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Document 62018CC0105

    Conclusioni dell’avvocato generale G. Hogan, presentate l'8 maggio 2019.
    Asociación Española de la Industria Eléctrica (UNESA) e a. contro Administración General del Estado.
    Domande di pronuncia pregiudiziale proposte dal Tribunal Supremo.
    Rinvio pregiudiziale – Principio “chi inquina paga” – Direttiva 2000/60/CE – Articolo 9, paragrafo 1 – Recupero dei costi relativi ai servizi idrici – Norme comuni per il mercato interno dell’energia elettrica – Direttiva 2009/72/CE – Articolo 3, paragrafo 1 – Principio di non discriminazione – Articolo 107, paragrafo 1, TFUE – Aiuto di Stato – Canone per l’utilizzo delle acque interne ai fini della produzione di energia elettrica – Canone dovuto unicamente dai produttori di energia idroelettrica operanti nei bacini idrografici intercomunitari.
    Cause riunite C-105/18 – C-113/18.

    Court reports – general

    ECLI identifier: ECLI:EU:C:2019:395

    CONCLUSIONI DELL’AVVOCATO GENERALE

    GERARD HOGAN

    presentate l’8 maggio 2019 ( 1 )

    Cause riunite da C‑105/18 a C‑113/18

    Asociación Española de la Industria Eléctrica (UNESA) (C‑105/18),

    Energía de Galicia (Engasa) SA (C‑106/18),

    Duerocanto SL (C‑107/18),

    Corporación Acciona Hidráulica (Acciona) SLU (C‑108/18),

    Associació de Productors Elèctrica Usuaris d’Energia Elèctrica (C‑109/18),

    José Manuel Pérez Burgos,

    María del Amor Guinea Bueno (C‑110/18),

    Endesa Generación SA (C‑111/18),

    Asociación de Empresas de Energías Renovables (APPA) (C‑112/18),

    Parc del Segre, S.A.,

    Electra Irache, S.L.,

    Genhidro Generación Hidroeléctrica, S.L.,

    Hicenor, S.L.,

    La Hidroeléctrica Carrascosa, S.L.,

    La Hidroeléctrica del Carrión, S.L.,

    La Hidroeléctrica del Pisuerga, S.L.,

    La Hidroeléctrica Santa Marta, S.L.,

    Hyanor, S.L.,

    La Promotora del Rec dels Quatre Pobles, S.A. (C‑113/18)

    contro

    Administración General del Estado,

    con l’intervento di:

    Iberdrola Generación S.A.U.,

    La Hidroeléctrica del Cantábrico, SA

    [domanda di pronuncia pregiudiziale proposta dal Tribunal Supremo (Corte suprema) (Spagna)]

    «Pronuncia pregiudiziale – Principio “chi inquina paga” – Recupero dei costi relativi ai servizi connessi all’utilizzo delle acque – Norme comuni per il mercato interno dell’energia elettrica – Canone per l’utilizzo delle acque interne ai fini della produzione di energia elettrica – Tassa gravante unicamente sui produttori di energia idroelettrica operanti in bacini idrografici intercomunitari – Aiuto di Stato vietato»

    I. Introduzione

    1.

    Le presenti domande di pronuncia pregiudiziale vertono sull’interpretazione degli articoli 107 TFUE e 191, paragrafo 2, TFUE, dell’articolo 9, paragrafo 1, della direttiva 2000/60/CE del Parlamento europeo e del Consiglio, del 23 ottobre 2000, che istituisce un quadro per l’azione comunitaria in materia di acque ( 2 ), e dell’articolo 3, paragrafi 1 e 2, della direttiva 2009/72/CE del Parlamento europeo e del Consiglio, del 13 luglio 2009, relativa a norme comuni per il mercato interno dell’energia elettrica e che abroga la direttiva 2003/54/CE ( 3 ).

    2.

    Tali domande sono state presentate nell’ambito di controversie sorte tra, da un lato, alcune imprese produttrici di energia elettrica titolari di concessioni per lo sfruttamento idrologico di bacini intercomunitari, vale a dire bacini situati in varie Comunidades autónomas (comunità autonome) spagnole e, dall’altro, l’Administración General del Estado (Amministrazione generale dello Stato, Spagna), sostenuta dalla Iberdrola Generación SAU e dalla Hidroeléctrica del Cantábrico, SA, in merito alla validità di un canone per l’utilizzo delle acque interne ai fini della produzione di energia elettrica nei bacini idrografici intercomunitari.

    3.

    Dette domande di pronuncia pregiudiziale offrono alla Corte l’opportunità di chiarire le implicazioni del principio «chi inquina paga», la portata della direttiva 2009/72 e l’applicazione del divieto di aiuti di Stato in relazione ad un canone dovuto per l’utilizzo o lo sfruttamento delle acque interne ai fini della produzione di energia elettrica. Inoltre, una delle questioni fondamentali sollevate dal presente rinvio pregiudiziale verte sull’applicabilità delle norme anti-discriminazione di cui all’articolo 3, paragrafo 1, della direttiva 2009/72 ad una misura tributaria di tal genere, adottata dal Regno di Spagna nel 2012. Prima di esaminare tali questioni, occorre anzitutto esporre le pertinenti disposizioni del diritto dell’Unione e del diritto nazionale.

    A.   Diritto dell’Unione

    1. Direttiva 2000/60

    4.

    L’articolo 9, paragrafo 1, della direttiva 2000/60, rubricato «Recupero dei costi relativi ai servizi idrici», così dispone:

    «Gli Stati membri tengono conto del principio del recupero dei costi dei servizi idrici, compresi i costi ambientali e relativi alle risorse, prendendo in considerazione l’analisi economica effettuata in base all’allegato III e, in particolare, secondo il principio “chi inquina paga”.

    Gli Stati membri provvedono entro il 2010:

    a che le politiche dei prezzi dell’acqua incentivino adeguatamente gli utenti a usare le risorse idriche in modo efficiente e contribuiscano in tal modo agli obiettivi ambientali della presente direttiva,

    a un adeguato contributo al recupero dei costi dei servizi idrici a carico dei vari settori di impiego dell’acqua, suddivisi almeno in industria, famiglie e agricoltura, sulla base dell’analisi economica effettuata secondo l’allegato III e tenendo conto del principio “chi inquina paga”.

    Al riguardo, gli Stati membri possono tener conto delle ripercussioni sociali, ambientali ed economiche del recupero, nonché delle condizioni geografiche e climatiche della regione o delle regioni in questione».

    2. Direttiva 2009/72

    5.

    L’articolo 3, paragrafo 1, della direttiva 2009/72 così recita:

    «Gli Stati membri, in base alla loro organizzazione istituzionale e nel dovuto rispetto del principio di sussidiarietà, fanno sì che le imprese elettriche, fatto salvo il paragrafo 2, siano gestite secondo i principi della presente direttiva, al fine di realizzare un mercato dell’energia elettrica concorrenziale, sicuro e sostenibile dal punto di vista ambientale, e si astengono da qualsiasi discriminazione tra le imprese riguardo ai loro diritti o obblighi».

    B.   Diritto nazionale

    1. Costituzione spagnola

    6.

    L’articolo 149 della Costituzione spagnola, riguardante le materie di esclusiva competenza dello Stato, prevede quanto segue:

    «1.   Lo Stato gode di competenza esclusiva nelle seguenti materie:

    (…)

    14. Finanze generali e debito dello Stato.

    (…)

    22. Legislazione, sistemazione e concessione di risorse e installazioni idriche quando le acque scorrano sul territorio di più di una Comunità autonoma, e autorizzazione a usare installazioni elettriche quando il loro uso riguardi anche un’altra Comunità o il trasporto dell’energia esca dall’ambito territoriale della Comunità interessata.

    (…)».

    2. Regio decreto n. 125/2007

    7.

    Il Real Decreto 125/2007, de 2 de febrero, por el que se fija el ámbito territorial de las demarcaciones hidrográficas ( 4 ) (regio decreto n. 125/2007, del 2 febbraio 2007, che delimita l’ambito territoriale dei distretti idrografici) definisce il distretto idrografico come il territorio costituito da uno o più bacini idrografici limitrofi nonché le acque di transizione, sotterranee e costiere ad essi associati. A seconda dell’ubicazione del bacino, esistono in Spagna due tipi di bacini idrografici: i bacini intercomunitari, ossia bacini idrografici situati in più di una comunità autonoma, e i bacini intracomunitari, che non si estendono oltre i confini di una comunità autonoma.

    3. Legge n. 15/2012

    8.

    Il preambolo della Ley 15/2012, de 27 de diciembre, de medidas fiscales para la sostenibilidad energética ( 5 ) (legge del 27 dicembre 2012, n. 15, recante misure fiscali per la sostenibilità energetica; la «legge relativa alle imposte sull’energia») così recita:

    «I.

    La presente legge è volta ad armonizzare il nostro sistema tributario con un uso più efficiente e rispettoso dell’ambiente e con la sostenibilità, valori ai quali è ispirata la presente riforma tributaria e, come tale, in linea con i principi fondamentali che disciplinano la politica fiscale, energetica e, ovviamente, ambientale dell’Unione europea.

    Nella società attuale, il crescente impatto della produzione e del consumo di energia sulla sostenibilità ambientale richiede un quadro normativo e regolamentare che garantisca a tutti gli agenti il corretto funzionamento del modello energetico e contribuisca inoltre a preservare il nostro ricco patrimonio ambientale.

    Il fondamento essenziale della presente legge è costituito dall’articolo 45 della Costituzione, disposizione in cui la tutela del nostro ambiente si configura come uno dei principi cardine delle politiche sociali ed economiche. Pertanto, uno degli assi della presente riforma fiscale è l’internalizzazione dei costi ambientali derivanti dalla produzione di energia elettrica (…). In tal modo, [la presente] legge deve servire da stimolo per aumentare i nostri livelli di efficienza energetica, garantendo, nel contempo, una migliore gestione delle risorse naturali e continuando a rafforzare il nuovo modello di sviluppo sostenibile, sia dal punto di vista economico e sociale, sia da quello ambientale.

    (…)

    A tal fine, con la presente legge vengono disciplinate tre nuove imposte: l’imposta sul valore della produzione di elettricità, l’imposta sulla produzione di combustibile nucleare esausto e di scorie radioattive risultanti dalla produzione di energia nucleare, e l’imposta sullo stoccaggio di combustibile nucleare esaurito e rifiuti radioattivi negli impianti centralizzati, si introduce il canone per l’utilizzo delle acque interne ai fini della produzione di energia elettrica, si modificano le aliquote delle imposte sul gas naturale e sul carbone e si aboliscono le esenzioni per i prodotti energetici utilizzati ai fini della produzione di energia elettrica e della cogenerazione di energia elettrica e calore utile.

    (…)

    V.

    Infine, il titolo IV della presente legge modifica il testo consolidato della legge sulle acque, approvato con regio decreto legislativo del 20 luglio 2001, n. 1.

    In particolare, il presente titolo disciplina il regime economico‑finanziario dell’utilizzo del demanio idrico. Esso prevede che le amministrazioni pubbliche competenti, in virtù del principio del recupero dei costi e tenendo conto delle proiezioni economiche di lungo periodo, devono definire opportuni meccanismi per traslare sui vari utenti finali i costi dei servizi di gestione dell’acqua, compresi i costi ambientali e relativi alle risorse.

    (…)

    In particolare, l’articolo 112 del testo consolidato della legge sulle acque stabilisce che il canone d’uso si applica solo ai casi di occupazione, utilizzo e sfruttamento del demanio idrico di cui all’articolo 2, lettere b) e c), della medesima legge, ossia l’utilizzo degli alvei di corsi d’acqua naturali, perenni o discontinui, e dei letti dei laghi, delle lagune e dei bacini superficiali di corsi d’acqua pubblici. Di conseguenza, l’utilizzo delle acque interne di cui alla lettera a) del medesimo articolo 2 del testo consolidato della legge sulle acque non rientra nella definizione di detto canone.

    Tale situazione, che costituisce un’anomalia rispetto al regime ordinario dei beni demaniali, è perdurata per ragioni storiche, pur essendo attualmente priva di razionalità economica, almeno per quanto riguarda l’utilizzo puramente industriale e in regime di mercato come quello della produzione di energia elettrica.

    Attualmente, la qualità generale delle acque interne spagnole rende necessaria la loro protezione al fine di salvaguardare una delle risorse naturali essenziali per la società. Al riguardo, occorre rafforzare la politica di tutela del demanio idrico. A tal fine è necessario raccogliere risorse da coloro che traggono vantaggio dal suo uso privato o dallo sfruttamento specificamente finalizzato alla produzione di energia elettrica.

    L’oggetto della presente modifica è quindi l’introduzione di un nuovo canone relativo ai beni demaniali indicati all’articolo 2, lettera a), della legge medesima, vale a dire, all’utilizzo delle acque interne a fini di sfruttamento idroelettrico».

    9.

    L’articolo 29 della legge n. 15/2002 introduce, in particolare, un nuovo articolo 112 bis nel Real Decreto Legislativo 1/2001, de 20 de julio, por el que se aprueba el texto refundido de la Ley de Aguas ( 6 ) (regio decreto legislativo del 20 luglio 2001, n. 1, recante approvazione del testo consolidato della legge sulle acque).

    10.

    Inoltre, la legge n. 15/2012 contiene varie disposizioni rubricate «disposizioni integrative», che così recitano:

    «Prima disposizione integrativa. Fatti generatori imponibili disciplinati dalla presente legge e assoggettati ad imposizione dalle comunità autonome.

    1. Se i tributi previsti dalla presente legge sono applicati a fatti generatori assoggettati ad imposizione dalle comunità autonome e ciò comporta una riduzione del relativo gettito, si applicano le disposizioni di cui all’articolo 6, paragrafo 2, della legge organica 22 settembre 1980, n. 8, sul finanziamento delle comunità autonome.

    2. Le disposizioni della sezione precedente sono applicabili esclusivamente ai tributi specifici delle comunità autonome introdotti con legge adottata anteriormente al 28 settembre 2012.

    Seconda disposizione integrativa. Costi del sistema elettrico.

    Nelle leggi di bilancio annuale dello Stato viene destinato al finanziamento dei costi del sistema elettrico di cui all’articolo 16 della Ley 54/1997, de 27 de noviembre, del Sector Eléctrico [legge del 27 novembre 1997, n. 54, sul settore elettrico], un importo pari alla somma dei seguenti elementi:

    a) l’importo stimato del gettito annuo spettante allo Stato delle imposte e dei canoni previsti dalla presente legge;

    b) gli introiti stimati derivanti dalla vendita all’asta delle quote di emissioni di gas a effetto serra, fino a un massimo di EUR 500 milioni».

    4. Regio decreto legislativo n. 1/2001

    11.

    L’articolo 2, rubricato «Definizione del demanio idrico», del regio decreto legislativo del 20 luglio 2001, n. 1, recante approvazione del testo consolidato della legge sulle acque, prevede quanto segue:

    «Costituiscono il demanio idrico dello Stato, fatto salvo quanto espressamente previsto dalla presente legge:

    a)

    le acque interne sia superficiali che sotterranee rinnovabili, indipendentemente dal tempo di rinnovo;

    b)

    i corsi d’acqua naturali, perenni o discontinui;

    c)

    i letti dei laghi, delle lagune e dei bacini superficiali di corsi d’acqua pubblici.

    (…)».

    12.

    Ai sensi dell’articolo 112 del regio decreto legislativo n. 1/2001, come modificato dalla legge relativa alle imposte sull’energia, rubricato «Canone per l’utilizzo di beni del demanio idrico»:

    «1.   Per l’occupazione, l’utilizzo e lo sfruttamento di beni del demanio idrico di cui all’articolo 2, lettere b) e c), della presente legge per i quali sia necessaria una concessione o autorizzazione amministrativa è dovuta all’organismo di bacino competente una tassa denominata canone per l’utilizzo di beni del demanio idrico, diretta alla tutela e al miglioramento di dette risorse. I titolari di concessioni idriche sono esonerati dal pagamento del canone per l’occupazione o l’utilizzo dei terreni pubblici necessari per l’esercizio della concessione.

    (…)

    4.   La base imponibile del canone è determinata dall’organismo di bacino in base ai seguenti criteri:

    a)

    in caso di occupazione di terreni che fanno parte del demanio idrico, in base al valore dei terreni occupati, assumendo a riferimento il valore di mercato dei terreni contigui;

    b)

    in caso di utilizzo del demanio idrico, in base al valore di tale utilizzo o del vantaggio così ottenuto;

    c)

    in caso di sfruttamento di beni del demanio idrico, in base al valore dei materiali consumati o dell’utilità ricavata con tale sfruttamento.

    (…)».

    13.

    L’articolo 112 bis del regio decreto legislativo n. 1/2001, rubricato «Canone per l’utilizzo delle acque interne ai fini della produzione di energia elettrica», introdotto dalla legge n. 15/2012, stabilisce quanto segue:

    «1.   All’uso e allo sfruttamento del demanio pubblico di cui all’articolo 2, lettera a), della presente legge per la produzione di energia elettrica al netto dei consumi di centrale è applicata una tassa denominata canone per l’utilizzo delle acque interne ai fini della produzione di energia elettrica, destinata alla tutela e al miglioramento delle risorse idriche pubbliche.

    2.   Il canone è esigibile all’atto del primo rilascio e di ogni rinnovo annuale della concessione idroelettrica ed è dovuto nell’importo corrispondente ed entro i termini indicati nelle condizioni di detta concessione o autorizzazione.

    3.   Sono soggetti passivi del canone i concessionari o, eventualmente, i loro aventi causa.

    4.   La base imponibile del prelievo è determinata dall’organismo di bacino e corrisponde al valore economico dell’energia idroelettrica prodotta dal concessionario, al netto dei consumi di centrale, in ogni esercizio annuale d’imposta mediante l’utilizzo e lo sfruttamento di risorse idriche pubbliche.

    5.   L’aliquota del canone annuo è pari al 22 per cento del valore della base imponibile e l’ammontare lordo dovuto è l’importo risultante dall’applicazione dell’aliquota alla base imponibile.

    (…)

    8.   La gestione e la riscossione del canone spettano all’organismo di bacino competente o all’amministrazione tributaria dello Stato, in virtù di convenzione con detto organismo.

    (…)».

    5. Regio decreto n. 198/2015

    14.

    Il preambolo del Real Decreto 198/2015, de 23 de marzo, por el que se desarrolla el artículo 112bis del texto refundido de la Ley de Aguas y se regula el canon por utilización de las aguas continentales para la producción de energía eléctrica en las demarcaciones intercomunitarias ( 7 ) (regio decreto del 23 marzo 2015, n. 198, recante attuazione dell’articolo 112 bis del testo consolidato della legge sulle acque e che disciplina il canone per l’utilizzo delle acque interne ai fini della produzione di energia elettrica nei distretti intercomunitari) disponeva quanto segue:

    «(…) Il presente regio decreto è emanato ai sensi della seconda e della terza disposizione finale della legge del 27 dicembre 2012, n. 15. Da un lato, la seconda disposizione finale stabilisce che il fondamento normativo è costituito dall’articolo 149, paragrafo 1, punto 22, della Costituzione spagnola, il quale conferisce allo Stato le competenze in materia di legislazione, regolamentazione e concessione di risorse idriche e sfruttamento delle risorse stesse che attraversano più di una comunità autonoma. Dall’altro, la terza disposizione finale autorizza il governo ad emanare, nell’ambito delle sue competenze, le disposizioni regolamentari necessarie per l’attuazione e l’applicazione della suddetta legge (…)».

    15.

    L’articolo 1 del regio decreto n. 198/2015, rubricato «Canone per l’utilizzo delle acque interne ai fini della produzione di energia elettrica e campo di applicazione», dispone quanto segue:

    «All’uso e allo sfruttamento dei beni del demanio idrico di cui all’articolo 2, lettera a), del testo consolidato della legge sulle acque ai fini della produzione di energia elettrica al netto dei costi di centrale è applicata una tassa denominata canone per l’utilizzo delle acque interne ai fini della produzione di energia elettrica, destinata alla tutela e al miglioramento delle risorse idriche pubbliche.

    Detto canone si applica soltanto in relazione ai bacini intercomunitari».

    16.

    L’articolo 12 del regio decreto n. 198/2015, intitolato «Gettito del canone», così dispone:

    «1.   Il gettito del canone è devoluto all’organismo di bacino ai sensi dell’articolo 112 bis, [paragrafo 8,] del testo consolidato della legge sulle acque, approvato con regio decreto legislativo del 20 luglio 2001, n. 1. A tal fine si terrà conto delle disposizioni degli articoli 59, lettera d), 63, paragrafo 3, e 67 del Real Decreto 927/1988, de 29 de julio, por el que se aprueba el reglamento de la Administración Pública del agua [regio decreto del 29 luglio 1988, n. 927, che approva il regolamento sulla pubblica amministrazione dell’acqua].

    (…)

    3.   Il 2% del gettito netto è considerato un introito dell’organismo di bacino.

    4.   Il 98% del gettito netto è devoluto all’erario. Nel bilancio generale dello Stato è destinata ad azioni di tutela e miglioramento delle risorse idriche pubbliche, conformemente all’articolo 14, una somma non inferiore al suddetto importo previsto. A tal fine, la legge generale di bilancio dello Stato determina ogni anno i progetti di investimento che consentano di garantire la tutela e il miglioramento del demanio idrico.

    (…)».

    17.

    Ai sensi dell’articolo 13, rubricato «Garanzia di tutela del demanio», di detto regio decreto:

    «Al fine di garantire il conseguimento degli obiettivi ambientali stabiliti nella direttiva quadro sulle acque e previsti negli articoli 98 e seguenti del testo consolidato della legge sulle acque, e in conformità con il principio del recupero dei costi di cui all’articolo 111 bis del testo consolidato della legge sulle acque, nel bilancio generale dello Stato è destinato ad azioni di tutela e miglioramento del demanio idrico e dei corpi idrici interessati da attività per la produzione di energia idroelettrica un importo non inferiore a quello di cui al precedente articolo 12, paragrafo 4, secondo il disposto dell’articolo 14».

    II. Fatti

    18.

    I ricorrenti nei procedimenti principali hanno proposto un ricorso contenzioso amministrativo dinanzi al Tribunal Supremo (Corte suprema, Spagna) chiedendo l’annullamento del regio decreto n. 198/2015, recante attuazione dell’articolo 112 bis del testo consolidato della legge sulle acque. Nel loro ricorso, i ricorrenti contestano la validità dell’articolo 29 della legge n. 15/2012, con cui è stato introdotto l’articolo 112 bis nel regio decreto legislativo n. 1/2001.

    III. Domanda di pronuncia pregiudiziale e procedimento dinanzi alla Corte

    19.

    Il giudice del rinvio nutre dubbi in ordine alla compatibilità di tali atti normativi, in primo luogo, con il principio «chi inquina paga» sancito dall’articolo 191, paragrafo 2, TFUE, come concretizzato dalla direttiva 2000/60, in secondo luogo, con il principio di non discriminazione sancito dall’articolo 3 della direttiva 2009/72 e, in terzo luogo, con il divieto di aiuti di Stato stabilito dall’articolo 107 TFUE ( 8 ).

    20.

    Per quanto riguarda la conformità della tassa in questione con il principio «chi inquina paga», il giudice del rinvio rileva che, sebbene la legge relativa alle imposte sull’energia la giustifichi con motivi ambientali, vale a dire la tutela e il miglioramento del demanio idrico, dalla struttura stessa della tassa stessa sembra emergere che essa persegue, in realtà, un obiettivo di natura meramente economica, ossia coprire il disavanzo finanziario della rete elettrica. Inoltre, secondo il giudice del rinvio, tale obiettivo non sarebbe perseguito in modo coerente e costante. In primo luogo, la base imponibile della tassa de qua è fissata in funzione del valore dell’energia prodotta, calcolato a sua volta in base alle entrate percepite per l’energia immessa nella rete elettrica e non in base alla quantità di acqua utilizzata. In secondo luogo, l’aliquota di detta tassa ammonta al 22%, mentre l’aliquota prevista per i casi di occupazione, uso e sfruttamento di altri corsi d’acqua naturale è pari appena al 5%. In terzo luogo, il 98% delle somme riscosse è versato all’erario dello Stato spagnolo e costituirebbe pertanto un’ulteriore entrata del sistema elettrico. Sebbene il testo del regio decreto precisi che il bilancio generale dello Stato destina un importo pari almeno al 98% del gettito del canone ad azioni di tutela e miglioramento del demanio idrico, il giudice del rinvio afferma che tale destinazione non è stata rispettata nel bilancio generale dello Stato per il 2016, in cui l’intero gettito del canone è stato destinato al disavanzo del sistema elettrico. Pertanto, la tassa in questione non terrebbe conto del principio del recupero dei costi dei servizi idrici, in violazione dei requisiti fissati dall’articolo 9, paragrafo 1, della direttiva 2000/60.

    21.

    Per quanto riguarda la compatibilità della tassa medesima con il principio di non discriminazione sancito dall’articolo 3 della direttiva 2009/72, il giudice del rinvio sottolinea che il canone per l’utilizzo delle acque interne si applica solo ai produttori di energia idroelettrica, ad esclusione dei produttori di energia che utilizzano una tecnologia diversa. Inoltre, esso grava soltanto sui produttori titolari di concessioni amministrative relative a bacini idrografici intercomunitari e non sui produttori titolari di concessioni amministrative relative a bacini idrografici intracomunitari.

    22.

    Per quanto riguarda l’aiuto di Stato, il giudice del rinvio sottolinea che, data la natura asimmetrica della tassa de qua, le disparità di trattamento che ne derivano potrebbero costituire un aiuto di Stato a favore dei produttori che non sono tenuti a versarla.

    23.

    In tale contesto, il Tribunal Supremo (Corte suprema) ha deciso, nelle cause da C‑105/18 a C‑108/18 e da C‑110/18 a C‑113/18, di sospendere il procedimento e di sottoporre alla Corte le seguenti questioni pregiudiziali:

    «1)

    Se il principio ambientale “chi inquina paga” di cui all’articolo 191, paragrafo 2, TFUE e l’articolo 9, paragrafo 1, della direttiva [2000/60], che sancisce il principio del recupero dei costi dei servizi idrici e dell’adeguata ponderazione economica degli usi dell’acqua, debbano essere interpretati nel senso che ostino all’introduzione di un canone per l’utilizzo delle acque interne ai fini della produzione di energia, come quello controverso nel presente procedimento, che non incentiva l’uso efficiente dell’acqua e non prevede meccanismi per la conservazione e la protezione delle risorse idriche pubbliche, e la cui quantificazione risulta totalmente slegata dalla idoneità a recare pregiudizio alle risorse idriche pubbliche, essendo basata solo ed esclusivamente sulla capacità dei produttori di generare entrate.

    2)

    Se sia compatibile con il principio di non discriminazione tra gli operatori di cui all’articolo 3, paragrafo 1, della direttiva [2009/72], una tassa quale il canone sull’energia idroelettrica oggetto del presente procedimento, gravante esclusivamente sui produttori di energia idroelettrica operanti nei bacini intercomunitari, in contrapposizione ai produttori titolari di concessioni relative a bacini intracomunitari, e sui produttori che utilizzano tecnologie idroelettriche, in contrapposizione ai produttori che utilizzano altre tecnologie.

    3)

    Se l’articolo 107, paragrafo 1, TFUE debba essere interpretato nel senso che il prelievo di un canone sull’energia idroelettrica come quello controverso configuri un aiuto di Stato vietato a detrimento dei produttori di energia idroelettrica operanti nell’ambito di bacini intercomunitari, in quanto istitutivo di un regime di imposizione asimmetrica nell’ambito della medesima tecnologia, in funzione dell’ubicazione della centrale, e non applicabile ai produttori di energia da altre fonti».

    24.

    Nella causa C‑109/18, le prime due questioni pregiudiziali sono sostanzialmente identiche alle prime due questioni nelle cause menzionate nel paragrafo precedente. La terza questione, invece, è così formulata:

    «3)

    Se l’articolo 107, paragrafo 1, TFUE debba essere interpretato nel senso che costituisca un aiuto di Stato vietato la mancata applicazione del canone sull’energia idroelettrica, gravante unicamente sull’uso finalizzato alla produzione di energia elettrica, alle produzioni di energia idroelettrica realizzate nell’ambito dei bacini intracomunitari e agli altri usi [consuntivi] delle acque».

    25.

    Hanno presentato osservazioni scritte la Asociación Española de la Industria Eléctrica (UNESA), la Corporación Acciona Hidráulica (Acciona) SLU, la Associació de Productors i Usuaris d’Energia Elèctrica, la Endesa Generación SA, la Asociación de Empresas de Energías Renovables (APPA), la Iberdrola Generación SAU, i governi spagnolo e tedesco e la Commissione europea. Tutte le suddette parti, ad eccezione del governo tedesco, hanno inoltre svolto osservazioni orali all’udienza tenutasi il 28 febbraio 2018.

    IV. Analisi

    A.   Sulla prima questione: il principio «chi inquina paga»

    26.

    Con la prima questione, il giudice del rinvio chiede se il principio ambientale «chi inquina paga», sancito dall’articolo 191, paragrafo2, TFUE, e l’articolo 9, paragrafo 1, della direttiva 2000/60, che stabilisce il principio del recupero dei costi dei servizi idrici e dell’adeguata ponderazione economica degli usi dell’acqua, debbano essere interpretati nel senso che ostino all’introduzione di una tassa sull’utilizzo delle acque interne ai fini della produzione di energia, quale la tassa controversa nei procedimenti principali.

    27.

    Prima di esaminare se una delle due menzionate disposizioni osti a una tassa di tal genere, occorre acclarare se una di esse possa essere invocata dinanzi a un giudice nazionale.

    28.

    Per quanto riguarda l’articolo 191, paragrafo 2, TFUE, come la Corte ha già avuto modo di dichiarare, dal momento che tale disposizione, che sancisce il principio «chi inquina paga», è rivolta all’azione dell’Unione, i privati non possono invocarla al fine di escludere l’applicazione di una normativa nazionale ( 9 ).

    29.

    È ben vero che i singoli possono invocare direttamente dinanzi a un giudice nazionale una disposizione attuativa di tale principio in un particolare settore, a condizione che la disposizione stessa abbia effetto diretto ( 10 ). Tuttavia, sebbene l’articolo 9, paragrafo 1, della direttiva 2000/60 dia concreta espressione al principio «chi inquina paga» nel settore della gestione delle acque, ritengo, per le ragioni che esporrò in prosieguo, che tale disposizione non possieda effetto diretto. Infatti, ancorché l’articolo 9, paragrafo 1, della direttiva 2000/60 esiga effettivamente che gli Stati membri tengano conto, in tutti i casi, del principio del recupero dei costi dei servizi idrici, compresi i costi ambientali e relativi alle risorse, conformemente, in particolare, al principio «chi inquina paga» ( 11 ), da tale obbligo non deriva l’effetto di attribuire una particolare tutela o uno specifico diritto.

    30.

    Ciò trova conferma nella stessa formulazione dell’articolo 9, paragrafo 1, che è priva dei requisiti di chiarezza, precisione e incondizionalità necessarie ai fini dell’applicazione di qualsiasi teoria dell’effetto diretto. Il primo capo dell’articolo 9, paragrafo 1, si limita, infatti, a disporre che gli Stati membri «tengono conto» del principio del recupero dei costi dei servizi idrici, senza indicare precisamente come ciò debba avvenire.

    31.

    È ben vero che il secondo capo impone agli Stati membri obblighi specifici relativi al raggiungimento di determinati obiettivi entro il 2010. Anche in questo caso, tuttavia, la terminologia impiegata in tale contesto («[g]li Stati membri provvedono entro il 2010 a che le politiche dei prezzi dell’acqua incentivino adeguatamente gli utenti a usare le risorse idriche in modo efficiente») non presenta la necessaria precisione ai sensi della dottrina relativa all’effetto diretto ( 12 ). Ci si potrebbe chiedere come un giudice nazionale possa valutare, alla luce dei principi giuridici convenzionali, nell’ambito di un procedimento promosso da un privato in relazione a un determinato tributo, se uno Stato membro abbia incentivato «adeguatamente» gli utenti ad usare le risorse idriche «in modo efficiente».

    32.

    L’adempimento dell’obbligo previsto all’articolo 9, paragrafo 1, può essere valutato soltanto tenendo conto di tutte le norme che disciplinano la formazione dei prezzi dell’acqua. Invero, l’articolo 9, paragrafo 1, non afferma che ogni tassa o onere sull’acqua debba essere proporzionale all’uso della stessa, bensì piuttosto che gli Stati membri devono provvedere affinché, in generale, le loro politiche in materia di prezzo dell’acqua forniscano incentivi adeguati. Per valutare se uno Stato membro si sia conformato a tale disposizione occorre prendere in considerazione tutti i tributi o oneri a carico degli utenti idrici e non soltanto quello in discussione in una particolare fattispecie.

    33.

    Di conseguenza, suggerisco di rispondere alla prima questione dichiarando che né l’articolo 191, paragrafo 2, TFUE né l’articolo 9, paragrafo 1, possiedono effetto diretto e che, pertanto, nessuna di queste due disposizioni può essere invocata da un privato dinanzi a un giudice nazionale per contestare uno specifico tributo sull’utilizzo delle acque interne ai fini della produzione di energia.

    B.   Sulla seconda questione: la non discriminazione

    34.

    Con la seconda questione, il giudice del rinvio chiede se un tributo come quello oggetto dei procedimenti principali, gravante sulle imprese titolari di concessioni per lo sfruttamento di bacini intercomunitari per la produzione di energia elettrica, ma non sugli operatori titolari di concessioni relative a bacini intracomunitari e ai produttori di energia elettrica che utilizzino altre tecnologie, sia compatibile con il principio di non discriminazione tra gli operatori, sancito dall’articolo 3, paragrafo 1, della direttiva 2009/72.

    35.

    Come illustrato nelle mie conclusioni relative alle cause riunite da C‑80/18 a C‑83/18, UNESA e a./Administración General del Estado, parimenti presentate in data odierna, ritengo che la sfera d’applicazione della direttiva 2009/72 nonostante la formulazione generica di tale disposizione, sia limitata alla generazione, trasmissione, distribuzione e fornitura di energia elettrica,. Ciò discende dal fatto che, anzitutto, la nozione di «generazione» dev’essere intesa, come si può desumere dagli articoli 7 e 8 della direttiva 2009/72, nel senso che si riferisce soltanto alla costruzione di nuovi impianti di generazione di energia elettrica e che, inoltre, la direttiva è stata adottata unicamente sulla base dell’articolo 95 CE (divenuto articolo 114 TFUE), ai sensi del cui paragrafo 2 detto articolo non può essere utilizzato ai fini dell’adozione di disposizioni fiscali dell’Unione.

    36.

    La questione dell’armonizzazione fiscale riveste peraltro notevole importanza. Infatti, conformemente alla giurisprudenza della Corte, il principio generale di non discriminazione (nel senso e nell’accezione specifica che tale termine assume nel diritto dell’Unione) si applica soltanto nell’ambito di applicazione del diritto dell’Unione ( 13 ). Pertanto, se la direttiva dev’essere interpretata nel senso di rendere tale principio applicabile ai tributi imposti sul mercato dell’energia elettrica, essa dev’essere considerata una misura di armonizzazione.

    37.

    A tal proposito si deve rilevare che, poiché l’Unione non è competente, ai sensi dell’articolo 114 TFUE, ad adottare una misura fiscale di tal genere, il menzionato articolo 3, paragrafo 1, se dovesse applicarsi ad una misura tributaria nazionale, risulterebbe, per definizione, illegittimo. Occorre quindi interpretare tale disposizione in maniera più restrittiva di quanto potrebbe altrimenti suggerire la sua formulazione generica. Di conseguenza, si deve ritenere che dalla direttiva non deriva l’effetto di rendere il principio di non discriminazione dell’Unione applicabile a misure fiscali nazionali. Qualunque altra conclusione presupporrebbe, a mio avviso, che il fondamento normativo della direttiva fosse costituito dall’articolo 115 TFUE e, pertanto, che essa fosse stata adottata dal Consiglio all’unanimità.

    38.

    Ciò premesso, devo necessariamente ritenere, in conclusione, che le misure fiscali nazionali esulino dall’ambito di applicazione della direttiva 2009/72.

    1. In subordine, la questione della discriminazione

    39.

    Tuttavia, nell’ipotesi in cui la Corte non condividesse tale interpretazione e concludesse nel senso che l’articolo 3, paragrafo 1, sia effettivamente applicabile ai tributi, propongo di esaminare, in via subordinata, se tale disposizione debba essere interpretata nel senso che osti ad una tassa come quella oggetto dei procedimenti principali. Il resto delle presenti conclusioni è quindi fondato sulla premessa secondo cui – contrariamente al mio parere – l’articolo 3, paragrafo 1, della direttiva 2009/72 sia effettivamente applicabile alle misure tributarie di tal genere.

    40.

    A tal riguardo, occorre rammentare che, nel contesto di una domanda di pronuncia pregiudiziale, la Corte non è competente ad applicare i Trattati o un atto dell’Unione ad una fattispecie determinata o a decidere sulla validità o l’interpretazione di una disposizione di diritto nazionale, come potrebbe fare in forza dell’articolo 258 TFUE. In ultima analisi, spetta al giudice nazionale, il solo competente a valutare i fatti di cui al procedimento principale e a interpretare la normativa nazionale, pronunciarsi sulla validità della misura nazionale contestata. Tuttavia, nel contesto di un rinvio pregiudiziale, la Corte, chiamata a fornire al giudice nazionale risposte utili, è competente a fornire indicazioni, tratte dagli atti del procedimento principale così come dalle osservazioni sottopostele, idonee a mettere il giudice nazionale in grado di decidere ( 14 ).

    41.

    Come la Corte ha già dichiarato in relazione a una precedente direttiva relativa a norme comuni per il mercato interno dell’energia elettrica ( 15 ), le disposizioni di detta direttiva che fanno riferimento al principio di non discriminazione «sono specifiche espressioni del principio generale di uguaglianza» ( 16 ). Pertanto, in linea di principio, si deve ritenere che la giurisprudenza della Corte relativa al principio generale di uguaglianza sia pertinente ai fini dell’interpretazione dell’articolo 3, paragrafo 1.

    42.

    In base al principio della parità di trattamento, situazioni comparabili non siano trattate in maniera diversa e che situazioni diverse non siano trattate in maniera uguale, a meno che tale trattamento non sia obiettivamente giustificato ( 17 ).

    a) Situazioni che devono essere considerate comparabili

    43.

    Secondo costante giurisprudenza della Corte, gli elementi che caratterizzano situazioni diverse e la questione se tali situazioni siano comparabili devono essere determinati e valutati alla luce del diritto dell’Unione, tenendo conto, in linea di principio, dell’oggetto della normativa che istituisce la presunta discriminazione e dell’obiettivo perseguito ( 18 ).

    44.

    Tuttavia, quando non sia in discussione il principio generale della parità di trattamento, bensì una disposizione recante attuazione di tale principio, la questione della comparabilità di due situazioni non dev’essere valutata alla luce dell’obiettivo perseguito dalla disposizione medesima, bensì facendo riferimento al contenuto e agli effetti della normativa nazionale in questione.

    45.

    A mio parere, la risposta a tale quesito dipende dal modo in cui il principio della parità di trattamento è richiamato nella disposizione che concretizza detto principio. Se essa prevede espressamente che due categorie di persone debbano essere trattate allo stesso modo, i giudici nazionali devono ritenere che le rispettive situazioni siano comparabili ( 19 ). Se, invece, il diritto dell’Unione si limita ad indicare che gli Stati membri non devono operare discriminazioni tra i soggetti ricompresi in una determinata categoria, gli Stati stessi non sono tenuti a trattare tutti i soggetti medesimi come se fossero ricompresi nella medesima fattispecie, bensì piuttosto ad assicurare che, nell’esercizio della propria competenza normativa, essi non introducano alcuna distinzione arbitraria e che, inoltre, risulti preservata la sostanza della parità di trattamento ( 20 ).

    46.

    Nella specie, poiché l’articolo 3, paragrafo 1, non prevede che tutti i produttori di energia elettrica debbano essere trattati allo stesso modo, ma semmai che «[g]li Stati membri (…) si astengono da qualsiasi discriminazione tra le imprese [elettriche] riguardo ai loro diritti o obblighi», la comparabilità delle situazioni andrebbe accertata, in realtà, alla luce dell’oggetto della normativa nazionale e dell’obiettivo perseguito.

    47.

    Il preambolo della legge n. 15/2012 indica che il canone per l’utilizzo delle acque interne ai fini della produzione di energia elettrica persegue due obiettivi, vale a dire:

    ampliare l’ambito di applicazione di un canone esistente, introdotto dall’articolo 112 e dovuto per l’utilizzo e lo sfruttamento di determinati elementi del demanio idrico, non essendo l’utilizzo delle acque interne ancora soggetto a tale canone;

    rafforzare la tutela delle acque pubbliche percependo risorse da coloro che traggano vantaggio dal proprio uso privato o speciale e traslare «sui vari utenti finali i costi dei servizi di gestione dell’acqua, compresi i costi ambientali e relativi alle risorse».

    48.

    Per quanto riguarda il primo obiettivo, poiché sia la base imponibile sia l’aliquota della tassa previste all’articolo 112 sono diverse da quelle indicate all’articolo 112 bis, è del tutto evidente che il primo obiettivo menzionato nel preambolo di detta legge non possa essere considerato quello effettivamente perseguito da tale articolo. Di conseguenza, il menzionato obiettivo non dovrebbe essere preso in considerazione per accertare la comparabilità delle situazioni in esame.

    49.

    Per quanto attiene al secondo obiettivo, si dovrebbe ritenere, alla luce di quest’ultimo, che tutti gli utenti di acque pubbliche si trovino nella medesima situazione. Infatti, sebbene il preambolo della legge n. 15/2012 enunci che il campo di applicazione della tassa è limitato alla produzione di energia elettrica, l’obiettivo specifico perseguito da tale tributo, vale a dire rafforzare la tutela delle acque pubbliche traslando sull’utente finale il costo dei servizi di gestione dell’acqua, riguarda in realtà tutti gli utilizzatori di acque interne.

    50.

    Il giudice del rinvio solleva seri dubbi riguardo all’effettività dello scopo normativo dichiarato. A suo avviso, l’obiettivo del canone sull’utilizzo delle acque interne per la produzione di energia elettrica potrebbe consistere esclusivamente nell’incremento delle entrate del sistema finanziario del settore elettrico ai fini della compensazione del disavanzo tariffario risultante dalla differenza tra gli introiti derivanti alle società di energia elettrica dai consumatori ed i costi di fornitura di elettricità riconosciuti dalla normativa nazionale, il cui rimborso è garantito dallo Stato spagnolo. Il giudice del rinvio accoglie tale posizione per i seguenti motivi:

    l’aliquota del canone ammonta al 22% del valore generato, mentre quella applicata nei casi di occupazione, utilizzo e sfruttamento dei corsi d’acqua naturali ammonta appena al 5%;

    il canone controverso è calcolato sulla base dell’energia elettrica prodotta e non della quantità di acqua utilizzata;

    sebbene il regio decreto precisi che nel bilancio generale dello Stato un importo non inferiore al 98% del gettito di tale canone è destinato a misure di tutela e miglioramento del demanio idrico, tale destinazione non risulta essere stata rispettata nel bilancio 2016, in cui l’intero gettito del canone de quo è stato utilizzato per compensare il disavanzo del sistema elettrico.

    51.

    I ricorrenti hanno inoltre espresso perplessità in ordine alla reale natura di detto obiettivo, considerato che l’applicazione della tassa di cui trattasi implica l’assoggettamento dell’energia idroelettrica ad un prelievo pari al doppio di quello applicato ad altre fonti di energia elettrica, comprese quelle considerate più inquinanti.

    52.

    Sembrano sussistere pochi dubbi sul fatto che l’obiettivo principale della tassa in questione consista nell’incremento delle entrate pubbliche del settore elettrico. Si può peraltro riconoscere che la produzione di energia idroelettrica sollevi, per quanto riguarda l’utilizzo delle risorse nazionali, problemi particolari che possano giustificare un diverso trattamento del settore sotto il profilo fiscale.

    53.

    Tutto sommato, lo scopo specifico della tassa sulle acque interne non è tutelare l’ambiente in generale, ma piuttosto rafforzare la tutela delle acque pubbliche e traslare sui vari utenti finali i costi dei servizi di gestione dell’acqua ( 21 ). Pertanto, il fatto che l’aliquota della tassa de qua sia superiore a quella applicabile all’utilizzo di altri corsi d’acqua naturali non appare necessariamente in contrasto con l’obiettivo perseguito dalla normativa nazionale, vale a dire traslare sui consumatori il costo dei servizi idrici, considerato che gli utenti idrici non incidono tutti allo stesso modo su tale costo ( 22 ).

    54.

    Per quanto riguarda la seconda circostanza dedotta dal giudice del rinvio, sebbene la scelta di questa particolare base imponibile possa sembrare insolita, si deve ricordare che la produzione di energia elettrica mediante tecnologie idroelettriche implica un certo rapporto tra l’acqua utilizzata e il quantitativo di energia elettrica prodotta. Infatti, tale quantitativo è determinato dal volume del flusso idrico e dall’altezza delle turbine della centrale elettrica rispetto alla superficie d’acqua creata dalla diga ( 23 ). Pertanto, il fatto che la base imponibile di una tassa sia costituita dall’energia elettrica prodotta – e non dall’acqua consumata ‐ non sembra porsi in contrasto, di per sé, con l’obiettivo di traslare sugli utenti finali i costi dei servizi di gestione dell’acqua.

    55.

    Per quanto concerne la terza circostanza rilevata dal giudice del rinvio, vale a dire che, nel bilancio del 2016, il 98% del gettito della tassa sulle acque interne non sarebbe stato destinato alla tutela e al miglioramento del demanio idrico ( 24 ), è ben vero che gli obiettivi perseguiti con detta tassa, vale a dire rafforzare la tutela delle acque pubbliche e traslare sui vari utenti finali il costo dei servizi di gestione dell’acqua, sembrano indicare che almeno una parte delle somme riscosse, corrispondenti ai costi dei servizi idrici, sia destinata al mantenimento e miglioramento degli impianti ( 25 ).

    56.

    Tuttavia, il fatto che il bilancio del 2016 non preveda tale destinazione del gettito del canone per l’utilizzo delle acque interne non è di per sé sufficiente a dimostrare che il canone medesimo non persegua questo obiettivo. Infatti, quand’anche tale circostanza fosse accertata, fintanto che essa rimanga circoscritta a un determinato esercizio, non sarà possibile stabilire se l’obiettivo dichiarato sia reale o se il problema riguardi soltanto il bilancio del 2016.

    57.

    Per quanto riguarda l’argomento dei ricorrenti secondo cui l’energia idroelettrica sarebbe soggetta a un’imposizione finale significativamente più elevata rispetto all’energia elettrica prodotta con altri metodi, compresi quelli generalmente considerati più inquinanti per l’ambiente, è ben vero che tale circostanza, se corrispondente al vero, mette in discussione la politica della Spagna in materia di tutela dell’ambiente. Tuttavia, si deve ricordare, ancora una volta, che l’obiettivo perseguito dalla tassa controversa non consiste nella tutela dell’ambiente in generale, bensì nel rafforzamento della tutela delle acque pubbliche e nella traslazione sui vari utenti finali del costo dei servizi di gestione dell’acqua. Non è in contrasto con tale obiettivo il fatto che l’aliquota della tassa sia superiore a quella applicata all’energia elettrica prodotta in altri modi.

    58.

    Ne consegue che gli argomenti esposti dal giudice del rinvio e dai ricorrenti non dimostrano chiaramente che il secondo obiettivo menzionato nel preambolo della legge non sia l’autentica ratio legis. Spetta, tuttavia, al giudice del rinvio valutare se la finalità della legge controversa nei procedimenti principali sia realmente collegata all’obiettivo di rafforzare la tutela delle acque pubbliche e di traslare sui vari utenti finali il costo dei servizi di gestione dell’acqua.

    b) Sussistenza di una disparità di trattamento

    59.

    Se si assume l’obiettivo indicato nella normativa nazionale, si deve presumere, al fine di accertare la sussistenza di una disparità di trattamento, che tutti gli utilizzatori di acque interne si trovino nella stessa situazione. Istituendo una tassa applicabile unicamente all’utilizzo delle acque per la produzione di energia elettrica, tale normativa determina dunque una disparità di trattamento fra questa e altre modalità di utilizzo di acque interne.

    60.

    Qualora i dubbi espressi dal giudice del rinvio quanto agli obiettivi perseguiti dalla normativa nazionale dovessero risultare confermati, la normativa opererebbe anche una disparità di trattamento, ma non tra coloro che utilizzino le acque per produrre energia elettrica e coloro che le utilizzino per altre finalità, bensì tra i produttori di energia idroelettrica e altri produttori di energia elettrica. Infatti, laddove l’obiettivo del canone per l’utilizzo delle acque interne consista nell’incremento delle entrate del sistema finanziario del settore elettrico, si dovrebbe ritenere che tutti i produttori di energia si trovino in una situazione analoga, derivando il disavanzo dalla differenza tra le entrate percepite dalle imprese elettriche spagnole dai consumatori ed i costi di fornitura dell’energia elettrica riconosciuti dalla normativa nazionale.

    c) Giustificazione

    61.

    Laddove sussista una disparità di trattamento tra due situazioni altrimenti comparabili, non vi sarà violazione del principio della parità qualora la disparità stessa risulti debitamente giustificata ( 26 ). Tale ipotesi ricorre, secondo costante giurisprudenza della Corte, quando la disparità di trattamento sia giustificata da una ragione oggettiva, la disparità di trattamento sia proporzionata a tale ragione e quest’ultima sia presa in considerazione dal legislatore nazionale in modo costante ( 27 ).

    62.

    Nel caso di specie, il giudice nazionale e le parti menzionano tre possibili giustificazioni, vale a dire:

    la tutela delle risorse naturali;

    la necessità di garantire un livello equivalente di tassazione tra i produttori, assoggettando altre categorie di produttori di energia elettrica ad altre tasse, e

    la ripartizione delle competenze tra lo Stato e le comunità autonome in Spagna.

    63.

    Per quanto riguarda la tutela delle risorse naturali, poiché l’impatto della produzione di energia idroelettrica sulle acque interne include l’utilizzo di risorse ambientali pubbliche che la Spagna intende conservare, tale obiettivo potrebbe giustificare una differenza di trattamento tra i produttori di energia idroelettrica ed altri utilizzatori di acque pubbliche ( 28 ), purché tale differenza sia effettivamente connessa e proporzionale allo specifico impatto sull’ambiente delle tecniche impiegate e questo motivo sia preso in considerazione in maniera costante. Sebbene si tratti di questioni la cui verifica e valutazione spetta essenzialmente al giudice del rinvio, non vedo, tuttavia, come tale obiettivo possa giustificare il fatto che i produttori di energia idroelettrica siano trattati in modo diverso a seconda che la concessione di cui siano titolari abbia ad oggetto un bacino intracomunitario o un bacino intercomunitario delle varie comunità regionali autonome della Spagna. Ne consegue, pertanto, che una spiegazione di tal genere non è idonea a giustificare la disparità di trattamento precedentemente descritta.

    64.

    Lo stesso ragionamento vale per la necessità di garantire un livello di tassazione sostanzialmente identico tra i produttori di energia elettrica. Infatti, il perseguimento di tale obiettivo, sebbene possa essere considerato legittimo, potrebbe essere ritenuto coerente e proporzionato solo se gli importi dei tributi già gravanti su ciascun produttore di energia elettrica fossero presi in considerazione, direttamente o indirettamente, al fine di determinare il canone dovuto a norma dell’articolo 112 bis, il che non sembra ricorrere nel caso di specie. Infatti, non sembra che il calcolo del canone dovuto in forza di detta disposizione sia collegato, in un modo o nell’altro, ai tributi già gravanti sui produttori di energia elettrica, sebbene sia anche questa una circostanza la cui verifica e valutazione spettino al giudice del rinvio.

    65.

    All’udienza, il governo spagnolo ha sostenuto che tale differenza si spiegherebbe con la differenza di flusso tra i corsi d’acqua a seconda che essi attraversino o no più di una comunità autonoma. Tuttavia, non posso fare a meno di ritenere tale spiegazione scarsamente convincente. Oltre al fatto che il flusso di un corso d’acqua dipende da fattori diversi dalla sua lunghezza, il preambolo del regio decreto n. 198/2015, che ha introdotto tale distinzione, non fa riferimento in alcuna sua parte a una giustificazione di tal genere.

    66.

    Infine, per quanto riguarda la ripartizione delle competenze tra lo Stato e le comunità autonome in Spagna, se si deve ritenere che tale obiettivo costituisca una ragione oggettiva, le parti nei procedimenti principali controvertono sulla questione se la Costituzione spagnola riservi effettivamente a ciascuna comunità autonoma ( 29 ) la competenza ad introdurre una tassa o a quantificare il canone dovuto per lo sfruttamento dei bacini intracomunitari. I ricorrenti affermano che l’articolo 149, paragrafo 2, punto 14, della Costituzione conferisce allo Stato competenza generale in materia tributaria, mentre il governo spagnolo sostiene che da una lettura a contrario dell’articolo 149, paragrafo 1, punto 22, della stessa si evince che lo Stato non è competente ad istituire una tassa o un canone ( 30 ) per l’uso privato di acque interne che scorrano sul territorio di un’unica comunità autonoma.

    67.

    A tal proposito, rilevo anzitutto che, sotto il profilo logico, dalla natura esclusiva della competenza dello Stato ad organizzare e rilasciare unicamente concessioni relative a bacini intercomunitari non si può desumere che esso non sia competente a tassare l’energia elettrica prodotta sfruttando bacini intracomunitari, in quanto tale competenza potrebbe essere esercitata in modo concorrente. Inoltre, dalla lettura della «prima disposizione integrativa» della legge n. 15/2012 emerge che, inizialmente, il legislatore nazionale aveva ritenuto di poter interferire con le competenze fiscali delle comunità autonome.

    68.

    Tuttavia, occorre ricordare che, quando la Corte è adita con rinvio pregiudiziale, la sua funzione consiste nel chiarire al giudice nazionale la portata delle norme dell’Unione al fine di consentire a quest’ultimo di applicare correttamente dette norme ai fatti di cui detto giudice è investito, piuttosto che nel procedere essa stessa a tale applicazione, tanto più che la Corte non dispone necessariamente di tutti gli elementi indispensabili a tale riguardo ( 31 ). Spetta, pertanto, al giudice del rinvio accertare se la Costituzione spagnola debba essere interpretata nel senso che lo Stato non poteva legittimamente applicare il canone controverso ai bacini intracomunitari.

    69.

    Se i dubbi espressi dal giudice del rinvio in merito alla genuinità dell’obiettivo perseguito dalla normativa nazionale dovessero risultare confermati, pur tenendo conto del fatto che la produzione di energia idroelettrica solleva questioni diverse rispetto ad altre modalità di produzione di energia elettrica, considerato l’utilizzo di risorse naturali che essa comporta, ciò non dovrebbe tuttavia far dimenticare che un’evidente disparità di trattamento a fini fiscali delle diverse tipologie di produttori di energia elettrica sembra risultare fondamentalmente in contrasto con il principio di uguaglianza e non discriminazione. Non vi sarebbe quindi alcun dubbio che tale disparità di trattamento fiscale fra tipologie diverse di produttori di energia elettrica debba essere, pertanto, obiettivamente giustificata. Ciò potrebbe forse valere soprattutto alla luce della notevole differenza di trattamento fiscale tra i produttori di energia idroelettrica e gli altri produttori di energia elettrica ( 32 ).

    70.

    Concludendo dunque l’esame di tale questione, poiché ritengo che l’articolo 3, paragrafo 1, non si applichi alle misure fiscali nazionali, propongo alla Corte di rispondere alla seconda questione dichiarando che il principio di non discriminazione tra gli operatori di cui all’articolo 3, paragrafo 1, della direttiva 2009/72 non è applicabile a una tassa come quella in discussione nei procedimenti principali, gravante sulle imprese titolari di concessioni per lo sfruttamento di bacini intercomunitari ai fini della produzione di energia elettrica, ma non sugli operatori titolari di concessioni relative a bacini inter-comunitari per la produzione di energia elettrica, né sui produttori di energia elettrica che utilizzano altre tecnologie.

    71.

    Nel caso in cui la Corte non condividesse il mio parere in merito alla portata dell’articolo 3, paragrafo 1, della direttiva 2009/72, risponderei alla questione in subordine dichiarando che la disposizione medesima dev’essere interpretata nel senso che non osta, in linea di principio, a una normativa nazionale come le misure tributarie in discussione nei procedimenti principali, a condizione, tuttavia, che il diverso trattamento fiscale dei vari produttori di energia elettrica sia obiettivamente giustificabile nel modo sopra illustrato. Spetta, tuttavia, al giudice del rinvio valutare se la finalità richiamata dalla normativa di cui ai procedimenti principali sia effettivamente dettata da fondate preoccupazioni riguardo all’utilizzo delle risorse pubbliche e, in particolare, se il trattamento fiscale notevolmente diverso delle diverse tipologie di produttori di energia elettrica sia obiettivamente giustificato.

    C.   Sulla terza questione pregiudiziale: aiuti di Stato

    72.

    Con la terza questione il giudice del rinvio chiede, in sostanza, se l’articolo 107, paragrafo 1, TFUE debba o meno essere interpretato nel senso che l’inapplicabilità alle imprese titolari di una concessione relativa a bacini intercomunitari di un canone per l’utilizzo delle acque interne ai fini della produzione di energia elettrica configuri un aiuto di Stato vietato.

    73.

    Secondo costante giurisprudenza della Corte, la qualifica di una misura nazionale come «aiuto di Stato» ai sensi dell’articolo 107, paragrafo 1, TFUE richiede che siano soddisfatti tutti i requisiti seguenti:

    deve trattarsi di un intervento dello Stato o effettuato mediante risorse statali;

    tale intervento deve poter incidere sugli scambi tra gli Stati membri;

    deve falsare o minacciare di falsare la concorrenza;

    deve concedere un vantaggio selettivo al suo beneficiario ( 33 ).

    1. I primi tre requisiti: un intervento mediante risorse statali che può incidere sugli scambi tra Stati membri e falsare o minacciare di falsare la concorrenza

    74.

    Considerata la natura delle misure fiscali spagnole, è chiaro che tali requisiti possono essere considerate soddisfatti. Giungo a tale conclusione per i seguenti motivi.

    75.

    In primo luogo, la Corte ha già dichiarato che un provvedimento con cui un’autorità pubblica abbia accordato a talune imprese un trattamento fiscale vantaggioso che, pur non implicando un trasferimento di risorse da parte dello Stato, collochi i beneficiari in una situazione finanziaria più favorevole di quella degli altri contribuenti, costituisce un intervento dello Stato convenuto ( 34 ).

    76.

    In secondo luogo, una misura è idonea ad incidere sugli scambi tra gli Stati membri se tali scambi, anche ipotetici, esistono nel settore economico di cui trattasi. In particolare, la Corte ha già affermato che quando l’aiuto concesso da uno Stato membro rafforza la posizione di un’impresa rispetto ad altre imprese concorrenti nell’ambito degli scambi all’interno dell’Unione, questi ultimi devono ritenersi influenzati dall’aiuto. Pertanto, non è necessario che l’impresa beneficiaria dell’aiuto partecipi direttamente agli scambi all’interno dell’Unione. Infatti, quando uno Stato membro concede un aiuto ad un’impresa, l’attività sul mercato nazionale può risultarne mantenuta o incrementata, con conseguente diminuzione delle possibilità per le imprese con sede in altri Stati membri di penetrare nel mercato di tale Stato membro ( 35 ). Pertanto, ciò significa in pratica che, salvo casi eccezionali, una misura può essere considerata inidonea ad incidere sugli scambi intracomunitari soltanto quando i mercati nazionali non sono aperti alla concorrenza e i beneficiari operano esclusivamente in tale contesto ( 36 ).

    77.

    In terzo luogo, risulta dalla giurisprudenza della Corte che, in linea di principio, le misure dirette a sollevare un’impresa dai costi cui dovrebbe far fronte nell’ambito della propria gestione corrente o delle proprie normali attività falsano le condizioni di concorrenza ( 37 ). Tale condizione non esige la prova di un’incidenza effettiva degli aiuti sugli scambi tra gli Stati membri e un’effettiva distorsione della concorrenza, ma solamente di esaminare se i detti aiuti siano idonei ad incidere su tali scambi e a falsare la concorrenza. Pertanto, le misure nazionali dirette a sollevare un’impresa dai costi cui avrebbe dovuto normalmente far fronte nell’ambito della propria gestione corrente o delle proprie normali attività procurano all’impresa un sostegno finanziario che falsa, in linea di principio, le condizioni della concorrenza nei settori in cui sono concesse ( 38 ).

    78.

    Nel caso di specie, la misura in esame, consistente nell’assenza di imposizione dell’energia elettrica prodotta senza utilizzare l’acqua di bacini intercomunitari, configura un trattamento fiscale particolare che colloca i produttori di energia elettrica in tal modo prodotta in una posizione finanziaria più favorevole. Ciò è a sua volta idoneo ad incidere sugli scambi tra Stati membri, in quanto il mercato dell’energia elettrica è aperto alla concorrenza e, inoltre, solleva detti produttori da un onere fiscale cui altrimenti avrebbero dovuto far fronte. Pertanto, si deve ritenere che i primi tre requisiti siano soddisfatti.

    2. Quarto requisito: l’esistenza di un vantaggio selettivo

    79.

    Secondo la giurisprudenza della Corte, i vantaggi risultanti da una misura generale applicabile senza distinzione a tutti gli operatori economici non costituiscono aiuti di Stato ai sensi dell’articolo 107 TFUE ( 39 ). Pertanto, per stabilire se una tassa conferisca un vantaggio selettivo occorre svolgere un esame articolato su tre fasi, come recentemente confermato dalla Corte nella sentenza A‑Brauerei nei seguenti termini ( 40 ):

    in primo luogo, occorre identificare il regime tributario comune o «normale» applicabile nello Stato membro interessato;

    in secondo luogo, si deve dimostrare che la misura fiscale considerata deroga a tale regime comune o se ne discosta, in quanto essa introduce differenziazioni tra operatori che si trovano, alla luce dell’obiettivo perseguito da detto regime comune, in situazioni di fatto e di diritto paragonabili ( 41 );

    in terzo luogo, occorre esaminare se tale differenza sia giustificata.

    a) Determinazione del quadro normativo di riferimento

    80.

    Per quanto riguarda la delimitazione materiale del quadro normativo di riferimento, la Corte ha dichiarato, al punto 37 della sentenza del 19 dicembre 2018, A‑Braurei (C‑374/17, EU:C:2018:1024), che essa non dev’essere effettuata alla luce dell’obiettivo perseguito dalla misura di cui trattasi, bensì sulla base dell’oggetto dell’imposta rispetto alla quale detta misura costituisce una deroga ( 42 ). Inoltre, devono essere prendere in considerazione tutte le norme riguardanti tale oggetto, e non solo l’imposta alla quale la misura controversa deroghi ( 43 ).

    81.

    Nel caso di specie, sebbene il canone per l’utilizzo delle acque interne sia finalizzato a rafforzare la tutela delle acque pubbliche e a porre a carico degli utenti finali il costo dei servizi di gestione dell’acqua, ciò non toglie che l’oggetto del potenziale aiuto di Stato sia comunque costituito dal complesso delle norme tributarie in materia di energia elettrica ( 44 ). Infatti, la sua base imponibile è data dalla quantità di energia elettrica prodotta e il suo impatto sulla concorrenza verrà avvertito sul mercato della produzione di energia elettrica ( 45 ). Pertanto, il quadro normativo di riferimento è costituito, sotto il profilo sostanziale, da tutte le norme fiscali nazionali relative alla produzione di energia elettrica.

    82.

    Per quanto riguarda la delimitazione territoriale del quadro normativo di riferimento, nella sentenza ANGED la Corte ha dichiarato che «per valutare la selettività di una misura [esso] non dev’essere necessariamente definito entro i limiti del territorio dello Stato membro interessato, ma può essere quello del territorio nel quale un’autorità regionale o locale esercita la competenza che le deriva dalla costituzione o dalla legge. Ciò avviene quando tale entità sia dotata di uno statuto di diritto e di fatto che la renda sufficientemente autonoma rispetto al governo centrale di uno Stato membro affinché, grazie alle misure adottate, sia detta entità, e non il governo centrale, a rivestire un ruolo fondamentale nella definizione dell’ambiente politico ed economico in cui operano le imprese» ( 46 ).

    83.

    A mio avviso, tuttavia, la ripartizione nazionale delle competenze è pertinente per determinare il quadro normativo di riferimento solo se il provvedimento che potrebbe costituire un aiuto pubblico è stato adottato da un’autorità regionale o locale, e non, come nel caso di specie, quando tale provvedimento in realtà sia stato adottato dallo Stato ma quest’ultimo si nasconda, per così dire, dietro alle proprie norme sulla ripartizione delle competenze per giustificare il fatto di aver limitato l’ambito di applicazione territoriale di detto provvedimento. In tali circostanze, la ripartizione delle competenze dev’essere esaminata come una giustificazione, ma non come un elemento per definire la delimitazione territoriale del quadro normativo di riferimento.

    84.

    Nel caso di specie, poiché la misura che, ad avviso il giudice del rinvio, potrebbe configurare un aiuto di Stato consiste nella mancata tassazione, da parte dello Stato spagnolo, dell’energia idroelettrica prodotta senza utilizzare l’acqua di un bacino intercomunitario, l’ambito territoriale del quadro normativo di riferimento è costituito dall’intero territorio del Regno di Spagna.

    85.

    Ne consegue che il quadro normativo di riferimento è composto, sotto il profilo materiale, da tutte le norme relative all’imposizione dell’energia elettrica e che, dal punto di vista territoriale, tale quadro comprende l’intero territorio spagnolo.

    b) Esame dell’esistenza di una deroga selettiva alla luce dell’obiettivo del quadro normativo di riferimento

    86.

    La fase successiva dell’analisi consiste nell’esaminare se una tassa favorisca «talune imprese o talune produzioni» rispetto ad altre imprese attive sullo stesso mercato, tenuto conto dell’obiettivo perseguito dal quadro normativo di riferimento ( 47 ). Tale analisi non risulta sempre di agevole applicazione, in quanto la maggior parte dei tributi è unicamente volto a contribuire al bilancio dello Stato.

    87.

    Dall’esame della recente giurisprudenza emerge, tuttavia, che la Corte prende in considerazione il quadro normativo di riferimento al fine di accertare l’esistenza di un’esenzione selettiva o altra analoga differenza di trattamento fiscale, o di una deroga selettiva alla normativa tributaria generale solamente quando detto quadro persegue un obiettivo specifico ( 48 ). Se le misure fiscali non perseguono un obiettivo diverso dal finanziamento del bilancio statale, la Corte, pur utilizzando talora il termine «obiettivo», individua il quadro di riferimento in base all’oggetto del quadro medesimo ( 49 ).

    88.

    Di conseguenza, ritengo che la seconda fase dell’analisi consista semplicemente nel dedurre l’esistenza di un’esenzione o deroga selettiva dal fatto che la misura fiscale in questione si applica solo a una parte dei prodotti o servizi che rientrano nell’ambito di applicazione del regime fiscale di riferimento.

    89.

    Nei procedimenti principali è del tutto evidente che, tenuto conto delle imposte applicabili alla produzione di energia elettrica, la normativa nazionale crea una distinzione tra l’energia elettrica prodotta da centrali idroelettriche che utilizzano bacini intercomunitari e quella prodotta con altri mezzi o utilizzando bacini intracomunitari.

    90.

    Tuttavia, il giudice del rinvio non ha fornito informazioni sulle imposte applicabili alla produzione di energia elettrica mediante tali altri mezzi o l’utilizzo di bacini intracomunitari, in particolare quelle applicate in Spagna dalle comunità autonome regionali, mentre, come ho spiegato in precedenza, al fine di valutare se una determinata esenzione fiscale sia selettiva, occorrerebbe adottare una visione olistica della normativa fiscale complessivamente applicabile alla produzione di energia elettrica. Come la Corte ha dichiarato nella sentenza Portogallo/Commissione ( 50 ), «[l]’aliquota fiscale normale è quella in vigore nell’area geografica che costituisce l’ambito di riferimento». Analogamente, nella sentenza A‑Braurei la Corte ha statuito che «(…) la qualificazione di una misura tributaria nazionale come “selettiva” impone (…) di dimostrare (…) che la misura fiscale considerata deroga a tale regime comune (…)» ( 51 ).

    91.

    In tali circostanze, e in mancanza delle informazioni fondamentali che consentirebbero di assumere una visione olistica, la Corte semplicemente non è in grado di valutare essa stessa se i produttori che utilizzano tecniche diverse o le acque di bacini intracomunitari siano avvantaggiati rispetto a quelli che utilizzano le acque di bacini intercomunitari. Anche se sembra implicito nell’ordinanza di rinvio che i produttori che utilizzano bacini comunitari intraregionali godano di fatto di un vantaggio fiscale significativo rispetto ai produttori che utilizzano bacini intercomunitari, spetterà in definitiva al giudice nazionale valutare e verificare tale circostanza.

    92.

    Inoltre, non sono del tutto convinto che la nozione di aiuto di Stato sia applicabile in una fattispecie come quella dei procedimenti principali. In tale situazione, infatti, il presunto vantaggio è conferito a tutti i produttori di energia elettrica ad eccezione di quelli gravati da tributi, il che significa che esso è costituito dal quadro normativo di riferimento stesso. In altri termini, ciò che è selettivo in siffatte circostanze non è il vantaggio, ma piuttosto lo svantaggio ( 52 ).

    93.

    Nel caso in cui la Corte dovesse tuttavia ritenere applicabile al caso di specie la nozione di aiuto di Stato, occorrerebbe che, come emerge dalla prima disposizione integrativa della legge n. 15/2012, la tassa sulle acque interne doveva essere inizialmente applicata a tutti i bacini, sia intercomunitari che intracomunitari. Sembra che l’applicazione di detta tassa sia stata limitata ai bacini intercomunitari solo con l’introduzione dell’articolo 1 del decreto 198/2015.

    94.

    Se ciò è vero, l’articolo 1 può essere considerato una misura concessiva di una deroga al quadro normativo di riferimento costituito dalla legge n. 15/2012, che introduce nell’articolo 112 bis del regio decreto legislativo n. 1/2001 un canone per l’utilizzo delle acque interne, e tale deroga dev’essere considerata selettiva nell’accezione della sentenza A‑Brauerei in quanto la sua applicazione è subordinata a talune condizioni. Pertanto, occorre esaminare le eventuali giustificazioni che potrebbero essere addotte in relazione a tale misura fiscale.

    95.

    Secondo costante giurisprudenza della Corte, la nozione di «aiuto di Stato» non riguarda le misure che istituiscono una differenziazione tra imprese che si trovano, alla luce dell’obiettivo perseguito dal regime giuridico in questione, in una situazione di fatto e di diritto paragonabile, e che sono dunque a priori selettive, qualora lo Stato membro interessato sia in grado di dimostrare che tale differenziazione sia giustificata, derivando dalla natura o dall’economia generale del sistema nel quale dette misure si collocano ( 53 ).

    96.

    A tal riguardo e conformemente alla giurisprudenza, occorre operare una distinzione fra, da un lato, gli obiettivi che persegue un determinato regime fiscale e che sono ad esso esterni e, dall’altro, i meccanismi inerenti al sistema tributario stesso, necessari per il raggiungimento di tali obiettivi. In sostanza, quindi, solo l’obiettivo inerente al sistema tributario stesso potrebbe giustificare il carattere selettivo di una misura fiscale ( 54 ).

    97.

    Nel caso di specie, le parti non hanno tuttavia prodotto alcun elemento idoneo a dimostrare che la natura o l’economia generale delle norme relative all’imposizione dell’energia elettrica, di per sé, impongano di trattare i bacini intracomunitari in modo diverso rispetto a quelli intercomunitari.

    3. Possibili giustificazioni dell’adozione di aiuti di Stato

    98.

    Va sottolineato che la giurisprudenza richiamata supra riguarda la giustificazione del carattere selettivo di una misura fiscale. L’assenza di giustificazioni a tal riguardo non pregiudica, quindi, la possibilità per gli Stati membri di giustificare l’adozione della misura medesima una volta accertata la sussistenza dei quattro requisiti menzionati all’articolo 107, paragrafi 2 e 3, TFUE ai quali è subordinata la qualificazione come aiuto di Stato. Infatti, dalla formulazione stessa dell’articolo 107, paragrafi 2 e 3, TFUE risulta chiaramente che taluni aiuti adottati dagli Stati membri possono, a determinate condizioni, essere giustificati.

    99.

    Tra le giustificazioni già accolte dalla Corte rientra la tutela dell’ambiente ( 55 ). È ben vero che tale finalità non può giustificare la disparità di trattamento fra produttori di energia idroelettrica a seconda che la concessione di cui sono titolari abbia ad oggetto un bacino intracomunitario o un bacino intercomunitario.

    100.

    Tuttavia, la disparità di trattamento potrebbe essere comunque giustificata dalla ripartizione delle competenze esistente in Spagna tra lo Stato e le comunità autonome di detto Stato membro ( 56 ). Infatti, tale ripartizione delle competenze gode della tutela di cui all’articolo 4, paragrafo 2, TUE, secondo cui l’Unione deve rispettare l’identità nazionale insita nella struttura fondamentale, politica e costituzionale degli Stati membri, compreso il sistema delle autonomie locali e regionali ( 57 ).

    101.

    È pur vero, naturalmente, che la struttura costituzionale interna di uno Stato membro non può, in linea generale, essere invocata per giustificare aiuti che configurerebbero altrimenti una violazione del diritto dell’Unione. Tuttavia, come rilevato dalla Corte nella sentenza Portogallo/Commissione ( 58 ),«[n]on si può (…) dedurre che una misura sia selettiva ai sensi dell’[articolo 107, paragrafo 1, TFUE] per il solo fatto che si applica esclusivamente ad una zona geografica limitata del territorio di uno Stato membro».

    102.

    Sebbene tale ragionamento possa lasciar intendere che l’imposizione fiscale regionale e gli aiuti di Stato costituiscono una fattispecie particolare – quasi sui generis nell’intero corpus del diritto dell’Unione – va sottolineato che, se la legge disponesse diversamente, ciò significherebbe che gli Stati membri non potrebbero più conferire una competenza fiscale esclusiva ad enti regionali e amministrazioni locali. Ne conseguirebbe, inoltre, che eventuali misure fiscali riguardanti soltanto una parte di un territorio, data la struttura interna di uno Stato membro, configurerebbero ipso facto una forma di aiuto di Stato a favore di persone ed entità residenti in tale regione rispetto a coloro che risiedano altrove nello Stato membro medesimo.

    103.

    Di conseguenza, se il giudice del rinvio giungesse alla conclusione che la costituzione nazionale non autorizzi lo Stato ad adottare misure fiscali né ad esigere il pagamento di un canone in contropartita per l’utilizzo di un bacino intracomunitario (in forza di una competenza esclusiva, accessoria o complementare), tale circostanza potrebbe giustificare il fatto che i produttori di energia elettrica titolari di una concessione relativa a un bacino intracomunitario non siano soggetti a tale canone e che, pertanto, l’articolo 1 del regio decreto n. 198/2005 non configuri un aiuto di Stato.

    104.

    Al contrario, e salvo che sia dimostrata l’esistenza di un’altra giustificazione contemplata dall’articolo 107, paragrafi 2 e 3, TFUE, si deve ritenere che l’articolo 1 del regio decreto n. 198/2015 configuri un aiuto di Stato, in quanto esenta i produttori di energia elettrica titolari di una concessione relativa ad un bacino intracomunitario dal pagamento di tributi per l’utilizzo delle acque interne.

    105.

    Suggerisco pertanto di rispondere alla terza questione dichiarando che l’articolo 107, paragrafo 1, TFUE dev’essere interpretato nel senso che l’inapplicabilità del canone per l’utilizzo delle acque interne alle imprese titolari di concessioni relative a bacini intracomunitari ai fini della produzione di energia elettrica configura un aiuto di Stato vietato, a meno che risulti che lo Stato membro interessato non abbia competenza in materia tributaria né la competenza a stabilire l’entità dei canoni dovuti in cambio delle concessioni relative a tali bacini.

    Conclusione

    106.

    Alla luce delle suesposte considerazioni, propongo alla Corte di rispondere alle questioni sollevate dal Tribunale Supremo (Corte suprema, Spagna) nei seguenti termini:

    1)

    Né l’articolo 191, paragrafo 2, TFUE né l’articolo 9, paragrafo 1, della direttiva 2000/60/CE del Parlamento europeo e del Consiglio, del 23 ottobre 2000, che istituisce un quadro per l’azione comunitaria in materia di acque, possiedono effetto diretto e, pertanto, non possono essere invocati da un singolo dinanzi a un giudice nazionale per contestare un tributo specifico gravante sull’utilizzo delle acque interne ai fini della produzione di energia.

    2)

    L’articolo 3, paragrafo 1, della direttiva 2009/72/CE del Parlamento europeo e del Consiglio, del 13 luglio 2009, relativa a norme comuni per il mercato interno dell’energia elettrica e che abroga la direttiva 2003/54/CE, dev’essere interpretato nel senso che non si applica a un tributo come quello oggetto dei procedimenti principali, a carico delle imprese titolari di concessioni per lo sfruttamento di bacini intercomunitari ai fini della produzione di energia elettrica, ma non degli operatori titolari di concessioni relative a bacini intracomunitari per la produzione di energia elettrica, né dei produttori di energia elettrica che utilizzano altre tecnologie.

    In subordine,

    l’articolo 3, paragrafo 1, della direttiva 2009/72 dev’essere interpretato nel senso che non osta, in linea di principio, a una normativa nazionale del genere delle misure tributarie oggetto dei procedimenti principali, nella misura in cui tale normativa si ricollega all’obiettivo di rafforzare la tutela delle acque pubbliche ottenendo risorse da coloro che traggono un vantaggio dal proprio uso privato o speciale traslando sui vari utenti finali i costi dei servizi relativi alla gestione dell’acqua, compresi i costi ambientali e relativi alle risorse, laddove la Costituzione nazionale debba essere interpretata nel senso che lo Stato membro medesimo non potesse legittimamente estendere la sfera di applicazione di tale misura ai bacini intracomunitari. Spetta al giudice del rinvio valutare se la finalità della normativa oggetto dei procedimenti principali sia effettivamente connessa a tali obiettivi.

    3)

    L’articolo 107, paragrafo 1, TFUE dev’essere interpretato nel senso che l’inapplicabilità del canone per l’utilizzo delle acque interne alle imprese titolari di concessioni relative a bacini intracomunitari ai fini della produzione di energia elettrica configura un aiuto di Stato vietato, salvo che risulti che lo Stato membro interessato non abbia competenza in materia tributaria né la competenza a stabilire l’entità dei canoni dovuti in cambio delle concessioni relative a tali bacini.


    ( 1 ) Lingua originale: l’inglese.

    ( 2 ) GU 2000, L 327, pag. 1.

    ( 3 ) GU 2009, L 211, pag. 55.

    ( 4 ) BOE n. 30 del 3 febbraio 2007, pag. 5118.

    ( 5 ) BOE n. 312 del 28 dicembre 2012, pag. 88081.

    ( 6 ) BOE n. 176 del 24 luglio 2001, pag. 14276.

    ( 7 ) BOE n. 72 del 25 marzo 2015, pag. 25674.

    ( 8 ) Il giudice del rinvio rileva che se l’articolo 29 della legge relativa alle imposte sull’energia fosse dichiarato incompatibile con il diritto dell’Unione, ciò determinerebbe l’annullamento del regio decreto n. 198/2015, recante attuazione della tassa controversa.

    ( 9 ) Sentenze del 9 marzo 2010, ERG e a. (C‑379/08 e C‑380/08, EU:C:2010:127, punti 3839), e del 4 marzo 2015, Fipa Group e a. (C‑534/13, EU:C:2015:140, punto 40).

    ( 10 ) V. sentenza del 4 marzo 2015, Fipa Group e a. (C‑534/13, EU:C:2015:140, punto 42).

    ( 11 ) V., in tal senso, sentenza del 7 dicembre 2016, Vodoopskrba i odvodnja (C‑686/15, EU:C:2016:927, punti 2021).

    ( 12 ) V., per analogia, sentenza del 17 ottobre 2018, Klohn (C‑167/17, EU:C:2018:833, punto 29).

    ( 13 ) V., in tal senso, sentenza dell’11 luglio 2006, Chacón Navas (C‑13/05, EU:C:2006:456, punto 56).

    ( 14 ) Sentenza del 6 dicembre 2018, Montag (C‑480/17, EU:C:2018:987, punto 34).

    ( 15 ) Direttiva 2003/54/CE del Parlamento europeo e del Consiglio, del 26 giugno 2003, relativa a norme comuni per il mercato interno dell’energia elettrica e che abroga la direttiva 96/92/CE (GU 2003, L 176, pag. 37).

    ( 16 ) V. sentenza del 29 settembre 2016, Essent Belgium (C‑492/14, EU:C:2016:732, punto 79).

    ( 17 ) Sentenza del 7 marzo 2017, RPO (C‑390/15, EU:C:2017:174, punto 41).

    ( 18 ) Sentenza del 22 gennaio 2019, Cresco Investigation (C‑193/17, EU:C:2019:43, punto 42). V. altresì, inter alia, sentenze del 1o ottobre 2015, O (C‑432/14, EU:C:2015:643, punto 32), e del 26 giugno 2018, MB (Cambiamento di sesso e pensione di fine lavoro) (C‑451/16, EU:C:2018:492, punto 42).

    ( 19 ) V., in tal senso, sentenza del 5 giugno 2018, Montero Mateos (C‑677/16, EU:C:2018:393, punto 50).

    ( 20 ) V., in tal senso, sentenza del 6 ottobre 2015, Finanzamt Linz (C‑66/14, EU:C:2015:661, punti 2631).

    ( 21 ) Quanto al fatto che la tassa de qua si applichi ai soli produttori di energia idroelettrica, dal tenore letterale del preambolo della legge n. 15/2012 emerge che la tassa stessa non persegue di per sé l’obiettivo di traslare sui vari utenti finali il costo dei servizi di gestione dell’acqua. Pertanto, è sufficiente che detta tassa contribuisca al conseguimento di tale traslazione.

    ( 22 ) A tal proposito, vorrei inoltre sottolineare che, diversamente rispetto agli altri produttori di energia elettrica che acquistano le materie prime (petrolio, carbone, gas, uranio) dal settore privato, i produttori di energia idroelettrica ricorrono ad una risorsa pubblica ai fini della propria produzione di energia elettrica. Le somme versate per l’utilizzo di tale bene pubblico dovrebbe quindi essere considerate in parte quale tassa e in parte quale canone di concessione per l’utilizzo della risorsa medesima, dato che, ai sensi dell’articolo 107 TFUE, gli Stati membri non possono falsare la concorrenza ponendo risorse pubbliche gratuitamente a disposizione di taluni produttori.

    ( 23 ) Fonte: http://www.waterencyclopedia.com/Ge-Hy/Hydroelectric-Power.html#ixzz5g4zOuRDg.

    ( 24 ) Ciò non appare in contrasto con la seconda disposizione integrativa della legge n. 15/2012. Infatti, quest’ultima non prevede che il gettito del canone debba essere destinato a compensare il disavanzo della rete elettrica, bensì che un importo equivalente a tale gettito sarà destinato nel bilancio a tale scopo.

    ( 25 ) Infatti, mentre alcuni costi legati allo sfruttamento dell’acqua, in particolare quelli relativi alle perdite di bacino, sono già stati corrisposti dallo Stato membro interessato, altri (ad esempio quelli relativi alla manutenzione degli impianti o all’erosione del litorale) sono generati attraverso lo sfruttamento del bacino.

    ( 26 ) V., in tal senso, sentenza del 16 dicembre 2008, Arcelor Atlantique et Lorraine e a. (C‑127/07, EU:C:2008:728, punto 47).

    ( 27 ) In tal senso v., ad esempio, sentenza del 22 maggio 2014, Glatzel (C‑356/12, EU:C:2014:350, punto 43).

    ( 28 ) Peraltro, si potrebbe ritenere che tale obiettivo sia perseguito dal legislatore nazionale in modo coerente e sistematico soltanto se tutte le categorie di utilizzatori di acque pubbliche fossero tassate secondo norme che tenessero conto delle rispettive modalità di utilizzo dell’acqua.

    ( 29 ) Infatti, l’esenzione prevista dall’articolo 1 del regio decreto n. 198/2015 si applica a tutte le comunità, indipendentemente dal loro status.

    ( 30 ) Poiché la competenza ad introdurre una tassa e quella ad istituire un canone non sono necessariamente conferite alla medesima autorità, occorre esaminarle entrambe.

    ( 31 ) V., ad esempio, sentenza del 21 giugno 2007, Omni Metal Service (C‑259/05, EU:C:2007:363, punto 15).

    ( 32 ) Spetta in definitiva al giudice nazionale valutare se tale diverso trattamento fiscale possa essere obiettivamente giustificato tenendo conto del margine di discrezionalità necessariamente concesso agli Stati membri in casi di questo tipo e delle specifiche considerazioni relative al consumo di risorse naturali.

    ( 33 ) V., in tal senso, sentenze del 21 dicembre 2016, Commissione/World Duty Free Group e a. (C‑20/15 P e C‑21/15 P, EU:C:2016:981, punto 53), e del 19 dicembre 2018, A‑Brauerei (C‑374/17, EU:C:2018:1024, punto 19).

    ( 34 ) V., in tal senso, sentenza del 9 ottobre 2014, Ministerio de Defensa e Navantia (C‑522/13, EU:C:2014:2262, punto 48). Di fatto, in tale situazione, si può ritenere che uno Stato abbia rinunciato a una risorsa fiscale decidendo di escludere determinate persone dall’ambito di applicazione di una tassa che, alla luce dell’obiettivo perseguito, esse avrebbero dovuto versare.

    ( 35 ) V., in tal senso, sentenza del 14 gennaio 2015, Eventech (C‑518/13, EU:C:2015:9, punti da 66 a 68).

    ( 36 ) V., in tal senso, sentenza del 26 ottobre 2016, Orange/Commissione (C‑211/15 P, EU:C:2016:798, punti da 64 a 66).

    ( 37 ) V., in tal senso, sentenza del 25 luglio 2018, Commissione/Spagna e a. (C‑128/16 P, EU:C:2018:5911, punto 34).

    ( 38 ) V. inoltre, in tal senso, sentenze del 19 settembre 2000, Germania/Commissione (C‑156/98, EU:C:2000:467, punto 30), e del 5 ottobre 2000, Germania/Commissione (C‑288/96, EU:C:2000:537, punti 7778). Di conseguenza, il fatto che solo il 7,2% dei bacini utilizzati per la produzione di energia elettrica possa essere qualificato come bacini intracomunitari non esclude che l’assenza di imposizione dell’energia elettrica prodotta senza utilizzare bacini intercomunitari possa incidere sugli scambi tra gli Stati membri o falsare la concorrenza.

    ( 39 ) Sentenza del 15 novembre 2011, Commissione e Spagna/Government of Gibraltar e Regno Unito (C‑106/09 P e C‑107/09 P, EU:C:2011:732, punti 7374).

    ( 40 ) V., in tal senso, sentenza del 19 dicembre 2018, A‑Braurei (C‑374/17, EU:C:2018:1024, punti 3638).

    ( 41 ) V., inter alia, sentenza del 26 aprile 2018, ANGED (C‑234/16 e C‑235/16, EU:C:2018:281, punto 32).

    ( 42 ) Se si accogliesse il criterio dell’obiettivo perseguito dalla misura de qua, ci si porrebbe in contrasto con la giurisprudenza secondo cui le cause e gli obiettivi dell’intervento pubblico non sono rilevanti, in linea di principio, al fine di stabilire se una misura configuri un aiuto. Ciò che rileva sono i suoi effetti sul mercato unico. V., in tal senso, sentenza del 2 luglio 1974, Italia/Commissione, 173/73, EU:C:1974:71, punto 13). Tuttavia, gli obiettivi possono essere rilevanti per valutare se un aiuto di Stato possa essere giustificato. Peraltro, tale approccio ridurrebbe il divieto di aiuti di Stato a una verifica della coerenza delle esenzioni concesse, come avviene nel caso del principio di non discriminazione, mentre, ai sensi dell’articolo 107 TFUE, la finalità del controllo degli aiuti di Stato è evitare che essi determinino una distorsione della concorrenza. Tuttavia, una volta acclarata la qualificazione come aiuti di Stato, gli obiettivi perseguiti da una misura possono rilevare ai fini dell’accertamento se la misura stessa possa essere giustificata.

    ( 43 ) Sentenza del 15 novembre 2011, Commissione e Spagna/Government of Gibraltar e Regno Unito (C‑106/09 P e C‑107/09 P, EU:C:2011:732, punto 93).

    ( 44 ) V. parere del Consiglio di Stato spagnolo n. 928/2014 del 9 ottobre 2014 sul regio decreto n 198/2015, che sottolinea come tale decreto «produrrà effetti sul mercato dell’energia elettrica».

    ( 45 ) Può tuttavia sorgere la questione se il quadro normativo di riferimento sia costituito soltanto dai tributi gravanti sulla produzione di energia idroelettrica o da tutti quelli sulla produzione di energia elettrica. Tuttavia, poiché la generazione di energia idroelettrica non costituisce un mercato separato, ritengo che il quadro normativo di riferimento sia necessariamente costituito da tutti tributi relativi alla generazione di energia elettrica.

    ( 46 ) Sentenza del 26 aprile 2018, ANGED (C‑236/16, EU:C:2018:291, punto 29 e giurisprudenza citata).

    ( 47 ) V., ad esempio, sentenza del 21 dicembre 2016, Commissione/World Duty Free Group e a. (C‑20/15 P e C‑21/15 P, EU:C:2016:981, punto 57).

    ( 48 ) V., ad esempio, sentenza del 26 aprile 2018, ANGED (C‑236/16, EU:C:2018:291, punto 40).

    ( 49 ) V., ad esempio, sentenza del 19 dicembre 2018, A‑Brauerei (C‑374/17, EU:C:2018:1024, punto 37). In detta causa, la Corte ha osservato che l’obiettivo del quadro normativo di riferimento consisteva nel «tassare qualsiasi mutamento del titolare dei diritti (Rechtsträgerwechsel) afferenti ad un immobile, ovvero, in altri termini, nel tassare qualsiasi trasferimento del diritto di proprietà afferente ad un immobile da una persona fisica o giuridica ad un’altra persona fisica o giuridica, ai sensi del diritto civile», mentre tale elemento costituiva effettivamente il mezzo con cui doveva essere conseguito l’obiettivo perseguito dalle norme in questione, vale a dire aumentare le risorse dello Stato tedesco (punto 39).

    ( 50 ) Sentenza del 6 settembre 2006, (C‑88/03, EU:C:2006:511, punto 56).

    ( 51 ) Sentenza del 19 dicembre 2018, A‑Brauerei (C‑374/17, EU:C:2018:1024, punto 36).

    ( 52 ) Infatti, secondo la giurisprudenza della Corte, l’esistenza di un vantaggio selettivo dev’essere valutata in relazione al gruppo di riferimento. Ad esempio, nella sentenza del 6 settembre 2006, Portogallo/Commissione (C‑88/03, EU:C:2006:511, punto 56), la Corte ha dichiarato che «l’aliquota fiscale normale è quella in vigore nell’area geografica che costituisce l’ambito di riferimento». Nella sentenza del 19 dicembre 2018, A‑Brauerei (C‑374/17, EU:C:2018:1024, punto 36), ha statuito che «(…) la qualificazione di una misura tributaria nazionale come “selettiva” impone (…) di dimostrare (…) che la misura fiscale considerata deroga a tale regime comune (…)».

    ( 53 ) V., ad esempio, sentenza del 19 dicembre 2018, A‑Brauerei (C‑374/17, EU:C:2018:1024, punto 44 e giurisprudenza citata).

    ( 54 ) V., ad esempio, sentenza del 26 aprile 2018, ANGED (C‑236/16, EU:C:2018:291, punto 31).

    ( 55 ) V., per tutte, sentenza del 26 aprile 2018, ANGED (C‑236/16, EU:C:2018:291, punti 4950).

    ( 56 ) V., in tal senso, sentenze del 6 settembre 2006, Portogallo/Commissione (C‑88/03, EU:C:2006:511, punto 60), e dell’11 settembre 2008, UGT‑Rioja e a. (da C‑428/06 a C‑434/06, EU:C:2008:488, punto 141).

    ( 57 ) Sentenza del 21 dicembre 2016, Remondis (C‑51/15, EU:C:2016:985, punto 40).

    ( 58 ) Sentenza del 6 settembre 2006, Portogallo/Commissione (C‑88/03, EU:C:2006:511, punto 60).

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