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Document 62019CJ0725

Sentenza della Corte (Grande Sezione) del 17 maggio 2022.
IO contro Impuls Leasing România IFN SA.
Domanda di pronuncia pregiudiziale proposta dalla Judecătoria Sector 2 Bucureşti.
Rinvio pregiudiziale – Direttiva 93/13/CEE – Clausole abusive nei contratti stipulati con i consumatori – Principio di equivalenza – Principio di effettività – Procedimento di esecuzione forzata di un contratto di leasing avente la caratteristica di titolo esecutivo – Opposizione all’esecuzione – Normativa nazionale che non consente al giudice investito di tale opposizione di verificare il carattere abusivo delle clausole di un titolo esecutivo – Potere del giudice dell’esecuzione di esaminare d’ufficio l’eventuale carattere abusivo di una clausola – Sussistenza di un ricorso di diritto comune che consente il controllo del carattere abusivo di dette clausole – Necessità di una cauzione per sospendere il procedimento di esecuzione.
Causa C-725/19.

ECLI identifier: ECLI:EU:C:2022:396

 SENTENZA DELLA CORTE (Grande Sezione)

17 maggio 2022 ( *1 )

«Rinvio pregiudiziale – Direttiva 93/13/CEE – Clausole abusive nei contratti stipulati con i consumatori – Principio di equivalenza – Principio di effettività – Procedimento di esecuzione forzata di un contratto di leasing avente la caratteristica di titolo esecutivo – Opposizione all’esecuzione – Normativa nazionale che non consente al giudice investito di tale opposizione di verificare il carattere abusivo delle clausole di un titolo esecutivo – Potere del giudice dell’esecuzione di esaminare d’ufficio l’eventuale carattere abusivo di una clausola – Sussistenza di un ricorso di diritto comune che consente il controllo del carattere abusivo di dette clausole – Necessità di una cauzione per sospendere il procedimento di esecuzione»

Nella causa C‑725/19,

avente ad oggetto la domanda di pronuncia pregiudiziale proposta alla Corte, ai sensi dell’articolo 267 TFUE, dalla Judecătoria Sectorului 2 Bucureşti (Tribunale di primo grado del settore 2 di Bucarest, Romania), con decisione del 18 settembre 2019, pervenuta in cancelleria il 1o ottobre 2019, nel procedimento

IO

contro

Impuls Leasing România IFN SA,

LA CORTE (Grande Sezione),

composta da K. Lenaerts, presidente, A. Arabadjiev, K. Jürimäe, C. Lycourgos, E. Regan, S. Rodin (relatore) e I. Jarukaitis, presidenti di sezione, M. Ilešič, J.-C. Bonichot, M. Safjan, F. Biltgen, P.G. Xuereb, N. Piçarra, L.S. Rossi e A. Kumin, giudici,

avvocato generale: E. Tanchev

cancelliere: R. Şereş, amministratrice

vista la fase scritta del procedimento e in seguito all’udienza del 27 aprile 2021,

considerate le osservazioni presentate:

per l’Impuls Leasing România IFN SA, da N.M. Ionescu, avocată;

per il governo rumeno, da E. Gane, in qualità di agente;

per la Commissione europea, da N. Ruiz García, C. Gheorghiu e M. Carpus Carcea, in qualità di agenti,

sentite le conclusioni dell’avvocato generale, presentate all’udienza del 15 luglio 2021,

ha pronunciato la seguente

Sentenza

1

La domanda di pronuncia pregiudiziale verte sull’interpretazione della direttiva 93/13/CEE del Consiglio, del 5 aprile 1993, concernente le clausole abusive nei contratti stipulati con i consumatori (GU 1993, L 95, pag. 29).

2

Tale domanda è stata presentata nell’ambito di una controversia tra IO e la Impuls Leasing România IFN SA (in prosieguo: l’«ILR»), relativamente a un’opposizione all’esecuzione proposta dalla ricorrente nel procedimento principale avverso atti di esecuzione forzata riguardanti un contratto di leasing.

Contesto normativo

Diritto dell’Unione

3

Il ventiquattresimo considerando della direttiva 93/13 stabilisce che «le autorità giudiziarie e gli organi amministrativi degli Stati membri devono disporre dei mezzi adeguati ed efficaci per far cessare l’inserzione delle clausole abusive contenute nei contratti stipulati con i consumatori».

4

L’articolo 6, paragrafo 1, di tale direttiva prevede quanto segue:

«Gli Stati membri prevedono che le clausole abusive contenute in un contratto stipulato fra un consumatore ed un professionista non vincolano il consumatore, alle condizioni stabilite dalle loro legislazioni nazionali, e che il contratto resti vincolante per le parti secondo i medesimi termini, sempre che esso possa sussistere senza le clausole abusive».

5

Ai sensi dell’articolo 7, paragrafo 1, della direttiva in parola:

«Gli Stati membri, nell’interesse dei consumatori e dei concorrenti professionali, provvedono a fornire mezzi adeguati ed efficaci per far cessare l’inserzione di clausole abusive nei contratti stipulati tra un professionista e dei consumatori».

Diritto rumeno

6

Il codice di procedura civile è stato modificato dalla Legea nr. 310/2018 pentru modificarea și completarea Legii nr. 134/2010 privind Codul de procedură civilă, precum și pentru modificarea și completarea altor acte normative (legge n. 310/2018 che modifica e integra la legge n. 134/2010 sul codice di procedura civile, nonché altri atti normativi) (Monitorul Oficial al României, parte I, n. 1074), del 18 dicembre 2018, entrata in vigore il 21 dicembre 2018. Poiché la domanda di esecuzione forzata di cui trattasi nel procedimento principale è stata presentata il 26 marzo 2019 essa è disciplinata dalle disposizioni di tale codice, come modificato da detta legge (in prosieguo: il «codice di procedura civile modificato»).

7

L’articolo 24 del codice di procedura civile modificato prevede quanto segue:

«Le disposizioni della nuova legge di procedura si applicano solo ai processi e alle esecuzioni forzate iniziati dopo la sua entrata in vigore».

8

L’articolo 632, paragrafo 1, del codice di procedura civile modificato così dispone:

«L’esecuzione forzata può essere effettuata soltanto sulla base di un titolo esecutivo».

9

Ai sensi dell’articolo 638, paragrafo 1, punto 4, del codice di procedura civile modificato:

«Sono parimenti titoli esecutivi e possono essere oggetto di esecuzione forzata i titoli di debito o altri documenti ai quali la legge conferisce esecutività».

10

L’articolo 638, paragrafo 2, del codice di procedura civile modificato prevede quanto segue:

«La sospensione dell’esecuzione dei titoli di cui al paragrafo 1, punti 2 e 4, può anche essere chiesta nell’ambito di un ricorso nel merito avente ad oggetto il loro annullamento. Le disposizioni dell’articolo 719 sono applicabili per analogia».

11

L’articolo 713, paragrafo 2, del codice di procedura civile modificato così dispone:

«Nel caso in cui l’esecuzione forzata sia effettuata in base a un titolo esecutivo diverso da una decisione di un giudice, si possono invocare nell’opposizione all’esecuzione anche motivi di fatto o di diritto riguardanti il fondamento del diritto di cui al titolo esecutivo solamente se la legge non prevede relativamente a tale titolo esecutivo un rimedio processuale per l’annullamento del medesimo, ivi compresa un’azione di diritto comune».

12

Ai sensi dell’articolo 8 dell’Ordonanța Guvernului nr. 51/1997 privind operațiunile de leasing și societățile de leasing (decreto legislativo n. 51/1997 relativo alle operazioni di leasing e alle società di leasing):

«I contratti di leasing, nonché le garanzie reali e personali costituite al fine di garantire gli obblighi assunti con il contratto di leasing, costituiscono titoli esecutivi».

13

L’articolo 15 del decreto legislativo n. 51/1997 prevede quanto segue:

«Salvo disposizione contraria del contratto, nel caso in cui il locatario/utilizzatore non adempia il suo obbligo di pagamento integrale del canone di locazione per due mesi consecutivi, calcolati a decorrere dalla scadenza prevista nel contratto di leasing, il concedente/finanziatore ha il diritto di risolvere il contratto di leasing, e il locatario/utilizzatore è tenuto a restituire il bene e a pagare tutti gli importi dovuti, fino alla data di restituzione in base al contratto di leasing».

14

L’articolo 10, lettera d), del decreto legislativo n. 51/1997 così dispone:

«Il locatario/utilizzatore si impegna a pagare tutti gli importi dovuti conformemente al contratto di leasing – canoni, assicurazioni, imposte, tasse –, per l’importo e entro i termini previsti nel contratto».

15

La Legea nr. 193/2000 privind clauzele abuzive din contractele încheiate între profesioniști și consumatori (legge n. 193/2000 concernente le clausole abusive nei contratti stipulati tra professionisti e consumatori) ha trasposto nel diritto rumeno la direttiva 93/13.

16

Ai sensi dell’articolo 1 della legge n. 193/2000:

«1.   Qualsiasi contratto stipulato tra un professionista e un consumatore per la vendita di beni o la prestazione di servizi contiene clausole contrattuali chiare, non equivoche e che non richiedono conoscenze specifiche per essere comprese.

2.   In caso di dubbio sull’interpretazione di clausole contrattuali, queste ultime sono interpretate a favore del consumatore.

3.   I professionisti hanno il divieto di inserire clausole abusive nei contratti stipulati con i consumatori».

17

L’articolo 2 della legge n. 193/2000 prevede quanto segue:

«1.   Per “consumatore” si intende qualsiasi persona fisica o qualsiasi gruppo di persone fisiche costituite in associazione che, sulla base di un contratto rientrante nell’ambito di applicazione della presente legge, agisce per fini estranei alle sue attività commerciali, industriali o produttive, artigianali o autonome.

2.   Per “professionista” si intende qualsiasi persona fisica o giuridica autorizzata che, sulla base di un contratto rientrante nell’ambito di applicazione della presente legge, agisce ai fini delle sue attività commerciali, industriali o produttive, artigianali o autonome, nonché chiunque agisca a tali stessi fini in nome o per conto di questa prima persona».

18

L’articolo 4 della legge 193/2000 così dispone:

«1.   Una clausola contrattuale che non sia stata negoziata direttamente con il consumatore si considera abusiva se, considerata isolatamente o assieme ad altre disposizioni del contratto, determina, a danno del consumatore e in contrasto con il requisito della buona fede, un significativo squilibrio dei diritti e degli obblighi delle parti.

2.   Una clausola contrattuale è ritenuta non negoziata direttamente con il consumatore se è stata stabilita senza che il consumatore abbia avuto la possibilità d’incidere sulla sua natura, come nel caso dei contratti standard o delle condizioni generali di vendita utilizzate dai commercianti che operano sul mercato del prodotto o del servizio interessato.

3.   Il fatto che taluni elementi delle clausole contrattuali o che soltanto una delle clausole siano stati negoziati direttamente con il consumatore non esclude l’applicazione delle disposizioni della presente legge alla parte restante del contratto, qualora una valutazione globale del contratto porti alla conclusione che si tratta comunque di un contratto prestabilito unilateralmente dal professionista. Qualora un professionista affermi che una clausola standardizzata redatta in precedenza è stata negoziata direttamente con il consumatore, egli è tenuto a presentare prove in tal senso.

4.   L’allegato, che è parte integrante della presente legge, contiene, a titolo di esempio, un elenco di clausole considerate abusive.

5.   Fatte salve le disposizioni della presente legge, il carattere abusivo di una clausola contrattuale è valutato in funzione:

a)

della natura dei prodotti o servizi oggetto del contratto al momento della sua conclusione;

b)

di tutti i fattori che hanno portato alla conclusione del contratto;

c)

di altre clausole del contratto o di altri contratti da cui esso dipende.

6.   La valutazione del carattere abusivo delle clausole non verte né sulla definizione dell’oggetto principale del contratto o sull’idoneità a soddisfare le esigenze di prezzo e di pagamento, da un lato, né sui prodotti e servizi offerti in cambio, dall’altro, purché tali clausole siano formulate in un linguaggio facilmente comprensibile».

19

Ai sensi dell’articolo 6 della legge n. 193/2000:

«Le clausole abusive inserite nel contratto e accertate personalmente o tramite gli organi autorizzati per legge non producono effetti nei confronti del consumatore, e il contratto continua a produrre effetti, con il consenso del consumatore, soltanto se ciò sia ancora possibile una volta eliminate dette clausole».

20

L’allegato alla legge n. 193/2000, al suo paragrafo 1, lettera i), così dispone:

«Sono considerate clausole abusive le disposizioni contrattuali che obbligano il consumatore che non adempie ai propri obblighi contrattuali a versare un indennizzo per un importo sproporzionatamente elevato rispetto al pregiudizio subito dal professionista».

Procedimento principale e questione pregiudiziale

21

Il 20 agosto 2008 IO ha stipulato un contratto di leasing con l’ILR, per un periodo di 48 mesi, riguardante un autoveicolo di un valore al netto dell’imposta sul valore aggiunto (IVA) di EUR 7810,94. Dalle clausole di tale contratto emerge che il valore finanziato era di EUR 6248,75, che il tasso di interesse era stato fissato all’8,25%, che l’imposta sulla concessione del credito, fissata al 4%, equivaleva a EUR 312,44 e che le spese di commissione di gestione ammontavano a EUR 5 mensili. Tale contratto prevedeva che, in caso di inadempimento degli obblighi contrattuali, il concedente il leasing poteva vuoi chiedere l’esecuzione forzata degli obblighi che il contratto poneva a carico dell’utilizzatore del leasing, con risarcimento danni, o adottare, cumulativamente o alternativamente, ogni misura che ritenesse necessaria, vuoi risolvere il contratto, senza previa messa in mora o formalità complementare necessaria, senza intervento giudiziario o arbitrale, con risarcimento danni.

22

Il 7 dicembre 2009 poiché IO non era più stato in grado di versare i canoni fissati, il contratto di leasing di cui trattasi è stato risolto. Il 19 marzo 2010 l’autoveicolo in questione, in forza del titolo esecutivo costituito da tale contratto, veniva restituito all’ILR e veniva poi venduto il 29 giugno 2010, per un importo pari a EUR 5294,12 IVA inclusa.

23

In seguito alla risoluzione, l’ILR ha avviato, il 15 ottobre 2010, un procedimento di esecuzione forzata per la somma di 12592,32 lei rumeni (RON) (EUR 2547 circa), al fine di ottenere il recupero dei crediti vantati in forza del titolo esecutivo, vale a dire fatture insolute relative a canoni, tasse di ingiunzione, penali, differenze di tasso di cambio, assicurazioni e spese di recupero.

24

Il 28 marzo 2013 l’ILR ha presentato una domanda di prosecuzione dell’esecuzione nei confronti di IO, per la somma di RON 70601,12 (EUR 14280 circa). Con sentenza civile del 13 novembre 2015 pronunciata dalla Judecătoria Sectorului 1 București (Tribunale di primo grado del settore 1 di Bucarest, Romania), è stata ottenuta una convalida del sequestro nei confronti di un terzo pignorato.

25

Il 16 novembre 2016 veniva posto fine, con atto dell’ufficiale giudiziario, all’esecuzione forzata, per il motivo che il patrimonio di IO non conteneva beni pignorabili.

26

Il 26 marzo 2019 l’ILR ha presentato una nuova domanda di esecuzione forzata nei confronti di IO, al fine di ottenere la liquidazione di un credito di importo pari a RON 137502,84 (EUR 27900 circa), che rappresenta l’importo delle fatture fiscali redatte e insolute, delle penalità di mora, del rimanente di capitale finanziato e non restituito, dei debiti risultanti dall’inadempimento degli obblighi contrattuali nonché delle spese di recupero.

27

Con ordinanza del 12 aprile 2019 la Judecătoria Sectorului 2 București (Tribunale di primo grado del settore 2 di Bucarest, Romania) ha approvato l’esecuzione forzata, fino all’importo richiesta, maggiorata delle spese di esecuzione, successivamente fissate, con atto dell’ufficiale giudiziario, nella somma di RON 8719,29 (EUR 1764 circa).

28

Il 24 maggio 2019 IO ha proposto opposizione all’esecuzione forzata. A sostegno della sua opposizione, essa ha fatto valere che il termine di prescrizione di tre anni, durante il quale l’ILR poteva chiedere e ottenere l’esecuzione forzata in virtù del titolo esecutivo consistente nel contratto di leasing, era iniziato a decorrere nel 2010, quando ha cessato di pagare i canoni relativi al leasing, ed era scaduto alla data in cui l’ILR ha depositato la seconda domanda di esecuzione forzata. Essa rammenta parimenti che, per un finanziamento iniziale di EUR 6248,75, che essa avrebbe pagato in gran parte nel periodo compreso tra il 2008 e il 2010, l’ILR ha avviato nel 2019 un secondo procedimento di esecuzione forzata per un importo di circa EUR 30000.

29

L’ILR obietta di essere titolare di un credito certo, liquido ed esigibile nei confronti di IO, composto dal rimanente del capitale finanziato alla data di risoluzione del contratto di leasing, dagli interessi, dalle penalità di mora, dall’importo dei premi assicurativi versati all’assicuratore, dalla commissione di recupero e dall’importo delle fatture insolute, credito dal quale sarebbe stato detratto l’importo del prezzo di vendita del veicolo che è stato oggetto del contratto di leasing.

30

Il giudice del rinvio indica che il contratto di leasing sulla base del quale è stato avviato il procedimento di esecuzione forzata contro IO contiene alcune clausole che potrebbero essere considerate abusive ai sensi della legge n. 193/2000, che ha recepito la direttiva 93/13 nel diritto rumeno. Esso spiega che, ai sensi dell’articolo 713, comma 2, del codice di procedura civile, prima che fosse modificato dalla legge n. 310/2018, era ammissibile che un giudice nazionale esaminasse il carattere abusivo delle clausole contrattuali nell’ambito di un’opposizione all’esecuzione se, per quanto riguardava i contratti di leasing, non esisteva un rimedio processuale specifico per il loro annullamento. Invece, in forza dell’articolo 713, comma 2, di tale codice, modificato e applicabile alla controversia di cui al procedimento principale, detto giudice potrebbe ormai esaminare il carattere abusivo di siffatte clausole contrattuali solo qualora non esistesse alcun rimedio processuale per l’annullamento di tali contratti, ivi compresa un’azione di diritto comune. Orbene, la legge n. 193/2000 offrirebbe ora ai consumatori la possibilità di intentare un’azione di diritto comune nell’ambito della quale un giudice nazionale potrebbe controllare il carattere eventualmente abusivo di clausole contrattuali.

31

Il giudice del rinvio osserva tuttavia che, conformemente al principio di effettività, i meccanismi nazionali di esecuzione forzata non devono rendere praticamente impossibile o eccessivamente difficile l’esercizio dei diritti conferiti ai consumatori dal diritto dell’Unione. Orbene, una tutela effettiva di tali diritti potrebbe essere garantita solo a condizione che il sistema processuale nazionale consenta un controllo d’ufficio della natura potenzialmente abusiva delle clausole contrattuali nell’ambito del procedimento di esecuzione forzata stesso. Sussisterebbe quindi un dubbio sulla conformità alla direttiva 93/13 dell’articolo 713, comma 2, del codice di procedura civile modificato, poiché i consumatori sono ormai obbligati a proporre un’azione di diritto comune senza poter esercitare i diritti loro conferiti da suddetta direttiva quando si oppongono all’esecuzione forzata.

32

È in tale contesto che la Judecătoria Sectorului 2 București (Tribunale di primo grado del settore 2 di Bucarest) ha deciso di sospendere il procedimento e di sottoporre alla Corte la seguente questione pregiudiziale:

«Se la direttiva 93/13/CEE debba essere interpretata, tenuto conto del principio di effettività, nel senso che essa osta a una legislazione nazionale, come la normativa rumena vigente relativa alle condizioni di ammissibilità dell’opposizione all’esecuzione – articolo 713, comma 2, del Codice di procedura civile [modificato] (…) –, la quale non conferisce, nell’ambito di un’opposizione all’esecuzione, la possibilità di esaminare, su richiesta del consumatore o da parte del giudice, d’ufficio, se le clausole di un contratto di leasing che costituisce titolo esecutivo abbiano carattere abusivo, per il motivo che esiste un’azione di diritto comune nell’ambito della quale i contratti conclusi tra un “consumatore” e un “professionista” (“vânzător sau furnizor”) potrebbero essere verificati sotto il profilo dell’esistenza di clausole abusive ai sensi di tale direttiva».

Sulla competenza della Corte

33

L’ILR eccepisce l’incompetenza della Corte a conoscere della presente domanda di pronuncia pregiudiziale in quanto tale domanda verterebbe sull’interpretazione del diritto nazionale.

34

A tale riguardo, occorre ricordare anzitutto che, in forza di una costante giurisprudenza, nell’ambito del procedimento di cui all’articolo 267 TFUE, basato sulla netta separazione delle funzioni tra i giudici nazionali e la Corte, il giudice nazionale è l’unico competente ad esaminare e valutare i fatti del procedimento principale nonché a interpretare e ad applicare il diritto nazionale (sentenza del 14 giugno 2012, Banco Español de Crédito, C‑618/10, EU:C:2012:349, punto 76 e giurisprudenza ivi citata). Nell’ambito di un siffatto procedimento, la competenza della Corte è quindi limitata all’esame delle sole disposizioni del diritto dell’Unione (sentenza dell’11 luglio 2018, Somoza Hermo e Ilunión Seguridad, C‑60/17, EU:C:2018:559, punto 44).

35

Ciò avviene nella presente causa.

36

Infatti, è sufficiente constatare che il giudice del rinvio chiede alla Corte l’interpretazione della direttiva 93/13 al fine di poter dirimere una controversia relativa a un contratto stipulato tra un professionista e un consumatore.

37

Ne consegue che la Corte è competente a statuire sulla presente domanda di pronuncia pregiudiziale.

Sulla questione pregiudiziale

38

Con la sua questione, il giudice del rinvio chiede se la direttiva 93/13 debba essere interpretata nel senso che essa osta a una normativa nazionale che non consente al giudice dell’esecuzione, investito di un’opposizione all’esecuzione di un contratto di leasing stipulato tra un consumatore e un professionista che costituisce titolo esecutivo, di valutare, d’ufficio o su domanda del consumatore, il carattere abusivo delle clausole di tale contratto per il motivo che esiste un ricorso di diritto comune nell’ambito del quale il carattere abusivo delle clausole di un siffatto contratto può essere controllato dal giudice adito con il ricorso in parola.

39

Secondo una giurisprudenza costante della Corte, il sistema di tutela istituito con la direttiva 93/13 si fonda sull’idea che il consumatore si trova in una posizione di inferiorità nei confronti del professionista per quanto riguarda sia il potere negoziale sia il livello di informazione (v., in particolare, sentenza del 26 gennaio 2017, Banco Primus,C‑421/14, EU:C:2017:60, punto 40 e giurisprudenza ivi citata).

40

Alla luce di una tale situazione di inferiorità, l’articolo 6, paragrafo 1, di detta direttiva prevede che le clausole abusive non vincolino i consumatori. Si tratta di una disposizione imperativa tesa a sostituire all’equilibrio formale fra i diritti e gli obblighi delle parti contraenti determinato dal contratto, un equilibrio reale, finalizzato a ristabilire l’uguaglianza tra tali parti (v., in particolare, sentenze del 21 dicembre 2016, Gutiérrez Naranjo e a., C‑154/15, C‑307/15 e C‑308/15, EU:C:2016:980, punti 5355, nonché del 26 gennaio 2017, Banco Primus, C‑421/14, EU:C:2017:60, punto 41).

41

In questo contesto, la Corte ha già reiteratamente rilevato che il giudice nazionale è tenuto a esaminare d’ufficio il carattere abusivo di una clausola contrattuale che ricade nell’ambito di applicazione della direttiva 93/13 e, in tal modo, a ovviare allo squilibrio che esiste tra il consumatore e il professionista, laddove disponga degli elementi di diritto e di fatto necessari a tal fine (sentenze del 14 marzo 2013, Aziz, C‑415/11, EU:C:2013:164, punto 46 e giurisprudenza ivi citata; del 21 dicembre 2016, Gutiérrez Naranjo e a., C‑154/15, C‑307/15 e C‑308/15, EU:C:2016:980, punto 58, nonché del 26 gennaio 2017, Banco Primus, C‑421/14, EU:C:2017:60, punto 43).

42

Inoltre, la direttiva 93/13 impone agli Stati membri, come risulta dal combinato disposto del suo articolo 7, paragrafo 1 e del suo ventiquattresimo considerando, di fornire mezzi adeguati ed efficaci per far cessare l’inserzione di clausole abusive nei contratti stipulati tra un professionista e i consumatori (sentenza del 26 giugno 2019, Addiko Bank, C‑407/18, EU:C:2019:537, punto 44 e giurisprudenza ivi citata).

43

Se è vero che la Corte ha pertanto già inquadrato, in più occasioni e tenendo conto dei requisiti di cui all’articolo 6, paragrafo 1, e dell’articolo 7, paragrafo 1, della direttiva 93/13, il modo in cui il giudice nazionale deve assicurare la tutela dei diritti che i consumatori traggono dalla direttiva in parola, ciò non toglie che, in linea di principio, il diritto dell’Unione non armonizza le procedure applicabili all’esame del carattere asseritamente abusivo di una clausola contrattuale, e che tali procedure rientrano dunque nell’ordinamento giuridico interno degli Stati membri, a condizione, tuttavia, che esse non siano meno favorevoli di quelle che disciplinano situazioni analoghe assoggettate al diritto interno (principio di equivalenza) e che non rendano in pratica impossibile o eccessivamente difficile l’esercizio dei diritti conferiti dal diritto dell’Unione (principio di effettività) (v., segnatamente, sentenza del 26 giugno 2019, Addiko Bank, C‑407/18, EU:C:2019:537, punti 4546, nonché giurisprudenza ivi citata).

44

Per quanto attiene al principio di equivalenza, si deve rilevare che la Corte non dispone di alcun elemento tale da far sorgere dubbi quanto alla conformità della normativa nazionale di cui al procedimento principale a tale principio.

45

Per quanto riguarda il principio di effettività, occorre rilevare che ogni situazione in cui sorge la questione se una norma di procedura nazionale renda impossibile o eccessivamente difficile l’applicazione del diritto dell’Unione deve essere esaminata tenendo conto del ruolo di detta norma nell’insieme del procedimento, del suo svolgimento e delle sue peculiarità, nonché, se del caso, dei principi che sono alla base del sistema giurisdizionale nazionale, quali la tutela dei diritti della difesa, il principio della certezza del diritto e il regolare svolgimento del procedimento (sentenza del 22 aprile 2021, Profi Credit Slovakia, C‑485/19, EU:C:2021:313, punto 53). Tuttavia, le caratteristiche specifiche dei procedimenti non possono costituire un elemento atto a pregiudicare la tutela giuridica di cui devono godere i consumatori in forza delle disposizioni della direttiva 93/13 (sentenza del 21 aprile 2016, Radlinger e Radlingerová, C‑377/14, EU:C:2016:283, punto 50 e giurisprudenza ivi citata).

46

Inoltre, la Corte ha precisato che l’obbligo per gli Stati membri di garantire l’effettività dei diritti spettanti ai singoli in forza del diritto dell’Unione implica, segnatamente per i diritti derivanti dalla direttiva 93/13, un’esigenza di tutela giurisdizionale effettiva, riaffermata all’articolo 7, paragrafo 1, di tale direttiva e sancita altresì all’articolo 47 della Carta dei diritti fondamentali dell’Unione europea, che si applica, tra l’altro, alla definizione delle modalità procedurali relative alle azioni giudiziarie fondate su tali diritti (v., in tal senso, sentenza del 10 giugno 2021, BNP Paribas Personal Finance SA, da C‑776/19 a C‑782/19, EU:C:2021:470, punto 29 e giurisprudenza ivi citata).

47

A tal proposito la Corte ha dichiarato che, in assenza di un controllo efficace del carattere potenzialmente abusivo delle clausole del contratto di cui trattasi, il rispetto dei diritti conferiti dalla direttiva 93/13 non può essere garantito (sentenza del 4 giugno 2020, Kancelaria Medius, C‑495/19, EU:C:2020:431, punto 35 e giurisprudenza ivi citata).

48

Ne consegue che le condizioni stabilite dalle legislazioni nazionali, alle quali si riferisce l’articolo 6, paragrafo 1, della direttiva 93/13, non possono pregiudicare la sostanza del diritto spettante ai consumatori in forza di tale disposizione di non essere vincolati da una clausola reputata abusiva (sentenze del 21 dicembre 2016, Gutiérrez Naranjo e a., C‑154/15, C‑307/15 e C‑308/15, EU:C:2016:980, punto 71, nonché del 26 gennaio 2017, Banco Primus, C‑421/14, EU:C:2017:60, punto 51).

49

La Corte ha infatti già rammentato che una tutela effettiva dei diritti attribuiti al consumatore da tale direttiva può essere garantita solo a condizione che il sistema processuale nazionale consenta, nell’ambito del procedimento d’ingiunzione di pagamento o di quello di esecuzione dell’ingiunzione di pagamento, un controllo d’ufficio del potenziale carattere abusivo delle clausole inserite nel contratto di cui trattasi (v., in particolare, sentenze del 18 febbraio 2016, Finanmadrid EFC, C‑49/14, EU:C:2016:98, punto 46, e del 13 settembre 2018, Profi Credit Polska, C‑176/17, EU:C:2018:711, punto 44).

50

A tal riguardo, la Corte ha ritenuto che, nel caso in cui non sia previsto nella fase di esecuzione dell’ingiunzione di pagamento alcun controllo d’ufficio, da parte di un giudice, del carattere eventualmente abusivo delle clausole contenute nel contratto in questione, una normativa nazionale deve essere considerata idonea a compromettere l’effettività della tutela voluta dalla direttiva 93/13 qualora essa non preveda un tale controllo nella fase di emissione dell’ingiunzione di pagamento o, qualora un siffatto controllo sia previsto solo nella fase dell’opposizione proposta contro l’ingiunzione di pagamento, se sussiste un rischio non trascurabile che il consumatore interessato non proponga l’opposizione richiesta a causa del termine particolarmente breve previsto a tal fine o in considerazione delle spese che un’azione giudiziaria implicherebbe rispetto all’importo del debito contestato o, ancora, perché la normativa nazionale non prevede l’obbligo che gli siano trasmesse tutte le informazioni necessarie per consentirgli di determinare la portata dei suoi diritti (sentenza del 20 settembre 2018, EOS KSI Slovensko, C‑448/17, EU:C:2018:745, punto 46 e giurisprudenza ivi citata).

51

La Corte ha altresì dichiarato che tale direttiva deve essere interpretata nel senso che essa osta a una normativa nazionale che non consente al giudice dell’esecuzione, nell’ambito di un procedimento di esecuzione ipotecaria, né di valutare, d’ufficio o su domanda del consumatore, il carattere abusivo di una clausola contenuta nel contratto dal quale discende il debito fatto valere e che fonda il titolo esecutivo né di adottare provvedimenti provvisori, tra i quali, segnatamente, la sospensione dell’esecuzione, allorché la concessione di tali provvedimenti sia necessaria a garantire la piena efficacia della decisione finale del giudice investito del relativo procedimento di merito, competente a esaminare il carattere abusivo di tale clausola (ordinanza del 14 novembre 2013, Banco Popular Español e Banco de Valencia, C‑537/12 e C‑116/13, EU:C:2013:759, punto 60, nonché sentenza del 17 luglio 2014, Sánchez Morcillo e Abril García, C‑169/14, EU:C:2014:2099, punto 28).

52

Nella causa di cui al procedimento principale, dal fascicolo di cui dispone la Corte emerge che il giudice del rinvio, con ordinanza del 12 aprile 2019, ha approvato l’esecuzione forzata del contratto di cui trattasi. Inoltre, il carattere eventualmente abusivo delle clausole di tale contratto non sembra essere stato oggetto di un controllo giurisdizionale precedente.

53

Orbene, dalla decisione di rinvio emerge che l’articolo 713, comma 2, del codice di procedura civile modificato non consente più al giudice dell’esecuzione di controllare, nell’ambito di un’opposizione all’esecuzione, vuoi d’ufficio, vuoi su richiesta del consumatore, il carattere abusivo delle clausole di un contratto di leasing che costituisce titolo esecutivo, a motivo del fatto che tale controllo può essere effettuato dal giudice di merito nell’ambito di un ricorso di diritto comune, che non è soggetto ad alcun termine, giacché detto giudice dispone del potere di sospendere il procedimento di esecuzione ai sensi della legge n. 193/2000.

54

A tal riguardo, occorre rammentare che, al punto 61 della sentenza del 26 giugno 2019, Addiko Bank (C‑407/18, EU:C:2019:537), la Corte ha considerato che il fatto che, in forza del diritto nazionale, il controllo del carattere eventualmente abusivo delle clausole contenute in un contratto di credito ipotecario, stipulato tra un professionista e un consumatore, possa essere effettuato non dal giudice investito della domanda di esecuzione forzata di un siffatto contratto, bensì unicamente, in un momento successivo e a titolo eventuale, dal giudice di merito investito dal consumatore di un’azione volta a far dichiarare la nullità di siffatte clausole abusive è manifestamente insufficiente a garantire la piena effettività della tutela dei consumatori voluta dalla direttiva 93/13.

55

Infatti, la Corte ha ritenuto che, nell’ipotesi in cui il procedimento di esecuzione forzata si concluda prima della pronuncia della decisione del giudice di merito che dichiara il carattere abusivo della clausola contrattuale all’origine di detta esecuzione forzata e, di conseguenza, la nullità di siffatto procedimento, la decisione in parola consentirebbe di fornire al consumatore di cui trattasi solo una protezione a posteriori sotto forma di risarcimento, che si rivelerebbe incompleta e insufficiente e non costituirebbe un mezzo adeguato né efficace per porre fine all’uso di tale medesima clausola, contrariamente a quanto previsto dall’articolo 7, paragrafo 1, della direttiva 93/13 (ordinanza del 6 novembre 2019, BNP Paribas Personal Finance SA Paris Sucursala Bucureşti e Secapital, C‑75/19, non pubblicata, EU:C:2019:950, punto 32 nonché giurisprudenza ivi citata).

56

Vero è che, a differenza delle circostanze di fatto e procedurali delle cause Banco Popular Español e Banco de Valencia nonché Sánchez Morcillo e Abril García, conclusesi, rispettivamente, con l’ordinanza del 14 novembre 2013 (C‑537/12 e C‑116/13, EU:C:2013:759) e con la sentenza del 17 luglio 2014 (C‑169/14, EU:C:2014:2099), nell’ambito delle quali il diritto nazionale non consentiva al giudice di adottare provvedimenti provvisori in attesa dell’esame nel merito delle clausole contrattuali, nella presente causa, il giudice di merito adito con un ricorso distinto da quello relativo al procedimento di esecuzione dispone della facoltà di sospendere detto procedimento.

57

Tuttavia, dalle osservazioni della Commissione, che non sono state contestate dal governo rumeno, emerge che, in occasione di tale distinto ricorso dinanzi al giudice di merito, il consumatore che chiede la sospensione del procedimento di esecuzione è tenuto a versare una cauzione calcolata sulla base del valore dell’oggetto del ricorso.

58

A tal riguardo, dalla giurisprudenza citata al punto 50 della presente sentenza emerge che le spese che un’azione giudiziaria implicherebbe rispetto all’importo del debito contestato non devono essere tali da scoraggiare il consumatore dall’adire il giudice ai fini dell’esame del carattere potenzialmente abusivo di clausole contrattuali (v., in tal senso, sentenze del 14 giugno 2012, Banco Español de Crédito,C‑618/10, EU:C:2012:349, punto 54; del 18 febbraio 2016, Finanmadrid EFC,C‑49/14, EU:C:2016:98, punti 5254, nonché del 20 settembre 2018, EOS KSI Slovensko, C‑448/17, EU:C:2018:745, punto 46).

59

Orbene, è verosimile che un debitore insolvente non disponga delle risorse finanziarie necessarie per costituire la garanzia richiesta (sentenza del 26 giugno 2019, Addiko Bank, C‑407/18, EU:C:2019:537, punto 60). Un’ipotesi siffatta ricorre a maggior ragione quando, come rilevato dall’avvocato generale al paragrafo 58 delle sue conclusioni, il valore dell’oggetto delle azioni proposte è notevolmente superiore, come sembra avvenire nella presente causa, al valore totale del contratto.

60

Da tutte le suesposte considerazioni risulta che l’articolo 6, paragrafo 1, e l’articolo 7, paragrafo 1, della direttiva 93/13 devono essere interpretati nel senso che essi ostano a una normativa nazionale che non consente al giudice dell’esecuzione, investito di un’opposizione all’esecuzione, di valutare, d’ufficio o su domanda del consumatore, il carattere abusivo delle clausole di un contratto stipulato tra un consumatore e un professionista che costituisce titolo esecutivo, dal momento che il giudice di merito, che può essere investito di un’azione distinta di diritto comune al fine di fare esaminare il carattere eventualmente abusivo delle clausole di un siffatto contratto, può sospendere il procedimento di esecuzione fino a che si pronunci sul merito solo dietro versamento di una cauzione di un’entità che è idonea a scoraggiare il consumatore dall’introdurre e dal mantenere un siffatto ricorso.

Sulle spese

61

Nei confronti delle parti nel procedimento principale la presente causa costituisce un incidente sollevato dinanzi al giudice nazionale, cui spetta quindi statuire sulle spese. Le spese sostenute da altri soggetti per presentare osservazioni alla Corte non possono dar luogo a rifusione.

 

Per questi motivi, la Corte (Grande Sezione) dichiara:

 

L’articolo 6, paragrafo 1, e l’articolo 7, paragrafo 1, della direttiva 93/13/CEE del Consiglio, del 5 aprile 1993, concernente le clausole abusive nei contratti stipulati con i consumatori, devono essere interpretati nel senso che essi ostano a una normativa nazionale che non consente al giudice dell’esecuzione di un credito, investito di un’opposizione a tale esecuzione, di valutare, d’ufficio o su domanda del consumatore, il carattere abusivo delle clausole di un contratto stipulato tra un consumatore e un professionista che costituisce titolo esecutivo, dal momento che il giudice di merito, che può essere investito di un’azione distinta di diritto comune al fine di fare esaminare il carattere eventualmente abusivo delle clausole di un siffatto contratto, può sospendere il procedimento di esecuzione fino a che si pronunci sul merito solo dietro versamento di una cauzione di un’entità che è idonea a scoraggiare il consumatore dall’introdurre e dal mantenere un siffatto ricorso.

 

Firme


( *1 ) Lingua processuale: il rumeno.

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