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Document 62018CJ0549

    Sentenza della Corte (Grande Sezione) del 16 luglio 2020.
    Commissione europea contro Romania.
    Inadempimento di uno Stato – Articolo 258 TFUE – Prevenzione dell’uso del sistema finanziario a fini di riciclaggio o finanziamento del terrorismo – Direttiva (UE) 2015/849 – Mancata trasposizione e/o comunicazione delle misure di attuazione – Articolo 260, paragrafo 3, TFUE – Domanda di condanna al pagamento di una somma forfettaria.
    Causa C-549/18.

    ECLI identifier: ECLI:EU:C:2020:563

     SENTENZA DELLA CORTE (Grande Sezione)

    16 luglio 2020 ( *1 )

    «Inadempimento di uno Stato – Articolo 258 TFUE – Prevenzione dell’uso del sistema finanziario a fini di riciclaggio o finanziamento del terrorismo – Direttiva (UE) 2015/849 – Mancata trasposizione e/o comunicazione delle misure di attuazione – Articolo 260, paragrafo 3, TFUE – Domanda di condanna al pagamento di una somma forfettaria»

    Nella causa C‑549/18,

    avente ad oggetto un ricorso per inadempimento ai sensi dell’articolo 258 e dell’articolo 260, paragrafo 3, TFUE, proposto il 27 agosto 2018,

    Commissione europea, rappresentata da T. Scharf, L. Flynn, G. von Rintelen, L. Nicolae e L. Radu Bouyon, in qualità di agenti,

    ricorrente,

    contro

    Romania, rappresentata inizialmente da C.-R. Canţăr, E. Gane, L. Liţu e R.I. Haţieganu, successivamente dagli ultimi tre, in qualità di agenti,

    convenuta,

    sostenuta da:

    Regno del Belgio, rappresentato da C. Pochet, P. Cottin e J.-C. Halleux, in qualità di agenti,

    Repubblica di Estonia, rappresentata da N. Grünberg, in qualità di agente,

    Repubblica francese, rappresentata da A.-L. Desjonquères, B. Fodda e J.-L. Carré, in qualità di agenti,

    Repubblica di Polonia, rappresentata da B. Majczyna, in qualità di agente,

    intervenienti,

    LA CORTE (Grande Sezione),

    composta da K. Lenaerts, presidente, R. Silva de Lapuerta, vicepresidente, A. Arabadjiev, A. Prechal, M. Vilaras, L.S. Rossi e I. Jarukaitis, presidenti di sezione, M. Ilešič, J. Malenovský, L. Bay Larsen, T. von Danwitz, F. Biltgen (relatore), A. Kumin, N. Jääskinen e N. Wahl, giudici,

    avvocato generale: E. Tanchev

    cancelliere: M. Longar, amministratore

    vista la fase scritta del procedimento e in seguito all’udienza del 10 dicembre 2019,

    sentite le conclusioni dell’avvocato generale, presentate all’udienza del 5 marzo 2020,

    ha pronunciato la seguente

    Sentenza

    1

    Con il suo ricorso, la Commissione europea chiede che la Corte voglia:

    dichiarare che, non avendo adottato, entro e non oltre il 26 giugno 2017, le disposizioni legislative, regolamentari e amministrative necessarie per conformarsi alla direttiva (UE) 2015/849 del Parlamento europeo e del Consiglio, del 20 maggio 2015, relativa alla prevenzione dell’uso del sistema finanziario a fini di riciclaggio o finanziamento del terrorismo, che modifica il regolamento (UE) n. 648/2012 del Parlamento europeo e del Consiglio e che abroga la direttiva 2005/60/CE del Parlamento europeo e del Consiglio e la direttiva 2006/70/CE della Commissione (GU 2015, L 141, pag. 73), o, in ogni caso, non avendo comunicato tali disposizioni alla Commissione, la Romania è venuta meno agli obblighi ad essa incombenti in forza dell’articolo 67 della direttiva 2015/849;

    infliggere a tale Stato membro, in forza dell’articolo 260, paragrafo 3, TFUE, il pagamento di una penalità di EUR 21974,40 per ogni giorno di ritardo, a decorrere dalla data di pronuncia della presente sentenza, per l’inadempimento dell’obbligo di comunicare le misure di attuazione di tale direttiva;

    infliggere al predetto Stato membro, in forza di quanto disposto dall’articolo 260, paragrafo 3, TFUE, il pagamento di una somma forfettaria, basata su un importo giornaliero di EUR 6016,80 moltiplicato per il numero di giorni trascorsi tra il giorno successivo alla scadenza del termine di trasposizione stabilito nella suddetta direttiva e il giorno in cui l’infrazione è stata regolarizzata dallo Stato membro o, in mancanza di regolarizzazione, il giorno della pronuncia della presente sentenza, a condizione che sia superata la somma forfettaria minima di EUR 1887000, e

    condannare la Romania alle spese.

    Contesto normativo

    2

    Ai sensi dell’articolo 1, paragrafi 1 e 2, della direttiva 2015/849:

    «1.   La presente direttiva mira a impedire l’utilizzo del sistema finanziario dell’Unione per fini di riciclaggio e di finanziamento del terrorismo.

    2.   Gli Stati membri provvedono affinché il riciclaggio di denaro e il finanziamento del terrorismo siano vietati».

    3

    L’articolo 67 di detta direttiva prevede quanto segue:

    «1.   Gli Stati membri mettono in vigore le disposizioni legislative, regolamentari e amministrative necessarie per conformarsi alla presente direttiva entro il 26 giugno 2017. Essi comunicano immediatamente alla Commissione il testo di tali disposizioni.

    Le disposizioni adottate dagli Stati membri contengono un riferimento alla presente direttiva o sono corredate di tale riferimento all’atto della pubblicazione ufficiale. Le modalità di tale riferimento sono stabilite dagli Stati membri.

    2.   Gli Stati membri comunicano alla Commissione il testo delle disposizioni fondamentali di diritto interno che adottano nel settore disciplinato dalla presente direttiva».

    Procedimento precontenzioso e procedimento dinanzi alla Corte

    4

    Non avendo ricevuto alcuna informazione da parte della Romania in merito all’adozione e alla pubblicazione delle disposizioni legislative, regolamentari e amministrative necessarie per conformarsi alla direttiva 2015/849 alla scadenza del termine per la trasposizione previsto all’articolo 67 di tale direttiva, vale a dire il 26 giugno 2017, la Commissione ha inviato a detto Stato membro, il 19 luglio 2017, una lettera di diffida.

    5

    Dalla risposta della Romania, in data 19 settembre 2017, è emerso che, a tale data, le misure di attuazione della suddetta direttiva erano solamente in fase di preparazione. L’8 dicembre 2017 la Commissione ha pertanto inviato a tale Stato membro un parere motivato, invitandolo ad adottare le misure necessarie per conformarsi alle prescrizioni della direttiva 2015/849 entro un termine di due mesi dalla ricezione di detto parere.

    6

    Essendo state respinte le sue richieste di proroga del termine di risposta al parere motivato dell’8 dicembre 2017, la Romania ha replicato a tale parere con lettera dell’8 febbraio 2018, informando la Commissione che il progetto di legge contenente le misure di attuazione della direttiva 2015/849 sarebbe stato adottato dal Parlamento nel mese di maggio 2018.

    7

    Ritenendo che la Romania non avesse adottato le misure di attuazione nazionali di tale direttiva né le avesse comunicate, la Commissione ha proposto il presente ricorso, chiedendo alla Corte di dichiarare l’inadempimento addebitato e di infliggere a tale Stato membro il pagamento non solo di una somma forfettaria, bensì anche di una penalità giornaliera.

    8

    Con lettera del 28 agosto 2019 la Commissione ha informato la Corte di rinunciare parzialmente al proprio ricorso, nei limiti in cui essa non chiedeva più l’irrogazione di una penalità giornaliera, dato che tale domanda era divenuta priva di oggetto in seguito alla trasposizione completa della direttiva 2015/849 nel diritto rumeno con effetto dal 21 luglio 2019. Al contempo, ha precisato che l’importo della somma forfettaria di cui chiedeva la condanna al pagamento nel caso di specie ammontava a EUR 4536667,20 e copriva il periodo dal 27 giugno 2017 al 20 luglio 2019, vale a dire 754 giorni a EUR 6016,80 al giorno.

    9

    Con decisioni del presidente della Corte del 5, 31 e 27 dicembre 2018, il Regno del Belgio, la Repubblica di Estonia e la Repubblica francese nonché la Repubblica di Polonia sono state rispettivamente ammesse a intervenire a sostegno della Romania.

    Sul ricorso

    Sull’inadempimento ai sensi dell’articolo 258 TFUE

    Argomenti delle parti

    10

    La Commissione ritiene che la Romania, non avendo adottato, entro il 26 giugno 2017, tutte le disposizioni legislative, regolamentari e amministrative necessarie per conformarsi alla direttiva 2015/849 o, in ogni caso, non avendole comunicato tali disposizioni, sia venuta meno agli obblighi ad essa incombenti a norma dell’articolo 67 di tale direttiva.

    11

    La Commissione ricorda, in particolare, che le disposizioni di una direttiva devono essere attuate con un’efficacia cogente incontestabile, con la specificità, la precisione e la chiarezza necessarie per garantire la certezza del diritto, e che gli Stati membri non possono eccepire situazioni interne o difficoltà pratiche per giustificare la mancata trasposizione di una direttiva entro il termine stabilito dal legislatore dell’Unione. Di conseguenza, spetterebbe a ciascuno Stato membro prendere in considerazione le fasi necessarie per adottare la legislazione richiesta, risultanti dal suo ordinamento giuridico interno, al fine di garantire che la trasposizione della direttiva in questione possa avvenire entro il termine stabilito.

    12

    Nel caso di specie, la Commissione rileva anzitutto, per quanto riguarda le misure nazionali notificate dopo la presentazione del ricorso, nel mese di ottobre 2018 – e che secondo la Romania dovrebbero essere considerate una trasposizione parziale della direttiva 2015/849 – che tale Stato membro non ha fornito alcuna tabella di concordanza che dimostri la pertinenza delle misure notificate e spieghi il nesso tra le disposizioni di tale direttiva e dette misure. Orbene, gli Stati membri avrebbero l’obbligo di trasmettere un simile documento esplicativo.

    13

    Inoltre, conformemente alla giurisprudenza della Corte, se, come avviene nel caso della direttiva 2015/849 al suo articolo 67, una direttiva prevede espressamente che le disposizioni che la traspongono debbano contenere un riferimento a quest’ultima o essere corredate da un simile riferimento all’atto della pubblicazione ufficiale, sarebbe in ogni caso necessario adottare un atto positivo di trasposizione della direttiva di cui trattasi (sentenza dell’11 giugno 2015, Commissione/Polonia, C‑29/14, EU:C:2015:379, punto 49 e giurisprudenza ivi citata). Orbene, nel caso di specie, nessuna delle 40 misure notificate dalla Romania nell’ottobre 2018 farebbe riferimento alla direttiva 2015/849. Peraltro, 37 di tali misure sarebbero state prese addirittura prima dell’adozione di tale direttiva.

    14

    Infine, non si può sostenere, come la Romania, che la trasposizione della direttiva 2005/60/CE del Parlamento europeo e del Consiglio, del 26 ottobre 2005, relativa alla prevenzione dell’uso del sistema finanziario a scopo di riciclaggio dei proventi di attività criminose e di finanziamento del terrorismo (GU 2005, L 309, pag. 15), e della direttiva 2006/70/CE della Commissione, del 1o agosto 2006, recante misure di esecuzione della direttiva 2005/60/CE del Parlamento europeo e del Consiglio per quanto riguarda la definizione di persone politicamente esposte e i criteri tecnici per le procedure semplificate di adeguata verifica della clientela e per l’esenzione nel caso di un’attività finanziaria esercitata in modo occasionale o su scala molto limitata (GU 2006, L 214, pag. 29) sia sufficiente a garantire la trasposizione della direttiva 2015/849, dal momento che quest’ultima introduce numerosi elementi nuovi che si differenziano sensibilmente da quelli previsti dalle prime due direttive. Poiché le misure notificate dalla Romania nell’ottobre 2018 traspongono non già la direttiva 2015/849, bensì le direttive 2005/60 e 2006/70, esse non possono essere prese in considerazione nell’ambito del presente procedimento. Pertanto, le affermazioni della Romania relative alla trasposizione parziale della direttiva 2015/849 sarebbero prive di fondamento.

    15

    La Romania ritiene che occorra respingere in parte il ricorso della Commissione, invocando la trasposizione parziale della direttiva 2015/849 assicurata dalla normativa nazionale in vigore prima della scadenza del termine di cui all’articolo 67 di tale direttiva. Tale Stato membro sottolinea che, dall’inizio del procedimento precontenzioso, ha compiuto sforzi notevoli per giungere a una definizione della presente causa e ha attivamente dialogato con la Commissione in merito all’adozione delle misure necessarie per garantire la trasposizione completa della direttiva 2015/849, misure che sono infine entrate in vigore il 21 luglio 2019.

    16

    La Romania precisa che, nell’ambito della sua cooperazione con la Commissione, essa ha notificato a tale istituzione, nell’ottobre 2018, 40 misure nazionali a titolo di misure di attuazione della direttiva 2015/849 che esistevano già nell’ordinamento giuridico nazionale. Dal momento che tali 40 misure hanno garantito la trasposizione integrale delle direttive 2005/60 e 2006/70 le quali, in larga misura, sono state incorporate nella direttiva 2015/849 che le ha abrogate, esse dovrebbero essere considerate una trasposizione parziale di quest’ultima direttiva. Spetterebbe alla Corte tener conto di tali elementi, nonché delle particolarità del caso di specie e del comportamento della Romania.

    17

    La circostanza che le 40 misure in questione siano state notificate alla Commissione solo dopo la presentazione del ricorso e non durante il procedimento precontenzioso non avrebbe alcuna incidenza sul fatto che tale istituzione fosse a conoscenza dell’esistenza di tali misure ancor prima che il termine di trasposizione previsto dall’articolo 67 della direttiva 2015/849 avesse iniziato a decorrere, poiché dette misure erano state notificate in quanto atti di trasposizione delle direttive 2005/60 e 2006/70. Del resto, la tabella di concordanza allegata al controricorso indicherebbe con chiarezza e concisione le disposizioni della direttiva 2015/849 considerate trasposte nonché le corrispondenti disposizioni della normativa nazionale in vigore. Il fatto che queste stesse misure non facciano riferimento a tale direttiva non impedirebbe loro di essere misure di attuazione, in quanto consentono di raggiungere gli obiettivi perseguiti dalla suddetta direttiva.

    18

    Poiché l’oggetto del presente ricorso è la totale mancanza di trasposizione della direttiva 2015/849 nel diritto rumeno, l’argomento della Commissione secondo cui le misure indicate nella tabella di concordanza, tenuto conto delle modifiche introdotte dalla direttiva 2015/849, non possono costituire una trasposizione di quest’ultima, dovrebbe essere oggetto di un altro ricorso.

    Giudizio della Corte

    19

    Secondo costante giurisprudenza della Corte, l’esistenza di un inadempimento deve essere valutata in relazione alla situazione dello Stato membro quale si presentava alla scadenza del termine stabilito nel parere motivato, e i mutamenti avvenuti in seguito non possono essere presi in considerazione dalla Corte [sentenze del 30 gennaio 2002, Commissione/Grecia, C‑103/00, EU:C:2002:60, punto 23; del 18 ottobre 2018, Commissione/Romania, C‑301/17, non pubblicata, EU:C:2018:846, punto 42, e dell’8 luglio 2019, Commissione/Belgio (Articolo 260, paragrafo 3, TFUE – Reti ad alta velocità), C‑543/17, EU:C:2019:573, punto 23].

    20

    La Corte ha peraltro ripetutamente statuito che, se una direttiva prevede espressamente l’obbligo per gli Stati membri di garantire che le disposizioni necessarie per la sua attuazione contengano un riferimento a tale direttiva o siano corredate da tale riferimento all’atto della loro pubblicazione ufficiale, è in ogni caso necessario che gli Stati membri adottino un atto di trasposizione positivo della direttiva in questione (v., in tal senso, sentenze del 27 novembre 1997, Commissione/Germania, C‑137/96, EU:C:1997:566, punto 8; del 18 dicembre 1997, Commissione/Spagna, C‑360/95, EU:C:1997:624, punto 13, e dell’11 giugno 2015, Commissione/Polonia, C‑29/14, EU:C:2015:379, punto 49).

    21

    Nel caso di specie, la Commissione ha inviato il suo parere motivato alla Romania l’8 dicembre 2017, sicché il termine di due mesi fissato in detto parere motivato scadeva l’8 febbraio 2018. Quindi, l’esistenza o meno dell’inadempimento addebitato va valutata alla luce dello stato della normativa interna vigente in tale data [v., per analogia, sentenza dell’8 luglio 2019, Commissione/Belgio (Articolo 260, paragrafo 3, TFUE – Reti ad alta velocità), C‑543/17, EU:C:2019:573, punto 24 e giurisprudenza ivi citata].

    22

    A tale riguardo, da un lato, è pacifico che le 40 misure nazionali, rispetto alle quali la Romania afferma che assicurano una trasposizione parziale della direttiva 2015/849, sono state notificate in quanto misure di attuazione di tale direttiva dopo la scadenza del termine fissato nel parere motivato dell’8 dicembre 2017, vale a dire nel corso del mese di ottobre 2018.

    23

    Dall’altro lato e in ogni caso, come rilevato dall’avvocato generale al paragrafo 35 delle conclusioni, è pacifico che, contrariamente a quanto prescritto dall’articolo 67 della direttiva 2015/849, tali 40 misure non contengono alcun riferimento a quest’ultima.

    24

    Ne consegue che le misure in questione non possono essere considerate un atto positivo di trasposizione nell’accezione della giurisprudenza menzionata al punto 20 della presente sentenza.

    25

    Si deve pertanto concludere che, alla scadenza del termine fissato nel parere motivato dell’8 dicembre 2017, la Romania non aveva né adottato le misure necessarie per garantire la trasposizione della direttiva 2015/849 né, pertanto, aveva comunicato tali misure alla Commissione.

    26

    Di conseguenza occorre dichiarare che, non avendo adottato, entro la scadenza del termine prescritto nel parere motivato dell’8 dicembre 2017, le disposizioni legislative, regolamentari e amministrative necessarie per conformarsi alla direttiva 2015/849 e, pertanto, non avendo comunicato tali disposizioni alla Commissione, la Romania è venuta meno agli obblighi ad essa incombenti a norma dell’articolo 67 di tale direttiva.

    Sull’inadempimento ai sensi dell’articolo 260, paragrafo 3, TFUE

    Sull’applicazione dell’articolo 260, paragrafo 3, TFUE

    – Argomenti delle parti

    27

    Secondo la Commissione, l’articolo 260, paragrafo 3, TFUE è stato introdotto dal Trattato di Lisbona al fine di rafforzare il meccanismo sanzionatorio precedentemente istituito dal Trattato di Maastricht. Tenuto conto del carattere innovativo della suddetta disposizione e della necessità di salvaguardare la trasparenza e la certezza del diritto, detta istituzione ha adottato la comunicazione intitolata «Applicazione dell’articolo 260, paragrafo 3, TFUE» (GU 2011, C 12, pag. 1; in prosieguo: la «comunicazione del 2011»).

    28

    Tale disposizione perseguirebbe l’obiettivo di incitare maggiormente gli Stati membri ad attuare le direttive nei termini fissati dal legislatore dell’Unione e di garantire l’applicazione della legislazione dell’Unione.

    29

    La Commissione considera che l’articolo 260, paragrafo 3, TFUE si applica sia alla totale mancata comunicazione delle misure di attuazione di una direttiva, sia alla loro comunicazione parziale.

    30

    Tale istituzione ritiene peraltro che, poiché l’articolo 260, paragrafo 3, TFUE richiama l’inadempimento di uno Stato membro al suo obbligo di comunicare «misure di attuazione di una direttiva», tale disposizione non si applica solo nell’ipotesi di mancata notifica delle misure nazionali di attuazione di una direttiva, bensì anche nell’ipotesi in cui uno Stato membro non abbia adottato dette misure. Un’interpretazione puramente formalistica di tale disposizione, in base alla quale quest’ultima mirerebbe soltanto ad assicurare l’effettiva notifica delle misure nazionali, non garantirebbe una trasposizione pertinente di tutte le disposizioni della direttiva di cui trattasi e priverebbe di qualsiasi effetto utile l’obbligo di trasposizione delle direttive nel diritto nazionale.

    31

    Nel caso di specie, si tratterebbe proprio di sanzionare la mancata adozione e pubblicazione nonché, di conseguenza, la mancata comunicazione alla Commissione da parte della Romania di tutte le disposizioni giuridiche necessarie per garantire la trasposizione della direttiva 2015/849 nel diritto nazionale.

    32

    In risposta agli argomenti dedotti dalla Romania per contestare l’applicabilità dell’articolo 260, paragrafo 3, TFUE al caso di specie, la Commissione fa valere, in particolare, che la sua decisione di chiedere sistematicamente l’imposizione di una sanzione finanziaria in applicazione di tale disposizione non può essere intesa come un’omissione, da parte sua, dell’esercizio del suo potere discrezionale. Infatti al punto 16 della comunicazione del 2011 essa avrebbe esplicitamente tenuto conto del fatto che tale disposizione le conferisce un ampio potere discrezionale, analogo al potere discrezionale di avviare o meno una procedura d’infrazione ai sensi dell’articolo 258 TFUE. Pertanto, la decisione politica di ricorrere, per principio, al meccanismo istituito all’articolo 260, paragrafo 3, TFUE in tutti i casi riguardanti gli inadempimenti contemplati in tale disposizione è stata a suo avviso presa nell’esercizio del suo potere discrezionale. Invero, la Commissione non esclude che possano insorgere casi particolari in cui una domanda di sanzione in forza di tale disposizione possa sembrarle inadeguata, ma precisa che tale ipotesi non ricorre nel caso di specie.

    33

    Per quanto riguarda l’argomento della Romania secondo cui la maggior parte degli Stati membri non aveva rispettato il termine di trasposizione della direttiva 2015/849, la Commissione ammette che, alla data di scadenza del termine di trasposizione di quest’ultima, ossia il 26 giugno 2017, solo otto Stati membri le avevano comunicato misure di attuazione integrale di tale direttiva. Ciò non toglie che, alla data di proposizione del presente ricorso, ossia il 27 agosto 2018, la Romania fosse l’unico Stato membro a non aver comunicato alcuna misura di attuazione della suddetta direttiva.

    34

    La Romania chiede il rigetto del ricorso della Commissione nella parte in cui è diretto a infliggerle sanzioni pecuniarie ai sensi dell’articolo 260, paragrafo 3, TFUE, facendo valere che, poiché il diritto rumeno assicurava, alla data di proposizione del presente ricorso, una trasposizione parziale della direttiva 2015/849, ciò comporta, in via principale, l’inapplicabilità del regime sanzionatorio previsto da tale disposizione. In subordine, tale Stato membro invoca la necessità di adeguare le sanzioni pecuniarie proposte dalla Commissione a tale situazione.

    35

    Sebbene la Romania non contesti la regolarità del procedimento del ricorso per inadempimento proposto dalla Commissione ai sensi dell’articolo 258 TFUE né la prosecuzione di tale procedimento dinanzi alla Corte, essa ritiene per contro che, nel caso di specie, l’articolo 260, paragrafo 3, TFUE non sia applicabile, in quanto tale disposizione, che riguarda l’applicazione accelerata di un regime di sanzioni relativo a un ricorso per inadempimento fondato sull’articolo 258 TFUE, deve essere interpretata restrittivamente. L’obiettivo della detta disposizione sarebbe infatti quello di sanzionare, in una fase più anticipata, un inadempimento manifesto di un obbligo la cui modalità di esecuzione è incontestabile, vale a dire la comunicazione delle misure di attuazione delle direttive. L’articolo 260, paragrafo 3, TFUE riguarderebbe quindi infrazioni evidenti rispetto alle quali il previo ottenimento di una sentenza della Corte che accerta l’inadempimento costituirebbe solo un passo formale. L’applicazione di tale disposizione dovrebbe limitarsi alle situazioni descritte esaustivamente nel suo testo, vale a dire l’inadempimento «dell’obbligo di comunicare le misure di attuazione di una direttiva».

    36

    Secondo la Romania, nell’ambito dell’applicazione dell’articolo 260, paragrafo 3, TFUE, non occorrerebbe limitare il controllo effettuato dalla Commissione alla semplice constatazione formale dell’esistenza della comunicazione di misure nazionali di trasposizione della direttiva in questione. È evidente che la Commissione dovrebbe procedere a un’analisi globale delle misure nazionali comunicate e verificare se queste ultime riguardino il settore disciplinato da tale direttiva, il termine entro il quale esse entrano in vigore o se esse si applichino in tutto il territorio dello Stato membro interessato. Tuttavia, quando gli Stati membri adottano misure di attuazione o, come nel caso di specie, provano l’esistenza di simili misure, anche se parziali, l’accertamento di un inadempimento richiederebbe, di regola, un dibattito in contraddittorio tra la Commissione e lo Stato membro interessato, che non può essere assimilato a un passo formale.

    37

    La Romania sostiene che tale interpretazione dell’articolo 260, paragrafo 3, TFUE è conforme ai lavori preparatori che hanno portato all’adozione di tale disposizione e deriverebbe peraltro dall’interpretazione letterale di quest’ultima. Inoltre, essa sarebbe l’unica a consentire di rispettare sia il principio della certezza del diritto sia il principio di proporzionalità, poiché stabilirebbe una chiara separazione tra, da un lato, i casi di totale mancanza di misure di attuazione e di notifica di queste ultime nonché, dall’altro, i casi in cui le misure di attuazione e la notifica delle medesime sono solo parziali.

    38

    Per quanto riguarda la sanzione pecuniaria richiesta, la Romania rileva, da un lato, che la Commissione non ha motivato la sua decisione di chiedere l’imposizione di una simile sanzione nel caso di specie. Infatti, la prassi della Commissione consistente nel chiedere automaticamente l’applicazione di sanzioni pecuniarie ai sensi dell’articolo 260, paragrafo 3, TFUE nell’ambito dei ricorsi per la constatazione di un inadempimento dell’obbligo di comunicare le misure di attuazione di una direttiva sarebbe erronea e violerebbe gli obiettivi perseguiti da tale disposizione. Infatti, dalla formulazione stessa di quest’ultima risulterebbe che la Commissione «può, se lo ritiene opportuno, indicare l’importo della somma forfettaria o della penalità» che lo Stato membro interessato deve versare, di modo che l’applicazione di sanzioni pecuniarie è un’opzione concessa alla Commissione, che deve analizzare ciascuna situazione individualmente. Pertanto, spetterebbe a tale istituzione analizzare tutte le circostanze di fatto e di diritto della presente fattispecie nonché motivare, alla luce di tali circostanze, la sua decisione di chiedere alla Corte di applicare sanzioni pecuniarie. Il rispetto di tale obbligo sarebbe tanto più importante in quanto dall’articolo 260, paragrafo 3, TFUE risulta che la Corte può infliggere sanzioni solo nei limiti dell’importo indicato dalla Commissione, cosicché, in assenza di proposta da parte della Commissione di un tale importo, alla Corte è preclusa la possibilità di infliggere una sanzione finanziaria. Alla luce di quanto precede e tenuto conto di tutte le circostanze di fatto e di diritto della presente causa nonché del fatto che la Commissione non ha motivato la sua decisione di chiedere l’applicazione di sanzioni pecuniarie, la Romania sostiene che l’irrogazione di tali sanzioni non è possibile nel caso di specie.

    39

    Tale Stato membro sostiene, dall’altro lato, che l’imposizione di una somma forfettaria costituisce un’eccezione, che si applica solo quando dalle caratteristiche dell’inadempimento di cui trattasi, dal comportamento dello Stato membro interessato e dalla valutazione del grado di pregiudizio agli interessi pubblici e privati risulta che l’applicazione di una penalità non è sufficiente, tenuto conto dell’obiettivo di porre fine a tale inadempimento nel più breve tempo possibile e di assicurarsi che tale Stato membro non persevererà in un simile comportamento. Peraltro, la Corte avrebbe già dichiarato che, tenuto conto del tenore letterale dell’articolo 260, paragrafo 3, TFUE nonché della sua finalità, la condanna a una somma forfettaria non deve avere il carattere automatico che la Commissione suggerisce. Orbene, nel caso di specie, anzitutto la Commissione avrebbe riconosciuto che la Romania, nel corso del procedimento dinanzi alla Corte, ha adottato tutte le misure necessarie per garantire la trasposizione completa della direttiva 2015/849. Inoltre, anche prima dell’entrata in vigore, il 21 luglio 2019, della Legea nr. 129/2019 pentru prevenirea și combaterea spălării banilor și finanțării terorismului, precum și pentru modificarea și completarea unor acte normative (legge n. 129/2019 relativa alla prevenzione del riciclaggio e del finanziamento del terrorismo e alla lotta contro tali attività, e che modifica e integra taluni atti legislativi), dell’11 luglio 2019 (Monitorul Oficial al României, parte I, n. 589 del 18 luglio 2019), le disposizioni della direttiva 2015/849 relative agli effetti sulle parti interessate private e pubbliche sarebbero già state trasposte con atti normativi nazionali in vigore. Inoltre, per determinati obblighi previsti in tale direttiva, il termine di trasposizione non sarebbe ancora scaduto. Infine, la Romania sarebbe nella media degli Stati membri per quanto riguarda il numero di ricorsi diretti a constatare un inadempimento dell’obbligo di comunicare le misure di attuazione delle direttive e non sarebbe ancora mai stata condannata dalla Corte per inadempimento dell’obbligo di trasposizione di una direttiva entro i termini. Inoltre, la durata media dei procedimenti precontenziosi che coinvolgono la Romania sarebbe la più breve di tutti gli Stati membri e, nel caso di specie, tra l’inizio della fase precontenziosa e l’adizione della Corte sarebbe trascorso meno di un anno. Pertanto, la richiesta della Commissione di imporre il pagamento di una somma forfettaria sarebbe non solo ingiustificata, ma anche sproporzionata rispetto ai fatti del caso di specie e all’obiettivo fondamentale di questo tipo di sanzione pecuniaria.

    40

    Il Regno del Belgio, la Repubblica di Estonia e la Repubblica francese fanno valere, in sostanza, che l’articolo 260, paragrafo 3, TFUE si applica solo qualora uno Stato membro sia rimasto totalmente inerte per quanto riguarda la trasposizione di una direttiva nel diritto nazionale e abbia quindi omesso, entro il termine impartito, di adottare misure per trasporre tale direttiva e di comunicarle alla Commissione. In nessun caso rientrerebbe nell’ambito di applicazione di tale disposizione l’ipotesi in cui uno Stato membro ha comunicato alla Commissione misure di attuazione, ma quest’ultima gli contesta una trasposizione scorretta o una trasposizione parziale della direttiva di cui trattasi.

    41

    A tal riguardo, detti Stati membri sostengono, in particolare, che l’interpretazione dell’articolo 260, paragrafo 3, TFUE da essi auspicata deriva dal tenore letterale, dalla genesi e dalla finalità di tale disposizione, che si presume applicabile solo nei casi più gravi e manifesti di violazione dell’obbligo di adottare misure di attuazione di una direttiva e di comunicarle. Inoltre, essa sarebbe corroborata dall’impianto sistematico dell’articolo 260 TFUE e sarebbe l’unica a non porre gli Stati membri in una situazione estremamente difficile, dato che, seguendo l’approccio auspicato dalla Commissione, gli Stati membri non potrebbero mai essere certi che tale istituzione non intenda infliggere loro una sanzione pecuniaria.

    42

    A ciò si aggiungerebbe il fatto che l’interpretazione così sostenuta consentirebbe di garantire che l’ambito di applicazione dell’articolo 258 TFUE sia pienamente rispettato e sarebbe l’unica interpretazione compatibile con i principi di certezza del diritto e di proporzionalità. Ne conseguirebbe infatti che, nel caso in cui, nel corso del procedimento dinanzi alla Corte, uno Stato membro abbia trasposto una direttiva e abbia comunicato alla Commissione l’insieme delle misure di attuazione, tale istituzione dovrebbe rinunciare a chiedere la condanna di detto Stato membro al pagamento di una penalità o di una somma forfettaria. Ancora, la suddetta interpretazione implicherebbe un rischio soltanto marginale che gli Stati membri cerchino di eludere l’applicazione dell’articolo 260, paragrafo 3, TFUE comunicando misure di attuazione non corrispondenti alla realtà.

    43

    Inoltre, tutti gli Stati membri intervenienti menzionati al punto 40 della presente sentenza nonché la Repubblica di Polonia considerano che, nel caso di specie, l’articolo 260, paragrafo 3, TFUE non può trovare applicazione dal momento che la Commissione non ha motivato in maniera circostanziata la sua decisione di chiedere l’irrogazione di sanzioni finanziarie. Infatti, una decisione del genere dovrebbe essere specificamente giustificata rispetto alle circostanze particolari di ciascun caso, dato che, conformemente alla giurisprudenza della Corte, l’imposizione del pagamento di una somma forfettaria non può avvenire automaticamente. La Commissione non può limitarsi a ricorrere, per principio, allo strumento previsto dall’articolo 260, paragrafo 3, TFUE senza contravvenire a tale disposizione. Inoltre, sarebbe di rigore un’analisi circostanziata degli elementi di ciascun caso da parte della Commissione, posto che tali elementi sono necessari per determinare la natura della sanzione pecuniaria da infliggere per indurre lo Stato membro coinvolto a porre fine all’inadempimento di cui trattasi e per stabilire un importo che sia adeguato alle circostanze del caso di specie, come richiesto dalla giurisprudenza della Corte. Non sarebbe peraltro necessario cumulare il pagamento di una somma forfettaria con quello di una penalità. In ogni caso, l’approccio della Commissione potrebbe condurre a discriminazioni tra Stati membri.

    – Giudizio della Corte

    44

    È opportuno ricordare che l’articolo 260, paragrafo 3, primo comma, TFUE prevede che la Commissione, quando propone ricorso dinanzi alla Corte in forza dell’articolo 258 TFUE reputando che lo Stato membro non abbia adempiuto all’obbligo di comunicare le misure di attuazione di una direttiva adottata secondo una procedura legislativa, può, se lo ritiene opportuno, indicare l’importo di una somma forfettaria o di una penalità da versare da parte di tale Stato membro che essa consideri adeguato alle circostanze. Conformemente all’articolo 260, paragrafo 3, secondo comma, TFUE, se la Corte constata l’inadempimento, può infliggere allo Stato membro in questione il pagamento di una somma forfettaria o di una penalità entro i limiti dell’importo indicato dalla Commissione; il pagamento è esigibile alla data fissata dalla Corte nella sentenza.

    45

    Per quanto riguarda la portata dell’articolo 260, paragrafo 3, TFUE, la Corte ha statuito che occorreva accogliere un’interpretazione di tale disposizione che, da un lato, consentisse sia di salvaguardare le prerogative attribuite alla Commissione al fine di garantire l’applicazione effettiva del diritto dell’Unione che di tutelare i diritti della difesa nonché la posizione procedurale riconosciuta agli Stati membri in forza dell’applicazione del combinato disposto dell’articolo 258 TFUE e dell’articolo 260, paragrafo 2, TFUE e, dall’altro, permettesse alla Corte di esercitare la sua funzione giurisdizionale consistente nell’esaminare, nell’ambito di un unico procedimento, se lo Stato membro interessato abbia adempiuto i propri obblighi di comunicazione delle misure di attuazione della direttiva in causa e, se del caso, nel valutare la gravità dell’inadempimento in tal modo constatato e nell’infliggere la sanzione pecuniaria da essa ritenuta più adeguata alle circostanze del caso di specie [sentenza dell’8 luglio 2019, Commissione/Belgio (Articolo 260, paragrafo 3, TFUE – Reti ad alta velocità), C‑543/17, EU:C:2019:573, punto 58].

    46

    In tale contesto, la Corte ha interpretato i termini «obbligo di comunicare le misure di attuazione», di cui all’articolo 260, paragrafo 3, TFUE, nel senso che riguardano l’obbligo degli Stati membri di comunicare informazioni sufficientemente chiare e precise in merito alle misure di attuazione di una direttiva. Al fine di rispettare l’imperativo di certezza del diritto e di garantire la trasposizione completa di tutte le disposizioni di tale direttiva nell’intero territorio interessato, gli Stati membri sono tenuti a indicare, per ciascuna disposizione di detta direttiva, la misura nazionale o le misure nazionali che ne assicurano la trasposizione. Una volta effettuata tale comunicazione, se del caso accompagnata dalla presentazione di una tabella di concordanza, incombe alla Commissione dimostrare, al fine di chiedere l’irrogazione di una sanzione pecuniaria ai sensi dell’articolo 260, paragrafo 3, TFUE a carico dello Stato membro interessato, che talune misure di attuazione sono manifestamente mancanti o non riguardano l’intero territorio dello Stato membro interessato, fermo restando che non spetta alla Corte, nell’ambito del procedimento giurisdizionale avviato in applicazione di tale disposizione, esaminare se le misure nazionali comunicate alla Commissione garantiscano una trasposizione corretta delle disposizioni della direttiva di cui trattasi [sentenza dell’8 luglio 2019, Commissione/Belgio (Articolo 260, paragrafo 3, TFUE – Reti ad alta velocità), C‑543/17, EU:C:2019:573, punto 59].

    47

    Poiché, come risulta dai punti 25 e 26 della presente sentenza, è dimostrato che, alla scadenza del termine fissato nel parere motivato dell’8 dicembre 2017, la Romania non aveva comunicato alla Commissione alcuna misura di attuazione della direttiva 2015/849 ai sensi dell’articolo 260, paragrafo 3, TFUE, l’inadempimento così constatato rientra nell’ambito di applicazione di tale disposizione.

    48

    Per chiarire se, come affermato dalla Romania e dagli Stati membri intervenuti a suo sostegno, la Commissione debba motivare caso per caso la sua decisione di chiedere una sanzione pecuniaria ai sensi dell’articolo 260, paragrafo 3, TFUE o se tale istituzione possa farlo senza motivazione, in tutti i casi che rientrano nell’ambito di applicazione di tale disposizione, occorre ricordare che la Commissione dispone, in quanto custode dei Trattati in forza dell’articolo 17, paragrafo 1, seconda frase, TUE, di un potere discrezionale per adottare una simile decisione.

    49

    Infatti, l’applicazione dell’articolo 260, paragrafo 3, TFUE non può essere considerata isolatamente, ma deve essere connessa all’avvio di un procedimento per inadempimento ai sensi dell’articolo 258 TFUE. Orbene, poiché la domanda di condanna a una sanzione pecuniaria ai sensi dell’articolo 260, paragrafo 3, TFUE costituisce solo una modalità accessoria del procedimento per inadempimento, di cui essa deve garantire l’efficacia, e la Commissione dispone, per quanto riguarda l’opportunità di avviare un siffatto procedimento, di un potere discrezionale sul quale la Corte non può esercitare un controllo giurisdizionale (v., in tal senso, sentenze del 14 febbraio 1989, Star Fruit/Commissione, 247/87, EU:C:1989:58, punto 11; del 6 luglio 2000, Commissione/Belgio, C‑236/99, EU:C:2000:374, punto 28, e del 26 giugno 2001, Commissione/Portogallo, C‑70/99, EU:C:2001:355, punto 17), le condizioni di applicazione di tale disposizione non possono essere più restrittive di quelle che presiedono all’attuazione dell’articolo 258 TFUE.

    50

    Inoltre, occorre rilevare che, in applicazione dell’articolo 260, paragrafo 3, TFUE, solo la Corte è competente a infliggere una sanzione pecuniaria a uno Stato membro. Quando la Corte adotta una simile decisione in esito a un dibattito in contraddittorio, essa deve motivarla. Pertanto, l’assenza di motivazione da parte della Commissione quanto alla sua scelta di chiedere alla Corte l’applicazione dell’articolo 260, paragrafo 3, TFUE non pregiudica le garanzie processuali dello Stato membro di cui trattasi.

    51

    Occorre aggiungere che la circostanza che la Commissione non debba motivare caso per caso la sua decisione di chiedere una sanzione pecuniaria ai sensi dell’articolo 260, paragrafo 3, TFUE non esenta tale istituzione dall’obbligo di motivare la natura e l’importo della sanzione pecuniaria richiesta, tenendo conto al riguardo degli orientamenti che essa ha adottato, come quelli contenuti nelle comunicazioni della Commissione, che, pur non vincolando la Corte, contribuiscono a garantire la trasparenza, la prevedibilità e la certezza del diritto dell’azione condotta dalla Commissione (v., per analogia con l’articolo 260, paragrafo 2, TFUE, sentenza del 30 maggio 2013, Commissione/Svezia, C‑270/11, EU:C:2013:339, punto 41 e giurisprudenza ivi citata).

    52

    Tale obbligo di motivazione riguardo alla natura e all’importo della sanzione pecuniaria richiesta è a maggior ragione importante in quanto, a differenza di quanto previsto al paragrafo 2 dell’articolo 260 TFUE, il paragrafo 3 di tale articolo prevede che, nell’ambito di un procedimento avviato in applicazione di tale disposizione, la Corte dispone solo di un potere discrezionale delimitato, dato che, se essa constata un inadempimento, le proposte della Commissione vincolano la Corte quanto alla natura della sanzione pecuniaria che essa può infliggere e all’importo massimo della sanzione che essa può disporre.

    53

    In effetti, gli autori dell’articolo 260, paragrafo 3, TFUE non solo hanno previsto che spetta alla Commissione indicare «l’importo della somma forfettaria o della penalità da versare» da parte dello Stato membro in questione, ma hanno altresì precisato che la Corte può infliggere il pagamento di una sanzione pecuniaria solo «entro i limiti dell’importo indicato» dalla Commissione. Essi hanno così stabilito una correlazione diretta tra la sanzione richiesta dalla Commissione e quella che può essere ordinata dalla Corte in applicazione di tale disposizione.

    54

    Neppure l’argomento secondo cui l’irrogazione di una somma forfettaria non deve, conformemente alla giurisprudenza della Corte (v., in particolare, sentenza del 9 dicembre 2008, Commissione/Francia, C‑121/07, EU:C:2008:695, punto 63), avere carattere automatico è tale da incidere sul potere della Commissione di avviare un procedimento ai sensi dell’articolo 260, paragrafo 3, TFUE in tutti i casi in cui essa ritenga che un inadempimento rientri nell’ambito di applicazione di tale disposizione. Infatti, tale giurisprudenza riguarda la valutazione della fondatezza di un ricorso della Commissione diretto a una «condanna» al pagamento di una sanzione pecuniaria da parte della Corte e non l’opportunità di presentare un simile ricorso.

    55

    Per quanto riguarda l’argomento della Romania vertente sulla sua posizione rispetto agli altri Stati membri relativamente alla trasposizione della direttiva 2015/849, alla durata media dei procedimenti precontenziosi che la riguardano o alla durata del procedimento precontenzioso nel caso di specie, occorre rilevare, da un lato, che tale argomento non si riferisce all’applicabilità dell’articolo 260, paragrafo 3, TFUE a un inadempimento come quello di cui trattasi, ma riguarda la fondatezza del ricorso inteso al pagamento di una somma forfettaria nel caso di specie, la cui valutazione sarà effettuata in una fase successiva della presente sentenza. Dall’altro lato, e in ogni caso, le considerazioni che hanno indotto la Commissione ad avviare il presente procedimento contro la Romania, e a farlo alla data da essa scelta, non possono pregiudicare l’applicabilità dell’articolo 260, paragrafo 3, TFUE o la ricevibilità dell’azione avviata ai sensi di tale disposizione.

    56

    Si deve pertanto dichiarare che l’articolo 260, paragrafo 3, TFUE si applica in una situazione come quella di cui trattasi nel caso di specie.

    Sull’irrogazione di una somma forfettaria nel caso di specie

    – Argomenti delle parti

    57

    Per quanto riguarda l’importo della sanzione pecuniaria da infliggere, la Commissione considera, conformemente alla posizione espressa al punto 23 della comunicazione del 2011, che, poiché un inadempimento dell’obbligo di comunicare misure di attuazione di una direttiva non è meno grave di un inadempimento che può essere oggetto delle sanzioni di cui all’articolo 260, paragrafo 2, TFUE, le modalità di calcolo delle sanzioni di cui all’articolo 260, paragrafo 3, TFUE devono essere le stesse applicate nell’ambito del procedimento definito al paragrafo 2 di tale articolo.

    58

    Nel caso di specie, la Commissione chiede l’irrogazione di una somma forfettaria il cui importo è calcolato secondo gli orientamenti contenuti nella sua comunicazione del 13 dicembre 2005, intitolata «Applicazione dell’articolo [260 TFUE]» [SEC (2005) 1658], come aggiornata dalla comunicazione del 13 dicembre 2017, intitolata «Aggiornamento dei dati utilizzati per il calcolo delle somme forfettarie e delle penalità che la Commissione propone alla Corte di giustizia nell’ambito dei procedimenti d’infrazione» [C(2017) 8720], il cui importo minimo forfettario per la Romania ammonta a EUR 1887000. Tale importo minimo forfettario non troverebbe tuttavia applicazione nel caso di specie, essendo inferiore all’importo derivante dal calcolo della somma forfettaria conformemente a tali comunicazioni. Per determinare l’importo giornaliero che funge da base di tale calcolo, occorrerebbe moltiplicare l’importo forfettario di base uniforme, vale a dire EUR 230, per il coefficiente di gravità, che nel caso di specie è di 8 in una scala che va da 1 a 20, e per il fattore «n», che per la Romania è di 3,27. L’importo giornaliero ammonterebbe quindi a EUR 6016,80 e dovrebbe essere moltiplicato per il numero di giorni trascorsi tra il 27 giugno 2017, vale a dire il giorno successivo alla data di trasposizione prevista dalla direttiva 2015/849, e il 20 luglio 2019, giorno precedente a quello in cui è stata garantita la trasposizione completa di quest’ultima, ossia 754 giorni. Pertanto, la somma forfettaria da imporre ammonterebbe a EUR 4536667,20.

    59

    La Commissione contesta peraltro l’affermazione che l’irrogazione di una somma forfettaria costituisce un’eccezione ed è dovuta solo in circostanze eccezionali. Infatti, la tardiva trasposizione delle direttive pregiudicherebbe non solo la tutela degli interessi generali perseguiti dalla normativa dell’Unione, che non potrebbe tollerare alcun ritardo, ma anche e soprattutto la tutela dei cittadini europei che traggono diritti soggettivi da tale normativa. Inoltre, la credibilità del diritto dell’Unione nel suo complesso sarebbe minacciata se atti legislativi impiegassero lunghi anni a dispiegare pienamente i loro effetti giuridici negli Stati membri. Di conseguenza, i ritardi nella trasposizione delle direttive costituirebbero circostanze particolari sufficientemente gravi da giustificare l’irrogazione di una somma forfettaria.

    60

    La Romania contesta l’approccio della Commissione consistente nel calcolare l’importo delle sanzioni da infliggere in applicazione dell’articolo 260, paragrafo 3, TFUE in funzione degli stessi criteri e norme adottati per l’applicazione dell’articolo 260, paragrafo 2, TFUE. Un simile approccio sarebbe infatti errato e sproporzionato tenuto conto delle caratteristiche diverse del tipo di inadempimento e del ricorso proposto dalla Commissione in forza dell’una o dell’altra di tali disposizioni.

    61

    Nel caso di specie, il coefficiente di gravità adottato dalla Commissione sarebbe eccessivo, dal momento che non si tratta di un inadempimento a una prima sentenza di accertamento di inadempimento, che non si tratta di una mancata trasposizione della direttiva 2015/849 nel diritto nazionale e che la Romania ha cooperato durante tutto il procedimento. Per quanto riguarda il coefficiente di durata, la Romania ritiene che sia inappropriato adottare un simile coefficiente, dal momento che la nozione di «durata dell’infrazione» dipende fondamentalmente dalla data della constatazione dell’infrazione in questione da parte della Corte. Orbene, nell’ambito dell’articolo 260, paragrafo 3, TFUE, tale data sarebbe proprio quella della pronuncia della sentenza della Corte conformemente all’articolo 258 TFUE. Qualora la Corte non dovesse seguire tale approccio, la Romania ritiene che, per determinare la durata dell’infrazione, occorrerebbe adottare la data fissata nel parere motivato come data di riferimento e ciò conformemente alla prassi della Corte negli inadempimenti ai sensi dell’articolo 258 TFUE.

    62

    Tenuto conto delle specificità che caratterizzano il ricorso proposto dalla Commissione sulla base del combinato disposto dell’articolo 258 e dell’articolo 260, paragrafo 3, TFUE, la Romania ritiene peraltro che sarebbe più appropriato stabilire un importo minimo e un importo massimo di somma forfettaria che varierebbero in funzione della gravità dell’infrazione commessa dallo Stato membro in questione. Per stabilire tali importi, occorrerebbe prendere in considerazione tutte le circostanze pertinenti. Così, da un lato, occorrerebbe fissare una somma forfettaria minima, ben inferiore all’attuale proposta della Commissione, che sarebbe applicabile in presenza di un atteggiamento costruttivo e collaborativo dello Stato membro di cui trattasi nonché di un’infrazione meno grave. Dall’altro, la somma forfettaria massima dovrebbe riflettere un atteggiamento opposto dello Stato membro in questione e un’infrazione più grave. Nel caso di specie, la somma forfettaria minima di EUR 1887000 proposta dalla Commissione sarebbe sproporzionata alla luce delle peculiarità del caso, dell’atteggiamento e del comportamento della Romania nonché della nuova somma forfettaria minima di EUR 1651000 proposta nella comunicazione della Commissione del 13 settembre 2019, intitolata «Aggiornamento dei dati utilizzati per il calcolo delle somme forfettarie e delle penalità che la Commissione propone alla Corte di giustizia dell’Unione europea nell’ambito dei procedimenti d’infrazione» (GU 2019, C 309, pag. 1). Pertanto, nell’ipotesi in cui la Corte imponesse una somma forfettaria, l’importo di quest’ultima dovrebbe essere considerevolmente ridotto e rispecchiare inoltre il fatto che, sebbene la legge dell’11 luglio 2019, n. 129/2019, sia entrata in vigore solo il 21 luglio 2019, la direttiva 2015/849 era già stata parzialmente trasposta ancor prima della scadenza del termine di trasposizione di quest’ultima. Peraltro, anche se la Corte decidesse di seguire l’approccio raccomandato dalla Commissione, l’importo della somma forfettaria dovrebbe essere ridotto tenendo conto unicamente del numero di giorni trascorsi tra il termine fissato nel parere motivato, vale a dire l’8 febbraio 2018, e, a seconda dei casi, la data della regolarizzazione dell’infrazione di cui trattasi o quella della pronuncia della presente sentenza.

    63

    Gli Stati membri intervenuti a sostegno della Romania fanno valere, in particolare, che l’importo delle sanzioni pecuniarie inflitte in applicazione dell’articolo 260, paragrafo 3, TFUE deve essere fissato a un livello inferiore a quello delle sanzioni inflitte in applicazione del paragrafo 2 di tale articolo, poiché si tratta di un’infrazione meno grave rispetto a quella di non aver rispettato una prima sentenza della Corte per la constatazione di un inadempimento. In ogni caso, alla luce di tutte le circostanze del caso di specie, l’importo della somma forfettaria proposta dalla Commissione dovrebbe essere rivisto al ribasso.

    – Giudizio della Corte

    64

    Per quanto riguarda, in primo luogo, l’argomento secondo cui sarebbe sproporzionato infliggere il pagamento di una somma forfettaria in quanto, nel corso del procedimento, la Romania ha posto fine all’inadempimento di cui trattasi, si deve ricordare che, da un lato, l’inadempimento di uno Stato membro al suo obbligo di comunicazione delle misure di attuazione di una direttiva – per totale o parziale assenza di informazioni o per informazioni non abbastanza chiare e precise – può giustificare già di per sé l’avvio di un procedimento ai sensi dell’articolo 258 TFUE per far dichiarare l’inadempimento stesso [sentenza dell’8 luglio 2019, Commissione/Belgio (Articolo 260, paragrafo 3, TFUE – Reti ad alta velocità), C‑543/17, EU:C:2019:573, punto 51]. Dall’altro lato, l’obiettivo perseguito dall’introduzione del meccanismo di cui all’articolo 260, paragrafo 3, TFUE è non solo di stimolare gli Stati membri a porre fine quanto prima a un inadempimento che, in mancanza di una simile misura, tenderebbe a persistere, ma anche di snellire e accelerare il procedimento di irrogazione delle sanzioni pecuniarie per inadempimenti dell’obbligo di comunicare una misura nazionale di attuazione di una direttiva adottata secondo la procedura legislativa, fermo restando che, prima dell’introduzione di un simile meccanismo, poteva accadere che una sanzione finanziaria a carico di uno Stato membro che non si era conformato entro i termini a una precedente sentenza della Corte e che non aveva rispettato l’obbligo di trasposizione fosse inflitta soltanto molti anni dopo quest’ultima sentenza [sentenza dell’8 luglio 2019, Commissione/Belgio (Articolo 260, paragrafo 3, TFUE – Reti ad alta velocità), C‑543/17, EU:C:2019:573, punto 52].

    65

    Orbene, è giocoforza constatare che gli autori dell’articolo 260, paragrafo 3, TFUE, al fine di conseguire l’obiettivo perseguito da tale disposizione, hanno previsto due tipi di sanzioni pecuniarie, vale a dire la somma forfettaria e la penalità.

    66

    In proposito, dalla giurisprudenza della Corte emerge che l’applicazione dell’una o dell’altra di queste due misure dipende dall’idoneità di ciascuna a conseguire l’obiettivo perseguito in relazione alle circostanze del caso di specie. Anche se la pronuncia di una penalità sembra particolarmente adeguata a spingere uno Stato membro a porre fine quanto prima a un inadempimento che, in mancanza di una misura del genere, avrebbe tendenza a persistere, la condanna al pagamento di una somma forfettaria si basa maggiormente sulla valutazione delle conseguenze della mancata esecuzione degli obblighi dello Stato membro interessato sugli interessi privati e pubblici, in particolare qualora l’inadempimento sia persistito per un lungo periodo (v., per analogia con l’articolo 260, paragrafo 2, TFUE, sentenza del 12 luglio 2005, Commissione/Francia, C‑304/02, EU:C:2005:444, punto 81).

    67

    In tali circostanze, un ricorso con cui, come nel caso di specie, si chieda l’irrogazione di una somma forfettaria non può essere respinto in quanto sproporzionato per il solo motivo che riguarda un inadempimento che, pur essendo perdurato nel tempo, al momento dell’esame dei fatti da parte della Corte è terminato.

    68

    Per quanto concerne, in secondo luogo, l’opportunità di infliggere una sanzione pecuniaria nel caso di specie, occorre ricordare che spetta alla Corte, in ciascuna causa e in funzione delle circostanze del caso ad essa sottoposto, nonché del livello di persuasione e di dissuasione che le appare necessario, stabilire le sanzioni pecuniarie adeguate, in particolare per prevenire la reiterazione di analoghe infrazioni al diritto dell’Unione [sentenza dell’8 luglio 2019, Commissione/Belgio (Articolo 260, paragrafo 3, TFUE – Reti ad alta velocità), C‑543/17, EU:C:2019:573, punto 78].

    69

    Nella presente causa si deve considerare che, nonostante il fatto che la Romania abbia cooperato con i servizi della Commissione per tutta la durata della fase precontenziosa del procedimento e abbia compiuto sforzi che le hanno consentito, in corso di causa, di porre fine all’inadempimento contestato, il complesso degli elementi di diritto e di fatto che fanno da sfondo all’inadempimento constatato, vale a dire la totale assenza di comunicazione delle misure necessarie per la trasposizione della direttiva 2015/849 alla scadenza del termine fissato nel parere motivato, anche alla data di proposizione del presente ricorso, indicano che la prevenzione effettiva della futura reiterazione di analoghe infrazioni al diritto dell’Unione è tale da richiedere l’adozione di una misura deterrente, quale il pagamento di una somma forfettaria (v., in tal senso, per analogia con l’articolo 260, paragrafo 2, TFUE, sentenze dell’11 dicembre 2012, Commissione/Spagna, C‑610/10, EU:C:2012:781, punto 142, e del 4 dicembre 2014, Commissione/Svezia, C‑243/13, non pubblicata, EU:C:2014:2413, punto 63).

    70

    Non inficia tale conclusione l’argomento riportato al punto 55 della presente sentenza. Infatti, da un lato, come è stato ricordato in tale punto, spetta alla Commissione, in particolare, valutare l’opportunità di agire contro uno Stato membro e scegliere il momento in cui essa avvia il procedimento per inadempimento contro quest’ultimo. Dall’altro, gli obiettivi del procedimento precontenzioso, ossia dare allo Stato membro interessato l’opportunità di conformarsi agli obblighi ad esso incombenti in forza del diritto dell’Unione e di sviluppare un’utile difesa contro gli addebiti formulati dalla Commissione [sentenza del 19 settembre 2017, Commissione/Irlanda (Tassa di immatricolazione), C‑552/15, EU:C:2017:698, punto 28 e giurisprudenza ivi citata], impongono a quest’ultima di lasciare agli Stati membri un termine ragionevole per rispondere alla lettera di diffida e per conformarsi a un parere motivato o, se del caso, per preparare la loro difesa. Per valutare la ragionevolezza del termine impartito, si deve tener conto del complesso delle circostanze caratterizzanti la fattispecie che viene in rilievo. Termini molto brevi possono così ammettersi in situazioni specifiche, in particolare quando vi sia l’urgenza di porre rimedio a un inadempimento o quando lo Stato membro interessato sia pienamente a conoscenza del punto di vista della Commissione ben prima che venga avviato il procedimento (sentenza del 13 dicembre 2001, Commissione/Francia, C‑1/00, EU:C:2001:687, punto 65).

    71

    Orbene, è giocoforza constatare che, nel caso di specie, non è stato sostenuto che i termini di risposta fissati nella lettera di diffida e nel parere motivato siano stati particolarmente brevi o irragionevoli. Inoltre, dai fatti non contestati di cui ai punti 4 e 5 della presente sentenza risulta che si deve ritenere che la Romania abbia avuto, almeno a partire dal 27 giugno 2017, piena conoscenza del fatto che era venuta meno agli obblighi ad essa incombenti in forza dell’articolo 67 della direttiva 2015/849.

    72

    Per quanto riguarda, in terzo luogo, il calcolo della somma forfettaria che è opportuno infliggere nel caso di specie, occorre ricordare che, nell’esercizio del suo potere discrezionale in materia, come delimitato dalle proposte della Commissione, spetta alla Corte fissare l’importo della somma forfettaria al cui pagamento uno Stato membro può essere condannato in forza dell’articolo 260, paragrafo 3, TFUE in modo tale che tale somma sia, da un lato, adeguata alle circostanze e, dall’altro, proporzionata all’infrazione commessa. Tra i fattori rilevanti in quest’ottica si annoverano elementi quali la gravità dell’infrazione constatata, la sua durata e la capacità finanziaria dello Stato membro coinvolto [v., per analogia con l’articolo 260, paragrafo 2, TFUE, sentenza del 12 novembre 2019, Commissione/Irlanda (Centrale eolica di Derrybrien), C‑261/18, EU:C:2019:955, punto 114 e giurisprudenza ivi citata].

    73

    Per quanto attiene, in primo luogo, alla gravità dell’infrazione, occorre ricordare che l’obbligo di adottare le misure nazionali per garantire la trasposizione completa di una direttiva e l’obbligo di comunicare tali misure alla Commissione costituiscono obblighi fondamentali degli Stati membri al fine di assicurare la piena efficacia del diritto dell’Unione e che l’inadempimento di tali obblighi deve, pertanto, essere ritenuto di una gravità certa [sentenza dell’8 luglio 2019, Commissione/Belgio (Articolo 260, paragrafo 3, TFUE – Reti ad alta velocità), C‑543/17, EU:C:2019:573, punto 85]. A ciò si aggiunge che la direttiva 2015/849 è uno strumento importante per garantire una protezione efficace del sistema finanziario dell’Unione contro le minacce rappresentate dal riciclaggio e dal finanziamento del terrorismo. L’assenza o l’insufficienza di una simile protezione del sistema finanziario dell’Unione devono essere considerate particolarmente gravi tenuto conto delle loro conseguenze per gli interessi pubblici e privati all’interno dell’Unione.

    74

    Sebbene la Romania, nel corso del procedimento, abbia posto fine all’inadempimento addebitato, ciò non toglie che tale inadempimento sussisteva alla scadenza del termine impartito nel parere motivato dell’8 dicembre 2017, vale a dire l’8 febbraio 2018, cosicché l’effettività del diritto dell’Unione non è stata garantita in ogni momento.

    75

    La gravità di tale inadempimento è peraltro rafforzata dalla circostanza che, a tale data, la Romania non aveva ancora adottato la benché minima misura di attuazione della direttiva 2015/849.

    76

    L’argomento dedotto dalla Romania per spiegare il ritardo accumulato nella trasposizione della direttiva 2015/849, vale a dire la complessità delle disposizioni di tale direttiva, l’iter legislativo laborioso che ha portato alla sua adozione e la volontà di garantire una corretta trasposizione della suddetta direttiva, non è idoneo a influire sulla gravità dell’infrazione di cui trattasi, dal momento che, secondo una giurisprudenza costante, prassi o situazioni dell’ordinamento giuridico interno di uno Stato membro non possono giustificare l’inosservanza degli obblighi e dei termini stabiliti dalle direttive dell’Unione, né, quindi, la tardiva o incompleta trasposizione delle stesse. Del pari, è irrilevante che l’inadempimento di uno Stato membro risulti da difficoltà tecniche cui quest’ultimo ha fatto fronte (v., in particolare, sentenza del 7 maggio 2002, Commissione/Paesi Bassi, C‑364/00, EU:C:2002:282, punto 10 e giurisprudenza ivi citata).

    77

    Per quanto riguarda, in secondo luogo, la durata dell’infrazione, occorre ricordare che essa deve essere valutata, in linea di principio, tenendo conto del momento in cui la Corte esamina i fatti, e non già di quello in cui quest’ultima è adita dalla Commissione [v., in tal senso, sentenza dell’8 luglio 2019, Commissione/Belgio (Articolo 260, paragrafo 3, TFUE – Reti ad alta velocità), C‑543/17, EU:C:2019:573, punto 87]. Occorre considerare che tale valutazione dei fatti è intervenuta alla data della chiusura del procedimento.

    78

    Nel caso di specie, è pacifico che l’inadempimento di cui trattasi si è concluso il 21 luglio 2019, ossia a una data anteriore alla chiusura del procedimento.

    79

    Per quanto riguarda l’inizio del periodo di cui occorre tener conto per fissare l’importo della somma forfettaria da infliggere in applicazione dell’articolo 260, paragrafo 3, TFUE, occorre precisare che, a differenza di quanto statuito dalla Corte al punto 88 della sua sentenza dell’8 luglio 2019, Commissione/Belgio (Articolo 260, paragrafo 3, TFUE – Reti ad alta velocità (C‑543/17, EU:C:2019:573), vertente sulla determinazione di una penalità giornaliera da infliggere, la data da prendere in considerazione per valutare la durata dell’inadempimento in oggetto ai fini dell’irrogazione del pagamento di una somma forfettaria in applicazione dell’articolo 260, paragrafo 3, TFUE, non è quella della scadenza del termine fissato nel parere motivato, bensì la data di scadenza del termine di trasposizione previsto dalla direttiva in questione.

    80

    Infatti, come rilevato dall’avvocato generale al paragrafo 74 delle sue conclusioni, tale disposizione mira a incentivare gli Stati membri a trasporre le direttive entro i termini stabiliti dal legislatore dell’Unione e a garantire la piena efficacia della normativa dell’Unione. Pertanto, se l’elemento che innesca la procedura di cui all’articolo 260, paragrafo 2, TFUE consiste nel fatto che uno Stato membro è venuto meno agli obblighi derivanti da una sentenza di accertamento di inadempimento, quello alla base della procedura prevista all’articolo 260, paragrafo 3, TFUE risiede nel fatto che uno Stato membro è venuto meno al suo obbligo di adottare e di comunicare le misure di attuazione di una direttiva entro la data fissata da quest’ultima.

    81

    Del resto, qualsiasi altra soluzione equivarrebbe a pregiudicare l’effetto utile delle disposizioni delle direttive che fissano la data in cui le misure di attuazione di queste ultime devono entrare in vigore. Infatti, dal momento che, secondo una giurisprudenza costante della Corte, l’emissione di una lettera di diffida, in applicazione dell’articolo 258, primo comma, TFUE presuppone, in via preliminare, che la Commissione possa validamente far valere una violazione di un obbligo incombente allo Stato membro interessato [sentenza del 5 dicembre 2019, Commissione/Spagna (Piani di gestione dei rifiuti), C‑642/18, EU:C:2019:1051, punto 17 e giurisprudenza ivi citata], gli Stati membri che non abbiano proceduto alla trasposizione di una direttiva entro la data fissata da quest’ultima godrebbero in tal caso, ad ogni modo, di un termine supplementare per la trasposizione, la cui durata, per di più, varierebbe in funzione della celerità con cui la Commissione avvia la fase precontenziosa del procedimento, senza però che si possa computare la durata di tale termine all’atto di valutare la durata dell’inadempimento in causa. Orbene, è pacifico che la data dalla quale occorre garantire la piena efficacia di una direttiva corrisponde alla data di trasposizione fissata nella direttiva stessa e non alla data di scadenza del termine fissato nel parere motivato.

    82

    Contrariamente a quanto sostenuto dalla Romania, tale approccio non è tale da rimettere in discussione l’effetto utile del procedimento precontenzioso previsto all’articolo 258, primo comma, TFUE. Infatti, in una situazione come quella di cui trattasi nel caso di specie, lo Stato membro in questione non può correttamente sostenere che ignorava di essere venuto meno, sin dalla data di trasposizione fissata nella direttiva in questione, agli obblighi ad esso incombenti in applicazione di tale direttiva. Inoltre, la tutela dei diritti della difesa dello Stato membro in causa garantita dalla fase precontenziosa del procedimento non può produrre la conseguenza di premunire tale Stato membro da qualsiasi conseguenza pecuniaria derivante da tale inadempimento per il periodo precedente la scadenza fissata nel parere motivato.

    83

    Pertanto, per garantire la piena efficacia del diritto dell’Unione occorre, nel valutare la durata dell’infrazione allo scopo di determinare l’importo della somma forfettaria da infliggere in applicazione dell’articolo 260, paragrafo 3, TFUE, tener conto della data di trasposizione prevista dalla direttiva in questione stessa.

    84

    Nel caso di specie è pacifico che, alla data di trasposizione prevista all’articolo 67 della direttiva 2015/849, ossia il 26 giugno 2017, la Romania non aveva adottato le disposizioni legislative, regolamentari e amministrative necessarie per provvedere alla trasposizione di tale direttiva e, pertanto, non aveva comunicato le misure di attuazione di quest’ultima alla Commissione. Ne consegue che l’inadempimento di cui trattasi, cessato solo il 21 luglio 2019, è perdurato per poco più di due anni.

    85

    Per quanto riguarda, in terzo luogo, la capacità finanziaria dello Stato membro di cui trattasi, dalla giurisprudenza della Corte risulta che occorre tenere conto dell’evoluzione recente del prodotto interno lordo (PIL) di detto Stato membro, come essa si presenta alla data dell’esame dei fatti da parte della Corte [v., per analogia con l’articolo 260, paragrafo 2, TFUE, sentenza del 12 novembre 2019, Commissione/Irlanda (Centrale eolica di Derrybrien), C‑261/18, EU:C:2019:955, punto 124 e giurisprudenza ivi citata].

    86

    Tenuto conto del complesso delle circostanze della presente causa e alla luce del potere discrezionale riconosciuto alla Corte dall’articolo 260, paragrafo 3, TFUE, il quale prevede che quest’ultima non può, per quanto riguarda la somma forfettaria di cui infligge il pagamento, superare l’importo indicato dalla Commissione, si deve considerare che la prevenzione effettiva della futura reiterazione di infrazioni analoghe a quella di cui all’articolo 67 della direttiva 2015/849 e che incidono sulla piena effettività del diritto dell’Unione è tale da richiedere l’irrogazione di una somma forfettaria il cui importo deve essere fissato in EUR 3000000.

    87

    Di conseguenza, occorre condannare la Romania a versare alla Commissione una somma forfettaria di importo pari a EUR 3000000.

    Sulle spese

    88

    Ai sensi dell’articolo 138, paragrafo 1, del regolamento di procedura della Corte, la parte soccombente è condannata alle spese se ne è stata fatta domanda. Poiché la Commissione ne ha fatto domanda, la Romania, rimasta soccombente, deve essere condannata alle spese.

    89

    Conformemente all’articolo 140, paragrafo 1, di tale regolamento, a norma del quale gli Stati membri che sono intervenuti nella causa si fanno carico delle proprie spese, si deve statuire che il Regno del Belgio, la Repubblica di Estonia, la Repubblica francese e la Repubblica di Polonia si fanno carico delle proprie spese.

     

    Per questi motivi, la Corte (Grande Sezione) dichiara e statuisce:

     

    1)

    La Romania, non avendo adottato, entro la scadenza del termine prescritto nel parere motivato dell’8 dicembre 2017, le disposizioni legislative, regolamentari e amministrative necessarie per conformarsi alla direttiva (UE) 2015/849 del Parlamento europeo e del Consiglio, del 20 maggio 2015, relativa alla prevenzione dell’uso del sistema finanziario a fini di riciclaggio o finanziamento del terrorismo, che modifica il regolamento (UE) n. 648/2012 del Parlamento europeo e del Consiglio e che abroga la direttiva 2005/60/CE del Parlamento europeo e del Consiglio e la direttiva 2006/70/CE della Commissione, e, pertanto, non avendo comunicato tali disposizioni alla Commissione europea, è venuta meno agli obblighi ad essa incombenti a norma dell’articolo 67 della direttiva 2015/849.

     

    2)

    La Romania è condannata a versare alla Commissione europea una somma forfettaria dell’importo di EUR 3000000.

     

    3)

    La Romania è condannata alle spese.

     

    4)

    Il Regno del Belgio, la Repubblica di Estonia, la Repubblica francese e la Repubblica di Polonia si fanno carico delle proprie spese.

     

    Firme


    ( *1 ) Lingua processuale: il rumeno.

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