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Document 62020CC0328

    Conclusioni dell’avvocato generale J. Richard de la Tour, presentate il 20 gennaio 2022.


    ECLI identifier: ECLI:EU:C:2022:45

     CONCLUSIONI DELL’AVVOCATO GENERALE

    JEAN RICHARD DE LA TOUR

    presentate il 20 gennaio 2022 ( 1 )

    Causa C‑328/20

    Commissione europea

    contro

    Repubblica d’Austria

    «Inadempimento di uno Stato – Coordinamento dei sistemi di sicurezza sociale – Regolamento (CE) n. 883/2004 – Articoli 4, 7 e 67 – Libera circolazione dei lavoratori – Regolamento (UE) n. 492/2011 – Articolo 7 – Parità di trattamento – Prestazioni familiari – Vantaggi sociali e fiscali – Adeguamento dell’importo delle prestazioni e delle agevolazioni in funzione del livello dei prezzi nello Stato di residenza dei figli»

    I. Introduzione

    1.

    Con il proprio ricorso, la Commissione europea chiede alla Corte di dichiarare che la Repubblica d’Austria:

    1)

    introducendo, per i lavoratori i cui figli risiedono in modo permanente in un altro Stato membro, un meccanismo di adeguamento in relazione agli assegni familiari e al credito d’imposta per figli a carico, ha violato gli obblighi ad essa incombenti in forza:

    degli articoli 4, 7 e 67 del regolamento (CE) n. 883/2004 del Parlamento europeo e del Consiglio, del 29 aprile 2004, relativo al coordinamento dei sistemi di sicurezza sociale ( 2 ), nonché

    dell’articolo 7, paragrafo 2, del regolamento (UE) n. 492/2011 del Parlamento europeo e del Consiglio, del 5 aprile 2011, relativo alla libera circolazione dei lavoratori all’interno dell’Unione ( 3 ), e,

    2)

    introducendo, per i lavoratori migranti i cui figli risiedono in modo permanente in un altro Stato membro, un meccanismo di adeguamento per quanto concerne il bonus famiglia Plus, il credito d’imposta per famiglie monoreddito, il credito d’imposta per nucleo familiare monoparentale e il credito d’imposta per gli alimenti, ha violato gli obblighi ad essa incombenti in forza dell’articolo 7, paragrafo 2, del regolamento n. 492/2011.

    2.

    La Commissione ritiene, in sostanza che, allo stato del diritto dell’Unione, quest’ultimo non riconosca agli Stati membri un margine di discrezionalità al fine di adeguare l’ammontare delle prestazioni familiari da essi erogate al livello dei prezzi dello Stato di residenza del figlio interessato e che detto adeguamento, nonché quello di determinate agevolazioni fiscali concesse alle famiglie, siano discriminatori e non possano essere considerati una misura necessaria e proporzionata.

    3.

    Nelle presenti conclusioni, illustrerò le ragioni per cui ritengo che le censure sostenute dalla Commissione siano fondate.

    II. Contesto normativo

    A. Diritto dell’Unione

    1.   Regolamento n. 883/2004

    4.

    I considerando 8, 12 e 16 del regolamento n. 883/2004 enunciano quanto segue:

    «(8)

    Il principio generale della parità di trattamento è di particolare importanza per i lavoratori che non risiedono nello Stato membro in cui lavorano, compresi i lavoratori frontalieri.

    (…)

    (12)

    Alla luce della proporzionalità si dovrebbe provvedere affinché il principio dell’assimilazione di fatti o avvenimenti non porti a risultati oggettivamente ingiustificati o al cumulo di prestazioni della stessa natura per lo stesso periodo.

    (…)

    (16)

    All’interno del[l’Unione europea], non c’è in linea di principio alcuna giustificazione per far dipendere i diritti in materia di sicurezza sociale dal luogo di residenza dell’interessato; anche se, in determinati casi specifici, in particolare per prestazioni speciali che hanno un legame con l’ambiente economico e sociale dell’interessato potrebbe essere preso in considerazione il luogo di residenza».

    5.

    L’articolo 1, lettera z), di tale regolamento così dispone:

    «Ai fini del presente regolamento si intende per:

    (…)

    z)

    “prestazione familiare”, tutte le prestazioni in natura o in denaro destinate a compensare i carichi familiari, ad esclusione degli anticipi sugli assegni alimentari e degli assegni speciali di nascita o di adozione menzionati nell’allegato I».

    6.

    L’articolo 3, paragrafo 1, lettera j), del regolamento n. 883/2004 stabilisce quanto segue:

    «Il presente regolamento si applica a tutte le legislazioni relative ai settori di sicurezza sociale riguardanti:

    (…)

    j)

    le prestazioni familiari».

    7.

    L’articolo 4 del regolamento n. 883/2004, rubricato «Parità di trattamento», così dispone:

    «Salvo quanto diversamente previsto dal presente regolamento, le persone alle quali si applica il presente regolamento godono delle stesse prestazioni e sono soggette agli stessi obblighi di cui alla legislazione di ciascuno Stato membro, alle stesse condizioni dei cittadini di tale Stato».

    8.

    Il successivo articolo 5, rubricato «Assimilazione di prestazioni, redditi, fatti o avvenimenti», così recita:

    «Fatte salve disposizioni contrarie del presente regolamento e in considerazione delle disposizioni particolari di attuazione previste, si applica quanto segue:

    a)

    laddove a titolo della legislazione dello Stato membro competente il beneficio di prestazioni di sicurezza sociale o altri redditi producano effetti giuridici, le pertinenti disposizioni di detta legislazione si applicano altresì in caso di beneficio di prestazioni equivalenti acquisite a titolo della legislazione di un altro Stato membro o di redditi acquisiti in un altro Stato membro;

    b)

    se, in virtù della legislazione dello Stato membro competente, sono attribuiti effetti giuridici al verificarsi di taluni fatti o avvenimenti, detto Stato membro tiene conto di fatti o avvenimenti analoghi verificatisi in un altro Stato membro come se si fossero verificati nel proprio territorio nazionale».

    9.

    L’articolo 7 del regolamento n. 883/2004, rubricato «Abolizione delle clausole di residenza», stabilisce quanto segue:

    «Fatte salve disposizioni contrarie del presente regolamento, le prestazioni in denaro dovute a titolo della legislazione di uno o più Stati membri o del presente regolamento non sono soggette ad alcuna riduzione, modifica, sospensione, soppressione o confisca per il fatto che il beneficiario o i familiari risiedono in uno Stato membro diverso da quello in cui si trova l’istituzione debitrice».

    10.

    L’articolo 67 del regolamento medesimo, rubricato «Familiari residenti in un altro Stato membro», così dispone:

    «Una persona ha diritto alle prestazioni familiari ai sensi della legislazione dello Stato membro competente, anche per i familiari che risiedono in un altro Stato membro, come se questi ultimi risiedessero nel primo Stato membro. Tuttavia, il titolare di una pensione o di una rendita ha diritto alle prestazioni familiari ai sensi della legislazione dello Stato membro competente per la sua pensione o la sua rendita».

    2.   Regolamento n. 492/2011

    11.

    Al capo I del regolamento n. 492/2011, l’articolo 7, paragrafi 1 e 2, contenuto nella sezione 2, rubricata «Esercizio dell’impiego e parità di trattamento», dispone quanto segue:

    «1.   Il lavoratore cittadino di uno Stato membro non può ricevere sul territorio degli altri Stati membri, a motivo della propria cittadinanza, un trattamento diverso da quello dei lavoratori nazionali per quanto concerne le condizioni di impiego e di lavoro, in particolare in materia di retribuzione, licenziamento, reintegrazione professionale o ricollocamento se disoccupato.

    2.   Egli gode degli stessi vantaggi sociali e fiscali dei lavoratori nazionali».

    B. Diritto austriaco

    1.   FLAG

    12.

    Conformemente all’articolo 1 del Bundesgesetz betreffend den Familienlastenausgleich durch Beihilfen (legge federale relativa alla compensazione degli oneri familiari tramite sussidi) ( 4 ), del 24 ottobre 1967, le prestazioni previste sono «concesse per la compensazione degli oneri nell’interesse della famiglia».

    13.

    L’articolo 2, paragrafi 1 e 8, del FLAG stabilisce quanto segue:

    «(1)   Le persone che hanno il proprio domicilio o la propria residenza abituale nel territorio federale hanno diritto agli assegni familiari

    a)

    per i figli minorenni;

    (…)

    (8)   Le persone hanno diritto agli assegni familiari solo se il loro centro di interessi è situato nel territorio federale. Il centro di interessi di una persona è situato nello Stato con il quale essa intrattiene i rapporti personali ed economici più stretti».

    14.

    A termini dell’articolo 4 del FLAG:

    «(1)   Le persone che hanno diritto a una prestazione equivalente erogata da un altro Stato non hanno diritto agli assegni familiari.

    (2)   I cittadini austriaci esclusi dal diritto agli assegni familiari in forza del paragrafo 1 o dell’articolo 5, paragrafo [4], beneficiano di un’indennità compensativa se l’importo della prestazione equivalente corrisposta da un altro Stato, alla quale detti cittadini austriaci o una diversa persona hanno diritto (articolo 5, paragrafo [4]), è inferiore agli assegni familiari che, in mancanza della succitata prestazione equivalente, dovrebbero essere loro concessi ai sensi della presente legge federale.

    (3)   L’indennità compensativa corrisponde alla differenza tra la prestazione equivalente erogata da un altro Stato e gli assegni familiari che dovrebbero essere concessi in forza della presente legge federale.

    (…)

    (6)   Le indennità compensative sono considerate assegni familiari ai sensi della presente legge federale, ma ad esse non si applicano le disposizioni relative all’importo degli assegni familiari.

    (…)».

    15.

    L’articolo 5, paragrafi 3 e 4, del FLAG è così formulato:

    «(3)   Non spetta il diritto agli assegni familiari per i figli che risiedono in modo permanente all’estero.

    (4)   Non spetta il diritto agli assegni familiari per i figli per i quali è riconosciuto il diritto all’erogazione di una prestazione equivalente da parte di un altro Stato. Ciò non esclude la concessione di un’indennità compensativa (articolo 4, paragrafo 2)».

    16.

    L’articolo 8 del FLAG dispone quanto segue:

    «(1)   L’importo degli assegni familiari dovuto a una persona è stabilito in funzione del numero e dell’età dei figli per i quali sono concessi gli assegni familiari.

    (2)   L’importo mensile degli assegni familiari ammonta a

    (…)

    3.

    con decorrenza dal 1o gennaio 2018

    a)

    EUR 114 per ogni figlio a decorrere dall’inizio del mese civile di nascita,

    b)

    EUR 121,90 per ogni figlio a decorrere dall’inizio del mese civile di compimento del terzo anno di età,

    c)

    EUR 141,50 per ogni figlio a decorrere dall’inizio del mese civile di compimento del decimo anno di età,

    d)

    EUR 165,10 per ogni figlio a decorrere dall’inizio del mese civile di compimento del diciannovesimo anno di età.

    (3)   L’importo mensile degli assegni familiari è maggiorato, per ciascun figlio,

    (…)

    3.

    con decorrenza dal 1o gennaio 2018, di:

    a)

    EUR 7,10 se sono concessi per due figli,

    b)

    EUR 17,40 se sono concessi per tre figli,

    c)

    EUR 26,50 se sono concessi per quattro figli,

    d)

    EUR 32 se sono concessi per cinque figli,

    e)

    EUR 35,70 se sono concessi per sei figli,

    f)

    EUR 52 se sono concessi per sette o più figli.

    (4)   L’importo mensile degli assegni familiari è maggiorato, per ciascun figlio gravemente disabile,

    (…)

    3.

    di EUR 155,90 a decorrere dal 1o gennaio 2018.

    (…)

    (8)   Per ciascun figlio che, nel corso di un anno civile, abbia già compiuto o debba compiere sei anni e che non abbia ancora compiuto sedici anni, gli assegni familiari sono maggiorati di EUR 100 a decorrere [dal mese] di settembre del presente anno civile».

    17.

    L’articolo 8a del FLAG così stabilisce:

    «(1)   Gli importi degli assegni familiari (articolo 8) per i figli che risiedono in modo permanente nel territorio di un altro Stato membro dell’Unione (…), di un altro Stato aderente all’accordo sullo Spazio economico europeo [del 2 maggio 1992 ( 5 )] o della Svizzera sono stabiliti sulla base dei livelli comparativi dei prezzi pubblicati dall’Ufficio statistico dell’Unione europea [Eurostat] per ciascuno Stato membro dell’Unione (…), per ciascuno Stato aderente all’accordo [SEE] e per la Svizzera in rapporto all’Austria.

    (2)   Gli importi degli assegni familiari di cui al paragrafo 1 si applicano a decorrere dal 1o gennaio 2019 sulla base dei valori ai sensi del paragrafo 1, pubblicati il 1o giugno 2018. Dopo tale data, detti importi sono adeguati ogni due anni sulla base dei valori pubblicati alla data del 1o giugno dell’anno precedente.

    (3)   Il Bundesministers für Frauen, Familien und Jugend [Ministro federale delle donne, della famiglia e dei giovani, Austria] pubblica, mediante regolamento adottato congiuntamente con il Bundesministers für Finanzen [Ministro federale delle Finanze, Austria], le basi di calcolo e gli importi previsti ai paragrafi 1 e 2, nonché gli importi di cui all’articolo 33, paragrafo 3, punto 2, del [Bundesgesetz über die Besteuerung des Einkommens natürlicher Personende (legge federale relativa all’imposta sul reddito delle persone fisiche) ( 6 ), del 7 luglio 1988 ( 7 )]».

    18.

    L’articolo 53 del FLAG prevede quanto segue:

    «(1)   Nell’ambito della presente legge federale, i cittadini degli Stati contraenti dell’accordo [SEE], nei limiti in cui ciò risulti dal citato accordo, sono equiparati ai cittadini austriaci. In tale contesto, la residenza permanente di un figlio in uno Stato dello Spazio economico europeo [SEE], conformemente alle disposizioni comunitarie, deve essere equiparata a una residenza permanente di un figlio in Austria.

    (…)

    (4)   Il paragrafo 1, seconda frase, non si applica per quanto riguarda l’articolo 8a, paragrafi da 1 a 3.

    (5)   L’articolo 26, paragrafo 3, del Bundesabgabenordnung [codice federale delle imposte] (…) si applica alle prestazioni di cui alla presente legge federale fino al 31 dicembre 2018. A decorrere dal 1o gennaio 2019, l’articolo 26, paragrafo 3, del codice federale delle imposte si applica alle prestazioni contemplate dalla presente legge federale solo per le persone in servizio all’estero che esercitano un’attività per conto di un ente locale, nonché ai loro coniugi e ai loro figli».

    2.   EStG

    19.

    L’articolo 33 dell’EStG così stabilisce:

    «(…)

    (2)   I crediti d’imposta devono essere detratti dall’[importo dell’imposta] risultante dall’applicazione del paragrafo 1 nel seguente ordine:

    1.

    il bonus famiglia Plus di cui al paragrafo 3a; il bonus famiglia Plus non va detratto nella misura in cui eccede l’imposta dovuta sul reddito imponibile in forza del paragrafo 1;

    2.

    i crediti d’imposta di cui ai paragrafi da 4 a 6.

    (3)   I contribuenti percettori di assegni familiari in forza del [FLAG] hanno diritto, contestualmente all’erogazione di assegni familiari, a un credito di imposta di EUR 58,40 al mese per ciascun figlio. Sono diversamente disciplinati i seguenti casi:

    1.

    Non è concesso il credito d’imposta per i figli che risiedono in modo permanente al di fuori di uno Stato membro dell’Unione (…), di uno Stato del [SEE] o della Svizzera.

    2.

    Riguardo ai figli che risiedono in modo permanente nel territorio di un altro Stato membro dell’Unione (…), di un altro Stato aderente all’accordo [SEE] o della Svizzera, l’importo del credito d’imposta per figlio a carico è determinato sulla base dei livelli comparativi dei prezzi pubblicati da [Eurostat] per ciascuno Stato membro dell’Unione (…), per ciascuno Stato aderente all’accordo [SEE] e per la Svizzera in rapporto all’Austria:

    a)

    A decorrere dal 1o gennaio 2019, l’importo dei crediti d’imposta per figlio a carico è adeguato sulla base dei valori pubblicati il 1o giugno 2018. Dopo tale data, l’importo dei crediti d’imposta per figlio carico è adeguato ogni due anni sulla base dei valori pubblicati alla data del 1o giugno dell’anno precedente.

    b)

    L’importo dei crediti d’imposta per figlio a carico è pubblicato conformemente all’articolo 8a, paragrafo 3, del [FLAG].

    (…)

    (3a)   Un figlio per il quale è percepito l’assegno familiare ai sensi del [FLAG] e che risiede in modo permanente in uno Stato membro dell’Unione (…) o nel territorio di un altro Stato aderente all’accordo [SEE] oppure in Svizzera dà diritto, previa domanda, a un bonus famiglia Plus in conformità con le seguenti disposizioni:

    1.

    L’importo del bonus famiglia Plus ammonta a

    a)

    EUR 125 per mese civile fino alla fine del mese del compimento del diciottesimo anno di età del figlio,

    b)

    EUR 41,68 per mese civile dopo la fine del mese del compimento del diciottesimo anno di età del figlio.

    2.

    In deroga al punto 1, per i figli che risiedono in modo permanente nel territorio di un altro Stato membro dell’Unione (…), di un altro Stato aderente all’accordo [SEE] o della Svizzera, l’importo del bonus famiglia Plus nonché dei crediti d’imposta di cui al paragrafo 4 è determinato sulla base sulla base dei livelli comparativi dei prezzi pubblicati da [Eurostat] per ciascuno Stato membro dell’Unione (…), per ciascuno Stato aderente all’accordo [SEE] e per la Svizzera in rapporto all’Austria:

    a)

    A decorrere dal 1o gennaio 2019, l’importo del bonus famiglia Plus e dei crediti d’imposta di cui al paragrafo 4 è adeguato sulla base dei valori pubblicati il 1o giugno 2018. Dopo tale data, detto importo è adeguato ogni due anni sulla base dei valori pubblicati alla data del 1o giugno dell’anno precedente.

    b)

    Il Ministro federale delle Finanze è tenuto a pubblicare, tramite regolamento, le basi di calcolo e gli importi entro e non oltre il 30 settembre successivo alla data di riferimento di cui alla lettera a) [ ( 8 )].

    (…)

    5.

    L’articolo 26, paragrafo 3, seconda frase, del codice federale delle imposte non si applica. Fanno eccezione i coniugi e i figli dei contribuenti con sede di servizio all’estero che esercitano un’attività per conto di un ente locale.

    (…)

    (4)   Qualora il figlio risieda in modo permanente in uno Stato membro dell’Unione (…) o nel territorio di un altro Stato aderente all’Accordo [SEE] oppure in Svizzera, sono inoltre applicabili i seguenti crediti d’imposta:

    1.

    Le persone percettrici uniche di reddito familiare hanno diritto a un credito d’imposta per nucleo familiare monoreddito, per un importo annuale pari a:

    EUR 494 per un figlio (articolo 106, paragrafo 1),

    EUR 669 per due figli (articolo 106, paragrafo 1).

    Tale importo è maggiorato di EUR 220 all’anno, rispettivamente per il terzo figlio e per ciascun figlio ulteriore (articolo 106, paragrafo 1).

    (…)

    2.

    I genitori soli hanno diritto a un credito d’imposta per nucleo familiare monoparentale, per un importo annuale di:

    EUR 494 per un figlio (articolo 106, paragrafo 1),

    EUR 669 per due figli (articolo 106, paragrafo 1).

    Tale importo è maggiorato di EUR 220 all’anno, rispettivamente per il terzo figlio e per ogni ulteriore figlio (articolo 106, paragrafo 1). I genitori soli sono contribuenti che vivono con almeno un figlio (articolo 106, paragrafo 1) per più di sei mesi per anno civile senza convivere con un partner o un coniuge.

    3.

    I contribuenti che adempiono le obbligazioni alimentari nei confronti di un figlio hanno diritto a un credito d’imposta per gli alimenti pari a EUR 29,20 al mese (…)

    4.

    In deroga ai punti da 1 a 3, l’importo dei crediti d’imposta per figli che risiedono in modo permanente nel territorio di un altro Stato membro dell’Unione (…), di un altro Stato aderente all’accordo [SEE] o della Svizzera è stabilito in conformità al paragrafo 3a, punto 2. Se il contribuente ha diritto a un credito d’imposta per più figli e questi si trovano in paesi diversi, vanno presi in considerazione anzitutto i figli più grandi che danno diritto alla prestazione prima di considerare i più giovani.

    5.

    L’articolo 26, paragrafo 3, seconda frase, del codice federale delle imposte non si applica. Fanno eccezione i coniugi e i figli dei contribuenti la cui sede di servizio è all’estero che esercitano un’attività per conto di un ente locale.

    (…)

    (7)   Se l’imposta sul reddito dovuta in forza del paragrafo 1 è inferiore a EUR 250 ed è applicabile il credito d’imposta per nucleo familiare monoreddito oppure il credito d’imposta per nucleo familiare monoparentale, si applicano le seguenti disposizioni, nel caso di un figlio a carico (articolo 106, paragrafo 1):

    1.

    La differenza tra EUR 250 e l’imposta di cui al paragrafo 1 dev’essere rimborsata sotto forma di supplemento per figlio a carico.

    2.

    Qualora il figlio risieda in modo permanente in un altro Stato membro dell’Unione (…) o nel territorio di un altro Stato aderente all’accordo [SEE] oppure in Svizzera, l’importo pari a EUR 250 è sostituito dall’importo risultante dall’applicazione del paragrafo 3a, punto 2.

    (…)

    Detto importo è maggiorato, per ogni ulteriore figlio (articolo 106, paragrafo 1), di un importo pari a EUR 250 o dell’importo che lo sostituisce.

    (8)   

    1.

    Se l’imposta sul reddito risultate dai paragrafi 1 e 2 è inferiore a zero, dev’essere erogato il credito d’imposta per nucleo familiare monoreddito o il credito d’imposta per nucleo familiare monoparentale.

    (…)».

    3.   Codice federale delle imposte

    20.

    L’articolo 26 del codice federale delle imposte così dispone:

    «(1)   Ai sensi delle disposizioni tributarie, una persona ha domicilio nel luogo in cui occupa un’abitazione in circostanze che consentono di concludere che conserverà e utilizzerà tale abitazione.

    (2)   Ai sensi delle disposizioni tributarie, una persona ha la propria residenza abituale nel luogo in cui risiede in circostanze che indicano che non soggiorna solo temporaneamente in tale luogo o in tale paese. (…)

    (3)   I cittadini austriaci alle dipendenze di un ente di diritto pubblico la cui sede di servizio si situa all’estero (dipendenti pubblici all’estero) sono equiparati a persone che hanno la propria residenza abituale nel luogo in cui si situa il servizio che eroga la retribuzione. Lo stesso vale per il coniuge, purché la coppia conviva stabilmente, e per i figli minorenni facenti parte del nucleo familiare».

    III. Procedimento precontenzioso

    21.

    Con lettera di diffida del 25 gennaio 2019, la Commissione ha richiamato l’attenzione della Repubblica d’Austria sulle preoccupazioni destate dall’introduzione, a decorrere dal 1o gennaio 2019, di un meccanismo di adeguamento dell’importo delle prestazioni familiari nonché dei vantaggi sociali e fiscali erogati dalla Repubblica d’Austria ai lavoratori con figli, in funzione del livello generale dei prezzi nello Stato membro in cui questi risiedono in modo permanente.

    22.

    La Commissione ha ritenuto che l’adeguamento dell’importo della prestazione familiare in funzione del luogo di residenza del figlio fosse in contrasto con gli articoli 7 e 67 del regolamento n. 883/2004, secondo i quali le prestazioni in denaro non sono soggette ad alcuna riduzione per il fatto che un familiare, come un figlio, risiede in un altro Stato membro. Inoltre, i lavoratori interessati dall’adeguamento delle prestazioni e delle agevolazioni concesse dalla Repubblica d’Austria a favore dei figli sarebbero essenzialmente i lavoratori di altri Stati membri e non i lavoratori austriaci. Una siffatta discriminazione indiretta, secondo la Commissione, sarebbe contraria al principio della parità di trattamento enunciato all’articolo 4 del regolamento n. 883/2004 e all’articolo 7 del regolamento n. 492/2011.

    23.

    Nella sua risposta alla lettera di diffida del 25 marzo 2019, la Repubblica d’Austria ha fatto valere che:

    il diritto dell’Unione prevede meccanismi comparabili a quello istituito dall’Austria;

    poiché l’articolo 67 del regolamento n. 883/2004 non dispone che l’importo delle prestazioni erogate per i figli residenti in un altro Stato membro deve corrispondere a quello erogato per i figli residenti in Austria, l’adeguamento dell’importo della prestazione familiare in funzione del luogo di residenza è autorizzato, e

    non sussiste discriminazione indiretta, per il motivo che l’adeguamento degli importi forfettari delle prestazioni o dell’agevolazione in funzione del livello dei prezzi praticati nel luogo di residenza del figlio è oggettivamente giustificato e risulta dal coerente alleggerimento comparabile degli oneri per tutti i lavoratori.

    24.

    Non soddisfatta di tale risposta, in data 26 luglio 2019 la Commissione ha emesso un parere motivato nel quale ha in sostanza ribadito la propria posizione. La Commissione ha precisato che non esiste un riferimento pertinente nel diritto dell’Unione e ha rilevato il fatto che gli importi erogati sono forfettari, non adeguabili in funzione del livello dei prezzi nelle diverse regioni dell’Austria in base alla residenza permanente del figlio. Pertanto, l’applicazione ai figli che risiedono in un altro Stato membro di un diverso livello delle prestazioni e delle agevolazioni concesse a favore dei figli costituirebbe una discriminazione indiretta perché colpirebbe più duramente i lavoratori migranti rispetto ai lavoratori austriaci. Il carattere forfettario degli importi di dette prestazioni e delle agevolazioni dimostrerebbe che esse non dipendono dagli effettivi costi reali di mantenimento di un figlio e che non garantiscono quindi una ripartizione più equa degli oneri a carico delle famiglie per sopperire alle esigenze dei figli.

    25.

    Con lettera del 24 ottobre 2019, la Repubblica d’Austria ha risposto a detto parere motivato precisando che gli importi delle prestazioni familiari nonché i vantaggi sociali e fiscali di cui trattasi non sarebbero meramente forfettari, ma corrisponderebbero alle reali necessità. Inoltre, il fatto che le prestazioni e i vantaggi in questione siano concessi sotto forma di importi forfettari non ne impedirebbe l’adeguamento in funzione del livello dei prezzi nel luogo di residenza dei figli. Un siffatto adeguamento non costituirebbe una disparità di trattamento, bensì garantirebbe che il lavoratore destinatario delle prestazioni e delle agevolazioni benefici, in ogni caso, di un identico alleggerimento degli oneri, a prescindere dal luogo di soggiorno effettivo del figlio. Anche ammettendo che esista una discriminazione indiretta, questa sarebbe giustificata, segnatamente, dall’obiettivo di preservare l’equilibrio dei costi del sistema di sicurezza sociale nonché dall’obiettivo di tenere in considerazione la capacità contributiva dei beneficiari.

    26.

    Non soddisfatta di tale risposta, la Commissione ha proposto il presente ricorso ai sensi dell’articolo 258 TFUE.

    IV. Conclusioni delle parti

    27.

    Con il suo ricorso, la Commissione chiede alla Corte di:

    dichiarare che la Repubblica d’Austria, introducendo, per i lavoratori i cui figli risiedono in modo permanente in un altro Stato membro, un meccanismo di adeguamento in relazione agli assegni familiari e al credito d’imposta per figli a carico, ha violato gli obblighi ad essa incombenti ai sensi:

    degli articoli 7 e 67 del regolamento n. 883/2004 nonché

    dell’articolo 4 del regolamento n. 883/2004 e dell’articolo 7, paragrafo 2, del regolamento n. 492/2011;

    dichiarare che la Repubblica d’Austria, introducendo, per i lavoratori migranti i cui figli risiedono in modo permanente in un altro Stato membro, un meccanismo di adeguamento per quanto concerne il bonus famiglia Plus, il credito d’imposta per famiglie monoreddito, il credito d’imposta per nucleo familiare monoparentale e il credito d’imposta per gli alimenti, ha violato gli obblighi ad essa incombenti ai sensi dell’articolo 7, paragrafo 2, del regolamento n. 492/2011, e

    condannare la Repubblica d’Austria alle spese.

    28.

    La Repubblica d’Austria chiede alla Corte di:

    respingere il ricorso, e

    condannare la Commissione alle spese.

    29.

    Con decisione del presidente della Corte, la Repubblica ceca (6 novembre 2020), la Repubblica di Croazia (20 novembre 2020), la Repubblica di Polonia (19 novembre 2020), la Romania (12 novembre 2020), la Repubblica di Slovenia (22 ottobre 2020) e la Repubblica slovacca (22 ottobre 2020) sono state ammesse a intervenire a sostegno delle conclusioni della Commissione.

    30.

    Con decisione del presidente della Corte, il Regno di Danimarca (20 novembre 2020) è stato ammesso a intervenire a sostegno delle conclusioni della Repubblica d’Austria.

    31.

    Con ordinanza del presidente della Corte del 18 dicembre 2020, l’Autorità di vigilanza EFTA e il Regno di Norvegia sono stati ammessi a intervenire a sostegno delle conclusioni, rispettivamente, della Commissione e della Repubblica d’Austria.

    32.

    La Commissione conclude le proprie osservazioni sulle memorie di intervento dichiarando che le memorie della Repubblica ceca, della Repubblica di Croazia, della Repubblica di Polonia, della Romania, della Repubblica di Slovenia, della Repubblica slovacca e dell’Autorità di vigilanza EFTA confermano integralmente i suoi argomenti, mentre le argomentazioni svolte nelle memorie di intervento del Regno di Danimarca e del Regno di Norvegia non sono idonee a inficiarli.

    33.

    Nelle proprie osservazioni sulle memorie di intervento, la Repubblica d’Austria precisa di sottoscrivere integralmente le osservazioni del Regno di Danimarca nonché del Regno di Norvegia e rileva che gli intervenienti a sostegno della Commissione non deducono nuovi argomenti. Essa ribadisce integralmente le sue conclusioni, quali formulate nel suo controricorso e riprese nella sua controreplica.

    V. Analisi

    34.

    La Commissione formula due censure a sostegno del proprio ricorso fondato sulla constatazione che, discostandosi dall’importo forfettario fissato per legge, la Repubblica d’Austria prevede un adeguamento dell’importo dell’assegno familiare e del credito d’imposta per figlio a carico, oltre a diversi altri vantaggi fiscali, quali il bonus famiglia Plus, il credito d’imposta per nucleo familiare monoreddito, il credito d’imposta per nucleo familiare monoparentale e il credito d’imposta per gli alimenti, in funzione del livello dei prezzi nello Stato membro ( 9 ) in cui risiede in modo permanente il figlio che dà diritto a tali prestazioni.

    35.

    La prima censura verte sulla violazione degli articoli 7 e 67 del regolamento n. 883/2004. La seconda censura verte sulla violazione del principio della parità di trattamento previsto all’articolo 4 del regolamento n. 883/2004 e all’articolo 7, paragrafo 2, del regolamento n. 492/2011.

    A. Sulla prima censura relativa alla violazione degli articoli 7 e 67 del regolamento n. 883/2004

    1.   Argomenti delle parti

    a)   Commissione

    36.

    Con la sua prima censura, la Commissione conclude nel senso della violazione da parte della Repubblica d’Austria degli obblighi che le incombono in forza degli articoli 7 e 67 del regolamento n. 883/2004 nella parte in cui la normativa di tale Stato membro prevede l’adeguamento dell’assegno familiare e del credito d’imposta per figlio a carico per i lavoratori iscritti al regime di previdenza sociale austriaco, ma i cui figli risiedono in un altro Stato membro.

    37.

    La Commissione osserva quanto segue:

    la Repubblica d’Austria concede alle persone che lavorano in Austria, per i loro figli, la prestazione familiare e il vantaggio sociale costituiti dall’assegno familiare e dal credito d’imposta per figlio a carico, sotto forma di importi forfettari uniformi;

    in base ai documenti giustificativi forniti dalla Repubblica d’Austria e contrariamente all’opinione espressa dal Regno di Danimarca e dal Regno di Norvegia, detti importi sono stabiliti dal legislatore austriaco esclusivamente in funzione dell’età dei figli e del loro numero, prescindendo dalle loro reali esigenze e quindi dal loro ambiente sociale, e

    a decorrere dal 1o gennaio 2019, le norme austriache prevedono che dette prestazioni dello Stato debbano essere adeguate in funzione del livello generale dei prezzi nello Stato membro in cui il figlio risiede in modo permanente.

    38.

    La Commissione afferma che:

    è pacifico che l’assegno familiare e il credito d’imposta per figlio a carico, che sono prestazioni in denaro erogate dallo Stato destinate ad alleviare gli oneri derivanti dal mantenimento dei figli, costituiscono prestazioni familiari ai sensi dell’articolo 1, lettera z), e dell’articolo 3, paragrafo 1, lettera j), del regolamento n. 883/2004;

    tali prestazioni sono concesse prescindendo da ogni valutazione individuale e discrezionale delle esigenze personali dei figli, in base a una situazione definita per legge ( 10 ). Secondo la formulazione dell’articolo 8, paragrafo 1, del FLAG, gli assegni familiari sono calcolati in funzione del numero e dell’età dei figli, proprio come i crediti d’imposta erogati conformemente alle condizioni stabilite all’articolo 33, paragrafi 3, 3a, 4, 7 e 8 dell’EStG;

    la Repubblica d’Austria, pur affermando che il legislatore austriaco ha adottato quale punto di riferimento iniziale le spese tipo necessarie a garantire il mantenimento dei figli, non ha tuttavia fornito la prova dell’esistenza di una relazione tra l’importo dell’assegno familiare austriaco e il costo standard del mantenimento di un figlio;

    lo stesso dicasi per i supplementi concessi per spese scolastiche e figli gravemente disabili, rispetto ai quali la Repubblica d’Austria nemmeno dimostra che sono collegati all’ambiente sociale dei figli, tanto più che essa precisa che dette spese sono basate sull’obbligo scolastico in Austria e non su quello previsto nello Stato membro in cui il figlio è scolarizzato. Pertanto, la maggiorazione per le spese scolastiche non dipende dall’effettiva frequenza scolastica, ma unicamente dall’età del figlio;

    per contro, l’assegno alimentare che un genitore è obbligato a corrispondere in denaro per un figlio ai sensi del diritto privato austriaco è calcolato in modo concreto e individuale in funzione delle condizioni di vita dei genitori e delle necessità del figlio;

    l’importo delle prestazioni familiari non può dipendere dalla residenza dei familiari ( 11 ) del lavoratore nello Stato membro erogatore, come espressamente previsto dall’articolo 7 del regolamento n. 883/2004, in caso di riduzione o modifica delle prestazioni, e dall’articolo 67 del regolamento medesimo, quale interpretato dalla Corte nella sentenza Moser ( 12 ) del 18 settembre 2019;

    le disposizioni dei citati articoli 7 e 67 sono state adottate dopo la pronuncia della Corte nella sentenza del 15 gennaio 1986, Pinna ( 13 ), che interpreta l’articolo 73 del regolamento (CEE) n. 1408/71 ( 14 ), a cui è seguito l’articolo 67 del regolamento n. 883/2004 riprendendone in sostanza il contenuto. Ne deriverebbe, alla luce delle conclusioni dell’avvocato generale Mancini in detta causa ( 15 ), che non è consentito adeguare il livello delle prestazioni familiari per la sola ragione che alcuni familiari risiedono in un altro Stato membro;

    l’articolo 67 di tale regolamento non contiene alcuna indicazione che giustifichi una diversa applicazione dell’articolo 7 di detto regolamento, a differenza dell’articolo 63 e dell’articolo 70, paragrafo 3, del regolamento medesimo riguardanti rispettivamente prestazioni di disoccupazione e prestazioni speciali in denaro di carattere non contributivo;

    lo scopo perseguito dal legislatore dell’Unione è quello di evitare di scoraggiare l’esercizio del diritto alla libera circolazione da parte del lavoratore proveniente da un altro Stato membro, come è stato illustrato dalla Corte nella sentenza Pinna, e

    prevedendo un meccanismo di adeguamento delle prestazioni familiari, che determina la modifica del loro livello in funzione dello Stato membro in cui i figli risiedono, la Repubblica d’Austria non tratta dette prestazioni come se i familiari risiedessero in Austria.

    39.

    A tal proposito, in risposta all’argomento del Regno di Danimarca, secondo il quale l’articolo 5, lettera b), del regolamento n. 883/2004 deporrebbe parimenti a favore della legittimità di un adeguamento delle prestazioni familiari al luogo di residenza del figlio, la Commissione sostiene che, al contrario, la medesima fictio iuris della residenza nello Stato membro competente ai sensi di detta disposizione è ivi prevista se detto Stato membro deve tenere conto di fatti o avvenimenti verificatisi in un altro Stato membro, riconfermando così la sua interpretazione degli articoli 7 e 67 del regolamento in parola.

    40.

    Inoltre, per quanto riguarda la decisione dei capi di Stato o di governo, riuniti in sede di Consiglio europeo, concernente una nuova intesa per il Regno Unito nell’Unione europea ( 16 ), che la Repubblica d’Austria fa valere perché tale decisione prevedeva che la Commissione avrebbe sottoposto una proposta di modifica del regolamento n. 883/2004 al fine di consentire agli Stati membri di indicizzare le prestazioni sociali per i figli residenti in uno Stato membro diverso da quello in cui risiede il lavoratore, la Commissione rileva, da una parte, che, a causa dell’uscita del Regno Unito di Gran Bretagna e Irlanda del Nord dall’Unione, tale regolamento non è stato modificato. Dall’altra parte, essa ritiene che, dalla valutazione d’impatto della modifica di detto regolamento, citata dalla Repubblica d’Austria, in quanto una delle opzioni considerate consisteva in un adeguamento delle prestazioni familiari esportate in funzione del tenore di vita nello Stato membro di residenza dei figli ( 17 ), non risulti che una siffatta indicizzazione fosse conforme al diritto dell’Unione in vigore, dato che la valutazione conteneva riserve al riguardo ( 18 ) e che essa non ha accolto tale opzione.

    b)   Repubblica d’Austria

    41.

    In primo luogo, per quanto riguarda gli assegni familiari, la Repubblica d’Austria afferma che, in base all’articolo 1 del FLAG, la concessione degli assegni familiari è intesa ad attuare una compensazione degli oneri nell’interesse della famiglia e che l’aumento del loro importo, previsto all’articolo 8, paragrafo 2, del FLAG, in funzione dell’età del figlio da cui dipende il livello delle spese corrisponde a tale obiettivo. Essa rammenta che il FLAG ha riunito in un unico sussidio diversi aiuti alle famiglie che erano stati concessi sin dai primi anni successivi al secondo conflitto mondiale, inizialmente sotto forma di prestazioni in natura, per sostenere le famiglie in modo mirato.

    42.

    La Repubblica d’Austria, basandosi sulle disposizioni dell’articolo 8 del FLAG, rileva che:

    gli assegni familiari sono sempre stati calcolati sulla base del criterio delle spese tipo necessarie ad assicurare il sostentamento dei figli in Austria;

    il loro importo è forfettario, senza necessità di dimostrare spese concrete;

    tale sistema poggia sulla considerazione che i «costi di base» sostenuti per un figlio in Austria sono sempre i medesimi per tutti i genitori, e

    il fatto che le prestazioni siano calcolate in funzione delle effettive esigenze del figlio e dei costi di mantenimento strettamente collegati al suo ambiente economico e sociale ( 19 ) deriva, da un lato, «in via di principio», dalla circostanza che il loro importo aumenta in base all’età dei figli ( 20 ), e in particolar modo, a settembre, con l’avvio dell’anno scolastico per tutta la durata dell’obbligo scolastico, nonché in caso di grave disabilità dei figli. Dall’altro lato, il loro importo è ridotto dal momento in cui un figlio dell’età di 19 anni dispone di redditi di un certo livello.

    43.

    La Repubblica d’Austria precisa che l’importo degli assegni familiari, corrispondente ai costi medi di sostentamento o alle necessità di base, è stato aumentato in funzione del livello dei salari e dei prezzi nonché dell’inflazione. Per contro, detto importo ha potuto essere ridotto per ragioni di bilancio statale.

    44.

    Per quanto riguarda il finanziamento e le condizioni di concessione degli assegni familiari, la Repubblica d’Austria spiega che:

    le spese relative agli assegni familiari sono sostenute dall’Ausgleichsfonds für Familienbeihilfen (fondo di compensazione per gli assegni familiari, Austria) ( 21 );

    le risorse di tale fondo provengono segnatamente ( 22 ) dai contributi versati dai datori di lavoro ( 23 ), che impiegano lavoratori nel territorio federale ( 24 );

    i lavoratori autonomi versano, esclusivamente in qualità di datori di lavoro, detti contributi, calcolati non in base ai loro redditi, ma in funzione delle retribuzioni corrisposte ai loro dipendenti;

    tale tipologia di contributo è concepita come una sorta di tributo speciale, calcolato sulla base della somma delle retribuzioni di tutti i lavoratori ( 25 ), con e senza figli a carico, e

    contrariamente ai contributi previdenziali, non è operata nessuna ritenuta sulla retribuzione lorda di ciascun lavoratore e l’erogazione di assegni familiari non è collegata all’esercizio di un’attività professionale in Austria, conformemente all’articolo 2, paragrafo 1, del FLAG, né all’importo dei contributi del datore di lavoro o dei lavoratori autonomi.

    45.

    In secondo luogo, per quanto concerne il credito d’imposta per figlio a carico, la Repubblica d’Austria afferma che, a norma all’articolo 33, paragrafo 3, dell’EStG, il contribuente che percepisce assegni familiari sulla base del FLAG ha diritto, per ognuno dei suoi figli, a un credito d’imposta per figlio a carico pari a EUR 58,40, erogato contestualmente agli assegni familiari. Sotto il profilo economico, il credito d’imposta per figlio a carico possiede quindi le caratteristiche di una maggiorazione degli assegni familiari. Contrariamente a questi ultimi, il credito d’imposta per figlio a carico non è tuttavia finanziato da risorse del fondo di compensazione per gli assegni familiari, bensì dalle entrate fiscali generali.

    46.

    Per contro, il bonus famiglia Plus e le altre agevolazioni fiscali ( 26 ) di cui trattasi non costituiscono un contributo al mantenimento dei figli, bensì una compensazione, mediante uno sgravio del carico fiscale, per il fatto che, a parità di reddito, i contribuenti con figli che esercitano un’attività professionale hanno una capacità contributiva inferiore a quella dei contribuenti senza figli che esercitano un’attività professionale. Tale capacità viene valutata considerando le necessità materiali di base (o fabbisogno medio) per il mantenimento di un figlio, comprendendo le attività indispensabili per la sua vita.

    47.

    La Repubblica d’Austria ascrive la propria scelta di adeguare l’importo delle prestazioni familiari e delle agevolazioni fiscali ( 27 ) di cui trattasi, in funzione dello Stato di residenza del figlio, sulla base dei livelli comparativi dei prezzi pubblicati da Eurostat, alla finalità in particolare degli assegni familiari e del credito d’imposta per figlio a carico, consistente nel rimborsare ai genitori una parte delle spese che devono tipicamente sostenere per mantenere il figlio, nonché al fatto che tali spese dipendono intrinsecamente dal livello di prezzi del luogo di residenza permanente.

    48.

    Orbene, la maggiore libertà di circolazione dei lavoratori all’interno dell’Unione e la conseguente esportazione indifferenziata degli assegni familiari e del credito d’imposta per figlio a carico, indipendentemente dallo Stato in cui risiedevano in via permanente i figli per cui erano erogate le prestazioni, hanno prodotto crescenti distorsioni nel sistema di dette prestazioni. Se il figlio viveva in uno Stato membro con limitato potere di acquisto, l’effetto del sussidio superava lo sgravio previsto ( 28 ). Al contrario, se il figlio viveva in uno Stato membro con un maggiore potere d’acquisto, l’alleggerimento rimaneva al di sotto della misura prevista.

    49.

    In terzo luogo, in risposta alla prima censura della Commissione, la Repubblica d’Austria ritiene che il meccanismo di adeguamento dell’importo dell’assegno familiare e del credito d’imposta per figlio a carico, per tutti i lavoratori, austriaci o meno, non sia vietato dagli articoli 7 e 67 del regolamento n. 883/2004.

    50.

    La Repubblica d’Austria sostiene che:

    soltanto l’articolo 67 del regolamento n. 883/2004 è applicabile nel caso di specie, in quanto contiene specifiche disposizioni relative all’esportazione delle prestazioni familiari per i familiari che risiedono in un altro Stato membro, mentre l’articolo 7 di tale regolamento ha per oggetto tutte le prestazioni di sicurezza sociale in esso disciplinate;

    la formulazione di detto articolo 67 non osta alla presa in considerazione della reale natura, della finalità nonché delle modalità di attuazione della prestazione familiare interessata e il Regno di Norvegia sostiene correttamente che l’obbligo di esportare in ogni caso importi assoluti sarebbe in contrasto con tale disposizione nonché con l’articolo 7 del regolamento n. 883/2004, e

    l’importo degli assegni familiari e del credito d’imposta per figlio a carico non dipende, sotto il profilo del suo valore, dalla residenza del figlio in Austria, dal momento che tali prestazioni mirano a compensare una parte dei costi di mantenimento dei figli che dipendono dal livello dei prezzi del luogo in cui essi vivono.

    51.

    A tale riguardo, la Repubblica d’Austria rinvia altresì:

    al considerando 16 del regolamento n. 883/2004, il quale precisa che, nel caso di prestazioni che hanno un legame con l’ambiente economico e sociale dell’interessato può essere preso in considerazione il luogo di residenza ( 29 );

    alla sentenza del 15 marzo 2001, Offermanns ( 30 ), da cui risulterebbe che l’espressione «compensare i carichi familiari» riguarda, in particolare, un contributo pubblico al bilancio familiare, destinato ad alleviare gli oneri derivanti dal mantenimento dei figli, il che dimostrerebbe che le prestazioni familiari hanno un legame diretto con le spese sostenute per il mantenimento di un figlio e che possono quindi essere adeguate per tenere conto dei costi effettivi;

    alle conclusioni dell’avvocato generale Slynn nella causa che ha dato luogo alla sentenza Lenoir ( 31 ), e al punto 16 di tale sentenza, in cui la Corte ha dichiarato, in merito a un sostegno erogato sotto forma di somma forfettaria di inizio dell’anno scolastico, che il regolamento n. 1408/71 non ostava a che il beneficiario di prestazioni familiari, cittadino di uno Stato membro e residente nel territorio di un altro Stato membro, non potesse chiedere il pagamento da parte degli organismi di previdenza del suo paese d’origine di assegni di inizio anno scolastico se questi erano calcolati non solo in funzione del numero e dell’età dei figli, ma considerando l’ambiente economico e sociale e, quindi, la residenza degli interessati, nonché

    alla sentenza Moser, specialmente ai punti 53 e 54, da cui risulterebbe che l’obiettivo ( 32 ) della normativa nazionale è determinante. Poiché, nel caso di specie, si trattava di fornire una prestazione sostitutiva del reddito da lavoro per un periodo dedicato alla cura del figlio, la Corte ha ritenuto che occorreva fare riferimento alle condizioni retributive effettive nello Stato di impiego al fine di calcolare l’importo della differenza da pagare per una prestazione familiare che doveva essere erogato in forza dell’articolo 68 del regolamento n. 883/2004.

    52.

    Pertanto, la Repubblica d’Austria ritiene, in primo luogo, che la Commissione non possa sostenere, richiamandosi alle sentenze Lenoir e Moser, che prestazioni concesse sotto forma di importo forfettario, a differenza di quelle erogate con un diretto riferimento alla situazione effettiva dei beneficiari, non possano essere in nessun caso adeguate. A tal riguardo, la Repubblica d’Austria reputa che le prestazioni di cui trattasi siano comparabili a quelle in discussione nella sentenza Lenoir. Essa sostiene che i costi di acquisto di articoli di prima necessità, non esclusivamente collegati, ma comunque connessi all’avvio dell’anno scolastico, sono parimenti rimborsati forfettariamente nell’ambito degli assegni familiari da essa erogati. Inoltre, la Repubblica d’Austria rileva che la presa in considerazione dell’obiettivo della prestazione in discussione nella sentenza Moser è trasponibile nel caso di specie.

    53.

    In concreto, la Repubblica d’Austria afferma che gli assegni familiari, commisurati al potere d’acquisto nello Stato membro di residenza dei figli grazie al meccanismo di adeguamento, in una serie di Stati membri con coefficiente inferiore al 100%, sono ancora sempre – in alcuni casi, anche considerevolmente – più elevati rispetto alla prestazione prevista nel luogo di residenza dei figli. Essa illustra i due esempi seguenti, riguardanti la somma erogata a una famiglia con un solo figlio, neonato: se l’importo mensile degli assegni familiari in Ungheria nel 2020 era di 12200 fiorini ungheresi (HUF), ossia l’equivalente di EUR 34 circa, gli assegni familiari adeguati e il credito d’imposta per figlio a carico corrisposti dalla Repubblica d’Austria ammontavano a EUR 99,13, ossia a quasi il triplo. Analogamente, se l’importo mensile degli assegni familiari in Slovacchia nel 2020 era di EUR 24,95 circa, gli assegni familiari adeguati e il credito d’imposta per figlio a carico ammontavano a EUR 122,57, vale a dire quasi cinque volte l’importo dell’assegno slovacco ( 33 ).

    54.

    In secondo luogo, la Repubblica d’Austria ritiene che la Commissione non possa richiamarsi alla sentenza Pinna, dal momento che essa verteva su una normativa nazionale che escludeva la concessione di prestazioni familiari, che è cosa diversa dal meccanismo di adeguamento dell’importo delle prestazioni erogate da essa istituito.

    55.

    Essa aggiunge che, alla luce dell’oggetto della normativa francese in discussione nella causa conclusasi con detta sentenza, la Corte non ha correttamente fatto proprie le considerazioni dell’avvocato generale Mancini ( 34 ) relative a normative che prevedono un adeguamento delle prestazioni esportate. Tale parere, inoltre, non può essere applicato agli assegni familiari austriaci, per il motivo che essi tengono conto del costo della vita e in quanto né gli assegni familiari né il credito d’imposta per figlio a carico costituiscono «un elemento integrativo della paga-base» ( 35 ), essendo erogati a prescindere da un eventuale reddito da lavoro.

    56.

    In terzo luogo, per quanto riguarda l’argomento della Commissione relativo al fatto che la nuova intesa per il Regno Unito non è mai entrata in vigore ( 36 ), la Repubblica d’Austria rileva che l’impegno nei confronti del Regno Unito mirava comunque a tenere conto dei diversi livelli dei prezzi nell’Unione, e – contrariamente alle normative che devono essere valutate nell’ambito del ricorso per inadempimento – anche dell’entità delle prestazioni concesse per i figli nello Stato di residenza. Essa rileva parimenti che, al punto 2 delle sue conclusioni, il Consiglio europeo ha ritenuto che le disposizioni adottate fossero «pienamente compatibili con i trattati» ( 37 ) e che la Commissione ha ritenuto che l’opzione accolta non violasse l’articolo 48 TFUE ( 38 ).

    57.

    A tal riguardo, la Repubblica d’Austria evidenzia che, se è vero che era stato previsto un adeguamento del regolamento n. 883/2004, così non è stato per il regolamento n. 492/2011. Essa ne deduce che l’articolo 7 di tale regolamento – al pari dell’articolo 4 del regolamento n. 883/2004 – non contempla un principio di non discriminazione più esteso di quello sancito dal diritto primario.

    58.

    In conclusione, la Repubblica d’Austria rileva che non sarebbe stata necessaria una modifica del regolamento n. 883/2004 per le ipotesi di adeguamento «al rialzo» o «al ribasso» da parte di uno Stato membro, in caso di esportazione, conformemente a norme oggettive, di una prestazione familiare avente un legame con l’ambiente economico e sociale dello Stato membro e che tale è il caso della sua normativa, la quale dev’essere quindi distinta dalle misure ipotizzate nel 2016 per il Regno Unito.

    2.   Valutazione

    59.

    Il ricorso per inadempimento promosso dalla Commissione ha ad oggetto la normativa austriaca che prevede, con decorrenza dal 1o gennaio 2019, l’adeguamento dell’importo di talune prestazioni familiari nonché dei vantaggi sociali e fiscali, al rialzo o al ribasso, in funzione del livello generale dei prezzi nello Stato membro in cui risiedono in modo permanente i figli che danno diritto a tali prestazioni, sulla base dei livelli comparativi dei prezzi pubblicati da Eurostat per ciascuno Stato membro dell’Unione in rapporto all’Austria ( 39 ).

    60.

    La prima censura del suddetto ricorso, relativa alla violazione degli articoli 7 e 67 del regolamento n. 883/2004, riguarda gli assegni familiari e il credito d’imposta per figlio a carico.

    61.

    Ai sensi dell’articolo 3, paragrafo 1, lettera j), del regolamento n. 883/2004, tale regolamento si applica a tutte le legislazioni relative ai settori di sicurezza sociale riguardanti le prestazioni familiari.

    62.

    Nella fattispecie, è pacifico che le prestazioni austriache di cui trattasi costituiscono «prestazioni familiari» ai sensi dell’articolo 1, lettera z), di detto regolamento, posto che tale espressione designa tutte le prestazioni in natura o in denaro destinate a compensare i carichi familiari, ad esclusione degli anticipi sugli assegni alimentari e degli assegni speciali di nascita o di adozione menzionati nell’allegato I del regolamento medesimo ( 40 ).

    63.

    Di conseguenza, come sostiene correttamente la Commissione, tali prestazioni sono subordinate alla regola generale enunciata all’articolo 7 del regolamento n. 883/2004, rubricato «Abolizione delle clausole di residenza», riguardante segnatamente l’importo delle prestazioni in denaro, laddove detto articolo prevede che esse non sono soggette ad alcuna riduzione o modifica per il fatto che il beneficiario o i familiari risiedono in uno Stato membro diverso da quello in cui si trova l’istituzione debitrice.

    64.

    Detta regola ribadisce il principio di esportabilità delle prestazioni di previdenza sociale, sancito all’articolo 48, primo comma, lettera b), TFUE. Stabilire l’importo di tali prestazioni in funzione della residenza dei familiari costituisce quindi una violazione del diritto di circolare liberamente conferito ai cittadini dell’Unione ( 41 ).

    65.

    È vero che l’articolo 7 del regolamento n. 883/2004 fa salve talune esclusioni espressamente ammesse da quest’ultimo ( 42 ). Tuttavia, l’articolo 67 di tale regolamento non figura tra queste. Al contrario, come fanno valere la Commissione e la maggioranza degli Stati membri intervenuti a suo sostegno, detta disposizione rende esplicito, nel capitolo 8 del regolamento medesimo, dedicato alle prestazioni familiari, il principio dell’irrilevanza della residenza dei familiari in uno Stato membro diverso da quello che concede le prestazioni in parola.

    66.

    A tal proposito, molto recentemente la Corte ha ancora ricordato che l’articolo 67 del regolamento n. 883/2004 mira a impedire che uno Stato membro possa far dipendere la concessione o l’ammontare di prestazioni familiari dal fatto che i familiari del lavoratore risiedano nello Stato membro erogatore ( 43 ).

    67.

    Di conseguenza, sono dell’avviso che, alla luce della fictio iuris della residenza del lavoratore nello Stato membro in cui questi ha esercitato il proprio diritto alla libera circolazione nonché della residenza della famiglia nel suo insieme ( 44 ), enunciata all’articolo 67 del regolamento n. 883/2004, che garantisce la parità di trattamento dei lavoratori migranti, non è ammissibile, senza modificare tale disposizione ( 45 ), che uno Stato membro introduca nella sua normativa un’eccezione al principio della rigorosa equivalenza degli importi delle prestazioni familiari considerando che tale requisito possa essere soddisfatto solo in termini di valore, conformemente all’obiettivo perseguito dal legislatore nazionale, consistente nel compensare i carichi familiari.

    68.

    Tale analisi è corroborata, da una parte, dall’impianto sistematico generale del regolamento n. 883/2004 il cui l’articolo 68 stabilisce norme di priorità intese a evitare il cumulo ingiustificato di prestazioni se, per lo stesso periodo e gli stessi familiari, sono previste prestazioni dalle legislazioni di più Stati membri ( 46 ) nonché, dall’altra parte, dall’articolo 60 del regolamento (CE) n. 987/2009 ( 47 ), citato dall’Autorità di vigilanza EFTA e dalla Repubblica ceca, che definisce la procedura per l’applicazione degli articoli 67 e 68 del regolamento n. 883/2004. A tal riguardo, la Corte ha ricordato che l’obiettivo perseguito è quello di garantire al beneficiario di prestazioni corrisposte da più Stati membri un importo complessivo identico all’importo della prestazione più favorevole a cui abbia diritto in virtù della legislazione di uno solo di tali Stati ( 48 ). Tale sistema si basa sul concetto generale secondo il quale, se un lavoratore paga contributi previdenziali e imposte in uno Stato membro, deve poter beneficiare delle medesime prestazioni spettanti ai cittadini nazionali ( 49 ). Detto sistema sarebbe destituito di efficacia se uno degli Stati membri fosse legittimato ad adeguare l’ammontare delle prestazioni in funzione del luogo di residenza del beneficiario.

    69.

    Dalle sentenze Pinna ( 50 ), Lenoir ( 51 ) e Moser ( 52 ) la Repubblica d’Austria, sostenuta dal Regno di Danimarca e dal Regno di Norvegia, trae argomenti di segno opposto alla suddetta interpretazione. Mi sembra che vadano respinti alla luce di come si sono evoluti i contenuti dei regolamenti applicabili in materia di previdenza sociale e della portata delle citate sentenze.

    70.

    In primo luogo, occorre evidenziare che il principio dell’esportabilità delle prestazioni è stato accolto dalla Corte nella sentenza Pinna e poi nella sentenza Lenoir che la richiama ( 53 ). Leggendo gli argomenti delle parti ricordati dalla Corte nella sentenza Pinna ( 54 ), si può parimenti rilevare che la controversia all’origine di detta sentenza aveva ad oggetto la differenza riguardo agli importi o alle tariffe delle prestazioni in base allo Stato in cui risiedevano i familiari interessati, il che comportava che fossero rimessi in discussione i diritti acquisiti del lavoratore conformemente alla legislazione cui questi era soggetto, e quindi, all’obiettivo di garantire la libera circolazione dei lavoratori.

    71.

    In secondo luogo, a mio avviso, l’eccezione ammessa nella sentenza Lenoir in caso di concessione di prestazioni strettamente connesse all’ambiente sociale ( 55 ) ha una portata limitata.

    72.

    Occorre infatti collocare tale decisione nel contesto giuridico sulla base del quale essa è stata pronunciata, vale a dire l’articolo 1, lettera u), del regolamento n. 1408/71, che operava una distinzione tra gli assegni familiari – espressione che designava le prestazioni periodiche in danaro concesse esclusivamente in funzione del numero ed eventualmente dell’età dei familiari – e le prestazioni familiari – espressione che designava tutte le prestazioni in natura o in danaro destinate a compensare i carichi familiari, esclusi gli assegni speciali di nascita di cui all’allegato I ( 56 ).

    73.

    Inoltre, come rilevato dalla Repubblica di Polonia, la deroga al principio di esportabilità delle prestazioni di previdenza sociale accolto dalla Corte nella sentenza Lenoir è stata estesa ad altre prestazioni speciali a carattere non contributivo ( 57 ).

    74.

    Orbene, da una parte, nel regolamento n. 883/2004, all’articolo 1, lettera z), il legislatore dell’Unione non ha ripreso una siffatta distinzione tra le diverse prestazioni destinate alle famiglie. Dall’altra, a titolo di eccezione al principio generale enunciato all’articolo 7 di tale regolamento relativo alle clausole di residenza, il criterio dell’ambiente economico e sociale è stato accolto soltanto per le prestazioni che ricadono nell’ambito di applicazione ratione materiae dell’articolo 70 di detto regolamento ( 58 ).

    75.

    In terzo luogo, per quanto riguarda la sentenza Moser, che secondo la Repubblica d’Austria e il Regno di Norvegia giustificherebbe di considerare determinante la finalità della prestazione interessata, ritengo che l’interpretazione della Corte non possa essere trasposta. Infatti, la causa che ha dato luogo a tale sentenza riguardava un assegno per la cura dei figli che, nella sua variante collegata al reddito, costituiva una prestazione sostitutiva del reddito da lavoro. Il suo importo dipendeva espressamente dal quello del reddito anteriore, circostanza che ha giustificato il fatto che la Corte abbia effettuato un’interpretazione conforme all’obiettivo di compensare la perdita di retribuzione dichiarando che l’ammontare della prestazione doveva essere calcolato in funzione della retribuzione effettiva. La soluzione adottata dalla Corte nella citata sentenza non è quindi fondata sulla possibilità di adeguare una prestazione familiare all’ambiente economico e sociale in base al luogo di residenza del suo beneficiario.

    76.

    Nella specie, il riferimento alla sentenza Moser non è, a fortiori, pertinente ai fini di giustificare l’adeguamento dell’importo delle prestazioni familiari quando esso non dipende dai costi effettivi ed è stabilito prescindendo da ogni valutazione individuale e discrezionale delle esigenze personali dei beneficiari, in base ad una situazione definita ex lege ( 59 ).

    77.

    Al pari della Commissione e degli Stati membri intervenuti a suo sostegno, osservo infatti che dagli elementi del fascicolo sottoposti alla Corte risulta che gli assegni familiari concessi dalla Repubblica d’Austria corrispondono alla definizione che ne era stata data dal regolamento n. 1408/71, vale a dire che si tratta di prestazioni periodiche in danaro concesse alla famiglia del beneficiario esclusivamente in funzione del numero ed eventualmente dell’età dei familiari.

    78.

    A tal riguardo, rilevo, in primo luogo, che, secondo la formulazione dell’articolo 8 del FLAG, l’importo degli assegni familiari dovuto a una persona è stabilito in funzione del numero e dell’età dei figli per i quali detti assegni sono concessi. In secondo luogo, non è stata fornita alcuna precisazione sul legame tra l’importo di tale prestazione e il livello reale dei prezzi sulla base dei quali l’importo è calcolato ( 60 ). La Repubblica d’Austria non può dunque limitarsi a sostenere che il fatto che l’importo di detta prestazione aumenti con l’età dimostra che essa è «in via di principio» collegata ai costi di mantenimento del figlio.

    79.

    In linea generale, dalla normativa nazionale di cui trattasi non risulta quali siano nello specifico le spese correnti alla base della fissazione dell’importo forfettario delle prestazioni familiari ( 61 ), né quali ulteriori elementi rispetto all’età o al numero dei figli potrebbero giustificarne l’aumento, o in quali proporzioni. Date le circostanze, la Commissione sostiene fondatamente che non vengono prese in considerazione le spese effettive ( 62 ) collegate a precise esigenze, come è confermato dall’uniformità degli importi in tutto il territorio austriaco, senza considerazione di eventuali variazioni connesse al livello dei prezzi in Austria.

    80.

    Di conseguenza, per tutti i motivi suesposti, propongo alla Corte di dichiarare che la prima censura avanzata dalla Commissione è fondata.

    B. Sulla seconda censura, relativa alla violazione del principio della parità di trattamento di cui all’articolo 4 del regolamento n. 883/2004 e all’articolo 7, paragrafo 2, del regolamento n. 492/2011

    1.   Argomenti delle parti

    a)   Commissione

    81.

    Con la sua seconda censura, la Commissione conclude nel senso della violazione da parte della Repubblica d’Austria del principio della parità di trattamento previsto, da un lato, all’articolo 4 del regolamento n. 883/2004 e all’articolo 7, paragrafo 2, del regolamento n. 492/2011 in quanto la normativa di detto Stato membro attua l’adeguamento dell’assegno familiare nonché del credito d’imposta per figlio a carico e, dall’altro, all’articolo 7, paragrafo 2, di quest’ultimo regolamento in quanto la normativa di detto Stato membro prevede l’adeguamento del bonus famiglia Plus, del credito d’imposta per nucleo familiare monoreddito, del credito d’imposta per nucleo familiare monoparentale e del credito d’imposta per gli alimenti, in funzione del luogo di residenza del figlio.

    82.

    La Commissione osserva quanto segue:

    l’articolo 4 del regolamento n. 883/2004 ha lo scopo di garantire, in osservanza dell’articolo 45, paragrafo 2, TFUE, a vantaggio dei lavoratori interessati, l’uguaglianza in materia di previdenza sociale senza distinzioni di cittadinanza, sopprimendo qualsiasi discriminazione al riguardo derivante dalle normative nazionali degli Stati membri ( 63 );

    anche l’articolo 7, paragrafo 2, del regolamento n. 492/2011 è espressione del principio della parità di trattamento enunciato all’articolo 45, paragrafo 2, TFUE, che tutela i lavoratori migranti non solo dalle discriminazioni dirette, basate sulla cittadinanza, ma anche da tutte le forme di discriminazione indiretta, e

    tale disposizione copre tutti i vantaggi, sociali e fiscali, che, connessi o meno ad un contratto di lavoro, sono generalmente attribuiti ai lavoratori nazionali in relazione, principalmente, alla loro qualifica obiettiva di lavoratori o al semplice fatto della loro residenza nel territorio nazionale ( 64 ).

    83.

    La Commissione afferma che:

    l’assegno familiare e il credito d’imposta per figlio a carico costituiscono ad un tempo prestazioni familiari subordinate al principio della parità di trattamento, enunciato all’articolo 4 del regolamento n. 883/2004, e vantaggi sociali, disciplinati dall’articolo 7, paragrafo 2, del regolamento n. 492/2011 ( 65 );

    il bonus famiglia Plus, il credito d’imposta per nucleo familiare monoreddito, il credito d’imposta per nucleo familiare monoparentale e il credito d’imposta per gli alimenti, che la Repubblica d’Austria concede alle persone che lavorano nel suo territorio, per i loro figli, a prescindere dalle esigenze effettive di questi ultimi e quindi dal loro ambiente sociale, costituiscono agevolazioni fiscali in quanto riducono l’ammontare dell’imposta sul reddito. Nella misura in cui, qualora non sia dovuta alcuna imposta, il credito d’imposta per nucleo familiare monoreddito e quello per nucleo familiare monoparentale sono erogati sotto forma di supplemento per figlio a carico, si presume che il beneficiario sia parimenti soggetto ad imposta in Austria. Pertanto, anche detti crediti sono subordinati al principio della parità di trattamento enunciato all’articolo 7, paragrafo 2, del regolamento n. 492/2011, e

    l’adeguamento, con decorrenza dal 1o gennaio 2019, dell’importo forfettario delle prestazioni familiari nonché dei vantaggi sociali e fiscali, in funzione dell’unico criterio del luogo di residenza dei figli, incide essenzialmente sui lavoratori migranti i cui familiari risiedono al di fuori dello Stato membro erogatore, il che non è contestato dalla Repubblica d’Austria.

    84.

    A tale riguardo, la Commissione rileva che:

    secondo i lavori preparatori della legge che istituisce detto meccanismo di adeguamento di tali prestazioni e vantaggi, la Repubblica d’Austria perseguiva un obiettivo di riduzione delle spese di bilancio dello Stato, presumendo che il numero di figli residenti in Stati membri in cui il livello dei prezzi era inferiore a quello esistente in Austria fosse più elevato rispetto al numero di figli residenti in Stati membri in cui il livello dei prezzi è superiore a quello esistente in Austria, e

    infatti, dalla normativa austriaca risulta che, per quanto riguarda gli Stati membri confinanti con la Repubblica d’Austria, il coefficiente di adeguamento corrisponde, per la Repubblica ceca, a 0,619, per la Germania, a 0,974, per l’Italia, a 0,948, per l’Ungheria, a 0,562, per la Slovenia, a 0,79 e, per la Slovacchia, a 0,641. Soltanto nel caso della Svizzera e del Liechtenstein l’adeguamento determina un importo più elevato o lo stesso importo forfettario dell’Austria.

    85.

    La Commissione aggiunge che, ciononostante, la normativa austriaca esclude i casi in cui i figli di un funzionario austriaco in servizio in un altro Stato membro abbiano seguito il genitore, trattando le prestazioni come se essi risiedessero in Austria.

    86.

    Orbene, secondo tale istituzione, alla luce dei criteri di valutazione della comparabilità delle situazioni stabilite dalla Corte ( 66 ), la situazione dei lavoratori frontalieri che vivono con i propri figli non sarebbe diversa da quella dei funzionari austriaci distaccati. Benché essi siano svantaggiati in quanto distaccati in Stati membri in cui il costo della vita è superiore a quello della Repubblica d’Austria, il loro numero è tuttavia di gran lunga inferiore a quello dei lavoratori migranti. La Commissione ritiene parimenti che le differenze giuridiche internazionali, europee e nazionali invocate da detto Stato membro siano inconferenti.

    87.

    La Commissione ne conclude che la Repubblica d’Austria crea una discriminazione indiretta a scapito dei lavoratori migranti che non sembra possa essere giustificata da nessun obiettivo legittimo.

    88.

    In risposta agli argomenti della Repubblica d’Austria secondo la quale, in primo luogo, la discriminazione non sussisterebbe per il motivo che per il principio della parità di trattamento l’ammontare delle agevolazioni finanziarie per il mantenimento di un figlio dovute a un lavoratore deve corrispondere a quello dei suoi costi nel luogo di residenza del figlio ( 67 ), la Commissione osserva che le prestazioni familiari nonché i vantaggi sociali e fiscali di cui trattasi non sono calcolati, in via generale, in funzione del livello effettivo dei prezzi in tale luogo e che il loro importo forfettario è uniforme in tutto il territorio nazionale, nonostante il diverso potere di acquisto nelle varie unità regionali. Essa rileva, in proposito, che la spiegazione fornita dal Regno di Danimarca, a sostegno di quella della Repubblica d’Austria, secondo la quale detta uniformità risulterebbe dal calcolo dell’importo degli assegni familiari e del credito d’imposta per figlio a carico facendo riferimento alla categoria di persone con il reddito più basso, non si fonda su nessun elemento fornito dalla Repubblica d’Austria.

    89.

    La Commissione precisa parimenti che è difficile comprendere come tale Stato membro possa sostenere che le prestazioni familiari nonché i vantaggi sociali e fiscali da esso erogati abbiano un legame effettivo con le spese sostenute per i figli, ritenendo al contempo di dover procedere, ad esempio, nei confronti della Germania o dell’Italia, a un adeguamento di dette prestazioni e agevolazioni per una differenza di potere d’acquisto soltanto del 2,6% e del 5,2%, nettamente inferiore a quella, esistente all’interno della Repubblica d’Austria, dell’8% tra lo Stato federato di Vienna e quello della Bassa Austria, di cui non si tiene conto ( 68 ).

    90.

    La Commissione aggiunge che il meccanismo di adeguamento previsto in Austria applicato in base al luogo di residenza del figlio non è comparabile ai coefficienti correttori applicati alle retribuzioni e ai sostegni finanziari previsti negli atti dell’Unione per il motivo che questi dipendono dalla sede di servizio del funzionario dell’Unione o dal luogo in cui detti sostegni devono essere erogati e che gli assegni familiari austriaci sono corrisposti al lavoratore migrante per i suoi figli e non per il lavoratore stesso.

    91.

    La Commissione rileva, inoltre, che il Regno di Danimarca non può sostenere allo stesso tempo che situazioni diverse devono essere trattate diversamente e che gli Stati membri non sono tenuti ad adeguare l’ammontare degli assegni quando il potere di acquisto è più elevato nello Stato membro di residenza dei figli.

    92.

    Per quanto riguarda, in secondo luogo, la giustificazione da parte della Repubblica d’Austria dell’esistenza di un’eventuale discriminazione, che sarebbe derivata dall’obiettivo perseguito consistente nel tutelarsi contro il rischio di pregiudicare l’equilibrio finanziario del sistema di previdenza sociale ( 69 ), la Commissione rammenta che tale rischio dev’essere grave ( 70 ). Orbene, dalla relazione del Rechnungshof (Corte dei conti, Austria), dedotta dalla stessa Repubblica d’Austria nel corso del procedimento precontenzioso a conferma dell’asserita giustificazione, la Commissione rileva, sotto un primo profilo, che l’apporto del bilancio nazionale al finanziamento delle prestazioni familiari è diventato necessario in seguito all’aumento degli importi forfettari e della concomitante riduzione delle fonti di finanziamento delle prestazioni familiari ( 71 ).

    93.

    Sotto un secondo profilo, la quota di prestazioni familiari destinate ai figli residenti in uno Stato membro diverso dalla Repubblica d’Austria corrisponde a circa il 6% dell’insieme delle erogazioni.

    94.

    Sotto un terzo profilo, se è vero che la concessione di tali prestazioni incide sul finanziamento delle prestazioni familiari, ciò è dovuto principalmente alla mancanza di controlli adeguati delle condizioni di concessione di dette prestazioni da parte delle autorità austriache ( 72 ).

    95.

    Sotto un quarto profilo, l’adeguamento delle prestazioni familiari in funzione del livello dei prezzi dello Stato membro interessato rispetto a quello della Repubblica d’Austria rende più complessa la gestione delle prestazioni in parola, da un punto di vista tecnico ed economico, per via del sistema di pagamento dell’integrazione differenziale rispetto alle prestazioni familiari erogate nello Stato membro di residenza del figlio. Tale sistema, istituito con l’articolo 68, paragrafo 2, del regolamento n. 883/2004, è applicabile nei tre quarti dei casi di erogazione di prestazioni familiari per figli residenti in altri Stati membri.

    96.

    Per quanto riguarda, in terzo luogo, la giustificazione dell’esistenza di una discriminazione dedotta in subordine dalla Repubblica d’Austria, derivante dall’obiettivo di garantire l’equivalenza in termini di valore del sostegno e dello sgravio finanziari in Austria rispetto agli altri Stati membri in funzione della residenza del figlio, la Commissione fa valere che detta giustificazione non costituisce un’esigenza imperativa legata a un interesse generale riconosciuta e si fonda su argomenti riguardanti l’assenza di disparità di trattamento e la coerenza del meccanismo di adeguamento, che sono inoltre contraddetti dall’eccezione a detto meccanismo prevista a favore dei funzionari austriaci distaccati.

    97.

    Peraltro, secondo la Commissione, sostenuta dalla Repubblica slovacca, la Repubblica d’Austria, ritenendo di dover reagire a talune distorsioni nel sistema derivanti dal fatto che il sostegno finanziario per i lavoratori migranti superava il livello di alleggerimento delle loro spese, sembra perdere di vista il fatto che i lavoratori originari di altri Stati membri contribuiscono al finanziamento del sistema previdenziale e fiscale austriaco allo stesso modo dei lavoratori austriaci, indipendentemente dal luogo di residenza dei loro figli. La Commissione rileva che il reddito percepito in Austria da detti lavoratori quale corrispettivo per la loro prestazione economica è preso in considerazione in pari misura, al contempo per il calcolo dei contributi versati dai datori di lavoro per il finanziamento degli assegni familiari e per il calcolo dell’imposta.

    b)   Repubblica d’Austria

    1) Per quanto riguarda la discriminazione indiretta dei lavoratori migranti a causa dell’applicazione di un criterio di riferimento connesso al luogo di residenza dei figli

    i) Sull’assenza di discriminazione indiretta

    98.

    Secondo la Repubblica d’Austria, il meccanismo di adeguamento non determina una disparità di trattamento di situazioni identiche, bensì garantisce che situazioni diverse siano anche trattate in modo diverso. La Repubblica d’Austria rammenta che lo scopo perseguito dal legislatore austriaco con la concessione di vantaggi sociali e fiscali ai genitori con figli a carico risiede nel consentire loro di sostenere una parte delle loro spese per il mantenimento dei figli. Tale finalità comporta di dover distinguere la situazione dei lavoratori con figli residenti all’estero da quella dei lavoratori con figli residenti in Austria, che non sono materialmente comparabili in ragione del diverso costo della vita negli Stati membri e, di conseguenza, del livello di spese a parità di acquisti.

    99.

    Al pari del Regno di Danimarca, la Repubblica d’Austria osserva inoltre che, secondo la posizione del Comitato europeo dei diritti sociali, che ha il compito di assicurare l’attuazione della Carta sociale europea ( 73 ) e della sua versione riveduta del 3 maggio 1996, il principio di non discriminazione per quanto attiene alle prestazioni di sicurezza sociale in forza dell’articolo 12, paragrafo 4, della suddetta Carta non osta al loro adeguamento qualora il figlio risieda in uno Stato con costi della vita nettamente inferiori ( 74 ).

    100.

    La Repubblica d’Austria rileva che la garanzia del medesimo potere d’acquisto in base al costo della vita nei diversi Stati è parimenti attuata non solo grazie all’attribuzione di un coefficiente correttore alla retribuzione dei funzionari dell’Unione, inclusi gli assegni familiari, qualora siano versati a una persona diversa dai funzionari ( 75 ), il che conduce a tenere conto del luogo di residenza dei figli, ma anche da una classificazione dei paesi partecipanti al programma Erasmus+ in tre categorie per adeguare l’ammontare della sovvenzione per le spese di soggiorno e di viaggio degli studenti ( 76 ).

    101.

    La Repubblica d’Austria rinvia, inoltre, alle conclusioni del Consiglio, del 9 ottobre 2020, sul rafforzamento della protezione del reddito minimo per combattere la povertà e l’esclusione sociale nell’ambito della pandemia di COVID-19 e oltre ( 77 ). Essa rileva che, riferendosi alla raccomandazione 92/441/CEE del Consiglio, del 24 giugno 1992, in cui si definiscono i criteri comuni in materia di risorse e prestazioni sufficienti nei sistemi di protezione sociale ( 78 ), il Consiglio ha individuato, nell’ambito di tre principi fondamentali, quello dell’«[a]deguatezza», che lo induce a considerare che «le esigenze di base dovrebbero essere coperte in modo adeguato da un reddito minimo, tenendo conto del livello di vita e dei prezzi (…) nazional[i] (…) nello Stato membro in questione».

    102.

    Per quanto riguarda gli argomenti della Commissione relativi alla mancanza di uniformità di potere d’acquisto nel territorio austriaco, la Repubblica d’Austria fa valere, anzitutto, che le differenze di potere d’acquisto sono molto ridotte rispetto a quelle esistenti negli Stati membri ( 79 ) e che un adeguamento su base regionale dovrebbe essere previsto anche in tali Stati. Le difficoltà che sarebbero generate da un sistema del genere giustificherebbero il ricorso al calcolo Eurostat di un valore medio per Stato, che presenta il vantaggio di essere un criterio oggettivo che esime dal dover riflettere sui casi in cui, come ad esempio in Germania o in Italia, esistono differenze minime di potere d’acquisto.

    103.

    La Repubblica d’Austria ritiene poi che, secondo la giurisprudenza della Corte, un siffatto riferimento a importi uniformi e approssimativi sarebbe legittimo ( 80 ) così come l’adozione del criterio del costo della vita ( 81 ). A tal riguardo, essa rinvia parimenti alle conclusioni dell’avvocato generale Kokott nella causa Hosse ( 82 ) secondo le quali «si può eventualmente riconoscere allo Stato che effettua la prestazione il diritto di adeguare la prestazione nel caso di una notevole differenza di costi nello Stato di residenza del percettore, nei limiti di compatibilità con il regolamento n. 1408/71. In nessun caso tale argomentazione può tuttavia condurre a negare totalmente la prestazione alla persona interessata».

    104.

    Infine, la Repubblica d’Austria fa notare che l’Unione si riferisce alle regioni che non appartengono in nessun caso a più di uno Stato membro, segnatamente dell’ambito della valutazione dell’ammissibilità al beneficio del sostegno regionale, il quale è precisamente inteso a promuovere la coesione e, di conseguenza, ad armonizzare le condizioni di vita all’interno dell’Unione ( 83 ). Essa ritiene che, se l’argomento sostenuto dalla Commissione nel presente procedimento fosse corretto, si potrebbe solo difficilmente considerare congruo il fatto che le regioni del Burgenland (Austria), di Bratislava (Slovacchia) e del Transdanubio occidentale (Ungheria) – con i comuni direttamente limitrofi di Deutsch Jahrndorf (Austria), Rusovce (Slovacchia) e Rajka (Ungheria) – abbiano diritti di accesso alle risorse del sostegno regionale dell’Unione molto diversi, pur essendo direttamente confinanti tra di loro.

    ii) Sulla giustificazione oggettiva di una discriminazione indiretta, dedotta in subordine

    105.

    In primo luogo, la Repubblica d’Austria sostiene che la Commissione ha citato documenti che non attestano che essa perseguiva un preciso obiettivo di realizzare risparmi e che la sua analisi è inficiata dai lavori preparatori della normativa nazionale ( 84 ) e, segnatamente, dalla valutazione delle sue ripercussioni in termini di efficacia ( 85 ).

    106.

    In secondo luogo, per quanto riguarda gli assegni familiari e il credito d’imposta per figlio a carico, la Repubblica d’Austria rammenta, da un lato, che, secondo una costante giurisprudenza della Corte ( 86 ), spetta agli Stati membri organizzare i loro rispettivi sistemi di previdenza sociale e che, in tale contesto, essa ha modificato la modalità di calcolo delle prestazioni in funzione del costo reale della vita, al rialzo o al ribasso, al fine di rispondere all’obiettivo di farsi carico di una parte delle spese tipicamente connesse al mantenimento dei figli e all’obiettivo dell’equità del sistema di previdenza sociale in termini di valore. Dall’altro lato, la Repubblica d’Austria rinvia alla giurisprudenza degli organi giurisdizionali civili austriaci in materia di assegno alimentare per figli che vivono all’estero. Tale assegno alimentare è calcolato in funzione delle condizioni di vita medie del debitore di alimenti e del potere di acquisto nel paese in cui vive il figlio. Su tale base, le necessità del beneficiario degli alimenti sono concretamente e individualmente collegate alle condizioni di vita dei genitori. Essa fa valere parimenti che la constatazione del fatto che gli assegni familiari coprono soltanto i bisogni essenziali non ne modifica in alcun modo la loro funzione di sostegno ( 87 ), dal momento che dette prestazioni perseguono, in linea di principio, la stessa finalità dell’assegno alimentare, vale a dire coprire le spese abitualmente sostenute dai genitori per il mantenimento dei figli e che non è rilevante il fatto che il livello di astrazione sia, per sua natura, leggermente più elevato nel caso di una prestazione dello Stato a favore di tutti i figli che in sede di valutazione individuale dell’assegno alimentare di un genitore per uno specifico figlio.

    107.

    In terzo luogo, per quanto riguarda il bonus famiglia Plus e gli altri crediti d’imposta, la Repubblica d’Austria fa valere che il meccanismo di adeguamento garantisce che si tengano equamente in considerazione le spese effettive e che tutti i contribuenti che svolgono un’attività lavorativa, con figli a carico, siano trattati allo stesso modo per quanto riguarda la loro capacità contributiva.

    108.

    A tal riguardo, la Repubblica d’Austria fa nuovamente riferimento al principio della capacità contributiva ( 88 ) in forza del quale gli oneri sostenuti per i figli devono essere presi in considerazione fiscalmente nella misura adeguata. Tale principio troverebbe il proprio fondamento nel diritto dell’Unione in materia di fiscalità diretta e costituirebbe un principio generale del diritto tributario dell’Unione. In tal senso, nella sentenza del 15 settembre 2011, Schulz-Delzers e Schulz ( 89 ), la Corte avrebbe constatato che la comparabilità di due situazioni di fatto in relazione alle indennità di espatrio riconosciute «non sussiste[va] alla luce dell’obiettivo perseguito dall’applicazione di una tabella d’imposizione progressiva, necessariamente fondata (…) su una valutazione della capacità contributiva del soggetto passivo compiuta sulla base delle condizioni di vita sul territorio dello Stato membro interessato».

    109.

    In quarto luogo, la Repubblica d’Austria afferma che il meccanismo di adeguamento delle prestazioni familiari e delle agevolazioni fiscali di cui trattasi, dal momento che garantisce l’attribuzione di un sostegno o di uno sgravio dello stesso valore, non eccede quanto necessario per conseguire l’obiettivo perseguito.

    110.

    Per quanto riguarda gli argomenti della Commissione relativi alla relazione della Corte dei conti, la Repubblica d’Austria osserva che:

    poiché la concessione dei crediti d’imposta in funzione della situazione familiare è collegata al credito d’imposta per figlio a carico e, di conseguenza, agli assegni familiari la cui erogazione è subordinata all’accertamento dello Stato in cui il figlio ha il luogo di residenza, la spesa amministrativa ulteriore determinata dal meccanismo di adeguamento in funzione dello Stato di residenza è molto limitata, e

    si è constatato che il numero di figli residenti in altri Stati membri che danno diritto ad assegni familiari è passato da 1500 nel 2002 a circa 130000 nel 2016 e che i casi esaminati che presentavano un carattere transnazionale «sono stati controllati più frequentemente rispetto ai casi nazionali in ragione della qualificazione del rischio».

    111.

    Quanto all’argomento della Commissione secondo cui, per circa i tre quarti dei figli che risiedono in altri Stati membri, la Repubblica d’Austria effettua esclusivamente pagamenti di integrazioni differenziali ( 90 ), quest’ultima fa rilevare che anche tali pagamenti, ivi compreso il credito d’imposta per figlio a carico, restano, nella maggior parte dei casi, più significativi delle prestazioni primarie nello Stato di residenza del figlio.

    112.

    Rispetto all’argomento generale della Commissione, sostenuto parimenti dalla Repubblica di Croazia, dalla Repubblica di Polonia e dalla Repubblica di Slovenia, relativo al fatto che sarebbe iniquo che lavoratori paghino le imposte in Austria e i contributi prelevati sulle loro retribuzioni partecipando in tal modo al finanziamento delle prestazioni controverse, per percepirle alla fine soltanto come prestazioni commisurate in termini di valore per quanto riguarda i loro figli residenti in un altro Stato membro, la Repubblica d’Austria ritiene che la base di calcolo dei contributi del datore di lavoro sia ininfluente e che non esista alcuna relazione tra un eventuale obbligo fiscale e il diritto alle prestazioni erogate dallo Stato. Laddove, in caso contrario, l’obbligo fiscale del lavoratore dovesse incidere sull’esportazione delle prestazioni di sicurezza sociale, la regola enunciata all’articolo 70 del regolamento n. 883/2004 sarebbe contraria al diritto dell’Unione.

    2) Per quanto riguarda la discriminazione indiretta nei confronti dei lavoratori migranti dovuta alle normative applicabili ai funzionari all’estero

    i) Sull’assenza di discriminazione indiretta

    113.

    La Repubblica d’Austria fa valere che l’argomento della Commissione a sostegno dell’esistenza di una discriminazione indiretta può riguardare unicamente la situazione dei funzionari austriaci all’estero i cui figli si sono parimenti trasferiti e che tale situazione non è comparabile a quella dei lavoratori migranti per ragioni giuridiche e sostanziali. Da un lato, i funzionari all’estero sarebbero soggetti a un regime speciale di esenzione dal regime di previdenza sociale e fiscale dello Stato ospitante in forza degli articoli 33, 34 e 37 della Convenzione di Vienna sulle relazioni diplomatiche ( 91 ) nonché degli articoli 48 e 49 della Convenzione di Vienna sulle relazioni consolari ( 92 ).

    114.

    In aggiunta, la peculiarità della situazione dei funzionari all’estero sarebbe riconosciuta anche nel diritto dell’Unione, all’articolo 45, paragrafo 4, TFUE nonché all’articolo 11, paragrafo 3, lettera b), e all’articolo 13, paragrafo 4, del regolamento n. 883/2004 ( 93 ), da cui risulterebbe che i pubblici dipendenti all’estero non hanno diritto, negli Stati ospitanti, ad assegni familiari né, di conseguenza, a integrazioni differenziali o a prestazioni supplementari connesse alla loro situazione familiare.

    115.

    Infine, in forza del diritto austriaco, i funzionari all’estero sono considerati come se svolgessero la loro attività nel territorio nazionale ai fini del regime di previdenza sociale e del loro trattamento sotto il profilo fiscale. Inoltre, per le controversie in materia civile che li riguardano, è competente il foro generale austriaco.

    116.

    Dall’altra parte, per quanto concerne le differenze sostanziali, i funzionari all’estero, soggetti a un regime di trasferimenti periodici, mantengono, in via generale, il proprio domicilio e il centro dei loro interessi in Austria.

    117.

    Peraltro, secondo la Repubblica d’Austria, se si dovesse considerare la situazione dei funzionari all’estero comparabile a quella dei lavoratori migranti, ne risulterebbe che i primi, essendo esclusi dal meccanismo di adeguamento, se considerati nel loro complesso, non sono avvantaggiati, bensì svantaggiati. Si dovrebbe tenere conto del fatto che la maggior parte dei funzionari austriaci in servizio all’estero, distaccati in altri Stati membri nonché in altri Stati contraenti dell’accordo SEE e in Svizzera, vive in paesi in cui il costo della vita è superiore a quello dell’Austria.

    118.

    A tal riguardo, la Commissione non può far valere che il meccanismo di adeguamento incide su un numero di lavoratori migranti maggiore rispetto a quello dei funzionari austriaci distaccati senza dimostrare, conformemente alla giurisprudenza della Corte ( 94 ), che la proporzione di lavoratori migranti in questione è superiore a quella dei funzionari che si trovano nella stessa situazione di svantaggio.

    ii) Sulla giustificazione oggettiva di una discriminazione indiretta, dedotta in subordine

    119.

    Per l’ipotesi in cui la Corte dovesse ritenere che le normative applicabili ai funzionari all’estero costituiscano una discriminazione indiretta, la Repubblica d’Austria fa valere, come giustificazione e in quanto motivo imperativo di interesse generale, il dovere di sollecitudine dello Stato nei confronti dei propri dipendenti pubblici correlato all’obbligo di lealtà di questi ultimi nei riguardi dello Stato. Dopo aver rilevato che la Commissione non rimette in discussione il fondamento di detta giustificazione nell’ambito del ricorso per inadempimento, la Repubblica d’Austria rinvia, a tal fine, ad alcune decisioni della Corte relative al principio di sollecitudine riguardanti attività esercitate da agenti delle istituzioni dell’Unione e della pubblica amministrazione degli Stati membri ( 95 ).

    120.

    Secondo la Repubblica d’Austria, nella sua veste di datore di lavoro, essa dimostra una maggiore sollecitudine nei confronti dei propri dipendenti pubblici che svolgono le loro attività nel territorio nazionale e all’estero applicando a questi ultimi un sistema coerente, gestibile da un punto di vista pratico, fondato sul diritto internazionale, che li assoggetta al diritto nazionale dello Stato d’origine muovendo dal principio che tutte le conseguenze giuridiche sono collegate al loro domicilio in tale Stato. Essa osserva parimenti che l’applicazione del meccanismo di adeguamento all’interno dell’Unione, ma non all’esterno di essa, sarebbe in contrasto con il dovere di sollecitudine della Repubblica d’Austria nei confronti dei propri dipendenti pubblici ai quali è tenuta a garantire la parità di trattamento.

    iii) In subordine, sull’ipotesi di un eventuale argomento relativo alla mancanza di coerenza del meccanismo di adeguamento

    121.

    In subordine, la Repubblica d’Austria rileva che, nell’ambito del parere motivato, la Commissione ha contestato le normative applicabili ai funzionari all’estero esclusivamente sotto il profilo di una discriminazione indiretta. Essa fa valere che, se la Commissione, nell’ambito dell’argomento elaborato a sostegno del proprio ricorso, dovesse parimenti addebitarle la mancanza di coerenza delle normative oggetto del ricorso che istituiscono un meccanismo di adeguamento, tale argomento dovrebbe essere respinto in quanto irricevibile, conformemente alla giurisprudenza della Corte ( 96 ).

    122.

    Per l’ipotesi in cui, tuttavia, detto argomento dovesse essere esaminato, la Repubblica d’Austria riprende gli elementi della sua risposta vertenti sul fatto che le normative applicabili ai funzionari all’estero fanno parte di un sistema globale intrinsecamente coerente. Essa aggiunge che la Corte ha dichiarato che un’eventuale eccezione a una normativa nazionale non ne determina l’incoerenza, segnatamente se il suo ambito di applicazione è particolarmente ristretto, e che tale circostanza si verifica nel caso di specie ( 97 ).

    2.   Valutazione

    a)   Sull’esistenza di una discriminazione indiretta

    123.

    Per quanto riguarda le basi su cui si fonda la seconda censura dedotta dalla Commissione, che non sono in discussione, si può rammentare che la Corte ha dichiarato che:

    la nozione di «vantaggio sociale», ai sensi dell’articolo 7 del regolamento n. 492/2011, contempla tutti i vantaggi sociali e fiscali che, connessi o meno a un contratto di lavoro, sono generalmente attribuiti ai lavoratori nazionali, in ragione principalmente del loro status obiettivo di lavoratori o del semplice fatto della loro residenza nel territorio nazionale, e la cui estensione ai lavoratori cittadini di altri Stati membri risulta quindi atta a facilitare la loro mobilità all’interno dell’Unione e, pertanto, la loro integrazione nello Stato membro ospitante ( 98 ), e

    l’articolo 7, paragrafo 2, di tale regolamento può applicarsi ai vantaggi sociali che sono, nello stesso tempo, soggetti alla disciplina specifica del regolamento n. 883/2004 ( 99 ).

    124.

    Nella fattispecie, l’assegno familiare e il credito d’imposta per figlio a carico sono ad un tempo prestazioni familiari, subordinate al principio della parità di trattamento previsto all’articolo 4 del regolamento n. 883/2004, e vantaggi sociali che ricadono nell’ambito di applicazione dell’articolo 7, paragrafo 2, del regolamento n. 492/2011, mentre il bonus famiglia Plus, il credito d’imposta per nucleo familiare monoreddito, il credito d’imposta per nucleo familiare monoparentale e il credito d’imposta per gli alimenti sono soggetti al principio della parità di trattamento enunciato all’articolo 7, paragrafo 2, del regolamento n. 492/2011.

    125.

    A tal riguardo, dalla giurisprudenza della Corte risulta che:

    il principio della parità di trattamento, quale sancito all’articolo 4 del regolamento n. 883/2004 ( 100 ), in conformità segnatamente all’articolo 45, paragrafo 2, TFUE, vieta non solo le discriminazioni palesi in base alla cittadinanza dei beneficiari dei regimi di previdenza sociale, ma anche le discriminazioni dissimulate, di qualsiasi forma, che, pur fondandosi su altri criteri di riferimento, pervengano in concreto allo stesso risultato ( 101 );

    detto divieto risulta altresì dall’articolo 7, paragrafo 2, del regolamento n. 492/2011 ( 102 ), che costituisce la specifica espressione, nel peculiare settore della concessione di vantaggi sociali, del principio della parità di trattamento sancito all’articolo 45, paragrafo 2, TFUE ( 103 ), e

    tale articolo 7, paragrafo 2, dev’essere interpretato allo stesso modo dell’articolo 45 TFUE ( 104 ).

    126.

    Ne consegue che l’articolo 4 del regolamento n. 883/2004 e l’articolo 7 del regolamento n. 492/2011, in quanto intesi a garantire la libera circolazione dei lavoratori, devono essere interpretati in modo coordinato.

    127.

    Riguardo all’interazione tra i due citati regolamenti i cui ambiti di applicazione si sovrappongono ( 105 ), la Corte ha rilevato la portata generale del regolamento n. 492/2011 per quanto concerne la libertà di circolazione dei lavoratori ( 106 ). Essa ha quindi ribadito la soluzione adottata in occasione dell’esame di un ricorso per inadempimento da parte della Commissione fondato sia sulla violazione del regolamento n. 1408/71, a motivo della fissazione di un criterio di residenza per l’esportabilità di prestazioni di malattia, sia sulla facoltà di giustificare la scelta di detto criterio, alla luce dell’articolo 7 del regolamento (CEE) n. 1612/68 del Consiglio, del 15 ottobre 1968, relativo alla libera circolazione dei lavoratori all’interno della Comunità ( 107 ). L’applicazione dell’articolo 4 del regolamento n. 883/2004 potrebbe pertanto essere riservata alle situazioni cui non si applica il regolamento n. 492/2011, sebbene il regolamento n. 883/2004 contenga disposizioni particolari che vietano le clausole di residenza, segnatamente all’articolo 7 ( 108 ).

    128.

    La Repubblica d’Austria sostiene, in via principale, che il meccanismo di adeguamento per le prestazioni familiari e per i vantaggi sociali e fiscali non determina una disparità di trattamento. Essa fa valere, essenzialmente, che, da una parte, poiché lo scopo delle prestazioni e dei vantaggi consiste o nel rimborsare una parte delle spese sostenute dai genitori per il mantenimento dei figli, o nell’alleviare i loro oneri fiscali, le situazioni dei lavoratori con figli non residenti in Austria e quelle dei lavoratori con figli che vi risiedono non sono comparabili per via delle differenze di tenore di vita tra gli Stati membri. Dall’altra parte, in applicazione del meccanismo di adeguamento, i lavoratori migranti ottengono il sostegno di cui necessitano in funzione del costo della vita nello Stato di residenza del figlio.

    129.

    Tuttavia, come dichiarato dalla Corte, devono essere giudicate indirettamente discriminatorie le condizioni poste dall’ordinamento nazionale ove, benché applicabili a prescindere dalla cittadinanza, riguardino essenzialmente o in gran parte i lavoratori migranti, ove siano indistintamente applicabili, ma possano essere soddisfatte più agevolmente dai lavoratori nazionali che dai lavoratori migranti o che rischiano di essere sfavorevoli, in modo particolare, ai lavoratori migranti ( 109 ).

    130.

    Nella fattispecie, dal criterio connesso alla residenza dei figli, fissato dalla normativa austriaca, deriva che la riduzione dell’importo delle prestazioni familiari nonché dei vantaggi sociali e fiscali pregiudica essenzialmente i lavoratori migranti, in quanto è più probabile che i loro figli in particolare risiedano in un altro Stato membro ( 110 ). Inoltre, dalle tabelle che fissano i coefficienti di adeguamento degli importi ( 111 ) delle prestazioni riguardanti gli Stati confinanti con la Repubblica d’Austria risulta molto chiaramente che, a causa delle differenze di tenori di vita esistenti nella maggior parte di tali Stati rispetto alla Repubblica d’Austria, i lavoratori provenienti da detti Stati che si sono avvalsi della loro libertà di circolazione sono la grande maggioranza di quelli che percepiranno prestazioni nonché vantaggi sociali e fiscali di un importo inferiore a quello attribuito in Austria. Orbene, in base ai dati della relazione della Corte dei conti prodotta dalla Commissione ( 112 ) e dedotta dalla Repubblica d’Austria, circa il 50% dei pagamenti nel 2016 riguardava figli residenti in Ungheria e in Slovacchia mentre il 40% di tali pagamenti concerneva figli residenti nella Repubblica ceca, in Polonia, in Romania e in Slovenia.

    131.

    Tale analisi è confermata dalle spiegazioni del governo austriaco relative alle stime degli effetti dell’adeguamento con riferimento al bonus famiglia Plus ( 113 ). Tali elementi devono essere esaminati in relazione alla constatazione della Corte dei conti secondo la quale il numero di figli beneficiari è aumentato di sei volte negli anni tra il 2004 e il 2016 in concomitanza con l’apertura del mercato del lavoro austriaco ( 114 ).

    132.

    A mio avviso, questi soli elementi sono sufficienti per stabilire, senza dover esaminare gli argomenti esposti ad abundantiam discussi dalle parti, che la distinzione operata nella normativa austriaca circa l’ammontare delle prestazioni esportabili in funzione del luogo di residenza dei figli negli Stati membri pregiudica maggiormente i lavoratori migranti e costituisce una discriminazione indiretta fondata sulla cittadinanza, ammissibile soltanto a condizione di essere oggettivamente giustificata ( 115 ).

    133.

    Per quanto a mia conoscenza, la Corte non ha fatto un esplicito riferimento alla suddetta condizione in sede di applicazione dell’articolo 4 del regolamento n. 883/2004. Tuttavia, l’unica decisione della Corte relativa all’articolo 3, paragrafo 1, del regolamento n. 1408/71 che enunciava in termini analoghi il principio della parità di trattamento può essere, a mio avviso, trasposta ( 116 ). Rilevo, inoltre, che la Corte ha interpretato l’articolo 67 del regolamento n. 883/2004, che è inteso a non dissuadere un lavoratore dall’esercitare il proprio diritto alla libera circolazione ( 117 ), in combinato disposto con l’articolo 7, paragrafo 2, del regolamento n. 492/2011, e ha verificato su quest’unico fondamento le giustificazioni addotte dal giudice del rinvio. Ne deduco che l’adozione da parte di uno Stato membro di un criterio di residenza applicabile alle prestazioni familiari è parimenti giustificabile in virtù del principio dell’interpretazione coordinata dell’articolo 4 del regolamento n. 883/2004 e dell’articolo 7, paragrafo 2, del regolamento n. 492/2011, risultante dal loro comune fondamento, vale a dire l’articolo 45 TFUE, il quale stabilisce l’obiettivo di garantire la libera circolazione dei lavoratori ( 118 ).

    b)   Sulla giustificazione della discriminazione indiretta

    134.

    Secondo una costante giurisprudenza della Corte in materia di applicazione dell’articolo 7, paragrafo 2, del regolamento n. 492/2011, per essere giustificata, la discriminazione indiretta dev’essere idonea a garantire il conseguimento di un obiettivo legittimo e non eccedere quanto necessario per il conseguimento di tale obiettivo ( 119 ).

    135.

    La Commissione sostiene correttamente che la Repubblica d’Austria non deduce alcun motivo idoneo a giustificare la discriminazione indiretta generata dal meccanismo di adeguamento dell’importo delle prestazioni nonché dei vantaggi sociali e fiscali dalla stessa istituito.

    136.

    Nell’ambito del presente ricorso, la Repubblica d’Austria fa infatti valere, da una parte, con il sostanziale sostegno del Regno di Danimarca e del Regno di Norvegia, che l’adeguamento dell’importo delle prestazioni è inteso a garantire che il sostegno e il conseguente alleggerimento degli oneri familiari corrispondano in termini di valore a quelli concessi in Austria ( 120 ).

    137.

    Orbene, in primo luogo, si deve, a mio avviso, nuovamente rilevare che le prestazioni concesse sono forfettarie ( 121 ) e non tengono conto delle effettive esigenze del figlio. Condivido, al riguardo, la posizione della Romania, secondo la quale la Repubblica d’Austria non può avvalersi dei medesimi argomenti per contestare l’esistenza di una discriminazione e per giustificarla.

    138.

    In secondo luogo, dai dati numerici forniti dalla Commissione ( 122 ), che non sono rimessi in discussione dalla Repubblica d’Austria, risulta chiaramente che detta corrispondenza in termini di valore non è garantita nel territorio austriaco ( 123 ) e che non esiste in proporzione alcuna coerenza tra i diversi costi della vita rilevati in Austria e i coefficienti applicati in taluni Stati membri ( 124 ). Inoltre, come evidenzia la Repubblica slovacca, all’interno di detti Stati membri possono esistere disparità ( 125 ), il che dimostra l’importanza del luogo in cui vengono effettuati gli acquisti se dovesse essere ammesso un sistema di corrispondenza con il livello dei prezzi.

    139.

    L’argomento della Repubblica d’Austria secondo il quale le differenze di potere d’acquisto sono nettamente più significative, in particolar modo con la Bulgaria ( 126 ), il che andrebbe parimenti a compensare gli effetti del meccanismo di adeguamento, non è idoneo a rimettere in discussione l’insieme delle suesposte considerazioni.

    140.

    Di conseguenza, l’obiettivo inteso a garantire che il sostegno e il conseguente alleggerimento degli oneri familiari corrispondano in termini di valore a quelli concessi in Austria non è, a mio avviso, idoneo a giustificare la discriminazione indiretta di cui trattasi.

    141.

    Dall’altra parte, la Repubblica d’Austria sostiene che la più alta finalità del meccanismo di adeguamento dell’importo delle agevolazioni sociali e fiscali è l’istituzione o il ripristino della funzione di sostegno nonché dell’equità del sistema sociale.

    142.

    Al pari della Commissione, rilevo in primo luogo che, dalla relazione della Corte dei conti ( 127 ) risulta che l’adeguamento delle prestazioni familiari in funzione del livello dei prezzi dello Stato membro interessato rispetto alla Repubblica d’Austria è idoneo a generare costi aggiuntivi, nonostante tale effetto sia minimizzato dalla Repubblica d’Austria. Orbene, detti costi devono necessariamente essere sostenuti da tutti coloro che versano contributi al bilancio dello Stato. In tale contesto, mi sembra opportuno precisare che, come evidenziano la Commissione e la Repubblica di Polonia, nella citata relazione ( 128 ) si afferma parimenti che il motivo per cui l’equilibrio finanziario del sistema di previdenza sociale potrebbe essere compromesso non risiede nell’erogazione di prestazioni ai lavoratori i cui figli risiedono al di fuori della Repubblica d’Austria, che rappresenta circa il 6% ( 129 ) delle spese a titolo di prestazioni familiari, bensì nell’assenza di adeguati controlli sulla concessione di dette prestazioni.

    143.

    In secondo luogo, condivido i pareri espressi dalla Commissione ( 130 ) nonché dall’Autorità di vigilanza EFTA e dalla Repubblica di Slovenia, secondo i quali è fondamentale ricordare che le norme che tutelano la libertà di circolazione all’interno dell’Unione e del SEE ( 131 ), tra cui il principio della parità di trattamento, poggiano su un sistema globale in cui, da un lato, la normativa applicabile in materia di previdenza sociale è, in via generale, la normativa dello Stato membro nel cui territorio l’interessato esercita la sua attività subordinata o autonoma ( 132 ) e, dall’altro lato, i lavoratori migranti, con i contributi fiscali e sociali che versano nello Stato membro ospitante per l’attività che esercitano, contribuiscono al finanziamento delle politiche sociali di detto Stato ( 133 ), giustificando pertanto l’attribuzione di uguali prestazioni o vantaggi ( 134 ).

    144.

    Nella fattispecie, al pari della Repubblica ceca, della Repubblica di Croazia e della Repubblica di Polonia, rilevo che, sotto un profilo meramente economico, poiché gli assegni familiari austriaci sono finanziati dai contributi dei lavoratori calcolati sulla base dell’importo totale delle retribuzioni dei lavoratori, ne consegue che un lavoratore migrante partecipa allo stesso modo di un lavoratore nazionale alla determinazione dell’importo delle somme versate dal suo datore di lavoro.

    145.

    Inoltre, per quanto concerne il bonus famiglia Plus e gli altri crediti d’imposta in discussione, la Repubblica d’Austria ha spiegato che tali vantaggi erano finanziati con l’imposta sul reddito dei lavoratori, il che inficia parimenti qualsivoglia giustificazione della scelta del legislatore austriaco della mancanza di reciprocità per uno scopo di equità sociale.

    146.

    Pertanto, a mio avviso, la differenza di trattamento in base al luogo di residenza del figlio del lavoratore di cui trattasi non è né adeguata né necessaria al fine di istituire o di ripristinare la funzione di sostegno e l’equità del sistema sociale.

    147.

    Per l’insieme delle motivazioni suesposte, ritengo che la normativa austriaca relativa all’adeguamento dell’importo delle prestazioni familiari nonché dei vantaggi sociali e fiscali per le persone che lavorano in Austria i cui figli risiedono in un altro Stato membro sia in contrasto con il principio della parità di trattamento enunciato sia all’articolo 4 del regolamento n. 883/2004 sia all’articolo 7, paragrafo 2, del regolamento n. 492/2011.

    148.

    Di conseguenza, propongo alla Corte di dichiarare che la seconda censura avanzata dalla Commissione è fondata.

    VI. Sulle spese

    149.

    Ai sensi dell’articolo 138, paragrafo 1, del regolamento di procedura della Corte, la parte soccombente è condannata alle spese se ne è stata fatta domanda. Poiché la Corte dovrebbe, a mio avviso, accogliere la domanda della Commissione, la Repubblica d’Austria dev’essere condannata alle spese.

    150.

    Ai sensi dell’articolo 140, paragrafi 1 e 2, del regolamento di procedura, secondo il quale gli Stati membri, gli Stati aderenti all’accordo SEE, diversi dagli Stati membri, nonché l’Autorità di vigilanza EFTA, se intervenuti nella causa, si fanno carico delle proprie spese, la Repubblica ceca, il Regno di Danimarca, la Repubblica di Croazia, la Repubblica di Polonia, la Romania, la Repubblica di Slovenia e la Repubblica slovacca nonché il Regno di Norvegia e l’Autorità di vigilanza EFTA sopporteranno le proprie spese.

    VII. Conclusione

    151.

    Alla luce delle considerazioni che precedono, propongo alla Corte di statuire come segue:

    1)

    La Repubblica d’Austria, introducendo, per i lavoratori i cui figli risiedono in modo permanente in un altro Stato membro, un meccanismo di adeguamento in relazione agli assegni familiari e al credito d’imposta per figli a carico, ha violato gli obblighi ad essa incombenti in forza:

    degli articoli 7 e 67 del regolamento (CE) n. 883/2004 del Parlamento europeo e del Consiglio, del 29 aprile 2004, relativo al coordinamento dei sistemi di sicurezza sociale, nonché

    dell’articolo 4 del regolamento n. 883/2004 e dell’articolo 7, paragrafo 2, del regolamento (UE) n. 492/2011 del Parlamento europeo e del Consiglio, del 5 aprile 2011, relativo alla libera circolazione dei lavoratori all’interno dell’Unione.

    2)

    La Repubblica d’Austria, introducendo, per i lavoratori migranti i cui figli risiedono in modo permanente in un altro Stato membro, un meccanismo di adeguamento per quanto concerne il bonus famiglia Plus, il credito d’imposta per famiglie monoreddito, il credito d’imposta per nucleo familiare monoparentale e il credito d’imposta per alimenti, ha violato gli obblighi ad essa incombenti in forza dell’articolo 7, paragrafo 2, del regolamento n. 492/2011.

    3)

    La Repubblica d’Austria è condannata alle spese.

    4)

    La Repubblica ceca, il Regno di Danimarca, la Repubblica di Croazia, la Repubblica di Polonia, la Romania, la Repubblica di Slovenia e la Repubblica slovacca nonché il Regno di Norvegia e l’Autorità di vigilanza EFTA sopporteranno le proprie spese.


    ( 1 ) Lingua originale: il francese.

    ( 2 ) GU 2004, L 166, pag. 1, e rettifica in GU 2004, L 200, pag. 1.

    ( 3 ) GU 2011, L 141, pag. 1.

    ( 4 ) BGBl. 376/1967; in prosieguo: il «FLAG».

    ( 5 ) GU 1994, L 1, pag. 3; in prosieguo: l’«accordo SEE».

    ( 6 ) BGBl. 400/1988; in prosieguo: l’«EStG».

    ( 7 ) L’adeguamento dell’assegno familiare e del credito d’imposta per figlio a carico è stato attuato, con effetto dal 1o gennaio 2019, dal Verordnung der Bundesministerin für Frauen, Familien und Jugend und des Bundesministers für Finanzen über die Anpassung der Familienbeihilfe und des Kinderabsetzbetrages in Bezug auf Kinder, die sich ständig in einem anderen Mitgliedstaat der EU oder einer Vertragspartei des Europäischen Wirtschaftsraumes oder der Schweiz aufhalten [regolamento del Ministro federale delle donne, della famiglia e dei giovani e del Ministro federale delle Finanze relativo all’adeguamento dell’assegno familiare e del credito d’imposta per figlio a carico per quanto riguarda i figli residenti in modo permanente in un altro Stato membro dell’Unione (…) o in uno Stato aderente all’accordo [SEE] oppure in Svizzera], del 10 dicembre 2018 (BGBl. II, 318/2018), disponibile all’indirizzo Internet seguente: https://www.ris.bka.gv.at/GeltendeFassung.wxe?Abfrage=Bundesnormen&Gesetzesnummer= 20010489&FassungVom= 2019-07-08, adottato sulla base del Bundesgesetz, mit dem das Familienlastenausgleichsgesetz 1967, das Einkommensteuergesetz 1988 und das Entwicklungshelfergesetz geändert werden (legge federale recante modifica del [FLAG], del[l’EStG] e della legge sullo statuto dei cooperanti), del 4 dicembre 2018 (BGBl. I, 83/2018).

    ( 8 ) L’adeguamento del bonus famiglia Plus e dei crediti d’imposta per famiglie monoreddito, nuclei monoparentali e assegno alimentare è stato attuato, con effetto dal 1o gennaio 2019, dal Verordnung des Bundesministers für Finanzen über die Anpassung des Familienbonus Plus, des Alleinverdiener-, Alleinerzieher- und Unterhaltsabsetzbetrages sowie des Kindermehrbetrages in Bezug auf Kinder, die sich ständig in einem anderen Mitgliedstaat der EU oder einer Vertragspartei des Europäischen Wirtschaftsraumes oder der Schweiz aufhalten [regolamento del Ministro federale delle Finanze sull’adeguamento del bonus famiglia Plus e dei crediti d’imposta per famiglie monoreddito, nuclei monoparentali e assegno alimentare per quanto riguarda i figli residenti in modo permanente in un altro Stato membro dell’Unione (…) o in uno Stato aderente all’accordo [SEE] oppure in Svizzera], del 27 settembre 2018 (BGBl. II, 257/2018), disponibile al seguente indirizzo Internet: https://www.ris.bka.gv.at/GeltendeFassung.wxe?Abfrage=Bundesnormen&Gesetzesnummer= 20010319, adottato sulla base del Jahressteuergesetz 2018 (legge fiscale del 2018), del 14 agosto 2018 (BGBl. I, 62/2018), recante segnatamente modifica all’EStG.

    ( 9 ) V., per quanto riguarda i coefficienti applicati in base agli Stati membri interessati, note 7 e 8, nonché paragrafo 84, secondo trattino, delle presenti conclusioni a titolo illustrativo della diversità dei citati coefficienti per i diversi Stati membri confinanti con la Repubblica d’Austria.

    ( 10 ) La Commissione si riferisce alla sentenza del 2 aprile 2020, Caisse pour l’avenir des enfants (Figlio del coniuge di un lavoratore frontaliero) [C‑802/18; in prosieguo: la «sentenza Caisse pour l’avenir des enfants (Figlio del coniuge di un lavoratore frontaliero), EU:C:2020:269, punti 3839, nonché giurisprudenza ivi citata].

    ( 11 ) La Commissione ha parimenti ribadito la propria posizione in risposta all’argomento contrario sostenuto dal Regno di Norvegia relativo a un esempio di una prestazione familiare che preveda il rimborso del 50% del prezzo d’acquisto di un passeggino, il cui importo potrebbe variare a seconda dello Stato membro (v. altresì nota 20 delle presenti conclusioni). La Commissione ha evidenziato che, in un caso del genere, per un lavoratore migrante, l’importo dell’assegno dipende dal prezzo delle sue spese. Orbene, il meccanismo di adeguamento austriaco si basa sul presupposto che queste vengano sostenute nel luogo in cui il figlio risiede, senza considerare l’ambiente economico e sociale del figlio che risiede in uno Stato membro diverso da quello in cui il suo genitore lavora. Di conseguenza, riprendendo il medesimo esempio, non è ammissibile che l’assunzione a carico delle spese di due lavoratori per l’acquisto di un passeggino del valore di EUR 100 sia pari a EUR 50 se il figlio risiede in Austria e a un diverso importo se questi non vi risiede, mentre la spesa è identica.

    ( 12 ) C‑32/18; in prosieguo: la «sentenza Moser, EU:C:2019:752, punto 36 e giurisprudenza ivi citata. Riferendosi parimenti ai punti 10 e 54 di tale sentenza, la Commissione ha aggiunto che, proprio perché l’importo dell’assegno austriaco per la cura dei figli dipendeva espressamente dall’importo del reddito da lavoro anteriore effettivamente percepito, era possibile calcolarne l’importo in funzione dell’ambiente economico e sociale del beneficiario.

    ( 13 ) 41/84; in prosieguo: la «sentenza Pinna, EU:C:1986:1. V., in particolare, punto 25 di tale sentenza.

    ( 14 ) Regolamento del Consiglio, del 14 giugno 1971, relativo all’applicazione dei regimi di sicurezza sociale ai lavoratori subordinati e ai loro familiari che si spostano all’interno della Comunità (GU 1971, L 149, pag. 2). La Commissione precisa che dalla sentenza del 27 settembre 1988, Lenoir (313/86; in prosieguo: la «sentenza Lenoir, EU:C:1988:452, punti 9, 1116), risulta che non è possibile adeguare «le prestazioni periodiche in danaro concesse esclusivamente in funzione del numero ed eventualmente dell’età dei familiari» all’ambiente economico e sociale.

    ( 15 ) Conclusioni dell’avvocato generale Mancini nella causa Pinna (41/84, non pubblicate, EU:C:1985:215, paragrafo 7).

    ( 16 ) V. allegato I, sezione D, punto 2, lettera a), dell’estratto delle conclusioni del Consiglio europeo del 18 e 19 febbraio 2016 (GU 2016, C 69 I, pag. 1).

    ( 17 ) V. paragrafo 56 delle presenti conclusioni.

    ( 18 ) La Commissione si riferisce alla valutazione d’impatto SWD(2016) 460 final/2, parte 1/6, pag. 135, punto 7.3.2.

    ( 19 ) La Repubblica d’Austria e il Regno di Norvegia ritengono che il legame tra le prestazioni familiari e il costo della vita sia confermato nella relazione FreSsco intitolata «Assessment of the impact of amendments to the EU social security coordination rules on export of family benefits», contenuta nell’allegato VI della valutazione d’impatto citata nella nota 18 delle presenti conclusioni, parte 3/6, punto 1.7.2, pag. 44. La Repubblica d’Austria evidenzia che dallo stesso risulta, in particolare, che, in linea di principio, le prestazioni familiari vengono adeguate, basandosi sempre sul tasso d’inflazione.

    ( 20 ) La Repubblica d’Austria sottolinea che il criterio del numero dei figli e della loro età non è, di per sé solo, determinante per valutare la natura della prestazione e le caratteristiche concrete prese in considerazione. A tal proposito, essa considera «eloquente» il seguente esempio offerto dal Regno di Norvegia: «Lo Stato membro A ha appreso dalle statistiche che un passeggino costa in media EUR 100 e che un rimborso del 50% ammonta pertanto a EUR 50. Per evitare il sistema inutilmente complicato dei rimborsi, tale Stato decide di erogare sin dall’inizio la prestazione sotto forma di un importo forfettario di EUR 50, accompagnato da una regola di indicizzazione che corregge l’aumento dei prezzi dei passeggini per neonati. Inoltre, per garantire che l’obiettivo e la funzione della prestazione siano conseguiti a prescindere dal luogo di residenza dei figli, effetto che si verificava automaticamente nell’ambito del precedente sistema di rimborsi, il legislatore aggiunge un meccanismo di indicizzazione per correggere i costi effettivi di acquisto dei passeggini per neonati nei diversi Stati membri». V., a tal riguardo, nota 11 delle presenti conclusioni.

    ( 21 ) V. articolo 39, paragrafo 1, del FLAG.

    ( 22 ) La Repubblica d’Austria precisa che, inoltre, il fondo di compensazione per gli assegni familiari è essenzialmente alimentato da un importo fisso dell’imposta sul reddito, da quote delle imposte sulle società e delle imposte sul reddito, nonché da contributi di aziende agricole e silvicole e da compensazioni dei diversi ministeri federali. V. articolo 39, paragrafo 2, lettere da b) a h), del FLAG.

    ( 23 ) V. articolo 39, paragrafo 2, lettera a), del FLAG.

    ( 24 ) V. articolo 41, paragrafo 1, del FLAG.

    ( 25 ) V. articolo 41, paragrafo 3, del FLAG.

    ( 26 ) V. paragrafo 34 delle presenti conclusioni.

    ( 27 ) V. paragrafo 83, primo e secondo trattino, delle presenti conclusioni.

    ( 28 ) V., a titolo illustrativo, paragrafo 53 delle presenti conclusioni.

    ( 29 ) Secondo la Repubblica d’Austria, il considerando 16 del regolamento n. 883/2004 non si riferirebbe all’articolo 70 di tale regolamento in quanto quest’ultimo ha per oggetto l’esclusione della regola dell’esportabilità delle prestazioni speciali finanziate tramite imposte, garantendo un reddito sostitutivo o una speciale tutela alle persone disabili e che sono espressamente erogate nel luogo di residenza dei loro percettori.

    ( 30 ) C‑85/99, EU:C:2001:166, punto 41, vertente sull’interpretazione dell’articolo 1, lettera u), i), del regolamento n. 1408/71 relativo alle prestazioni familiari da distinguere dagli assegni familiari definiti al punto ii) di tale disposizione. V., altresì, paragrafo 72 delle presenti conclusioni. La regola dell’esportazione delle prestazioni familiari, enunciata all’articolo 73, paragrafo 1, di detto regolamento, non si applicava a dette prestazioni.

    ( 31 ) Conclusioni dell’avvocato generale Slynn nella causa Lenoir (313/86, non pubblicate, EU:C:1988:87).

    ( 32 ) Collegandosi alla memoria di intervento del Regno di Norvegia, la Repubblica d’Austria fa parimenti valere che l’articolo 67 del regolamento n. 883/2004 e la giurisprudenza della Corte confermano che si debba tenere conto della reale natura, della finalità e delle modalità di attuazione delle prestazioni, nonché, ad esempio, del fatto che si tratta di una prestazione orientata sulle esigenze del figlio o calcolata rispetto al reddito dei genitori. Di conseguenza, un obbligo di esportare in ogni caso prestazioni dagli importi assoluti sarebbe in contrasto con le disposizioni dell’articolo 67 – nonché dell’articolo 7 – del regolamento n. 883/2004.

    ( 33 ) Al fine di evidenziare anche l’entità dell’adeguamento rispetto al livello dei prezzi in Danimarca, dove i prezzi al consumo sono i più elevati dell’Unione, tale Stato membro, a titolo di esempio, opera un raffronto con la Bulgaria, che ha i prezzi al consumo più bassi dell’Unione. Infatti, nel caso di un lavoratore, cittadino dell’Unione, con un figlio dell’età di un anno, l’assegno mensile danese sarebbe dieci volte superiore a quello previsto in Bulgaria. Con un adeguamento in funzione del livello dei prezzi in Bulgaria (indice pari a 40 circa se si fa riferimento al livello 100 della Danimarca), l’assegno danese equivarrebbe a quattro volte l’importo dell’assegno bulgaro.

    ( 34 ) Conclusioni dell’avvocato generale Mancini nella causa Pinna (41/84, non pubblicate, EU:C:1985:215).

    ( 35 ) Conclusioni dell’avvocato generale Mancini nella causa Pinna (41/84, non pubblicate, EU:C:1985:215, paragrafo 7). Il corsivo è mio.

    ( 36 ) V. paragrafo 40 delle presenti conclusioni.

    ( 37 ) Corsivo aggiunto nel controricorso della Repubblica d’Austria.

    ( 38 ) La Repubblica d’Austria si riferisce alla «Dichiarazione della Commissione europea concernente l’indicizzazione delle prestazioni per figli a carico esportate verso uno Stato membro diverso da quello in cui il lavoratore soggiorna», contenuta nell’allegato V di dette conclusioni (v. nota 16 delle presenti conclusioni), nonché alla valutazione d’impatto, citata alla nota 18 delle presenti conclusioni, punto 7.3.2, pag. 135.

    ( 39 ) Tale meccanismo si applica anche tra la Repubblica d’Austria e ogni Stato aderente all’accordo SEE nonché la Svizzera.

    ( 40 ) A tal riguardo, la Corte ha ricordato che l’espressione «compensare i carichi familiari» deve essere interpretata nel senso che essa fa riferimento, in particolare, a un contributo pubblico al bilancio familiare, destinato ad alleviare gli oneri derivanti dal mantenimento dei figli. V. sentenza Caisse pour l’avenir des enfants (Figlio del coniuge di un lavoratore frontaliero) (punto 38 e giurisprudenza ivi citata).

    ( 41 ) V. sentenze del 19 luglio 2012, Reichel-Albert (C‑522/10, EU:C:2012:475, punto 38), e Caisse pour l’avenir des enfants (Figlio del coniuge di un lavoratore frontaliero) (punto 69).

    ( 42 ) V., segnatamente, articolo 70 del regolamento n. 883/2004, relativo alle prestazioni speciali in denaro di carattere non contributivo.

    ( 43 ) V. sentenze del 25 novembre 2021, Finanzamt Österreich (Assegni familiari per cooperante) (C‑372/20, EU:C:2021:962, punto 76), e Moser (punto 36 e giurisprudenza ivi citata). V., per analogia, sentenza Pinna (punto 9), nonché sentenza del 5 ottobre 1995, Imbernon Martínez ( C‑321/93, EU:C:1995:306, punto 22 ).

    ( 44 ) V. sentenze del 7 giugno 2005, Dodl e Oberhollenzer (C‑543/03, EU:C:2005:364, punto 45); del 22 ottobre 2015, Trapkowski (C‑378/14, EU:C:2015:720, punto 35), nonché Moser (punti 37 e 38, nonché giurisprudenza ivi citata). In tale sentenza la Corte ha confermato che l’articolo 67 del regolamento n. 883/2004 è applicabile a un lavoratore che lavora in uno Stato membro diverso da quello alla cui legislazione è soggetto. V., altresì, articolo 5, lettera b), di detto regolamento, che sancisce il principio dell’assimilazione dei fatti, in cui compare anche l’espressione «come se», nonché sentenza del 12 marzo 2020, Caisse d’assurance retraite et de la santé au travail d’Alsace-Moselle (C‑769/18, EU:C:2020:203, punti da 42 a 44).

    ( 45 ) Rilevo, in proposito, la mancata introduzione di modifiche dopo il progetto proposto a favore del Regno Unito nel corso del 2016. V. paragrafi 40 e 56 delle presenti conclusioni.

    ( 46 ) V., per un richiamo delle modalità di attuazione della norma anticumulo delle prestazioni qualora siano previste prestazioni dalle legislazioni di più Stati membri a un medesimo titolo, sentenza Moser (punto 41).

    ( 47 ) Regolamento del Parlamento europeo e del Consiglio, del 16 settembre 2009, che stabilisce le modalità di applicazione del regolamento (CE) n. 883/2004 relativo al coordinamento dei sistemi di sicurezza sociale (GU 2009, L 284, pag. 1).

    ( 48 ) V. sentenza Moser (punti 42 e 46).

    ( 49 ) V. sentenza del 10 luglio 2019, Aubriet (C‑410/18, EU:C:2019:582, punto 33 e giurisprudenza ivi citata).

    ( 50 ) V. paragrafo 54 delle presenti conclusioni.

    ( 51 ) V. paragrafo 51, terzo trattino, delle presenti conclusioni.

    ( 52 ) V. paragrafo 51, quarto trattino, delle presenti conclusioni.

    ( 53 ) V. sentenze Pinna (punto 21) e Lenoir (punto 14).

    ( 54 ) V. sentenza Pinna (punti 10, 11 e 14).

    ( 55 ) V. sentenza Lenoir (punto 16).

    ( 56 ) V. sentenze Lenoir (punto 9), per una panoramica degli antecedenti legislativi, e Pinna (punti 9 e 18).

    ( 57 ) V. sentenze del 6 luglio 2006, Kersbergen-Lap e Dams-Schipper (C‑154/05, EU:C:2006:449, punto 33 e giurisprudenza ivi citata), nonché del 18 dicembre 2007, Habelt e a. (C‑396/05, EU:C:2007:810, punto 81).

    ( 58 ) V. considerando 16 del regolamento n. 883/2004. A questo proposito, è logico che il legislatore abbia adottato tale criterio in ragione dell’oggetto delle prestazioni, consistente nel garantire un reddito minimo di sussistenza che può essere determinato solo in funzione dell’ambiente economico e sociale nel luogo di residenza.

    ( 59 ) V. sentenza Caisse pour l’avenir des enfants (Figlio del coniuge di un lavoratore frontaliero) (punti 36 e 37).

    ( 60 ) Va osservato che la relazione FreSsco, di cui si è avvalsa la Repubblica d’Austria sulla scorta del Regno di Norvegia (v. nota 19 delle presenti conclusioni), riguardando la situazione relativa agli anni 2016 e 2017, non contiene precisazioni in tal senso e riferisce unicamente di un adeguamento in funzione del tasso d’inflazione.

    ( 61 ) Lo stesso vale per l’assegno scolastico o per quello relativo alla disabilità del figlio, come risulta dagli elementi sottoposti alla valutazione della Corte. V. paragrafo 38, quarto trattino, e paragrafo 42, quarto trattino, delle presenti conclusioni.

    ( 62 ) V. nota 11 delle presenti conclusioni. L’esempio illustrato dal Regno di Norvegia dimostra segnatamente al riguardo che non viene tenuto conto del reale livello di spesa in funzione del luogo di acquisto. Lo stesso vale per la varietà dei fattori che dovrebbero essere presi in considerazione nella situazione dei migranti, compresi gli oneri finanziari supplementari in ragione segnatamente dell’assenza di uno dei genitori, come ha sottolineato la Romania.

    ( 63 ) La Commissione si riferisce alla sentenza del 22 giugno 2011, Landtová (C‑399/09, EU:C:2011:415, punto 42 e giurisprudenza ivi citata).

    ( 64 ) La Commissione si riferisce alla sentenza del 12 maggio 1998, Martínez Sala (C‑85/96, EU:C:1998:217, punto 25).

    ( 65 ) La Commissione si riferisce alla sentenza Caisse pour l’avenir des enfants (Figlio del coniuge di un lavoratore frontaliero) (punto 45 e giurisprudenza ivi citata).

    ( 66 ) La Commissione si riferisce alla sentenza del 12 dicembre 2019, Instituto Nacional de la Seguridad Social (Integrazione della pensione per le madri) (C‑450/18, EU:C:2019:1075, punto 45 e giurisprudenza ivi citata).

    ( 67 ) V. paragrafo 98 delle presenti conclusioni.

    ( 68 ) V. nota 79 delle presenti conclusioni.

    ( 69 ) V., riguardo a tale argomento sostenuto nell’ambito del procedimento precontenzioso, paragrafo 25 delle presenti conclusioni.

    ( 70 ) La Commissione rinvia alla sentenza del 28 aprile 1998, Kohll (C‑158/96, EU:C:1998:171, punto 41).

    ( 71 ) La Commissione si riferisce alla relazione della Corte dei conti [austriaca] rubricato «Familienbeihilfe – Ziele und Zielerreichung, Kosten und Kontrollsystem» (Assegno familiare – obiettivi e realizzazione degli obiettivi, costi e sistema di controllo), in prosieguo: la «relazione della Corte dei conti», disponibile al seguente indirizzo Internet: https://www.rechnungshof.gv.at/rh/home/home/Familienbeihilfe.pdf (punti 6.1 e 6.3, pagg. da 25 a 27).

    ( 72 ) La Commissione si riferisce alla relazione della Corte dei conti (punto 15.1, pagg. da 42 a 45, punto 19.2, pag. 53, e punti da 23 a 29, pagg. da 59 a 69).

    ( 73 ) Firmata a Torino il 18 ottobre 1961.

    ( 74 ) La Repubblica d’Austria cita il documento del Consiglio d’Europa, intitolato «Digest of the case law of the European Committee of Social Rights», dicembre 2018, pag. 141, disponibile all’indirizzo Internet seguente: https://rm.coe.int/digest-2018-parts-i-ii-iii-iv-en/1680939f80.

    ( 75 ) La Repubblica d’Austria menziona l’articolo 64 e l’articolo 67, paragrafo 4, dello Statuto dei funzionari dell’Unione europea nonché il quarto considerando del regolamento (CE, CECA, Euratom) n. 2594/98 del Consiglio, del 27 novembre 1998, recante modifica del regolamento (CEE, Euratom, CECA) n. 259/68 che definisce lo Statuto dei funzionari delle Comunità europee nonché il regime applicabile agli altri agenti di tali Comunità (GU 1998, L 325, pag. 1). A tal riguardo, essa rinvia all’argomento del Regno di Danimarca, secondo il quale la Corte ha rilevato, nella sentenza dell’8 maggio 2014, Wiering (C‑347/12, EU:C:2014:300), che riguardava ancora il regolamento n. 1408/71, che il destinatario degli assegni familiari è il figlio. L’adeguamento di siffatti assegni sarebbe quindi conforme all’interpretazione che è già stata fornita del principio della parità di trattamento.

    ( 76 ) La Repubblica d’Austria si riferisce al documento della Commissione intitolato: «Erasmus+ Programme Guide», versione 2 (2020), del 26 febbraio 2020, pag. 45, disponibile all’indirizzo Internet seguente: https://erasmus-plus.ec.europa.eu/sites/default/files/2021-09/erasmus_programme_guide_2020_v2_en.pdf.

    ( 77 ) Documento 11721/2/20 REV 2, disponibile all’indirizzo Internet seguente: https://data.consilium.europa.eu/doc/document/ST‑11721-2020-REV-2/it/pdf.

    ( 78 ) GU 1992, L 245, pag. 46.

    ( 79 ) La Repubblica d’Austria ha fornito il seguente esempio: «[I]l potere d’acquisto a Vienna ([lo Stato] federat[o] con l’indice più basso) è pari a circa il 92% del potere d’acquisto in Bassa Austria. Inoltre, le differenze di potere d’acquisto per abitante nelle circoscrizioni della Bassa Austria sono più significative di quelle esistenti tra gli [Stati] federat[i] austriaci. V. https://retailreport.at/sites/default/files/2019‑05/GfK%20Kaufkraft%20 C3%B4sterreich%202019.pdf. Per contro, il potere d’acquisto in Bulgaria nel 2019 era pari al 52% del potere d’acquisto medio dei 27 Stati membri (…), mentre il potere d’acquisto in Austria corrispondeva a circa il 113% di quest’ultimo (v. https://ec.europa.eu/eurostat/databrowser/view/tec00120/default/table?lang=de)».

    ( 80 ) La Repubblica d’Austria cita la sentenza del 24 febbraio 2015, Sopora (C‑512/13, EU:C:2015:108, punto 34).

    ( 81 ) La Repubblica d’Austria cita le sentenze del 17 luglio 1963, Italia/Commissione (13/63, EU:C:1963:20, titolo 4), e del 18 settembre 2014, Bundesdruckerei (C‑549/13, EU:C:2014:2235, punto 34).

    ( 82 ) C‑286/03, EU:C:2005:621, paragrafo 109. Si tratta della risposta dell’avvocato generale Kokott all’argomento, dedotto nell’ambito di tale causa contro l’esportazione di una prestazione, secondo il quale l’importo della prestazione sarebbe commisurato al costo della vita e delle cure nello Stato in cui si trova l’organo competente.

    ( 83 ) Decisione di esecuzione della Commissione 2014/99/UE, del 18 febbraio 2014, che definisce l’elenco delle regioni ammesse a beneficiare del finanziamento del Fondo europeo di sviluppo regionale e del Fondo sociale europeo nonché degli Stati membri ammessi a beneficiare del finanziamento del Fondo di coesione per il periodo 2014‑2020 (GU 2014, L 50, pag. 22).

    ( 84 ) Si tratta dei progetti di legge che hanno dato luogo alle leggi federali citate alle note 7 e 8 delle presenti conclusioni, nonché delle spiegazioni del governo in merito a detti progetti contenute nei documenti repertoriati al n. 111 e al n. 190 degli allegati ai processi verbali stenografati delle sedute del Nationalrat (Consiglio nazionale, Austria) relativi alla XXVI° legislatura, disponibili, rispettivamente, ai seguenti indirizzi Internet: https://www.parlament.gv.at/PAKT/VHG/XXVI/I/I_00111/fname_692212.pdf e https://www.parlament.gv.at/PAKT/VHG/XXVI/I/I_00190/fname_698479.pdf.

    ( 85 ) La Repubblica d’Austria si riferisce ai documenti repertoriati al n. 111 e al n. 190 degli allegati ai processi verbali stenografati delle sedute del Consiglio nazionale relativi alla XXVI° legislatura, rispettivamente, pag. 3, nonché pag. 8 e segg.

    ( 86 ) La Repubblica d’Austria si riferisce alle sentenze del 28 giugno 2018, Crespo Rey (C‑2/17, EU:C:2018:511, punto 45 e segg., nonché giurisprudenza ivi citata), e Caisse pour l’avenir des enfants (Figlio del coniuge di un lavoratore frontaliero) (punto 68).

    ( 87 ) A tal riguardo, la Repubblica d’Austria rinvia alle spiegazioni contenute nel documento repertoriato al n. 111 degli allegati ai processi verbali stenografati delle sedute del Consiglio nazionale relativi alla XXVI° legislatura, pag. 1 e segg. (v. nota 84 delle presenti conclusioni).

    ( 88 ) V. paragrafo 46 delle presenti conclusioni.

    ( 89 ) C‑240/10, EU:C:2011:591, punto 37.

    ( 90 ) V. paragrafo 95 delle presenti conclusioni.

    ( 91 ) Conclusa a Vienna il 18 aprile 1961 ed entrata in vigore il 24 aprile 1964.

    ( 92 ) Conclusa a Vienna il 24 aprile 1963 ed entrata in vigore il 19 marzo 1967.

    ( 93 ) La Repubblica d’Austria precisa che, se il lavoratore migrante è iscritto al regime austriaco di previdenza sociale in forza dell’articolo 11, paragrafo 3, lettera a), del regolamento n. 883/2004, il funzionario austriaco, distaccato in un altro Stato membro, resta affiliato al regime austriaco di previdenza sociale in forza del punto b) della disposizione medesima. Lo stesso vale per i funzionari che hanno un impiego accessorio, in qualità di dipendenti o che svolgono un’attività professionale autonoma in forza dell’articolo 13, paragrafo 4, del regolamento n. 883/2004.

    ( 94 ) La Repubblica d’Austria si riferisce alla sentenza del 17 giugno 2010, Commissione/Portogallo (C‑105/08, EU:C:2010:345, punti 26 e segg.).

    ( 95 ) La Repubblica d’Austria cita le sentenze del 28 maggio 1980, Kuhner/Commissione (33/79 e 75/79, EU:C:1980:139, punto 22), e del 13 luglio 2018, SQ/BEI (T‑377/17, EU:T:2018:478, punto 146), nonché le sentenze del 22 giugno 2017, Bechtel (C‑20/16, EU:C:2017:488, punto 35 e giurisprudenza ivi citata), e del 12 novembre 2020, Fleig/SEAE (C‑446/19 P, non pubblicata, EU:C:2020:918, punto 67).

    ( 96 ) La Repubblica d’Austria si riferisce alla sentenza del 18 dicembre 2007, Commissione/Spagna (C‑186/06, EU:C:2007:813, punto 18 e giurisprudenza ivi citata).

    ( 97 ) La Repubblica d’Austria si riferisce alla sentenza del 19 maggio 2009, Commissione/Italia (C‑531/06, EU:C:2009:315, punti 6973).

    ( 98 ) V. sentenza Caisse pour l’avenir des enfants (Figlio del coniuge di un lavoratore frontaliero) (punti 24 e 25 e giurisprudenza ivi citata).

    ( 99 ) V. sentenza Caisse pour l’avenir des enfants (Figlio del coniuge di un lavoratore frontaliero) (punti 44 e 46 e giurisprudenza ivi citata).

    ( 100 ) V., altresì, in quanto specifica espressione del principio generale di non discriminazione, articolo 5, lettera b), di tale regolamento, che sancisce il principio dell’assimilazione dei fatti, come ricordato dalla Corte nella sentenza del 12 marzo 2020, Caisse d’assurance retraite et de la santé au travail d’Alsace-Moselle (C‑769/18, EU:C:2020:203, punto 44).

    ( 101 ) V., per analogia, sentenza del 22 giugno 2011, Landtová (C‑399/09, EU:C:2011:415, punti 4244 e giurisprudenza ivi citata), relativa all’articolo 3, paragrafo 1, del regolamento n. 1408/71, che concretizza il principio enunciato all’articolo 39 CE, divenuto l’articolo 45 TFUE, il quale era sostanzialmente redatto nei medesimi termini dell’articolo 4 del regolamento n. 883/2004. Tuttavia, l’ambito di applicazione ratione personae di questo secondo regolamento si distingue dal primo in quanto non è limitato ai lavoratori e ai loro familiari. A tal riguardo, molto recentemente, nella sentenza del 15 luglio 2021, A (Assistenza sanitaria pubblica) (C‑535/19, EU:C:2021:595, punto 40), la Corte ha rilevato che il principio di non discriminazione in base alla nazionalità, enunciato all’articolo 18, primo comma, TFUE, è precisato all’articolo 4 del regolamento n. 883/2004 con riguardo ai cittadini dell’Unione che si avvalgono delle prestazioni di cui all’articolo 3, paragrafo 1, del medesimo regolamento. Essa ha parimenti ricordato la sua costante giurisprudenza secondo la quale l’articolo 18, primo comma, TFUE è destinato a trovare applicazione in maniera autonoma soltanto in situazioni disciplinate dal diritto dell’Unione per le quali il Trattato FUE non prevede norme specifiche che vietano discriminazioni. Così non è, infatti, nel settore della libera circolazione dei lavoratori. V., a tal riguardo, segnatamente, sentenza del 25 novembre 2021, Finanzamt Österreich (Assegni familiari per cooperante) (C‑372/20, EU:C:2021:962, punto 68).

    ( 102 ) V. sentenza Caisse pour l’avenir des enfants (Figlio del coniuge di un lavoratore frontaliero) (punto 54 e giurisprudenza ivi citata).

    ( 103 ) V. sentenza Caisse pour l’avenir des enfants (Figlio del coniuge di un lavoratore frontaliero) (punti 24 e 70, nonché giurisprudenza ivi citata).

    ( 104 ) V. sentenza Caisse pour l’avenir des enfants (Figlio del coniuge di un lavoratore frontaliero) (punto 70 e giurisprudenza ivi citata).

    ( 105 ) V., per analogia, sentenza del 15 luglio 2021, A (Assistenza sanitaria pubblica) (C‑535/19, EU:C:2021:595, punto 61).

    ( 106 ) V. sentenza Caisse pour l’avenir des enfants (Figlio del coniuge di un lavoratore frontaliero) (punto 44 e giurisprudenza ivi citata).

    ( 107 ) GU 1968, L 257, pag. 2. Il regolamento n. 1612/68 è stato abrogato dal regolamento n. 492/2011. La Corte si è segnatamente riferita alla sentenza del 5 maggio 2011, Commissione/Germania (C‑206/10, EU:C:2011:283, punto 39). V., altresì, punti 36 e 37 di tale sentenza.

    ( 108 ) V., per analogia, sentenza dell’11 settembre 2007, Hendrix (C‑287/05, EU:C:2007:494, punti 5152). V., altresì, sentenza Caisse pour l’avenir des enfants (Figlio del coniuge di un lavoratore frontaliero) (punti 65 e da 69 a 71).

    ( 109 ) V. sentenze del 18 gennaio 2007, Celozzi (C‑332/05, EU:C:2007:35, punto 24), nonché del 5 dicembre 2019, Bocero Torrico e Bode (C‑398/18 e C‑428/18, EU:C:2019:1050, punto 41).

    ( 110 ) V. sentenze del 20 giugno 2013, Giersch e a. (C‑20/12, EU:C:2013:411, punto 44), e Caisse pour l’avenir des enfants (Figlio del coniuge di un lavoratore frontaliero) (punto 56).

    ( 111 ) V. nota 9 delle presenti conclusioni.

    ( 112 ) V. punto 15.1, illustrazione 6, pag. 45, della relazione della Corte dei conti.

    ( 113 ) V. documento repertoriato al n. 190 degli allegati dei processi verbali stenografati delle sedute del Consiglio nazionale relativi alla XXVI° legislatura, pag. 2 (v. nota 84 delle presenti conclusioni).

    ( 114 ) V. punto 15.1, illustrazione 5, pag. 44, e punto 15.2, pag. 45, della relazione della Corte dei conti. A tal riguardo, nella nota 34 di tale relazione si precisa che, il 1o maggio 2004, la Repubblica ceca, la Repubblica di Estonia, la Repubblica di Cipro, la Repubblica di Lettonia, la Repubblica di Lituania, l’Ungheria, la Repubblica di Malta, la Repubblica di Polonia, la Repubblica di Slovenia e la Repubblica slovacca hanno aderito all’Unione, seguite dalla Repubblica di Bulgaria e dalla Romania il 1o gennaio 2007. Nel settore della libera circolazione dei lavoratori, la Repubblica d’Austria ha usufruito di periodi transitori di sette anni, ragion per cui il mercato del lavoro austriaco è stato aperto nel 2011 agli Stati che hanno aderito nel 2004 e nel 2014 agli Stati che hanno aderito nel 2007. La Repubblica di Croazia è entrata nell’Unione il 1o luglio 2013 e un’apertura al mercato del lavoro austriaco ha avuto luogo nel 2020.

    ( 115 ) V. sentenza Caisse pour l’avenir des enfants (Figlio del coniuge di un lavoratore frontaliero) (punto 56).

    ( 116 ) V. sentenza del 22 giugno 2011, Landtová (C‑399/09, EU:C:2011:415, punti da 46 a 48).

    ( 117 ) V. paragrafi 66 e 67 delle presenti conclusioni, nonché, per analogia, sentenza del 7 novembre 2002, Maaheimo (C‑333/00, EU:C:2002:641, punto 34).

    ( 118 ) V., a tal riguardo, paragrafo 127 delle presenti conclusioni.

    ( 119 ) V., segnatamente, sentenze del 14 dicembre 2016, Bragança Linares Verruga e a. (C‑238/15, EU:C:2016:949, punto 44), e Caisse pour l’avenir des enfants (Figlio del coniuge di un lavoratore frontaliero) (punto 58 e giurisprudenza ivi citata).

    ( 120 ) Va osservato che la Repubblica d’Austria contesta l’obiettivo che, secondo la Commissione, essa avrebbe perseguito di realizzare economie di bilancio. Dalla documentazione prodotta da quest’ultima, risulta infatti una valutazione della riduzione delle spese senza che per questo sia confermata una siffatta intenzione.

    ( 121 ) V. paragrafi da 77 a 79 delle presenti conclusioni.

    ( 122 ) La Commissione si riferisce, al punto 44 del suo ricorso, alla tabella di classificazione degli Stati federati austriaci nel 2019, disponibile all’indirizzo Internet seguente: https://cdn2.hubspot.net/hubfs/2405078/cms-pdfs/fileadmin/user_upload/dyna_content/de/documents/news/20190508_news_kaufkraft_dach_dfin.pdf, pag. 3.

    ( 123 ) La Commissione spiega, ad esempio, che il potere d’acquisto corrisponde al 104,7% della media austriaca nella Bassa Austria, contro solo il 97,6% in Carinzia. Pertanto, in applicazione della normativa austriaca relativa ai vantaggi sociali e fiscali in Austria, un lavoratore ha diritto, per un figlio residente, ad esempio, nel comune di Arnoldstein in Carinzia, a un contributo per le spese di mantenimento del figlio pari al 100% degli importi forfettari che supera del 7,1% quello di un lavoratore il cui figlio risiede in Bassa Austria.

    ( 124 ) Sulla scia dell’esempio precedente, la Commissione illustra gli effetti del meccanismo di adeguamento austriaco precisando che le persone che lavorano in Austria, ma i cui figli risiedano ad Arnoldstein in Carinzia, a Tarvisio (Italia) o a Kranjska Gora (Slovenia), percepiscono ciascuna tre diversi importi forfettari, ossia, rispettivamente, il 100%, il 94,8% e il 79% dell’ammontare della prestazione. Orbene, l’importo forfettario è superiore al costo medio della vita in Austria e va considerato che in questi tre comuni limitrofi, benché situati in tre diversi Stati membri, il costo della vita per le necessità quotidiane è sotto il profilo oggettivo perfettamente comparabile proprio in ragione della libertà di circolazione dei beni e dei servizi garantita dall’Unione.

    ( 125 ) Ad esempio, secondo la Repubblica slovacca, il costo della vita varia tra l’est del paese e la regione della città di Bratislava, in cui è anche molto più elevato che nella regione della città di Vienna.

    ( 126 ) La Repubblica d’Austria precisa che il potere d’acquisto in Bulgaria era pari, nel 2019, al 52% del potere d’acquisto medio dei 27 Stati membri dell’Unione, mentre il potere d’acquisto in Austria corrispondeva al 113% di quest’ultimo (v. nota 79 delle presenti conclusioni). V., altresì, paragrafo 53 delle presenti conclusioni.

    ( 127 ) V. punto 18.2, pag. 51, della relazione della Corte dei conti.

    ( 128 ) V. punto 23.2, pagg. 60 e 61, punto 23.4, pag. 62, nonché punto 25, pagg. da 62 a 65, della relazione della Corte dei conti.

    ( 129 ) V. punto 15.1, tabella 8, della relazione della Corte dei conti.

    ( 130 ) V. paragrafo 97 delle presenti conclusioni.

    ( 131 ) V. articolo 28, paragrafo 2, dell’accordo SEE, che vieta qualsiasi discriminazione fondata sulla cittadinanza tra i lavoratori degli Stati membri per quanto riguarda l’impiego, la retribuzione e le altre condizioni di lavoro, come l’articolo 45, paragrafo 2, TFUE.

    ( 132 ) V. considerando 17 del regolamento n. 883/2004.

    ( 133 ) V. sentenza del 14 dicembre 2016, Bragança Linares Verruga e a. (C‑238/15, EU:C:2016:949, punti 4950).

    ( 134 ) L’Autorità di vigilanza EFTA ha così sintetizzato il principio: «Per quanto concerne l’attuazione della libera circolazione dei lavoratori, il mercato interno del SEE richiede prestazioni uguali a parità di lavoro».

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