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Document 62014CJ0227

Sentenza della Corte (Ottava Sezione) del 23 aprile 2015.
LG Display Co. Ltd e LG Display Taiwan Co., Ltd contro Commissione europea.
Impugnazione – Concorrenza – Intese – Articoli 101 TFUE e 53 dell’accordo SEE – Mercato mondiale degli schermi a cristalli liquidi (LCD) – Fissazione dei prezzi – Ammende – Orientamenti per il calcolo delle ammende (2006) – Punto 13 – Determinazione del valore delle vendite – Impresa comune – Presa in considerazione delle vendite alle società controllanti – Comunicazione relativa all’immunità dalle ammende e alla riduzione dell’importo delle ammende nei casi di cartelli tra imprese (2002) – Punto 23, lettera b), ultimo comma – Immunità parziale dalle ammende – Elementi di prova relativi a fatti in precedenza ignorati dalla Commissione.
Causa C-227/14 P.

Court reports – general

ECLI identifier: ECLI:EU:C:2015:258

SENTENZA DELLA CORTE (Ottava Sezione)

23 aprile 2015 ( *1 )

«Impugnazione — Concorrenza — Intese — Articoli 101 TFUE e 53 dell’accordo SEE — Mercato mondiale degli schermi a cristalli liquidi (LCD) — Fissazione dei prezzi — Ammende — Orientamenti per il calcolo delle ammende (2006) — Punto 13 — Determinazione del valore delle vendite — Impresa comune — Presa in considerazione delle vendite alle società controllanti — Comunicazione relativa all’immunità dalle ammende e alla riduzione dell’importo delle ammende nei casi di cartelli tra imprese (2002) — Punto 23, lettera b), ultimo comma — Immunità parziale dalle ammende — Elementi di prova relativi a fatti in precedenza ignorati dalla Commissione»

Nella causa C‑227/14 P,

avente ad oggetto l’impugnazione, ai sensi dell’articolo 56 dello Statuto della Corte di giustizia dell’Unione europea, proposta il 7 maggio 2014,

LG Display Co. Ltd, con sede a Seoul (Corea del Sud),

LG Display Taiwan Co. Ltd, con sede a Taipei (Taiwan),

rappresentate da A. Winckler e F.‑C. Laprévote, avocats,

ricorrenti,

procedimento in cui l’altra parte è:

Commissione europea, rappresentata da F. Ronkes Agerbeek e P. Van Nuffel, in qualità di agenti, con domicilio eletto in Lussemburgo,

convenuta in primo grado,

LA CORTE (Ottava Sezione),

composta da A. Ó Caoimh (relatore), presidente di sezione, C. Toader e C.G. Fernlund, giudici,

avvocato generale: M. Wathelet

cancelliere: I. Illéssy, amministratore

vista la fase scritta del procedimento e in seguito all’udienza del 26 gennaio 2015,

vista la decisione, adottata dopo aver sentito l’avvocato generale, di giudicare la causa senza conclusioni,

ha pronunciato la seguente

Sentenza

1

Con la loro impugnazione, la LG Display Co. Ltd (in prosieguo: la «LGD») e la LG Display Taiwan Co. Ltd (in prosieguo: la «LGDT») chiedono l’annullamento parziale della sentenza del Tribunale dell’Unione europea LG Display e LG Display Taiwan/Commissione (T‑128/11, EU:T:2014:88, in prosieguo: la «sentenza impugnata»), con cui quest’ultimo, da un lato, ha riformato la decisione C (2010) 8761 definitivo della Commissione, dell’8 dicembre 2010, relativa a un procedimento a norma dell’articolo 101 [TFUE] e dell’articolo 53 dell’accordo sullo Spazio economico europeo (Caso COMP/39.309 – LCD), una sintesi della quale è stata pubblicata nella Gazzetta ufficiale dell’Unione europea del 7 ottobre 2011 (GU C 295, pag. 8, in prosieguo: la «decisione controversa»), fissando in EUR 210000000 l’importo dell’ammenda loro inflitta in solido all’articolo 2 di tale decisione e, dall’altro lato, ha respinto quanto al resto il loro ricorso volto all’annullamento parziale di detta decisione, nella parte che le riguarda, nonché alla riduzione dell’importo di tale ammenda.

Contesto normativo

2

Il regolamento (CE) n. 1/2003 del Consiglio, del 16 dicembre 2002, concernente l’applicazione delle regole di concorrenza di cui agli articoli [101 TFUE] e [102 TFUE] (GU 2003, L 1, pag. 1), all’articolo 23, paragrafi 2 e 3, così dispone:

«2.   La Commissione può, mediante decisione, infliggere ammende alle imprese ed alle associazioni di imprese quando, intenzionalmente o per negligenza:

a)

commettono un’infrazione alle disposizioni dell’articolo [101 TFUE] o dell’articolo [102 TFUE] (…)

(…)

Per ciascuna impresa o associazione di imprese partecipanti all’infrazione, l’ammenda non deve superare il 10% del fatturato totale realizzato durante l’esercizio sociale precedente.

(…)

3.   Per determinare l’ammontare dell’ammenda occorre tener conto, oltre che della gravità dell’infrazione, anche della sua durata».

3

Ai sensi dell’articolo 31 di tale regolamento:

«La Corte di giustizia ha competenza giurisdizionale anche di merito per decidere sui ricorsi presentati avverso le decisioni con le quali la Commissione irroga un’ammenda o una penalità di mora. Essa può estinguere, ridurre o aumentare l’ammenda o la penalità di mora irrogata».

4

Il punto 6 degli orientamenti per il calcolo delle ammende inflitte in applicazione dell’articolo 23, paragrafo 2, lettera a), del regolamento n. 1/2003 (GU 2006, C 210, pag. 2, in prosieguo: gli «orientamenti per il calcolo delle ammende») così dispone:

«[l]a combinazione della durata [dell’infrazione] e del valore delle vendite a cui l’infrazione si riferisce è considerata un parametro adeguato per esprimere l’importanza economica dell’infrazione nonché il peso relativo di ciascuna impresa che vi ha partecipato (…)».

5

Sotto la rubrica «Importo di base dell’ammenda», il punto 13 di tali orientamenti enuncia quanto segue:

«Al fine di determinare l’importo di base dell’ammenda da infliggere, la Commissione utilizzerà il valore delle vendite dei beni o servizi, ai quali l’infrazione direttamente o indirettamente si riferisce (…), realizzate dall’impresa nell’area geografica interessata all’interno dello Spazio economico europeo (SEE). (…)».

6

Il punto 23, lettera b), della comunicazione della Commissione relativa all’immunità dalle ammende e alla riduzione dell’importo delle ammende nei casi di cartelli tra imprese (GU 2002, C 45, pag. 3; in prosieguo: la «comunicazione sul trattamento favorevole») prevede le diverse riduzioni delle ammende di cui possono beneficiare le imprese a seconda dell’ordine in cui esse hanno fornito le informazioni. L’ultimo comma di tale disposizione è formulato come segue:

«Inoltre, se un’impresa fornisce elementi di prova relativi a fatti in precedenza ignorati dalla Commissione che hanno un’incidenza diretta sulla gravità o la durata della presunta intesa, la Commissione non terrà conto di questi elementi nel determinare l’importo di eventuali ammende da infliggere all’impresa che li ha forniti».

Fatti e decisione controversa

7

I fatti e la decisione controversa, quali risultano dai punti da 1 a 31 della sentenza impugnata, possono essere riassunti come segue.

8

La LGD è una società di diritto coreano che controlla un gruppo di società stabilite in tutto il mondo e attive nella produzione di schermi a cristalli liquidi a matrice attiva (in prosieguo: gli «LCD»). La LGD è stata creata il 26 luglio 1999, mediante un accordo di impresa comune stipulato tra la LG Electronics Inc., società di diritto coreano (in prosieguo: la «LGE»), e la Koninklijke Philips Electronics NV (in prosieguo: la «Philips»), società di diritto dei Paesi Bassi. Nel periodo tra il 26 luglio 1999 ed il 23 luglio 2004, la LGE e la Philips detenevano ciascuna il 50% del capitale della LGD. In seguito, le loro rispettive partecipazioni sono scese al 37,9% e al 32,87% di tale capitale.

9

La LGDT è una società di diritto taiwanese, controllata al 100% dalla LGD, attiva nella produzione e nella fornitura di LCD.

10

Nella primavera del 2006, la Samsung Electronics Co. Ltd (in prosieguo: la «Samsung»), società di diritto coreano, ha presentato alla Commissione una richiesta volta ad ottenere un’immunità dalle ammende, ai sensi della comunicazione sul trattamento favorevole. In quella sede, la Samsung ha denunciato l’esistenza di un’intesa tra varie imprese, fra cui la LGD e la LGDT, riguardante alcuni tipi di LCD.

11

Il 17 luglio 2006, la LGD ha anch’essa presentato alla Commissione una richiesta d’immunità dalle ammende, ai sensi di tale comunicazione.

12

Il 23 novembre 2006, la Commissione ha concesso alla Samsung l’immunità condizionale, ai sensi del punto 15 di detta comunicazione, mentre ha rifiutato tale immunità alla LGD.

13

Il 27 maggio 2009, la Commissione ha avviato il procedimento amministrativo ed ha emesso una comunicazione degli addebiti nei confronti di sedici società, tra cui le ricorrenti, nonché la LGE e la Philips. Tale comunicazione degli addebiti spiegava, in particolare, le ragioni per le quali, in applicazione della giurisprudenza del Tribunale, queste ultime dovevano essere ritenute solidalmente responsabili per le infrazioni commesse dalla LGD.

14

Entro il termine previsto, i destinatari della comunicazione degli addebiti hanno reso noto alla Commissione, per iscritto, il loro punto di vista sulle obiezioni sollevate nei loro confronti. Peraltro, molti di tali destinatari, fra cui le ricorrenti, hanno esercitato il loro diritto di essere sentiti oralmente, durante l’audizione tenutasi il 22 e il 23 settembre 2009.

15

Il 1o febbraio 2010, la LGD ha presentato una domanda, fondata sul punto 23, lettera b), ultimo comma, della comunicazione sul trattamento favorevole, con la quale richiedeva l’immunità parziale per la sua partecipazione all’intesa durante gli anni 2005 e 2006.

16

Con richiesta di informazioni del 4 marzo 2010 e con lettera integrativa di quest’ultima del 6 aprile 2010, le parti sono state, in particolare, invitate a comunicare alla Commissione i dati relativi al valore delle vendite che sarebbero state prese in considerazione ai fini del calcolo dell’importo di base delle ammende e a presentare le loro osservazioni su tale questione. La LGD ha fornito i dati che la riguardavano con lettera del 21 aprile 2010.

17

L’8 dicembre 2010 la Commissione ha adottato la decisione controversa. Tale decisione è rivolta a sei delle sedici società destinatarie della comunicazione degli addebiti, fra cui le ricorrenti e la Samsung. Per contro, la LGE e la Philips non erano più coinvolte.

18

Nella decisione controversa, la Commissione ha constatato l’esistenza di un’intesa tra sei grandi produttori internazionali di LCD, tra cui le ricorrenti e la Samsung, riguardante le due categorie di LCD di dimensioni pari o superiori a dodici pollici, che sono, da un lato, gli LCD per le tecnologie dell’informazione, come quelli per i computer portatili compatti e i monitor per i computer, e, dall’altro lato, gli LCD per i televisori (in prosieguo, congiuntamente: gli «LCD oggetto del cartello»).

19

Secondo la decisione controversa, tale intesa ha assunto la forma di un’infrazione unica e continuata all’articolo 101 TFUE e all’articolo 53 dell’accordo sullo Spazio economico europeo, del 2 maggio 1992 (GU 1994, L 1, pag. 3; in prosieguo: l’«accordo SEE»), che si è protratta quantomeno tra il 5 ottobre 2001 e il 1o febbraio 2006. Durante tale periodo, i partecipanti all’intesa hanno tenuto numerose riunioni multilaterali, da essi chiamate «riunioni Cristallo». Tali riunioni avevano un oggetto chiaramente anticoncorrenziale, poiché per i partecipanti rappresentavano segnatamente l’occasione per fissare prezzi minimi per gli LCD oggetto del cartello, per discutere delle loro proiezioni di prezzo al fine di evitarne la diminuzione e per coordinare gli aumenti di prezzi nonché i livelli di produzione. Nel periodo dell’infrazione, tra i partecipanti all’intesa sono anche intercorsi incontri bilaterali e si sono tenuti frequenti scambi di informazioni sui temi trattati durante le «riunioni Cristallo». Essi hanno inoltre preso provvedimenti per verificare se le decisioni adottate durante tali riunioni fossero applicate.

20

Per la fissazione delle ammende irrogate dalla decisione controversa, la Commissione si è avvalsa degli orientamenti per il calcolo delle ammende. In applicazione di tali orientamenti, la Commissione ha determinato il valore delle vendite degli LCD oggetto del cartello direttamente od indirettamente interessate dall’infrazione. A tal fine, essa ha individuato le tre seguenti categorie di vendite effettuate dai partecipanti all’intesa:

la categoria delle «vendite SEE dirette», che comprende le vendite di LCD oggetto del cartello a un’altra impresa all’interno del SEE;

la categoria delle «vendite SEE dirette tramite prodotti trasformati», che comprende le vendite di LCD oggetto del cartello integrati, all’interno del gruppo cui appartiene il produttore, in prodotti finiti venduti a un’altra impresa all’interno del SEE, e

la categoria delle «vendite indirette», che comprende le vendite di LCD oggetto del cartello a un’altra impresa situata al di fuori del SEE, la quale successivamente incorpora tali LCD nei prodotti finiti da essa venduti nel SEE.

21

Tuttavia, la Commissione ha ritenuto di potersi limitare a prendere in considerazione le prime due categorie precedentemente menzionate, in quanto l’inclusione della terza categoria non era necessaria affinché le ammende inflitte potessero raggiungere un sufficiente livello dissuasivo.

22

Per quanto riguarda le ricorrenti, nonostante le obiezioni delle medesime, la Commissione ha ritenuto che il valore delle vendite pertinenti dovesse essere calcolato tenendo altresì conto delle loro vendite alla LGE e alla Philips. Infatti, da un lato, le vendite degli LCD oggetto del cartello a queste ultime società sarebbero state, anch’esse, oggetto delle discussioni tra i partecipanti all’intesa di cui trattasi e, dall’altro, il prezzo di tali vendite sarebbe stato influenzato dalle circostanze che caratterizzavano il mercato, ossia l’esistenza di prezzi fissati in base al cartello.

23

La Commissione ha inoltre tenuto conto, per la determinazione dell’importo delle ammende, della comunicazione sul trattamento favorevole. A tale riguardo, essa ha innanzitutto confermato l’immunità totale concessa alla Samsung. Successivamente, essa ha ridotto del 50% l’importo dell’ammenda da infliggere alle ricorrenti, in ragione degli elementi di prova che queste avevano fornito e che costituivano un valore aggiunto significativo rispetto a quelli di cui la Commissione già disponeva, ai sensi dei punti 21 e 23, lettera b), primo trattino, di tale comunicazione. Infine, essa ha accolto la richiesta di immunità parziale dalle ammende presentata dalle ricorrenti, ma unicamente per quanto riguardava l’anno 2006. Infatti, secondo la Commissione, era soltanto rispetto a tale ultimo anno che le informazioni fornite dalle ricorrenti costituivano elementi di prova relativi a fatti da essa in precedenza ignorati. Per contro, riguardo al 2005, le informazioni fornite dalle ricorrenti si aggiungevano a quelle che la Commissione aveva già ricevuto dalla Samsung e non riguardavano, pertanto, fatti che tale istituzione ignorava in precedenza.

24

Tenendo conto, in particolare, di tali considerazioni, la Commissione, all’articolo 2 della decisione controversa, ha condannato in solido le ricorrenti al pagamento di un’ammenda di EUR 215000000.

La sentenza impugnata

25

Con atto introduttivo depositato presso la cancelleria del Tribunale il 23 febbraio 2011, le ricorrenti hanno proposto dinanzi al medesimo un ricorso diretto all’annullamento parziale della decisione controversa ed alla riduzione dell’importo dell’ammenda che era stata loro inflitta da tale decisione.

26

A sostegno della loro domanda, le ricorrenti hanno dedotto quattro motivi. Il primo di tali motivi verteva sul fatto che la Commissione avrebbe, a torto e in violazione dei loro diritti della difesa, incluso le loro vendite interne nel calcolo dell’importo dell’ammenda ed il secondo di essi verteva sul fatto che la Commissione avrebbe, a torto, rifiutato di concedere loro un’immunità dalle ammende per il 2005 e che essa non avrebbe tratto le dovute conseguenze dall’immunità parziale che ha riconosciuto loro per il mese di gennaio 2006.

27

Nella sentenza impugnata, il Tribunale ha parzialmente accolto tale ultimo motivo, dichiarando che la Commissione aveva tenuto conto, a torto, del mese di gennaio 2006 nel valore delle vendite delle ricorrenti ai fini del calcolo dell’importo dell’ammenda che doveva essere loro inflitta. Di conseguenza, nell’esercizio della propria competenza estesa al merito, ha ridotto tale importo a EUR 210000000. Il Tribunale ha respinto il ricorso quanto al resto.

Conclusioni delle parti e procedimento dinanzi alla Corte

28

Con la loro impugnazione, le ricorrenti chiedono che la Corte voglia:

annullare parzialmente la sentenza impugnata, nella parte in cui ha respinto il loro ricorso di annullamento parziale della decisione controversa;

annullare parzialmente la decisione controversa e, nell’esercizio della sua competenza estesa al merito, ridurre l’importo dell’ammenda che è stata loro inflitta, e

condannare la Commissione alle spese sostenute sia dinanzi alla Corte sia dinanzi al Tribunale.

29

La Commissione chiede il rigetto dell’impugnazione e la condanna delle ricorrenti alle spese.

Sull’impugnazione

30

A sostegno della loro impugnazione, le ricorrenti deducono due motivi. Il primo motivo verte sull’errore di diritto del Tribunale, sulla violazione da parte di quest’ultimo del suo obbligo di motivazione e dei diritti della difesa, nonché sul manifesto snaturamento degli elementi di prova e sul mancato esercizio da parte del Tribunale della propria competenza estesa al merito riguardo all’inclusione delle vendite di LCD oggetto del cartello, dalla LGD alle sue società controllanti, nel valore delle vendite preso in considerazione per il calcolo dell’importo dell’ammenda. Il secondo motivo verte sull’errore di diritto, sull’inadempimento dell’obbligo di motivazione e sul manifesto snaturamento degli elementi di prova derivante dal rifiuto del Tribunale di concedere alla LGD l’immunità parziale dalle ammende per il 2005.

Sul primo motivo, relativo alla presa in considerazione delle vendite di LCD oggetto del cartello, dalla LGD alle sue società controllanti, per il calcolo dell’importo dell’ammenda

Argomenti delle parti

31

Il motivo è suddiviso in due parti. Con la prima, le ricorrenti sostengono che il Tribunale ha commesso un errore di diritto nell’applicazione del punto 13 degli orientamenti per il calcolo delle ammende, non ha adeguatamente motivato la propria decisione, ha manifestamente snaturato le prove, ha violato i diritti della difesa della LGD e non ha esercitato la propria competenza estesa al merito nel dichiarare che la Commissione poteva includere nel valore delle vendite preso in considerazione per il calcolo dell’ammenda tutte le vendite realizzate sul mercato rilevante. Con la seconda parte, le ricorrenti sostengono che il Tribunale ha commesso un errore di diritto contravvenendo al principio di proporzionalità, è venuto meno al proprio obbligo di motivazione, ha manifestamente snaturato gli elementi di prova ed ha violato i diritti della difesa della LGD, confermando la conclusione della Commissione secondo cui le vendite interne della LGD alle sue società controllanti erano effettivamente interessate dall’infrazione perseguita.

– Sulla prima parte del primo motivo, vertente sulla possibilità di prendere in considerazione tutte le vendite realizzate nel mercato coinvolto dall’infrazione

32

Con la prima parte del primo motivo, le ricorrenti contestano, in sostanza, al Tribunale di aver dichiarato, al punto 97 della sentenza impugnata, che la Commissione poteva legittimamente includere, per il calcolo dell’ammenda, le vendite interne della LGD alle sue società controllanti, per il solo motivo che tali vendite sono state realizzate nel mercato coinvolto dall’infrazione, anche se dette vendite non sono state interessate da quest’ultima.

33

In primo luogo, le ricorrenti sostengono che, sebbene la Commissione non sia tenuta a determinare quali siano le vendite individuali che sono state interessate dall’intesa, il Tribunale, includendo il valore di tutte le vendite di LCD oggetto del cartello realizzate nel mercato coinvolto dall’infrazione nel valore delle vendite preso in considerazione per il calcolo dell’ammenda, nonostante l’insufficienza di prove che dimostrassero che l’infrazione ha riguardato le vendite interne della LGD alla LGE ed alla Philips, ha violato il punto 13 degli orientamenti per il calcolo delle ammende e, inoltre, si è discostata dalla prassi decisionale della Commissione, quale risulta, in particolare, dalla decisione C (2008) 6815 definitivo, del 12 novembre 2008, relativa a un procedimento a norma dell’articolo 81 [CE] e dell’articolo 53 dell’accordo SEE (Caso COMP/39.125 – Vetro destinato al settore auto), nonché dalla decisione C (2008) 926 definitivo, dell’11 marzo 2008, relativa a una procedura di applicazione dell’articolo 81 [CE] e dell’articolo 53 dell’accordo SEE (Caso COMP/38.543 – Servizi internazionali di trasloco).

34

In secondo luogo, le ricorrenti sostengono che il Tribunale ha commesso un errore di diritto non motivando adeguatamente le ragioni per le quali le vendite interne di LCD oggetto del cartello, dalla LGD alla Philips ed alla LGE, avrebbero potuto falsare la concorrenza sul mercato rilevante, nonostante le garanzie strutturali che escludono che tali vendite possano essere state interessate dall’intesa, poiché dette vendite erano, in particolare, effettuate ad una tariffa preferenziale e, di conseguenza, non potevano essere considerate svolte nell’ambito del libero mercato. Sotto tale profilo, la fattispecie in esame sarebbe analoga a quella che ha dato luogo alla sentenza Team Relocations e a./Commissione (T‑204/08 e T‑212/08, EU:T:2011:286), relativa ai servizi internazionali di trasloco, nella quale il Tribunale avrebbe, per tale motivo, escluso alcune vendite dal valore delle vendite effettuate sul mercato in questione.

35

In terzo luogo, le ricorrenti affermano che il Tribunale non ha esercitato la propria competenza giurisdizionale estesa al merito ai sensi dell’articolo 261 TFUE e dell’articolo 31 del regolamento n. 1/2003, consentendo alla Commissione di discostarsi, senza un’adeguata motivazione, dalla sua prassi decisionale precedente, quale risulta, in particolare, dalla decisione C (2007) 5791 definitivo, del 28 novembre 2007, relativa a un procedimento ai sensi dell’articolo 81 [CE] e dell’articolo 53 dell’accordo SEE (Caso COMP/39165 – Vetro piano), nonché dalle decisioni adottate nell’ambito del controllo delle concentrazioni, nelle quali la Commissione ha escluso la presa in considerazione delle vendite interne per il calcolo dell’ammenda.

36

In quarto luogo, le ricorrenti contestano al Tribunale di aver commesso un errore di diritto e di non aver esercitato la propria competenza giurisdizionale estesa al merito consentendo alla Commissione di determinare l’importo dell’ammenda sulla base del fatturato complessivo relativo al mercato in questione. A tale riguardo, il Tribunale non avrebbe esaminato le prove fornite e gli argomenti addotti dalla LGD, che dimostrano che le sue vendite interne alla LGE ed alla Philips non potevano essere state interessate dall’intesa, in particolare a causa delle disposizioni dell’accordo di impresa comune concluso tra queste ultime due società.

37

In quinto luogo, le ricorrenti addebitano al Tribunale di avere fornito una motivazione contraddittoria per quanto riguarda l’interpretazione degli orientamenti per il calcolo delle ammende. Infatti, al punto 97 della sentenza impugnata, il Tribunale interpreterebbe tali orientamenti nel senso che questi ultimi consentirebbero alla Commissione di includere nel valore delle vendite preso in considerazione per il calcolo dell’ammenda il valore di tutte le vendite realizzate sul mercato rilevante, senza escludere il valore di quelle che non sono state interessate dall’infrazione. Per contro, al punto 70 di tale sentenza, il Tribunale affermerebbe che il valore delle vendite preso in considerazione per tale calcolo deve comprendere quello delle vendite per le quali la concorrenza nel mercato rilevante è falsata. Allo stesso modo, al punto 68 di detta sentenza, il Tribunale definirebbe il valore delle vendite da prendere in considerazione per detto calcolo riferendosi alla vendita delle merci oggetto dell’infrazione e dei prodotti che hanno costituito l’oggetto di una pratica restrittiva. Peraltro, il punto 62 della stessa sentenza affermerebbe che deve esistere un nesso tra il valore delle vendite preso in considerazione e l’infrazione.

38

In sesto luogo, le ricorrenti ritengono che il Tribunale abbia commesso un errore di diritto ed abbia violato i diritti della difesa della LGD avvalendosi della presunzione assoluta secondo la quale tutte le vendite effettuate nel mercato rilevante sono state interessate dall’infrazione in questione. Ebbene, gli orientamenti per il calcolo delle ammende non introdurrebbero una siffatta presunzione e, al contrario, imporrebbero alla Commissione l’obbligo di esaminare caso per caso se le vendite siano state interessate dall’infrazione in questione. Il Tribunale avrebbe quindi omesso di valutare le prove fornite dalla LGD.

39

La Commissione sostiene che questa parte di motivo è infondata in quanto né la giurisprudenza della Corte né detti orientamenti le impediscono di prendere in considerazione le vendite interne per il calcolo dell’ammenda. In ogni caso, l’argomento sarebbe inoperante poiché sarebbe pacifico che le vendite della LGD alla Philips ed alla LGE costituivano vendite ad altre imprese. Quanto al resto, risulterebbe conforme tanto alla prassi decisionale della Commissione quanto al punto 13 degli stessi orientamenti non restringere il valore delle vendite da prendere in considerazione ai fini del calcolo delle ammende alle sole transazioni effettivamente interessate dall’intesa in questione.

– Sulla seconda parte del primo motivo, vertente sull’incidenza dell’infrazione sulle vendite interne della LGD alle sue società controllanti

40

Con la seconda parte del primo motivo, le ricorrenti contestano, in sostanza, al Tribunale di avere dichiarato, ai punti 73 e 83 della sentenza impugnata, che, in ogni caso, l’intesa ha effettivamente interessato le vendite interne della LGD alle sue società controllanti.

41

In primo luogo, le ricorrenti sostengono che, avendo rilevato, al punto 86 della sentenza impugnata, che la Commissione non dispone di prove riguardanti in modo specifico le vendite interne effettuate dalla LGD alla LGE ed alla Philips durante il periodo compreso tra il luglio 2002 ed il settembre 2005, il Tribunale ha commesso un errore di diritto ed ha violato i diritti della difesa della LGD tenendo in considerazione tali vendite per il calcolo dell’ammenda. A tale riguardo, la Commissione si sarebbe discostata dalla prassi seguita nella sua decisione C (2009) 428 definitivo, del 28 gennaio 2009, relativa a un procedimento ai sensi dell’articolo 81 [CE] e dell’articolo 53 dell’accordo SEE (Caso COMP/39406 – Tubi marini), nella quale ha ritenuto che il principio di proporzionalità osti alla presa in considerazione delle vendite relative ad un periodo per il quale non è disponibile alcuna prova. Tale prassi sarebbe inoltre confermata dalla giurisprudenza del Tribunale (sentenze Dansk Rørindustri/Commissione, T‑21/99, EU:T:2002:74, punto 62, nonché IMI e a./Commissione, T‑18/05, EU:T:2010:202, punto 95). Peraltro, il Tribunale avrebbe omesso di valutare se, tenuto conto di tale mancanza di prove per il periodo compreso tra il luglio 2002 ed il settembre 2005, le vendite interne della LGD alle sue società controllanti costituiscano un’infrazione unica e continuata per tutto il periodo considerato.

42

In secondo luogo, le ricorrenti sostengono che il Tribunale è venuto meno al proprio obbligo di motivazione ed ha manifestamente snaturato le prove laddove ha constatato che le vendite di LCD oggetto del cartello effettuate dalla LGD alla LGE, contrariamente a quelle effettuate alla Philips, erano interessate dall’infrazione. Da un lato, il Tribunale avrebbe snaturato il resoconto di una riunione del 15 novembre 2001, citato al punto 76 della decisione impugnata, deducendo da questo solo documento, al punto 150 della medesima sentenza, la regola generale secondo la quale l’intesa in questione riguardava anche le vendite interne, mentre tale documento non menziona affatto la LGE e la Philips ed il suo contenuto non avvalora l’esistenza di una siffatta regola generale. Dall’altro lato, il Tribunale avrebbe snaturato la tabella n. 2 della decisione controversa deducendo da quest’ultima, al punto 151 della sentenza impugnata, che i prezzi di vendita degli LCD oggetto del cartello da parte della LGD alle sue società controllanti erano influenzati dall’intesa, mentre tale tabella si riferirebbe unicamente alle vendite effettuate alla totalità dei clienti della LGD, durante un breve periodo di sei mesi, di un tipo specifico di schermo LCD per monitor.

43

In terzo luogo, le ricorrenti affermano che il Tribunale non ha adeguatamente motivato il rigetto, al punto 125 della sentenza impugnata, del loro argomento secondo cui la Commissione ha violato i diritti della difesa della LGD laddove ha concluso che le vendite interne da parte della LGD alle sue società controllanti erano interessate dall’intesa. A tale riguardo, risulterebbe contraddittorio constatare, al punto 111 della sentenza impugnata, che «l’addebito riguardante le vendite effettuate dalle ricorrenti alla LGE ed alla Philips risultava già dalla comunicazione degli addebiti», mentre, al punto 99 di tale sentenza, lo stesso Tribunale ha affermato che «è vero che la comunicazione degli addebiti non affermava esplicitamente che le vendite da parte delle ricorrenti alla LGE ed alla Philips erano interessate dall’intesa». Ebbene, se la LGD avesse saputo, al momento della comunicazione degli addebiti, che la Commissione intendeva includere le sue vendite interne alle sue società controllanti nel calcolo di un’ammenda per il motivo che tali vendite erano state effettuate in un mercato coinvolto dall’intesa, la LGD avrebbe potuto fare valere le sue argomentazioni al riguardo invece di spiegare i motivi per i quali le vendite effettuate all’interno del medesimo gruppo non dovevano, in linea generale, essere prese in considerazione nel calcolo di un’ammenda.

44

La Commissione afferma, in sostanza, che la seconda parte del primo motivo è inoperante in quanto, anche qualora tale parte fosse considerata fondata, questa non impedirebbe che le vendite di LCD oggetto del catello effettuate dalla LGD alla Philips ed alla LGE siano prese in considerazione ai fini del calcolo dell’ammenda. Tale parte sarebbe in ogni caso priva di fondamento.

Giudizio della Corte

45

In via preliminare, occorre osservare che le ricorrenti contestano più volte al Tribunale, nell’ambito della prima parte del primo motivo, di avere concluso che la Commissione poteva legittimamente includere le vendite interne da parte della LGD alle sue società controllanti, ossia la LGE e la Philips, nel valore delle vendite preso in considerazione per il calcolo dell’importo dell’ammenda.

46

Occorre tuttavia rilevare che, come emerge chiaramente dai punti da 136 a 145 della sentenza impugnata, il Tribunale ha constatato che la Commissione aveva legittimamente ritenuto che le ricorrenti – circostanza questa che esse non hanno contestato dinanzi a tale organo giurisdizionale – non costituivano insieme alla LGE ed alla Philips un’impresa unica ai fini dell’applicazione dell’articolo 101 TFUE e, pertanto, non costituivano un’impresa verticalmente integrata, di modo che le vendite pertinenti da parte delle ricorrenti a queste ultime sono state incluse nella categoria delle «vendite SEE dirette», relativa alle vendite di LCD oggetto del cartello a terzi indipendenti. Tale constatazione non è stata contestata dalle ricorrenti neanche nella loro impugnazione. Al contrario, durante l’udienza le ricorrenti hanno esplicitamente affermato che le vendite di LCD oggetto del cartello alle loro società controllanti non erano vendite interne.

47

Alla luce di tali circostanze, nei limiti in cui, con la prima parte del primo motivo, le ricorrenti contestano al Tribunale di avere concluso che la Commissione poteva legittimamente includere le vendite interne da parte della LGD alle sue società controllanti nel valore delle vendite preso in considerazione per il calcolo dell’importo dell’ammenda, il loro argomento deve essere respinto in quanto si basa su una lettura errata della sentenza impugnata.

48

Laddove, con detta parte del primo motivo, le ricorrenti contestano al Tribunale di avere concluso che la Commissione poteva legittimamente includere le vendite pertinenti da parte della LGD alle sue società controllanti nel valore delle vendite preso in considerazione per il calcolo dell’importo dell’ammenda, occorre ricordare che l’articolo 23, paragrafo 2, secondo comma, del regolamento n. 1/2003 prevede che, per ciascuna impresa o associazione di imprese partecipanti all’infrazione, l’ammenda non debba superare il 10% del fatturato totale realizzato durante l’esercizio sociale precedente.

49

Come già dichiarato dalla Corte, la Commissione deve valutare, caso per caso e a fronte del contesto della specie nonché degli obiettivi perseguiti dal regime sanzionatorio istituito con detto regolamento, l’impatto voluto nei confronti dell’impresa interessata, segnatamente tenendo conto di un fatturato che rifletta la situazione economica reale dell’impresa stessa nel periodo nel corso del quale l’infrazione è stata commessa (sentenze Britannia Alloys & Chemicals/Commissione, C‑76/06 P, EU:C:2007:326, punto 25, nonché Guardian Industries e Guardian Europe/Commissione, C‑580/12 P, EU:C:2014:2363, punto 53).

50

Secondo costante giurisprudenza della Corte, è possibile, ai fini della commisurazione dell’ammenda, tener conto tanto del fatturato complessivo dell’impresa, che costituisce un’indicazione, ancorché approssimativa ed imperfetta, delle dimensioni della stessa e della sua potenza economica, quanto della parte di tale fatturato corrispondente alle merci coinvolte nell’infrazione e che può, quindi, fornire un’indicazione dell’entità della medesima (sentenze Musique Diffusion française e a./Commissione, da 100/80 a 103/80, EU:C:1983:158, punto 121; Dansk Rørindustri e a./Commissione, C‑189/02 P, C‑202/02 P, da C‑205/02 P a C‑208/02 P e C‑213/02 P, EU:C:2005:408, punto 243; Archer Daniels Midland e Archer Daniels Midland Ingredients/Commissione, C‑397/03 P, EU:C:2006:328, punto 100, nonché Guardian Industries e Guardian Europe/Commissione, C‑580/12 P, EU:C:2014:2363, punto 54).

51

Secondo la giurisprudenza della Corte, se è vero che l’articolo 23, paragrafo 2, del regolamento n. 1/2003 lascia alla Commissione un margine discrezionale, esso ne limita nondimeno l’esercizio stabilendo criteri oggettivi ai quali detta istituzione deve attenersi. Così, da un lato, l’importo dell’ammenda applicabile ad un’impresa è soggetto ad un limite massimo esprimibile in cifre e assoluto, sicché l’importo massimo dell’ammenda che può essere inflitta ad una data impresa è determinabile anticipatamente. Dall’altro, l’esercizio di tale potere discrezionale è altresì limitato dalle regole di condotta che la Commissione si è essa stessa imposta, segnatamente con gli orientamenti per il calcolo delle ammende (sentenza Guardian Industries e Guardian Europe/Commissione, C‑580/12 P, EU:C:2014:2363, punto 55).

52

Ai sensi del punto 13 di detti orientamenti, «[a]l fine di determinare l’importo di base dell’ammenda da infliggere, la Commissione utilizzerà il valore delle vendite dei beni o servizi, ai quali l’infrazione direttamente o indirettamente si riferisce (…), realizzate dall’impresa nell’area geografica interessata all’interno del SEE». I medesimi orientamenti precisano, al punto 6, che «la combinazione della durata [dell’infrazione] e del valore delle vendite a cui l’infrazione si riferisce è considerata un parametro adeguato per esprimere l’importanza economica dell’infrazione nonché il peso relativo di ciascuna impresa che vi ha partecipato».

53

Ne consegue che, come già dichiarato dalla Corte, il punto 13 degli orientamenti per il calcolo delle ammende mira ad assumere quale base iniziale ai fini del calcolo dell’ammenda inflitta ad un’impresa un importo che rifletta l’importanza economica dell’infrazione ed il peso relativo dell’impresa interessata nell’infrazione medesima. Conseguentemente, se la nozione di valore delle vendite di cui al punto 13 non può, certamente, estendersi sino a ricomprendere le vendite realizzate dall’impresa interessata non ricomprese nella sfera di applicazione dell’intesa contestata, l’obiettivo perseguito da tale disposizione risulterebbe tuttavia pregiudicato se tale nozione dovesse essere intesa nel senso che ricomprenda unicamente il fatturato realizzato con le sole vendite per le quali risulti accertato che sono state effettivamente oggetto dell’intesa (sentenze Team Relocations e a./Commissione, C‑444/11 P, EU:C:2013:464, punti 76 e 88, nonché Guardian Industries e Guardian Europe/Commissione, C‑580/12 P, EU:C:2014:2363, punto 57).

54

Una siffatta limitazione produrrebbe, inoltre, l’effetto di minimizzare artificialmente la rilevanza economica dell’infrazione commessa da una determinata impresa, considerato che la mera circostanza di aver reperito un numero limitato di prove dirette di vendite realmente interessate dall’intesa si risolverebbe nell’infliggere, in definitiva, un’ammenda priva di qualsiasi reale relazione con la sfera di applicazione dell’intesa medesima. Una siffatta ricompensa del segreto pregiudicherebbe parimenti l’obiettivo di repressione e di efficace sanzione delle infrazioni all’articolo 101 TFUE e, quindi, non può essere ammessa (sentenze Team Relocations e a./Commissione, C‑444/11 P, EU:C:2013:464, punto 77, nonché Guardian Industries e Guardian Europe/Commissione, C‑580/12 P, EU:C:2014:2363, punto 58).

55

In ogni caso, si deve sottolineare che la quota del fatturato complessivo proveniente dalla vendita dei prodotti oggetto dell’infrazione costituisce l’elemento più idoneo per riflettere l’importanza economica dell’infrazione stessa (sentenza Guardian Industries e Guardian Europe/Commissione, C‑580/12 P, EU:C:2014:2363, punto 59 e giurisprudenza ivi citata).

56

Nel caso di specie, il Tribunale ha quindi giustamente dichiarato, al punto 97 della sentenza impugnata, che «la possibilità per la Commissione di includere nel valore delle vendite pertinenti ai fini del calcolo dell’ammontare dell’ammenda le vendite di LCD oggetto del cartello effettuate dalle ricorrenti alla LGE ed alla Philips non dipende dalla questione se tali vendite venivano effettuate a prezzi influenzati dall’intesa, bensì dal semplice fatto che queste ultime venivano realizzate su un mercato interessato dall’esistenza di un’intesa alla quale partecipavano le ricorrenti».

57

A tale riguardo, correttamente il Tribunale si è basato, innanzitutto, ai punti 65 e 66 di tale sentenza, sul punto 13 degli orientamenti per il calcolo delle ammende, constatando che quest’ultimo si riferisce alle vendite effettuate sul mercato rilevante coinvolto dall’infrazione, e non ai soli casi per i quali la Commissione dispone di prove documentali dell’infrazione, successivamente, al punto 67 di detta sentenza, sull’obiettivo perseguito dalle norme dell’Unione europea in materia di concorrenza, dopo aver rilevato che l’interpretazione proposta dalle ricorrenti comporterebbe che, per determinare l’importo di base delle ammende, la Commissione sarebbe tenuta a stabilire in ciascun caso quali siano le singole vendite interessate dall’intesa, e, infine, al punto 68 della medesima sentenza, sulla giurisprudenza risultante dalla sentenza Musique Diffusion française e a./Commissione (da 100/80 a 103/80, EU:C:1983:158), richiamata al punto 50 della presente sentenza.

58

Di conseguenza, avendo constatato, al punto 69 della sentenza impugnata, nell’ambito della sua valutazione insindacabile dei fatti, senza che le ricorrenti abbiano invocato il benché minimo snaturamento, che le vendite di LCD oggetto del cartello effettuate da queste ultime alla LGE ed alla Philips hanno avuto luogo nel mercato coinvolto dall’infrazione, il Tribunale non è incorso in alcun errore di diritto laddove ha ritenuto, ai punti 71 e 72 di tale sentenza, che la Commissione potesse legittimamente prendere in considerazione dette vendite per calcolare l’importo dell’ammenda a loro carico, senza che occorra accertare se la LGE e la Philips abbiano effettivamente pagato loro prezzi maggiorati in ragione dell’intesa e se esse abbiano trasferito questa eventuale maggiorazione sul prezzo dei prodotti finiti nei quali erano integrati gli LCD oggetto del cartello ai consumatori nel SEE.

59

In tali circostanze, il Tribunale non era tenuto né a precisare le ragioni per le quali le vendite di detti LCD, effettuate dalla LGD alla LGE ed alla Philips, nonostante le clausole contrattuali che legano la LGD a queste ultime nell’ambito del loro accordo di impresa comune, avrebbero potuto falsare la concorrenza nel mercato rilevante, né ad esaminare le prove a tale scopo fornite dalle ricorrenti.

60

A tale riguardo, occorre rilevare che non tenere conto del valore delle vendite effettuate a terzi indipendenti per il fatto che l’impresa che ha partecipato ad un’intesa ha legami strutturali particolari con questi ultimi finirebbe per favorire, senza giustificazione, tale impresa, consentendole di sottrarsi ad una sanzione proporzionata alla sua importanza sul mercato dei prodotti oggetto dell’infrazione (v., per analogia, sentenza Guardian Industries e Guardian Europe/Commissione, C‑580/12 P, EU:C:2014:2363, punti 59 e 63).

61

Infatti, oltre al beneficio che ci si può attendere da un’intesa che prevede la fissazione orizzontale dei prezzi nell’ambito delle vendite a terzi indipendenti, un’impresa può parimenti trarre beneficio da siffatta intesa mediante l’incremento delle sue vendite a imprese nei confronti delle quali esistono alcuni legami strutturali, qualora queste ultime non siano sottoposte ai prezzi maggiorati stabiliti all’interno dell’intesa, dal momento che, in questo modo, a detta impresa viene attribuito un vantaggio concorrenziale nei confronti dei suoi concorrenti, i quali propongono tali prezzi maggiorati sul mercato rilevante.

62

Peraltro, il fatto stesso che un’impresa effettui sul mercato rilevante vendite a tali prezzi maggiorati a terzi indipendenti comporta una distorsione della concorrenza che interessa tutto il mercato rilevante, a discapito, in particolare, dei consumatori.

63

Ne consegue che, come ha in sostanza rilevato il Tribunale al punto 70 della sentenza impugnata, anche qualora un’intesa non riguardi le vendite del prodotto in questione a imprese legate ai membri di tale intesa, la concorrenza sul mercato rilevante risulta falsata e, pertanto, tali vendite possono essere prese in considerazione per il calcolo dell’ammenda.

64

Contrariamente a quanto sostengono le ricorrenti, il Tribunale, nel fare ciò, non si è in alcun modo avvalso della presunzione assoluta secondo la quale tutte le vendite effettuate nel mercato rilevante sono state interessate dall’infrazione in questione. Il Tribunale ha invece ritenuto, con una motivazione che, come risulta dai punti da 48 a 59 della presente sentenza, non è viziata da alcun errore di diritto, che, anche in assenza di qualsiasi prova che le vendite degli LCD oggetto del cartello da parte delle ricorrenti alle loro società controllanti siano state interessate da tale infrazione, tali vendite possano in ogni caso essere prese in considerazione ai fini del calcolo dell’importo dell’ammenda da infliggere alle ricorrenti, dato che sono state effettuate nel mercato coinvolto dall’infrazione. L’argomentazione delle ricorrenti si basa quindi su una lettura errata della sentenza impugnata e deve, pertanto, essere respinta.

65

Al Tribunale non può essere contestata nemmeno una motivazione contraddittoria ai punti 62 e da 68 a 70 della sentenza impugnata.

66

Infatti, affermando, al punto 62 di tale sentenza, che la Commissione era tenuta a «spiegare quale fosse il nesso delle vendite delle ricorrenti alla LGE e alla Philips con l’intesa», ricordando, al punto 68 di detta sentenza, che «da una costante giurisprudenza risulta che la parte di fatturato realizzata sui prodotti che hanno costituito oggetto dell’infrazione è tale da fornire una giusta indicazione dell’entità di quest’ultima sul mercato interessato» e rilevando, al punto 70 della medesima sentenza, che, «quando un prodotto oggetto di un cartello è venduto sul mercato interno, viene falsata la concorrenza nell’ambito di quest’ultimo», il Tribunale non ha fatto altro che esprimere la medesima considerazione, sottesa alla totalità della propria motivazione e ripresa, in particolare, ai punti 66 e 97 della sentenza impugnata, secondo la quale le vendite delle ricorrenti alla LGE ed alla Philips potevano essere prese in considerazione dalla Commissione ai fini del calcolo dell’importo dell’ammenda dato che tali vendite sono state effettuate sul mercato coinvolto dall’infrazione.

67

Peraltro, per quanto riguarda la censura mossa al Tribunale di essersi discostato dalla prassi decisionale della Commissione, è sufficiente ricordare, come ha fatto il Tribunale al punto 143 della sentenza impugnata, che, secondo una giurisprudenza costante della Corte, la precedente prassi decisionale della Commissione non funge da contesto normativo applicabile alle ammende in materia di diritto della concorrenza (v. sentenze JCB Service/Commissione, C‑167/04 P, EU:C:2006:594, punto 205; Tomra Systems e a./Commissione, C‑549/10 P, EU:C:2012:221, punto 104, nonché Team Relocations e a./Commissione, C‑444/11 P, EU:C:2013:464, punto 82).

68

Di conseguenza, la prima parte del primo motivo deve essere respinta in quanto infondata.

69

Alla luce di tali considerazioni, la seconda parte di tale motivo, con la quale le ricorrenti mettono in discussione le constatazioni svolte dal Tribunale ai punti da 73 a 89 e da 147 a 154 della sentenza impugnata, secondo le quali, in sostanza, come emerge dal predetto punto 73, dal fascicolo risulta «in ogni caso» che le vendite di LCD oggetto del cartello dalle ricorrenti alla LGE ed alla Philips sono state oggetto di discussioni nell’ambito dell’intesa e che la Commissione ha sufficientemente provato che l’intesa interessava anche tali vendite, deve essere respinta in quanto inoperante, poiché verte su una motivazione ad abundantiam (v., in particolare, sentenza Dansk Rørindustri e a./Commissione, C‑189/02 P, C‑202/02 P, da C‑205/02 P a C‑208/02 P e C‑213/02 P, EU:C:2005:408, punto 148).

70

Infatti, come emerge dall’esame della prima parte del primo motivo, la motivazione esposta ai punti da 65 a 72 e 97 della sentenza impugnata giustifica, da sola, la presa in considerazione di dette vendite per il calcolo dell’ammenda.

71

Ne consegue che il primo motivo deve essere integralmente respinto.

Sul secondo motivo, relativo all’immunità parziale dalle ammende

72

Tale motivo è suddiviso in due parti. Con la prima, le ricorrenti sostengono che il Tribunale ha commesso un errore di diritto nell’applicazione del punto 23, lettera b), ultimo comma, della comunicazione sul trattamento favorevole ed è venuto meno al proprio obbligo di motivazione ponendo l’impresa che chiedeva l’immunità totale in una posizione privilegiata rispetto a quella che chiedeva di beneficiare dell’immunità parziale. Con la seconda parte, le ricorrenti sostengono che il Tribunale ha manifestamente snaturato gli elementi di prova ed ha commesso un errore di diritto nell’applicazione di tale comunicazione rifiutando di concedere alla LGD l’immunità parziale per il periodo successivo al 26 agosto 2005.

Sulla prima parte del secondo motivo, vertente sulle condizioni per la concessione dell’immunità parziale

– Argomenti delle parti

73

Con tale parte, le ricorrenti contestano al Tribunale di avere commesso un errore di diritto nell’interpretazione del punto 23, lettera b), ultimo comma, della comunicazione sul trattamento favorevole rifiutando, mediante un’applicazione restrittiva di quest’ultima, di concedere alla LGD l’immunità parziale dalle ammende per l’anno 2005 senza dimostrare che le informazioni fornite dalla Samsung costituivano da sole una base sufficiente per consentire alla Commissione di stabilire che l’infrazione in questione si era protratta nel corso di tale anno. Risulterebbe infatti dalla sentenza Transcatab/Commissione (T‑39/06, EU:T:2011:562) che sono considerati come fatti in precedenza ignorati dalla Commissione quelli la cui prova è fornita dall’impresa che chiede l’immunità parziale se tali fatti «consentono alla Commissione di giungere a nuove conclusioni in merito all’infrazione».

74

Ebbene, secondo le ricorrenti, le prove da esse fornite nella loro dichiarazione del 20 luglio 2006 avevano un valore di gran lunga superiore rispetto a quelle presentate dalla Samsung, in quanto si riferivano a tutta la durata dell’infrazione, sino al febbraio del 2006, alle principali riunioni multilaterali, a tutti i partecipanti nonché alle diverse categorie di prodotti, mentre le prove fornite dalla Samsung riguardavano un periodo di tempo e fatti molto circoscritti, e non avrebbero consentito alla Commissione di perseguire e di sanzionare diversi partecipanti all’intesa per i fatti commessi nel corso del 2005. Il Tribunale stesso avrebbe ammesso in tal senso, ai punti 189 e 190 della sentenza impugnata, che la decisione controversa si basa con maggiore frequenza sulle prove fornite dalle ricorrenti per quanto riguarda il 2005 e che le informazioni fornite dalle ricorrenti avevano effettivamente un maggiore valore probatorio rispetto agli elementi rivelati in precedenza dalla Samsung.

75

Le ricorrenti ritengono che l’interpretazione del punto 23, lettera b), ultimo comma, della comunicazione sul trattamento favorevole effettuata dal Tribunale sia contraria allo spirito di tale disposizione in quanto porta a dissuadere i partecipanti all’intesa diversi dall’impresa che ha chiesto l’immunità totale dal fornire elementi di prova pertinenti riguardo a fatti nuovi che quest’ultima impresa si sia astenuta dal divulgare, che attestino una durata maggiore dell’infrazione perseguita, in quanto è improbabile che tali altri partecipanti ottengano l’immunità parziale per tale periodo supplementare e rischino anzi di essere condannati ad un’ammenda più elevata.

76

La Commissione ritiene che la prima parte del secondo motivo di impugnazione debba essere respinta in quanto fondata su un’interpretazione errata di detta disposizione.

– Giudizio della Corte

77

Occorre ricordare che il punto 23, lettera b), ultimo comma, della comunicazione sul trattamento favorevole dispone che, «se un’impresa fornisce elementi di prova relativi a fatti in precedenza ignorati dalla Commissione che hanno un’incidenza diretta sulla gravità o la durata della presunta intesa, la Commissione non terrà conto di questi elementi nel determinare l’importo di eventuali ammende da infliggere all’impresa che li ha forniti».

78

Come è stato correttamente rilevato dal Tribunale al punto 166 della sentenza impugnata, risulta dalla stessa formulazione di tale disposizione che l’immunità parziale prevista da quest’ultima richiede che siano soddisfatte due condizioni, ossia, in primo luogo, che l’impresa in questione sia la prima a provare fatti in precedenza ignorati dalla Commissione e, in secondo luogo, che tali fatti, avendo un’incidenza diretta sulla gravità o sulla durata della presunta intesa, consentano alla Commissione di giungere a nuove conclusioni in merito all’infrazione.

79

Come risulta dalla giurisprudenza della Corte, i termini «fatti (…) ignorati dalla Commissione», relativi alla prima di tali condizioni, sono privi di ambiguità ed autorizzano ad adottare, come affermato dal Tribunale al punto 167 della sentenza impugnata, un’interpretazione restrittiva del punto 23, lettera b), ultimo comma, della comunicazione sul trattamento favorevole, limitandolo alle ipotesi in cui una società partecipante ad un’intesa fornisca alla Commissione un’informazione nuova, relativa alla gravità o alla durata dell’infrazione, ed escludendo le ipotesi in cui la società si sia limitata a fornire elementi che consentono di rafforzare le prove relative all’esistenza dell’infrazione (v., in tal senso, ordinanza Kuwait Petroleum e a./Commissione, C‑581/12 P, EU:C:2013:772, punto 19).

80

Nel caso di specie, dal punto 189 della sentenza impugnata risulta che il Tribunale, nell’ambito della sua interpretazione insindacabile dei fatti, ha constatato, senza che alcuno snaturamento sia stato eccepito al riguardo, che «al momento della dichiarazione delle ricorrenti del 20 luglio 2006, grazie agli elementi forniti [dalla Samsung], la Commissione non ignorava che contatti bilaterali tra taluni partecipanti all’intesa erano proseguiti nel 2005».

81

Il Tribunale, avendo in tal modo constatato che le informazioni fornite dalle ricorrenti riguardavano fatti che non erano in precedenza ignorati dalla Commissione, poteva legittimamente respingere, per questo solo motivo, al punto 194 della sentenza impugnata, gli argomenti delle ricorrenti volti alla concessione dell’immunità parziale dalle ammende ai sensi del punto 23, lettera b), ultimo comma, della comunicazione sul trattamento favorevole per quanto riguarda tali fatti, senza essere assolutamente tenuto a verificare se tali informazioni fossero tali da consentire alla Commissione di giungere a nuove conclusioni in merito all’infrazione e, pertanto, senza dover comparare il loro valore probatorio con quello delle informazioni precedentemente fornite dalla Samsung.

82

È pertanto ininfluente che, ai punti 189 e 190 della sentenza impugnata, il Tribunale abbia constatato, rispettivamente, che la decisione controversa «si basa con maggiore frequenza sulle prove fornite dalle ricorrenti per quanto riguarda il 2005» e che «le informazioni fornite [da queste ultime] il 20 luglio 2006 (…) avevano effettivamente un maggiore valore probatorio rispetto agli elementi rivelati in precedenza dalla Samsung».

83

Del resto, si deve osservare che tali constatazioni, come risulta chiaramente dal punto 190 di tale sentenza, sono state effettuate ad abundantiam dal Tribunale non per giustificare il rigetto della domanda di immunità parziale dalle ammende per il 2005, bensì per spiegare le ragioni che avevano portato la Commissione a concedere alle ricorrenti una riduzione dell’importo dell’ammenda, poiché le condizioni per una tale riduzione ai sensi della comunicazione sul trattamento favorevole sono diverse da quelle previste per la concessione di un’immunità parziale dalle ammende.

84

Peraltro, contrariamente a quanto sostengono le ricorrenti, tale interpretazione del punto 23, lettera b), ultimo comma, di detta comunicazione non è affatto contraria all’obiettivo da essa perseguito dato che, come dichiarato dal Tribunale al punto 167 della sentenza impugnata, l’efficacia del programma di trattamento favorevole sarebbe compromessa qualora le imprese non fossero più incentivate ad essere le prime a sottoporre alla Commissione informazioni che denunciano un’intesa (v., in tal senso, ordinanza Kuwait Petroleum e a./Commissione, C‑581/12 P, EU:C:2013:772, punto 20).

85

Pertanto, qualora l’impresa che ha fornito per prima alla Commissione, al fine di ottenere un’immunità totale dalle ammende ai sensi della medesima comunicazione, elementi di prova tali da consentirle di accertare una violazione dell’articolo 101 TFUE si sia astenuta dal divulgare informazioni che attestino che l’infrazione in questione aveva avuto una durata più lunga di quella rivelata da tali elementi, ogni altra impresa che ha preso parte a tale infrazione è incentivata, contrariamente a quanto sostengono le ricorrenti, ad essere la prima a divulgare tali informazioni, dato che tale divulgazione può giustificare la concessione dell’immunità parziale dalle ammende in forza del punto 23, lettera b), ultimo comma, di tale comunicazione. Tuttavia, non è esattamente questa la situazione nel caso di specie, come è già stato rilevato al punto 80 della presente sentenza, per quanto riguarda la conoscenza che la Commissione aveva del protrarsi dell’infrazione nel corso del 2005.

86

Vero è che un’impresa che fornisce informazioni alla Commissione ai sensi della comunicazione sul trattamento favorevole, dal momento che normalmente ignora gli elementi di cui quest’ultima è già in possesso, non può avere la certezza di soddisfare le condizioni per beneficiare dell’immunità parziale di cui al punto 23, lettera b), ultimo comma, di tale comunicazione.

87

Tuttavia, detta comunicazione non ha lo scopo di eliminare tale incertezza, ma, al contrario, come correttamente affermato dal Tribunale al punto 163 della sentenza impugnata, mira a creare un clima di incertezza all’interno delle intese per incentivare la loro denuncia alla Commissione.

88

Le ricorrenti non possono neppure sostenere che l’interpretazione adottata dal Tribunale nella sentenza impugnata renderebbe, nella pratica, improbabile la concessione di un’immunità parziale dalle ammende, in quanto, come emerge in particolare dai punti 182 e da 195 a 203 della sentenza impugnata, esse hanno beneficiato proprio di tale immunità parziale dalle ammende per il mese di gennaio 2006.

89

Peraltro, a torto le ricorrenti contestano al Tribunale di non avere adeguatamente motivato la sentenza impugnata su tale punto. Infatti, come emerge da tutte le considerazioni precedentemente esposte, tale sentenza, segnatamente ai punti 166, 167 e 189, espone con tutta la necessaria chiarezza i motivi per i quali il Tribunale ha ritenuto che la Commissione potesse legittimamente rifiutare alle ricorrenti la concessione dell’immunità parziale dalle ammende per il 2005.

90

Di conseguenza, la prima parte del secondo motivo deve essere respinta in quanto infondata.

Sulla seconda parte del secondo motivo, vertente sul rifiuto dell’immunità parziale per il periodo successivo al 26 agosto 2005

– Argomenti delle parti

91

Con tale parte, le ricorrenti contestano, in primo luogo, al Tribunale di avere negato l’immunità parziale dalle ammende alla LGD per il periodo successivo alla data del 26 agosto 2005, nonostante la Commissione non fosse in possesso di alcuna prova fornita dall’impresa che aveva richiesto l’immunità totale che dimostrasse che la LGD aveva continuato a partecipare all’intesa dopo tale data. Infatti, l’unica prova fornita dalla Samsung riguardo al periodo successivo all’agosto del 2005 sarebbe un messaggio di posta elettronica del 6 dicembre 2005 riguardante eventuali contatti bilaterali tra la Samsung, da un lato, e la AU Optronics Corp. nonché la Chi Mei Optoelectronics Corp., dall’altro, che non menzionerebbe la LGD o altri partecipanti. Nel suggerire, al punto 187 della sentenza impugnata, che tale documento potrebbe riguardare qualsiasi partecipante all’intesa, compresa la LGD, il Tribunale avrebbe snaturato il contenuto di quest’ultimo.

92

In secondo luogo, le ricorrenti ritengono che il Tribunale abbia allo stesso modo commesso un errore di diritto nel concludere, al punto 193 della sentenza impugnata, che le prove fornite dalla Samsung consentivano alla Commissione di presumere che la LGD avesse continuato a partecipare all’infrazione sino alla fine, poiché si tratta di un’infrazione unica e continuata. Tale conclusione contrasterebbe con la giurisprudenza derivante dalla sentenza Dansk Rørindustri/Commissione (T‑21/99, EU:T:2002:74, punto 62), nella quale il Tribunale avrebbe escluso che la Commissione possa presumere, in mancanza di prove, che una partecipante ad un’intesa abbia preso parte a quest’ultima sino alla fine della medesima.

93

In terzo luogo, le ricorrenti considerano che detto punto 193 sia viziato da un errore di diritto anche nella parte in cui il Tribunale ha ritenuto che le prove in questione consentissero alla Commissione di considerare la LGD responsabile del comportamento degli altri partecipanti, senza considerare le rigorose condizioni per siffatta imputazione di responsabilità. Ebbene, secondo la giurisprudenza del Tribunale, tale responsabilità potrebbe essere imputata ad un’impresa soltanto qualora fosse accertato che essa era al corrente dei comportamenti illeciti delle altre partecipanti o poteva ragionevolmente prevederli ed era pronta ad accettarne i rischi (sentenze BASF e UCB/Commissione, T‑101/05 e T‑111/05, EU:T:2007:380, punto 160, nonché Denki Kagaku Kogyo e Denka Chemicals/Commissione, T‑83/08, EU:T:2012:48, punto 242). Nel caso di specie, tuttavia, senza le prove fornite dalla LGD, la Commissione non avrebbe potuto estendere la durata dell’infrazione per i partecipanti all’intesa diversi dalla Samsung e dalla Chi Mei Optoelectronics Corp. oltre l’agosto del 2005.

94

La Commissione rammenta che la conclusione del Tribunale secondo cui essa era informata, alla data delle dichiarazioni effettuate dalle ricorrenti, ossia il 20 luglio 2006, della prosecuzione dell’intesa durante l’intero anno 2005, è una constatazione di fatto che non può essere sottoposta al sindacato della Corte nell’ambito di un’impugnazione, salvo che i fatti o gli elementi di prova siano stati snaturati. Ebbene, nel caso di specie, le ricorrenti non sosterrebbero alcuno snaturamento degli elementi di prova, ma riterrebbero piuttosto che il messaggio di posta elettronica del 6 dicembre 2005 fosse insufficiente a fondare la conclusione del Tribunale.

– Giudizio della Corte

95

Occorre rilevare che tale seconda parte del secondo motivo, con cui le ricorrenti contestano, in sostanza, al Tribunale di avere loro negato l’immunità parziale dalle ammende per il periodo successivo al 26 agosto 2005, è interamente fondata sulla premessa secondo la quale il Tribunale ha considerato a torto che la Commissione era informata della partecipazione della LGD all’intesa dopo tale data unicamente sulla base del messaggio di posta elettronica del 6 dicembre 2005 fornito dalla Samsung, citato al punto 187 della sentenza impugnata, del quale il Tribunale avrebbe snaturato il contenuto.

96

Tale premessa scaturisce da una lettura errata della sentenza impugnata.

97

Infatti, non solo il Tribunale non ha operato una tale constatazione nella sentenza impugnata, ma risulta inoltre chiaramente dal punto 193 della sentenza impugnata che, per ritenere che le ricorrenti abbiano continuato a partecipare all’intesa durante l’intero anno 2005, il Tribunale si è basato non su tale messaggio di posta elettronica del 6 dicembre 2005, bensì su un altro documento fornito dalla Samsung, ossia un messaggio di posta elettronica del 14 gennaio 2005, citato al punto 185 di tale sentenza, che indica la possibilità che tale partecipante all’intesa chieda alle ricorrenti quali siano le loro intenzioni circa taluni prezzi.

98

In tali circostanze, le ricorrenti non possono contestare al Tribunale di avere snaturato il contenuto del messaggio di posta elettronica del 6 dicembre 2005 per il motivo che quest’ultimo non dimostrerebbe che esse hanno continuato a partecipare all’intesa dopo la data del 26 agosto 2005, in quanto il Tribunale non ha in alcun modo tratto siffatta conclusione da tale documento, ma si è basato su di esso, come risulta dal punto 189 della sentenza impugnata, per constatare, più in generale, che l’intesa si era protratta nel corso del 2005.

99

Pertanto, le affermazioni delle ricorrenti su tale punto sono prive di fondamento.

100

Quanto al resto, dato che le ricorrenti non contestano la valutazione del messaggio di posta elettronica del 14 gennaio 2005 effettuata dal Tribunale al punto 193 della sentenza impugnata, la quale, salvo il caso di snaturamento, rientra per il resto solo nella sua esclusiva competenza, la seconda parte del secondo motivo deve, conformemente alla giurisprudenza richiamata al punto 69 della presente sentenza, essere respinta in quanto inoperante. Tale valutazione era infatti sufficiente per consentire al Tribunale di ritenere correttamente che la Commissione non ignorasse la partecipazione delle ricorrenti all’intesa nel corso del 2005. Le censure delle ricorrenti relative alla seconda parte di detto punto 193 vertono, pertanto, su un punto della motivazione esposto ad abundantiam.

101

Di conseguenza, la seconda parte del secondo motivo deve essere respinta in quanto infondata.

102

Ne consegue che il secondo motivo deve essere integralmente respinto.

103

Alla luce di tutte le considerazioni che precedono, occorre respingere l’impugnazione in quanto infondata.

Sulle spese

104

Ai sensi dell’articolo 138, paragrafo 1, del regolamento di procedura della Corte, applicabile al procedimento di impugnazione ai sensi dell’articolo 184, paragrafo 1, del medesimo regolamento, la parte soccombente è condannata alle spese se ne è stata fatta domanda.

105

Poiché la Commissione ne ha fatto domanda, la LGD e la LGDT, rimaste soccombenti, devono essere condannate alle spese.

 

Per questi motivi, la Corte (Ottava Sezione) dichiara e statuisce:

 

1)

L’impugnazione è respinta.

 

2)

La LG Display Co. Ltd e la LG Display Taiwan Co. Ltd sono condannate alle spese.

 

Firme


( *1 ) Lingua processuale: l’inglese.

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