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Document 62017CC0395

Conclusioni dell’avvocato generale M. Bobek, presentate il 6 febbraio 2019.
Commissione europea contro Regno dei Paesi Bassi.
Inadempimento di uno Stato – Risorse proprie – Associazione dei paesi e territori d’oltremare (PTOM) all’Unione europea – Decisione 91/482/CEE – Decisione 2001/822/CE – Ammissione all’importazione nell’Unione in esenzione da dazi doganali dei prodotti originari dei PTOM – Certificato di circolazione delle merci EUR. 1 – Rilascio irregolare di certificati da parte delle autorità di un PTOM – Dazi doganali non riscossi dagli Stati membri d’importazione – Articolo 4, paragrafo 3, TUE – Principio di leale cooperazione – Responsabilità dello Stato membro che intrattiene relazioni particolari con i PTOM interessati – Obbligo di compensare la perdita di risorse proprie dell’Unione causata dal rilascio irregolare di certificati EUR. 1 – Importazioni di latte in polvere e di riso provenienti da Curaçao, nonché di semola e semolino da Aruba.
Causa C-395/17.

ECLI identifier: ECLI:EU:C:2019:98

CONCLUSIONI DELL’AVVOCATO GENERALE

MICHAL BOBEK

presentate il 6 febbraio 2019 ( 1 )

Causa C‑395/17

Commissione europea

contro

Regno dei Paesi Bassi

«Inadempimento di uno Stato – Risorse proprie – Decisione 91/482/CEE – Decisione 2001/822/CE – Associazione dei paesi e territori d’oltremare all’Unione europea – Importazioni di latte in polvere e riso da Curaçao e semola e semolino da Aruba – Certificati EUR.1 indebitamente rilasciati dalle autorità doganali di un paese o territorio d’oltremare – Dazi doganali non riscossi dagli Stati membri d’importazione – Responsabilità finanziaria dello Stato membro con cui un PTOM mantiene una relazione particolare – Compensazione per la perdita di risorse proprie dell’Unione subita in un altro Stato membro»

I. Introduzione

1.

La Commissione europea chiede di dichiarare che il Regno dei Paesi Bassi, all’epoca dei fatti, è venuto meno agli obblighi ad esso incombenti in forza del principio di leale cooperazione enunciato nell’articolo 5 CE. Essa sostiene che ciò è dovuto alla mancata compensazione della perdita di un importo di risorse proprie che avrebbero dovuto essere messe a disposizione del bilancio dell’Unione europea. Tale perdita si è verificata in quanto i certificati di circolazione delle merci EUR.1 sono stati emessi in violazione delle decisioni sui paesi e territori d’oltremare (in prosieguo: i «PTOM») ( 2 ), da parte delle autorità doganali di Curaçao e Aruba, due PTOM del Regno dei Paesi Bassi. La Commissione è del parere che il Regno dei Paesi Bassi sia responsabile ai sensi del diritto dell’Unione per la perdita di risorse proprie causata da detti PTOM. Essa sostiene che il dovere di leale cooperazione impone allo Stato membro di garantire che i dazi doganali non riscossi (compresi gli interessi maturati) siano messi a disposizione del bilancio dell’Unione da parte di tale Stato membro.

2.

I fondamenti della tesi dedotta dalla Commissione nel caso di specie sono identici a quelli dedotti dalla Commissione in un procedimento parallelo, la causa C‑391/17, Commissione contro Regno Unito di Gran Bretagna e Irlanda del Nord, per la quale presento le mie conclusioni in parallelo alla presente causa. Può la Commissione, in base alla procedura di infrazione ai sensi dell’articolo 258 TFUE, chiedere che sia dichiarato che uno Stato membro ha violato il dovere di leale cooperazione per non avere compensato la perdita per il bilancio dell’Unione, chiedendo così di fatto allo stesso tempo una dichiarazione di illegittimità e una valutazione dei danni da rimborsare? In caso affermativo, quali elementi devono essere accertati perché la domanda sia accolta?

3.

La presente causa si distingue dal ricorso proposto contro il Regno Unito per quanto riguarda le presunte violazioni individuali: non solo le accuse di violazioni attribuite al Regno dei Paesi Bassi sono diverse nei fatti, ma si riferiscono anche a disposizioni diverse delle decisioni PTOM in questione. La differenza principale consiste nel fatto che il Regno dei Paesi Bassi non contesta l’affermazione secondo cui le autorità doganali di Curaçao e Aruba avrebbero effettivamente emesso i certificati EUR.1 in violazione delle decisioni PTOM. Esso, tuttavia, sostiene di non poter essere ritenuto finanziariamente responsabile per tali inadempimenti ai sensi del diritto dell’Unione.

II. Quadro giuridico

A.   Normativa dell’Unione europea

4.

Le disposizioni pertinenti del sistema delle risorse proprie applicabili all’epoca dei fatti sono identiche a quelle riprodotte ai paragrafi da 4 a 10 delle conclusioni da me presentate nella causa Commissione/Regno Unito.

5.

Per quanto riguarda le decisioni PTOM, diversi strumenti legislativi erano applicabili alle importazioni da Curaçao e da Aruba.

6.

La decisione PTOM del 1991 era applicabile ai fatti relativi alle importazioni da Curaçao dal 1997 al 2000.

7.

L’articolo 101, paragrafo 1, della decisione PTOM del 1991 stabilisce che i «prodotti originari degli PTOM sono ammessi all’importazione nella Comunità in esenzione da dazi doganali e tasse d’effetto equivalente».

8.

L’articolo 1 dell’allegato II della decisione PTOM del 1991, relativo alla definizione della nozione di «prodotti originari» e ai metodi di cooperazione amministrativa, stabilisce che «[a]i fini dell’applicazione delle disposizioni della decisione in materia di cooperazione commerciale, sono considerati prodotti originari dei paesi e territori in appresso denominati “PTOM”, della Comunità o degli Stati ACP i prodotti ivi interamente ottenuti o sufficientemente trasformati».

9.

Le disposizioni pertinenti, all’articolo 12, paragrafi 1, 2, 6 e 8 dell’allegato II della decisione PTOM del 1991, così recitano:

«1.   La prova del carattere originario dei prodotti a norma del presente allegato è fornita da un certificato di circolazione delle merci EUR.1, il cui modello si trova nell’allegato 4 del presente allegato.

2.   II certificato di circolazione delle merci EUR.1 può essere rilasciato solo se può costituire titolo giustificativo per l’applicazione della decisione.

(…)

6.   Il certificato di circolazione delle merci EUR.1 viene rilasciato dalle autorità doganali dello PTOM di esportazione se le merci possono essere considerate “prodotti originari” ai sensi del presente protocollo.

(…)

8.   Spetta alle autorità doganali del paese d’esportazione accertare che il modulo di cui al paragrafo 1 sia compilato correttamente. Esse verificano in particolare che la parte riservata alla descrizione dei prodotti sia stata compilata in modo da rendere impossibile qualsiasi aggiunta fraudolenta. (…)».

10.

Per contro, la decisione PTOM del 2001 era applicabile ai fatti relativi all’importazione di semole e «semolini di riso» da Aruba nel periodo dal 2002 al 2003.

11.

L’articolo 35 della decisione PTOM del 2001 dispone quanto segue:

«1.   I prodotti originari dei PTOM sono importati nella Comunità in esenzione dai dazi all’importazione.

2.   La nozione di prodotti originari e i relativi metodi di cooperazione amministrativa sono definiti nell’allegato III».

12.

Ai sensi dell’articolo 2 dell’allegato III della decisione PTOM del 2001, relativo alla definizione della nozione di «prodotti originari» e ai metodi di cooperazione amministrativa:

«1.   Ai fini dell’attuazione delle disposizioni della decisione relative alla cooperazione commerciale, si considerano originari dei PTOM i seguenti prodotti:

a)

i prodotti interamente ottenuti nei PTOM ai sensi dell’articolo 3 del presente allegato;

b)

i prodotti ottenuti nei PTOM in cui sono incorporati materiali non interamente ottenuti sui loro territori, a condizione che detti materiali siano stati oggetto nei PTOM di lavorazioni o trasformazioni sufficienti ai sensi dell’articolo 4 del presente allegato.

2.   Ai fini dell’attuazione del paragrafo 1, i territori dei PTOM si considerano un unico territorio.

(…)».

13.

L’articolo 15 dell’allegato III della decisione PTOM del 2001 prevede quanto segue:

«1.   Il certificato EUR.1 è rilasciato dalle autorità doganali del PTOM esportatore su richiesta scritta compilata dall’esportatore o, sotto la sua responsabilità, dal suo rappresentante autorizzato.

(…)

4.   Il certificato di circolazione delle merci EUR.1 è rilasciato dalle autorità doganali del PTOM esportatore se i prodotti in questione possono essere considerati prodotti originari dei PTOM, della Comunità o degli Stati ACP e soddisfano gli altri requisiti previsti nel presente allegato.

(…)».

B.   Normativa dei Paesi Bassi

14.

Ai sensi dell’articolo 51 del Statuut voor het Koninkrijk der Nederlanden (Carta del Regno dei Paesi Bassi):

«1.   Se un organo ad Aruba, Curaçao o Sint Maarten non è in grado, o non lo è adeguatamente, di esercitare le sue funzioni, come richiesto dalla presente Carta, da una norma internazionale, o da una legge o da un regio decreto, le misure da adottare possono essere determinate da una legge del Regno in cui siano enunciati la base giuridica e i motivi su cui si fonda.

2.   La questione è disciplinata per i Paesi Bassi, se necessario, nella Costituzione del Regno».

15.

Ai sensi dell’articolo 52 della Carta del Regno dei Paesi Bassi: «Su parere conforme del Re, un’ordinanza del paese può conferire al Re, in quanto capo del Regno, e al governatore, in quanto organo del Regno, competenze relativamente agli affari del paese».

III. Fatti e procedimento precontenzioso

A.   Fatti

1. I certificati EUR.1 rilasciati a Curaçao

16.

Curaçao è uno dei «paesi e territori d’oltremare del Regno dei Paesi Bassi» elencati nell’allegato II del trattato CE, a cui fa riferimento la parte quarta del trattato. Nel periodo pertinente si applicava anche a detto territorio la decisione PTOM del 1991.

17.

Nel settembre 2000, l’Ufficio europeo per la lotta antifrode (OLAF) ha effettuato una missione a Curaçao, ai sensi dell’articolo 26, paragrafo 6, dell’allegato II della decisione PTOM del 1991, con la cooperazione delle autorità doganali dei Paesi Bassi e della Germania. All’esito, è emerso che durante il periodo dal 1997 al 1999, le autorità doganali di Curaçao avevano rilasciato 109 certificati EUR.1 per latte in polvere e riso, anche se le merci di cui trattasi non avevano i requisiti necessari per essere qualificate come prodotti di origine preferenziale. Sia la relazione di missione dell’OLAF pubblicata il 24 ottobre 2000 che la sezione «origine» del comitato del codice doganale hanno ritenuto che, a Curaçao, latte in polvere proveniente dall’Unione europea o da paesi terzi veniva mescolato con riso proveniente dal Suriname o dalla Guyana. Secondo la relazione, l’attività di «miscelazione» a Curaçao non conferiva al prodotto finale la qualifica di «prodotto originario» al fine di beneficiare delle norme per l’origine.

18.

Inoltre è stato affermato dalla Commissione che, poiché i prodotti di cui trattasi sono stati successivamente importati nei Paesi Bassi e in Germania in esenzione da dazi doganali, le autorità di questi due Stati membri sono state invitate a procedere al recupero a posteriori dei dazi non riscossi a causa del trattamento preferenziale indebitamente attribuito.

19.

Nel luglio 2005, il Regno dei Paesi Bassi ha messo a disposizione la somma di EUR 778510,54, corrispondente all’importo che non era stato possibile recuperare a causa della prescrizione delle domande, maggiorato degli interessi. La Commissione ritiene che i Paesi Bassi abbiano rispettato i propri obblighi per quanto riguarda detti importi.

20.

In base ai documenti acquisiti con l’indagine dell’OLAF, la Commissione ha calcolato che la mancata riscossione dei dazi doganali relativi a importazioni in Germania tra il 20 febbraio 1997 e il 22 febbraio 2000 è pari a EUR 18192641,95. Le autorità tedesche ne hanno potuto accertare soltanto una quota ridotta (EUR 4838383) e hanno dichiarato che la quota restante era prescritta.

21.

Il 19 maggio 2009 la Commissione ha adottato una decisione nel caso REC 04/07. Detta decisione è stata emessa a seguito della richiesta presentata dalla Germania, che invitava la Commissione a pronunciarsi in merito a un caso specifico. Il caso riguardava le importazioni di un prodotto costituito da una miscela di latte in polvere e riso da Curaçao effettuate da una società tedesca tra gennaio 1999 e aprile 2000. In base alle conclusioni dell’OLAF del 2000 e dopo una serie di impugnazioni, il 20 dicembre 2006 le autorità tedesche hanno comunicato alla società che era debitrice dei dazi doganali. L’impresa ha chiesto una rinuncia a tali dazi in forza dell’articolo 220, paragrafo 2, lettera b), del codice doganale ( 3 ). La decisione della Commissione afferma, alla luce della relazione dell’OLAF, che le autorità doganali delle Antille olandesi sapevano o avrebbero dovuto sapere che il prodotto non poteva beneficiare del trattamento preferenziale. Poiché l’errore era stato commesso dalle autorità doganali, e non poteva ragionevolmente essere scoperto da un operatore in buona fede, la Commissione ha deciso che nel caso di specie non era giustificata la contabilizzazione a posteriori dei dazi all’importazione. Inoltre, detta decisione autorizzava la rinuncia alla contabilizzazione a posteriori dei dazi, nei casi che comportavano questioni di fatto e di diritto comparabili.

22.

Con lettera del 27 gennaio 2012, la Commissione ha precisato di ritenere il Regno dei Paesi Bassi responsabile dell’errore commesso dalle autorità doganali di Curaçao. In detta lettera, la Commissione ha chiesto ai Paesi Bassi di compensare il bilancio dell’Unione per la perdita di risorse proprie pari a EUR 18192641,95, da versare entro e non oltre il 20 marzo 2012, al fine di evitare la maturazione degli interessi di mora (in forza dell’articolo 11 del regolamento n. 1150/2000).

23.

Dopo due lettere di sollecito del 12 giugno 2012 e del 21 gennaio 2013, il Regno dei Paesi Bassi ha risposto il 14 giugno 2013, contestando la posizione giuridica della Commissione e negando ogni responsabilità finanziaria.

2. I certificati EUR.1 rilasciati in Aruba

24.

Anche Aruba è uno dei paesi e territori d’oltremare del Regno dei Paesi Bassi in elenco nell’allegato II del trattato CE, a cui fa riferimento la parte quarta del trattato. All’epoca dei fatti, la decisione PTOM del 2001 si applicava anche a tale territorio.

25.

Nel periodo compreso tra il 4 agosto 2002 e il 18 giugno 2003, sono state presentate 1929 dichiarazioni d’importazione con certificati EUR.1 per l’immissione in libera pratica nei Paesi Bassi partite di merci dichiarate come partite di semole e semolini di riso originari di Aruba.

26.

Dopo aver condotto un’indagine, il 23 dicembre 2004 l’OLAF ha informato le autorità dei Paesi Bassi che i certificati d’origine EUR.1 erano stati rilasciati dalle autorità di Aruba per prodotti che non avevano i requisiti sufficienti per essere qualificati come prodotti di origine preferenziale. Ciò era dovuto al fatto che i processi di trattamento non erano sufficienti per conferire alle merci in questione l’origine di Aruba.

27.

Il 1o agosto 2005, le autorità dei Paesi Bassi hanno trasmesso all’importatore un’ingiunzione di pagamento di EUR 298080. L’importatore ha impugnato tale ingiunzione dinanzi ai giudici nazionali. Il Rechtbank Haarlem (Tribunale di Haarlem, Paesi Bassi) ha ritenuto che, sebbene i prodotti non avessero acquisito l’origine di Aruba, la richiesta dell’importatore doveva essere accolta in forza dell’articolo 220, paragrafo 2, lettera b), del codice doganale. Le autorità dei Paesi Bassi hanno trasmesso detta sentenza alla Commissione nel 2010 a norma dell’articolo 870, paragrafo 2, del regolamento (CEE) n. 2454/93 della Commissione ( 4 ).

28.

Con lettera del 31 maggio 2012, la Commissione ha ritenuto il Regno dei Paesi Bassi responsabile finanziariamente degli errori commessi dalle autorità doganali di Aruba. Essa ha invitato detto Stato membro a mettere a disposizione l’importo corrispondente di EUR 298080 entro il 20 luglio 2012.

29.

Dopo due lettere di sollecito del 5 ottobre 2012 e del 9 aprile 2013, il Regno dei Paesi Bassi ha risposto il 14 giugno 2013. Non condivideva la posizione giuridica della Commissione e negava ogni responsabilità finanziaria.

B.   Procedimento precontenzioso

30.

La Commissione, ritenendo che il Regno dei Paesi Bassi non avesse rispettato gli obblighi ad esso incombenti ai sensi del Trattato, il 21 novembre 2013 ha inviato una lettera di costituzione in mora.

31.

Il Regno dei Paesi Bassi ha risposto il 20 febbraio 2014. Nella sua replica, non ha contestato i fatti del caso di specie. Tuttavia, il Regno dei Paesi Bassi ha negato qualsiasi responsabilità finanziaria per le conseguenze degli errori amministrativi commessi dalle autorità doganali ad Aruba e Curaçao.

32.

Il 17 ottobre 2014, la Commissione ha inviato un parere motivato al Regno dei Paesi Bassi, nel quale manteneva la posizione già indicata nella lettera di costituzione in mora. Il periodo di tempo accordato per adottare le misure richieste per conformarsi a tale parere motivato scadeva il 17 dicembre 2014. La richiesta del Regno dei Paesi Bassi di prorogare tale scadenza a gennaio 2015 è stata respinta dalla Commissione con lettera del 22 dicembre 2014.

33.

Nella lettera del 19 novembre 2015, il Regno dei Paesi Bassi ha risposto al parere motivato negando ogni responsabilità finanziaria.

34.

Poiché il Regno dei Paesi Bassi non ha messo a disposizione del bilancio dell’Unione la somma di EUR 18490721,95, oltre gli interessi, la Commissione ha deciso di presentare il presente ricorso.

IV. Procedimento dinanzi alla Corte e conclusioni delle parti

35.

Con il proprio ricorso del 30 giugno 2017, la Commissione chiede che la Corte voglia:

Dichiarare che il Regno dei Paesi Bassi è venuto meno agli obblighi ad esso incombenti ai sensi dell’articolo 5 (successivamente articolo 10) del Trattato che istituisce la Comunità europea (successivamente divenuto articolo 4, paragrafo 3, TUE), non avendo rimborsato la perdita degli importi delle risorse proprie che avrebbero dovuto essere accertati e messi a disposizione del bilancio dell’Unione, ai sensi degli articoli 2, 6, 10, 11 e 17 del [regolamento (CEE, Euratom) n. 1552/1989] ( 5 ) (…), posto che non erano stati rilasciati certificati di circolazione delle merci EUR.1, in violazione dell’articolo 101, paragrafo 1, della decisione 91/482 del Consiglio e dell’articolo 12, paragrafo 6, dell’allegato II di tale decisione per l’importazione di latte in polvere e riso da Curaçao nel periodo 1997-2000, e, rispettivamente, dell’articolo 35, paragrafo 1, della decisione 2001/822 del Consiglio e dell’articolo 15, paragrafo 4, dell’allegato III di tale decisione per l’importazione di semola e semolino [di riso] da Aruba nel periodo 2002-2003;

condannare il Regno dei Paesi Bassi alle spese.

36.

Il Regno dei Paesi Bassi chiede che il Tribunale voglia:

dichiarare il ricorso irricevibile;

in subordine, respingere il ricorso in quanto infondato;

condannare la Commissione alle spese.

37.

Con decisione del Presidente della Corte del 4 gennaio 2018, il Regno Unito è stato autorizzato ad intervenire a sostegno delle conclusioni del Regno dei Paesi Bassi.

38.

Sia la Commissione che il governo dei Paesi Bassi hanno presentato osservazioni orali all’udienza tenutasi il 2 ottobre 2018, a cui ha partecipato anche il Regno Unito.

V. Valutazione

39.

Prima di entrare nel merito del ricorso, occorre esaminare un’eccezione di irricevibilità sollevata dal Regno dei Paesi Bassi.

40.

È giurisprudenza consolidata che gli elementi essenziali di fatto e di diritto sui quali si basa un ricorso devono emergere in modo coerente e comprensibile dal testo del ricorso stesso. La domanda deve consentire allo Stato membro e alla Corte di conoscere esattamente la portata della violazione del diritto dell’Unione contestata. Deve permettere al suddetto Stato di far valere utilmente i suoi mezzi di difesa e alla Corte di verificare l’esistenza dell’inadempimento addotto ( 6 ).

41.

Nel caso di specie, il Regno dei Paesi Bassi contesta la ricevibilità del ricorso sulla base del rilievo che esso non soddisferebbe tali requisiti. Tale Stato membro sottolinea, in particolare, l’incoerenza del ricorso della Commissione. Infatti, in alcuni punti del suo ricorso, la Commissione sembra sostenere che il Regno dei Paesi Bassi sia direttamente responsabile ai sensi del diritto dell’Unione per gli atti delle autorità dei PTOM, come se fossero sue proprie autorità, mentre in altri punti la Commissione sottolinea il fatto che il Regno dei Paesi Bassi non ha adottato «misure appropriate» al fine di evitare il rilascio irregolare dei certificati EUR.1 da parte delle autorità doganali di Aruba e Curaçao.

42.

Concordo sul fatto che la Commissione non sia chiara su questo punto. Tuttavia, dal mio punto di vista, detta lacuna è semplicemente un punto debole del ragionamento della Commissione sul merito della causa, legato alla difficoltà di definire esattamente quale obbligo giuridico specifico il Regno dei Paesi Bassi avrebbe violato omettendo di compensare il bilancio dell’Unione.

43.

Tuttavia, non sono convinto che tale mancanza di precisione giuridica sia sufficiente per rendere il ricorso incomprensibile e, pertanto, irricevibile. Mi sembra che il Regno dei Paesi Bassi sia stato in grado di comprendere la natura e la portata dell’inadempimento contestato. Ritengo che esso abbia effettivamente esercitato i suoi diritti di difesa con riferimento alle suddette asserzioni. L’oggetto del ricorso è stato individuato in maniera sufficientemente dettagliata e, pertanto, la Corte non si pronuncerà ultra petita. Pertanto, a mio avviso, il presente ricorso deve essere dichiarato ricevibile.

A.   La natura esatta della domanda

44.

La Commissione chiede alla Corte di dichiarare che il Regno dei Paesi Bassi è venuto meno agli obblighi ad esso incombenti a norma dell’articolo 5 CE. Essa sostiene che ciò è dovuto al fatto che essa non ha compensato la perdita di un importo di risorse proprie che avrebbero dovuto essere accertate e messe a disposizione del bilancio dell’Unione a norma degli articoli 2, 6, 10, 11 e 17 del regolamento n. 1552/89. Essa fa valere che ciò non si sarebbe verificato se non fossero stati rilasciati i certificati di circolazione EUR.1 in violazione delle decisioni PTOM. In particolare, le norme violate sono a) articolo 101, paragrafo 1, della decisione PTOM del 1991 e articolo 12, paragrafo 6, dell’allegato II di tale decisione per l’importazione di latte in polvere e riso da Curaçao nel periodo dal 1997 al 2000; e b) articolo 35, paragrafo 1, della decisione PTOM del 2001, e articolo 15, paragrafo 4, dell’allegato III di tale decisione per l’importazione di semole e semolini di riso da Aruba nel periodo dal 2002 al 2003.

45.

Ai paragrafi da 33 a 46 delle mie conclusioni parallele nella causa Commissione/Regno Unito, ho illustrato le sfide che comporta una tale struttura a «cascata» o a «matrioska» del ricorso presentato dalla Commissione. Tuttavia, in quelle mie conclusioni, dopo avere esplicitato la domanda presentata dalla Commissione, ho sostenuto che, data la sua natura, con la domanda si chiede in effetti una dichiarazione di mancata compensazione delle perdite/danni causati alle risorse proprie dell’Unione tramite un asserito illecito imputabile a uno Stato membro. La differenza principale risiede nell’oggetto del ricorso, che non riguarda soltanto un’enunciazione astratta riferita a un’inosservanza perdurante del diritto dell’Unione da parte di uno Stato membro, ma anche, di fatto, una richiesta di dichiarare l’illegittimità e quantificare il danno con riferimento a specifiche violazioni pregresse del diritto dell’Unione.

46.

Ai paragrafi da 48 a 64 delle stesse conclusioni ho suggerito che non ravviso nulla nel tenore letterale, nella finalità e nell’economia generale dei trattati che, in linea di principio, possa impedire alla Commissione di presentare dinanzi alla Corte un siffatto ricorso come procedura d’infrazione a norma dell’articolo 258 TFUE. Tuttavia, ho anche proposto che, se la Commissione chiede il pagamento di importi specifici e esatti per le perdite asseritamente causate da uno Stato membro mediante specifiche violazioni del diritto dell’Unione, essa deve dimostrare sia l’illegittimità sia le perdite in questione in linea con le norme e le condizioni necessarie per la responsabilità dello Stato (paragrafi da 65 a 73). È impossibile «trasferire» lo specifico regime delle risorse proprie a un altro Stato membro a cui tale norma non è chiaramente applicabile (paragrafi da 74 a 84).

47.

Tutti questi elementi sono ugualmente applicabili nel contesto della presente causa, certamente per quanto riguarda la situazione di Curaçao. Anche in questo caso, la presunta perdita di risorse proprie è avvenuta in un altro Stato membro (B). La situazione di Aruba è leggermente diversa. Dato che la Commissione ha presentato questo caso come un’unica infrazione asseritamente commessa dai Paesi Bassi con riguardo a entrambi i PTOM, esaminerò congiuntamente le due situazioni. Tuttavia, come nota conclusiva della presente sezione, vorrei mettere in rilievo l’importanza del fatto che, per quanto riguarda le importazioni da Aruba, la perdita di risorse proprie è stata sostenuta direttamente sul territorio dei Paesi Bassi (C).

B.   Applicazione al caso di specie

48.

La Commissione chiede di dichiarare che il Regno dei Paesi Bassi è venuto meno agli obblighi ad esso incombenti in forza del principio di leale cooperazione. Questo perché non ha compensato le perdite di risorse proprie che avrebbero dovuto essere accertate e messe a disposizione del bilancio dell’Unione, in conformità del regolamento n. 1552/89 e del regolamento n. 1150/2000, se i certificati di circolazione EUR.1 non fossero stati rilasciati in violazione delle pertinenti disposizioni delle decisioni PTOM per le importazioni di latte in polvere e di riso da Curaçao negli anni dal 1997 al 2000 e di semole e semolini di riso da Aruba nel periodo dal 2002 al 2003.

49.

Al fine di stabilire se vi sia stato un inadempimento dell’obbligo di compensazione delle perdite, come sostenuto dalla Commissione, è necessario verificare in primo luogo se esista un siffatto obbligo di risarcimento: qual è l’obbligo giuridico il Regno dei Paesi Bassi avrebbe violato omettendo di compensare il bilancio dell’Unione? Inoltre, perché possa sorgere responsabilità dello Stato per le perdite così causate all’Unione europea, detta violazione deve essere sufficientemente qualificata e deve sussistere un nesso causale tra la violazione sufficientemente qualificata e il presunto danno verificatosi, per il quale è stato chiesto il risarcimento.

1. Illegittimità (equivalente a una violazione sufficientemente qualificata)

50.

Secondo le decisioni PTOM (articolo 101, paragrafo 1, della decisione PTOM del 1991 e articolo 35, paragrafo 1, della decisione PTOM del 2001), «i prodotti originari degli PTOM sono ammessi all’importazione nell’Unione europea in esenzione da dazi doganali e tasse d’effetto equivalente». La qualità dei prodotti originari deve essere registrata nei certificati EUR.1 di cui all’allegato II della decisione PTOM del 1991 e all’allegato III della decisione PTOM del 2001.

51.

Nel corso della fase precontenziosa del procedimento, il Regno dei Paesi Bassi ha riconosciuto che le autorità doganali sia di Curaçao che di Aruba non hanno osservato le disposizioni pertinenti in materia di certificati EUR.1. Esse avevano rilasciato certificati per prodotti che non avevano i requisiti di cui sopra. È pertanto pacifico che le autorità di Aruba e Curaçao hanno commesso errori rilasciando certificati EUR.1 irregolari rispetto alle decisioni PTOM.

52.

Il Regno dei Paesi Bassi non ha tanto meno contestato le somme richieste dalla Commissione (EUR 18490721,95, corrispondenti a EUR 18192641,95 per i certificati rilasciati in Curaçao e a EUR 298080 per i certificati rilasciati ad Aruba), che rappresentano il valore totale dei dazi doganali che sarebbero stati riscossi se alle merci importate non fosse stato concesso lo status preferenziale.

53.

Pertanto, nel caso di specie la «violazione iniziale» non è in discussione, contrariamente al caso C‑391/17, Commissione/Regno Unito ( 7 ). Sono ben consapevole della giurisprudenza di questa Corte che suggerisce che «spetta, in ogni caso, alla Corte accertare la sussistenza o meno dell’inadempimento contestato, anche qualora lo Stato membro interessato non lo contesti più» ( 8 ). Tuttavia, una siffatta affermazione dovrebbe, a mio avviso, essere ragionevolmente interpretata nel senso che essa si applica all’ambito e alla portata degli obblighi giuridici che vengono invocati nel contesto di una procedura d’infrazione, e ciò dev’essere interpretato e valutato dalla Corte in modo indipendente. Tale affermazione è difficilmente applicabile a fatti che non sono contestati.

54.

Nella fattispecie il problema chiave diventa pertanto comprendere la fonte precisa dell’obbligo giuridico, per il Regno dei Paesi Bassi, di indennizzare il bilancio dell’Unione in una siffatta situazione (a), e sapere se l’inadempimento di tale obbligo possa essere considerato come una violazione sufficientemente qualificata (b).

a) L’obbligo principale, la cui violazione deve essere accertata

55.

La Commissione non sostiene che le violazioni delle decisioni PTOM siano direttamente imputabili al Regno dei Paesi Bassi. Come indicato nel corso dell’esame dell’eccezione di irricevibilità ( 9 ), nonostante una certa confusione su questo punto nelle sue osservazioni scritte, la Commissione, quando in udienza è stata esplicitamente invitata a fornire chiarimenti in merito, ha confermato che l’obiettivo della sua azione non era stabilire a chi fossero imputabili le violazioni delle decisioni PTOM.

56.

Per i motivi esposti ai paragrafi da 91 a 97 nelle mie conclusioni parallele nella causa Commissione/Regno Unito, riconosco che vi è, in ogni caso, la responsabilità generale di uno Stato membro che ha una relazione particolare con il PTOM in questione di adottare tutte le misure idonee a prevenire e tenere sotto controllo le violazioni del diritto dell’Unione che possono derivare dal comportamento (atti od omissioni) nel quadro del regime di associazione. Tuttavia, come è stato altresì precisato nelle stesse conclusioni, a partire da tale affermazione generale vi è ancora un percorso argomentativo piuttosto lungo da intraprendere prima che si possa giungere (ammesso che si possa) alla conclusione che tale Stato membro è anche automaticamente responsabile dal punto di vista finanziario di qualsiasi somma che la Commissione stabilisca avrebbe dovuto essere accertata e messa a disposizione in un altro Stato membro come risorse proprie dell’Unione europea. Questo poi comporterebbe automaticamente che, attraverso la procedura di cui all’articolo 258 TFUE, la Commissione possa chiedere il pagamento per qualsiasi presunta violazione delle decisioni PTOM commessa dallo Stato membro che ha una relazione particolare con un PTOM a prescindere dalla natura della violazione e/o dalle procedure di risoluzione delle controversie previste dai rispettivi regimi di associazione? Il diritto dell’Unione imporrebbe quindi il pieno ripristino dell’amministrazione diretta da parte dello Stato membro con cui essi hanno una «relazione particolare»?

57.

Analogamente all’approccio proposto nella causa C‑391/17, Commissione/Regno Unito, non ritengo che la Corte debba affrontare in maniera approfondita tale questione nel contesto del caso di specie. Anche se si ammettesse, nell’ambito del regime generale di responsabilità dello Stato per i danni causati all’Unione, che l’asserito illecito consista nel non aver messo in atto salvaguardie e controlli sufficienti che avrebbero potuto impedire il rilascio di certificati irregolari da parte delle autorità dei PTOM ( 10 ), semplicemente non vedo, nei fatti e nel contesto del caso di specie, come una siffatta violazione possa essere definita come sufficientemente qualificata.

b) Una violazione sufficientemente qualificata?

58.

A differenza del criterio oggettivo utilizzato nella valutazione della violazione del diritto dell’Unione nel contesto di un ricorso per inadempimento tradizionale, il criterio da soddisfare nel valutare la violazione del diritto dell’Unione che abbia asseritamente dato luogo a perdite di risorse proprie che uno Stato membro è tenuto a compensare è superiore. Non ogni illecito genera automaticamente responsabilità. Deve sussistere una violazione sufficientemente qualificata, perché sorga l’obbligo di ripianare le perdite causate all’Unione europea da uno Stato membro.

59.

Secondo la giurisprudenza della Corte, la prova per accertare se sussista una violazione sufficientemente qualificata è «discrezionale». Qualora gli Stati membri dispongano di un potere discrezionale, una violazione sufficientemente qualificata implica che vi è stata una manifesta e grave inosservanza da parte di uno Stato membro dei limiti a tale discrezionalità ( 11 ).

60.

Inoltre, altri fattori da prendere in considerazione nell’ambito di una valutazione della «sufficiente qualificazione» di una violazione del diritto dell’Unione sono: «il grado di chiarezza e di precisione della norma violata, l’ampiezza del potere discrezionale che tale norma riserva alle autorità nazionali o [dell’Unione], il carattere intenzionale o involontario della trasgressione commessa o del danno causato, la scusabilità o inescusabilità di un eventuale errore di diritto, la circostanza che i comportamenti adottati da un’istituzione [dell’Unione europea] abbiano potuto concorrere all’omissione, all’adozione o mantenimento in vigore di provvedimenti o di prassi nazionali contrari al diritto [dell’Unione]» ( 12 ).

61.

Nella fattispecie sono tre gli elementi di particolare importanza a questo riguardo. Il primo è l’ampio margine discrezionale di cui gode il Regno dei Paesi Bassi nel decidere le misure adeguate per ottemperare all’obbligo «principale» alla luce del principio del rispetto del suo assetto e della sua identità costituzionale. Il secondo è la ripartizione delle competenze e il quadro istituzionale delle decisioni PTOM, che delega direttamente alle autorità dei PTOM la responsabilità di operare in applicazione di dette decisioni. Il terzo elemento, forse di particolare importanza, è la natura poco chiara del regime di responsabilità di uno Stato membro che abbia una relazione particolare con uno o più PTOM nel quadro delle decisioni PTOM, con riguardo agli errori amministrativi commessi dalle autorità di detti paesi.

62.

Dapprima la Commissione, senza dare un’indicazione specifica delle misure che, a suo avviso, il Regno dei Paesi Bassi avrebbe dovuto adottare, ha fatto riferimento agli articoli 51 e 52 della Carta del Regno dei Paesi Bassi ( 13 ). Il governo dei Paesi Bassi ha risposto che attribuire a detto Stato membro la responsabilità degli atti delle autorità doganali di Aruba e Curaçao sarebbe contrario all’articolo 4, paragrafo 2, TUE ( 14 ).

63.

Le decisioni PTOM, infatti, riconoscono esplicitamente la necessità di rispettare il quadro costituzionale dei rapporti tra i PTOM e gli Stati membri con cui essi hanno una relazione particolare. Il meccanismo specifico di partenariato inserito nell’ambito del sistema delle decisioni PTOM mira a rispettare la ripartizione costituzionale delle competenze e delle responsabilità tra i PTOM e gli Stati membri, come risulta, in particolare, dal considerando 12 e dall’articolo 10 della decisione PTOM del 1991, e si riflette anche negli articoli da 234 a 236 di detta decisione, nonché nell’articolo 7 della decisione PTOM del 2001. Queste disposizioni indicano l’intenzione del legislatore dell’Unione di trovare un equilibrio tra la necessità di garantire l’efficacia dell’associazione con i PTOM, da un lato, e il rispetto degli specifici, e spesso piuttosto complessi, assetti costituzionali degli Stati membri e dei loro PTOM, dall’altro (su questo verte la parte quarta del Trattato CE, dedicato al regime di associazione con i PTOM).

64.

In secondo luogo, come il governo dei Paesi Bassi ha illustrato nelle sue osservazioni scritte, le decisioni PTOM esplicitano le competenze delle autorità dei PTOM che sono distinte da quelle degli Stati membri, in particolare, nel meccanismo di partenariato e nelle disposizioni specifiche in materia di cooperazione amministrativa. Le decisioni PTOM riconoscono le competenze specifiche delle autorità dei PTOM, per quanto riguarda sia il meccanismo generale di partenariato che il sistema specifico di cooperazione amministrativa in materia di emissione dei certificati EUR.1 ( 15 ). Inoltre, l’articolo 9 della decisione PTOM del 2001 riconosce esplicitamente il ruolo primario delle autorità dei PTOM nella gestione quotidiana della decisione in materia di scambi, e il ruolo sussidiario degli Stati membri («ove risultasse necessario»), e sempre «nel rispetto delle competenze istituzionali, giuridiche e finanziarie di ciascuno dei partner».

65.

È difficile dedurre da ciò come, nel particolare contesto della ripartizione delle competenze, gli errori delle autorità doganali di un PTOM possano automaticamente e immediatamente configurarsi come una violazione del dovere di leale cooperazione da parte dello Stato membro interessato ove non vi siano altre circostanze qualificanti, che non sembrano essere presenti nel caso di specie. Infatti, la Commissione non ha fornito nessun altro argomento, come l’inosservanza delle avvertenze, l’omessa collaborazione con l’OLAF, l’aver disatteso o omesso i controlli a posteriori sugli illeciti che detto Stato membro conosceva o avrebbe dovuto ragionevolmente conoscere, l’assenza di partecipazione o collaborazione nell’ambito dei meccanismi della procedura di partenariato o del sistema di cooperazione amministrativa.

66.

In terzo luogo resta il fatto, a mio avviso molto importante, che non esiste (e mai è esistito) alcun obbligo esplicito nella decisione PTOM che crei un regime specifico di responsabilità degli Stati membri per gli atti dei PTOM, né nel contesto specifico della cooperazione doganale né in generale. Infatti, entrambe le parti nel presente procedimento per inadempimento hanno richiamato l’attenzione della Corte sui lavori preparatori della decisione PTOM del 2013, quando tale disposizione è stata proposta dalla Commissione ( 16 ), ma nettamente respinta nel processo legislativo in seno al Consiglio. Le dichiarazioni accluse con riguardo alla proposta della Commissione al Consiglio — sia da parte della Commissione che da parte di un gruppo di Stati membri ( 17 ) — testimoniano il fatto che la questione della responsabilità degli Stati membri per gli atti dei suoi PTOM concernenti errori amministrativi di questi ultimi difficilmente potrebbe essere vista come una questione non contenziosa che scaturisce in modo chiaro dalle varie versioni della decisione PTOM.

67.

Tenuto conto di tutti questi elementi, anche se si ammettesse che l’obbligo di leale cooperazione possa essere esteso fino ad affermare che l’obbligo di risarcimento dell’Unione per le perdite causate da violazioni del diritto dell’Unione commesse da un PTOM incomba allo Stato membro con il quale il PTOM in questione ha una relazione particolare, nel caso di specie al Regno dei Paesi Bassi non potrebbe essere contestata una violazione sufficientemente qualificata dell’obbligo di leale cooperazione.

2. Un’osservazione sull’elemento temporale

68.

Il Regno dei Paesi Bassi ha anche sostenuto nel suo controricorso che se fosse considerato responsabile degli errori commessi dalle autorità doganali ad Aruba e Curaçao, i principi di certezza del diritto e di buona amministrazione ne risulterebbero violati. Questo perché la Commissione non ha agito entro un periodo di tempo ragionevole ( 18 ). La Commissione ha avviato le indagini sulla situazione circa 11 anni dopo il riscontro delle irregolarità da parte dell’OLAF, con riguardo a Curaçao, e 7 anni dopo nel caso di Aruba.

69.

In risposta a questo argomento, la Commissione ha dichiarato che le perdite di «risorse proprie» si sono concretizzate solamente nel 2009, con l’adozione della decisione REC e la sentenza pronunciata da un giudice nazionale. Pertanto, la responsabilità del Regno dei Paesi Bassi non dovrebbe essere prescritta. In udienza, la Commissione ha insistito sul fatto che, secondo la giurisprudenza della Corte, le azioni per inadempimento non sono soggette ad alcun termine di prescrizione. Inoltre in udienza la Commissione ha anche affermato che l’applicazione in via analogica dell’articolo 73 bis del regolamento (CE, Euratom) n. 1605/2002 ( 19 ), che prevede un termine di prescrizione di cinque anni per i crediti dell’Unione europea nei confronti di terzi e viceversa, non dovrebbe essere ammessa. La Commissione sostiene inoltre che, secondo la giurisprudenza della Corte, non esistono termini di prescrizione per la riscossione delle risorse proprie ( 20 ).

70.

Può sembrare sorprendente menzionare la questione dei termini potenzialmente applicabili a un’azione dopo la valutazione nel merito dell’azione stessa. Tuttavia, dato che suggerisco che la Corte di respinga il presente ricorso nel merito, così come quello parallelo contro il Regno Unito, non vi è di fatto alcuna necessità di esaminare la questione dei termini in maniera separata in questa fase. Vorrei nondimeno menzionare la questione per illustrare un altro elemento: le conseguenze dell’approccio «tre in uno», scelto dalla Commissione per questi due casi ( 21 ), che di fatto rende difficile indicare quali termini, ammesso che ve ne siano, dovrebbero essere applicabili a una siffatta azione.

71.

In effetti, nella sua motivazione, la Commissione ha inserito elementi appartenenti alla natura specifica del procedimento per inadempimento di cui all’articolo 258 TFUE (assenza di termini per proporre un ricorso per inadempimento) ( 22 ) nonché all’applicazione dello specifico sistema delle risorse proprie (senza limiti di tempo per le azioni connesse al recupero) ( 23 ), e sostiene che essi sono applicabili a un’azione che si basa in definitiva sulla determinazione di un obbligo di risarcimento delle perdite, senza tenere conto del fatto che le azioni per responsabilità dello Stato sono generalmente soggette a prescrizione ( 24 ).

C.   Una nota conclusiva sul caso di Aruba

72.

Infine, nel presente caso la Commissione ha affermato che vi è una violazione comune del diritto dell’Unione che deriva dall’emissione irregolare di certificati EUR.1 in Aruba e Curaçao.

73.

Tuttavia, per quanto riguarda la situazione ad Aruba, va sottolineato che i certificati EUR.1 erano stati presentati e accettati mediante le procedure doganali condotte dai Paesi Bassi. Le autorità doganali dei Paesi Bassi hanno cercato di riscuotere dazi doganali inviando un’ingiunzione di pagamento all’importatore. L’importatore, tuttavia, ha impugnato con successo tale decisione dinanzi ai giudici nazionali, che si sono pronunciati a suo favore sulla base dell’articolo 220, paragrafo 2, lettera b), del codice doganale.

74.

Occorre tuttavia ricordare che, come risulta dalla sentenza della Corte nella causa Commissione/Danimarca, l’applicazione dell’articolo 220, paragrafo 2, lettera b), del codice doganale non preclude l’obbligo dello Stato membro di accertare e mettere a disposizione fondi appartenenti alle risorse proprie dell’Unione che non siano stati riscossi dagli importatori privati. In effetti, gli Stati membri sono tenuti ad accertare le risorse proprie dell’Unione non appena le rispettive autorità doganali siano in grado di calcolare l’importo dei dazi risultanti da un’obbligazione doganale e di determinare il soggetto passivo, senza che occorra decidere se i criteri per l’applicazione dell’articolo 220, paragrafo 2, lettera b), del codice doganale siano soddisfatti. È soltanto il rispetto delle condizioni previste dall’articolo 17, paragrafo 2, del regolamento n. 1552/89 (forza maggiore o motivi non imputabili allo Stato membro che hanno reso gli importi non più recuperabili) che consente a uno Stato membro di essere esonerato da tale obbligo ( 25 ).

75.

Tuttavia, come il Regno dei Paesi Bassi ha giustamente fatto valere nelle sue memorie, la Commissione non ha dedotto una violazione diretta del «regolamento sulle risorse proprie» imputabile alle autorità doganali dei Paesi Bassi per il mancato recupero dei dazi doganali all’importazione nel territorio dei Paesi Bassi. Pertanto, la Commissione non ha fornito informazioni per appurare se nel caso di specie sussistessero le condizioni di cui all’articolo 17, paragrafo 2, del regolamento n. 1552/89, come modificato. La Commissione ha invece scelto di far valere una tesi diversa.

76.

Pertanto, dal momento che una siffatta dichiarazione non è stata richiesta dalla Commissione e, in ogni caso, dato che la Corte non sarebbe in grado di pronunciarsi al riguardo a causa della mancanza di elementi di prova, propongo che il ricorso della Commissione sia dichiarato infondato per quanto riguarda la situazione ad Aruba.

VI. Sulle spese

77.

Ai sensi dell’articolo 138, paragrafo 1, del regolamento di procedura, la parte soccombente è condannata alle spese se ne è stata fatta domanda. Il Regno dei Paesi Bassi ha chiesto la condanna della Commissione e quest’ultima è rimasta soccombente. La Commissione deve quindi essere condannata alle spese.

78.

Ai sensi dell’articolo 140, paragrafo 1, del regolamento di procedura, gli Stati membri intervenuti nel procedimento sopportano le proprie spese. In conformità a tale disposizione, il Regno Unito sopporterà le proprie spese.

VII. Conclusione

79.

Alla luce delle considerazioni che precedono, suggerisco che la Corte di giustizia voglia:

1)

respingere il ricorso;

2)

condannare la Commissione europea alle spese;

3)

condannare il Regno Unito di Gran Bretagna e Irlanda del Nord a sopportare le proprie spese.


( 1 ) Lingua originale: l’inglese.

( 2 ) Decisione 91/482/CEE del Consiglio, del 25 luglio 1991, relativa all’associazione dei paesi e territori d’oltremare alla Comunità economica europea (GU 1991, L 263, pag. 1), (in prosieguo: la «decisione PTOM del 1991») e decisione 2001/822/CE del Consiglio, del 27 novembre 2001, relativa all’associazione dei paesi e territori d’oltremare alla Comunità europea (“Decisione sull’associazione d’oltremare"”) (GU 2001, L 314, pag. 1), (in prosieguo: la «decisione PTOM del 2001»).

( 3 ) Regolamento (CEE) n. 2913/92 del Consiglio, del 12 ottobre 1992, che istituisce un codice doganale comunitario (GU 1992, L 302, pag. 1).

( 4 ) Regolamento della Commissione, del 2 luglio 1993, che fissa talune disposizioni d’applicazione del regolamento n. 2913/92 del Consiglio che istituisce il codice doganale comunitario (GU 1993, L 253, pag. 1).

( 5 ) Regolamento del Consiglio, del 29 maggio 1989, recante applicazione della decisione 88/376/CEE, Euratom, relativa al sistema delle risorse proprie delle Comunità (GU 1989, L 155, pag. 1), come modificato dal regolamento (Euratom, CE) n. 1355/96, del Consiglio dell’8 luglio 1996 (GU 1996, L 175, pag. 3).

( 6 ) V., ad esempio, sentenza del 22 ottobre 2014, Commissione/Paesi Bassi (C‑252/13, EU:C:2014:2312, punti 3334 e giurisprudenza ivi citata).

( 7 ) V. paragrafi da 101 a 106 di dette conclusioni.

( 8 ) V., ad esempio, sentenze del 22 giugno 1993, Commissione/Danimarca (C‑243/89, EU:C:1993:257, punto 30); del 3 marzo 2005, Commissione/Germania (C‑414/03, EU:C:2005:134, punto 9); del 6 ottobre 2009, Commissione/Svezia (C‑438/07, EU:C:2009:613, punto 53); e del 16 gennaio 2014, Commissione/Spagna (C‑67/12, EU:C:2014:5, punto 30 e giurisprudenza ivi citata).

( 9 ) V. supra, paragrafi da 39 a 43 delle presenti conclusioni.

( 10 ) A ciò si potrebbe naturalmente rispondere che un siffatto obbligo è semplicemente impossibile, poiché nessun sistema è infallibile. Inoltre, la formula di «garantire che un sistema introdotto non produca errori e qualora ve ne fossero, ne sarebbe responsabile lo Stato membro» di fatto equivale a suggerire la responsabilità diretta e l’amministrazione diretta dei PTOM, che la Commissione ha affermato di non voler sostenere (v. supra, paragrafi da 41 a 42 e da 55 a 56 delle presenti conclusioni).

( 11 ) Per quanto riguarda la responsabilità extracontrattuale dell’Unione europea v., ad esempio, sentenza del 4 aprile 2017, Mediatore europeo/Staelen (C‑337/15 P, EU:C:2017:256, punto 37). Analogamente, per quanto riguarda gli Stati membri, una violazione sufficientemente qualificata implica una violazione grave e manifesta da parte dello Stato membro dei limiti posti al suo potere discrezionale». V., ad esempio, sentenza del 4 ottobre 2018, Kantarev (C‑571/16, EU:C:2018:807, punto 105).

( 12 ) Sentenze del 5 marzo 1996, Brasserie du pêcheur e Factortame (C‑46/93 e C‑48/93, EU:C:1996:79, punto 56), e del 26 marzo 1996, British Telecommunications (C‑392/93, EU:C:1996:131, punti da 42 a 45).

( 13 ) Citata supra ai paragrafi 14 e 15 delle presenti conclusioni.

( 14 ) L’articolo 4, paragrafo 2, TUE dispone l’obbligo dell’Unione di rispettare l’«identità nazionale insita nella loro struttura fondamentale, politica e costituzionale, compreso il sistema delle autonomie locali e regionali».

( 15 ) V., per quanto riguarda la decisione PTOM del 1991, articolo 12, paragrafo 6, dell’allegato II; v. anche articolo 108, paragrafo 1. Per quanto riguarda la decisione PTOM del 2001, v. articolo 15, paragrafo 5, e articolo 32 dell’allegato III.

( 16 ) Proposta di decisione del Consiglio relativa all’associazione dei paesi e territori d’oltremare all’Unione europea («Decisione sull’associazione d’oltremare») COM(2012) 362 final.

( 17 ) Documento del Consiglio 16832/13 ADD 1, del 19 dicembre 2013. Secondo quanto dichiarato dalla Commissione, la nuova norma sulla responsabilità finanziaria sarebbe una mera codificazione di un obbligo già esistente in virtù dei trattati. La Danimarca, i Paesi Bassi e il Regno Unito hanno fermamente contestato tale opinione.

( 18 ) Il Regno dei Paesi Bassi fa riferimento in proposito alla sentenza del 13 novembre 2014, Nencini/Parlamento (C‑447/13 P, EU:C:2014:2372, punti 38, 4748).

( 19 ) Regolamento n. 1605/2002 del Consiglio, del 25 giugno 2002, che stabilisce il regolamento finanziario applicabile al bilancio generale delle Comunità europee (GU 2002, L 248, pag. 1).

( 20 ) Citando la sentenza del 12 settembre 2000, Commissione/Francia (C‑276/97, EU:C:2000:424, punto 63).

( 21 ) Il che costituisce un ulteriore esempio dell’approccio generale, di tipo «combinatorio», alle norme applicabili provenienti da vari regimi che permea entrambi questi casi e che ho esaminato in dettaglio nelle mie conclusioni parallele nella causa C‑391/17, Commissione/Regno Unito, in particolare nei paragrafi da 38 a 42 e da 65 a 84.

( 22 ) V., ad esempio, sentenza del 6 maggio 2010, Commissione/Polonia (C‑311/09, non pubblicata, EU:C:2010:257, punto 19 e giurisprudenza ivi citata). V., su tale dibattito, le conclusioni dell’avvocato generale Alber nella causa Commissione/Regno Unito (C‑359/97, EU:C:2000:42, punto 96). Tuttavia, la durata eccessiva della fase precontenziosa del procedimento non deve violare i diritti di difesa dello Stato membro. V., in tal senso, sentenze del 16 maggio 1991, Commissione/Paesi Bassi (C‑96/89, EU:C:1991:213, punto 16), e del 12 settembre 2000, Commissione/Regno Unito (C‑359/97, EU:C:2000:426, punto 28).

( 23 ) V., ad esempio, sentenza del 5 ottobre 2006, Commissione/Paesi Bassi (C‑312/04, EU:C:2006:643, punto 32).

( 24 ) Ad esempio, per quanto riguarda la responsabilità dell’Unione, l’articolo 46 dello statuto della Corte di giustizia dell’Unione europea stabilisce una prescrizione quinquennale dal verificarsi del fatto da cui è scaturita responsabilità, che è interrotto sia dall’istanza presentata alla Corte, sia dalla richiesta che il danneggiato può rivolgere all’istituzione competente dell’Unione. Per quanto riguarda la responsabilità degli Stati membri, i termini imposti dal diritto nazionale per le domande relative ai debiti dello Stato sono ammessi se rispondono ai principi di equivalenza e di effettività. V., ad esempio, sentenza del 24 marzo 2009, Danske Slagterier (C‑445/06, EU:C:2009:178, punti da 31 a 35).

( 25 ) Sentenza del 15 novembre 2005, Commissione/Danimarca (C‑392/02, EU:C:2005:683, punto 66). V. anche sentenza del 17 luglio 2014, Commissione/Portogallo (C‑335/12, EU:C:2014:2084, punto 79).

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