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Document 62019CJ0555

    Sentenza della Corte (Terza Sezione) del 3 febbraio 2021.
    Fussl Modestraße Mayr GmbH contro SevenOne Media GmbH e a.
    Domanda di pronuncia pregiudiziale proposta dal Landgericht Stuttgart.
    Rinvio pregiudiziale – Direttiva 2010/13/UE – Fornitura di servizi di media audiovisivi – Articolo 4, paragrafo 1 – Libera prestazione di servizi – Parità di trattamento – Articolo 56 TFUE – Articoli 11 e 20 della Carta dei diritti fondamentali dell’Unione europea – Comunicazione commerciale audiovisiva – Normativa nazionale che vieta alle emittenti televisive di inserire nei loro programmi trasmessi in tutto il territorio nazionale pubblicità televisive la cui diffusione sia limitata a un livello regionale.
    Causa C-555/19.

    Court reports – general

    ECLI identifier: ECLI:EU:C:2021:89

     SENTENZA DELLA CORTE (Terza Sezione)

    3 febbraio 2021 ( *1 )

    «Rinvio pregiudiziale – Direttiva 2010/13/UE – Fornitura di servizi di media audiovisivi – Articolo 4, paragrafo 1 – Libera prestazione di servizi – Parità di trattamento – Articolo 56 TFUE – Articoli 11 e 20 della Carta dei diritti fondamentali dell’Unione europea – Comunicazione commerciale audiovisiva – Normativa nazionale che vieta alle emittenti televisive di inserire nei loro programmi trasmessi in tutto il territorio nazionale pubblicità televisive la cui diffusione sia limitata a un livello regionale»

    Nella causa C‑555/19,

    avente ad oggetto la domanda di pronuncia pregiudiziale proposta alla Corte, ai sensi dell’articolo 267 TFUE, dal Landgericht Stuttgart (Tribunale del Land, Stoccarda, Germania), con decisione del 12 luglio 2019, pervenuta in cancelleria il 19 luglio 2019, nel procedimento

    Fussl Modestraße Mayr GmbH

    contro

    SevenOne Media GmbH,

    ProSiebenSat.1 TV Deutschland GmbH,

    ProSiebenSat.1 Media SE,

    LA CORTE (Terza Sezione),

    composta da A. Prechal (relatrice), presidente di sezione, K. Lenaerts, presidente della Corte, facente funzione di giudice della Terza Sezione, N. Wahl, F. Biltgen, e L.S. Rossi, giudici,

    avvocato generale: M. Szpunar

    cancelliere: M. Krausenböck, amministratrice

    vista la fase scritta del procedimento e in seguito all’udienza del 2 luglio 2020,

    considerate le osservazioni presentate:

    per la Fussl Modestraße Mayr GmbH, da M. Koenig e K. Wilmes, Rechtsanwälte;

    per la ProSiebenSat.1 Media SE, ProSiebenSat.1 TV Deutschland GmbH e SevenOne Media GmbH, da C. Masch, W. Freiherr Raitz von Frentz e I. Kätzlmeier, Rechtsanwälte;

    per il governo tedesco, da J. Möller e D. Klebs, in qualità di agenti;

    per la Commissione europea, da M. Kellerbauer, L. Malferrari e G. Braun, in qualità di agenti,

    sentite le conclusioni dell’avvocato generale, presentate all’udienza del 15 ottobre 2020,

    ha pronunciato la seguente

    Sentenza

    1

    La domanda di pronuncia pregiudiziale verte sull’interpretazione dell’articolo 56 TFUE, dell’articolo 11 della Carta dei diritti fondamentali dell’Unione europea (in prosieguo: la «Carta»), del principio generale di parità di trattamento e dell’articolo 4, paragrafo 1, della direttiva 2010/13/UE del Parlamento europeo e del Consiglio, del 10 marzo 2010, relativa al coordinamento di determinate disposizioni legislative, regolamentari e amministrative degli Stati membri concernenti la fornitura di servizi di media audiovisivi (direttiva sui servizi di media audiovisivi) (GU 2010, L 95, pag. 1).

    2

    La presente domanda è stata presentata nell’ambito di una controversia tra la Fussl Modestraße Mayr GmbH, società di diritto austriaco (in prosieguo: la «Fussl»), e la SevenOne Media GmbH, la ProSiebenSat.1 TV Deutschland GmbH e la ProSiebenSat.1 Media SE, società di diritto tedesco, in merito al rifiuto della SevenOne Media di eseguire un contratto stipulato con la Fussl e avente ad oggetto la diffusione, nel territorio del solo Freistaat Bayern (Land di Baviera, Germania), di pubblicità televisiva per prodotti di moda venduti da quest’ultima società, basato sul motivo che tale pubblicità, in quanto destinata ad essere inserita in programmi televisivi trasmessi in tutto il territorio tedesco, contrasta con il diritto nazionale applicabile.

    Contesto normativo

    Diritto dell’Unione

    3

    I considerando 5, 8, 41 e 83 della direttiva 2010/13 enunciano:

    «(5)

    I servizi di media audiovisivi sono nel contempo servizi culturali ed economici. L’importanza crescente che rivestono per le società, la democrazia – soprattutto a garanzia della libertà d’informazione, della diversità delle opinioni e del pluralismo dei mezzi d’informazione –, l’istruzione e la cultura giustifica l’applicazione di norme specifiche a tali servizi.

    (...)

    (8)

    È essenziale che gli Stati membri vigilino affinché non si commettano atti pregiudizievoli per la libera circolazione e il commercio delle trasmissioni televisive o tali da favorire la formazione di posizioni dominanti comportanti limitazioni del pluralismo e della libertà dell’informazione televisiva nonché dell’informazione in genere.

    (...)

    (41)

    Gli Stati membri dovrebbero poter applicare ai fornitori di servizi di media soggetti alla loro giurisdizione norme più dettagliate o severe nei settori coordinati dalla presente direttiva, assicurandosi che tali norme siano conformi ai principi generali del diritto dell’Unione. (...)

    (...)

    (83)

    Per garantire un’integrale ed adeguata protezione degli interessi della categoria di consumatori costituita dai telespettatori, è essenziale che la pubblicità televisiva sia sottoposta ad un certo numero di norme minime e di criteri e che gli Stati membri abbiano la facoltà di stabilire norme più rigorose o più particolareggiate e, in alcuni casi, condizioni differenti per le emittenti televisive soggette alla loro giurisdizione».

    4

    L’articolo 1 di tale direttiva, contenuto nel capo I di quest’ultima, rubricato «Definizioni», al paragrafo 1 dispone quanto segue:

    «Ai fini della presente direttiva si intende per:

    a)

    “servizio di media audiovisivo”:

    i)

    un servizio, quale definito agli articoli 56 e 57 [TFUE], che è sotto la responsabilità editoriale di un fornitore di servizi di media e il cui obiettivo principale è la fornitura di programmi al fine di informare, intrattenere o istruire il grande pubblico, attraverso reti di comunicazioni elettroniche ai sensi dell’articolo 2, lettera a), della direttiva 2002/21/CE [del Parlamento europeo e del Consiglio del 7 marzo 2002 che istituisce un quadro normativo comune per le reti ed i servizi di comunicazione elettronica (direttiva quadro) (GU 2002, L 108, pag. 33. Per siffatto servizio di media audiovisivo si intende o una trasmissione televisiva come definita alla lettera e) del presente paragrafo o un servizio di media audiovisivo a richiesta come definito alla lettera g) del presente paragrafo;

    ii)

    una comunicazione commerciale audiovisiva;

    b)

    “programma”, una serie di immagini animate, sonore o non, che costituiscono un singolo elemento nell’ambito di un palinsesto o di un catalogo stabilito da un fornitore di servizi di media la cui forma e il cui contenuto sono comparabili alla forma e al contenuto della radiodiffusione televisiva. Sono programmi, ad esempio, i lungometraggi, le manifestazioni sportive, le commedie di situazione (sitcom), i documentari, i programmi per bambini e le fiction originali;

    (...)

    d)

    “fornitore di servizi di media”, la persona fisica o giuridica che assume la responsabilità editoriale della scelta del contenuto audiovisivo del servizio di media audiovisivo e ne determina le modalità di organizzazione;

    e)

    “radiodiffusione televisiva” o “trasmissione televisiva” (vale a dire un servizio di media audiovisivo lineare), un servizio di media audiovisivo fornito da un fornitore di servizi di media per la visione simultanea di programmi sulla base di un palinsesto di programmi;

    f)

    “emittente”, un fornitore di servizi di media di radiodiffusioni televisive;

    g)

    “servizio di media audiovisivo a richiesta” (vale a dire un servizio di media audiovisivo non lineare), un servizio di media audiovisivo fornito da un fornitore di servizi di media per la visione di programmi al momento scelto dall’utente e su sua richiesta sulla base di un catalogo di programmi selezionati dal fornitore di servizi di media;

    h)

    “comunicazione commerciale audiovisiva”, immagini, sonore o non sonore, che sono destinate a promuovere, direttamente o indirettamente, le merci, i servizi o l’immagine di una persona fisica o giuridica che esercita un’attività economica. Tali immagini accompagnano o sono inserite in un programma dietro pagamento o altro compenso o a fini di autopromozione. Tra le forme di comunicazione commerciale audiovisiva figurano, tra l’altro, la pubblicità televisiva, la sponsorizzazione, la televendita e l’inserimento di prodotti;

    i)

    “pubblicità televisiva”, ogni forma di messaggio televisivo trasmesso dietro pagamento o altro compenso, ovvero a fini di autopromozione, da un’impresa pubblica o privata o da una persona fisica nell’ambito di un’attività commerciale, industriale, artigiana o di una libera professione, allo scopo di promuovere la fornitura, dietro pagamento, di beni o di servizi, compresi i beni immobili, i diritti e le obbligazioni;

    (...)».

    5

    L’articolo 4, paragrafo 1, della suddetta direttiva così dispone:

    «Gli Stati membri conservano la facoltà di richiedere ai fornitori di servizi di media soggetti alla loro giurisdizione di rispettare norme più particolareggiate o più rigorose nei settori coordinati dalla presente direttiva, purché tali norme siano conformi al diritto dell’Unione».

    Diritto tedesco

    6

    Il 31 agosto 1991 i Länder hanno stipulato lo Staatsvertrag für Rundfunk und Telemedien (accordo statale in materia di radiodiffusione e media televisivi, GBI. 1991, pag. 745). La versione di tale accordo applicabile alla causa principale è quella risultante dalla sua modifica da parte dell’Achtzehnter Rundfunkänderungsstaatsvertrag (diciottesimo accordo statale di modifica relativo alla radiodiffusione), del 21 dicembre 2015, entrato in vigore il 1o gennaio 2016 (in prosieguo: il «RStV»).

    7

    L’articolo 2 del RStV, rubricato «Definizioni», al suo paragrafo 1 prevede quanto segue:

    «La radiodiffusione è un servizio d’informazione e di comunicazione lineare; essa consiste nell’organizzazione e nella diffusione di offerte sotto forma di immagini animate o di suoni destinate alla collettività e ad essere ricevute simultaneamente, sulla base di un palinsesto di programmi e mediante l’uso di onde elettromagnetiche

    (...)».

    8

    L’articolo 7 del RStV, rubricato «Principi della comunicazione commerciale, obblighi di indicazione del carattere pubblicitario», ai suoi paragrafi 2 e 11, dispone quanto segue:

    «(2)   La pubblicità costituisce parte integrante del programma. (...)

    (...)

    (11)   La diffusione di pubblicità o di altri contenuti in una parte soltanto del territorio nazionale in un programma designato o autorizzato per una diffusione a livello nazionale è lecita solo se e nella misura in cui essa sia autorizzata dalla legge del Land nel quale la diffusione è operata. La pubblicità o qualsiasi altro contenuto di operatori privati diffuso in una parte soltanto del territorio nazionale necessita di una specifica autorizzazione ai sensi del diritto del Land interessato; tale autorizzazione può essere subordinata a requisiti sostanziali determinati dalla legge

    (...)».

    Procedimento principale e questioni pregiudiziali

    9

    La Fussl, con sede a Ort im Innkreis (Austria), gestisce un gruppo di negozi di moda ubicati in Austria e nel Land di Baviera.

    10

    La SevenOne Media, con sede a Unterföhring (Germania), è l’impresa di commercializzazione del gruppo ProSiebenSat.1, un’emittente televisiva privata con sede in Germania.

    11

    Il 25 maggio 2018 la Fussl ha concluso un contratto con la SevenOne Media avente ad oggetto la diffusione, nel solo Land di Baviera, di pubblicità televisiva destinata ad essere inserita nei programmi dell’emittente nazionale ProSieben avvalendosi delle reti cablate bavaresi della Vodafone Kabel Deutschland GmbH.

    12

    Successivamente, la SevenOne Media si è rifiutata di eseguire tale contratto motivando che l’inserimento, nei programmi diffusi in tutto il territorio tedesco, di pubblicità televisiva la cui diffusione sia limitata a un livello regionale è vietato dall’articolo 7, paragrafo 11, del RStV.

    13

    La Fussl ha quindi adito il giudice del rinvio, il Landgericht Stuttgart (Tribunale del Land, Stoccarda, Germania), affinché ingiungesse alla SevenOne Media di adempiere le obbligazioni ad essa incombenti in forza del suddetto contratto.

    14

    Il giudice del rinvio ha rilevato che tra le parti è incontestato che la SevenOne Media sia in grado, da un punto di vista tecnico, di limitare, nell’ambito delle proprie trasmissioni nazionali, la diffusione della pubblicità televisiva in questione al territorio del Land di Baviera.

    15

    Per quanto riguarda i vari argomenti dinanzi ad esso dedotti, tale giudice dubita, in primo luogo, del fatto che la restrizione alla libera prestazione di servizi garantita dall’articolo 56 TFUE causata dal divieto di cui all’articolo 7, paragrafo 11, del RStV possa essere giustificata alla luce del motivo imperativo di interesse generale perseguito da tale disposizione, vale a dire la tutela del pluralismo dei media.

    16

    Da un lato, esso ritiene che non sia certo che tale obiettivo sia perseguito in modo coerente e sistematico, posto che il divieto de quo non si applica alla pubblicità diffusa unicamente a livello regionale su siti Internet.

    17

    Dall’altro, anche la proporzionalità del divieto di cui all’articolo 7, paragrafo 11, del RStV potrebbe essere messa in dubbio, in quanto le emittenti televisive regionali beneficiano solo in minima misura di siffatto divieto, mentre taluni operatori economici come la Fussl si vedono limitare in modo significativo le possibilità di promuovere i loro prodotti.

    18

    Il giudice del rinvio ritiene, in secondo luogo, che l’articolo 7, paragrafo 11, del RStV possa rappresentare un illecito pregiudizio per la libertà di opinione e la libertà di ricevere o di comunicare informazioni, garantite dall’articolo 11 della Carta e dall’articolo 10 della Convenzione europea per la salvaguardia dei diritti dell’uomo e delle libertà fondamentali, firmata a Roma il 4 novembre 1950 (in prosieguo: la «CEDU»).

    19

    In terzo luogo, tale giudice considera che l’articolo 7, paragrafo 11, del RStV potrebbe essere contrario al principio di parità di trattamento, principio generale del diritto dell’Unione.

    20

    In tale contesto, il Landgericht Stuttgart (Tribunale del Land, Stoccarda) ha deciso di sospendere il procedimento e di sottoporre alla Corte le seguenti questioni pregiudiziali:

    «1)

    Se (...) l’articolo 4, paragrafo 1, della direttiva 2010/13, (...) il principio di diritto dell’Unione di parità [di trattamento] e (...) la disciplina di cui all’articolo 56 TFUE in materia di libera prestazione dei servizi debbano essere interpretati nel senso che ostano a una normativa di diritto nazionale che vieti la diffusione di pubblicità su scala regionale nell’ambito di programmi radiotelevisivi autorizzati in tutto lo Stato membro.

    2)

    Se la prima questione debba essere risolta diversamente qualora l’ordinamento nazionale consenta l’esistenza di una disciplina legislativa in base alla quale la diffusione di pubblicità su scala regionale possa essere autorizzata ex lege necessitando, in tal caso, di un’autorizzazione di amministrativa ulteriore.

    3)

    Se la prima questione debba essere risolta diversamente qualora, di fatto, non venga utilizzata la facoltà, descritta nella seconda questione, di autorizzare la pubblicità su scala regionale e, pertanto, la pubblicità su scala regionale sia integralmente vietata.

    4)

    Se, alla luce dell’articolo 10 della CEDU nonché della relativa giurisprudenza della Corte europea dei diritti dell’uomo, e, in particolare, del principio del pluralismo dell’informazione, l’articolo 11 della Carta debba essere interpretato nel senso che osta a una normativa nazionale, quale quella descritta nelle questioni prima, seconda e terza».

    Sulla domanda diretta alla riapertura della fase orale del procedimento

    21

    In seguito alla presentazione delle conclusioni dell’avvocato generale, la SevenOne Media, la ProSiebenSat.1 TV Deutschland e la ProSiebenSat.1 Media, con atto pervenuto presso la cancelleria della Corte il 27 ottobre 2020, hanno chiesto di disporre la riapertura della fase orale del procedimento, in applicazione dell’articolo 83 del regolamento di procedura della Corte.

    22

    A sostegno della loro domanda, dette società fanno valere che le conclusioni presentate dall’avvocato generale contengono un certo numero di errori di fatto che dovrebbero essere rettificati, dato che l’emananda sentenza non può essere fondata su elementi errati. Esse sostengono, in particolare, che l’affermazione contenuta al punto 57 di tali conclusioni, secondo cui la pubblicità su Internet sarebbe totalmente diversa dalla pubblicità televisiva, non è corretta sotto diversi profili.

    23

    Va ricordato a tal riguardo che, in forza dell’articolo 252, secondo comma, TFUE, l’avvocato generale ha il compito di presentare pubblicamente, con assoluta imparzialità e in piena indipendenza, conclusioni motivate sulle cause che, conformemente allo Statuto della Corte di giustizia dell’Unione europea, richiedono il suo intervento. La Corte non è vincolata né alle conclusioni dell’avvocato generale né alla motivazione in base alla quale egli vi perviene (sentenza del 25 luglio 2018, Société des produits Nestlé e a./Mondelez UK Holdings & Services, C‑84/17 P, C‑85/17 P e C‑95/17 P, EU:C:2018:596, punto 31).

    24

    Inoltre, né lo Statuto della Corte di giustizia dell’Unione europea né il regolamento di procedura prevedono la facoltà – per le parti o per gli interessati di cui all’articolo 23 dello Statuto della Corte di giustizia dell’Unione europea – di depositare osservazioni in risposta alle conclusioni presentate dall’avvocato generale (v., in tal senso, sentenza del 21 dicembre 2016, Commissione/Aer Lingus e Ryanair Designated Activity, C‑164/15 P e C‑165/15 P, EU:C:2016:990, punto 31 nonché giurisprudenza ivi citata).

    25

    Di conseguenza, il disaccordo di una parte con le conclusioni dell’avvocato generale, quali che siano le questioni da esso ivi esaminate, non può costituire, di per sé, un motivo idoneo a giustificare la riapertura della fase orale (sentenza del 28 febbraio 2018, mobile.de/EUIPO, C‑418/16 P, EU:C:2018:128, punto 30).

    26

    Ciò premesso, la Corte può, in qualsiasi momento, sentito l’avvocato generale, disporre la riapertura della fase orale del procedimento, ai sensi dell’articolo 83 del proprio regolamento di procedura, in particolare se non si ritiene sufficientemente edotta o quando, dopo la chiusura di tale fase, una parte ha prodotto un fatto nuovo, tale da influenzare in modo determinante la decisione della Corte, o, ancora, quando la causa dev’essere decisa in base a un argomento che non è stato oggetto di discussione tra le parti o gli interessati menzionati dall’articolo 23 dello Statuto della Corte di giustizia dell’Unione europea.

    27

    Tale ipotesi non ricorre nel caso in esame.

    28

    Infatti, la SevenOne Media, la ProSiebenSat.1 TV Deutschland e la ProSiebenSat.1 Media fondano la loro domanda di riapertura della fase orale del procedimento su un insieme di errori di carattere fattuale che vizierebbero le conclusioni.

    29

    Orbene, secondo una giurisprudenza costante della Corte di giustizia, nell’ambito del procedimento di cui all’articolo 267 TFUE, basato sulla netta separazione delle funzioni tra i giudici nazionali e la Corte, il giudice nazionale è l’unico competente ad esaminare e a valutare i fatti del procedimento principale nonché ad interpretare e ad applicare il diritto nazionale (sentenza del 18 febbraio 2016, Finanmadrid EFC, C‑49/14, EU:C:2016:98, punto 27 e giurisprudenza ivi citata).

    30

    Nel caso di specie, rientra dunque nell’esclusiva competenza del giudice del rinvio la valutazione dei fatti invocati dalla SevenOne Media, dalla ProSiebenSat.1 TV Deutschland e dalla ProSiebenSat.1 Media a sostegno della loro domanda di riapertura della fase orale del procedimento, qualora tale giudice dovesse ritenere che una siffatta valutazione sia necessaria per la statuizione in merito alla controversia oggetto del procedimento principale alla luce, in particolare, dell’interpretazione del diritto dell’Unione fornita dalla Corte nell’ambito della sua risposta alla presente domanda di pronuncia pregiudiziale.

    31

    Pertanto, la Corte, sentito l’avvocato generale, ritiene di essere sufficientemente edotta dai vari argomenti che sono stati debitamente discussi dinanzi ad essa.

    32

    In considerazione di quanto precede, non occorre disporre la riapertura della fase orale del procedimento.

    Sulle questioni pregiudiziali

    33

    Con le sue quattro questioni, che occorre esaminare congiuntamente, il giudice del rinvio chiede, in sostanza, se l’articolo 4, paragrafo 1, della direttiva 2010/13, il principio della parità di trattamento, l’articolo 56 TFUE nonché l’articolo 11 della Carta debbano essere interpretati nel senso che ostano a una normativa nazionale che vieta alle emittenti televisive di inserire nei loro programmi trasmessi in tutto il territorio nazionale pubblicità televisive la cui diffusione sia limitata a un livello regionale.

    Sulla conformità alla direttiva 2010/13

    34

    Per quanto riguarda, in primo luogo, l’eventuale incidenza della direttiva 2010/13 sulla risposta da fornire alle questioni pregiudiziali, così come riformulate al punto precedente, il governo tedesco sostiene che l’articolo 1, paragrafo 1, lettera e), di tale direttiva, quale trasposto nel diritto tedesco dall’articolo 2, paragrafo 1, e dall’articolo 7, paragrafi 2 e 11, del RStV, sancisce il «principio della simultaneità della visione», cosicché il RStV non contiene norme «più particolareggiate o più rigorose» ai sensi dell’articolo 4, paragrafo 1, della suddetta direttiva, delle quali occorra esaminare la conformità al diritto dell’Unione.

    35

    Tuttavia, una simile interpretazione dell’articolo 1, paragrafo 1, lettera e), della direttiva 2010/13 non può essere accolta.

    36

    In effetti, il riferimento, all’articolo 1, paragrafo 1, lettera e), della direttiva 2010/13, alla nozione di «visione simultanea di programmi» non può essere interpretato nel senso che esso implicherebbe l’obbligo, per gli Stati membri, di garantire che le pubblicità o altri contenuti in un programma televisivo designato o autorizzato per una diffusione a livello nazionale siano sistematicamente trasmessi, in mancanza di autorizzazione, su tutto il loro territorio, come prevede nel caso di specie l’articolo 7, paragrafo 11, del RStV.

    37

    Oltre al fatto che l’articolo 1, paragrafo 1, lettera e), della direttiva 2010/13 si limita a definire la nozione di «radiodiffusione televisiva» o di «trasmissione televisiva» riferendosi espressamente alla visione simultanea di «programmi» e non impone dunque, in quanto tale, alcun obbligo in materia di pubblicità televisiva, dal sistema di tale direttiva risulta che la nozione di «visione simultanea» deve essere intesa con riferimento alla distinzione su cui si basa la citata direttiva tra i servizi di media audiovisivi detti «lineari», di cui a tale disposizione, ed i servizi di media audiovisivi detti «non lineari», quali definiti all’articolo 1, paragrafo 1, lettera g), della medesima direttiva con riferimento al fatto che, per tali servizi, la «visione d[e]i programmi» ha luogo «al momento scelto dall’utente e su sua richiesta sulla base di un catalogo di programmi selezionati dal fornitore di servizi di media».

    38

    La nozione di «visione simultanea», ai sensi dell’articolo 1, paragrafo 1, lettera e), della direttiva 2010/13, deve dunque essere intesa alla luce del carattere lineare del servizio di media audiovisivi costituito dalla radiodiffusione televisiva, il quale implica che tutti gli spettatori a cui un programma è destinato lo vedano simultaneamente sulla base di un palinsesto cronologico di programmi, indipendentemente dalla scelta e da una richiesta dell’utente.

    39

    Tale nozione non implica quindi, di per sé, che la diffusione della pubblicità televisiva non possa essere oggetto di differenziazioni, in particolare limitando tale diffusione ad una parte del territorio di uno Stato membro.

    40

    Inoltre, per quanto riguarda l’eventuale incidenza dell’articolo 4, paragrafo 1, della direttiva 2010/13 sulla risposta da fornire alle questioni pregiudiziali, così come riformulate al punto 33 supra, occorre ricordare che, come risulta da tale disposizione, nonché dai considerando 41 e 83 di detta direttiva, per assicurare la piena ed adeguata protezione degli interessi della categoria di consumatori costituita dai telespettatori, gli Stati membri hanno la facoltà di imporre ai fornitori di servizi di media soggetti alla loro giurisdizione norme più particolareggiate o più rigorose e, in alcuni casi, condizioni differenti, nei settori coordinati da tale direttiva, purché tali norme siano conformi al diritto dell’Unione e, in particolare, ai suoi principi generali (sentenza del 18 luglio 2013, Sky Italia, C‑234/12, EU:C:2013:496, punto 13).

    41

    Orbene, come è stato anche sottolineato, in sostanza, dall’avvocato generale al paragrafo 22 delle sue conclusioni, la regola derivante dall’articolo 7, paragrafo 11, del RStV, pur rientrando in un settore coordinato dalla direttiva 2010/13, vale a dire quello della pubblicità televisiva, il quale è disciplinato dagli articoli da 19 a 26 della stessa volti a tutelare la categoria di consumatori rappresentata dai telespettatori contro la pubblicità eccessiva (sentenza del 18 luglio 2013, Sky Italia, C‑234/12, EU:C:2013:496, punto 17), riguarda tuttavia una materia specifica che non è disciplinata da uno dei suddetti articoli né persegue siffatto obiettivo di tutela dei telespettatori.

    42

    Ne consegue che la misura stabilita dall’articolo 7, paragrafo 11, del RStV non può essere qualificata come norma «più particolareggiata» o «più rigorosa», ai sensi dell’articolo 4, paragrafo 1, della direttiva 2010/13, e che la stessa non rientra nell’ambito di applicazione della medesima direttiva.

    Sulla conformità alla libera prestazione di servizi garantita dall’articolo 56 del TFUE

    Sull’esistenza di una restrizione alla libera prestazione di servizi

    43

    Per quanto riguarda, in secondo luogo, l’esame della compatibilità di una misura nazionale come quella di cui trattasi nel procedimento principale con la libertà fondamentale di prestazione di servizi garantita dall’articolo 56 TFUE, occorre ricordare che devono essere considerate come restrizioni a tale libertà tutti i provvedimenti che vietino, ostacolino o rendano meno attraente l’esercizio della stessa (v., in tal senso, sentenza del 4 maggio 2017, Vanderborght, C‑339/15, EU:C:2017:335, punto 61 e giurisprudenza ivi citata).

    44

    La nozione di «restrizione» include, in particolare, le misure adottate da uno Stato membro che, per quanto indistintamente applicabili, pregiudichino la libera circolazione dei servizi negli altri Stati membri (sentenza del 4 maggio 2017, Vanderborght, C‑339/15, EU:C:2017:335, punto 61 e giurisprudenza ivi citata).

    45

    In tale contesto, la Fussl fa valere che il divieto stabilito dall’articolo 7, paragrafo 11, del RStV osta alle esigenze pubblicitarie particolari di un operatore economico non residente di medie dimensioni, quale sarebbe detta società, che mira a penetrare nel mercato tedesco concentrandosi, in un primo tempo, su un solo bacino di utenza, nella fattispecie il Land di Baviera.

    46

    Da un lato, la diffusione di pubblicità televisiva nell’ambito di trasmissioni nazionali su tutto il territorio tedesco sarebbe troppo costosa e potrebbe generare una domanda troppo importante che potrebbe non riuscire ad essere soddisfatta.

    47

    Dall’altro, la diffusione di pubblicità televisiva da parte di emittenti televisive regionali avrebbe un impatto pubblicitario molto limitato. Ciò sarebbe soprattutto dovuto al fatto che i programmi trasmessi da tali emittenti televisive regionali raggiungono solo un numero particolarmente ristretto di telespettatori, vale a dire circa il 5% del numero totale dei telespettatori tedeschi.

    48

    A tal riguardo, una misura nazionale come quella di cui trattasi nella causa principale, là dove vieta alle emittenti televisive di trasmettere nell’ambito delle loro trasmissioni nazionali pubblicità televisiva regionale a vantaggio, in particolare, di inserzionisti stabiliti in altri Stati membri, come, nel caso di specie, la Fussl, comporta una restrizione della libera prestazione di servizi a danno sia dei prestatori di servizi pubblicitari, quali dette emittenti televisive, sia dei destinatari di tali servizi, quali i suddetti inserzionisti che desiderano promuovere i loro prodotti o servizi in un altro Stato membro, seppur limitando tale promozione a livello regionale (v., in tal senso, sentenze del 28 ottobre 1999, ARD, C‑6/98, EU:C:1999:532, punto 49, e del 17 luglio 2008, Corporación Dermoestética, C‑500/06, EU:C:2008:421, punto 33).

    49

    Nel caso di specie, l’articolo 7, paragrafo 11, del RStV, nella misura in cui impedisce ad operatori economici non residenti, come la Fussl, di beneficiare di prestazioni di servizi di diffusione della pubblicità televisiva sul territorio tedesco, è tale da ostacolare il loro accesso al mercato di tale Stato membro.

    50

    L’esistenza di siffatto ostacolo alla libera prestazione di servizi non può peraltro essere messa in discussione dalla circostanza, alla quale il giudice nazionale fa riferimento nella seconda e nella terza questione, che ogni Land possa, in forza della «clausola di apertura» contenuta nell’articolo 7, paragrafo 11, del RStV, prevedere nella sua normativa un regime di autorizzazione che consenta, eventualmente a determinate condizioni, una siffatta diffusione di pubblicità televisiva a livello regionale.

    51

    È sufficiente, infatti, a tal riguardo rilevare che dalla domanda di pronuncia pregiudiziale risulta che si tratta di una mera facoltà di cui, ad oggi, nessun Land si è avvalso, cosicché si deve constatare che, de lege lata, il divieto per le emittenti televisive di inserire nei loro programmi trasmessi su tutto il territorio nazionale pubblicità televisive la cui diffusione sia limitata a un livello regionale, come previsto all’articolo 7, paragrafo 11, del RStV, e la restrizione della libera prestazione di servizi che ne consegue sono dimostrati.

    Sulla giustificazione della restrizione alla libera prestazione di servizi

    52

    Per quanto riguarda, poi, l’eventuale giustificazione di una restrizione di questo tipo, risulta da una costante giurisprudenza della Corte che una restrizione ad una libertà fondamentale garantita dal TFUE può essere ammessa unicamente a condizione che la misura nazionale di cui trattasi sia giustificata da un motivo imperativo di interesse generale, sia idonea a garantire il raggiungimento dell’obiettivo da essa perseguito e non vada al di là di quanto necessario per ottenerlo (v., in tal senso, in particolare, sentenze del 4 maggio 2017, Vanderborght, C‑339/15, EU:C:2017:335, punto 65, e dell’11 dicembre 2019, TV Play Baltic, C‑87/19, EU:C:2019:1063, punto 37 e giurisprudenza ivi citata).

    – Sull’esistenza di un motivo imperativo di interesse generale idoneo a giustificare la restrizione

    53

    Dal fascicolo agli atti della Corte, dalla domanda di pronuncia pregiudiziale e dalle osservazioni scritte del governo tedesco, come confermato del resto dalla motivazione del diciottesimo accordo statale di modifica relativo alla radiodiffusione, risulta che l’articolo 7, paragrafo 11, del RStV mira a riservare i proventi della pubblicità televisiva regionale alle emittenti televisive regionali e locali, in tal modo garantendo loro una fonte di finanziamento e, pertanto, la loro sostenibilità, affinché esse possano contribuire al pluralismo dell’offerta dei programmi televisivi attraverso la fornitura di contenuti regionali e locali.

    54

    Orbene, secondo una giurisprudenza costante della Corte, la tutela del pluralismo dell’offerta di programmi televisivi che una politica culturale intende garantire può costituire una ragione imperativa di interesse generale che giustifica una restrizione alla libera prestazione di servizi (v., in tal senso, sentenze del 13 dicembre 2007, United Pan-Europe Communications Belgium e a., C‑250/06, EU:C:2007:783, punti 4142, nonché del 22 dicembre 2008, Kabel Deutschland Vertrieb und Service, C‑336/07, EU:C:2008:765, punti 3738).

    55

    Nello stesso senso, la Corte ha dichiarato che la salvaguardia delle libertà protette dall’articolo 11 della Carta, tra le quali figurano, al paragrafo 2, la libertà e il pluralismo dei media, costituisce incontestabilmente un obiettivo di interesse generale, di cui occorre sottolineare, in particolare, l’importanza in una società democratica e pluralista, idoneo a giustificare una restrizione alla libertà di stabilimento (sentenza del 3 settembre 2020, Vivendi, C‑719/18, EU:C:2020:627, punto 57 e giurisprudenza ivi citata)

    – Sulla proporzionalità della restrizione

    56

    Se è vero che l’obiettivo della salvaguardia del pluralismo dei media perseguito dall’articolo 7, paragrafo 11, del RStV può costituire un motivo imperativo di interesse generale, affinché la restrizione alla libera prestazione di servizi comportata da tale disposizione nazionale possa essere giustificata occorre anche, come già ricordato al punto 52 supra, che essa sia idonea a garantire il conseguimento dell’obiettivo da essa perseguito e non vada al di là di quando necessario per ottenerlo.

    57

    In tale contesto, si deve ricordare che, sebbene tale obiettivo, in quanto connesso al diritto fondamentale alla libertà d’espressione, riservi alle autorità nazionali un ampio potere discrezionale, resta il fatto che gli obblighi discendenti dalle misure volte a perseguire detto obiettivo non devono in alcun caso essere inidonee al conseguimento di tale obiettivo da esse perseguito oppure essere sproporzionate rispetto a quest’ultimo (v., in tal senso, sentenza del 13 dicembre 2007, United Pan-Europe Communications Belgium e a., C‑250/06, EU:C:2007:783, punto 44).

    58

    Pertanto, è necessario verificare, in primo luogo, se tale divieto sia idoneo a garantire il conseguimento dell’obiettivo di interesse generale connesso alla garanzia del pluralismo dei media perseguito da detta misura.

    59

    A tale riguardo, occorre ricordare che, conformemente a una giurisprudenza costante della Corte, una normativa nazionale è idonea a garantire la realizzazione dell’obiettivo perseguito solo se risponde realmente all’intento di conseguirlo in modo coerente e sistematico (sentenze del 10 marzo 2009, Hartlauer, C‑169/07, EU:C:2009:141, punto 55, e dell’11 luglio 2019, A, C‑716/17, EU:C:2019:598, punto 24 e giurisprudenza ivi citata).

    60

    Tuttavia, al pari del giudice del rinvio, le parti del procedimento principale e la Commissione europea esprimono dubbi in merito al fatto che l’articolo 7, paragrafo 11, del RStV soddisfi tale requisito di coerenza, principalmente nella misura in cui il divieto imposto da tale disposizione nazionale non si applica alla pubblicità fornita unicamente al livello di una regione attraverso diverse piattaforme Internet.

    61

    Sul punto, spetterà al giudice del rinvio verificare se i servizi pubblicitari forniti su piattaforme Internet costituiscano una concorrenza effettiva per le emittenti televisive regionali e locali sul mercato della pubblicità regionale e una minaccia per i redditi che essi traggono da tale pubblicità.

    62

    In siffatto contesto, il giudice del rinvio ha inoltre considerato che l’articolo 7, paragrafo 11, del RStV pone le emittenti televisive nonché gli inserzionisti residenti e non residenti che intendono effettuare pubblicità televisiva su scala regionale in una posizione meno favorevole rispetto agli altri fornitori di servizi di media su piattaforme Internet, dato che questi ultimi hanno il diritto di differenziare la loro offerta pubblicitaria per regione, allo stesso titolo degli organismi di stampa nazionali.

    63

    Peraltro, con riserva di verifica da parte del giudice del rinvio, risulta che le emittenti televisive regionali si trovano, sul mercato della pubblicità regionale, in concorrenza con i fornitori di servizi pubblicitari, in particolare lineari, su Internet, così che gli inserzionisti possono spostare la loro domanda di pubblicità regionale dalle suddette emittenti verso detti fornitori.

    64

    Sempre con riserva di verifica da parte del giudice del rinvio, non risulta che il rischio di perdite di introiti che potrebbero così subire le emittenti televisive regionali e locali in conseguenza di tale spostamento verso Internet della domanda e dei proventi di servizi pubblicitari verso i fornitori di servizi di pubblicità, in particolare lineari, sarebbe meno rilevante di quello connesso ad uno stesso spostamento di tale domanda e di tali proventi a vantaggio delle emittenti televisive nazionali se un divieto come quello previsto all’articolo 7, paragrafo 11, del RStV non fosse applicabile.

    65

    Oltre a ciò, si deve constatare che, mentre dal fascicolo agli atti della Corte risulta che, secondo la motivazione del diciottesimo accordo statale di modifica relativo alla radiodiffusione, il legislatore tedesco ha fondato il divieto stabilito dall’articolo 7, paragrafo 11, del RStV sul rischio di un siffatto spostamento della domanda e di una perdita dei proventi derivanti dagli introiti pubblicitari a danno delle emittenti televisive regionali la cui importanza sarebbe tale che la sostenibilità di tali emittenti potrebbe essere compromessa, l’esistenza di un siffatto rischio è messa in dubbio dalle parti del procedimento principale.

    66

    Orbene, spetta unicamente al giudice del rinvio verificare, sulla base di dati attuali, sufficientemente dettagliati e comprovati, se esista un rischio reale o concreto prevedibile di uno spostamento – a danno delle emittenti televisive regionali – della domanda di servizi di pubblicità regionale e dei proventi che ne derivano, la cui importanza sarebbe tale che il finanziamento e, pertanto, la sostenibilità di tali emittenti potrebbero essere compromessi qualora le emittenti televisive nazionali fossero autorizzate a diffondere pubblicità regionale nell’ambito dei loro programmi trasmessi su tutto il territorio nazionale.

    67

    Di conseguenza, da quanto precede deriva che l’incoerenza che potrebbe inficiare l’articolo 7, paragrafo 11, del RStV potrebbe consistere nel fatto, che deve essere oggetto di verifica del giudice del rinvio, che il divieto contenuto in tale disposizione si applica ai soli servizi pubblicitari forniti dalle emittenti televisive nazionali e non ai servizi pubblicitari, in particolare lineari, forniti su Internet, mentre potrebbe trattarsi di due tipi di servizi concorrenti sul mercato tedesco della pubblicità che, fatta salva la verifica del giudice del rinvio, sono idonei a presentare lo stesso rischio per la salute finanziaria e la sostenibilità delle emittenti televisive regionali e locali e, quindi, per l’obiettivo cui tale disposizione tende, vale a dire la promozione del pluralismo dei media a livello regionale e locale.

    68

    In tale contesto, spetterà in particolare al giudice del rinvio verificare se il diritto tedesco consenta alle emittenti televisive nazionali di diffondere pubblicità regionale nell’ambito delle loro trasmissioni in streaming su siti Internet. In caso affermativo, si dovrebbe necessariamente concludere che la misura introdotta dall’articolo 7, paragrafo 11, del RStV è incoerente.

    69

    Le circostanze del procedimento principale sono peraltro, a tal riguardo, sostanzialmente analoghe a quelle che hanno dato luogo alla sentenza del 17 luglio 2008, Corporación Dermoestética (C‑500/06, EU:C:2008:421).

    70

    Infatti, se è vero che al punto 39 di tale sentenza la Corte ha concluso nel senso dell’incoerenza e, pertanto, dell’inidoneità del regime di pubblicità oggetto di quella causa a garantire il conseguimento del suo obiettivo di tutela della salute, poiché quel regime comportava un divieto della pubblicità relativa ai trattamenti medico-chirurgici sulle emittenti televisive nazionali, offrendo però la possibilità di diffondere una tale pubblicità sulle emittenti televisive locali, una simile conclusione si spiega chiaramente con la circostanza che, per quanto riguarda la pubblicità di tali trattamenti, detto obiettivo di tutela della salute era ugualmente rilevante sia che tale pubblicità fosse diffusa sulle emittenti televisive nazionali che su quelle locali.

    71

    Infine, va ricordato che, come già affermato al punto 57 supra, l’ampio potere discrezionale di cui dispongono le autorità nazionali quando intendono tutelare il pluralismo dei media deve essere preso in considerazione dal giudice del rinvio in sede di valutazione della coerenza della restrizione.

    72

    In secondo luogo, come risulta dalla giurisprudenza della Corte ricordata al punto 52 supra, affinché una restrizione ad una libertà fondamentale garantita dal Trattato FUE possa essere giustificata, la misura nazionale che è all’origine di quest’ultima deve non soltanto rispondere a un motivo imperativo di interesse generale ed essere idonea a garantire la realizzazione dell’obiettivo da essa perseguito, ma anche non eccedere quanto necessario per conseguirlo.

    73

    Occorre quindi esaminare se, nel caso di specie, altre misure meno lesive della libera prestazione di servizi avrebbero potuto consentire di raggiungere l’obiettivo di tutela del pluralismo dei media a livello regionale e locale, voluto dal legislatore tedesco mediante la misura stabilita dall’articolo 7, paragrafo 11, del RStV.

    74

    A tal riguardo, occorre rilevare che, come parimenti osservato, in sostanza, dall’avvocato generale ai paragrafi 69 e 70 delle sue conclusioni, il mero fatto che altri Stati membri garantiscano il finanziamento delle emittenti televisive pubbliche mediante canoni e consentano agli organismi privati di diffondere liberamente pubblicità tanto nazionale quanto regionale non costituisce, di per sé, una prova sufficiente dell’assenza di proporzionalità del divieto previsto dall’articolo 7, paragrafo 11, del RStV.

    75

    Infatti, tenuto conto, in particolare, del fatto che, come risulta dal punto 57 supra, si deve riconoscere agli Stati membri un certo margine di discrezionalità per quanto riguarda l’attuazione dell’obiettivo consistente nel rispetto del pluralismo dei media, il fatto che uno Stato membro imponga norme meno severe di quelle imposte da un altro Stato membro non significa che queste ultime siano sproporzionate (v., in tal senso, sentenza del 18 settembre 2019, VIPA, C‑222/18, EU:C:2019:751, punto 71).

    76

    Ciò premesso, è necessario constatare che l’articolo 7, paragrafo 11, del RStV prevede esso stesso una «clausola di apertura» che consente ai Länder di introdurre una misura meno restrittiva del divieto assoluto, vale a dire un regime di autorizzazione specifico, purché il diritto del Land interessato lo preveda.

    77

    Pertanto, una misura meno restrittiva potrebbe risultare dall’attuazione effettiva di tale regime di autorizzazione a livello dei Länder, consentendo la diffusione di pubblicità regionale da parte delle emittenti televisive nazionali entro certi limiti e a determinate condizioni da stabilirsi alla luce delle specificità di ciascun Land allo scopo, in particolare, di minimizzare eventuali conseguenze finanziarie sulle emittenti televisive regionali e locali e, quindi, di preservare il pluralismo dell’offerta televisiva, in particolare, su scala regionale e locale.

    78

    Come sottolineato dall’avvocato generale al paragrafo 69 delle sue conclusioni, la circostanza che tale facoltà sia rimasta inutilizzata fino ad oggi non muta in alcun modo il fatto che il legislatore tedesco, introducendo la clausola de qua, abbia riconosciuto la compatibilità di un simile regime di autorizzazione con gli obiettivi della misura in questione.

    79

    Inoltre, l’esistenza di una misura a priori meno restrittiva può incidere sulla proporzionalità dell’articolo 7, paragrafo 11, del RStV solo nei limiti in cui, circostanza che spetta al giudice del rinvio verificare, quest’ultimo possa essere effettivamente adottato e attuato in modo da garantire che, in concreto, possa essere raggiunto l’obiettivo di tale disposizione, inteso a preservare il pluralismo dei media a livello regionale e locale mediante la tutela del finanziamento e della stabilità delle emittenti televisive regionali e locali.

    Sulla conformità agli articoli 11 e 20 della Carta

    80

    Per quanto riguarda, in terzo e ultimo luogo, la questione se si possa ritenere che il divieto stabilito all’articolo 7, paragrafo 11, del RStV pregiudichi la libertà di radiodiffusione quale garantita dall’articolo 11 della Carta, o che sia contrario al principio della parità di trattamento, occorre rilevare, in via preliminare, che, alla luce di una giurisprudenza costante della Corte, qualora sia stato stabilito, nell’ambito dell’esame più ampio dell’articolo 56 TFUE, che detta normativa è atta ad ostacolare la libera prestazione di servizi e che lo Stato membro interessato la ritiene giustificata da ragioni imperative di interesse generale attinenti, nel caso di specie, all’obiettivo della tutela della pluralità dei media, tale normativa deve essere considerata come di attuazione del diritto dell’Unione, ai sensi dell’articolo 51, paragrafo 1, della Carta, cosicché essa deve essere conforme ai diritti fondamentali garantiti da quest’ultima [v., in tal senso, sentenza del 21 maggio 2019, Commissione/Ungheria (Usufrutti su terreni agricoli), C‑235/17, EU:C:2019:432, punti da 63 a 65].

    Sulla libertà di espressione e d’informazione garantita dall’articolo 11 della Carta

    81

    Per quanto riguarda la libertà di espressione e d’informazione, sancita all’articolo 11 della Carta, occorre ricordare che detta libertà è altresì tutelata dall’articolo 10 della CEDU che si applica, in particolare, come emerge dalla giurisprudenza della Corte europea dei diritti dell’uomo, alla diffusione da parte di un imprenditore di informazioni di carattere commerciale, segnatamente sotto forma di messaggi pubblicitari (sentenza del 17 dicembre 2015, Neptune Distribution, C‑157/14, EU:C:2015:823, punto 64 e giurisprudenza ivi citata).

    82

    Ebbene, dal momento che la libertà di espressione e d’informazione sancita all’articolo 11 della Carta ed all’articolo 10 della CEDU ha lo stesso significato e la stessa portata in ciascuno di tali due strumenti, come risulta dall’articolo 52, paragrafo 3, della medesima e dalle spiegazioni relative alla Carta in merito al suo articolo 11, si deve constatare che la misura nazionale di cui trattasi nel procedimento principale, là dove limita le possibilità di diffusione di pubblicità televisiva regionale da parte delle emittenti televisive nazionali a vantaggio degli inserzionisti interessati, costituisce una violazione di tale libertà fondamentale in capo a tali emittenti (v., in tal senso, sentenze del 26 giugno 1997, Familiapress, C‑368/95, EU:C:1997:325, punto 26; del 23 ottobre 2003, RTL Television, C‑245/01, EU:C:2003:580, punto 68, nonché del 17 dicembre 2015, Neptune Distribution, C‑157/14, EU:C:2015:823, punti 6465).

    83

    Per quanto riguarda le emittenti televisive nazionali, l’ingerenza nella libertà di espressione e d’informazione assume la forma particolare di un’ingerenza nella libertà dei media o nella libertà di radiodiffusione, tutelata specificamente dall’articolo 11, paragrafo 2, della Carta.

    84

    Sebbene le libertà garantite dalla Carta possano essere limitate, qualsiasi limitazione del loro esercizio dev’essere, ai sensi dell’articolo 52, paragrafo 1, della Carta, prevista dalla legge e rispettare il contenuto essenziale di dette libertà. Inoltre, come emerge da tale disposizione, nel rispetto del principio di proporzionalità possono essere apportate limitazioni solo qualora siano necessarie e rispondano effettivamente a finalità di interesse generale riconosciute dall’Unione o all’esigenza di proteggere i diritti e le libertà altrui (sentenza del 17 dicembre 2015, Neptune Distribution, C‑157/14, EU:C:2015:823, punto 68).

    85

    A tal riguardo, occorre constatare, nel caso di specie, in primo luogo, che la limitazione risultante dal divieto di pubblicità regionale di cui all’articolo 7, paragrafo 11, del RStV deve essere considerata prevista dalla legge in quanto contenuta in un trattato concluso tra tutti i Länder tedeschi.

    86

    In secondo luogo, il contenuto essenziale della libertà di espressione e d’informazione degli operatori interessati non è pregiudicato, dal momento che, da un lato, come rilevato anche dall’avvocato generale al paragrafo 81 delle sue conclusioni, tale normativa nazionale limita unicamente la facoltà, per gli inserzionisti, di utilizzare un canale di comunicazione particolare, segnatamente le emittenti televisive nazionali, lasciando loro al contempo la libertà di sfruttare altri canali promozionali per raggiungere il loro obiettivo regionale, come la pubblicità su Internet, il cui carattere performante, ivi incluso su scala regionale, non è del resto contestato.

    87

    D’altro canto, per quanto riguarda le emittenti televisive nazionali private e non sovvenzionate, benché la libertà dei media di cui essi beneficiano sia limitata in quanto è loro vietato diffondere pubblicità regionale nell’ambito della diffusione di programmi a portata nazionale, si tratta solo di un metodo di diffusione della pubblicità e, pertanto, di una fonte di reddito tra le altre per tali operatori.

    88

    In terzo luogo, l’ingerenza di cui al punto 85 supra risponde ad un obiettivo di interesse generale riconosciuto dall’Unione.

    89

    Infatti, come risulta dal punto 53 supra, la normativa nazionale di cui trattasi nel procedimento principale mira a riservare i proventi della pubblicità televisiva regionale alle emittenti televisive regionali e locali al fine di garantire il loro finanziamento e, pertanto, la loro continuità, così da consentirgli di contribuire al pluralismo dell’offerta dei programmi televisivi mediante la fornitura di contenuti a carattere regionale e locale.

    90

    Tale obiettivo, nella misura in cui mira alla tutela del pluralismo dei media su scala regionale e locale, costituisce un obiettivo di interesse generale, come già rilevato al punto 55 supra, espressamente riconosciuto dall’articolo 11, paragrafo 2, della Carta.

    91

    In quarto luogo, riguardo alla proporzionalità dell’ingerenza constatata, occorre sottolineare che dalla giurisprudenza della Corte europea dei diritti dell’uomo relativa all’articolo 10, paragrafo 2, della CEDU risulta che le autorità nazionali godono di un certo margine di discrezionalità per valutare l’esistenza di un bisogno sociale imperativo tale da giustificare una restrizione alla libertà di espressione. Secondo tale giurisprudenza, ciò è particolarmente indispensabile in materia commerciale e specialmente in un settore così complesso e oscillante come la pubblicità (sentenza del 23 ottobre 2003, RTL Television, C‑245/01, EU:C:2003:580, punto 73 e giurisprudenza ivi citata).

    92

    Il divieto di pubblicità regionale di cui all’articolo 7, paragrafo 11, del RStV deriva essenzialmente da un bilanciamento tra, da un lato, la libertà di espressione a carattere commerciale delle emittenti televisive nazionali e degli inserzionisti di diffondere pubblicità televisiva regionale nell’ambito di programmi destinati a tutti i telespettatori nazionali, e, dall’altro, la tutela del pluralismo dei media su scala regionale e locale, al quale le emittenti televisive regionali e locali possono contribuire solo se il loro finanziamento e, pertanto, la loro sostenibilità, sono garantiti mediante la riserva in loro favore di introiti sufficienti provenienti dalla pubblicità regionale.

    93

    A tal riguardo, come parimenti rilevato, in sostanza, dall’avvocato generale al paragrafo 83 delle sue conclusioni, con l’adozione dell’articolo 7, paragrafo 11, del RStV, il legislatore tedesco ha potuto legittimamente considerare, senza superare il notevole margine di discrezionalità ad esso spettante nell’ambito particolare di un siffatto esercizio di bilanciamento di interessi eventualmente conflittuali, che la salvaguardia dell’interesse pubblico a che emittenti televisive regionali e locali fossero in grado di contribuire al dibattito pubblico a tali livelli dovesse prevalere sull’interesse privato delle emittenti televisive nazionali e degli inserzionisti di diffondere pubblicità televisiva regionale nell’ambito di programmi destinati a tutti i telespettatori nazionali.

    94

    Dalle considerazioni che precedono risulta che l’articolo 11 della Carta dev’essere interpretato nel senso che non osta ad una misura di divieto di pubblicità regionale sulle emittenti televisive nazionali, come quella di cui all’articolo 7, paragrafo 11, del RStV.

    Sul principio della parità di trattamento garantito dall’articolo 20 della Carta

    95

    Per quanto riguarda la conformità di una normativa nazionale, come l’articolo 7, paragrafo 11, del RStV, al principio della parità di trattamento, occorre ricordare che tale principio generale del diritto dell’Unione è sancito all’articolo 20 della Carta. Per giurisprudenza costante della Corte, tale principio generale impone che situazioni analoghe non siano trattate in maniera diversa e che situazioni diverse non siano trattate in maniera uguale, a meno che tale trattamento non sia obiettivamente giustificato. Una differenza di trattamento è giustificata se si fonda su un criterio obiettivo e ragionevole, vale a dire qualora essa sia rapportata a un legittimo scopo perseguito dalla normativa in questione e tale differenza sia proporzionata allo scopo perseguito dal trattamento di cui trattasi (sentenza del 22 maggio 2014, Glatzel, C‑356/12, EU:C:2014:350, punto 43 e giurisprudenza ivi citata).

    96

    Il giudice del rinvio si interroga, in particolare, sulla questione se una misura di divieto di pubblicità regionale sulle reti televisive nazionali, come quella contenuta all’articolo 7, paragrafo 11, del RStV, possa essere contraria al principio di parità di trattamento, in quanto tale disposizione pone le emittenti televisive nazionali, nonché gli inserzionisti sia residenti che non residenti, in una posizione meno favorevole rispetto a quella dei fornitori di servizi pubblicitari su Internet, quali i servizi di video on demand o i servizi di streaming, dato che questi ultimi hanno il diritto di differenziare la loro pubblicità per regione allo stesso modo della stampa nazionale.

    97

    Sebbene spetti al giudice del rinvio verificare che la normativa nazionale di cui trattasi nel procedimento principale sia conforme al principio della parità di trattamento, la Corte può nondimeno fornirgli ogni indicazione utile ai fini di tale esame (v., in tal senso, sentenza del 30 gennaio 2020, Autoservizi Giordano, C‑513/18, EU:C:2020:59, punto 36).

    98

    A tal riguardo, occorre esaminare, in primo luogo, se i diversi operatori indicati al punto 96 supra si trovino in una situazione comparabile.

    99

    Secondo una giurisprudenza costante della Corte, la comparabilità di situazioni diverse è valutata alla luce di tutti gli elementi che le caratterizzano. Tali elementi devono, in particolare, essere determinati e valutati alla luce dell’oggetto e dello scopo dell’atto che stabilisce la distinzione di cui trattasi. Devono, inoltre, essere presi in considerazione i principi e gli obiettivi del settore cui tale atto si riferisce (v., in tal senso, sentenze del 18 luglio 2013, Sky Italia, C‑234/12, EU:C:2013:496, punto 16, e del 30 gennaio 2019, Planta Tabak, C‑220/17, EU:C:2019:76, punto 37 e giurisprudenza ivi citata).

    100

    Spetta pertanto al giudice del rinvio verificare se la situazione delle emittenti televisive nazionali e quella dei fornitori di servizi pubblicitari, in particolare lineari, su Internet per quanto riguarda la fornitura di servizi di pubblicità regionale siano significativamente diverse sotto il profilo degli elementi che caratterizzano le loro rispettive situazioni, ossia, in particolare, le consuete modalità di utilizzo dei servizi pubblicitari, il modo in cui sono forniti o ancora il contesto normativo in cui si inseriscono.

    101

    Spetta parimenti al giudice del rinvio verificare se, alla luce dell’oggetto e dello scopo dell’articolo 7, paragrafo 11, del RStV, volto in particolare a preservare il finanziamento delle emittenti televisive regionali e locali, la situazione delle emittenti televisive nazionali non sovvenzionate che forniscono pubblicità sia comparabile a quella dei fornitori di servizi pubblicitari, in particolare lineari, su Internet, tenendo conto del fatto che tali due categorie di operatori dipendono in maniera uguale dai suddetti introiti pubblicitari per il loro finanziamento.

    102

    In tale contesto, un elemento importante che indichi che le due categorie di operatori si trovano in una situazione comparabile sarebbe costituito dalla circostanza, laddove essa fosse accertata dal giudice del rinvio, che questi ultimi forniscono prestazioni di servizi simili che si trovano in concorrenza le une con le altre (v., in tal senso, sentenza del 30 gennaio 2020, Autoservizi Giordano, C‑513/18, EU:C:2020:59, punto 38).

    103

    In secondo luogo, se, al termine di tali verifiche, il giudice del rinvio pervenisse alla conclusione che la situazione delle emittenti televisive nazionali e quella dei fornitori di servizi pubblicitari, in particolare lineari, su Internet sono comparabili, tenuto conto degli elementi che le caratterizzano, dell’oggetto e dello scopo dell’articolo 7, paragrafo 11, del RStV nonché dei principi e degli obiettivi del settore del diritto nazionale in cui rientra tale disposizione, esso sarebbe comunque tenuto a verificare se la disparità di trattamento tra queste due categorie di operatori possa essere oggettivamente giustificata.

    104

    A tal riguardo, come risulta dal punto 95 supra, una differenza di trattamento è giustificata se si fonda su un criterio obiettivo e ragionevole, vale a dire qualora essa sia rapportata a un legittimo scopo perseguito dalla normativa in questione e tale differenza sia proporzionata allo scopo perseguito dal trattamento di cui trattasi.

    105

    Sebbene spetti unicamente al giudice del rinvio determinare se la disparità di trattamento eventualmente derivante dall’applicazione della norma enunciata all’articolo 7, paragrafo 11, del RStV possa essere oggettivamente giustificata alla luce dei criteri ricordati al punto precedente, occorre rilevare che un siffatto esame corrisponde, in sostanza, a quello relativo alla giustificazione della restrizione alla libera prestazione di servizi, operato ai punti da 52 a 79 supra, cosicché questi due esami devono essere condotti allo stesso modo.

    106

    Infine, per quanto riguarda la questione se la norma enunciata all’articolo 7, paragrafo 11, del RStV comporti una differenza di trattamento tra, da un lato, gli inserzionisti che ricorrono ai servizi delle emittenti televisive nazionali al fine di diffondere la pubblicità a livello regionale e, dall’altro, gli inserzionisti che si avvalgono dei fornitori di servizi pubblicitari, in particolare lineari, su Internet a questo stesso livello, occorre osservare che l’esame di tale questione è strettamente connesso all’esame della situazione di tali emittenti e di tali fornitori. Pertanto, le considerazioni svolte ai punti da 98 a 105 supra si applicano anche nei confronti di tali inserzionisti.

    107

    Sulla scorta di tutte le considerazioni che precedono, alle questioni pregiudiziali occorre rispondere come segue:

    l’articolo 4, paragrafo 1, della direttiva 2010/13 e l’articolo 11 della Carta devono essere interpretati nel senso che non ostano a una normativa nazionale che vieta alle emittenti televisive di inserire nei loro programmi trasmessi in tutto il territorio nazionale pubblicità televisive la cui diffusione sia limitata a un livello regionale;

    l’articolo 56 TFUE deve essere interpretato nel senso che non osta ad una siffatta normativa nazionale, purché essa sia idonea a garantire il conseguimento dell’obiettivo di tutela del pluralismo dei media al livello regionale e locale da essa perseguito e non vada al di là di quando necessario per raggiungere detto obiettivo, ciò che spetta al giudice del rinvio verificare, e

    l’articolo 20 della Carta deve essere interpretato nel senso che non osta ad una siffatta normativa nazionale, nei limiti in cui essa non comporti una disparità di trattamento tra le emittenti televisive nazionali e i fornitori di pubblicità su Internet per quanto riguarda la diffusione di pubblicità a livello regionale, circostanza che spetta al giudice del rinvio verificare.

    Sulle spese

    108

    Nei confronti delle parti nel procedimento principale la presente causa costituisce un incidente sollevato dinanzi al giudice nazionale, cui spetta quindi statuire sulle spese. Le spese sostenute da altri soggetti per presentare osservazioni alla Corte non possono dar luogo a rifusione.

     

    Per questi motivi, la Corte (Terza Sezione) dichiara:

     

    L’articolo 4, paragrafo 1, della direttiva 2010/13/UE del Parlamento europeo e del Consiglio, del 10 marzo 2010, relativa al coordinamento di determinate disposizioni legislative, regolamentari e amministrative degli Stati membri concernenti la fornitura di servizi di media audiovisivi (direttiva sui servizi di media audiovisivi), e l’articolo 11 della Carta dei diritti fondamentali dell’Unione europea devono essere interpretati nel senso che non ostano a una normativa nazionale che vieta alle emittenti televisive di inserire nei loro programmi trasmessi in tutto il territorio nazionale pubblicità televisive la cui diffusione sia limitata a un livello regionale.

     

    L’articolo 56 TFUE deve essere interpretato nel senso che non osta ad una siffatta normativa nazionale, purché essa sia idonea a garantire il conseguimento dell’obiettivo di tutela del pluralismo dei media al livello regionale e locale da essa perseguito e non vada al di là di quando necessario per raggiungere detto obiettivo, ciò che spetta al giudice del rinvio verificare.

     

    L’articolo 20 della Carta dei diritti fondamentali deve essere interpretato nel senso che non osta ad una siffatta normativa nazionale, nei limiti in cui essa non comporti una disparità di trattamento tra le emittenti televisive nazionali e i fornitori di pubblicità su Internet per quanto riguarda la diffusione di pubblicità a livello regionale, circostanza che spetta al giudice del rinvio verificare.

     

    Firme


    ( *1 ) Lingua processuale: il tedesco.

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