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Document 62015CC0612

Conclusioni dell’avvocato generale Y. Bot, presentate il 4 aprile 2017.
Procedimento penale a carico di Nikolay Kolev e a.
Domanda di pronuncia pregiudiziale proposta dal Spetsializiran nakazatelen sad.
Rinvio pregiudiziale – Articolo 325 TFUE – Frode o altre attività illegali che ledono gli interessi finanziari dell’Unione europea in materia doganale – Effettività dell’azione penale – Archiviazione del procedimento penale – Termine ragionevole – Direttiva 2012/13/UE – Diritto dell’interessato di essere informato dell’accusa elevata a suo carico – Diritto di accesso alla documentazione relativa all’indagine – Direttiva 2013/48/UE – Diritto di avvalersi di un difensore.
Causa C-612/15.

Court reports – general

ECLI identifier: ECLI:EU:C:2017:257

CONCLUSIONI DELL’AVVOCATO GENERALE

YVES BOT

presentate il 4 aprile 2017 ( 1 )

Causa C‑612/15

Procedimento penale

contro

Nikolay Kolev,

Milko Hristov,

Stefan Kostadinov

[domanda di pronuncia pregiudiziale proposta dal Spetsializiran nakazatelen sad (tribunale speciale per i procedimenti penali, Bulgaria)]

«Rinvio pregiudiziale – Procedimento penale – Direttiva 2012/13/UE – Diritto dell’interessato di essere informato dell’accusa elevata a suo carico – Diritto di accesso ai documenti del procedimento – Direttiva 2013/48/UE – Diritto di avvalersi di un difensore – Frode che lede gli interessi finanziari dell’Unione europea – Illeciti penali – Sanzioni effettive e dissuasive – Termine di decadenza – Archiviazione del procedimento penale senza esame nel merito delle accuse – Diritto ad un equo processo – Diritto della difesa – Termine ragionevole»

1.

La presente causa offre alla Corte l’opportunità di pronunciarsi su nozioni fondamentali del diritto penale. Il Spetsializiran nakazatelen sad (tribunale speciale per i procedimenti penali, Bulgaria) richiede l’intervento della Corte affinché essa dichiari se il diritto dell’Unione debba essere interpretato nel senso che esso osta ad una normativa nazionale che impone al giudice, adito a tal fine dalla persona interessata, di archiviare il procedimento penale avviato contro quest’ultima se sono trascorsi più di due anni dall’inizio delle indagini preliminari, a prescindere dalla gravità della causa e dall’impossibilità di opporsi al deliberato ostruzionismo degli imputati. La Corte è chiamata a esaminare quali sarebbero, in tali circostanze, le conseguenze di un’eventuale incompatibilità di detta normativa nazionale con il diritto dell’Unione.

2.

Inoltre, il giudice del rinvio sottopone alla Corte numerose questioni relative al momento in cui l’imputato deve essere informato dell’accusa elevata a suo carico e al momento in cui quest’ultimo, o il suo avvocato, deve avere accesso ai documenti del procedimento. Infine, la Corte è chiamata a valutare se sia contraria al diritto dell’Unione una norma nazionale che prevede che l’avvocato che difende imputati portatori di interessi contrastanti nell’ambito di una medesima causa debba essere escluso e sostituito da un difensore d’ufficio.

I – Contesto normativo

A –   Diritto dell’Unione

1. Diritto primario

3.

L’articolo 325 TFUE dispone quanto segue:

«1.   L’Unione [europea] e gli Stati membri combattono contro la frode e le altre attività illegali che ledono gli interessi finanziari dell’Unione stessa mediante misure adottate a norma del presente articolo, che siano dissuasive e tali da permettere una protezione efficace negli Stati membri e nelle istituzioni, organi e organismi dell’Unione.

2.   Gli Stati membri adottano, per combattere contro la frode che lede gli interessi finanziari dell’Unione, le stesse misure che adottano per combattere contro la frode che lede i loro interessi finanziari.

(…)

4.   Il Parlamento europeo e il Consiglio, deliberando secondo la procedura legislativa ordinaria, previa consultazione della Corte dei conti, adottano le misure necessarie nei settori della prevenzione e lotta contro la frode che lede gli interessi finanziari dell’Unione, al fine di pervenire a una protezione efficace ed equivalente in tutti gli Stati membri e nelle istituzioni, organi e organismi dell’Unione.

(…)».

2. Diritto derivato

a) Il regolamento (CE) n. 450/2008

4.

In virtù dell’articolo 21, paragrafo 1, del regolamento (CE) n. 450/2008 del Parlamento europeo e del Consiglio, del 23 aprile 2008, che istituisce il codice doganale comunitario (codice doganale aggiornato) ( 2 ), «[c]iascuno Stato membro prevede sanzioni applicabili in caso di violazione della normativa doganale comunitaria. Tali sanzioni devono essere effettive, proporzionate e dissuasive».

b) La Convenzione PIF e il primo protocollo della convenzione PIF

5.

Ai sensi del preambolo della Convenzione elaborata in base all’articolo K.3 del Trattato sull’Unione europea, relativa alla tutela degli interessi finanziari delle Comunità europee, firmata a Lussemburgo il 26 luglio 1995 ( 3 ), le alte parti contraenti di tale Convenzione, Stati membri dell’Unione europea, sono convinte «che la tutela degli interessi finanziari delle Comunità europee esige che ogni condotta fraudolenta che leda tali interessi debba dar luogo ad azioni penali» ( 4 ) e «della necessità di rendere tali condotte passibili di sanzioni penali effettive, proporzionate e dissuasive, fatta salva l’applicazione di altre sanzioni in taluni casi opportuni, e di prevedere, almeno nei casi gravi, delle pene privative della libertà» ( 5 ).

6.

L’articolo 1, paragrafo 1, lettera b), primo trattino, e paragrafo 2, della Convenzione PIF prevede quanto segue:

«Ai fini della presente convenzione costituisce frode che lede gli interessi finanziari delle Comunità europee:

(…)

b)

in materia di entrate, qualsiasi azione od omissione intenzionale relativa:

all’utilizzo o alla presentazione di dichiarazioni o documenti falsi, inesatti o incompleti cui consegua la diminuzione illegittima di risorse del bilancio generale delle Comunità europee o dei bilanci gestiti dalle Comunità europee o per conto di esse;

(…)

2.   [C]iascuno Stato membro prende le misure necessarie e adeguate per recepire nel diritto penale interno le disposizioni del paragrafo 1 in modo tale che le condotte da esse considerate costituiscano un illecito penale».

7.

Ai sensi dell’articolo 2, paragrafo 1, di detta Convenzione:

«Ogni Stato membro prende le misure necessarie affinché le condotte di cui all’articolo 1, nonché la complicità, l’istigazione o il tentativo relativi alle condotte descritte all’articolo 1, paragrafo 1, siano passibili di sanzioni penali effettive, proporzionate e dissuasive che comprendano, almeno, nei casi di frode grave, pene privative della libertà che possano comportare l’estradizione, rimanendo inteso che dev’essere considerata frode grave qualsiasi frode riguardante un importo minimo da determinare in ciascuno Stato membro. Tale importo minimo non può essere superiore a 50000 [euro]».

8.

L’articolo 2 del protocollo della Convenzione relativa alla tutela degli interessi finanziari delle Comunità europee, stabilito in base all’articolo K.3 del Trattato sull’Unione europea ( 6 ) e intitolato «Corruzione passiva», così recita:

«1.   Ai fini del presente protocollo vi è corruzione passiva quando il funzionario deliberatamente, direttamente o tramite un terzo, sollecita o riceve vantaggi di qualsiasi natura, per sé o per un terzo, o ne accetta la promessa, per compiere o per omettere un atto proprio delle sue funzioni o nell’esercizio di queste, in modo contrario ai suoi doveri di ufficio, che leda o che potrebbe ledere gli interessi finanziari delle Comunità europee.

2.   Ciascuno Stato membro adotta le misure necessarie ad assicurare che le condotte di cui al paragrafo 1 costituiscano illeciti penali».

9.

L’articolo 3 del primo protocollo della Convenzione PIF, intitolato «Corruzione attiva», così recita:

«1.   Ai fini del presente protocollo vi è corruzione attiva quando una persona deliberatamente promette o dà, direttamente o tramite un terzo, un vantaggio di qualsiasi natura ad un funzionario, per il funzionario stesso o per un terzo, affinché questi compia o ometta un atto proprio delle sue funzioni o nell’esercizio di queste, in modo contrario ai suoi doveri d’ufficio, che leda o che potrebbe ledere gli interessi finanziari delle Comunità europee.

2.   Ciascuno Stato membro adotta le misure necessarie ad assicurare che le condotte di cui al paragrafo 1 costituiscano illeciti penali».

c) La direttiva 2012/13/UE

10.

Conformemente al suo articolo 1, la direttiva 2012/13/UE del Parlamento europeo e del Consiglio, del 22 maggio 2012, sul diritto all’informazione nei procedimenti penali ( 7 ), ha per oggetto di «[stabilire] norme relative al diritto all’informazione, delle persone indagate o imputate, sui diritti di cui godono nel procedimento penale e dell’accusa elevata a loro carico».

11.

Ai sensi dell’articolo 6 di tale direttiva:

«1.   Gli Stati membri assicurano che alle persone indagate o imputate siano fornite informazioni sul reato che le stesse sono sospettate o accusate di aver commesso. Tali informazioni sono fornite tempestivamente e con tutti i dettagli necessari, al fine di garantire l’equità del procedimento e l’esercizio effettivo dei diritti della difesa.

(…)

3.   Gli Stati membri garantiscono che, al più tardi al momento in cui il merito dell’accusa è sottoposto all’esame di un’autorità giudiziaria, siano fornite informazioni dettagliate sull’accusa, inclusa la natura e la qualificazione giuridica del reato, nonché la natura della partecipazione allo stesso dell’accusato.

4.   Gli Stati membri garantiscono che le persone indagate o imputate, siano tempestivamente informate di ogni eventuale modifica alle informazioni fornite a norma del presente articolo, ove ciò sia necessario per salvaguardare l’equità del procedimento».

12.

L’articolo 7 di detta direttiva così recita:

«1.   Qualora una persona sia arrestata e detenuta in una qualunque fase del procedimento penale, gli Stati membri provvedono affinché i documenti relativi al caso specifico, in possesso delle autorità competenti, che sono essenziali per impugnare effettivamente, conformemente al diritto nazionale, la legittimità dell’arresto o della detenzione, siano messi a disposizione delle persone arrestate o dei loro avvocati.

2.   Per garantire l’equità del procedimento e consentire la preparazione della difesa, gli Stati membri assicurano che a dette persone o ai loro avvocati venga garantito l’accesso almeno a tutto il materiale probatorio in possesso delle autorità competenti, sia esso a favore o contro l’indagato o imputato.

3.   Fatto salvo il paragrafo 1, l’accesso alla documentazione di cui al paragrafo 2 è concesso in tempo utile per consentire l’esercizio effettivo dei diritti della difesa e al più tardi nel momento in cui il merito dell’accusa è sottoposto all’esame di un’autorità giudiziaria. Qualora le autorità competenti entrino in possesso di ulteriore materiale probatorio, l’accesso a quest’ultimo è concesso in tempo utile per consentirne l’esame.

(…)».

d) La direttiva 2013/48/UE

13.

L’articolo 1 della direttiva 2013/48/UE del Parlamento europeo e del Consiglio, del 22 ottobre 2013, relativa al diritto di avvalersi di un difensore nel procedimento penale e nel procedimento di esecuzione del mandato di arresto europeo, al diritto di informare un terzo al momento della privazione della libertà personale e al diritto delle persone private della libertà personale di comunicare con terzi e con le autorità consolari ( 8 ), prevede quanto segue:

«La presente direttiva stabilisce norme minime relative al diritto di indagati e imputati in procedimenti penali e di persone oggetto di procedimento ai sensi della decisione quadro 2002/584/GAI (…), ad avvalersi di un difensore, al diritto di informare un terzo al momento della privazione della libertà personale e al diritto delle persone private della libertà personale di comunicare con terzi e con le autorità consolari».

14.

Ai sensi dell’articolo 3, paragrafo 1, della direttiva in parola:

«Gli Stati membri assicurano che gli indagati e imputati abbiano diritto di avvalersi di un difensore in tempi e secondo modalità tali da permettere agli interessati di esercitare i propri diritti di difesa in modo concreto ed effettivo».

B –   Procedimento penale bulgaro

15.

Nell’ambito delle indagini preliminari, il pubblico ministero riveste un ruolo determinante. Infatti, egli dirige l’indagine affidata agli organi inquirenti e decide da solo l’orientamento da dare a un procedimento.

16.

Per quanto riguarda l’indagine, in virtù dell’articolo 234 del Nakazatelno-protsesualen kodeks (codice di procedura penale; in prosieguo: il «NPK»), il pubblico ministero dispone di due mesi per effettuare indagini, termine che può essere prorogato una volta di quattro mesi dal responsabile amministrativo del pubblico ministero interessato e che, in casi eccezionali, può anche essere prorogato un numero illimitato di volte, per un periodo di tempo indeterminato, dal responsabile amministrativo della Procura Generale. A tale riguardo, il giudice del rinvio precisa che si fa ampiamente ricorso a quest’ultimo tipo di proroga in cause complesse, come quella principale.

17.

A norma degli articoli 219, 221 e 246 del NPK, se sono state raccolte prove sufficienti contro la persona indagata per aver commesso un reato, l’organo inquirente formula e firma un atto di accusa. Quest’ultimo è un atto scritto che deve rispettare condizioni ben determinate. In particolare, esso deve contenere un’esposizione dei fatti costituenti reato e la qualificazione giuridica di tali fatti. È proprio in questo momento, mediante la presentazione di detto atto, che all’indagato e al suo avvocato è contestata l’accusa. Essi devono, allora, prendere visione del contenuto dell’atto di accusa e firmarlo. In seguito, l’imputato è interrogato e può rendere le sue dichiarazioni oppure avvalersi del diritto di non rispondere e, così come il suo avvocato, può anche formulare domande.

18.

La comunicazione della documentazione relativa all’indagine è disciplinata dagli articoli da 226 a 230 del NPK. A tal fine, l’imputato e il suo avvocato hanno, su loro richiesta, accesso agli atti processuali. Se sono formulate domande, il pubblico ministero si pronuncia sul seguito da dare loro.

19.

Se è stata presentata la domanda di comunicazione della documentazione relativa all’indagine, l’imputato e il suo avvocato sono convocati almeno tre giorni prima di detta comunicazione. In caso di loro mancata comparizione il giorno della convocazione senza valido motivo, l’obbligo di comunicazione viene meno. All’atto della comunicazione, la persona che conduce l’indagine accorda all’imputato e al suo avvocato un congruo termine per poter prendere visione di tutta la documentazione riguardante tale indagine.

20.

Una volta effettuata la comunicazione della documentazione relativa all’indagine e, eventualmente, una volta adottate le decisioni in merito alle domande dell’imputato e del suo avvocato, l’indagine è conclusa.

21.

Inizia, quindi, un’altra fase con il deposito della requisitoria da parte del pubblico ministero, vale a dire la fase giurisdizionale. La requisitoria – che è, secondo il giudice del rinvio, «l’atto definitivo di precisazione dell’accusa» – formula in modo completo l’accusa esponendo i fatti e precisandone la qualificazione giuridica. Tale atto consta, in effetti, di due parti, una circostanziale, nella quale sono esposti i fatti, e l’altra conclusiva, nella quale viene indicata la loro qualificazione giuridica. La requisitoria, copia della quale è inviata successivamente all’imputato e al suo avvocato, è presentata in tribunale, che è tenuto, entro un termine di quindici giorni, a verificare se siano state commesse violazioni di forme sostanziali.

22.

A tale riguardo, l’articolo 348, paragrafo 3, punto 1, del NPK indica che una violazione di forme ha un carattere sostanziale se pregiudica in modo significativo un diritto processuale riconosciuto dalla legge. Detto articolo precisa che il carattere «sostanziale» della violazione di forme commessa viene meno solo se si sana la violazione.

23.

Il contenuto della requisitoria è sottoposto a rigorose condizioni formali. Costituiscono, dunque, violazioni sostanziali le contraddizioni tra la requisitoria e l’ultimo atto di accusa portato a conoscenza dell’imputato dall’organo inquirente. Costituisce altresì una violazione sostanziale una contraddizione presente nella medesima requisitoria. Pertanto, nel procedimento principale, è stata considerata violazione di forme sostanziali la circostanza che il pubblico ministero dichiari nella motivazione della sua requisitoria che i due imputati nel procedimento principale hanno espresso con delle smorfie del viso la loro delusione per l’irrisoria somma di denaro offerta come tangente, mentre, nella parte conclusiva di tale requisitoria, lo stesso indichi che gli imputati hanno espresso tale disappunto a parole.

24.

Anche la mancata comunicazione di detto atto di accusa redatto dall’organo inquirente è considerata una violazione di forme sostanziali, e non rilevano, al riguardo, i motivi di tale mancata comunicazione, anche qualora essa risulti per esempio da una deliberata volontà degli imputati di impedirla. Ricordiamo che tale comunicazione dev’essere effettuata obbligatoriamente dall’organo inquirente all’imputato in persona e al suo avvocato.

25.

Il giudice del rinvio precisa che, in tutte le cause penali in Bulgaria, la difesa prende visione del contenuto della requisitoria e, di conseguenza, delle informazioni relative all’accusa, dopo il deposito di questa in tribunale, ma prima dell’esame dell’accusa.

26.

Al contempo, gli articoli 368 e 369 del NPK prevedono che, se le indagini preliminari non si concludono entro un termine di due anni, l’imputato o gli imputati hanno il diritto di presentare una domanda al tribunale volta a far sì che quest’ultimo ingiunga al pubblico ministero di concludere, entro un termine di tre mesi, il procedimento preliminare con l’archiviazione o il rinvio a giudizio. Il pubblico ministero dispone di ulteriori quindici giorni per formulare la requisitoria. Se egli non conclude le indagini preliminari entro il termine assegnato, il tribunale avoca a sé la causa e archivia il procedimento penale.

27.

Per contro, se il pubblico ministero presenta una requisitoria in tribunale, quest’ultimo la esamina e verifica se il procedimento è stato condotto in modo regolare. In caso di violazioni di forme sostanziali, il tribunale rinvia, di nuovo, la causa al pubblico ministero che dispone di un termine di un mese per sanare tali violazioni. Se il pubblico ministero non porta la causa in tribunale entro detto termine o se la causa è sì portata in tribunale, ma quest’ultimo constata, nuovamente, una violazione di forme sostanziali, il procedimento penale è archiviato.

28.

L’archiviazione del procedimento penale è un atto definitivo, non impugnabile e la cui legittimità può essere verificata solo in casi eccezionali. Il pubblico ministero perde, dunque, ogni diritto a perseguire penalmente la persona indagata per aver commesso il reato.

29.

Per quanto riguarda il diritto di avvalersi di un difensore, l’articolo 91, paragrafo 3, e l’articolo 92 del NPK prevedono che il giudice deve escludere l’avvocato di un imputato che sia o sia stato il rappresentante di un altro imputato, qualora la difesa di uno dei due imputati contrasti con quella dell’altro. Conformemente a una costante giurisprudenza bulgara, sussiste un conflitto di interessi se uno degli imputati depone su fatti che pregiudicano gli interessi di un altro imputato, il quale, a sua volta, non abbia reso alcuna dichiarazione. In tal caso, dette persone non possono avere un medesimo avvocato. L’avvocato ha dunque l’obbligo di ritirarsi di propria iniziativa e, se non lo fa, il pubblico ministero o il tribunale devono escluderlo. In caso contrario, essi commettono una violazione di forme sostanziali che determina l’annullamento dell’atto del pubblico ministero o del tribunale.

II – Fatti

30.

I sigg. Nikolay Kolev e Stefan Kostadinov (in prosieguo: gli «imputati nel procedimento principale») sono accusati di aver partecipato, quando erano funzionari delle dogane a Svilengrad (Bulgaria) alla frontiera con la Turchia, a un’organizzazione criminale nel periodo compreso tra il 1o aprile 2011 e il 2 maggio 2012. Essi avrebbero, infatti, chiesto tangenti ai conducenti di veicoli commerciali e ai conducenti di veicoli speciali che attraversavano la frontiera dalla Turchia alla Bulgaria in cambio dell’omissione di controlli doganali e della mancata indicazione nei documenti ufficiali delle irregolarità rilevate. Alla fine del servizio, gli imputati nel procedimento principale si spartivano le somme così raccolte.

31.

Tutte le persone coinvolte in detta organizzazione criminale, ivi compresi gli imputati nel procedimento principale, sono state arrestate nella notte tra il 2 e il 3 maggio 2012. Immediatamente dopo la perquisizione all’atto dell’arresto, dette persone sono state accusate di partecipazione a un’organizzazione criminale e tre di loro, di cui uno degli imputati nel procedimento principale, sono state accusate di ricettazione della somma di denaro trovata sia nel loro luogo di lavoro sia su una di esse.

32.

Nei mesi di febbraio e di marzo 2013, sono stati precisati i capi d’accusa contro le otto persone coinvolte in detta organizzazione criminale e queste ultime ne sono state informate. Più esattamente, gli imputati nel procedimento principale, nonché i loro rappresentanti, sono stati informati di tali capi d’accusa, delle prove raccolte e di tutti gli altri documenti del procedimento il 21 marzo 2013. L’accusa contro il sig. Kolev è stata di nuovo ulteriormente precisata e quest’ultimo ne è stato informato il 17 luglio 2013.

33.

Quattro delle otto persone coinvolte nell’organizzazione criminale hanno concluso un accordo con il pubblico ministero per porre fine ai procedimenti relativi al capo d’accusa di partecipazione a un’organizzazione criminale. Per due volte, tale accordo è stato portato dinanzi al Spetsializiran nakazatelen sad (tribunale speciale per i procedimenti penali) per essere omologato e per due volte quest’ultimo ha respinto tale domanda in quanto gli atti di accusa non erano stati adottati dall’organo competente ed erano state commesse violazioni di forme. Il tribunale ha allora disposto il rinvio della causa al pubblico ministero competente affinché egli formulasse nuovamente i capi d’accusa.

34.

Il 7 novembre 2013, la causa è stata dunque assegnata alla Procura specializzata. I termini assegnati per l’indagine sono stati prorogati più volte. Pertanto, il pubblico ministero ha posto in essere atti d’ufficio, quali il rinvio della causa agli uffici investigativi con istruzioni o richieste di proroga dei termini per l’indagine e richieste di informazioni.

35.

Gli imputati nel procedimento principale, ritenendo che il termine assegnato dall’articolo 368, paragrafo 1, del NPK fosse scaduto, hanno avviato un procedimento ai sensi dell’articolo 369 del NPK. Il giudice ha constatato che il termine di due anni dall’inizio delle indagini preliminari era effettivamente scaduto e ha dunque rinviato la causa al pubblico ministero imponendogli di concludere la fase delle indagini preliminari entro un termine di tre mesi, in conformità all’articolo 369 del NPK, e di comunicare agli imputati nel procedimento principale i capi d’accusa nonché la documentazione relativa all’indagine. Detto termine è iniziato a decorrere dal 29 ottobre 2014 ed è scaduto il 29 gennaio 2015. È dunque a tale data che avrebbero dovuto concludersi tutti gli atti d’indagine, ivi compresa la formulazione dei capi d’accusa e la loro comunicazione agli imputati nel procedimento principale. Il pubblico ministero disponeva, poi, di quindici giorni per formulare una requisitoria e notificarla al tribunale.

36.

È stato impossibile comunicare, personalmente agli imputati e ai loro avvocati, i nuovi atti contenenti le imputazioni formulati a seguito della decisione del tribunale. Infatti, il sig. Kolev ha ricevuto in data 13 gennaio 2015 una convocazione a comparire il 19 gennaio 2015. Lo stesso giorno, il suo avvocato ha comunicato via fax che il sig. Kolev non poteva spostarsi per motivi di salute. Il sig. Kolev è stato nuovamente convocato, per telefono, a comparire il 22 gennaio 2015. Ciononostante, né lui né il suo avvocato si sono presentati, e quest’ultimo ha comunicato che il suo assistito era all’ospedale e che lui stesso era impossibilitato per motivi professionali. Il sig. Kolev è stato ancora una volta convocato a comparire il 27 e il 28 gennaio 2015, senza successo, poiché il suo avvocato ha comunicato che egli era ricoverato in ospedale. Ancora, essi sono stati convocati a comparire il 29 gennaio 2015, ma non si sono presentati; questa volta l’avvocato del sig. Kolev ha addotto come giustificazione il fatto di essere impegnato in un’altra causa. Il sig. Kolev, dunque, non è stato informato dei capi d’accusa a suo carico.

37.

Infine, per quanto riguarda il sig. Kostadinov, quest’ultimo non è stato trovato all’indirizzo indicato. Il suo avvocato ha dichiarato di non avere contatti con lui. Si è, dunque, deciso di costringerlo a comparire. Tuttavia, l’avvocato del sig. Kostadinov ha prodotto un certificato medico attestante il ricovero del suo assistito. Neanche il sig. Kostadinov, dunque, è stato informato dei capi d’accusa a suo carico.

38.

Pertanto, le indagini preliminari si sono concluse entro il termine fissato dal tribunale e il pubblico ministero ha formulato una requisitoria.

39.

Con ordinanza del 20 febbraio 2015, detto tribunale ha ritenuto che fossero state commesse talune violazioni di forme sostanziali durante le indagini preliminari. Infatti, da una parte, si era verificata una violazione di forme sostanziali perché l’ultimo atto di accusa non era stato comunicato agli imputati e ai loro avvocati. Dall’altra parte, si rilevava una contraddizione tra l’atto di accusa e la requisitoria nella misura in cui, dato che l’ultimo atto di accusa non era stato comunicato agli imputati nel procedimento principale, la requisitoria non poteva basarsi su di esso. Nella requisitoria avrebbe dovuto essere citato solo l’atto di accusa che era stato comunicato alle parti.

40.

Il tribunale ha ritenuto, altresì, che gli ostacoli incontrati nel comunicare i nuovi capi d’accusa ai sigg. Kolev e Kostadinov non giustificassero la violazione dei loro diritti processuali.

41.

Detto tribunale ha, dunque, assegnato un termine di un mese al pubblico ministero affinché sanasse tali violazioni, e, qualora egli non vi avesse provveduto, il procedimento penale contro gli imputati nel procedimento principale sarebbe stato archiviato. Pertanto, il 7 aprile 2015 la causa è stata rinviata al pubblico ministero e detto termine è scaduto il 7 maggio 2015.

42.

Tuttavia, il pubblico ministero non ha potuto comunicare i nuovi capi d’accusa e la documentazione relativa all’indagine agli imputati nel procedimento principale e ai loro avvocati, poiché, nello specifico, questi ultimi hanno invocato motivi medici e professionali per rifiutarsi di ricevere la relativa notifica.

43.

Pertanto, con ordinanza del 22 maggio 2015, il Spetsializiran nakazatelen sad (tribunale speciale per i procedimenti penali) ha constatato che il pubblico ministero non aveva sanato le violazioni di forme sostanziali e ne aveva commesse altre, ritenendo che i diritti processuali degli imputati nel procedimento principale fossero stati violati e che le contraddizioni presenti nella requisitoria non fossero state eliminate.

44.

Pur avendo tale tribunale avanzato l’ipotesi che gli imputati nel procedimento principale, nonché i loro avvocati, avessero abusato dei loro diritti al fine di provocare la scadenza dei termini per determinare l’archiviazione del procedimento penale avviato nei loro confronti, esso ha comunque constatato la sussistenza delle condizioni per l’archiviazione di tale procedimento. Ciononostante, il tribunale ha deciso non di concludere il procedimento penale, bensì di archiviare definitivamente la causa.

45.

Ritenendo che non vi fosse stata alcuna violazione di forme sostanziali, il pubblico ministero ha interposto appello avverso l’ordinanza del 22 maggio 2015.

46.

Con ordinanza del 12 ottobre 2015, il giudice dell’appello ha rinviato la causa al giudice del rinvio, vale a dire il Spetsializiran nakazatelen sad (tribunale speciale per i procedimenti penali), perché quest’ultimo avrebbe dovuto archiviare il procedimento penale avviato nei confronti degli imputati nel procedimento principale a norma degli articoli 368 e 369 del NPK.

47.

Per i motivi suesposti, il giudice del rinvio è stato indotto ad adire la Corte sollevando le questioni pregiudiziali di cui al seguente paragrafo.

III – Questioni pregiudiziali

48.

Nella controversia principale, il Spetsializiran nakazatelen sad (tribunale speciale per i procedimenti penali) ha deciso di sospendere il procedimento e di sottoporre alla Corte le seguenti questioni pregiudiziali:

«1)

Se una legge nazionale sia compatibile con l’obbligo di uno Stato membro di prevedere un’efficace repressione penale dei reati commessi da funzionari delle dogane, qualora, ai sensi di detta legge, il procedimento penale a carico di funzionari delle dogane per partecipazione ad un’organizzazione criminale finalizzata alla commissione di reati di corruzione nell’esercizio delle proprie funzioni (accettazione di tangenti per l’omissione di un controllo doganale), nonché per specifici fatti di corruzione e occultamento di tangenti ricevute, venga archiviato, senza che il giudice abbia esaminato nel merito le accuse formulate, nelle seguenti circostanze: a) sono trascorsi due anni dalla formulazione dell’accusa; b) l’indagato ha presentato un’istanza di conclusione delle indagini preliminari; c) il giudice ha assegnato al pubblico ministero un termine di tre mesi per la conclusione delle indagini preliminari; d) il pubblico ministero ha commesso, entro detto termine, “violazioni di forme sostanziali” (segnatamente: irregolare comunicazione dell’accusa precisata, mancata comunicazione della documentazione relativa all’indagine e contraddittorietà dell’atto di accusa); e) il giudice ha assegnato al pubblico ministero un ulteriore termine di un mese per porre rimedio a tali “violazioni di forme sostanziali”; f) il pubblico ministero non ha posto rimedio a siffatte “violazioni di forme sostanziali” entro detto termine – laddove il motivo della commissione di tali violazioni entro il primo termine di tre mesi e il non avervi posto rimedio entro l’ultimo termine di un mese deve essere imputato sia al pubblico ministero (mancata eliminazione delle contraddizioni presenti nell’atto di accusa; mancato compimento di atti concreti durante la maggior parte della durata dei termini), sia alla difesa (mancata cooperazione, contrariamente a quanto previsto, nella comunicazione dell’accusa e della documentazione relativa all’indagine da parte degli indagati, a causa della degenza in ospedale, e da parte degli avvocati, a causa di altri impegni professionali); e g) è sorto un diritto soggettivo dell’indagato all’archiviazione del procedimento penale a causa di una mancata eliminazione delle “violazioni di forme sostanziali” entro i termini all’uopo fissati.

2)

In caso di risposta negativa [alla prima] questione, quale parte della summenzionata disciplina normativa debba essere disapplicata dal giudice nazionale per garantire l’applicazione effettiva del diritto dell’Unione: a) l’archiviazione del procedimento penale alla scadenza del termine di un mese, oppure b) la qualificazione delle suddette irregolarità come “violazioni di forme sostanziali” o, ancora, c) la protezione del diritto soggettivo sorto in base alla prima questione, sub g) – ove ci sia la possibilità di sanare effettivamente tale violazione nell’ambito della fase giudiziale.

a)

Se la decisione relativa alla disapplicazione di una disposizione nazionale, la quale prevede l’archiviazione del procedimento penale, debba essere subordinata alla condizione che

i)

al pubblico ministero venga accordato un termine supplementare al fine di porre rimedio alla “violazione di forme sostanziali”, di una durata pari al termine durante il quale egli non era oggettivamente in condizione di farlo, in ragione di impedimenti imputabili alla difesa;

ii)

nel caso sub i), il giudice constati che tali impedimenti sono sorti a seguito di un “abuso del diritto”, e;

iii)

in caso di risposta negativa alla seconda questione, sub i), il giudice accerti che la normativa nazionale offre sufficienti garanzie per la conclusione delle indagini preliminari entro un termine adeguato.

b)

Se la decisione relativa alla disapplicazione della qualificazione delle suddette irregolarità come “violazione di forme sostanziali”, prevista dalla normativa nazionale, sia compatibile con il diritto dell’Unione, segnatamente:

i)

Se il diritto sancito dall’articolo 6, paragrafo 3, della direttiva 2012/13 sia sufficientemente garantito,

qualora le informazioni sull’accusa siano fornite dopo che il merito dell'accusa sia stato materialmente sottoposto all’autorità giudiziaria, ma prima del suo esame da parte di quest’ultima, nonché qualora siano state fornite alla difesa informazioni complete sugli elementi essenziali dell’accusa in un momento antecedente la sottoposizione del merito dell’accusa all’esame dell’autorità giudiziaria (ipotesi riguardante il sig. Milko Hristov),

in caso di risposta affermativa alla seconda questione, sub b), i), primo trattino, qualora tali informazioni siano fornite dopo che il merito dell'accusa è materialmente sottoposto all’esame di un’autorità giudiziaria, ma prima che quest’ultima l’abbia esaminato e siano state fornite alla difesa informazioni parziali sugli elementi essenziali dell’accusa in un momento antecedente la sottoposizione del merito dell’accusa all’esame dell’autorità giudiziaria, allorché il motivo per il quale siano state fornite solo informazioni parziali è da ricondurre a impedimenti causati dalla difesa (ipotesi riguardante i sigg. Kolev e Kostadinov),

qualora tali informazioni presentino contraddizioni in ordine alla concreta manifestazione della richiesta di tangenti (una volta si asserisce che un altro imputato avrebbe esplicitamente richiesto la tangente, mentre il sig. Hristov avrebbe espresso la sua insoddisfazione con una smorfia del viso, quando la persona sottoposta al controllo doganale avrebbe offerto una somma irrisoria, mentre in seguito si riferisce che il sig. Hristov avrebbe formulato nello specifico la richiesta di tangente).

ii)

Se il diritto di concedere alla difesa l’accesso alla documentazione “al più tardi nel momento in cui il merito dell’accusa è sottoposto all’esame di un’autorità giudiziaria”, sancito dall’articolo 7, paragrafo 3, della direttiva 2012/13, sia sufficientemente garantito qualora la difesa abbia avuto accesso alla parte essenziale dei documenti in un momento anteriore e gli sia stata concessa la facoltà di accesso ai documenti, ma non ne abbia fatto uso a causa di impedimenti (malattia, impegni professionali) e facendo valere la normativa nazionale, la quale prescrive una convocazione almeno tre giorni prima per l’accesso ai documenti. Se debba essere concessa una seconda opportunità dopo la cessazione degli impedimenti e con un termine di convocazione di almeno tre giorni. Se sia necessario verificare se i menzionati impedimenti siano oggettivamente sussistenti o costituiscano un abuso del diritto.

iii)

Se il requisito legale previsto dagli articoli 6, paragrafo 3, e 7, paragrafo 3, della direttiva 2012/13 [“al più tardi al momento in cui il merito dell’accusa è sottoposto all’esame di un’autorità giudiziaria” ovvero] “al più tardi nel momento in cui il merito dell’accusa è sottoposto all’esame di un’autorità giudiziaria” abbia il medesimo significato in entrambe le norme. Quale significato abbia tale requisito: prima che il merito dell’accusa sia materialmente sottoposto all’esame di un’autorità giudiziaria o al più tardi nel momento in cui esso è sottoposto a detto esame, oppure dopo che il merito dell’accusa sia sottoposto all’esame di un’autorità giudiziaria, ma prima che quest’ultima adotti provvedimenti per esaminare l’accusa.

iv)

Se il requisito legale della comunicazione alla difesa delle informazioni sull’accusa e dell’accesso alla documentazione relativa all’indagine in modo tale che possano essere garantiti “un esercizio effettivo dei diritti della difesa” e “l’equità del procedimento” ai sensi degli articoli 6, paragrafo 1, e 7, paragrafi 2 e 3, della direttiva 2012/13 abbia il medesimo significato in entrambe le norme. Se sia soddisfatto detto requisito,

qualora le informazioni dettagliate sull’accusa siano fornite alla difesa dopo che il merito dell’accusa sia stato sottoposto all’esame di un’autorità giudiziaria, ma comunque prima che siano adottati provvedimenti per il suo esame nel merito dell’accusa, e sia concesso alla difesa un termine sufficiente per prepararsi, laddove, in un momento anteriore, siano state fornite informazioni sull’accusa in maniera incompleta e parziale;

qualora la difesa ottenga l’accesso a tutta la documentazione dopo che il merito dell’accusa sia stato sottoposto all’esame di un’autorità giudiziaria, ma prima che siano adottati provvedimenti per l’esame nel merito dell’accusa, e le sia concesso un termine sufficiente per prepararsi, laddove, in un momento anteriore la difesa aveva ottenuto accesso a gran parte dei documenti del procedimento.

qualora il giudice adotti provvedimenti miranti a garantire alla difesa che tutte le dichiarazioni rese da quest’ultima dopo aver avuto cognizione del circostanziato atto di accusa e di tutti i documenti del procedimento produrrebbero lo stesso effetto che avrebbero avuto nel caso in cui fossero state rese al pubblico ministero prima che il merito dell’accusa sia stato sottoposto all’esame dell’autorità giudiziaria.

v)

Se si garantisca “l’equità del procedimento” ai sensi dell’articolo 6, paragrafi 1 e 4, nonché “un esercizio effettivo dei diritti della difesa”, conformemente all’articolo 6, paragrafo 1, della direttiva 2012/13, nel caso in cui il giudice decida di promuovere la fase giudiziale sulla base di un’accusa definitiva, la quale presenta una contraddizione in ordine alla manifestazione della richiesta di tangenti, ma successivamente metta il pubblico ministero in condizione di eliminare tale contraddizione, consentendo altresì alle parti di far valere in toto i diritti che avrebbero avuto qualora il merito dell’accusa fosse stato sottoposto all’esame dell’autorità giudiziaria in assenza di siffatte contraddizioni.

vi)

Se il diritto di avvalersi di un difensore sancito dall’articolo 3, paragrafo 1, della direttiva 2013/48, sia sufficientemente garantito nel caso in cui, nel corso delle indagini preliminari, l’avvocato sia stato messo in condizione di comparire al fine di essere informato sull’accusa provvisoria e di avere pieno accesso a tutti i documenti del procedimento, ma egli non sia comparso a causa di impegni professionali e facendo valere la normativa nazionale, la quale prevede un termine di convocazione di almeno tre giorni. Se debba essere concesso un nuovo termine con un preavviso di almeno tre giorni a seguito del venir meno di detti impegni. Se occorra verificare se il motivo per la mancata comparizione sia giustificato, ovvero se si configuri un abuso del diritto.

vii)

Se la violazione del diritto di avvalersi di un difensore nelle indagini preliminari sancito dall’articolo 3, paragrafo 1, della direttiva 2013/48, incida sul “concreto ed effettivo esercizio dei diritti di difesa”, qualora dopo che il merito dell’accusa è stato sottoposto all’esame dell’autorità giudiziaria, quest’ultima conceda all’avvocato pieno accesso all’atto di accusa definitivo e dettagliato, nonché a tutti i documenti del procedimento e in seguito adotti provvedimenti finalizzati a garantire all’avvocato che tutte le dichiarazioni da lui rese dopo aver avuto cognizione dell’atto di accusa dettagliato e di tutti i documenti del procedimento produrrebbero lo stesso effetto che avrebbero avuto qualora fossero state rese al pubblico ministero prima che il merito dell’accusa fosse stato sottoposto all’esame dell’autorità giudiziaria.

c)

Se il diritto soggettivo all’archiviazione del procedimento penale (alle condizioni descritte supra) sorto a favore dell’imputato sia compatibile con il diritto dell’Unione, sebbene sia possibile sanare in toto, attraverso provvedimenti del giudice nella fase giudiziale, la «violazione di forme sostanziali» cui il pubblico ministero non abbia posto rimedio, cosicché, in ultima analisi, la posizione giuridica dell’imputato sarebbe identica a quella che avrebbe avuto in caso di tempestiva eliminazione di detta violazione.

3)

Se possano essere applicate normative nazionali più favorevoli aventi ad oggetto il diritto dell’imputato alla trattazione della causa entro un termine ragionevole, il diritto di essere informati, nonché il diritto di avvalersi di un difensore, nel caso in cui esse, congiuntamente ad altri elementi (il procedimento descritto nella prima questione), possano portare all’archiviazione del procedimento penale.

4)

Se l’articolo 3, paragrafo 1, della direttiva 2013/48 debba essere interpretato nel senso che esso autorizza il giudice nazionale ad escludere dalla fase giudiziale un avvocato che abbia rappresentato due degli imputati, avendo uno di essi deposto su fatti che pregiudicano gli interessi dell’altro imputato, il quale a sua volta non abbia reso alcuna dichiarazione.

In caso di risposta affermativa, se il giudice garantisca il diritto di avvalersi di un difensore sancito dall’articolo 3, paragrafo 1, della direttiva 2013/48, qualora, dopo aver ammesso a partecipare alla fase giudiziale un avvocato che abbia rappresentato contemporaneamente due imputati portatori di interessi contrastanti, nomini nuovi e diversi difensori d’ufficio a ciascuno degli imputati».

IV – Analisi

49.

Prima di suggerire una riformulazione delle questioni pregiudiziali, desidero fare le seguenti due osservazioni.

50.

In primo luogo, per fugare ogni dubbio in ordine alla questione se nel procedimento principale si applichi il diritto dell’Unione, rammento che l’articolo 325 TFUE specifica che l’Unione e gli Stati membri combattono contro la frode e le altre attività illegali che ledono gli interessi finanziari dell’Unione stessa ( 9 ).

51.

A tale riguardo, l’articolo 1, paragrafo 1, lettera b), primo trattino, della Convenzione PIF prevede che costituisce una siffatta frode, in materia di entrate, qualsiasi azione od omissione intenzionale relativa all’utilizzo o alla presentazione di dichiarazioni o documenti falsi, inesatti o incompleti cui consegua la diminuzione illegittima di risorse del bilancio generale delle Comunità europee o dei bilanci gestiti dalle Comunità europee o per conto di esse. Ai sensi dell’articolo 1, paragrafo 2, della Convenzione in parola, tali condotte devono costituire nel diritto interno illeciti penali.

52.

L’articolo 2, paragrafo 1, di detta Convenzione specifica che ogni Stato membro prende le misure necessarie affinché le condotte di cui all’articolo 1 della medesima Convenzione, nonché la complicità, l’istigazione o il tentativo relativi alle condotte descritte nel citato articolo 1, paragrafo 1, siano passibili di sanzioni penali effettive, proporzionate e dissuasive. Inoltre, in virtù del primo protocollo della Convenzione PIF, anche la corruzione passiva, nonché la corruzione attiva ( 10 ) devono costituire illeciti penali nel diritto interno di ogni Stato membro.

53.

Nella fattispecie, gli imputati nel procedimento principale sono accusati di aver commesso atti di corruzione chiedendo tangenti ai conducenti di veicoli commerciali e speciali che attraversavano la frontiera esterna dell’Unione, nello specifico tra la Bulgaria e la Turchia, in cambio dell’omissione di controlli doganali. A norma dell’articolo 301 del NPK, detto reato è punito con sei anni di reclusione e un’ammenda di 5000 lev bulgari (BGN) (circa EUR 2500). Una siffatta condotta da parte degli imputati nel procedimento principale può aver leso gli interessi finanziari dell’Unione privando quest’ultima di una parte delle sue risorse proprie. Pertanto, non vi è alcun dubbio che nel procedimento principale si applichi il diritto dell’Unione.

54.

In secondo luogo, rileviamo che, con ordinanza del 28 settembre 2016, depositata presso la Corte il 25 ottobre 2016, il giudice del rinvio ha comunicato che il sig. Hristov, uno degli imputati, è deceduto il 9 settembre 2016 e quindi ha archiviato il procedimento penale avviato contro di lui. Pertanto, ritengo che le questioni riconducibili alla situazione del sig. Hristov non siano più rilevanti ai fini della risoluzione della controversia principale.

A –   Osservazioni preliminari

55.

Il giudice del rinvio sottopone alla Corte una ventina di questioni e sotto‑questioni che, a mio avviso, possono essere riunite in due grandi gruppi per essere esaminate.

56.

Infatti, la prima questione del giudice del rinvio è direttamente connessa allo svolgimento del procedimento penale, il cui eccessivo formalismo potrebbe, secondo lui, essere contrario al diritto dell’Unione. Pertanto, l’instaurazione del procedimento previsto dagli articoli 368 e 369 del NPK associata al rigoroso formalismo del diritto di essere informato dell’accusa elevata a suo carico e della comunicazione dei documenti del procedimento potrebbero condurre all’archiviazione del procedimento penale senza che le persone indagate per aver leso gli interessi finanziari dell’Unione siano perseguite.

57.

Tale gruppo di questioni, dunque, mi porta a esaminare, in primo luogo, se il diritto dell’Unione si opponga a disposizioni del diritto nazionale, quali gli articoli 368 e 369 del NPK, che, in caso di mancato rispetto di un termine di decadenza, impongono al giudice nazionale di porre termine al procedimento penale, anche se il ritardo è causato dal deliberato ostruzionismo dell’imputato. In tal caso, sarà opportuno determinare le conseguenze di una siffatta incompatibilità.

58.

In secondo luogo, con la sua seconda questione, sub b), il giudice del rinvio chiede, in sostanza, se l’articolo 6, paragrafo 3, della direttiva 2012/13 osti a una prassi nazionale, come quella rilevata nel procedimento principale, che prevede la trasmissione all’imputato delle informazioni sull’accusa dopo il deposito della requisitoria in tribunale, ma prima che quest’ultimo ne abbia iniziato l’esame. Lo stesso si chiede, altresì, se l’articolo 7, paragrafo 3, di detta direttiva osti alla medesima prassi nazionale secondo la quale la requisitoria definitiva viene trasmessa al giudice competente anche se la difesa, che ha avuto la possibilità di prendere visione dei documenti del procedimento, non si è avvalsa di tale diritto per impedimenti professionali o per motivi di salute dell’imputato.

59.

L’altro gruppo di questioni verte specificamente sulla direttiva 2013/48. Il giudice del rinvio desidera sapere, in sostanza, se l’articolo 3, paragrafo 1, di detta direttiva debba essere interpretato nel senso che esso osta a una normativa nazionale, come quella di cui trattasi nel procedimento principale, che prevede che il giudice nazionale sia tenuto a escludere dalla fase contenziosa l’avvocato di un imputato che sia o sia stato il rappresentante di un altro imputato, qualora la difesa di uno dei due contrasti con quella dell’altro. In caso affermativo, se tale articolo 3, paragrafo 1, debba essere interpretato nel senso che il diritto di avvalersi di un difensore è garantito se il giudice nomina nuovi difensori d’ufficio per rappresentare detti imputati.

60.

Nell’analisi che segue, esaminerò dunque per ordine dette questioni.

B –   Sulle questioni pregiudiziali

1. Sulla conformità del procedimento penale previsto dagli articoli 368 e 369 del NPK al diritto dell’Unione e sulle conseguenze della sua eventuale incompatibilità

61.

Con la prima e la terza questione, il giudice del rinvio si chiede, in realtà, se il diritto dell’Unione debba essere interpretato nel senso che esso osta a disposizioni del diritto nazionale, quali gli articoli 368 e 369 del NPK, che, in caso di mancato rispetto di un termine di decadenza, impongono al giudice nazionale di porre termine al procedimento penale, anche se il ritardo è causato dal deliberato ostruzionismo dell’imputato.

62.

Il termine di decadenza è definito come «il termine per agire in giudizio determinato dalla legge la cui decorrenza, a differenza della prescrizione, non può essere né sospesa né interrotta» ( 11 ).

63.

Il procedimento sottoposto alla Corte corrisponde esattamente a tale definizione. Le fattispecie dimostrano che ne consegue un rischio sistemico di impunità con riferimento agli illeciti che ledono gli interessi finanziari dell’Unione.

64.

Alla luce delle diverse dichiarazioni scritte e orali rese alla Corte, sembra che l’adozione da parte della Repubblica di Bulgaria di detta normativa sia la conseguenza di una volontà di combattere i ritardi procedurali che avevano condotto la Corte europea dei diritti dell’uomo a condannare più volte detto Stato membro per violazione del termine ragionevole ( 12 ).

65.

La questione sollevata nella presente causa è inversa, vale a dire se l’adozione di termini di decadenza nelle circostanze processuali descritte dal giudice del rinvio non conduca all’affermazione di una durata del procedimento altrettanto irragionevole perché troppo breve e perentoria determinando l’impunità.

66.

Infatti, la violazione del termine ragionevole è tradizionalmente invocata nell’ambito del rispetto dei diritti della difesa nel caso di un termine irragionevole perché troppo lungo. Nel presente caso, si tratta piuttosto di esaminarla sotto il profilo di un termine irragionevole, troppo breve, che non permette di dare agli atti commessi la sanzione normale che essi richiedono.

67.

Come rilevato nei paragrafi da 50 a 53 delle presenti conclusioni, siamo nel campo di applicazione del diritto dell’Unione e la questione qui sollevata riguarda, infatti, l’efficacia di tale diritto e segnatamente del diritto primario.

68.

Pertanto, la questione da sollevare legittimamente è se la normativa nazionale di cui trattasi sia adeguata a tale obbligo che discende dai Trattati e che impone agli Stati membri di lottare contro le attività illecite lesive degli interessi finanziari dell’Unione con misure dissuasive ed effettive e li obbliga ad adottare, per combattere la frode lesiva di tali interessi, le stesse misure che adottano per combattere la frode lesiva dei loro propri interessi finanziari ( 13 ).

69.

In quest’ottica, la Corte è tenuta ad analizzare il diritto nazionale se, nella fattispecie che è sottoposta al suo esame, dal momento che si applicano le stesse disposizioni sia nell’ambito del diritto nazionale che in quello del diritto dell’Unione, sia assolutamente soddisfatto il principio di equivalenza e se sia da questa equivalenza che deriva l’ineffettività.

70.

Gli atti lesivi degli interessi finanziari dell’Unione sono tutti illeciti per natura complessi e dunque difficili da accertare. Anche se le circostanze del procedimento principale sembrano relativamente semplici, tuttavia esse chiamano in causa più co-autori o complici e ciò crea difficoltà che richiedono più udienze e confronti.

71.

Inoltre, sarebbe incomprensibile che le indagini non tendessero ad accertare la rilevanza dell’attività illecita sotto il profilo della sua durata e del profitto che ha generato. Anche la ricerca di un successivo riciclaggio della somma sottratta sembra necessaria nella misura in cui la confisca dei beni acquisiti con il denaro ricavato dall’attività illecita è, in generale, l’unico mezzo per attenuare il pregiudizio arrecato.

72.

In una causa di questa natura, è appurato che i termini imposti all’indagine siano indiscutibilmente insufficienti. Infatti, il termine di base è di due mesi con possibili proroghe, ma entro un termine massimo di due anni, termine ultimo.

73.

Come allora immaginare, per esempio, che un’indagine possa sfociare in una causa di frode cosiddetta «carosello» sull’IVA che coinvolge società fittizie ripartite tra più paesi e richiede indagini tecniche, quali perizie contabili e il ricorso a misure di cooperazione giudiziaria e di polizia internazionali?

74.

Se a ciò si aggiunge che l’evidente malafede degli imputati e l’ostruzionismo dei loro avvocati – che il giudice del rinvio descrive come deliberato – sono sufficienti a bloccare totalmente il procedimento e a determinare l’estinzione dell’azione penale, pensiamo che il carattere sistemico dell’impotenza constatata sia ampiamente dimostrato. Tanto più che la descrizione da parte del giudice del rinvio delle diverse tappe di tale procedimento dimostra che non esistono mezzi per sottrarsi a detti termini imperativi e il tentativo che il giudice fece per trovarne è sfociato rapidamente in un fallimento, sanzionato dal giudice dell’appello ( 14 ).

75.

Non vi è, pertanto, altra soluzione se non quella di concludere che il giudice del rinvio deve disapplicare le disposizioni della legge nazionale che conducono a una siffatta situazione, poiché in tal caso non è possibile pervenire a un’interpretazione conforme, come riconosciuto dal medesimo giudice.

76.

Detta soluzione è, del resto, imposta da un principio generale del diritto dell’Unione, vale a dire il principio di proporzionalità.

77.

In quanto principio generale del diritto dell’Unione, esso è espresso oggi nell’articolo 5, paragrafi 1 e 4, TUE, nella sua versione conseguente al Trattato di Lisbona.

78.

L’articolo 5, paragrafo 1, TUE attribuisce a detto principio, unitamente al principio di sussidiarietà, un ruolo fondamentale che consiste nel disciplinare l’esercizio delle competenze dell’Unione la cui delimitazione è fissata, in applicazione della medesima disposizione, dal principio di attribuzione.

79.

L’Unione agisce, nei limiti delle sue competenze, solo per realizzare gli obiettivi stabiliti dai Trattati.

80.

A norma dell’articolo 5, paragrafo 4, TUE, l’Unione deve agire nell’osservanza del principio di proporzionalità che impone che tale azione non superi, né nel merito né nella forma, quanto necessario per realizzare gli obiettivi in questione.

81.

Peraltro, il principio di proporzionalità non ha lo scopo di indebolire o di paralizzare l’azione dell’Unione, anche se è molto spesso invocato per evitare l’applicazione di una norma o di un atto dell’Unione considerato lesivo del diritto nazionale.

82.

Detto principio vieta, certamente, di agire in modo sproporzionato rispetto a quanto necessario per conseguire lo scopo assegnato dall’Unione, ma non può impedire che, entro tale limite, sia fatto quanto necessario.

83.

Quindi, a titolo esemplificativo, anche se il considerando 11 della direttiva 2014/41/UE del Parlamento europeo e del Consiglio, del 3 aprile 2014, relativa all’ordine europeo di indagine penale ( 15 ), riconosce allo Stato di esecuzione la facoltà di sostituire all’atto di indagine richiesto un altro atto derivante dal suo diritto nazionale che sia meno intrusivo, esso impone tuttavia la condizione che l’atto nazionale in parola abbia la stessa efficacia.

84.

Tale confronto, a mio avviso, richiama un’altra osservazione, vale a dire se qui si tratti, per gli Stati membri, di assicurare, in tutto il territorio dell’Unione a norma del regolamento n. 450/2008 e nel territorio degli Stati membri firmatari della Convenzione PIF, una repressione uniforme degli atti che ledono gli interessi finanziari dell’Unione.

85.

Orbene, detti testi – e il regolamento n. 450/2008 innanzitutto – impongono agli Stati membri interessati di prevedere sanzioni penali proporzionate, dissuasive ed effettive. Pertanto, l’obbligo di effettività non può essere adempiuto in presenza di disposizioni procedurali che, in realtà, impediscono l’applicazione di tali sanzioni.

86.

Come precedentemente dimostrato, la disposizione nazionale di cui trattasi, per il suo carattere perentorio, non è evidentemente idonea allo scopo perseguito dai testi applicabili del diritto dell’Unione. Il principio di proporzionalità, in quanto principio generale, inoltre giustifica e, ove fosse necessario, offre una base giuridica alla decisione di disapplicare le disposizioni nazionali in discussione ( 16 ), indicando contestualmente con cosa sostituirle.

87.

Infatti, non può risultarne un eccesso in un altro senso. Principio generale del diritto, il principio di proporzionalità, riconosciuto dalla Carta dei diritti fondamentali dell’Unione europea, è anche una libertà fondamentale che deve applicarsi, qui, sotto un profilo complementare.

88.

Il giudice nazionale si ritrova vincolato, allora, dalla necessità di rispettare le norme relative al termine ragionevole, che è d’altronde una delle tante declinazioni del principio di proporzionalità, ma, questa volta, nella dimensione concreta di un’azione processuale.

89.

La ragionevolezza della durata del procedimento deve essere valutata alla luce delle circostanze proprie di ciascun caso di specie, quali la complessità della controversia e il comportamento delle parti ( 17 ). Anche la Corte europea dei diritti dell’uomo ha ripetutamente statuito che «la ragionevolezza della durata di un procedimento deve essere valutata alla luce delle circostanze del caso concreto e tenuto conto dei criteri elaborati dalla sua giurisprudenza, in particolare la complessità del caso, la condotta del ricorrente e la condotta delle competenti autorità (…)» ( 18 ).

90.

Pertanto, in mancanza di un termine di decadenza derivante dalla disapplicazione della normativa nazionale contraria al diritto dell’Unione, il giudice nazionale deve assicurarsi che le indagini preliminari del procedimento penale siano state condotte nel rispetto del termine ragionevole. Il giudice deve, come abbiamo visto in precedenza, valutare la proporzionalità alla luce delle circostanze proprie del caso di specie, quali la complessità della controversia, il comportamento delle parti e il comportamento delle autorità giudiziarie.

91.

A tale riguardo, per quanto attiene alla complessità della controversia principale, il giudice deve tener conto, a mio avviso, del fatto che l’indagine riguarda otto imputati, indagati per partecipazione a un’organizzazione criminale e che i fatti costitutivi del reato hanno avuto una durata superiore a un anno. Gli organi inquirenti devono, dunque, avere la possibilità di usufruire di un tempo sufficiente per raccogliere le prove necessarie, le testimonianze o ogni altro elemento utile. Peraltro, il comportamento degli imputati nel procedimento principale può anche essere un elemento che gioca a favore di un termine supplementare, nella misura in cui è indiscutibile che detti imputati abbiano volontariamente contribuito al mancato adempimento da parte del pubblico ministero degli obblighi che incombevano su di lui nell’ambito delle indagini preliminari del procedimento penale, nello specifico la comunicazione dell’accusa e della documentazione relativa all’indagine.

92.

Aggiungo che un termine per la fase istruttoria eccessivamente breve rischia di avere la conseguenza di concentrare l’indagine prima di tutto sugli elementi a carico a discapito di tutto quanto potrebbe costituire elemento a discarico o di natura tale, con la spiegazione dei motivi o dei comportamenti, da mitigare l’intensità della repressione, evitando in tal modo che l’intensità della pena sia sproporzionata rispetto al reato, così come raccomandato dall’articolo 49, paragrafo 3, della Carta dei diritti fondamentali con riferimento al principio di proporzionalità.

93.

Alla luce di tutti gli elementi sopra esposti, ritengo che l’articolo 325 TFUE, l’articolo 2, paragrafo 1, della Convenzione PIF nonché l’articolo 2, paragrafo 2, e l’articolo 3, paragrafo 2, del primo protocollo della Convenzione PIF debbano essere interpretati nel senso che essi ostano a disposizioni del diritto nazionale, quali gli articoli 368 e 369 del NPK, che, in caso di mancato rispetto di un termine di decadenza, impongono al giudice nazionale di porre termine al procedimento penale, anche se il ritardo è causato dal deliberato ostruzionismo dell’imputato. Spetta al giudice nazionale dare piena efficacia al diritto dell’Unione disapplicando, ove necessario, le disposizioni di diritto nazionale che hanno l’effetto di impedire allo Stato membro interessato di rispettare gli obblighi posti a suo carico da dette disposizioni.

2. Sul diritto di essere informato dell’accusa elevata a proprio carico e sul diritto di accesso ai documenti del procedimento

94.

Nell’ambito della seconda questione, sub b), il giudice del rinvio chiede, in sostanza, alla Corte se l’articolo 6, paragrafo 3, della direttiva 2012/13 osti a una prassi nazionale, come quella rilevata nel procedimento principale, che prevede la trasmissione all’imputato delle informazioni sull’accusa dopo il deposito della requisitoria in tribunale, ma prima che quest’ultimo ne abbia iniziato l’esame. Lo stesso si chiede, altresì, se l’articolo 7, paragrafo 3, di detta direttiva osti alla medesima prassi nazionale secondo la quale la requisitoria definitiva viene trasmessa al giudice competente anche se la difesa, che ha avuto la possibilità di prendere visione dei documenti del procedimento, non si è avvalsa di tale diritto per impedimenti professionali o per motivi di salute dell’imputato.

95.

La risposta a tale questione non può che essere, a mio avviso, negativa. A cosa servirebbe escludere il termine di decadenza e concedere al pubblico ministero termini supplementari, anche molto lunghi, se quest’ultimo non avesse la possibilità di superare l’ostruzionismo degli imputati?

96.

A mio avviso, proprio per opporsi a tale ostruzionismo, che impedirebbe di adire il giudice, si è affermata, almeno in parte, la prassi citata dal giudice del rinvio, prassi che deve essere avallata, con particolare riferimento al rispetto del principio di effettività.

97.

Inoltre, mi sembra che tale prassi garantisca il rispetto dei diritti della difesa, quali previsti in particolare dalla direttiva 2012/13.

98.

L’articolo 6, paragrafo 3, e l’articolo 7, paragrafo 3, della direttiva in parola non indicano in quale momento preciso del procedimento le informazioni sull’accusa elevata a suo carico e l’accesso ai documenti del procedimento debbano essere comunicati alla persona indagata per aver commesso un reato. Tali articoli si limitano, infatti, a indicare, rispettivamente, che le informazioni dettagliate sull’accusa devono essere comunicate «al più tardi al momento in cui il merito dell’accusa è sottoposto all’esame di un’autorità giudiziaria» e che l’accesso ai documenti del procedimento è «concesso in tempo utile per consentire l’esercizio effettivo dei diritti della difesa e al più tardi nel momento in cui il merito dell’accusa è sottoposto all’esame di un’autorità giudiziaria».

99.

L’atto di accusa, così come l’accesso ai documenti del procedimento, mira a informare in modo dettagliato l’indagato di quanto gli è contestato e a consentirgli di preparare ed esercitare in modo effettivo la propria difesa, condizioni queste di un equo processo ( 19 ).

100.

Occorre precisare che la versione francese dell’articolo 6, paragrafo 3, della direttiva 2012/13 è formulata, a nostro avviso, in modo equivoco. Infatti, a rigor di termini, sarebbe nel corso della delibera che il giudice esamina il merito dell’accusa. Tale disposizione deve dunque essere intesa nel senso che impone la comunicazione dei capi d’accusa, delle qualificazioni giuridiche considerate, degli elementi a carico e dei documenti al più tardi al momento dell’avvio del dibattimento dinanzi al giudice. Tale interpretazione non sembra, peraltro, confermata dalle versioni di tale direttiva nelle altre lingue ( 20 ).

101.

Per garantire la normale applicazione delle regole del giusto processo, è evidente che la comunicazione dev’essere accompagnata da un termine sufficiente affinché l’imputato possa preparare una difesa efficace, e tale necessità impone, se del caso, il rinvio della causa a tal fine.

102.

Quindi, per esempio, con riferimento alla comunicazione dei documenti del procedimento, rammento che quest’ultima, nello specifico, consente all’imputato e al suo avvocato di formulare domande molto circostanziate sulle prove o ancora di chiedere un supplemento di indagine. L’accesso a detti documenti deve dunque intervenire in un momento in cui consente all’imputato o al suo avvocato di preparare in modo utile ed effettivo la difesa e, in ogni caso, tale accesso non può avvenire nel momento in cui il giudice si ritira per deliberare. Se il tribunale constata che l’accesso è stato richiesto, ma che, per motivi indipendenti dalla loro volontà, l’imputato o il suo avvocato non hanno avuto la possibilità di prendere visione dei documenti del procedimento, ritengo che il giudice debba, anche in questo caso, sospendere il procedimento e permettere tale accesso lasciando all’imputato o al suo avvocato tempo sufficiente per prenderne visione e per formulare, se del caso, tutte le domande che hanno il diritto di formulare.

103.

Pertanto, alla luce degli elementi che precedono, sono dell’avviso che l’articolo 6, paragrafo 3, della direttiva 2012/13 debba essere interpretato nel senso che esso non osta a una prassi nazionale che prevede la trasmissione all’imputato delle informazioni sull’accusa dopo il deposito della requisitoria in tribunale, se lo svolgimento del procedimento durante il dibattimento consente all’imputato di conoscere e comprendere quanto gli è contestato e gli offre un tempo ragionevole per confutare gli elementi presi in considerazione contro di lui.

104.

Inoltre, ritengo che l’articolo 7, paragrafo 3, di detta direttiva debba essere interpretato nel senso che esso non osta a una prassi nazionale che prevede che l’accesso ai documenti del procedimento avvenga, su richiesta delle parti, al momento delle indagini preliminari prima della formulazione della requisitoria definitiva. In tal caso, è una semplice considerazione di ordine pratico a imporre la risposta. Un’altra soluzione presupporrebbe che il procedimento fosse eccessivamente subordinato alle esigenze dell’imputato o del suo avvocato con tutti i rischi di smarrimento o distruzione che ne conseguirebbero. Inoltre, trattandosi dei documenti del procedimento, questi possono essere molto voluminosi e, per esempio in questo tipo di attività criminali, includere l’acquisizione di dati contabili.

105.

Per contro, è importante al riguardo che il giudice nazionale si assicuri che l’imputato o il suo avvocato possano avere un accesso effettivo a tali documenti al fine di permettere loro di preparare in modo efficace la difesa di detto imputato.

3. Sul diritto di avvalersi di un difensore

106.

Con la quarta questione, il giudice del rinvio desidera sapere, in sostanza, se l’articolo 3, paragrafo 1, della direttiva 2013/48 debba essere interpretato nel senso che esso osta a una normativa nazionale, come quella di cui trattasi nel procedimento principale, che prevede che il giudice nazionale sia tenuto a escludere dalla fase contenziosa l’avvocato di un imputato che sia o sia stato il rappresentante di un altro imputato, qualora la difesa di uno dei due contrasti con quella dell’altro e che prevede che il giudice deve nominare nuovi difensori d’ufficio per rappresentare detti imputati.

107.

Occorre rilevare, innanzitutto, che, in virtù dell’articolo 15 della direttiva in parola, gli Stati membri mettono in vigore le disposizioni legislative, regolamentari e amministrative necessarie per conformarsi a detta direttiva entro il 27 novembre 2016. Alla data dei fatti della controversia principale, tale termine non era dunque scaduto. Tuttavia, sebbene una norma giuridica non si applichi alle situazioni giuridiche sorte e definitivamente acquisite in vigenza della vecchia legge, si applica agli effetti futuri delle medesime, nonché alle situazioni giuridiche nuove ( 21 ). Peraltro, la direttiva 2013/48 non contiene alcuna disposizione particolare che stabilisce in modo specifico le sue condizioni di applicazione nel tempo. Ne discende che detta direttiva è, a mio avviso, applicabile alle situazioni degli imputati nel procedimento principale.

108.

Rammento che l’articolo 3, paragrafo 1, della direttiva in parola così recita: «[g]li Stati membri assicurano che gli indagati e imputati abbiano diritto di avvalersi di un difensore in tempi e secondo modalità tali da permettere agli interessati di esercitare i propri diritti di difesa in modo concreto ed effettivo». Il diritto di avvalersi di un difensore è dunque un elemento essenziale del diritto a un equo processo ( 22 ).

109.

La direttiva 2013/48 si propone, in realtà, solo di stabilire norme minime relative al diritto di avvalersi di un difensore nei procedimenti penali ( 23 ). Nella misura in cui essa tace riguardo alla possibilità, per un giudice, di escludere dal procedimento penale l’avvocato difensore di clienti portatori di interessi contrastanti nell’ambito di una medesima causa, è semplicemente il diritto fondamentale di ognuno di beneficiare di una difesa obiettiva e senza concessioni né commistioni dei propri interessi a fornire qui la risposta.

110.

L’evidenza di detto principio dimostra che, al limite, non sia neanche necessario esplicitarlo in un testo. Nel caso in esame, pensiamo che la normativa nazionale che permette di escludere dal procedimento penale l’avvocato difensore di imputati portatori di interessi contrastanti nell’ambito di una medesima causa sia volta proprio a garantire tale diritto, nella misura in cui riscontriamo difficoltà a comprendere come un solo e medesimo avvocato possa difendere in modo completo ed efficace due imputati portatori di interessi divergenti, e ciò per di più in presenza, nella fattispecie, di dichiarazioni rese da uno dei due contro l’altro. In realtà, ciò equivarrebbe a privare puramente e semplicemente uno degli accusati, se non entrambi, del diritto fondamentale di essere assistito da un avvocato e a impedire loro di esercitare i propri diritti di difesa in modo concreto ed effettivo ( 24 ).

111.

Per quanto attiene alla nomina di un difensore d’ufficio quando il giudice esclude l’avvocato per conflitto di interessi, ritengo che anch’essa sia idonea a garantire il diritto di avvalersi di un difensore, come sopra descritto.

112.

Per contro, il giudice nazionale deve vigilare affinché il difensore d’ufficio possa disporre di tempo sufficiente per prendere visione del fascicolo e difendere il proprio cliente in modo efficace. Al riguardo, egli deve, ove necessario, sospendere il procedimento per consentire al difensore d’ufficio di chiedere, se del caso, eventuali atti processuali – come la comunicazione della documentazione relativa all’indagine o ancora una richiesta di perizia –, richiesta espressamente prevista dal diritto nazionale per preparare al meglio la difesa del proprio cliente.

113.

Alla luce di tutti gli elementi che precedono, ritengo che l’articolo 3, paragrafo 1, della direttiva 2013/48 debba essere interpretato nel senso che esso non osta a una normativa nazionale, come quella di cui trattasi nel procedimento principale, che prevede che il giudice nazionale sia tenuto a escludere dalla fase contenziosa l’avvocato di un imputato che sia o sia stato il rappresentante di un altro imputato, qualora la difesa di uno dei due contrasti con quella dell’altro e che prevede che tale giudice deve nominare nuovi difensori d’ufficio per rappresentare detti imputati.

V – Conclusione

114.

Alla luce di tutte le considerazioni che precedono, suggerisco alla Corte di rispondere al Spetsializiran nakazatelen sad (tribunale speciale per i procedimenti penali, Bulgaria) nei seguenti termini:

1)

L’articolo 325 TFUE, l’articolo 2, paragrafo 1, della Convenzione elaborata in base all’articolo K.3 del Trattato sull’Unione europea, relativa alla tutela degli interessi finanziari delle Comunità europee, firmata a Lussemburgo il 26 luglio 1995, nonché l’articolo 2, paragrafo 2, e l’articolo 3, paragrafo 2, del protocollo, stabilito in base all’articolo K.3 del Trattato sull’Unione europea, della Convenzione relativa alla tutela degli interessi finanziari delle Comunità europee, devono essere interpretati nel senso che essi ostano a disposizioni del diritto nazionale, quali gli articoli 368 e 369 del NPK, che, in caso di mancato rispetto di un termine di decadenza, impongono al giudice nazionale di porre termine al procedimento penale, anche se il ritardo è causato dal deliberato ostruzionismo dell’imputato. Spetta al giudice nazionale dare piena efficacia al diritto dell’Unione disapplicando, ove necessario, le disposizioni di diritto nazionale che hanno l’effetto di impedire allo Stato membro interessato di rispettare gli obblighi posti a suo carico da dette disposizioni.

2)

L’articolo 6, paragrafo 3, della direttiva 2012/13/UE del Parlamento europeo e del Consiglio, del 22 maggio 2012, sul diritto all’informazione nei procedimenti penali, deve essere interpretato nel senso che esso non osta a una prassi nazionale che prevede la trasmissione all’imputato delle informazioni sull’accusa dopo il deposito della requisitoria in tribunale, se lo svolgimento del procedimento durante il dibattimento consente all’imputato di conoscere e comprendere quanto gli è contestato e gli offre un tempo ragionevole per confutare gli elementi presi in considerazione contro di lui.

3)

L’articolo 7, paragrafo 3, della direttiva 2012/13 deve essere interpretato nel senso che esso non osta a una prassi nazionale che prevede che l’accesso ai documenti del procedimento avvenga, su richiesta delle parti, al momento delle indagini preliminari, prima della formulazione della requisitoria definitiva. Per contro, è importante al riguardo che il giudice nazionale si assicuri che l’imputato o il suo avvocato possano avere un accesso effettivo a tali documenti al fine di permettere loro di preparare in modo efficace la difesa di detto imputato.

4)

L’articolo 3, paragrafo 1, della direttiva 2013/48/UE del Parlamento europeo e del Consiglio, del 22 ottobre 2013, relativa al diritto di avvalersi di un difensore, deve essere interpretato nel senso che esso non osta a una normativa nazionale, come quella di cui trattasi nel procedimento principale, che prevede che il giudice nazionale sia tenuto a escludere dalla fase precontenziosa l’avvocato di un imputato che sia o sia stato il rappresentante di un altro imputato, qualora la difesa di uno dei due contrasti con quella dell’altro e che prevede che il giudice deve nominare nuovi difensori d’ufficio per rappresentare detti imputati.


( 1 ) Lingua originale: il francese.

( 2 ) GU 2008, L 145, pag. 1.

( 3 ) GU 1995, C 316, pag. 49; in prosieguo: la «Convenzione PIF».

( 4 ) Paragrafo 5 di tale preambolo.

( 5 ) Paragrafo 6 del citato preambolo.

( 6 ) GU 1996, C 313, pag. 2; in prosieguo: il «primo protocollo della Convenzione PIF».

( 7 ) GU 2012, L 142, pag. 1.

( 8 ) GU 2013, L 294, pag. 1.

( 9 ) V. sentenza dell’8 settembre 2015, Taricco e a. (C‑105/14, EU:C:2015:555, punto 37).

( 10 ) Per una definizione di tali due nozioni, rinvio ai paragrafi 8 e 9 delle presenti conclusioni.

( 11 ) V. Cornu, G., Vocabulaire juridique, Presses universitaires de France, Paris, 2011.

( 12 ) V., in particolare, Corte EDU, 10 maggio 2011, Dimitrov e Hamanov c. Bulgaria, CE:ECHR:2011:0510JUD004805906, nonché i paragrafi 34.1 e 37 della domanda di pronuncia pregiudiziale.

( 13 ) V. articolo 325 TFUE e sentenza dell’8 settembre 2015, Taricco e a. (C‑105/14, EU:C:2015:555, punto 37).

( 14 ) V. supra, paragrafi 44 e 46 delle presenti conclusioni.

( 15 ) GU 2014, L 130, pag. 1.

( 16 ) Conformemente a una costante giurisprudenza della Corte, il giudice del rinvio è tenuto a disapplicare, di propria autorità, le disposizioni nazionali contrarie al diritto dell’Unione, senza che debba chiedere o attendere la previa rimozione di dette disposizioni in via legislativa o mediante qualsiasi altro procedimento costituzionale. V., in tal senso, sentenza dell’8 settembre 2015, Taricco e a. (C‑105/14, EU:C:2015:555, punto 49 e giurisprudenza ivi citata).

( 17 ) V. sentenza del 16 luglio 2009, Der Grüne Punkt – Duales System Germania/Commissione (C‑385/07 P, EU:C:2009:456, punto 181).

( 18 ) V. Corte EDU, 24 luglio 2012, D.M.T. e D.K.I. c. Bulgaria, CE:ECHR:2012:0724JUD002947606, § 93.

( 19 ) V. considerando 27 e 28 della direttiva 2012/13.

( 20 ) In italiano, per esempio, tale disposizione è formulata come segue: «Gli Stati membri garantiscono che, al più tardi al momento in cui il merito dell’accusa è sottoposto all’esame di un’autorità giudiziaria, siano fornite informazioni dettagliate sull’accusa, inclusa la natura e la qualificazione giuridica del reato, nonché la natura della partecipazione allo stesso dell’accusato». In inglese, essa prevede quanto segue: «Member States shall ensure that, at the latest on submission of the merits of the accusation to a court, detailed information is provided on the accusation, including the nature and legal classification of the criminal offence, as well as the nature of participation by the accused person».

( 21 ) V. sentenza del 7 novembre 2013, Gemeinde Altrip e a. (C‑72/12, EU:C:2013:712, punto 22).

( 22 ) V. considerando 12 della direttiva 2013/48.

( 23 ) V. articolo 1 di detta direttiva.

( 24 ) V. articolo 3, paragrafo 1, della direttiva 2013/48. V., altresì, articolo 1 di quest’ultima.

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