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Document 62019CC0739

Conclusioni dell’avvocato generale P. Pikamäe, presentate il 3 dicembre 2020.

ECLI identifier: ECLI:EU:C:2020:988

 CONCLUSIONI DELL’AVVOCATO GENERALE

PRIIT PIKAMÄE

presentate il 3 dicembre 2020 ( 1 )

Causa C‑739/19

VK

contro

An Bord Pleanála,

con l’intervento di

The General Council of the Bar of Ireland,

The Law Society of Ireland and the Attorney General

[domanda di pronuncia pregiudiziale proposta dalla Supreme Court (Corte suprema, Irlanda)]

«Rinvio pregiudiziale – Libera prestazione dei servizi da parte degli avvocati – Direttiva 77/249/CEE – Articolo 5 – Obbligo per un avvocato stabilito in un altro Stato membro, che rappresenta un cliente in procedimenti giudiziari dinanzi ai giudici nazionali, di agire di concerto con un avvocato nazionale – Possibilità, per una parte rappresentata da un avvocato straniero nell’ambito di un procedimento di rinvio pregiudiziale, di farsi rappresentare dal medesimo avvocato nel prosieguo del procedimento nazionale»

I. Introduzione

1.

Nella presente causa, avente ad oggetto una domanda di pronuncia pregiudiziale ai sensi dell’articolo 267 TFUE, la Supreme Court (Corte Suprema, Irlanda) sottopone alla Corte quattro questioni pregiudiziali vertenti sull’interpretazione dell’articolo 5 della direttiva 77/249/CEE del Consiglio, del 22 marzo 1977, intesa a facilitare l’esercizio effettivo della libera prestazione di servizi da parte degli avvocati ( 2 ). Tale domanda è stata presentata nell’ambito di una controversia tra VK, ricorrente nel procedimento principale, e l’An Bord Pleanála (organismo di ricorso in materia di pianificazione), in merito all’obbligo imposto all’avvocato straniero di tale ricorrente di agire di concerto con un avvocato iscritto all’ordine forense irlandese ai fini della rappresentanza di detto ricorrente dinanzi al giudice del rinvio.

2.

L’articolo 5 della direttiva 77/249 non precisa ciò che implica esattamente, per l’avvocato stabilito in un altro Stato membro e prestatore di servizi, l’obbligo di concertazione previsto da tale disposizione, lasciando così agli Stati membri un certo margine di discrezionalità nell’esercizio della trasposizione. La presente causa offre alla Corte l’opportunità di precisare la portata di tale margine di discrezionalità e, più concretamente, di determinare le circostanze nelle quali sia giustificato imporre un siffatto obbligo. Un’attenzione particolare dovrà essere rivolta alla questione di come conciliare la libera prestazione dei servizi, sancita all’articolo 56, primo comma, TFUE, con altri legittimi interessi, quali la necessità di garantire la tutela del soggetto che beneficia di servizi legali e di assicurare una buona amministrazione della giustizia, interessi che tale disposizione mira a tutelare.

II. Contesto normativo

A. Diritto dell’Unione

3.

L’articolo 1 della direttiva 77/249 così dispone:

«1.   La presente direttiva si applica, nei limiti e alle condizioni da essa previste, all’attività di avvocato esercitata a titolo di prestazione di servizi.

(...)

2.   Si intende per “avvocato” ogni persona abilitata ad esercitare le proprie attività professionali sotto le seguenti denominazioni:

(...)

Germania (R.f.): Rechtsanwalt

(...)».

4.

L’articolo 5 della direttiva 77/249 prevede quanto segue:

«Per l’esercizio delle attività relative alla rappresentanza e alla difesa in giudizio di un cliente, ogni Stato membro può imporre agli avvocati di cui all’articolo 1:

di essere introdotti, secondo le regole o consuetudini locali, presso il presidente della giurisdizione e, eventualmente, presso il presidente dell’ordine degli avvocati competente nello Stato membro ospitante;

di agire di concerto con un avvocato che eserciti dinanzi alla giurisdizione adita e che sarebbe in caso di necessità responsabile nei confronti di tale giurisdizione, o con un “procuratore” o con un “avoué” che eserciti presso di essa».

B. Diritto irlandese

5.

L’articolo 2, paragrafo 1, dell’European Communities (Freedom to Provide Services) (Lawyers) Regulations 1979 [regolamento del 1979 sulla libera prestazione di servizi nelle Comunità europee (avvocati)] (in prosieguo: il «regolamento del 1979»)], che traspone le disposizioni della direttiva 77/249 nel diritto irlandese, definisce l’«avvocato visitatore» («visiting lawyer», che esercita in regime di libera prestazione dei servizi), che è autorizzato ad esercitare dinanzi ai giudici di un altro Stato membro, facendo riferimento all’elenco di cui all’articolo 1, paragrafo 2, della direttiva 77/249.

6.

L’articolo 6 del regolamento del 1979 così dispone:

«Laddove un avvocato visitatore eserciti attività nello Stato relative alla rappresentanza e alla difesa di un cliente in giudizio, egli agisce di concerto con un avvocato autorizzato a esercitare dinanzi alla giurisdizione adita e che sarebbe in caso di necessità responsabile nei confronti di tale giurisdizione».

III. Fatti, procedimento principale e questioni pregiudiziali

7.

VK, ricorrente nel procedimento principale, è parte in un procedimento d’appello dinanzi alla Supreme Court (Corte suprema) relativo alla determinazione dell’onere delle spese del procedimento giurisdizionale promosso contro la licenza edilizia rilasciata ai fini della costruzione, in prossimità della sua fattoria, di un impianto per l’ispezione degli animali trovati morti.

8.

Il presente rinvio rientra nell’ambito di una controversia che era stata precedentemente oggetto di un rinvio pregiudiziale da parte della Supreme Court (Corte suprema), il quale ha poi dato luogo alla sentenza del 17 ottobre 2018, Klohn (C‑167/17, EU:C:2018:833).

9.

VK aveva deciso di provvedere da sé alla propria rappresentanza dinanzi alla Supreme Court (Corte suprema).

10.

Dinanzi alla Corte di giustizia dell’Unione europea, egli era rappresentato da O, avvocato tedesco stabilito in Germania («Rechtsanwältin»).

11.

In seguito alla sentenza del 17 ottobre 2018, Klohn (C‑167/17, EU:C:2018:833), la causa è ritornata dinanzi alla Supreme Court (Corte suprema) affinché quest’ultima si pronunciasse sull’appello interposto da VK, alla luce dell’interpretazione delle disposizioni pertinenti del diritto dell’Unione risultante dalla sentenza della Corte.

12.

È in tale contesto che VK ha voluto incaricare O, avvocato non regolarmente autorizzato ad esercitare in Irlanda, della rappresentanza dei suoi interessi dinanzi alla Supreme Court (Corte suprema).

13.

Il giudice del rinvio si interroga sulla conformità con il diritto dell’Unione dell’articolo 6 del regolamento del 1979, il quale impone all’avvocato visitatore «straniero» di ricorrere a un avvocato nazionale in un procedimento nel quale una parte ha il diritto di autorappresentarsi.

14.

In particolare, esso solleva la questione dell’interpretazione da attribuire alla sentenza del 25 febbraio 1988, Commissione/Germania (427/85, EU:C:1988:98), nella quale la Corte ha esaminato il diritto di uno Stato membro di esigere che un avvocato prestatore di servizi agisca di concerto con un avvocato nazionale. Tale giudice si chiede, in sostanza, se detta sentenza abbia l’effetto di rendere invalido l’obbligo di agire di concerto nel caso in cui la parte che l’avvocato prestatore di servizi intende rappresentare sia autorizzata ad autorappresentarsi ai sensi della normativa nazionale.

15.

A tale riguardo, il giudice del rinvio afferma che l’obbligo di agire «di concerto con» è limitato. Invero, non sarebbe necessario che l’avvocato nazionale sia l’avvocato incaricato o l’avvocato che presenta la causa in giudizio. Occorrerebbe lasciare ai due avvocati interessati, vale a dire l’avvocato visitatore e l’avvocato che esercita ai sensi del diritto irlandese, il compito di precisare il ruolo dell’uno e dell’altro. Il ruolo dell’avvocato che esercita ai sensi del diritto irlandese consisterebbe piuttosto nel farsi designare come avvocato che assiste l’avvocato visitatore nell’ipotesi in cui la buona rappresentanza del cliente e la corretta esecuzione degli obblighi nei confronti del giudice adito richiedano conoscenze o consulenze che potrebbero rivelarsi necessarie proprio a causa dell’eventuale limitatezza della conoscenza, da parte dell’avvocato visitatore, di aspetti potenzialmente rilevanti del diritto, della prassi e della procedura o della deontologia a livello nazionale. Pertanto, la portata di tale cooperazione dipenderebbe fortemente dalle circostanze di ciascun caso di specie, fermo restando che sussisterebbe un rischio concreto che un avvocato visitatore ometta, inavvertitamente, di adempiere i propri obblighi nei confronti del suo cliente o del giudice adito qualora egli non abbia, quanto meno, indicato un avvocato che eserciti ai sensi del diritto irlandese, per assisterlo in tali ambiti.

16.

Infine, il giudice del rinvio rileva che uno degli obblighi deontologici imposti a qualsiasi avvocato che rappresenti una parte dinanzi ai giudici irlandesi è quello di effettuare ricerche in tutti i settori pertinenti del diritto e di richiamare l’attenzione del giudice su qualsiasi elemento giuridico, normativo o giurisprudenziale che possa avere un effetto sul corretto svolgimento del procedimento. Siffatto obbligo sussisterebbe anche qualora l’elemento in questione fosse sfavorevole alla causa propugnata da tale avvocato. Detto obbligo sarebbe considerato una caratteristica dei procedimenti nei paesi di common law, in cui la parte principale delle ricerche necessarie per consentire al giudice di pronunciarsi correttamente su questioni di diritto è svolta dalle parti anziché dal giudice stesso. È evidente che quanto sopra non avviene nei casi in cui le parti si autorappresentano. In questi casi, i giudici devono fare del loro meglio per affrontare le questioni giuridiche senza l’assistenza di un avvocato per una delle parti o per entrambe.

17.

In tale contesto, la Supreme Court (Corte suprema) ha deciso di sospendere il procedimento e di sottoporre alla Corte le seguenti questioni pregiudiziali:

«1)

Se a uno Stato membro sia precluso l’esercizio dell’opzione di cui all’articolo 5 della [direttiva 77/249], che consente a uno Stato membro di imporre a un avvocato che esercita l’attività di rappresentanza di un cliente in un procedimento giudiziario il requisito “di agire di concerto con un avvocato che eserciti dinanzi alla giurisdizione adita”, in tutti i casi in cui la parte che l’avvocato visitatore intende rappresentare in tale procedimento avrebbe il diritto di autorappresentarsi.

2)

In caso di risposta negativa alla prima questione, con riferimento a quali fattori un giudice nazionale debba valutare se sia ammissibile imporre il requisito di “agire di concerto con”.

3)

In particolare, se l’imposizione di un obbligo limitato di agire “di concerto con”, secondo le modalità descritte (...) [nell’ordinanza] di rinvio, equivalga a un’ingerenza proporzionata nella libertà degli avvocati di prestare servizi che possa essere giustificata in considerazione dell’interesse pubblico costituito dalla necessità di tutelare i consumatori dei servizi legali e di garantire una buona amministrazione della giustizia.

4)

In caso di risposta affermativa alla terza questione, se tale posizione sia pertinente in tutti i casi e, qualora non lo sia, di quali fattori un giudice nazionale debba tenere conto nel decidere se tale requisito possa essere imposto in un caso specifico».

IV. Procedimento dinanzi alla Corte

18.

La decisione di rinvio, datata 4 ottobre 2019, è pervenuta alla cancelleria della Corte l’8 ottobre 2019.

19.

VK, il General Council of the Bar of Ireland, la Law Society of Ireland, i governi irlandese e spagnolo nonché la Commissione europea hanno depositato osservazioni scritte entro il termine impartito dall’articolo 23 dello Statuto della Corte di giustizia dell’Unione europea.

20.

Con misura di organizzazione del procedimento del 14 luglio 2020, la Corte ha posto al governo irlandese alcuni quesiti con richiesta di risposta scritta. Le osservazioni scritte sui quesiti oggetto di dette misure di organizzazione del procedimento sono state depositate entro il termine impartito.

21.

All’udienza del 23 settembre 2020, hanno presentato osservazioni i mandatari ad litem di VK, del General Council of the Bar of Ireland, della Law Society of Ireland, dei governi irlandese e spagnolo, nonché della Commissione.

V. Analisi giuridica

A. Osservazioni preliminari

22.

Il mercato unico dell’Unione è una pietra angolare dell’integrazione europea e un motore di crescita e di occupazione che prevede, tra l’altro, la libera prestazione dei servizi, sancita all’articolo 56, primo comma, TFUE. La prestazione di servizi legali – più concretamente, la fornitura di consulenza legale nonché la rappresentanza e la difesa in giudizio dinanzi alle autorità giudiziarie – da parte degli avvocati, che si trova al centro della presente causa ( 3 ), rientra quindi fra le libertà fondamentali garantite dai trattati.

23.

La prestazione di servizi legali è caratterizzata da particolarità intrinsecamente connesse alle diverse tradizioni degli Stati membri. Invero, l’esercizio della professione di avvocato richiede in genere un’eccellente conoscenza del complesso delle norme che discendono da dette tradizioni. Ciò detto, l’Europa annovera, a causa della sua lunga e complessa storia, numerose tradizioni che possono essere attribuite alla diversità delle culture giuridiche, ciascuna avente le proprie specificità ( 4 ). Infatti, nonostante i diversi scambi culturali avvenuti tra le nazioni europee ( 5 ) e il ravvicinamento delle legislazioni promosso nell’ambito del processo di integrazione, gli ordinamenti giuridici e giudiziari degli Stati membri rimangono ancorati alle rispettive tradizioni, il che si riflette sul piano istituzionale ma anche a livello del diritto e delle norme deontologiche. Per quanto importante possa essere la preservazione di una siffatta diversità di tradizioni giuridiche, non vi è dubbio che essa può creare ostacoli all’esercizio della professione forense. L’avvocato sarà in genere costretto a prendere conoscenza delle norme in vigore in un altro Stato membro, prima di potervi prestare i propri servizi, il che implica un certo sforzo di adattamento.

24.

Allo scopo di consentire, per quanto possibile, la prestazione transfrontaliera di servizi legali e al fine di superare gli ostacoli derivanti dalle differenze tra gli ordinamenti giuridici nazionali, il legislatore dell’Unione ha adottato diversi atti di diritto derivato, tra i quali la direttiva 77/249, intesa a facilitare l’esercizio effettivo della libera prestazione di servizi da parte degli avvocati. Tale direttiva prevede il riconoscimento reciproco e automatico dei titoli professionali degli avvocati abilitati nei loro Stati membri nonché la possibilità di esercitare detta attività in altri Stati membri a determinate condizioni. Tra le condizioni che gli Stati membri possono imporre ai sensi dell’articolo 5 della citata direttiva figura l’obbligo, per l’avvocato prestatore di servizi, «di agire di concerto con un avvocato che eserciti dinanzi alla giurisdizione adita e che sarebbe in caso di necessità responsabile nei confronti di tale giurisdizione».

25.

La presente causa offre alla Corte l’opportunità di precisare l’ampiezza del margine di discrezionalità di cui dispongono gli Stati membri quanto alle modalità di attuazione di siffatta condizione. Un’attenzione particolare dovrà essere rivolta alla questione di come conciliare la libera prestazione dei servizi con altri interessi legittimi e riconosciuti in tale settore, quali la necessità di garantire la tutela del soggetto che beneficia di tali servizi e di assicurare una buona amministrazione della giustizia, che detta condizione è destinata, in linea di principio, a tutelare.

26.

Osservato da questo punto di vista, l’obbligo di agire di concerto con un avvocato che eserciti presso il giudice adito, avente lo scopo di garantire il rispetto delle norme applicabili, potrebbe rivelarsi troppo restrittivo alla luce degli obiettivi perseguiti. Non si deve dimenticare che detta condizione implica, in definitiva, che l’interessato dovrà sostenere i costi connessi al ricorso, in parallelo, ai servizi di due avvocati, il che può avere l’effetto di dissuaderlo dal difendere i propri diritti. Orbene, l’articolo 47 della Carta dei diritti fondamentali dell’Unione europea tutela il diritto di ogni persona di farsi consigliare, difendere e rappresentare dinanzi a un giudice. Tale diritto garantisce l’accesso effettivo alla giustizia, che costituisce un elemento essenziale dello Stato di diritto ( 6 ). Queste osservazioni preliminari hanno lo scopo di mettere in evidenza l’impatto che avranno le risposte fornite dalla Corte alle questioni pregiudiziali poste dal giudice del rinvio.

B. Sulla prima, seconda e terza questione pregiudiziale

27.

Con le sue prime tre questioni, che occorre esaminare congiuntamente, il giudice del rinvio chiede, in sostanza, se il diritto di un avvocato di rappresentare una parte in un altro Stato membro sulla base della direttiva 77/249 possa essere subordinato all’obbligo imposto da tale Stato, per detto avvocato, di agire di concerto con un avvocato nazionale, qualora la parte che l’avvocato intende rappresentare in giudizio sia autorizzata a comparire personalmente dinanzi al giudice adito e, in caso affermativo, in che modo siffatto obbligo possa essere formulato.

1.   L’obbligo di agire di concerto con un avvocato nazionale costituisce di per sé una restrizione alla libera prestazione di servizi legali

28.

La direttiva 77/249 è stata adottata sulla base dell’articolo 59 CEE, divenuto articolo 56 TFUE. Come ho già rilevato nelle mie osservazioni preliminari, la direttiva 77/249 attua la libera prestazione dei servizi in quanto essa mira a facilitare l’esercizio effettivo di tale libertà da parte degli avvocati. Da una giurisprudenza costante della Corte risulta che l’articolo 56 TFUE esige non soltanto l’eliminazione di qualsiasi discriminazione nei confronti del prestatore di servizi fondata sulla sua cittadinanza o sul fatto che egli sia stabilito in uno Stato membro diverso da quello in cui la prestazione deve essere eseguita, ma anche la soppressione di qualsiasi restrizione – ancorché applicabile indistintamente ai prestatori nazionali e a quelli degli altri Stati membri – quando è idonea a vietare, a ostacolare o a rendere meno attraenti le attività del prestatore stabilito in un altro Stato membro, ove fornisce legittimamente servizi analoghi ( 7 ).

29.

In tale contesto, mi sembra pertinente rilevare che qualsiasi obbligo di agire «di concerto» con un avvocato nazionale costituisce di per sé una restrizione alla libera prestazione di servizi da parte degli avvocati ai sensi della citata giurisprudenza, in quanto esso esige che il soggetto che intende ricorrere ad un prestatore di servizi stabilito in un altro Stato membro sostenga costi supplementari connessi al fatto di conferire un mandato, in parallelo, ad un avvocato nazionale. Tale circostanza può avere un effetto dissuasivo sul soggetto, soprattutto in cause aventi carattere transfrontaliero, che richiedono spesso l’applicazione del diritto dell’Unione e delle leggi di diversi ordinamenti giuridici. Non solo al soggetto verrebbe impedito di avvalersi dei servizi di un avvocato «straniero», ma anche quest’ultimo sarebbe pregiudicato in quanto non potrebbe offrire i propri servizi in uno Stato membro diverso dal suo Stato membro di origine. Per quanto riguarda in particolare la posizione dell’avvocato stabilito in un altro Stato membro, occorre osservare che, contrariamente a quanto previsto dall’articolo 57 TFUE, quest’ultimo non è in grado di esercitare a titolo temporaneo la sua attività nello Stato membro ove la prestazione è fornita, alle stesse condizioni imposte da tale Stato ai propri cittadini.

30.

Ciò detto, va ricordato che la libera prestazione dei servizi, che fa parte dei principi fondamentali sanciti dai trattati, può essere limitata soltanto da norme che siano giustificate da ragioni imperative di interesse generale, idonee a garantire il conseguimento dell’obiettivo perseguito e proporzionate alla luce di tale obiettivo ( 8 ). Il fatto che il legislatore dell’Unione abbia concesso agli Stati membri la facoltà di introdurre una siffatta restrizione ai sensi dell’articolo 5 della direttiva 77/249 non significa che gli Stati membri dispongano di un margine di discrezionalità illimitato nell’esercizio di tale facoltà. Al contrario, una simile restrizione deve conformarsi ai requisiti menzionati, come la Corte ha ricordato nella sentenza emessa nella causa Commissione/Germania ( 9 ), che è particolarmente rilevante ai fini dell’analisi della presente causa.

31.

La causa Commissione/Germania aveva ad oggetto un ricorso per inadempimento proposto dalla Commissione, nell’ambito del quale la Corte è stata chiamata ad esaminare dettagliatamente la conformità agli articoli 59 e 60 CEE nonché alla direttiva 77/249 di una normativa tedesca che obbligava gli avvocati visitatori stabiliti in un altro Stato membro, che fornivano servizi relativi alla rappresentanza e alla difesa di un cliente in giudizio, ad agire soltanto di concerto con un avvocato tedesco. Nella sua sentenza, la Corte ha concluso che la Repubblica federale di Germania era venuta meno agli obblighi che le incombevano in forza di dette norme. In tale sentenza, l’esame effettuato dalla Corte si è concentrato sull’analisi della giustificazione e della proporzionalità della restrizione introdotta dalla normativa tedesca. Nella misura in cui il diritto derivato, interpretato alla luce del diritto primario, costituisce il criterio di riferimento al fine di stabilire la conformità al diritto dell’Unione della normativa irlandese di cui trattasi, si propone di seguire la struttura di analisi stabilita, menzionata al paragrafo precedente.

32.

È importante sottolineare che, nonostante i paralleli, la presente causa si distingue dalla causa Commissione/Germania da un punto di vista processuale. Infatti, le norme che disciplinano il ricorso per inadempimento ai sensi dell’articolo 258 TFUE, in particolare le competenze della Corte, non si applicano. Con la sua domanda di pronuncia pregiudiziale, proposta ai sensi dell’articolo 267 TFUE, il giudice del rinvio intende ottenere un’interpretazione del diritto dell’Unione allo scopo di applicarla alla controversia di cui è stato investito. Di conseguenza, la Corte può pronunciarsi solo indirettamente sulla questione della conformità della normativa irlandese al diritto dell’Unione, limitandosi a fornire al giudice del rinvio gli elementi interpretativi necessari al fine di consentirgli di pronunciarsi da sé su tale questione ( 10 ).

33.

Al fine di fornire una risposta precisa alle questioni pregiudiziali, occorre anzitutto determinare il contenuto esatto della normativa irlandese di cui trattasi, tenendo conto anche dell’interpretazione che ne danno i giudici nazionali. Come ha sottolineato la Corte nella causa che ha dato luogo alla sentenza Commissione/Germania, la direttiva 77/249 non precisa affatto le espressioni «agire di concerto» e «responsabile nei confronti [della] giurisdizione» ( 11 ), lasciando così agli Stati membri un certo margine di discrezionalità per quanto riguarda la trasposizione. Dalla decisione di rinvio risulta che la normativa irlandese riprende, in sostanza, la formulazione dell’articolo 5 della direttiva 77/249. Secondo l’informazione fornita dal giudice del rinvio, che si riferisce apparentemente alle sue «istruzioni pratiche», le quali enunciano requisiti procedurali dettagliati relativi all’esercizio dei diritti derivanti dalla direttiva 77/249, la disposizione che impone detto obbligo, vale a dire l’articolo 6 del regolamento del 1979, «segue da vicino la formulazione di cui all’articolo 5 della direttiva 77/249».

34.

Tuttavia, sembrerebbe che tale disposizione sia generalmente applicata in maniera flessibile. Secondo le indicazioni del giudice del rinvio, la normativa irlandese prevede «l’obbligo minimo (...) di avere a disposizione un avvocato che rivesta tale qualità in base alla normativa irlandese per fornire assistenza su questioni di diritto nazionale, prassi e procedure nazionali o deontologiche, qualora se ne ravvisi la necessità». Inoltre, il giudice del rinvio afferma che «la portata o l’entità dell’obbligo esistente nel diritto tedesco alla data della decisione della Corte di giustizia nella causa Commissione/Germania [era] significativamente più ampia dell’obbligo che deriverebbe dal diritto irlandese qualora l’Irlanda potesse imporre tout court l’obbligo di patrocinare “di concerto con” un avvocato». È sulla base di tali informazioni che occorre esaminare la normativa irlandese di cui trattasi alla luce dell’articolo 56 TFUE e della direttiva 77/249.

35.

Indipendentemente dal grado di pregiudizio che l’obbligo di agire di concerto previsto dalla normativa irlandese possa comportare, è incontestabile che tale condizione costituisce di per sé una restrizione alla libera prestazione di servizi, per i motivi che sono stati esposti nelle presenti conclusioni ( 12 ). La questione essenziale che si pone nella presente causa è se sussistano motivi imperativi di interesse generale che giustifichino una siffatta restrizione e, in caso affermativo, se quest’ultima sia proporzionata alla luce degli obiettivi perseguiti dal legislatore nazionale. Il grado di pregiudizio alla libera prestazione di servizi può svolgere un ruolo importante nell’ambito dell’analisi della proporzionalità e deve essere determinato in funzione delle modalità della concertazione imposta dalla normativa irlandese.

2.   La buona amministrazione della giustizia e la tutela del singolo costituiscono motivi imperativi di interesse generale

36.

Per quanto riguarda i motivi imperativi di interesse generale idonei a giustificare una siffatta restrizione, dalla decisione di rinvio risulta che la normativa irlandese mira a tutelare due interessi, vale a dire la buona amministrazione della giustizia e la tutela del singolo in quanto consumatore. Occorre verificare, inoltre, se tali obiettivi siano riconosciuti quali motivi imperativi di interesse generale nell’ordinamento giuridico dell’Unione.

37.

A tale riguardo, osservo anzitutto che la Corte ha dichiarato, al punto 23 della sentenza Commissione/Germania, che «la [direttiva 77/249], consentendo che le leggi nazionali impongano all’avvocato prestatore di servizi di agire di concerto con un avvocato [nazionale], mira a mettere il prestatore di servizi in grado di assolvere i compiti affidatigli dal cliente nel rispetto del buon funzionamento della giustizia» ( 13 ). La Corte ha inoltre rilevato che, «[d]a questo punto di vista[,] l’obbligo di agire di concerto con un avvocato [nazionale] mira a fornire al prestatore di servizi il sostegno necessario per agire in un sistema giurisdizionale diverso da quello che gli è familiare e a garantire al giudice adito che l’avvocato prestatore di servizi disponga effettivamente di detto sostegno e sia quindi in grado di rispettare pienamente le norme procedurali e deontologiche vigenti».

38.

Interpreto tale passaggio di detta sentenza, nel quale la Corte spiega l’obiettivo legislativo dell’articolo 5 della direttiva 77/249, come un riconoscimento espresso del fatto che la buona amministrazione della giustizia costituisca un motivo imperativo di interesse generale che può giustificare, in linea di principio, l’imposizione all’avvocato visitatore di un obbligo di agire di concerto con un avvocato nazionale.

39.

Quanto alla tutela del singolo in quanto consumatore, tengo a constatare che tale interesse coincide, in qualche modo, con quello connesso alla buona amministrazione della giustizia, dato che la difesa e la rappresentanza effettiva del cliente dinanzi ai giudici nazionali dipendono anche, in gran parte, da una buona preparazione professionale dell’avvocato incaricato. Un avvocato che dimostri una conoscenza approfondita del diritto e delle norme deontologiche vigenti sarà certamente in grado di soddisfare le esigenze tanto del sistema giurisdizionale quanto del destinatario dei servizi legali ( 14 ). Tali interessi sono indissociabili e costituiscono, per così dire, le due facce della stessa medaglia, come dimostrano diverse cause decise dalla Corte e che vertono sulle condizioni che disciplinano la prestazione di servizi legali negli Stati membri. In dette cause, i due interessi sono stati invocati contemporaneamente quali motivi imperativi di interesse generale idonei a giustificare una restrizione a tale libertà fondamentale, che hanno ricevuto l’avallo della Corte.

40.

Anzitutto, richiamo l’attenzione sulle cause riunite che hanno dato luogo alla sentenza Cipolla e a. ( 15 ), nella quale la Corte ha dichiarato che «la tutela, da un lato, dei consumatori, in particolare dei destinatari dei servizi giudiziali forniti da professionisti operanti nel settore della giustizia, e, dall’altro, della buona amministrazione della giustizia sono obiettivi che rientrano tra quelli che possono essere ritenuti motivi imperativi di interesse pubblico in grado di giustificare una restrizione della libera prestazione dei servizi». Inoltre, tengo a ricordare che, nella causa che ha dato luogo alla sentenza Reisebüro Broede ( 16 ), la Corte ha osservato che «l’applicazione di norme professionali agli avvocati, in particolare le norme in tema di organizzazione, di qualificazione, di deontologia, di controllo e di responsabilità, fornisce la necessaria garanzia di integrità e di esperienza ai destinatari finali dei servizi legali e alla buona amministrazione della giustizia». Più recentemente, nella causa che ha dato luogo alla sentenza Lahorge ( 17 ), la Corte ha dichiarato che «la tutela del singolo in quanto consumatore finale di servizi giuridici e la buona amministrazione della giustizia sono legate, in particolare, a esigenze di controllo del prestatore di servizio». La causa in esame non presenta alcuna particolarità che consenta di giungere ad una conclusione diversa. Di conseguenza, i principi derivanti da detta giurisprudenza dovrebbero applicarsi al caso di specie.

41.

Ne deriva che la buona amministrazione della giustizia e la tutela del singolo in quanto consumatore costituiscono motivi imperativi di interesse generale nell’ordinamento giuridico dell’Unione, idonei a giustificare l’imposizione all’avvocato visitatore di un obbligo di agire di concerto con un avvocato nazionale.

3.   L’esame delle modalità previste dalla normativa irlandese per quanto riguarda l’obbligo di agire di concerto alla luce degli interessi invocati

42.

Occorre rispondere alla questione se l’obbligo di agire di concerto con l’avvocato nazionale sia effettivamente giustificato con riguardo agli interessi invocati sulla base di un esame delle modalità previste dalla normativa irlandese alla luce di determinati criteri oggettivi. Come si è già osservato, la direttiva 77/249 non fornisce alcuna precisazione sulla nozione di «agire di concerto», lasciando così un certo margine di discrezionalità agli Stati membri a livello della trasposizione, nel caso in cui questi ultimi decidessero di avvalersi della facoltà loro conferita dall’articolo 5 della direttiva 77/249. Pertanto, si possono ipotizzare, in teoria, diverse modalità di agire di concerto con un avvocato nazionale, alcune delle quali possono essere più restrittive per la prestazione di servizi rispetto ad altre.

43.

Tenuto conto di tale circostanza, un esame di tali modalità alla luce di criteri oggettivi risulta necessario al fine di evitare che ostacoli eventualmente insormontabili rendano illusorio l’esercizio di detta libertà fondamentale. Tra i criteri oggettivi individuati nella giurisprudenza della Corte, e che mi sembrano pertinenti nel caso di specie, figurano i requisiti di coerenza e di proporzionalità, che occorre applicare di seguito ( 18 ). Secondo una giurisprudenza costante, una normativa nazionale è idonea a garantire la realizzazione dell’obiettivo addotto solo se risponde realmente all’intento di raggiungerlo in modo coerente e sistematico ( 19 ). Conformemente al principio di proporzionalità, le restrizioni alle libertà fondamentali non possono andare oltre quanto è necessario per raggiungere l’obiettivo perseguito ( 20 ). Esaminerò di seguito alcuni aspetti delle modalità previste dalla normativa irlandese che, a mio avviso, suscitano dubbi quanto alla loro conformità al diritto dell’Unione.

a)   Sull’incoerenza dell’obbligo di agire di concerto con un avvocato nazionale nonostante la possibilità per il singolo di comparire senza rappresentanza

44.

L’obbligo di agire di concerto con un avvocato nazionale nonostante la facoltà per il singolo di comparire senza rappresentanza è uno degli aspetti più rilevanti della normativa di cui trattasi. Dalla decisione di rinvio risulta che tale facoltà trae origine da un diritto fondamentale di adire gli organi giurisdizionali, e in particolare gli organi giurisdizionali supremi, garantito dal diritto costituzionale irlandese. Le persone fisiche, a differenza delle persone giuridiche, possono agire in qualità di «parte autorappresentata» in tutti i procedimenti ma, in tutti gli altri casi in cui una parte debba (nel caso delle società) o voglia (nel caso delle persone fisiche) essere rappresentata, essa deve incaricare un avvocato regolarmente abilitato ad esercitare in Irlanda.

45.

A questo proposito, va constatato che la normativa irlandese presenta una forte somiglianza con la normativa tedesca esaminata dalla Corte nella causa che ha dato luogo alla sentenza Commissione/Germania, nella misura in cui l’ordinamento giuridico nazionale consentiva al singolo, in taluni casi, di comparire personalmente dinanzi ai giudici di tale Stato membro ( 21 ). Un’altra somiglianza che ritengo pertinente rilevare nel presente contesto consiste nel fatto che la normativa tedesca prevedeva, senza eccezioni, l’obbligo di incaricare un avvocato nazionale nel caso in cui il singolo rinunciasse al proprio diritto di difendersi da sé in giudizio e scegliesse invece di avvalersi dei servizi di un avvocato stabilito in un altro Stato membro.

46.

La Corte ha considerato che, in siffatte circostanze, nessuna considerazione di pubblico interesse poteva giustificare l’obbligo di agire di concerto con un avvocato tedesco imposto ad un avvocato iscritto in un albo di un altro Stato membro e che prestasse i suoi servizi professionalmente ( 22 ). Di conseguenza, la Corte ha giudicato che l’avvocato prestatore di servizi, che peraltro doveva rispettare in tutte le attività dinanzi ai tribunali tedeschi le norme professionali vigenti in tale Stato membro, conformemente all’articolo 4 della direttiva 77/249, non poteva essere obbligato dalla normativa tedesca ad agire di concerto con un avvocato iscritto presso l’organo giurisdizionale adito nell’ambito di cause per le quali detta normativa non prescriveva l’assistenza obbligatoria dell’avvocato ( 23 ). La Corte ha concluso che la normativa tedesca, poiché con i suoi termini generali estendeva l’obbligo di cui trattasi a dette cause, era in contrasto con la direttiva 77/249 e con gli articoli 59 e 60 CEE (divenuti articoli 56 e 57 TFUE) ( 24 ).

47.

Va rilevato che la Corte ha ribadito tale giurisprudenza nella causa che ha dato luogo alla sentenza Commissione/Francia ( 25 ), avente ad oggetto una normativa francese che obbligava parimenti l’avvocato prestatore di servizi ad agire di concerto con un avvocato iscritto ad un albo professionale in Francia per l’esercizio di attività per le quali il diritto francese non richiedeva l’assistenza obbligatoria di un avvocato ( 26 ). Formulate in modo semplice, le caratteristiche essenziali che ho appena menzionato e che hanno attirato l’attenzione della Corte nella causa che ha dato luogo alla sentenza Commissione/Germania ( 27 ) erano presenti anche nell’ordinamento giuridico francese. Tenuto conto di tale circostanza, il verdetto della Corte non poteva essere diverso. È con riferimento alla motivazione della summenzionata sentenza che la Corte ha dichiarato che la Repubblica francese era venuta meno agli obblighi che ad essa incombevano in forza degli articoli 59 e 60 CEE (divenuti articoli 56 e 57 TFUE) e della direttiva 77/249 ( 28 ).

48.

La Corte ha fondato il proprio ragionamento, con ogni evidenza, sulla mancanza di coerenza della normativa nazionale in questione. In effetti, sembra irragionevole suggerire che, mentre l’obiettivo di tutela dei consumatori e di buona amministrazione della giustizia non osta a che una parte compaia personalmente, a quest’ultima debba nondimeno essere impedito di avvalersi dei servizi di un avvocato abilitato ad esercitare la sua professione in un altro Stato membro e soggetto a tutti gli obblighi deontologici connessi al suo status professionale.

49.

Di conseguenza, suggerisco di applicare al caso di specie i principi enunciati nelle sentenze del 25 febbraio 1988, Commissione/Germania (427/85, EU:C:1988:98), e del 10 luglio 1991, Commissione/Francia (C‑294/89, EU:C:1991:302), e di indicare al giudice del rinvio che esso deve esaminare in modo rigoroso la normativa di cui trattasi nel procedimento principale alla luce del criterio di coerenza, fornendogli a tal fine gli elementi interpretativi necessari. Le considerazioni esposte nelle presenti conclusioni hanno lo scopo di aiutare la Corte a sviluppare con precisione tali elementi interpretativi.

b)   La mancanza nel diritto nazionale della possibilità per il singolo di farsi rappresentare da una persona che non sia un avvocato non costituisce un fattore decisivo per stabilire la coerenza di tale diritto

50.

Contrariamente a quanto sostengono talune parti interessate, vale a dire la Law Society of Ireland e il General Council of the Bar of Ireland, non sono convinto che il fatto che una normativa nazionale non preveda espressamente la possibilità per un singolo di farsi rappresentare da una persona che non sia un avvocato costituisca un fattore decisivo al fine di stabilirne la coerenza.

51.

L’argomento addotto da dette parti, che mira ad escludere l’applicazione al caso di specie dei principi enunciati nella sentenza del 25 febbraio 1988, Commissione/Germania (427/85, EU:C:1988:98), si basa su una lettura di tale sentenza secondo la quale la Corte avrebbe considerato determinante il fatto che la normativa tedesca consentiva ad un singolo o di comparire personalmente o di farsi rappresentare da una persona non avente alcuna formazione da avvocato. Secondo tale argomento, l’applicazione di detti principi al caso in esame non sarebbe ammissibile in considerazione del fatto che il diritto irlandese non autorizzerebbe l’ultima delle due opzioni. Il singolo avrebbe unicamente la scelta di comparire personalmente o di essere rappresentato da un avvocato.

52.

Tuttavia, come ho già osservato ( 29 ), è piuttosto l’obbligo di agire di concerto con un avvocato nazionale nonostante la facoltà per il singolo di comparire senza rappresentanza che ha indotto la Corte a concludere che la normativa tedesca non era conforme al requisito di coerenza. Dalla motivazione della sentenza Commissione/Germania risulta che la facoltà, prevista nel diritto tedesco, di farsi rappresentare da una persona che non esercita la professione di avvocato era solo un elemento ulteriore che ha rafforzato la convinzione della Corte ( 30 ). La prima caratteristica è sufficiente per stabilire l’incoerenza delle norme dell’ordinamento nazionale.

53.

Siffatta interpretazione è inoltre confermata dalla motivazione della sentenza Commissione/Francia, da cui risulta che la normativa francese esaminata dalla Corte presentava, tra l’altro, entrambi gli elementi summenzionati, in quanto l’avvocato prestatore di servizi aveva l’obbligo di agire di concerto con un avvocato nazionale nonostante la facoltà per il singolo di comparire personalmente – elemento, quest’ultimo, che ha d’altronde attirato l’attenzione della Corte. Infatti, la reiterata menzione di tale particolarità della normativa francese indica quale fosse il fattore decisivo nell’analisi ( 31 ).

54.

Ne consegue che l’argomento di dette parti interessate sembra fondarsi su un’interpretazione erronea della giurisprudenza della Corte, che deve essere respinta. Pertanto, il fatto che la normativa irlandese si distingua, su questo punto, dalla normativa oggetto di esame nelle cause summenzionate non impedisce di applicare i principi stabiliti nella giurisprudenza della Corte e, di conseguenza, di concludere che la normativa irlandese non persegue gli obiettivi menzionati al paragrafo 36 delle presenti conclusioni in modo coerente.

c)   Il contesto normativo irlandese sembra prevedere eccezionalmente la possibilità di una rappresentanza del singolo da parte di una persona diversa da un avvocato

55.

Indipendentemente dalle considerazioni che precedono, tengo a rilevare che il contesto normativo irlandese non sembra essere così chiaro come lo descrivono dette parti interessate. Talune contraddizioni nell’esposizione del contesto normativo, per quanto riguarda la possibilità per un singolo di farsi rappresentare da una persona che non esercita la professione di avvocato, mi inducono a ritenere che anche tale elemento possa essere preso in considerazione nell’esame della coerenza della normativa nazionale di cui trattasi.

56.

Da un lato, dalle osservazioni scritte di dette parti risulta che il singolo profano può beneficiare di un aiuto limitato nella misura in cui, ad esempio, una persona che non sia abilitata a rappresentarlo in giudizio potrebbe fornirgli consigli o prendere appunti. Tale persona, denominata «McKenzie friend» nel diritto irlandese, non avrebbe tuttavia il diritto di agire in qualità di avvocato o di condurre la causa. Questa informazione è confermata dalle informazioni fornite dal giudice del rinvio, secondo le quali la persona in questione agirebbe soltanto come assistente amministrativo per consentire alla parte interessata di sostenere la propria tesi nel miglior modo possibile. Un siffatto «McKenzie friend» non avrebbe, in particolare, il diritto di patrocinare dinanzi alla Supreme Court (Corte suprema) in qualità di rappresentante della parte. Tuttavia, egli potrebbe intervenire in casi limitati, ma soltanto qualora la parte che si autorappresenta soffra di un handicap che le impedisce di esporre e di sostenere la propria tesi.

57.

Dall’altro lato, il ricorrente nel procedimento principale sostiene che la rappresentanza di un soggetto profano da parte di un non professionista è in realtà possibile in Irlanda, benché si tratti di un’eccezione alla regola. Più concretamente, sembra che una siffatta rappresentanza possa essere autorizzata in casi rari, qualora la parte che compare personalmente ne faccia richiesta dinanzi al giudice adito. Secondo il ricorrente nel procedimento principale, tale possibilità non è prevista dalla legge, ma è piuttosto soggetta al potere discrezionale del giudice. Tengo a rilevare che tali osservazioni si basano sulle informazioni fornite dall’Attorney General in qualità di parte interessata, tra le altre, nella presente causa. Inoltre, va rilevato che detta informazione riguardante il sistema giurisdizionale irlandese è stata esplicitamente confermata dal governo irlandese nella sua risposta scritta al quesito posto dalla Corte nell’ambito delle misure di organizzazione del procedimento ( 32 ). Pertanto, occorre partire dalla premessa che dette osservazioni riflettono correttamente il contesto normativo irlandese.

58.

Alla luce delle constatazioni che precedono, sono propenso a condividere la valutazione del ricorrente nel procedimento principale, che richiama l’attenzione della Corte sul fatto che il diritto irlandese, al pari di quanto avveniva nella causa che ha dato luogo alla sentenza del 25 febbraio 1988, Commissione/Germania (427/85, EU:C:1988:98), autorizza un soggetto a farsi rappresentare da una persona che non è un avvocato. Il fatto che tale possibilità sia autorizzata solo a titolo eccezionale in Irlanda non osta ad una comparazione tra gli ordinamenti giuridici nazionali. Al contrario, come osserva giustamente il ricorrente nel procedimento principale, la rappresentanza da parte di non professionisti legali è un’eccezione alla regola anche in Germania e anche in tale paese è autorizzata soltanto qualora l’interesse pubblico ad una buona amministrazione della giustizia non richieda una rappresentanza da parte di un professionista legale ( 33 ).

59.

Di conseguenza, fatta salva la valutazione del diritto nazionale, che spetta al giudice del rinvio, si deve concludere che l’eventuale possibilità per un singolo di farsi rappresentare da una persona che non sia un avvocato costituisce un elemento che può essere parimenti preso in considerazione nell’esame della coerenza della normativa irlandese.

d)   La pertinenza delle norme di procedura nel sistema di common law ai fini dell’esame di conformità

1) Sintesi dell’argomento presentato dal giudice del rinvio e da alcune parti interessate

60.

Il giudice del rinvio pone la questione se il sistema giurisdizionale irlandese, che si basa sulla common law, possa ostare a che i principi enunciati nella sentenza del 25 febbraio 1988, Commissione/Germania (427/85, EU:C:1988:98), si applichino alla presente causa, come affermano alcune parti interessate. A tale riguardo, il giudice del rinvio spiega che, conformemente al sistema giurisdizionale irlandese, spetta agli avvocati delle parti effettuare le ricerche giuridiche necessarie e indicare al giudice adito gli aspetti di diritto favorevoli (e sfavorevoli) al singolo, mentre il giudice svolge un ruolo piuttosto passivo. In altri termini, le norme di procedura pongono a carico delle parti una parte essenziale delle ricerche giuridiche, come sembra essere consueto nei paesi di common law. Per contro, qualora il singolo non sia rappresentato da un avvocato, tale ruolo spetta al giudice adito. In siffatto contesto, il giudice del rinvio menziona la difficoltà che quest’ultima situazione presenta per il giudice adito ed esprime le proprie riserve quanto alla possibilità di consentire al singolo di rinunciare alla facoltà di farsi rappresentare da un avvocato, vuoi comparendo personalmente vuoi avvalendosi di una persona che non eserciti la professione di avvocato.

2) Risposta agli argomenti a sostegno della sussistenza di un’asserita particolarità dell’ordinamento giuridico irlandese

i) Sintesi delle conclusioni dell’analisi della giurisprudenza

61.

Tengo a constatare anzitutto che tale argomento, che si basa su un’asserita particolarità dell’ordinamento giuridico irlandese, mira in realtà a mettere in discussione precisamente ciò che è stato appena dimostrato dall’analisi della giurisprudenza della Corte nelle presenti conclusioni. Orbene, mi sembra evidente che la normativa irlandese presenta le medesime caratteristiche essenziali che hanno indotto la Corte a constatare una mancanza di coerenza delle normative tedesca e francese nelle cause summenzionate, vale a dire l’obbligo di agire di concerto con un avvocato nazionale nonostante la facoltà per il singolo di comparire senza rappresentanza ( 34 ). Inoltre, non riesco a individuare alcuna particolarità dell’ordinamento giuridico irlandese rispetto agli altri che possa giustificare una conclusione diversa da quella delle cause summenzionate per quanto riguarda il rispetto del requisito di coerenza.

62.

Osservo altresì che detto argomento mira, in sostanza, ad evidenziare il fatto che la normativa irlandese non preveda la possibilità per un singolo di farsi rappresentare da una persona che non sia un avvocato. A tale riguardo, è sufficiente ricordare, come è già stato dimostrato, che, in primo luogo, tale circostanza non è determinante per stabilire la coerenza della normativa nazionale ( 35 ) e, in secondo luogo, contrariamente a quanto viene affermato, il contesto normativo irlandese sembra prevedere eccezionalmente detta possibilità, al pari dell’ordinamento giuridico tedesco ( 36 ). Poiché detto argomento non inficia le conclusioni a cui sono giunto nell’ambito della mia analisi, esso deve essere respinto. Per evitare ripetizioni, rinvio alle mie osservazioni ad esso relative.

ii) Sulle asserite particolarità del sistema giurisdizionale di common law

63.

Ciò premesso, rilevo che il giudice del rinvio sembra suggerire che la massima «iura novit curia» non si applichi affatto nel sistema giurisdizionale di common law o, quanto meno, che abbia soltanto una portata piuttosto limitata rispetto al sistema del diritto continentale europeo quando è prevista la rappresentanza da parte di un avvocato nell’ambito di una controversia. Tuttavia, dubito che si possa sostenere una simile tesi in modo così categorico. Per questa ragione, ritengo necessario formulare qualche breve osservazione a tale riguardo.

64.

Come ha affermato l’avvocato generale Jacobs nelle sue conclusioni nelle cause riunite C‑430/93 e C‑431/93, van Schijndel e van Veen ( 37 ), «[p]uò essere in realtà suggestiva la tesi secondo cui vi è una distinzione di base fra due tipi fondamentalmente diversi di diritti procedurali negli Stati membri: una distinzione fra, grosso modo, i sistemi continentali, da un lato, e i sistemi inglese, irlandese e scozzese, dall’altro. Secondo tale concezione si ritiene che nei sistemi continentali il giudice conosca il diritto (“jura novit curia” o “curia novit legem”); egli deve applicare le norme giuridiche adeguate ai fatti presentatigli dalle parti (“da mihi factum, dabo tibi jus”); inoltre, se necessario, egli effettua a questo scopo le proprie ricerche giuridiche. Nei sistemi inglese, irlandese e scozzese, per contro, il giudice svolge un ruolo meno attivo, o persino un ruolo passivo: il diritto della procedura si basa in genere sulla premessa che il giudice non ha una conoscenza indipendente del diritto, che egli dipende dagli argomenti addotti dai legali delle parti, e che la sua funzione consiste essenzialmente nello statuire soltanto sulla base dei loro argomenti. Secondo un commentatore, “forse la caratteristica più saliente del diritto inglese di procedura è che il principio ‘curia novit legem’ non ha mai fatto parte del diritto inglese, e non ne fa parte”» ( 38 ). Credo che l’argomento del giudice del rinvio, secondo il quale il giudice adito non può basarsi sulle proprie conoscenze giuridiche nell’ambito di una controversia a causa delle sue norme di procedura, parta precisamente da tale premessa.

65.

Tuttavia, tengo a ricordare che l’avvocato generale Jacobs ha concluso precisando che «[d]a un esame più approfondito spesso emerge che tali contrasti tra varie categorie di sistemi giuridici sono esagerati». Egli ha spiegato che «[a]nche nel caso delle procedure civili, in cui il contrasto è meno inesatto – esso è difficilmente pertinente per i procedimenti penali o quanto agli organi giurisdizionali amministrativi, in cui si applicano principi diversi –, la distinzione fra le due concezioni è difficilmente sostenibile» ( 39 ). L’avvocato generale Jacobs ha citato a tal fine alcuni esempi concreti, contraddicendo così la tesi sulle asserite differenze tra il sistema giurisdizionale di common law e i sistemi giurisdizionali continentali.

66.

In generale, per quanto riguarda le asserite particolarità del sistema giurisdizionale irlandese, tengo a ricordare che gli ordinamenti giuridici di tutti gli Stati membri presentano caratteristiche loro proprie. A questo proposito, rinvio alle mie osservazioni preliminari, nelle quali evoco il ricco patrimonio culturale dell’Europa, ivi comprese le tradizioni giuridiche ( 40 ). Tenuto conto dell’obbligo dell’Unione di rispettare la ricchezza della sua diversità culturale, sancito all’articolo 3, paragrafo 3, quarto comma, TUE, mi sembrerebbe inopportuno accordare uno status «privilegiato» ad un determinato sistema giurisdizionale nazionale rispetto agli altri. Un siffatto approccio sarebbe chiaramente in contrasto con il principio di uguaglianza degli Stati membri davanti ai trattati, che l’Unione deve rispettare conformemente all’articolo 4, paragrafo 2, TUE.

67.

Ritengo tuttavia che un siffatto approccio non sia neppure necessario ai fini della presente causa, dato che il legislatore dell’Unione ha già tenuto conto delle sfide che tale diversità crea per la realizzazione del mercato interno in materia di prestazione di servizi legali, avendo conferito agli Stati membri, in forza dell’articolo 5 della direttiva 77/249, la facoltà di esigere che l’avvocato visitatore stabilito in un altro Stato membro agisca di concerto con un avvocato nazionale. L’obiettivo di tale cooperazione tra i professionisti legali di diversi Stati membri consiste appunto nel garantire che gli obblighi imposti dai rispettivi sistemi giurisdizionali siano rispettati, consentendo al contempo la libera prestazione dei servizi legali effettiva nella misura del possibile. Infatti, la possibilità per un avvocato visitatore stabilito in un altro Stato membro di avvalersi – in caso di necessità e qualora ciò sembri obiettivamente giustificato – della consulenza di un avvocato nazionale avente la necessaria conoscenza del sistema giurisdizionale interessato costituisce un vantaggio in grado di facilitare il suo adattamento al nuovo ambiente professionale e, quindi, di rendere possibile la prestazione transfrontaliera di servizi legali ( 41 ). Pertanto, in considerazione del fatto che l’articolo 5 della direttiva 77/249 ha l’effetto di introdurre un meccanismo che consente di tenere sufficientemente conto delle eventuali particolarità connesse alle tradizioni giuridiche nazionali, le preoccupazioni espresse dal giudice del rinvio e da alcune parti interessate mi sembrano ingiustificate.

68.

Alla luce delle considerazioni che precedono, ritengo che non sia opportuno attribuire una rilevanza eccessiva alle asserite differenze tra i sistemi giurisdizionali degli Stati membri in questione. Ciò vale a maggior ragione in una causa come quella in esame, nella quale si è constatato che le norme di procedura esaminate rivelano le medesime incoerenze. A mio avviso, la Corte dovrebbe piuttosto concentrare la propria attenzione sull’esame della coerenza e della proporzionalità della normativa irlandese di cui trattasi.

e)   La normativa irlandese rischia di porre il singolo in una situazione precaria, idonea a pregiudicare i diritti della difesa e di accesso alla giustizia

69.

Inoltre, considerazioni legate al criterio di proporzionalità mi inducono a dubitare della conformità della normativa irlandese in questione. Più concretamente, osservo che il singolo si trova inevitabilmente di fronte alla scelta tra comparire personalmente oppure incaricare un avvocato nazionale. Infatti, non si può seriamente affermare che al singolo non sia impedito di ricorrere ai servizi dell’avvocato «straniero» che gode della sua fiducia (oltre a dover incaricare un avvocato nazionale). Da un punto di vista pratico, è molto probabile che l’obbligo di sostenere i costi connessi al fatto di incaricare in parallelo due avvocati costringa il singolo a difendersi da sé. Orbene, non si può escludere che ciò porti a situazioni insopportabili dal punto di vista dei diritti della difesa e di accesso alla giustizia. Come dimostrano le circostanze del caso di specie, vale a dire l’incapacità per la parte ricorrente di provvedere alla propria difesa e di pagare due avvocati, il singolo rischia di subire gravi svantaggi, in particolare in controversie amministrative in cui egli si vede contrapposto allo Stato e alle sue ingenti risorse.

70.

Condivido l’argomento addotto dal ricorrente nel procedimento principale, secondo cui il singolo si trova in una situazione particolarmente precaria dal punto di vista della tutela dei consumatori di servizi legali se, a causa dell’impossibilità pratica di beneficiare dei servizi di un prestatore di servizi transfrontalieri, sia obbligato a comparire personalmente e a far fronte a tutte le sfide che comporta il fatto di provvedere alla propria difesa. Come ha giustamente osservato il ricorrente nel procedimento principale, tali singoli si trovano in una situazione difficile nel contesto dei paesi con sistema giurisdizionale di common law, in cui l’accento è posto soprattutto sull’argomentazione orale dinanzi ai giudici ( 42 ).

71.

Se un singolo non professionista deve scegliere tra autorappresentarsi o farsi rappresentare da un avvocato nel quale ha fiducia e che lo ha pienamente soddisfatto in passato, è evidente quale sia l’opzione che gli offre la maggiore tutela. È chiaro che tanto l’interesse alla tutela dei consumatori di servizi legali quanto quello alla buona amministrazione della giustizia sono meglio soddisfatti quando il giudice può beneficiare della presenza di un avvocato – sia quest’ultimo un avvocato nazionale o un avvocato stabilito in un altro Stato membro –, che è il soggetto più idoneo a presentare argomenti giuridici chiari e pertinenti e a garantire che le informazioni appropriate siano portate all’attenzione del giudice ( 43 ).

72.

In tale contesto, mi sembra evidente che lo scenario ideale che meglio tiene conto degli interessi summenzionati è quello in cui il singolo può contare sui servizi dell’avvocato di sua scelta. Un siffatto scenario rispetta i principi che caratterizzano il rapporto particolare tra l’avvocato e il suo cliente, vale a dire la loro libertà contrattuale ma soprattutto la fiducia reciproca ( 44 ). Se tale avvocato non è un avvocato nazionale, vale a dire, se egli è stabilito in un altro Stato membro – il che può capitare in cause aventi carattere transfrontaliero –, dovrebbe essere sufficiente, in linea di principio, assicurarsi che quest’ultimo soddisfi criteri oggettivi dai quali si possa dedurre che egli è in grado di farsi carico della rappresentanza del singolo. Una misura del genere mi sembra molto meno restrittiva, dal punto di vista della proporzionalità, rispetto all’obbligo imposto all’avvocato visitatore di agire di concerto con un avvocato nazionale. Ritornerò sull’aspetto della proporzionalità in modo più dettagliato. Poiché, spesso, tale avvocato nazionale sarà loro totalmente sconosciuto, l’obbligo di concertazione esigerà dal singolo e dall’avvocato visitatore un notevole sforzo di coordinamento, tale da costituire un ostacolo amministrativo gravoso e costoso per tutte le parti, che in alcuni casi potrà rivelarsi eccessivo. Orbene, il diritto ad una tutela giurisdizionale effettiva non dovrebbe dipendere dai mezzi finanziari di un individuo.

73.

Dalle considerazioni che precedono risulta che la normativa irlandese di cui trattasi rischia di avere un effetto pregiudizievole sull’obiettivo che essa mira, in teoria, a conseguire. Anziché garantire l’accesso effettivo alla giustizia, essa è piuttosto idonea a restringerlo, limitando le opzioni del singolo e rischiando così di pregiudicare i diritti della difesa.

74.

È vero che l’eventuale verificarsi di un siffatto scenario dipende dalle circostanze del caso concreto. Il modo in cui la normativa irlandese viene applicata dai giudici nazionali costituisce un fattore determinante. Di conseguenza, non è possibile stabilire con certezza se la normativa irlandese pregiudichi effettivamente i diritti della difesa. Spetta al giudice del rinvio esaminarla prendendo in considerazione anche tale aspetto.

f)   La normativa irlandese ha una portata generale e non tiene sufficientemente conto delle circostanze del caso specifico

75.

La normativa irlandese di cui trattasi è caratterizzata anche dal fatto di avere una portata generale, in quanto l’obbligo di agire di concerto con un avvocato nazionale non sembra prevedere alcuna eccezione alla regola. Una rigidità eccessiva della normativa stessa o a livello della sua applicazione da parte dei giudici nazionali potrebbe rivelarsi problematica alla luce del criterio di proporzionalità. Tale aspetto richiede un esame approfondito.

76.

Secondo le informazioni fornite dal giudice del rinvio, l’avvocato visitatore è tenuto a comunicare ai giudici nazionali il nome di un avvocato che eserciti conformemente al diritto irlandese, il quale sia disponibile ad assisterlo nell’ipotesi in cui tale avvocato abbia bisogno di aiuto per questioni relative al diritto nazionale, alla prassi e alla procedura o alle norme deontologiche a livello nazionale. Sembrerebbe che la normativa lasci all’avvocato visitatore e all’avvocato nazionale il compito di definire il loro rispettivo ruolo in ciascun caso concreto, il che consente ai professionisti interessati di gestire la loro cooperazione in modo relativamente flessibile. In tale contesto, il pregiudizio alla libertà di prestazione di servizi non sembra andare oltre quanto è necessario al conseguimento degli obiettivi di interesse generale perseguiti.

77.

Un ulteriore argomento a sostegno della proporzionalità di una normativa nazionale come quella di cui trattasi nel caso di specie, che consente una gestione flessibile della cooperazione tra l’avvocato visitatore e l’avvocato nazionale, può essere dedotto dalla giurisprudenza della Corte. Infatti, dalle sentenze Commissione/Germania ( 45 ) e Commissione/Francia ( 46 ) risulta che «l’avvocato prestatore di servizi e l’avvocato [nazionale], entrambi soggetti alle norme deontologiche vigenti nello Stato membro ospitante, devono essere considerati capaci di stabilire assieme, nel rispetto di dette norme deontologiche e nell’esercizio della loro autonomia professionale, le modalità di cooperazione adeguate al mandato loro affidato». Interpreto il passaggio summenzionato nel senso che la Corte è fondamentalmente favorevole all’adozione di un quadro normativo nazionale rispettoso tanto dell’autonomia di cui gode tradizionalmente la professione forense quanto degli interessi del singolo. Ciò detto, la salvaguardia di detti interessi richiede un notevole grado di flessibilità al fine di tenere conto delle particolarità del caso di specie. Le questioni giuridiche di ciascuna causa, la specializzazione e l’esperienza degli avvocati, nonché la fiducia che il singolo accorda loro esigeranno un intervento adeguato e adatto alla specifica situazione.

78.

Anche se la Corte ha aggiunto che «[t]ale considerazione non esclude la possibilità, per i legislatori nazionali, di fissare l’ambito generale della collaborazione tra i due avvocati», occorre precisare che, in primo luogo, ciò riguarda soltanto «l’ambito generale della collaborazione» e che, in secondo luogo, l’esercizio di siffatta competenza è sottoposto alla condizione che «gli obblighi risultati da tali disposizioni non siano sproporzionati rispetto agli obiettivi dell’obbligo di concertazione» ( 47 ). Poiché la normativa irlandese sembra astenersi dal disciplinare in modo dettagliato tale cooperazione tra gli avvocati, lasciando loro il compito di farsene carico, non ritengo necessario esaminarla alla luce di dette condizioni.

79.

Occorre considerare, a titolo di conclusione preliminare, che la normativa irlandese soddisfa, in termini generali, i requisiti del principio di proporzionalità. Infatti, essa attua precisamente quello che la Corte aveva considerato, all’epoca, come l’approccio ideale da seguire, lasciando agli avvocati il compito di stabilire assieme, nel rispetto di dette norme deontologiche e nell’esercizio della loro autonomia professionale, le modalità adeguate della loro cooperazione nell’ambito del mandato loro affidato.

80.

Nonostante la flessibilità che caratterizza l’applicazione di tale normativa, condivido il parere espresso da diverse parti interessate, in particolare dal ricorrente e dalla Commissione, secondo il quale possono verificarsi circostanze tali da rendere inutile l’obbligo per l’avvocato visitatore di agire di concerto con un avvocato nazionale. Penso in particolare al caso in cui l’avvocato «straniero», grazie alla sua formazione o alla sua esperienza professionale, possieda le conoscenze necessarie per rappresentare e difendere il singolo in cause pendenti dinanzi ai giudici nazionali. Si può anche pensare a cause che non presentino significative complessità e che l’avvocato «straniero» sarebbe in grado di trattare personalmente.

81.

In tali circostanze, a mio avviso, imporre di fare ricorso ai servizi di un avvocato nazionale si risolverebbe nel fargli svolgere un ruolo puramente «simbolico», vale a dire per nulla necessario alle esigenze della giustizia e del singolo. Nondimeno, gli inconvenienti di ordine finanziario e pratico per il singolo e per l’avvocato visitatore, già menzionati nelle presenti conclusioni, resterebbero i medesimi. Ne consegue che, in quanto siffatto obbligo, nelle condizioni precedentemente descritte, andrebbe nettamente al di là di quanto necessario per soddisfare i legittimi interessi tutelati dalla normativa irlandese, esso dovrebbe essere considerato sproporzionato.

82.

Considerazioni del genere si impongono, in particolare, in circostanze come quelle di cui al procedimento principale, in cui è pacifico che l’avvocato che rappresenta il ricorrente, benché abbia seguito la propria formazione professionale in Germania, ha esercitato per oltre dieci anni la professione forense in Irlanda avvalendosi dei diritti conferitile dalla direttiva 98/5/CE del Parlamento europeo e del Consiglio, del 16 febbraio 1998, volta a facilitare l’esercizio permanente della professione di avvocato in uno Stato membro diverso da quello in cui è stata acquistata la qualifica ( 48 ). Occorre rilevare che la direttiva 98/5 mira ad attuare il diritto di stabilimento sancito all’articolo 57 CEE, divenuto articolo 53 TFUE. Contrariamente alla libertà di prestazione di servizi, che consente alla persona che fornisce un servizio di esercitare temporaneamente la propria attività nello Stato membro in cui il servizio viene fornito, alle stesse condizioni imposte dallo Stato membro ai propri cittadini, il diritto di stabilimento comprende il diritto di accedere ad attività indipendenti e di esercitarle e quello di creare e gestire imprese al fine di esercitare un’attività permanente in un contesto stabile e continuo, alle stesse condizioni previste dal diritto dello Stato membro di stabilimento per i propri cittadini.

83.

A mio avviso, in dette circostanze, ci si può ragionevolmente attendere che un avvocato «straniero» acquisisca una certa familiarità con l’ordinamento giuridico dello Stato membro ospitante, ivi compreso il diritto nazionale e le norme deontologiche. Pertanto, è lecito supporre che egli sarà in grado di esercitare la professione forense in modo relativamente autonomo.

84.

In tale contesto, tengo a rilevare che il considerando 14 della direttiva 98/5 conferma siffatta valutazione, poiché da esso risulta chiaramente che, da una parte, «lo Stato membro ospitante è comunque tenuto a prendere in considerazione l’esperienza professionale acquisita nel suo territorio» e che, dall’altra, «dopo tre anni di attività effettiva e regolare svolta nello Stato membro ospitante e riguardante il diritto di questo Stato membro, ivi compreso il diritto [dell’Unione], è lecito presumere che [gli avvocati originari di un altro Stato membro] abbiano acquisito le competenze necessarie per integrarsi completamente nella professione di avvocato dello Stato membro ospitante». Nell’ipotesi in cui l’avvocato del ricorrente avesse soddisfatto le condizioni stabilite dalla direttiva 98/5, non dovrebbe sussistere alcun dubbio quanto alla sua integrazione nella professione di avvocato in Irlanda.

85.

Inoltre, occorre tenere conto del fatto che tale avvocato ha già rappresentato il ricorrente dinanzi ai giudici nazionali e dinanzi alla Corte, dove il merito della causa verteva sul diritto dell’Unione ( 49 ), e non sul diritto nazionale, e dove le questioni da risolvere vertevano sui costi e, eventualmente, sul risarcimento per violazione di disposizioni del diritto dell’Unione, vale a dire questioni che non richiedono l’assistenza sostanziale di un avvocato nazionale.

86.

Ne consegue che, fatte salve le constatazioni di fatto che spetta al giudice del rinvio effettuare, le circostanze del procedimento principale sembrano giustificare un approccio più sfumato. Il giudice del rinvio dovrebbe verificare se la normativa irlandese di cui trattasi tenga effettivamente conto delle circostanze del caso di specie e, eventualmente, se, alla luce di tali circostanze, si imponga un’applicazione più flessibile di tale normativa o addirittura un’esenzione dall’obbligo di agire di concerto.

87.

Per quanto riguarda la questione relativa all’individuazione dei criteri precisi che il giudice del rinvio dovrebbe applicare al fine di stabilire se l’obbligo di agire di concerto possa essere imposto in un caso specifico, va osservato che essa costituisce l’oggetto della quarta questione pregiudiziale. Pertanto, per motivi di chiarezza, è opportuno trattare approfonditamente tale argomento nell’ambito della rispettiva analisi.

88.

A questo punto dell’analisi, è sufficiente considerare che l’obbligo di agire di concerto non sembra sproporzionato purché esso si limiti ad esigere la comunicazione ai giudici nazionali del nome di un avvocato che eserciti conformemente al diritto irlandese, che sia disponibile ad offrire assistenza all’avvocato visitatore in caso di necessità, lasciando ai professionisti il compito di definire il loro rispettivo ruolo in ciascun caso concreto.

89.

Tuttavia, nutro dubbi sulla proporzionalità di un siffatto obbligo qualora quest’ultimo dovesse rivelarsi troppo rigoroso per tenere sufficientemente conto di diversi aspetti del caso di specie, come quelli che ho menzionato nelle mie osservazioni precedenti. Un’interpretazione della normativa irlandese conforme al principio di proporzionalità da parte del giudice del rinvio potrebbe contribuire ad evitare un’incompatibilità con il diritto dell’Unione.

4.   Risposta alla prima, alla seconda e alla terza questione pregiudiziale

90.

Alla luce delle considerazioni che precedono, ritengo che uno Stato membro possa avvalersi dell’opzione di cui all’articolo 5 della direttiva 77/249 soltanto se la restrizione imposta alla parte oggetto della medesima direttiva sia giustificata da un motivo imperativo di interesse generale e sia adeguata e proporzionata alla realizzazione di tale obiettivo. Benché spetti al giudice nazionale valutare se ciò si verifichi, qualora la parte oggetto della direttiva 77/249 intenda rappresentare una persona che avrebbe il diritto di comparire senza rappresentanza dinanzi al giudice adito, non risulta che la restrizione consenta di conseguire un siffatto obiettivo in modo coerente.

91.

Inoltre, ritengo che, nel caso in cui, in linea di principio, sia adeguato avvalersi della facoltà di cui all’articolo 5 della direttiva 77/249, un sistema come quello previsto dal diritto irlandese, che si limita ad esigere la comunicazione ai giudici nazionali del nome di un avvocato che eserciti conformemente al diritto irlandese, che sia disponibile ad offrire assistenza all’avvocato visitatore in caso di necessità, lasciando all’avvocato visitatore e all’avvocato nazionale il compito di definire il loro rispettivo ruolo in ciascun caso concreto, costituisca una restrizione proporzionata alla libertà di prestazione di servizi.

C. Sulla quarta questione pregiudiziale

1.   Sulla necessità di un’interpretazione conforme della normativa nazionale al fine di soddisfare il principio di proporzionalità

92.

Con la sua quarta questione, il giudice del rinvio chiede chiarimenti in merito all’obbligo imposto ad un avvocato prestatore di servizi stabilito in un altro Stato membro di agire di concerto con un avvocato nazionale. Esso vorrebbe sapere se sia consentito, alla luce del diritto dell’Unione, imporre un siffatto obbligo in tutte le circostanze e, qualora non lo sia, quali siano i fattori che il giudice nazionale deve prendere in considerazione nel determinare se un simile obbligo possa essere imposto in un caso specifico.

93.

Come ho spiegato nella mia analisi delle prime tre questioni pregiudiziali, un sistema come quello previsto dal diritto irlandese costituisce, tenuto conto delle modalità della concertazione prescritta, una restrizione proporzionata alla libertà di prestazione di servizi. Devo tuttavia precisare che tale conclusione si basa sulla premessa che risulti assolutamente necessario avvalersi della facoltà prevista all’articolo 5 della direttiva 77/249 al fine di conseguire gli obiettivi perseguiti dalla normativa di cui trattasi, vale a dire la necessità di garantire la tutela del singolo e di assicurare una buona amministrazione della giustizia.

94.

La normativa irlandese che traspone l’articolo 5 della direttiva 77/249, che impone l’obbligo di agire di concerto, suscita dubbi sulla sua proporzionalità, in quanto essa sembra applicarsi in tutti i casi senza tenere sufficientemente conto delle circostanze del caso di specie. Ho già richiamato l’attenzione sul fatto che talune circostanze possono rendere inutile un siffatto obbligo. Tenuto conto del grado di pregiudizio che una siffatta misura arreca all’esercizio della libertà di prestazione di servizi, mi sembra evidente che essa dovrebbe essere considerata sproporzionata e, di conseguenza, incompatibile con l’articolo 5 della direttiva 77/249, come interpretato alla luce dell’articolo 56 TFUE, qualora dovesse essere applicata in modo rigoroso, senza possibilità di eccezioni laddove i motivi imperativi di interesse generale applicabili non siano compromessi dai servizi forniti da un avvocato visitatore che desideri patrocinare in una causa senza essere accompagnato da un avvocato nazionale.

95.

Tra tali circostanze, si può citare in particolare il caso in cui l’avvocato prestatore di servizi, grazie alla sua formazione o alla sua esperienza professionale, possieda le conoscenze necessarie per rappresentare e difendere il singolo in cause pendenti dinanzi ai giudici nazionali. Inoltre, si possono menzionare le cause che non presentino significative complessità e non necessitino dell’intervento di un avvocato nazionale. Tutti questi casi hanno in comune il fatto che l’avvocato visitatore è generalmente in grado di rappresentare da sé il singolo pur soddisfacendo i summenzionati legittimi interessi.

96.

Ritengo essenziale elaborare una serie di criteri oggettivi sulla base delle considerazioni precedenti al fine di consentire al giudice del rinvio di stabilire con certezza quali siano i casi che richiedono un’applicazione più flessibile dell’obbligo di concertazione o addirittura, se del caso, un’esenzione da quest’ultimo. Ciò avrebbe l’effetto di consentire al giudice del rinvio di applicare il principio di proporzionalità nei casi in cui risulti opportuno. L’interpretazione conforme della normativa nazionale che risulterebbe dall’applicazione di detti criteri garantirebbe la sua conformità al diritto dell’Unione.

2.   Sui criteri che il giudice del rinvio dovrà applicare quando determinerà se occorra imporre un obbligo di concertazione

97.

Una prima categoria di criteri idonei a consentire al giudice del rinvio di determinare se un obbligo di concertazione sia proporzionato ai legittimi interessi perseguiti dalla normativa nazionale è connessa alla formazione nonché all’esperienza professionale dell’avvocato prestatore di servizi in Irlanda. Studi e tirocini eventualmente effettuati nel diritto di tale Stato membro possono fornire indicazioni utili sulla sua competenza professionale in materia di diritto sostanziale e processuale, di terminologia giuridica e di norme deontologiche. Può risultare utile anche il fatto di essere già stato autorizzato da altri giudici del medesimo Stato membro a rappresentare il singolo nella causa di cui trattasi (o in cause connesse).

98.

Una seconda categoria di criteri pertinenti include la natura del procedimento, la complessità della causa nonché il settore del diritto applicabile. In tal senso, cause che non presentino una particolare complessità e non richiedano necessariamente l’intervento di un avvocato nazionale potrebbero essere affidate al solo avvocato visitatore. Analogamente, cause in materia di diritto internazionale o di diritto dell’Unione potrebbero non richiedere necessariamente la partecipazione di un avvocato nazionale, tenuto conto del fatto che, per loro natura, tali settori del diritto eccedono l’ambito puramente nazionale. Per contro, una causa esclusivamente in materia di diritto irlandese, e che richieda eventualmente un certo grado di specializzazione, potrebbe richiedere un intervento importante di un avvocato nazionale.

99.

Tale elenco di criteri oggettivi non è affatto esaustivo, ma serve ad illustrare le circostanze che possono giustificare un approccio più flessibile quando si tratta di stabilire se occorra imporre un obbligo di concertazione nel caso di specie. Inoltre, occorre sottolineare che i criteri da applicare hanno valore indicativo, dato che il giudice del rinvio dovrà esercitare il proprio potere discrezionale al fine di individuare da sé le circostanze del caso di specie. Per quanto riguarda la procedura precisa da seguire, ritengo opportuno affidare la disciplina delle modalità alle autorità nazionali competenti. Fatte salve le competenze del giudice del rinvio ai sensi del diritto irlandese, credo che quest’ultimo dovrebbe essere in grado di concepire una procedura analoga a quella che ha sviluppato in via giurisprudenziale nel caso in cui un singolo profano chieda di essere rappresentato da un non professionista ( 50 ).

100.

Inoltre, la soluzione proposta ha il vantaggio di tenere debitamente conto delle preoccupazioni espresse dal giudice del rinvio riguardo al rischio di dover autorizzare l’intervento di una persona che non soddisfi i requisiti della buona amministrazione della giustizia e della tutela effettiva del singolo. Verificando da sé che l’avvocato prestatore di servizi stabilito in un altro Stato membro soddisfi effettivamente i criteri idonei a dimostrare una competenza sufficiente per potersi fare carico della rappresentanza del singolo nell’ambito di una causa pendente dinanzi ad esso, il giudice del rinvio sarà in grado di assicurarsi che i summenzionati legittimi interessi siano debitamente presi in considerazione.

3.   Risposta alla quarta questione pregiudiziale

101.

Alla luce di quanto precede, giungo alla conclusione che, anche se la Corte dovesse considerare che è consentito, nel contesto del sistema irlandese, imporre l’obbligo di cui all’articolo 5 della direttiva 77/249, risulta nondimeno che sarebbe sproporzionato applicare una siffatta soluzione in modo rigoroso, senza possibilità di eccezioni qualora i motivi imperativi di interesse generale applicabili non siano compromessi dai servizi forniti da un avvocato visitatore che intenda patrocinare in una causa senza essere accompagnato. Il sistema deve, al contrario, poter prendere in considerazione le circostanze particolari della causa, tenendo conto della formazione e dell’esperienza specifiche del prestatore di servizi interessato nonché della natura del procedimento al quale quest’ultimo intende partecipare, della complessità della causa e del settore del diritto applicabile.

VI. Conclusione

102.

Alla luce delle considerazioni che precedono, propongo alla Corte di rispondere alle questioni pregiudiziali sollevate dalla Supreme Court (Corte suprema, Irlanda) nei seguenti termini:

Uno Stato membro può avvalersi dell’opzione di cui all’articolo 5 della direttiva 77/249/CEE del Consiglio, del 22 marzo 1977, intesa a facilitare l’esercizio effettivo della libera prestazione di servizi da parte degli avvocati, soltanto se la restrizione imposta alla parte oggetto di detta direttiva sia giustificata da un motivo imperativo di interesse generale e sia adeguata e proporzionata alla realizzazione di tale obiettivo. Benché spetti al giudice nazionale valutare se ciò si verifichi, qualora la parte oggetto della direttiva 77/249 intenda rappresentare una persona che avrebbe il diritto di comparire senza rappresentanza dinanzi al giudice adito, non risulta che la restrizione consenta di conseguire un siffatto obiettivo in modo coerente.

Nei casi in cui, in linea di principio, sia adeguato avvalersi della facoltà di cui all’articolo 5 della direttiva 77/249, un sistema come quello previsto dal diritto irlandese, che si limita ad esigere l’indicazione dell’avvocato autorizzato a stare in giudizio dinanzi al giudice nazionale adito e che abbia accettato di partecipare al procedimento, costituisce una restrizione proporzionata alla libera prestazione di servizi.

Sarebbe tuttavia sproporzionato applicare una siffatta soluzione in modo rigoroso, senza possibilità di eccezioni qualora i motivi imperativi di interesse generale applicabili non siano compromessi dalla prestazione di servizi prevista. Un sistema come quello previsto dal diritto irlandese deve, al contrario, poter prendere in considerazione le circostanze particolari della causa, tenendo conto della formazione e dell’esperienza specifiche del prestatore di servizi interessato nonché della natura del procedimento al quale quest’ultimo intende partecipare, della complessità della causa e del settore del diritto applicabile.


( 1 ) Lingua originale: il francese.

( 2 ) GU 1977, L 78, pag. 17.

( 3 ) Occorre precisare quali siano i servizi di cui trattasi nella presente causa, poiché le attività esercitate da un avvocato possono comprendere una vasta gamma di compiti. Come rileva l’avvocato generale Léger nelle sue conclusioni nella causa Wouters e a. (C‑309/99, EU:C:2001:390, paragrafo 50), le attività esercitate dall’avvocato sono tradizionalmente concentrate attorno a due funzioni essenziali: da una parte, la consulenza giuridica (che comprende la consultazione, la trattazione e la redazione di taluni atti) e, dall’altra, l’assistenza e la rappresentanza del cliente dinanzi alle autorità giudiziarie e non giudiziarie.

( 4 ) V., a tale riguardo, Visegrády, A., «Legal Cultures in the European Union», Acta Juridica Hungarica, vol. 42, n. 3-4 (2001), pag. 203, che distingue, in modo molto generale, tra le famiglie giuridiche romana, germanica, nordica e quella della common law.

( 5 ) Lo scrittore, filosofo e musicista ginevrino Jean-Jacques Rousseau scrisse, nel XVIII secolo: «Oggi, checché se ne dica, non vi sono più francesi, tedeschi, spagnoli e perfino inglesi: vi sono solo europei».

( 6 ) V., in tal senso, le conclusioni dell’avvocato generale Cruz Villalón nella causa Samba Diouf (C‑69/10, EU:C:2011:102, paragrafi 3739) e la sentenza del 22 dicembre 2010, DEB (C‑279/09, EU:C:2010:811, punti 3159). Per quanto riguarda, in particolare, il ruolo dell’avvocato, l’articolo 1.1. della Carta dei principi fondamentali dell’avvocato europeo e Codice deontologico degli avvocati europei, Consiglio degli ordini forensi europei (CCBE), 2019, dispone che «[i]n una società fondata sul rispetto della giustizia, l’avvocato riveste un ruolo speciale. Il suo compito non si limita al fedele adempimento di un mandato nell’ambito della legge. L’avvocato deve garantire il rispetto dello Stato di Diritto e gli interessi di coloro di cui deve difendere i diritti e le libertà; l’avvocato ha il dovere non solo di difendere la causa ma anche di essere il consigliere del proprio cliente. Il rispetto della funzione professionale dell’avvocato è una condizione essenziale dello Stato di diritto e di una società democratica».

( 7 ) Sentenze del 26 febbraio 2020, Stanleyparma e Stanleybet Malta (C‑788/18, EU:C:2020:110, punto 17), del 10 marzo 2016, Safe Interenvíos (C‑235/14, EU:C:2016:154, punto 98), del 12 settembre 2013, Konstantinides (C‑475/11, EU:C:2013:542, punto 44), del 18 marzo 2014, International Jet Management (C‑628/11, EU:C:2014:171, punto 57), e del 19 dicembre 2012, Commissione/Belgio (C‑577/10, EU:C:2012:814, punto 38).

( 8 ) Sentenza del 19 settembre 2017, Commissione/Irlanda (Tassa di immatricolazione) (C‑552/15, EU:C:2017:698, punto 74).

( 9 ) Sentenza del 25 febbraio 1988, Commissione/Germania (427/85, EU:C:1988:98, punti 1213).

( 10 ) Sentenze del 15 dicembre 1993, Hünermund e a. (C‑292/92, Racc. pag. I‑6787, punto 8); del 31 gennaio 2008, Centro Europa 7 (C‑380/05, Racc. pag. I‑349, punto 50), e del 26 gennaio 2010, Transportes Urbanos y Servicios Generales (C‑118/08, EU:C:2010:39, punto 23).

( 11 ) Sentenza del 25 febbraio 1988 (427/85, EU:C:1988:98, punto 22).

( 12 ) V. paragrafo 29 delle presenti conclusioni.

( 13 ) Sentenza del 25 febbraio 1988 (427/85, EU:C:1988/98). Il corsivo è mio.

( 14 ) Nelle sue conclusioni nella causa Lahorgue (C‑99/16, EU:C:2017:107, paragrafo 56), l’avvocato generale Wathelet ha affermato che esiste nell’ordinamento giuridico dell’Unione una concezione comune dell’avvocato: quella di un soggetto che svolge un’attività di collaborazione con l’amministrazione della giustizia, chiamato a fornire, in piena indipendenza e nell’interesse superiore di quest’ultima, l’assistenza legale di cui il cliente ha bisogno. Siffatta tutela ha come corrispettivo la disciplina professionale, imposta e controllata nell’interesse generale.

( 15 ) Sentenza del 5 dicembre 2006 (C‑94/04 e C‑202/04, EU:C:2006:758, punto 64).

( 16 ) Sentenza del 12 dicembre 1996 (C‑3/95, EU:C:1996:487, punto 38).

( 17 ) Sentenza del 18 maggio 2017 (C‑99/16, EU:C:2017:391, punto 35).

( 18 ) Dato che, in primo luogo, le osservazioni del giudice del rinvio e delle parti interessate affrontano esclusivamente i requisiti di coerenza e di proporzionalità e, in secondo luogo, nessuno contesta l’idoneità della normativa irlandese a conseguire gli obiettivi menzionati al paragrafo 36 delle presenti conclusioni, mi concentrerò sull’analisi di tali due criteri.

( 19 ) Sentenze del 19 luglio 2012, Garkalns (C‑470/11, EU:C:2012:505, punto 37), del 30 aprile 2014, Pfleger e a. (C‑390/12, EU:C:2014:281, punto 43), del 12 giugno 2014, Digibet e Albers (C‑156/13, EU:C:2014:1756, punto 26), e del 14 novembre 2018, Memoria e Dall’Antonia (C‑342/17, EU:C:2018:906, punto 52).

( 20 ) Sentenze del 6 novembre 2003, Gambelli e a. (C‑243/01, EU:C:2003:597), del 27 ottobre 2005, Commissione/Spagna (C‑158/03, non pubblicata, EU:C:2005:642, punto 48), e del 19 dicembre 2018, Stanley International Betting e Stanleybet Malta (C‑375/17, EU:C:2018:1026, punto 76)

( 21 ) Sentenza del 25 febbraio 1988 (427/85, EU:C:1988:98, punto 13).

( 22 ) Sentenza del 25 febbraio 1988, Commissione/Germania (427/85, EU:C:1988:98, punto 14).

( 23 ) Sentenza del 25 febbraio 1988, Commissione/Germania (427/85, EU:C:1988:98, punto 15).

( 24 ) Sentenza del 25 febbraio 1988, Commissione/Germania (427/85, EU:C:1988:98, punto 15).

( 25 ) Sentenza del 10 luglio 1991 (C‑294/89, EU:C:1991:302).

( 26 ) Sentenza del 10 luglio 1991, Commissione/Francia (C‑294/89, EU:C:1991:302, punto 18).

( 27 ) Sentenza del 25 febbraio 1988 (427/85, EU:C:1988:98, punto 13).

( 28 ) Sentenza del 10 luglio 1991, Commissione/Francia (C‑294/89, EU:C:1991:302, punti da 17 a 20).

( 29 ) V. paragrafi da 44 a 49 delle presenti conclusioni.

( 30 ) V. sentenza del 25 febbraio 1988 (427/85, EU:C:1988:98, punto 13 e dispositivo), nella quale la Corte descrive la normativa tedesca semplicemente affermando che essa «non prescrive l’assistenza obbligatoria dell’avvocato», senza ulteriori specificazioni.

( 31 ) V. sentenza del 10 luglio 1991, Commissione/Francia (C‑294/89, EU:C:1991:302, punti 1819 nonché dispositivo), nella quale la Corte descrive la normativa francese affermando che essa «non impone l’assistenza obbligatoria di un avvocato», senza specificarne le caratteristiche.

( 32 ) Il ricorrente nel procedimento principale e il governo irlandese fanno riferimento alla sentenza emessa dalla Supreme Court (Corte suprema) nella causa Coffey v. The Environmental Protection Agency [2014] 2 IR 125. La possibilità di autorizzare la rappresentanza di un soggetto profano da parte di un non professionista sembra derivare dal punto 38 di tale sentenza.

( 33 ) Il diritto tedesco in materia di procedura civile stabilisce una distinzione tra «Bevollmächtigte» e «Beistand», disciplinati rispettivamente all’articolo 79, paragrafo 2, e all’articolo 90 della Zivilprozessordnung (codice di procedura civile). La loro funzione consiste, in generale, nel rappresentare e sostenere il soggetto dinanzi ai giudici ed entrambi hanno la possibilità di fare dichiarazioni in suo nome, anche se sussistono certamente differenze importanti quanto alle loro rispettive competenze. Non si tratta necessariamente di professionisti legali. È espressamente previsto che membri maggiorenni della famiglia possano assumere tali ruoli. Solo il «Bevollmächtigte» deve essere un avvocato quando lo richiede la legge. Il «Beistand» è generalmente una persona particolarmente vicina al soggetto, che ha la sua fiducia e che è in grado di esporre la causa. Il giudice può rifiutare il loro intervento qualora essi non soddisfino i criteri previsti dalla legge o non siano in grado di presentare debitamente la causa [v. Krüger, W., e Rauscher, T. (a cura di), Münchener Kommentar zur Zivilprozessordnung, 6a edizione, Monaco, C.H. Beck, 2020]. Disposizioni analoghe esistono negli altri codici di procedura, ad esempio all’articolo 67, paragrafi 2 e 7, della Verwaltungsgerichtsordnung (codice di procedura amministrativa) e all’articolo 22, paragrafo 1, del Bundesverfassungsgerichtsgesetz (legge sulla Corte costituzionale federale) [v. Posser, H., e Wolff, H.A. (a cura di), Kommentar zur Verwaltungsgerichtsordnung, 54a edizione, Monaco, C.H. Beck, 2020].

( 34 ) V. paragrafi da 46 a 49 delle presenti conclusioni.

( 35 ) V. paragrafi da 50 a 54 delle presenti conclusioni.

( 36 ) V. paragrafi 57 e 58 delle presenti conclusioni.

( 37 ) Conclusioni dell’avvocato generale Jacobs nelle cause riunite van Schijndel e van Veen (C‑430/93 e C‑431/93, EU:C:1995:185).

( 38 ) Conclusioni dell’avvocato generale Jacobs nelle cause riunite van Schijndel e van Veen (C‑430/93 e C‑431/93, EU:C:1995:185, paragrafo 33).

( 39 ) Conclusioni dell’avvocato generale Jacobs nelle cause riunite van Schijndel e van Veen (C‑430/93 e C‑431/93, EU:C:1995:185, paragrafo 34). Il corsivo è mio.

( 40 ) V. paragrafo 23 delle presenti conclusioni.

( 41 ) V. paragrafi 23 e 24 delle presenti conclusioni.

( 42 ) V., in tal senso, Bakshi, P.M., «Pleadings: role and significance», Journal of the Indian Law Institute, vol. 34, n. 3 (luglio-settembre 1992), pag. 355, che rileva come, in passato, il modo di perorare avesse acquisito grande importanza in Inghilterra, il che aveva attirato l’attenzione di giudici e avvocati; Clark, C.E., «History, Systems and Functions of Pleading», Virginia Law Review, n. 11, 1925, pag. 525 e segg., che spiega che il sistema delle arringhe fu istituito in Inghilterra dopo la conquista normanna e divenne una vera e propria «scienza» degna di essere coltivata; e Thornburg, E.G., «Defining Civil Disputes: Lessons from Two Jurisdictions», Melbourne University Lew Review, vol. 35, n. 1, novembre 2011, pag. 211, che spiega che, inizialmente, la procedura nel sistema inglese di common law prevedeva solo una fase orale. È a partire dal XV secolo che la procedura ha previsto anche una fase che consente alle parti in causa di presentare osservazioni scritte.

( 43 ) Come ha rilevato l’avvocato generale Bobek nelle sue conclusioni nelle cause riunite Uniwersytet Wrocławski e Polonia/REA (C‑515/17 P e C‑561/17 P, EU:C:2019:774, paragrafo 103), «la rappresentanza in giudizio svolge un ruolo cruciale per una buona amministrazione della giustizia. Senza un’adeguata rappresentanza, il ricorrente potrebbe non essere in grado di presentare, e il giudice di prendere conoscenza, di tutti gli argomenti necessari a favore del ricorrente». V., in tal senso, Carta dei principi fondamentali dell’avvocato europeo e Codice deontologico degli avvocati europei, op. cit., nota 11, pag. 7, punto 6, in cui l’avvocato è segnatamente descritto come un «attore imprescindibile per la buona amministrazione della giustizia». V., inoltre, pag. 9, «Principio (i) – rispetto dello Stato di Diritto e contributo alla buona amministrazione della giustizia».

( 44 ) Come ricorda l’avvocato generale Bobek nelle sue conclusioni nelle cause riunite Uniwersytet Wrocławski e Polonia/REA (C‑515/17 P e C‑561/17 P, EU:C:2019:774, paragrafo 111), «se dalla (...) pratica negli Stati membri emerge un tema comune, è che la rappresentanza in giudizio è principalmente una questione di scelta privata e di libertà contrattuale (bilaterale). Il cliente è libero di scegliere il suo avvocato e l’avvocato è libero, in linea di principio, di scegliere i suoi clienti. Il rapporto si basa sulla fiducia. Qualsiasi intervento in tale rapporto dovrebbe essere fondato su seri motivi da cui emerge una chiara e imperativa necessità di “proteggere il ricorrente dal suo avvocato”. Inoltre, se vengono individuate questioni problematiche, esse vengono trattate in modo più adeguato dai rispettivi organismi di regolamentazione nell’ambito di procedimenti disciplinari o di altro tipo». Il corsivo è mio.

( 45 ) Sentenza del 25 febbraio 1988 (427/85, EU:C:1988:98, punto 24). Il corsivo è mio.

( 46 ) Sentenza del 10 luglio 1991 (C‑294/89, EU:C:1991:302, punto 31).

( 47 ) Sentenze del 25 febbraio 1988, Commissione/Germania (427/85, EU:C:1988:98, punto 25), e del 10 luglio 1991, Commissione/Francia (C‑294/89, EU:C:1991:302, punto 32).

( 48 ) GU 1998, L 77, pag. 36.

( 49 ) Tengo a rilevare che la causa C‑167/17, Klohn, nella quale l’avvocato ha rappresentato il ricorrente nel procedimento principale dinanzi alla Corte, aveva ad oggetto una domanda di pronuncia pregiudiziale proposta dalla Supreme Court (Corte suprema), vale a dire il giudice del rinvio nella presente causa, e verteva sull’interpretazione della direttiva 85/337/CEE del Consiglio, del 27 giugno 1985, concernente la valutazione dell’impatto ambientale di determinati progetti pubblici e privati (GU 1985, L 175, pag. 40), come modificata dalla direttiva n. 2003/35/CE del Parlamento europeo e del Consiglio, del 26 maggio 2003 (GU 2003, L 156, pag. 17).

( 50 ) V. paragrafo 57 delle presenti conclusioni.

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