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Document 62019CJ0146

Sentenza della Corte (Settima Sezione) dell'11 giugno 2020.
SCT, d.d. contro Repubblica di Slovenia.
Domanda di pronuncia pregiudiziale proposta dal Vrhovno sodišče Republike Slovenije.
Rinvio pregiudiziale – Fiscalità – Imposta sul valore aggiunto (IVA) – Direttiva 2006/112/CE – Articoli 90 e 273 – Base imponibile – Riduzione – Diniego – Non pagamento – Soggetto passivo che non ha insinuato il proprio credito nella procedura di fallimento instaurata nei confronti del debitore – Principi di neutralità fiscale e di proporzionalità – Effetto diretto.
Causa C-146/19.

ECLI identifier: ECLI:EU:C:2020:464

 SENTENZA DELLA CORTE (Settima Sezione)

11 giugno 2020 ( *1 )

«Rinvio pregiudiziale – Fiscalità – Imposta sul valore aggiunto (IVA) – Direttiva 2006/112/CE – Articoli 90 e 273 – Base imponibile – Riduzione – Diniego – Non pagamento – Soggetto passivo che non ha insinuato il proprio credito nella procedura di fallimento instaurata nei confronti del debitore – Principi di neutralità fiscale e di proporzionalità – Effetto diretto»

Nella causa C‑146/19,

avente ad oggetto la domanda di pronuncia pregiudiziale proposta alla Corte, ai sensi dell’articolo 267 TFUE, dal Vrhovno sodišče (Corte suprema, Slovenia), con decisione del 30 gennaio 2019, pervenuta in cancelleria il 21 febbraio 2019, nel procedimento

SCT d.d., in amministrazione fallimentare,

contro

Repubblica di Slovenia,

LA CORTE (Settima Sezione),

composta da P.G. Xuereb, presidente di sezione, T. von Danwitz e A. Kumin (relatore), giudici,

avvocato generale: M. Szpunar

cancelliere: M. Longar, amministratore

vista la fase scritta del procedimento e in seguito all’udienza del 26 febbraio 2020,

considerate le osservazioni presentate:

per la SCT d.d., in amministrazione fallimentare, da S. Pušenjak, odvetnica;

per il governo sloveno, da T. Mihelič Žitko e V. Klemenc, in qualità di agenti;

per il governo ceco, da M. Smolek, O. Serdula e J. Vláčil, in qualità di agenti;

per il governo italiano, da G. Palmieri, in qualità di agente, assistita da G. Galluzzo, avvocato dello Stato;

per la Commissione europea, da N. Gossement e M. Kocjan, in qualità di agenti,

vista la decisione, adottata dopo aver sentito l’avvocato generale, di giudicare la causa senza conclusioni,

ha pronunciato la seguente

Sentenza

1

La domanda di pronuncia pregiudiziale verte sull’interpretazione dell’articolo 90 della direttiva 2006/112/CE del Consiglio, del 28 novembre 2006, relativa al sistema comune d’imposta sul valore aggiunto (GU 2006, L 347, pag. 1; in prosieguo: la «direttiva IVA»).

2

Tale domanda è stata presentata nell’ambito di una controversia che oppone la SCT d.d., società in amministrazione fallimentare, alla Repubblica di Slovenia, vertente sul rifiuto di concedere alla SCT la rettifica dell’importo dell’imposta sul valore aggiunto (IVA) pagata e relativa a crediti non riscossi, a motivo dell’omessa insinuazione, da parte di detta società, di tali crediti nei procedimenti fallimentari instaurati nei confronti dei debitori.

Contesto normativo

Diritto dell’Unione

3

L’articolo 90 della direttiva IVA dispone quanto segue:

«1.   In caso di annullamento, recesso, risoluzione, non pagamento totale o parziale o riduzione di prezzo dopo il momento in cui si effettua l’operazione, la base imponibile è debitamente ridotta alle condizioni stabilite dagli Stati membri.

2.   In caso di non pagamento totale o parziale, gli Stati membri possono derogare al paragrafo 1».

4

L’articolo 273 della direttiva di cui sopra recita:

«Gli Stati membri possono stabilire, nel rispetto della parità di trattamento delle operazioni interne e delle operazioni effettuate tra Stati membri da soggetti passivi, altri obblighi che essi ritengono necessari ad assicurare l’esatta riscossione dell’IVA e ad evitare le evasioni, a condizione che questi obblighi non diano luogo, negli scambi tra Stati membri, a formalità connesse con il passaggio di una frontiera.

Gli Stati membri non possono avvalersi della facoltà di cui al primo comma per imporre obblighi di fatturazione supplementari rispetto a quelli previsti al capo 3».

Diritto sloveno

5

L’articolo 39, paragrafi da 2 a 4, dello Zakon o davku na dodano vrednost (legge sull’imposta sul valore aggiunto; in prosieguo: lo «ZDDV‑1») prevede quanto segue:

«(2)   In caso di revoca dell’ordinativo, di restituzione del bene ovvero di riduzione del prezzo successivamente all’esecuzione della fornitura, la base imponibile è debitamente ridotta. Il soggetto passivo può rettificare (ridurre) l’importo dell’IVA calcolata, qualora informi per iscritto l’acquirente in merito all’importo dell’IVA per il quale quest’ultimo non ha diritto a detrazione.

(3)   Il soggetto passivo può rettificare (ridurre) l’importo dell’IVA calcolata anche nel caso in cui, sulla base di un’ordinanza definitiva di un giudice che dispone la chiusura della procedura fallimentare o che termina positivamente la procedura di concordato preventivo, detto soggetto passivo non sia stato pagato o non sia stato interamente pagato. Allo stesso modo possono agire anche il soggetto passivo il quale riceva una decisione definitiva di un giudice in merito alla cessazione del procedimento esecutivo ovvero un altro documento dal quale risulti in modo manifesto che egli, nell’ambito del procedimento esecutivo concluso, non è stato pagato ovvero non è stato interamente pagato, nonché il soggetto passivo che non sia stato pagato ovvero non sia stato interamente pagato per il fatto che il debitore è stato cancellato dal registro giudiziale ovvero da altri registri corrispondenti o da altri atti facenti pubblica fede prescritti. Qualora il soggetto passivo riceva successivamente il pagamento ovvero un pagamento parziale per la fornitura del bene o del servizio effettuata, in relazione alla quale egli ha fatto valere la rettifica della base imponibile ai sensi del presente paragrafo, detto soggetto passivo deve conteggiare l’IVA sull’importo ricevuto.

(4)   A prescindere da quanto disposto al paragrafo precedente, il soggetto passivo può rettificare (ridurre) l’importo dell’IVA conteggiata e non pagata relativa a tutti i crediti riconosciuti che egli abbia insinuato nella procedura di concordato preventivo ovvero nella procedura fallimentare».

6

L’articolo 296 dello Zakon o finančnem poslovanju, postopkih zaradi insolventnosti in prisilnem prenehanju (legge sulle attività economico‑finanziarie, sulle procedure di insolvenza e sullo scioglimento coattivo delle imprese; in prosieguo: lo «ZFPPIPP») dispone quanto segue:

«(1)   I creditori devono insinuare nella procedura fallimentare tutti i crediti da essi vantati nei confronti del debitore fallito, i quali siano sorti fino all’inizio della procedura fallimentare, ad eccezione di quelli che in base alla legge non devono essere insinuati.

(…)

(5)   Qualora il creditore non rispetti il termine per l’insinuazione del credito fissato dal paragrafo 1 (…) del presente articolo, il suo credito nei confronti del debitore fallito si estingue e il giudice respinge la domanda tardiva di insinuazione del credito nel fallimento».

Procedimento principale e questioni pregiudiziali

7

La SCT ha proceduto, a titolo dell’esercizio fiscale del mese di aprile 2014, ad una rettifica dell’IVA dichiarata nella misura di EUR 272471 su crediti rimasti insoluti, che essa vantava verso due società nei cui confronti era stata dichiarata definitivamente conclusa una procedura di fallimento nel mese di giugno 2013.

8

Nel corso di una verifica, l’autorità tributaria competente ha constatato che la SCT non aveva insinuato tali crediti nelle procedure di fallimento in questione e che, a norma dell’articolo 296 dello ZFPPIPP, tali crediti erano estinti. Detta autorità ha concluso, su tale base, che le condizioni necessarie per l’ottenimento di una riduzione dell’IVA non erano soddisfatte.

9

A seguito della proposizione di un ricorso gerarchico, la decisione su quest’ultimo ha confermato alla SCT che dall’articolo 39, paragrafo 3, dello ZDDV‑1 risulta che un soggetto passivo ha il diritto di rettificare l’importo dell’IVA dichiarata sulla base di una decisione definitiva di chiusura di una procedura fallimentare soltanto qualora egli abbia insinuato il proprio credito nei confronti del debitore fallito. Mediante tale insinuazione, il soggetto passivo dimostrerebbe altresì che il credito è tuttora esistente, il che rivestirebbe una particolare importanza nel caso di crediti vantati, come nel caso di specie, nei confronti di soggetti con i quali il soggetto passivo è collegato.

10

Investito di un ricorso proposto dalla SCT, il giudice amministrativo di primo grado ha confermato le decisioni dell’amministrazione tributaria. A questo proposito, esso si è fondato sull’articolo 90 della direttiva IVA. Ad avviso di detto giudice, mentre il paragrafo 1 di tale articolo stabilisce che, in caso di non pagamento dopo il momento in cui l’operazione viene effettuata, la base imponibile viene debitamente ridotta, il paragrafo 2 del medesimo articolo permette agli Stati membri di derogare alla disposizione precedente. Orbene, il legislatore sloveno avrebbe fatto uso di tale possibilità di deroga.

11

A seguito di ricorso per cassazione proposto dinanzi al Vrhovno sodišče (Corte suprema, Slovenia), la SCT sostiene che l’articolo 39, paragrafo 3, dello ZDDV‑1 non costituisce una deroga agli obblighi stabiliti dall’articolo 90, paragrafo 1, della direttiva IVA, bensì fissa soltanto le condizioni che devono essere soddisfatte perché possa procedersi ad una riduzione della base imponibile. Tale articolo 39, paragrafo 3, non corrisponderebbe pertanto all’applicazione dell’articolo 90, paragrafo 2, di detta direttiva.

12

Il Vrhovno sodišče (Corte suprema) precisa che l’articolo 39, paragrafo 2, dello ZDDV‑1, che elenca i casi nei quali la base imponibile dell’IVA viene ridotta, non menziona il caso del non pagamento. Ne deriverebbe che il legislatore sloveno ha dato applicazione all’articolo 90, paragrafo 2, della direttiva IVA ed ha così introdotto un’eccezione al diritto alla riduzione della base imponibile dell’IVA per questi casi.

13

Tuttavia, secondo detto giudice, dall’articolo 39, paragrafo 3, dello ZDDV‑1 potrebbe desumersi che il legislatore sloveno ha comunque previsto quattro casi, elencati in maniera tassativa, nei quali la riduzione della base imponibile viene concessa al soggetto passivo anche in ipotesi di non pagamento, il che costituirebbe dunque una «eccezione all’eccezione». Tali casi eccezionali risulterebbero dall’impossibilità per il soggetto passivo di ottenere il pagamento integrale del proprio credito. Tuttavia, per quanto riguarda il riconoscimento del diritto alla riduzione della base imponibile dell’IVA, al soggetto passivo verrebbe richiesto di compiere determinati atti. In particolare, quest’ultimo dovrebbe dimostrare l’impossibilità per lui di riscuotere il proprio credito, producendo attestazioni ufficiali rilasciate nell’ambito di un appropriato procedimento legale.

14

Detto giudice ritiene che la limitazione della possibilità di ridurre la base imponibile dell’IVA, risultante dall’articolo 39 dello ZDDV‑1, potrebbe essere considerata incompatibile con l’articolo 90, paragrafo 2, della direttiva IVA, dal momento che, in questo modo, la riduzione non è concessa in tutti i casi in cui il non pagamento di un credito sia divenuto definitivo, bensì la riduzione viene, al contrario, subordinata a condizioni supplementari che il soggetto passivo dovrebbe soddisfare.

15

In tale contesto, il Vrhovno sodišče (Corte suprema) si chiede se, alla luce dei principi disciplinanti il sistema dell’IVA, sia nondimeno ammissibile, in applicazione delle eccezioni previste all’articolo 90, paragrafo 2, della direttiva IVA, rifiutare il diritto a riduzione della base imponibile dell’IVA in caso di non pagamento qualora il soggetto passivo, pur non avendo partecipato ad un’evasione o a un’elusione fiscale, non abbia dato prova della diligenza necessaria per riscuotere il proprio credito e per assicurare il pagamento dell’IVA dovuta allo Stato.

16

Infatti, il soggetto passivo debitore dell’IVA resterebbe pur sempre uno degli elementi fondamentali del sistema di prelievo di tale imposta, agendo per conto dello Stato ai fini di tale prelievo e del successivo versamento dell’IVA pagata. Se tale soggetto passivo si vedesse riconoscere il diritto di diminuire la base imponibile dell’IVA in tutti i casi di non soddisfacimento dei crediti, e dunque anche quando egli stesso non adempia ai propri obblighi risultanti dal sistema dell’IVA, egli priverebbe lo Stato della possibilità di percepire l’IVA dichiarata che gli spetta.

17

Nell’ipotesi in cui fosse possibile interpretare il potere concesso agli Stati membri dal legislatore dell’Unione, sulla base dell’articolo 90, paragrafo 2, della direttiva IVA, nel senso che esso consente al legislatore nazionale di limitare la possibilità di diminuire la base imponibile dell’IVA per definitivo non pagamento, detto giudice si chiede nondimeno se, in virtù della direttiva IVA, sia necessario offrire al soggetto passivo la possibilità di dimostrare che tali crediti non sarebbero stati soddisfatti neppure in caso di insinuazione nell’ambito della procedura fallimentare, ovvero che esistono altri motivi ragionevoli che giustificano l’omessa insinuazione.

18

Infine, detto giudice si interroga in merito alla questione se sia possibile ritenere che l’articolo 90, paragrafo 1, della direttiva IVA abbia un effetto diretto, segnatamente nel caso in cui il legislatore nazionale abbia travalicato il quadro della disciplina ammissibile delle deroghe previste dall’articolo 90, paragrafo 2, della citata direttiva.

19

Alla luce di tali circostanze, il Vrhovno sodišče (Corte suprema) ha deciso di sospendere il procedimento e di sottoporre alla Corte le seguenti questioni pregiudiziali:

«1)

Se sia possibile interpretare l’articolo 90, paragrafo 2, della direttiva IVA nel senso che esso consente una deroga al diritto di riduzione della base imponibile dell’IVA anche nel caso di definitivo non pagamento, qualora questo definitivo non pagamento sia una conseguenza dell’omessa adozione, da parte del soggetto passivo dell’imposta, di un comportamento dovuto, ad esempio in virtù dell’omessa insinuazione del credito nella procedura fallimentare avviata nei confronti del debitore di detto soggetto passivo, come nella presente fattispecie.

2)

Se, anche nel caso in cui sia ammissibile una siffatta deroga al diritto di riduzione della base imponibile dell’IVA, sussista ugualmente un diritto alla riduzione di tale base imponibile a motivo di non pagamento qualora il soggetto passivo dimostri che, anche qualora avesse insinuato i propri crediti nella procedura fallimentare, questi non sarebbero stati soddisfatti, oppure dimostri che sussistevano motivi ragionevoli per l’omissione, da parte sua, dell’insinuazione del credito.

3)

Se l’articolo 90, paragrafo 1, della direttiva sull’IVA abbia effetto diretto anche nel caso in cui il legislatore dello Stato membro abbia travalicato il quadro della disciplina ammissibile delle deroghe stabilite dal paragrafo 2 del medesimo articolo 90».

Sulle questioni pregiudiziali

Sulle questioni prima e seconda

20

Con la sua prima e la sua seconda questione, che vanno esaminate congiuntamente, il giudice del rinvio chiede, in sostanza, se l’articolo 90, paragrafo 2, della direttiva IVA debba essere interpretato nel senso che esso osta ad una normativa di uno Stato membro, in virtù della quale ad un soggetto passivo viene rifiutato il diritto alla riduzione dell’IVA assolta e relativa ad un credito non recuperabile qualora egli abbia omesso di insinuare tale credito nella procedura fallimentare instaurata nei confronti del suo debitore, quand’anche detto soggetto dimostri che, se avesse insinuato il credito in questione, questo non sarebbe stato riscosso o che esistevano motivi ragionevoli per non insinuare il credito in parola.

21

Al fine di rispondere a tale questione, occorre ricordare che l’articolo 90, paragrafo 1, della direttiva IVA, il quale contempla i casi di annullamento, recesso, risoluzione, non pagamento totale o parziale o riduzione di prezzo dopo il momento in cui si effettua l’operazione, obbliga gli Stati membri a ridurre la base imponibile dell’IVA e, di conseguenza, l’importo dell’IVA dovuta dal soggetto passivo ogni volta che, successivamente alla conclusione di una transazione, una parte o la totalità della controprestazione non venga percepita dal soggetto passivo. Tale disposizione costituisce l’espressione di un principio fondamentale della direttiva IVA, secondo il quale la base imponibile è costituita dalla controprestazione realmente percepita, ed il cui corollario consiste nel fatto che l’amministrazione tributaria non può percepire a titolo dell’IVA un importo superiore a quello che il soggetto passivo aveva percepito (sentenza del 6 dicembre 2018, Tratave, C‑672/17, EU:C:2018:989, punto 29 e la giurisprudenza ivi citata).

22

Indubbiamente, l’articolo 90, paragrafo 2, di detta direttiva permette agli Stati membri di derogare a tale regola in caso di non pagamento totale o parziale del prezzo dell’operazione. Così, qualora lo Stato membro di cui trattasi abbia inteso fare applicazione di tale deroga, i soggetti passivi non possono far valere, sulla base del paragrafo 1 del citato articolo, un diritto alla riduzione della loro base imponibile per l’IVA (v., in tal senso, sentenza del 15 maggio 2014, Almos Agrárkülkereskedelmi, C‑337/13, EU:C:2014:328, punto 23).

23

Tuttavia, tale facoltà di deroga, che è strettamente limitata ai casi di non pagamento totale o parziale, è fondata sull’idea secondo cui il non pagamento della controprestazione può, in alcune circostanze e in ragione della situazione giuridica esistente nello Stato membro in questione, essere difficile da verificare oppure avere carattere puramente temporaneo (sentenza del 22 febbraio 2018, T‑2, C‑396/16, EU:C:2018:109, punto 37 e la giurisprudenza ivi citata).

24

Pertanto, la suddetta facoltà di deroga mira unicamente a permettere agli Stati membri di combattere l’incertezza legata alla riscossione delle somme dovute, e non disciplina la questione se possa non effettuarsi una riduzione della base imponibile dell’IVA in caso di definitivo non pagamento (ordinanza del 24 ottobre 2019, Porr Építési Kft., C‑292/19, non pubblicata, EU:C:2019:901, punto 22 e la giurisprudenza ivi citata).

25

Infatti, ammettere la possibilità per gli Stati membri di escludere, in un caso siffatto, qualsiasi riduzione della base imponibile dell’IVA si porrebbe in contrasto con il principio di neutralità dell’IVA, da cui discende in particolare che, nella sua qualità di percettore di imposte per conto dello Stato, l’imprenditore deve essere interamente sgravato del peso dell’imposta dovuta o assolta nell’ambito delle sue attività economiche a loro volta assoggettate all’IVA (ordinanza del 24 ottobre 2019, Porr Építési Kft., C‑292/19, non pubblicata, EU:C:2019:901, punto 23 e la giurisprudenza ivi citata).

26

La Corte ha statuito, a questo proposito, che una situazione caratterizzata dalla riduzione definitiva degli obblighi del debitore nei confronti dei suoi creditori non può essere qualificata come «non pagamento», ai sensi dell’articolo 90, paragrafo 2, della direttiva IVA (ordinanza del 24 ottobre 2019, Porr Építési Kft., C‑292/19, non pubblicata, EU:C:2019:901, punto 25 e la giurisprudenza ivi citata).

27

Dunque, in tal caso, uno Stato membro deve permettere la riduzione della base imponibile dell’IVA qualora il soggetto passivo possa dimostrare che il credito da egli vantato nei confronti del suo debitore presenta un carattere definitivamente irrecuperabile (ordinanza del 24 ottobre 2019, Porr Építési Kft., C‑292/19, non pubblicata, EU:C:2019:901, punto 29).

28

Nel caso di specie, risulta che i crediti in discussione nel procedimento principale presentano un siffatto carattere.

29

Infatti, conformemente all’articolo 296, paragrafo 5, dello ZFPPIPP, essendo mancata l’insinuazione di tali crediti nelle procedure fallimentari instaurate nei confronti dei debitori in questione, i crediti suddetti si sono estinti, con la conseguenza che tale omissione ha determinato una riduzione definitiva degli obblighi di detti debitori nei confronti della SCT. Inoltre, e in ogni caso, non è contestato che tali procedure di fallimento sono state definitivamente chiuse e che i crediti che la SCT vantava nei confronti dei propri debitori non sono stati recuperati al termine delle procedure stesse.

30

Ne consegue che una situazione come quella in discussione nel procedimento principale non può essere qualificata come «non pagamento», ai sensi del paragrafo 2 dell’articolo 90 della direttiva IVA, ma ricade sotto il paragrafo 1 di tale articolo, dal quale risulta l’obbligo, per lo Stato membro interessato, di ridurre la base imponibile dell’IVA in conseguenza della mancata riscossione, da parte del soggetto passivo, della controprestazione.

31

Orbene, nel caso di specie, il diritto alla riduzione della base imponibile viene rifiutato alla SCT a motivo del fatto che tale società non ha rispettato la condizione imposta dal diritto nazionale secondo cui tale riduzione è subordinata all’insinuazione nella procedura fallimentare, da parte del soggetto passivo, dei crediti non riscossi.

32

Il governo sloveno fa valere che tale condizione è fondata sull’articolo 90, paragrafo 1, e sull’articolo 273 della direttiva IVA, i quali riconoscono agli Stati membri un potere discrezionale nella determinazione delle condizioni e degli obblighi che i soggetti passivi devono soddisfare nei confronti delle autorità tributarie ai fini della riduzione della base imponibile.

33

A questo proposito occorre rilevare che, ai sensi dell’articolo 90, paragrafo 1, della direttiva IVA, la base imponibile è debitamente ridotta alle condizioni stabilite dagli Stati membri.

34

Inoltre, in virtù dell’articolo 273 della citata direttiva, gli Stati membri possono stabilire gli obblighi che essi ritengono necessari per assicurare l’esatta riscossione dell’IVA e per evitare le evasioni, a condizione, in particolare, che tale facoltà non venga utilizzata per imporre obblighi di fatturazione supplementari rispetto a quelli previsti nel capo 3 della direttiva summenzionata.

35

Posto che, al di fuori dei limiti da esse fissati, le disposizioni dell’articolo 90, paragrafo 1, e dell’articolo 273 della direttiva IVA non precisano né le condizioni né gli obblighi che gli Stati membri possono stabilire, tali disposizioni conferiscono a questi ultimi un margine di discrezionalità, segnatamente, per quanto riguarda le formalità che i soggetti passivi devono soddisfare di fronte alle autorità tributarie al fine di procedere ad una riduzione della base imponibile (sentenza del 6 dicembre 2018, Tratave, C‑672/17, EU:C:2018:989, punto 32 e la giurisprudenza ivi citata).

36

Tuttavia, le misure idonee ad evitare evasioni o elusioni fiscali possono in via di principio derogare al rispetto delle norme relative alla base imponibile soltanto entro i limiti strettamente necessari per raggiungere tale obiettivo specifico. Infatti, esse devono incidere il meno possibile sugli obiettivi e sui principi della direttiva IVA e non possono, pertanto, essere utilizzate in modo tale da rimettere in discussione la neutralità dell’IVA (sentenza del 6 dicembre 2018, Tratave, C‑672/17, EU:C:2018:989, punto 33 e la giurisprudenza ivi citata).

37

Occorre, di conseguenza, che le formalità che i soggetti passivi devono adempiere per esercitare, di fronte alle autorità tributarie, il diritto di procedere a una riduzione della base imponibile dell’IVA siano limitate a quelle che consentono di dimostrare che, successivamente alla conclusione della transazione, una parte o la totalità della controprestazione non potrà più, in modo definitivo, essere percepita. Incombe, al riguardo, ai giudici nazionali verificare che tale limite sia rispettato nel caso delle formalità richieste dallo Stato membro interessato (sentenza del 6 dicembre 2018, Tratave, C‑672/17, EU:C:2018:989, punto 34 e la giurisprudenza ivi citata).

38

Nel caso di specie, una condizione come quella in discussione nel procedimento principale, la quale subordina la debita riduzione della base imponibile, in caso di non pagamento, all’insinuazione, da parte del soggetto passivo, del credito insoluto nel procedimento fallimentare instaurato nei confronti del debitore, è, in via di principio, idonea a contribuire sia ad assicurare l’esatta riscossione dell’IVA e ad evitare le evasioni, sia ad eliminare il rischio di perdita di entrate fiscali, e persegue dunque i legittimi obiettivi enunciati all’articolo 90, paragrafo 1, e all’articolo 273 della direttiva IVA (v., in tal senso, sentenze del 26 gennaio 2012, Kraft Foods Polska, C‑588/10, EU:C:2012:40, punti 3233, nonché del 6 dicembre 2018, Tratave, C‑672/17, EU:C:2018:989, punti 3536).

39

Orbene, per quanto riguarda, in primo luogo, l’obiettivo della prevenzione delle evasioni fiscali, anche se una condizione quale quella in discussione nel procedimento principale è idonea ad impedire un danno per lo Stato qualora l’inerzia del soggetto passivo che non ha insinuato il proprio credito in una procedura fallimentare risulti da comportamenti configuranti una collusione tra tale soggetto passivo e il suo debitore, occorre rilevare che l’applicazione di tale condizione ha per effetto un rifiuto sistematico del diritto a riduzione della base imponibile in caso di mancata insinuazione, il che si traduce in una presunzione generale di frode che va al di là di quanto è necessario per raggiungere l’obiettivo consistente nel prevenire le evasioni fiscali (v., per analogia, sentenza del 7 settembre 2017, Eqiom e Enka, C‑6/16, EU:C:2017:641, punto 31 e la giurisprudenza ivi citata).

40

Occorre aggiungere che, sulla base del fascicolo a disposizione della Corte, dai fatti del procedimento principale non emerge alcun indizio di frode fiscale o di abuso.

41

Per quanto riguarda, in secondo luogo, l’obiettivo consistente nell’eliminare il rischio di perdita di entrate fiscali, occorre rilevare che, nella misura in cui la mancata insinuazione del credito nella procedura fallimentare instaurata nei confronti del debitore implica che tale credito, a norma dell’articolo 296, paragrafo 5, dello ZFPPIPP, cessa di esistere nei rapporti con il debitore in amministrazione fallimentare, il soggetto passivo perde necessariamente l’opportunità di ottenere il pagamento anche solo parziale del proprio credito, il che si traduce, eventualmente, in un pregiudizio per lo Stato membro interessato.

42

Inoltre, come fatto valere dal governo sloveno senza essere contraddetto sul punto, la semplice insinuazione di un credito nella procedura fallimentare non può essere considerata, in termini di oneri finanziari e amministrativi, come eccessivamente costrittiva.

43

Tuttavia, qualora il soggetto passivo dimostri che, anche se avesse insinuato il proprio credito, quest’ultimo non sarebbe stato riscosso, il fatto di escludere una riduzione della base imponibile e di far pesare su detto soggetto l’onere di un importo a titolo di IVA che egli non ha percepito nell’ambito delle sue attività economiche eccede i limiti strettamente necessari per raggiungere l’obiettivo consistente nell’eliminare il rischio di perdita di entrate fiscali (v., in tal senso, sentenza dell’8 maggio 2019, A-PACK CZ, C‑127/18, EU:C:2019:377, punto 27). Infatti, in questa ipotesi, nessun pregiudizio supplementare per lo Stato avrebbe potuto essere evitato mediante l’insinuazione del credito in questione.

44

Per il resto, riguardo all’interrogativo del giudice del rinvio vertente sulla questione se il soggetto passivo debba poter procedere alla riduzione della base imponibile anche qualora esistano motivi ragionevoli per non insinuare il credito, non risulta né dalla decisione di rinvio né dalle osservazioni presentate alla Corte che, nel caso di specie, la SCT abbia fatto valere motivi siffatti nell’ambito del procedimento tributario. In assenza di correlazione tra tale ipotesi e l’oggetto della controversia nel procedimento principale, non vi è luogo per affrontare tale questione.

45

Alla luce dell’insieme delle considerazioni che precedono, occorre rispondere alla prima e alla seconda questione dichiarando che l’articolo 90, paragrafo 1, e l’articolo 273 della direttiva IVA devono essere interpretati nel senso che essi ostano ad una normativa di uno Stato membro, in virtù della quale ad un soggetto passivo viene rifiutato il diritto alla riduzione dell’IVA assolta e relativa ad un credito non recuperabile qualora egli abbia omesso di insinuare tale credito nella procedura fallimentare instaurata nei confronti del suo debitore, quand’anche detto soggetto dimostri che, se avesse insinuato il credito in questione, questo non sarebbe stato riscosso.

Sulla terza questione

46

Con la sua terza questione, il giudice del rinvio si interroga, in sostanza, in merito alle conseguenze che occorrerebbe trarre nel caso in cui una prescrizione che subordina la debita riduzione della base imponibile, in caso di non pagamento, all’insinuazione, da parte del soggetto passivo, del credito insoluto nella procedura fallimentare instaurata nei confronti del debitore, fosse contraria all’articolo 90, paragrafo 1, della direttiva IVA.

47

A questo proposito, occorre ricordare che, nell’applicare il diritto interno, il giudice nazionale è tenuto ad interpretare quest’ultimo in tutta la misura del possibile alla luce del testo e della finalità della direttiva in parola al fine di raggiungere il risultato da questa perseguito e, dunque, di conformarsi all’articolo 288, terzo comma, TFUE. Tale obbligo di interpretazione conforme del diritto nazionale è infatti inerente al sistema del Trattato FUE, in quanto esso consente al giudice nazionale di assicurare, nel quadro delle sue competenze, la piena efficacia del diritto dell’Unione, allorché esso risolve le controversie portate alla sua cognizione (sentenza del 6 luglio 2017, Glencore Agriculture Hungary, C‑254/16, EU:C:2017:522, punto 34 e la giurisprudenza ivi citata).

48

Ove non possa procedere ad un’interpretazione della normativa nazionale in senso conforme alle prescrizioni del diritto dell’Unione, il giudice nazionale, adito nell’ambito della sua competenza, ha l’obbligo, in quanto organo di uno Stato membro, di disapplicare qualsiasi disposizione nazionale contraria a una disposizione del diritto dell’Unione che sia munita di effetto diretto nella controversia di cui esso è investito (sentenza del 19 dicembre 2019, Deutsche Umwelthilfe, C‑752/18, EU:C:2019:1114, punto 42 e la giurisprudenza ivi citata).

49

Per quanto riguarda l’articolo 90, paragrafo 1, della direttiva IVA, come si è ricordato al punto 33 della presente sentenza, tale disposizione stabilisce che, nei casi da essa contemplati, la base imponibile viene debitamente ridotta alle condizioni stabilite dagli Stati membri.

50

Sebbene tale articolo lasci dunque agli Stati membri un certo margine di discrezionalità allorché essi stabiliscono le misure che permettono di determinare l’importo della riduzione, la Corte ha statuito che tale circostanza non pregiudica il carattere preciso e incondizionato dell’obbligo di riconoscere la riduzione della base imponibile nei casi contemplati dall’articolo suddetto. Quest’ultimo, pertanto, soddisfa le condizioni per produrre un effetto diretto (sentenza del 15 maggio 2014, Almos Agrárkülkereskedelmi, C‑337/13, EU:C:2014:328, punto 34 e la giurisprudenza ivi citata).

51

Alla luce delle considerazioni che precedono, occorre rispondere alla terza questione dichiarando che l’articolo 90, paragrafo 1, della direttiva IVA deve essere interpretato nel senso che il giudice nazionale deve, in virtù dell’obbligo che gli incombe di adottare tutte le misure idonee a garantire l’esecuzione di tale disposizione, interpretare il diritto nazionale in senso conforme a quest’ultima, ovvero, qualora una siffatta interpretazione conforme non sia possibile, disapplicare qualsiasi normativa nazionale la cui applicazione porti ad un risultato contrario alla disposizione in parola.

Sulle spese

52

Nei confronti delle parti nel procedimento principale la presente causa costituisce un incidente sollevato dinanzi al giudice nazionale, cui spetta quindi statuire sulle spese. Le spese sostenute da altri soggetti per presentare osservazioni alla Corte non possono dar luogo a rifusione.

 

Per questi motivi, la Corte (Settima Sezione) dichiara:

 

1)

L’articolo 90, paragrafo 1, e l’articolo 273 della direttiva 2006/112/CE del Consiglio, del 28 novembre 2006, relativa al sistema comune d’imposta sul valore aggiunto, devono essere interpretati nel senso che essi ostano ad una normativa di uno Stato membro, in virtù della quale ad un soggetto passivo viene rifiutato il diritto alla riduzione dell’imposta sul valore aggiunto assolta e relativa ad un credito non recuperabile qualora egli abbia omesso di insinuare tale credito nella procedura fallimentare instaurata nei confronti del suo debitore, quand’anche detto soggetto dimostri che, se avesse insinuato il credito in questione, questo non sarebbe stato riscosso.

 

2)

L’articolo 90, paragrafo 1, della direttiva 2006/112 deve essere interpretato nel senso che il giudice nazionale deve, in virtù dell’obbligo che gli incombe di adottare tutte le misure idonee a garantire l’esecuzione di tale disposizione, interpretare il diritto nazionale in senso conforme a quest’ultima, ovvero, qualora una siffatta interpretazione conforme non sia possibile, disapplicare qualsiasi normativa nazionale la cui applicazione porti ad un risultato contrario alla disposizione in parola.

 

Firme


( *1 ) Lingua processuale: lo sloveno.

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