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Document 62019CJ0651

    Sentenza della Corte (Prima Sezione) del 9 settembre 2020.
    JP contro Commissaire général aux réfugiés et aux apatrides.
    Domanda di pronuncia pregiudiziale proposta dal Conseil d'État (Belgio).
    Rinvio pregiudiziale – Politica d’asilo – Procedure comuni per la concessione e la revoca della protezione internazionale – Direttiva 2013/32/UE – Articolo 46 – Carta dei diritti fondamentali dell’Unione europea – Articolo 47 – Diritto a un ricorso effettivo – Ricorso contro una decisione di rigetto di una domanda ulteriore di protezione internazionale in quanto irricevibile – Termine di ricorso – Modalità di notifica.
    Causa C-651/19.

    Court reports – general

    ECLI identifier: ECLI:EU:C:2020:681

     SENTENZA DELLA CORTE (Prima Sezione)

    9 settembre 2020 ( *1 )

    «Rinvio pregiudiziale – Politica d’asilo – Procedure comuni per la concessione e la revoca della protezione internazionale – Direttiva 2013/32/UE – Articolo 46 – Carta dei diritti fondamentali dell’Unione europea – Articolo 47 – Diritto a un ricorso effettivo – Ricorso contro una decisione di rigetto di una domanda ulteriore di protezione internazionale in quanto irricevibile – Termine di ricorso – Modalità di notifica»

    Nella causa C‑651/19,

    avente ad oggetto la domanda di pronuncia pregiudiziale proposta alla Corte, ai sensi dell’articolo 267 TFUE, dal Conseil d’État (Consiglio di Stato, Belgio), con decisione del 1o agosto 2019, pervenuta in cancelleria il 2 settembre 2019, nel procedimento

    JP

    contro

    Commissaire général aux réfugiés et aux apatrides,

    LA CORTE (Prima Sezione),

    composta da J.-C. Bonichot, presidente di sezione, R. Silva de Lapuerta (relatrice), vicepresidente della Corte, M. Safjan, L. Bay Larsen e N. Jääskinen, giudici,

    avvocato generale: P. Pikamäe

    cancelliere: A. Calot Escobar

    vista la fase scritta del procedimento,

    considerate le osservazioni presentate:

    per JP, da D. Andrien, avocat;

    per il governo belga, da C. Pochet, M. Van Regemorter e C. Van Lul, in qualità di agenti;

    per il governo francese, da D. Dubois e A.-L. Desjonquères, in qualità di agenti;

    per la Commissione europea, da M. Condou-Durande e A. Azema, in qualità di agenti,

    vista la decisione, adottata dopo aver sentito l’avvocato generale, di giudicare la causa senza conclusioni,

    ha pronunciato la seguente

    Sentenza

    1

    La domanda di pronuncia pregiudiziale verte sull’interpretazione dell’articolo 46 della direttiva 2013/32/UE del Parlamento europeo e del Consiglio, del 26 giugno 2013, recante procedure comuni ai fini del riconoscimento e della revoca dello status di protezione internazionale (GU 2013, L 180, pag. 60), nonché dell’articolo 47 della Carta dei diritti fondamentali dell’Unione europea (in prosieguo: la «Carta»).

    2

    Detta domanda è stata presentata nel contesto di una controversia tra JP e il Commissaire général aux réfugiés et aux apatrides (Commissariato generale per i rifugiati e gli apolidi, Belgio; in prosieguo: il «Commissariato generale»), con riguardo alla decisione di quest’ultimo che dichiara irricevibile la domanda ulteriore di protezione internazionale presentata da JP.

    Contesto normativo

    Diritto dell’Unione

    3

    I considerando 18, 20, 23, 25, 50 e 60 della direttiva 2013/32 così recitano:

    «(18)

    È nell’interesse sia degli Stati membri sia dei richiedenti protezione internazionale che sia presa una decisione quanto prima possibile in merito alle domande di protezione internazionale, fatto salvo lo svolgimento di un esame adeguato e completo.

    (…)

    (20)

    In circostanze ben definite per le quali una domanda potrebbe essere infondata (…), gli Stati membri dovrebbero poter accelerare la procedura di esame, introducendo in particolare termini più brevi, ma ragionevoli, in talune fasi procedurali, fatto salvo lo svolgimento di un esame adeguato e completo e un accesso effettivo del richiedente ai principi fondamentali e alle garanzie previsti dalla presente direttiva.

    (…)

    (23)

    È opportuno che nei procedimenti di ricorso i richiedenti possano usufruire, in presenza di determinate condizioni, dell’assistenza e rappresentanza legali gratuite fornite da persone competenti ai sensi del diritto nazionale, e che in tutte le fasi del procedimento abbiano il diritto di consultare, a proprie spese, avvocati o consulenti legali ammessi o autorizzati a tal fine dal diritto nazionale.

    (…)

    (25)

    Ai fini di una corretta individuazione delle persone bisognose di protezione in quanto rifugiati a norma dell’articolo 1 della [convenzione relativa allo status di rifugiato, firmata a Ginevra il 28 luglio 1951 [Recueil des traités des Nations unies, vol. 189, p. 150, no 2545 (1954)], completata e emendata dal protocollo relativo allo status di rifugiato, concluso a New York il 31 gennaio1967] ovvero persone ammissibili alla protezione sussidiaria, è opportuno che ciascun richiedente abbia un accesso effettivo alle procedure, l’opportunità di cooperare e comunicare correttamente con le autorità competenti per presentare gli elementi rilevanti della sua situazione, nonché disponga di sufficienti garanzie procedurali per far valere i propri diritti in ciascuna fase della procedura. Inoltre, è opportuno che la procedura di esame di una domanda di protezione internazionale contempli di norma per il richiedente almeno: il diritto di rimanere in attesa della decisione dell’autorità accertante; la possibilità di ricorrere a un interprete per esporre la propria situazione nei colloqui con le autorità; la possibilità di comunicare con un rappresentante dell’Alto Commissariato delle Nazioni Unite per i rifugiati (UNHCR) e con altre organizzazioni che prestano consulenza e assistenza ai richiedenti protezione internazionale; il diritto a un’appropriata notifica della decisione e della relativa motivazione in fatto e in diritto; la possibilità di consultare un avvocato o altro consulente legale; il diritto di essere informato circa la sua posizione giuridica nei momenti decisivi del procedimento, in una lingua che capisce o è ragionevole supporre possa capire; e, in caso di decisione negativa, il diritto a un ricorso effettivo dinanzi a un giudice.

    (…)

    (50)

    È un principio fondamentale del diritto dell’Unione che le decisioni relative a una domanda di protezione internazionale (…) siano soggette a un ricorso effettivo dinanzi a un giudice.

    (…)

    (60)

    La presente direttiva rispetta i diritti fondamentali e osserva i principi riconosciuti nella Carta. In particolare, la presente direttiva intende assicurare il pieno rispetto della dignità umana nonché promuovere l’applicazione degli articoli 1, 4, 18, 19, 21, 23, 24 e 47 della Carta e deve essere attuata di conseguenza».

    4

    L’articolo 11 della direttiva in parola recita quanto segue:

    «1.   Gli Stati membri provvedono affinché le decisioni sulle domande di protezione internazionale siano comunicate per iscritto.

    2.   Gli Stati membri dispongono inoltre che la decisione con cui viene respinta una domanda riguardante lo status di rifugiato e/o lo status di protezione sussidiaria sia corredata di motivazioni de jure e de facto e che il richiedente sia informato per iscritto dei mezzi per impugnare tale decisione negativa.

    (…)».

    5

    L’articolo 12, paragrafo 1, di detta direttiva così stabilisce:

    «In relazione alle procedure di cui al capo III, gli Stati membri provvedono affinché tutti i richiedenti asilo godano delle seguenti garanzie:

    (…)

    e)

    la decisione dell’autorità accertante relativa alla domanda è comunicata al richiedente con anticipo ragionevole. Se il richiedente è legalmente rappresentato da un avvocato o altro consulente legale, gli Stati membri possono scegliere di comunicare la decisione al suo avvocato o consulente anziché al richiedente asilo;

    f)

    il richiedente è informato dell’esito della decisione dell’autorità accertante in una lingua che capisce o che è ragionevole supporre possa capire, quando non è assistito o rappresentato da un avvocato o altro consulente legale. Il richiedente è contestualmente informato dei mezzi per impugnare una decisione negativa a norma dell’articolo 9, paragrafo 2».

    6

    Ai sensi dell’articolo 13, paragrafo 2, lettera c), della medesima direttiva, gli Stati membri possono prevedere che «i richiedenti siano tenuti a informare le autorità competenti del loro luogo di residenza o domicilio del momento e di qualsiasi cambiamento dello stesso, non appena possibile. Gli Stati membri possono prevedere che il richiedente sia tenuto ad accettare eventuali comunicazioni presso il luogo di residenza o domicilio più recente dallo stesso appositamente indicato».

    7

    L’articolo 20, paragrafo 1, della direttiva 2013/32 così prevede:

    «Gli Stati membri dispongono che, su richiesta, siano concesse assistenza e rappresentanza legali gratuite nelle procedure di impugnazione di cui al capo V (...)».

    8

    L’articolo 22 di detta direttiva riconosce il diritto dei richiedenti protezione internazionale all’assistenza e alla rappresentanza legali in ogni fase della procedura.

    9

    L’articolo 23 della stessa direttiva al paragrafo 1 prevede quanto segue:

    «Gli Stati membri provvedono affinché l’avvocato o altro consulente legale ammesso o autorizzato a norma del diritto nazionale, che assiste o rappresenta un richiedente a norma del diritto nazionale, abbia accesso alle informazioni contenute nella pratica del richiedente sulla cui base […] è o sarà presa una decisione».

    10

    A termini dell’articolo 33, paragrafo 2, della stessa direttiva:

    «Gli Stati membri possono giudicare una domanda di protezione internazionale inammissibile soltanto se:

    (…)

    d)

    la domanda è una domanda reiterata, qualora non siano emersi o non siano stati presentati dal richiedente elementi o risultanze nuovi ai fini dell’esame volto ad accertare se al richiedente possa essere attribuita la qualifica di beneficiario di protezione internazionale ai sensi della direttiva [2011/95/UE del Parlamento europeo e del Consiglio, del 13 dicembre 2011, recante norme sull’attribuzione, a cittadini di paesi terzi o apolidi, della qualifica di beneficiario di protezione internazionale, su uno status uniforme per i rifugiati o per le persone aventi titolo a beneficiare della protezione sussidiaria, nonché sul contenuto della protezione riconosciuta (GU 2011, L 337, pag. 9)]

    (…)».

    11

    L’articolo 40 della direttiva 2013/32, rubricato «Domande reiterate», così dispone:

    «1.   Se una persona che ha chiesto protezione internazionale in uno Stato membro rilascia ulteriori dichiarazioni o reitera la domanda nello stesso Stato membro, questi esamina le ulteriori dichiarazioni o gli elementi della domanda reiterata nell’ambito dell’esame della precedente domanda o dell’esame della decisione in fase di revisione o di ricorso, nella misura in cui le autorità competenti possano tenere conto e prendere in considerazione tutti gli elementi che sono alla base delle ulteriori dichiarazioni o della domanda reiterata in tale ambito.

    2.   Per decidere dell’ammissibilità di una domanda di protezione internazionale ai sensi dell’articolo 33, paragrafo 2, lettera d), una domanda di protezione internazionale reiterata è anzitutto sottoposta a esame preliminare per accertare se siano emersi o siano stati addotti dal richiedente elementi o risultanze nuovi rilevanti per l’esame dell’eventuale qualifica di beneficiario di protezione internazionale a norma della direttiva [2011/95].

    3.   Se l’esame preliminare di cui al paragrafo 2, permette di concludere che sono emersi o sono stati addotti dal richiedente elementi o risultanze nuovi che aumentano in modo significativo la probabilità che al richiedente possa essere attribuita la qualifica di beneficiario di protezione internazionale a norma della [direttiva 2011/95], la domanda è sottoposta a ulteriore esame a norma del capo II. Gli Stati membri possono prevedere che una domanda reiterata sia sottoposta a ulteriore esame anche per altre ragioni.

    4.   Gli Stati membri possono stabilire che la domanda sia sottoposta a ulteriore esame solo se il richiedente, senza alcuna colpa, non è riuscito a far valere, nel procedimento precedente, la situazione esposta nei paragrafi 2 e 3 del presente articolo, in particolare esercitando il suo diritto a un ricorso effettivo a norma dell’articolo 46.

    5.   Se una domanda reiterata non è sottoposta a ulteriore esame ai sensi del presente articolo, essa è considerata inammissibile ai sensi dell’articolo 33, paragrafo 2, lettera d).

    6.   La procedura di cui al presente articolo può essere applicata anche nel caso di:

    a)

    una persona a carico che presenti una domanda dopo aver acconsentito, a norma dell’articolo 7, paragrafo 2, a che il suo caso faccia parte di una domanda presentata a nome suo; e/o

    b)

    un minore non coniugato che presenti una domanda dopo che è stata presentata una domanda a suo nome ai sensi dell’articolo 7, paragrafo 5, lettera c).

    In questi casi l’esame preliminare di cui al paragrafo 2 consiste nell’esaminare se i fatti connessi alla situazione della persona a carico o del minore non coniugato giustifichino una domanda separata.

    7.   Se una persona nei cui confronti deve essere eseguita una decisione di trasferimento ai sensi del regolamento (UE) n. 604/2013 [del Parlamento europeo e del Consiglio, del 26 giugno 2013, che stabilisce i criteri e i meccanismi di determinazione dello Stato membro competente per l’esame di una domanda di protezione internazionale presentata in uno degli Stati membri da un cittadino di un paese terzo o da un apolide (GU 2013, L180, pag. 31)] rilascia ulteriori dichiarazioni o reitera la domanda nello Stato membro che provvede al trasferimento, le dichiarazioni o le domande reiterate sono esaminate dallo Stato membro competente ai sensi di detto regolamento, conformemente alla presente direttiva».

    12

    Ai sensi dell’articolo 46, paragrafi 1 e 4, di detta direttiva:

    «Gli Stati membri dispongono che il richiedente abbia diritto a un ricorso effettivo dinanzi a un giudice avverso i seguenti casi:

    a)

    la decisione sulla sua domanda di protezione internazionale, compresa la decisione:

    (…)

    ii)

    di considerare la domanda inammissibile a norma dell’articolo 33, paragrafo 2;

    (…)

    (…)

    4.   Gli Stati membri prevedono termini ragionevoli e le altre norme necessarie per l’esercizio, da parte del richiedente, del diritto ad un ricorso effettivo di cui al paragrafo 1. I termini prescritti non rendono impossibile o eccessivamente difficile tale accesso».

    Diritto belga

    13

    L’articolo 39/2, paragrafo 1, della legge in materia di ingresso nel territorio, soggiorno, insediamento e allontanamento degli stranieri, del 15 dicembre 1980 (Moniteur belge del 31 dicembre 1980, pag. 14584), nel testo applicabile ai fatti del procedimento principale (in prosieguo: la «legge del 15 dicembre 1980»), prevede quanto segue:

    «Il Consiglio [del contenzioso degli stranieri] statuisce, con sentenza, sui ricorsi proposti avverso le decisioni del [Commissariato generale].

    (...)».

    14

    A termini dell’articolo 39/57 della legge del 15 dicembre 1980:

    «§ 1. Le impugnazioni di cui all’articolo 39/2 sono presentate con ricorso, entro il termine di trenta giorni che decorre dalla notifica della decisione impugnata.

    Il ricorso è presentato entro il termine di dieci giorni che decorre dalla notifica della decisione impugnata:

    (…)

    3. qualora sia impugnata una decisione d’irricevibilità di cui all’articolo 57/6, paragrafo 3, comma 1. Il ricorso è tuttavia introdotto nei cinque giorni seguenti la notifica della decisione che si intende impugnare qualora si tratti di una decisione d’irricevibilità adottata in base all’articolo 57/6, paragrafo 3, comma 1, punto 5, e lo straniero si trovi, al momento della domanda, in un luogo determinato di cui agli articoli 74/8 e 74/9 oppure sia posto a disposizione del governo.

    (…)

    §2. I termini per il ricorso di cui al paragrafo 1 iniziano a decorrere:

    (…)

    2. qualora la notifica sia effettuata con lettera raccomandata o per posta ordinaria, il terzo giorno feriale che segue quello in cui la lettera è stata rimessa ai servizi postali, salvo prova contraria del destinatario;

    (…)

    Il giorno della scadenza è compreso nel termine. Tuttavia, quando tale giorno è un sabato, una domenica o un giorno festivo, il giorno della scadenza è posticipato al giorno feriale più vicino.

    (…)».

    15

    L’articolo 51/2 di tale legge enuncia quanto segue:

    «Lo straniero che introduce una domanda di protezione internazionale conformemente all’articolo 50 paragrafo 3, deve eleggere domicilio in Belgio.

    In assenza di elezione di domicilio, si ritiene che il richiedente abbia eletto domicilio presso il Commissariato generale per i rifugiati e gli apolidi.

    (…)

    Qualsiasi modifica del domicilio eletto dev’essere comunicata con lettera raccomandata al [Commissariato generale] nonché al [Ministro che ha l’accesso al territorio, il soggiorno, lo stabilimento e l’allontanamento degli stranieri tra le sue competenze].

    Salvo notifica in mani proprie, ogni notifica è validamente fatta presso il domicilio eletto, con lettera raccomandata o attraverso un corriere con ricevuta di ritorno. Quando lo straniero ha eletto domicilio presso il suo avvocato, la notifica può anche essere validamente inviata per fax o attraverso qualsiasi altro modo di notificare autorizzato da regio decreto.

    (…)».

    16

    L’articolo 57/6, paragrafo 3, di detta legge enuncia quanto segue:

    «Il [Commissariato generale] può dichiarare irricevibile una domanda di protezione internazionale se:

    (...)

    5. il richiedente introduce un’ulteriore domanda di protezione internazionale per la quale non appare, né è presentato dal richiedente nessun elemento o fatto nuovo ai sensi dell’articolo 57/6/2;

    (…)».

    17

    Ai sensi dell’articolo 57/6/2, paragrafo 1, della medesima legge, «[i]n seguito alla ricezione della domanda ulteriore trasmessa dal ministro o da un suo delegato in base all’articolo 51/8, il [Commissariato generale] esamina in via prioritaria se appaiono o sono presentati dal richiedente nuovi elementi o fatti, che aumentano in modo significativo la probabilità che egli possa pretendere il riconoscimento dello status di rifugiato ai sensi dell’articolo 48/3 o la protezione sussidiaria ai sensi dell’articolo 48/4. In assenza di tali elementi o fatti, il [Commissariato generale] dichiara la domanda irricevibile».

    Procedimento principale e questione pregiudiziale

    18

    A seguito del rigetto di una prima domanda di asilo, il ricorrente nel procedimento principale ha presentato una seconda domanda di protezione internazionale, dichiarata irricevibile con decisione del 18 maggio 2018 del Commissariato generale, adottata in base all’articolo 57/6/2 della legge del 15 dicembre 1980 (in prosieguo: la «decisione contestata»).

    19

    Dal momento che il ricorrente nel procedimento principale non aveva eletto domicilio in Belgio, in applicazione del diritto nazionale, la decisione contestata gli è stata notificata martedì 22 maggio 2018 con lettera raccomandata presso la sede del Commissariato generale per i rifugiati e gli apolidi.

    20

    Conformemente al diritto belga, il termine di dieci giorni impartito per l’introduzione di un ricorso contro detta decisione ha iniziato a decorrere il terzo giorno feriale successivo a quello in cui la lettera è stata rimessa al servizio postale, ossia venerdì 25 maggio 2018. Essendo il giorno della scadenza una domenica, esso è stato posposto a lunedì 4 giugno 2018.

    21

    Il ricorrente nel procedimento principale si è presentato il 30 maggio 2018 presso la sede del Commissariato generale e, in tale data, ha ricevuto la lettera raccomandata contenente la decisione contestata.

    22

    Il 7 giugno 2018, il ricorrente nel procedimento principale ha proposto un ricorso di annullamento avverso detta decisione presso il Conseil du contentieux des étrangers (Commissione belga per il contenzioso in materia di stranieri). Con sentenza del 9 ottobre 2018, detto giudice ha rigettato il ricorso in ragione del suo carattere tardivo.

    23

    Il 18 ottobre 2018, il ricorrente nel procedimento principale ha proposto ricorso per cassazione contro tale sentenza dinanzi al Conseil d’État (Consiglio di Stato, Belgio).

    24

    Alla luce di queste considerazioni, il Conseil d’État ha deciso di sospendere il procedimento e di sottoporre alla Corte la seguente questione pregiudiziale:

    «Se l’articolo 46 della direttiva 2013/32/UE del Parlamento europeo e del Consiglio del 26 giugno 2013, recante procedure comuni ai fini del riconoscimento e della revoca dello status di protezione internazionale (rifusione), secondo il quale il richiedente ha diritto a un ricorso effettivo avverso le decisioni “sulla sua domanda di protezione internazionale”, e l’articolo 47 della Carta dei diritti fondamentali dell’Unione europea debbano essere interpretati nel senso che ostano ad una norma processuale nazionale, quale l’articolo 39/57 della legge del 15 dicembre1980 sull’accesso al territorio, il soggiorno, lo stabilimento e l’allontanamento degli stranieri, letto in combinato disposto con gli articoli 51/2, 57/6, paragrafo 3, comma 1, 5, e 57/6/2, paragrafo 1, della stessa legge, che fissano in dieci giorni “di calendario” che decorrono dalla notifica della decisione amministrativa, il termine di ricorso contro una decisione di irricevibilità di una domanda ulteriore di protezione internazionale introdotta da un cittadino di un paese terzo, in particolare allorché la notifica è stata fatta presso il Commissariato generale per i rifugiati e gli apolidi dove il ricorrente è “ritenuto” per legge aver eletto domicilio».

    Sulla questione pregiudiziale

    25

    Con la sua questione il giudice del rinvio chiede, in sostanza, se l’articolo 46 della direttiva 2013/32, letto alla luce dell’articolo 47 della Carta, debba essere interpretato nel senso che osta a una normativa di uno Stato membro che assoggetta il ricorso contro una decisione di irricevibilità di una domanda ulteriore di protezione internazionale a un termine di decadenza di dieci giorni, inclusi i giorni festivi, a far data dalla notifica di una siffatta decisione, anche nell’ipotesi in cui, in mancanza di elezione di domicilio in tale Stato membro da parte del richiedente interessato, tale notifica sia effettuata presso la sede dell’autorità nazionale competente a esaminare tali domande.

    26

    L’articolo 46 della direttiva 2013/32 impone agli Stati membri di garantire il diritto a un ricorso effettivo dinanzi a un giudice avverso la decisione di rigetto di una domanda di protezione internazionale, anche contro le decisioni che dichiarano la domanda manifestamente irricevibile.

    27

    Le caratteristiche del ricorso previsto dall’articolo 46 della direttiva 2013/32 devono essere determinate in conformità con l’articolo 47 della Carta, a termini del quale ogni persona i cui diritti e le cui libertà garantiti dal diritto dell’Unione siano stati violati ha diritto a un ricorso effettivo dinanzi a un giudice nel rispetto delle condizioni previste nel medesimo articolo (sentenza del 18 ottobre 2018, E.G., C‑662/17, EU:C:2018:847, punto 47 e giurisprudenza ivi citata).

    Sulla notifica presso la sede dell’autorità competente

    28

    Occorre, in un primo momento, verificare se l’articolo 46 della direttiva 2013/32 osta a una normativa nazionale in forza della quale le decisioni che riguardano i richiedenti protezione internazionale che non abbiano eletto domicilio nello Stato membro interessato sono notificate presso la sede dell’autorità nazionale competente ad esaminare tali domande, ove una tale notifica fa decorrere il termine di ricorso avverso dette decisioni.

    29

    La notifica delle decisioni che vertono sulle domande di protezione internazionale ai richiedenti interessati è essenziale per garantire il loro diritto a un ricorso effettivo, in quanto essa consente a tali richiedenti di prendere conoscenza di dette decisioni e, eventualmente, se la decisione notificata è negativa, di contestarla in giudizio entro il termine di ricorso previsto dal diritto nazionale.

    30

    Se è pur vero che la direttiva 2013/32 menziona, al suo considerando 25, il fatto che ai richiedenti protezione internazionale dovrebbe essere riconosciuto il diritto a una notifica corretta delle decisioni relative alle loro domande, tale direttiva non prevede, tuttavia, le modalità concrete di notifica di dette decisioni.

    31

    Infatti, da una parte, al suo articolo 11, paragrafi 1 e 2, la direttiva 2013/32 si limita a indicare che gli Stati membri provvedono affinché le decisioni sulle domande di protezione internazionale nonché le possibilità di ricorso avverso una decisione negativa siano comunicate per iscritto ai richiedenti interessati. D’altra parte, tra le garanzie previste da questa direttiva a favore di tali richiedenti, essa si limita a menzionare, senza altra precisazione, rispettivamente ai punti e) e f) del suo articolo 12, in primo luogo, quella di essere avvertiti entro un termine ragionevole della decisione presa dall’autorità competente con riguardo alle loro domande, nonché, in secondo luogo, quella di essere informati del risultato della decisione presa dall’autorità competente in una lingua che essi comprendono e delle possibilità di ricorso avverso una decisione negativa, conformemente alle disposizioni di cui all’articolo 11, paragrafo 2, di detta direttiva.

    32

    Peraltro, occorre rilevare che l’articolo 13, paragrafo 2, lettera c), della direttiva 2013/32 consente agli Stati membri di imporre ai richiedenti protezione internazionale l’obbligo di indicare il loro luogo di residenza o domicilio ai fini delle comunicazioni relative alle loro domande. Tuttavia, nessuna disposizione di tale direttiva prevede le eventuali conseguenze che gli Stati membri che fanno uso di tale possibilità dovrebbero trarre dall’assenza di una siffatta indicazione ai fini di dette comunicazioni.

    33

    Infine, l’articolo 46, paragrafo 4, della direttiva 2013/32 lascia agli Stati membri l’onere di prevedere le regole necessarie perché i richiedenti protezione internazionale possano esercitare il loro diritto a un ricorso effettivo.

    34

    Orbene, occorre ricordare che, come risulta da giurisprudenza costante della Corte, in mancanza di norme dell’Unione in materia, spetta all’ordinamento giuridico interno di ciascuno Stato membro stabilire le modalità processuali dei ricorsi giurisdizionali intesi a garantire la salvaguardia dei diritti degli amministrati, in forza del principio di autonomia processuale, a condizione tuttavia che esse non siano meno favorevoli rispetto a quelle relative a situazioni analoghe assoggettate al diritto interno (principio di equivalenza) e che non rendano in pratica impossibile o eccessivamente difficile l’esercizio dei diritti conferiti dal diritto dell’Unione (principio di effettività) [sentenza del 19 marzo 2020, LH (Tompa), C‑564/18, EU:C:2020:218, punto 63 e giurisprudenza ivi citata].

    35

    Pertanto, le regole processuali sulla notifica delle decisioni relative alle domande di protezione internazionale ricadono nel principio dell’autonomia processuale degli Stati membri, nel rispetto dei principi di equivalenza e di effettività.

    36

    Per quanto riguarda, in primo luogo, il principio di equivalenza, risulta dalla giurisprudenza della Corte che il suo rispetto richiede un pari trattamento dei ricorsi basati su una violazione del diritto nazionale e di quelli, analoghi, basati su una violazione del diritto dell’Unione, [sentenza del 26 settembre 2018, Staatssecretaris van Veiligheid en justitie (effetto sospensivo dell’appello), C‑180/17, EU:C:2018:775, punto 37 e giurisprudenza ivi citata].

    37

    Occorre quindi, da un lato, identificare le procedure o i ricorsi comparabili e, dall’altro, determinare se essi siano trattati in modo più favorevole dei ricorsi aventi ad oggetto la tutela dei diritti conferiti ai singoli dal diritto dell’Unione [sentenza del 26 settembre 2018, Staatssecretaris van Veiligheid en justitie (effetto sospensivo dell’appello), C‑180/17, EU:C:2018:775, punto 38 e giurisprudenza ivi citata].

    38

    Per quanto riguarda la comparabilità dei ricorsi, spetta al giudice nazionale, che dispone di una conoscenza diretta delle modalità processuali applicabili, verificare le somiglianze tra i ricorsi di cui trattasi quanto a oggetto, causa ed elementi essenziali [sentenza del 26 settembre 2018, Staatssecretaris van Veiligheid en justitie (effetto sospensivo dell’appello), C‑180/17, EU:C:2018:775, punto 39 e giurisprudenza ivi citata].

    39

    Con riferimento al trattamento simile dei ricorsi, occorre ricordare che ciascun caso in cui si pone la questione se una norma processuale nazionale concernente i ricorsi fondati sul diritto dell’Unione sia meno favorevole di quelle relative ai ricorsi analoghi di natura interna deve essere esaminato dal giudice nazionale tenendo conto del ruolo delle norme interessate nell’insieme del procedimento, dello svolgimento del procedimento medesimo e delle peculiarità di dette norme dinanzi ai vari organi giurisdizionali nazionali [sentenza del 26 settembre 2018, Staatssecretaris van Veiligheid en justitie (effetto sospensivo dell’appello), C‑180/17, EU:C:2018:775, punto 40 e giurisprudenza ivi citata].

    40

    Nella specie, il ricorrente nel procedimento principale fa valere che la normativa nazionale oggetto del procedimento principale viola il principio di equivalenza in quanto, da una parte, dalla giurisprudenza del Conseil d’État non risulta, salvo in materia di asilo, che una notifica al domicilio che si reputa eletto, per effetto della legge nazionale, alla sede di un’autorità nazionale, consente di far decorrere un termine di decadenza, e che, d’altra parte, conformemente a tale giurisprudenza, trattandosi di un atto che non deve essere né pubblicato né notificato, è la sufficiente conoscenza di tale atto che fa decorrere il termine di ricorso.

    41

    Spetta al giudice del rinvio verificare, alla luce della giurisprudenza della Corte evocata ai punti da 36 a 39 della presente sentenza, se la normativa nazionale oggetto del procedimento principale rispetta il principio di equivalenza.

    42

    Quanto al rispetto, in secondo luogo, della condizione relativa al principio di equivalenza con riguardo ad una normativa nazionale come quella oggetto del procedimento principale, si deve ricordare che, secondo costante giurisprudenza della Corte, ciascun caso in cui sorga la questione se una norma processuale nazionale renda impossibile o eccessivamente difficile l’applicazione del diritto dell’Unione dev’essere esaminato tenendo conto del ruolo di detta norma nell’insieme del procedimento, dello svolgimento e delle peculiarità dello stesso, dinanzi ai vari organi giurisdizionali nazionali. Sotto tale profilo si devono considerare segnatamente, se necessario, la tutela dei diritti della difesa, il principio della certezza del diritto e il regolare svolgimento del procedimento (sentenza del 24 ottobre 2018, XC e a., C‑234/17, EU:C:2018:853, punto 49 e giurisprudenza ivi citata).

    43

    A tal riguardo, occorre rilevare che una regola processuale nazionale che prevede che, in assenza di elezione di domicilio da parte del richiedente protezione internazionale, la decisione adottata nei suoi confronti gli sarà notificata presso la sede dell’autorità nazionale competente a esaminare tali domande, ove tale notifica fa decorrere il termine impartito dal diritto nazionale per introdurre un ricorso avverso detta decisione, può, in linea di principio, essere giustificata da ragioni attinenti alla certezza del diritto e al corretto svolgimento della procedura di esame delle domande di protezione internazionale.

    44

    Infatti, in assenza di una siffatta regola, le decisioni concernenti i richiedenti che non abbiano eletto domicilio non potrebbero essere loro ufficialmente notificate e spiegare in tal modo i loro effetti. Peraltro, se la notifica effettuata presso la sede di detta autorità non facesse decorrere i termini di ricorso impartiti con riguardo alle decisioni relative a tali richiedenti, le decisioni stesse potrebbero essere contestate in giustizia senza limiti temporali, se non addirittura non divenire mai definitive, sicché alle autorità nazionali competenti non sarebbe possibile trarre le conseguenze necessarie dalle decisioni negative per quanto riguarda, segnatamente, il soggiorno dei richiedenti interessati.

    45

    Peraltro, come rilevato dal governo belga nelle sue osservazioni scritte, una normativa nazionale come quella oggetto del procedimento principale offre ai richiedenti che non sono in grado di indicare alle autorità competenti un indirizzo postale certo la possibilità di porre rimedio a tale inconveniente grave, dal momento che essi godono di un meccanismo legale che consente che le decisioni, le convocazioni e le altre domande di informazioni che li riguardano siano messe a loro disposizione in un luogo sicuro, che essi abbiano, in linea di principio, già frequentato. In questa prospettiva, una siffatta normativa facilita l’esercizio del diritto al ricorso effettivo di detti richiedenti e contribuisce al rispetto dei loro diritti della difesa.

    46

    Detta normativa, tuttavia, può produrre un tale effetto solo alla duplice condizione che, da una parte, il richiedente sia debitamente informato del fatto che, in assenza di comunicazione di un indirizzo nello Stato membro interessato, la corrispondenza che gli invierà l’amministrazione competente nel contesto dell’esame della sua domanda di protezione internazionale gli sarà inviata presso la sede del Commissariato generale per i rifugiati e gli apolidi e, d’altra parte, che le condizioni di accesso a tale sede non rendano la ricezione di tale corrispondenza eccessivamente difficile.

    47

    Risulta da quanto precede che l’articolo 46 della direttiva 2013/32 non osta a una normativa nazionale in forza della quale le decisioni riguardanti i richiedenti protezione internazionale che non abbiano eletto domicilio nello Stato membro interessato siano notificate presso la sede dell’autorità nazionale competente a esaminare tali domande, purché, in primo luogo, tali richiedenti siano informati del fatto che, in assenza di elezione di domicilio ai fini della notifica della decisione relativa alla loro domanda, si presumerà che abbiano eletto domicilio a tal fine presso la sede dell’autorità nazionale competente per l’esame di dette domande, in secondo luogo, che le condizioni di accesso di detti richiedenti a tale sede non rendano eccessivamente difficile la ricezione, da parte di questi ultimi, delle decisioni che li riguardano e, in terzo luogo, che il principio di equivalenza sia rispettato. Spetta al giudice del rinvio verificare se la normativa nazionale di cui al procedimento principale soddisfi i requisiti summenzionati.

    Sul termine di decadenza di dieci giorni inclusivo dei giorni festivi

    48

    Occorre, in un secondo momento, verificare se l’articolo 46 della direttiva 2013/32 osti a una normativa nazionale che impartisce un termine di decadenza di dieci giorni, inclusivo dei giorni festivi, per introdurre un ricorso avverso una decisione di irricevibilità di una domanda ulteriore di protezione internazionale.

    49

    L’articolo 46, paragrafo 4, della direttiva 2013/32 lascia agli Stati membri l’onere di prevedere termini ragionevoli affinché i richiedenti protezione internazionale possano esercitare il loro diritto a un ricorso effettivo, precisando che i termini previsti non devono rendere tale esercizio impossibile o eccessivamente difficile.

    50

    Come risulta dal punto 34 della presente sentenza, la fissazione dei termini di ricorso nel contesto della procedura di protezione internazionale ricade nel principio di autonomia processuale degli Stati membri, nel rispetto dei principi di equivalenza e di effettività.

    51

    Nella specie, per quanto riguarda, in primo luogo, il rispetto del principio di equivalenza, il ricorrente nel procedimento principale fa valere che la normativa nazionale che fissa in dieci giorni, inclusi i giorni festivi, il termine di ricorso avverso una decisione di irricevibilità di una domanda ulteriore di protezione internazionale viola tale principio ove, conformemente al diritto nazionale, da una parte, i ricorsi di annullamento avverso le decisioni amministrative individuali che non siano quelle adottate in applicazione delle leggi in materia di ingresso nel territorio, soggiorno, insediamento e allontanamento degli stranieri devono essere introdotti entro un termine di 60 giorni dalla pubblicazione, la notifica o la presa di conoscenza della decisione in parola e, dall’altra, le decisioni adottate in materia di accettazione dei richiedenti asilo sono impugnabili per ricorso dinanzi al giudice del lavoro entro un termine di tre mesi che decorre dalla loro notifica.

    52

    Spetta al giudice del rinvio verificare, alla luce della giurisprudenza della Corte evocata ai punti da 36 a 39 della presente sentenza, se la normativa nazionale oggetto del procedimento principale, ove prevede, da una parte, un termine di dieci giorni per proporre ricorso e, dall’altra, che tale termine includa i giorni festivi, rispetti il principio di equivalenza.

    53

    In secondo luogo, per quanto riguarda il principio di effettività, occorre ricordare che la Corte ha riconosciuto la compatibilità con il diritto dell’Unione della fissazione di termini ragionevoli di ricorso a pena di decadenza nell’interesse della certezza del diritto, ove tali termini non siano tali da rendere praticamente impossibile o eccessivamente difficile l’esercizio dei diritti conferiti dall’ordinamento giuridico dell’Unione. La Corte ha parimenti affermato che spetta agli Stati membri determinare, per le normative nazionali che rientrano nella sfera di applicazione del diritto dell’Unione, termini in funzione, segnatamente, della rilevanza che le decisioni da adottare rivestono per gli interessati, della complessità dei procedimenti e della legislazione da applicare, del numero di soggetti che possono essere coinvolti e degli altri interessi pubblici o privati che devono essere presi in considerazione (sentenza del 29 ottobre 2009, Pontin, C‑63/08, EU:C:2009:666, punto 48 e giurisprudenza ivi citata).

    54

    A tal riguardo, il fatto che il ricorso contro le decisioni di irricevibilità di una domanda ulteriore di protezione internazionale siano assoggettate a un termine più breve è conforme all’obiettivo di celerità nel trattamento delle domande di protezione internazionale, che risponde all’interesse sia degli Stati membri sia dei richiedenti una siffatta protezione, conformemente al considerando 18 della direttiva 2013/32.

    55

    Peraltro, ove assicura un trattamento più rapido delle domande di protezione internazionale irricevibili, il fatto di abbreviare detto termine di ricorso consente un trattamento più efficace delle domande presentate da persone idonee a beneficiare dello status di rifugiato (v., in tal senso, sentenza del 28 luglio 2011, Samba Diouf, C‑69/10, EU:C:2011:524, punto 65) e contribuisce, in tal modo, al corretto svolgimento della procedura di esame delle domande di protezione internazionale.

    56

    In tal senso, una normativa nazionale che prevede che il termine di ricorso avverso una decisione di irricevibilità di una domanda di protezione internazionale sia fissato in dieci giorni, compresi i giorni festivi, può, in linea di principio, essere giustificata in considerazione dell’obiettivo di celerità al quale tende la direttiva 2013/32, del principio di certezza del diritto e del corretto svolgimento della procedura di esame delle domande di protezione internazionale.

    57

    Tuttavia, come risulta dalla giurisprudenza della Corte, al fine di rispettare i requisiti del principio di effettività, detto termine deve essere materialmente sufficiente per la preparazione e la presentazione di un ricorso efficace (v., in tal senso, sentenza del 26 settembre 2013, Texdata Software, C‑418/11, EU:C:2013:588, punto 80 e giurisprudenza ivi citata).

    58

    A tal riguardo occorre, in primo luogo, rilevare, da una parte, che ogni domanda ulteriore di protezione internazionale è preceduta da una prima domanda che è stata definitivamente respinta, nel contesto della quale l’autorità competente ha effettuato un esame esaustivo al fine di determinare se il richiedente interessato soddisfaceva i requisiti per beneficiare di una protezione internazionale. D’altra parte, prima che la decisione di rigetto abbia acquisito carattere di definitività, tale richiedente avrà beneficiato di un diritto di ricorso avverso la decisione medesima.

    59

    In tale contesto, si deve osservare che, come risulta dall’articolo 40 della direttiva 2013/32, una domanda ulteriore di protezione internazionale è intesa alla presentazione, da parte del richiedente interessato, di elementi di fatto nuovi rispetto a quelli esaminati nel contesto della domanda precedente, che aumentano in termini significativi la probabilità che tale richiedente soddisfi le condizioni richieste per accedere allo status di beneficiario di una protezione internazionale. Quando l’esame preliminare al quale tale domanda è assoggettata rivela che siffatti elementi o fatti nuovi sono emersi o sono stati presentati dal richiedente, l’esame della domanda viene portato avanti, conformemente alle disposizioni del capo II di detta direttiva. Per contro, quando tale esame preliminare non rivela tali elementi o fatti, detta domanda è dichiarata irricevibile, conformemente all’articolo 33, paragrafo 2, punto d), della direttiva medesima.

    60

    Pertanto, il giudice adito di un ricorso avverso una decisione di irricevibilità di una domanda ulteriore di protezione internazionale deve limitarsi a verificare se, contrariamente a quel che l’autorità competente ha deciso, l’esame preliminare di tale domanda fa risultare elementi o fatti nuovi, nel senso indicato al punto precedente. Ne deriva che, nel suo ricorso dinanzi a tale giudice, il richiedente deve, in sostanza, limitarsi a stabilire che poteva fondatamente considerare che sussistessero elementi o fatti nuovi rispetto a quelli che erano stati esaminati nel contesto della sua domanda precedente.

    61

    Pertanto, il contenuto utile dell’atto nel contesto di un siffatto ricorso non è solo limitato agli elementi evocati al punto precedente, ma è anche strettamente connesso a quello della domanda ulteriore che ha dato luogo alla decisione di rigetto, sicché, contrariamente a quel che il ricorrente nel procedimento principale fa valere nelle sue osservazioni scritte, la redazione di un siffatto ricorso non presenta, a priori, una complessità particolare che impone un termine superiore a dieci giorni, inclusi i giorni festivi.

    62

    In secondo luogo, occorre ricordare che, nel contesto del ricorso giurisdizionale previsto dall’articolo 46 della direttiva 2013/32, un certo numero di diritti processuali specifici sono garantiti ai ricorrenti, tra cui, segnatamente, come risulta dagli articoli 20 e 22 della direttiva 2013/32, letti alla luce del suo considerando 23, la possibilità di un’assistenza giuridica e di una rappresentanza gratuite, nonché l’accesso a un avvocato. Peraltro, l’articolo 23 di detta direttiva garantisce all’avvocato del richiedente l’accesso alle informazioni contenute nella sua pratica sulla cui base è o sarà presa una decisione.

    63

    Conseguentemente, tale termine di ricorso può essere considerato materialmente sufficiente per la preparazione e presentazione di un ricorso efficace solo in quanto l’accesso del richiedente alle garanzie procedurali menzionate al punto precedente sia garantito entro siffatto termine, ciò che spetta al giudice del rinvio verificare.

    64

    A tal riguardo, e con riserva di dette verifiche, un termine di dieci giorni inclusivo dei giorni festivi non risulta materialmente insufficiente per la preparazione e presentazione di un ricorso efficace avverso una decisione di irricevibilità di una domanda ulteriore di protezione internazionale.

    65

    Una tale conclusione si impone a fortiori, nella specie, dal momento che, come risulta dal punto 14 della presente sentenza, la normativa nazionale oggetto del procedimento principale prevede che, da una parte, quando la notifica è effettuata per lettera raccomandata, tale termine è aumentato di tre giorni feriali e, dall’altra, che, quando il giorno della scadenza è un sabato, una domenica o un giorno festivo, il termine è posticipato al giorno feriale più vicino, ove tali regole sono state d’altronde applicate nella specie.

    66

    In tale contesto, l’articolo 46 della direttiva 2013/32 non osta a una normativa nazionale che impone un termine di decadenza di dieci giorni, inclusi i giorni festivi, per introdurre un ricorso contro una decisione di irricevibilità di una domanda ulteriore di protezione internazionale, purché l’accesso effettivo dei richiedenti interessati da una siffatta decisione alle garanzie processuali riconosciute ai richiedenti protezione internazionale dal diritto dell’Unione sia assicurata entro un tale termine, ciò che spetta al giudice del rinvio verificare.

    67

    Alla luce delle suesposte considerazioni, si deve rispondere alla questione posta affermando che l’articolo 46 della direttiva 2013/32, letto alla luce dell’articolo 47 della Carta, deve essere interpretato nel senso che non osta a una normativa di uno Stato membro che assoggetta il ricorso contro una decisione di irricevibilità di una domanda ulteriore di protezione internazionale a un termine di decadenza di dieci giorni, inclusi i giorni festivi, a far data dalla notifica di una siffatta decisione, anche nell’ipotesi in cui, in mancanza di elezione di domicilio in tale Stato membro da parte del richiedente interessato, tale notifica sia effettuata presso la sede dell’autorità nazionale competente a esaminare tali domande, purché, in primo luogo, i richiedenti siano informati del fatto che, in caso di mancata elezione di un domicilio ai fini della notifica della decisione relativa alla loro domanda, si presumerà che abbiano eletto domicilio a tal fine presso la sede di detta autorità nazionale, in secondo luogo, le condizioni di accesso di detti richiedenti a tale sede non rendano loro eccessivamente difficile ricevere le decisioni che li riguardano, in terzo luogo, sia loro assicurato entro il suddetto termine l’accesso effettivo alle garanzie processuali riconosciute dal diritto dell’Unione a coloro che richiedono protezione internazionale e, in quarto luogo, sia rispettato il principio di equivalenza. Spetta al giudice del rinvio verificare se la normativa nazionale di cui al procedimento principale soddisfi i requisiti summenzionati.

    Sulle spese

    68

    Nei confronti delle parti nel procedimento principale la presente causa costituisce un incidente sollevato dinanzi al giudice nazionale, cui spetta quindi statuire sulle spese. Le spese sostenute da altri soggetti per presentare osservazioni alla Corte non possono dar luogo a rifusione.

     

    Per questi motivi, la Corte (Prima Sezione) dichiara:

     

    L’articolo 46 della direttiva 2013/32/UE del Parlamento europeo e del Consiglio, del 26 giugno 2013, recante procedure comuni ai fini del riconoscimento e della revoca dello status di protezione internazionale, letto alla luce dell’articolo 47 della Carta dei diritti fondamentali dell’Unione europea, deve essere interpretato nel senso che non osta a una normativa di uno Stato membro che assoggetta il ricorso contro una decisione di irricevibilità di una domanda ulteriore di protezione internazionale a un termine di decadenza di dieci giorni, inclusi i giorni festivi, a far data dalla notifica di una siffatta decisione, anche nell’ipotesi in cui, in mancanza di elezione di domicilio in tale Stato membro da parte del richiedente interessato, tale notifica sia effettuata presso la sede dell’autorità nazionale competente a esaminare tali domande, purché, in primo luogo, i richiedenti siano informati del fatto che, in caso di mancata elezione di un domicilio ai fini della notifica della decisione relativa alla loro domanda, si presumerà che abbiano eletto domicilio a tal fine presso la sede di detta autorità nazionale, in secondo luogo, le condizioni di accesso di detti richiedenti a tale sede non rendano loro eccessivamente difficile ricevere le decisioni che li riguardano, in terzo luogo, sia loro assicurato entro il suddetto termine l’accesso effettivo alle garanzie processuali riconosciute dal diritto dell’Unione a coloro che richiedono protezione internazionale e, in quarto luogo, sia rispettato il principio di equivalenza. Spetta al giudice del rinvio verificare se la normativa nazionale di cui al procedimento principale soddisfi i requisiti summenzionati.

     

    Firme


    ( *1 ) Lingua processuale: il francese.

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