa Wortmann (C‑365/15, EU:C:2016:663, paragrafo 45), l’avvocato generale Campos Sánchez-Bordona ha proposto come una delle possibili soluzioni, in tale causa, l’accertamento dell’invalidità della disposizione del codice doganale che esclude il pagamento di interessi. Non si tratta della soluzione che egli ha proposto alla Corte, dato che la disposizione in questione disponeva di una giustificazione ammissibile. Occorre osservare che la validità di tale regola non è stata oggetto di contestazione nelle presenti cause.

( 50 ) V. sentenza del 18 gennaio 2017, Wortmann (C‑365/15, EU:C:2017:19, in particolare punti da 24 a 32).

( 51 ) La stessa giustificazione è stata avallata dalla Commissione tanto nella causa Wortmann quanto nelle sue osservazioni nelle presenti cause.

( 52 ) Sentenza del 18 gennaio 2017, Wortmann (C‑365/15, EU:C:2017:19, punto 27).

( 53 ) Conclusioni dell’avvocato generale Campos Sánchez-Bordona nella causa Wortmann (C‑365/15, EU:C:2016:663, paragrafo 50).

( 54 ) Tale simmetria, che esclude l’obbligo del pagamento di interessi tanto per le autorità doganali, in caso di rettifica al ribasso dei dazi doganali, quanto per l’operatore, in caso di rettifica al rialzo dei dazi doganali, è stata enfatizzata quale elemento centrale per giustificare la norma di cui trattasi. V. sentenza del 18 gennaio 2017, Wortmann (C‑365/15, EU:C:2017:19, punti da 29 a 31), e conclusioni dell’avvocato generale Campos Sánchez-Bordona nella causa Wortmann (C‑365/15, EU:C:2016:663, paragrafi da 48 a 52).

( 55 ) Non mi sembra che vi sia alcun motivo per cui le considerazioni contenute nella sentenza Wortmann, che verteva sull’articolo 241 del codice doganale comunitario, non sarebbero applicabili all’articolo 116, paragrafo 6, del codice doganale dell’Unione. V., al riguardo, conclusioni dell’avvocato generale Campos Sánchez-Bordona nella causa Wortmann (C‑365/15, EU:C:2016:663, paragrafo 51, nota 25).

( 56 ) Conclusioni dell’avvocato generale Campos Sánchez-Bordona nella causa Wortmann (C‑365/15, EU:C:2016:663, paragrafo 52).

( 57 ) V. tuttavia, a tale riguardo, Kakouris, C.N., «Do the Member States Possess Judicial Procedural “Autonomy”?», Common Market Law Review, vol. 34, 1997, pag. 1389; Bobek, M., «Why There is No Principle of “Procedural Autonomy” of the Member States», in de Witte, B. and Micklitz, H.-W. (a cura di), The European Court of Justice and the Autonomy of the Member States, Intersentia, 2012, pag. 305; conclusioni dell’avvocato generale Trstenjak nella causa Littlewoods Retail Ltd e a. (C‑591/10, EU:C:2012:9, paragrafi da 23 a 25).

( 58 ) V. ad esempio, per quanto riguarda il pagamento degli interessi, sentenze del 19 luglio 2012, Littlewoods Retail Ltd e a. (C‑591/10, EU:C:2012:478, punti 2728) e del 23 aprile 2020, Sole-Mizo e Dalmandi Mezőgazdasági (C‑13/18 e C‑126/18, EU:C:2020:292, punto 37). Come indicato dalla Corte in tali sentenze, in assenza di disciplina dell’Unione, spetta all’ordinamento giuridico interno di ciascuno Stato membro stabilire i requisiti in presenza dei quali gli interessi devono essere corrisposti, purché tali requisiti non siano meno favorevoli di quelli che riguardano reclami analoghi di natura interna (principio di equivalenza) e non siano congegnati in modo tale da rendere praticamente impossibile l’esercizio dei diritti conferiti dall’ordinamento giuridico dell’Unione (principio di effettività).

( 59 ) V., a tale riguardo, Prechal, S., «Community Law in National Courts: The Lessons from Van Schijndel», Common Market Law Review, vol. 35, 1998, pag. 681, in particolare pag. 690. V. anche, ad esempio, Widdershoven, R., «National Procedural Autonomy and General EU Law Limits», Review of European Administrative Law, vol. 12, 2019, pag. 5; Episcopo, citata alla nota 25 delle presenti conclusioni.

( 60 ) C‑430/93 e C‑431/93, EU:C:1995:441.

( 61 ) C‑312/93, EU:C:1995:437.

( 62 ) V., ad esempio, sentenze del 19 dicembre 2019, Cargill Deutschland (C‑360/18, EU:C:2019:1124, punto 51), e del 6 ottobre 2021, Consorzio Italian Management e Catania Multiservizi (C‑561/19, EU:C:2021:799, punti 6364).

( 63 ) A differenza di quanto sostenuto dalla Reyher nella causa C‑419/20, non mi sembra che le norme nazionali in questione trattino in modo meno favorevole le domande fondate sul diritto dell’Unione rispetto a quelle fondate sul diritto nazionale; il fatto che le autorità nazionali competenti possano sostenere, nel procedimento principale, che l’articolo 116, paragrafo 6, del codice doganale dell’Unione esclude il pagamento degli interessi discende da un’eventuale limitazione del diritto al pagamento degli interessi da parte del diritto dell’Unione, e non del diritto nazionale.

( 64 ) V., ad esempio, sentenza del 18 aprile 2013, Irimie (C‑565/11, EU:C:2013:250, punti 2628). V. anche, a tale riguardo, sentenza del 23 aprile 2020, Sole-Mizo e Dalmandi Mezőgazdasági (C‑13/18 e C‑126/18, EU:C:2020:292, punto 43).

( 65 ) V. sentenza del 18 aprile 2013, Irimie (C‑565/11, EU:C:2013:250, punti 2729). V. anche, a tale riguardo, sentenza del 15 ottobre 2014, Nicula (C‑331/13, EU:C:2014:2285, punti 3738).

( 66 ) C‑365/15, EU:C:2016:663, paragrafi 14 e da 69 a 73.

( 67 ) Il giudice del rinvio menziona, a tal riguardo, l’articolo 236 dell’AO, in combinato disposto con l’articolo 14, paragrafo 2, del MOG.

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