Choose the experimental features you want to try

This document is an excerpt from the EUR-Lex website

Document 62014CC0268

    Conclusioni dell’avvocato generale N. Wahl, presentate il 15 ottobre 2015.
    Italmobiliare SpA contro Commissione europea.
    Impugnazione – Concorrenza – Mercato “del cemento e dei prodotti collegati” – Procedimento amministrativo – Regolamento (CE) n. 1/2003 – Articolo 18, paragrafi 1 e 3 – Decisione di richiesta di informazioni – Motivazione – Precisione della richiesta.
    Causa C-268/14 P.

    ECLI identifier: ECLI:EU:C:2015:697

    CONCLUSIONI DELL’AVVOCATO GENERALE

    WAHL

    presentate il 15 ottobre 2015 (1)

    Causa C‑268/14 P

    Italmobiliare SpA

    contro

    Commissione europea

    «Impugnazione – Mercati del cemento e prodotti ad esso correlati – Articolo 18, paragrafo 3, del regolamento (CE) n. 1/2003 del Consiglio – Potere della Commissione di richiedere informazioni – Destinatario di una richiesta di informazioni – Proporzionalità – Motivazione – Diritto al contraddittorio»





    1.        Quali sono le condizioni e i limiti ai poteri della Commissione di richiedere alle imprese, mediante decisione, di fornire informazioni nell’ambito di un’indagine su possibili violazioni delle regole dell’Unione europea in materia di concorrenza?

    2.        Sono queste, essenzialmente, le questioni sollevate dall’impugnazione proposta dall’Italmobiliare SpA (in prosieguo: l’«Italmobiliare» o la «ricorrente») contro la decisione del Tribunale con cui quest’ultimo ha respinto la domanda di annullamento diretta avverso una decisione della Commissione adottata a norma dell’articolo 18, paragrafo 3, del regolamento (CE) n. 1/2003 (2) e contenente la richiesta a detta società di fornire un ampio numero di informazioni.

    3.        Questioni molto simili sono state sollevate anche nell’ambito di altre tre impugnazioni, proposte da altre società attive nel mercato del cemento contro altrettante sentenze del Tribunale con cui detto giudice ha respinto, in ampia misura, anche i loro ricorsi avverso decisioni della Commissione equivalenti a quella impugnata dall’Italmobiliare. Anche negli altri tre procedimenti presenterò oggi le mie conclusioni (3). Le presenti conclusioni dovrebbero, quindi, essere lette insieme alle altre.

    I –    Contesto normativo

    4.        Il considerando 23 del regolamento n. 1/2003 stabilisce quanto segue:

    «La Commissione dovrebbe disporre in tutta la Comunità del potere di esigere le informazioni necessarie per individuare accordi, decisioni e pratiche concordate vietati dall’articolo [101 TFUE], nonché casi di abuso di posizione dominante vietati dall’articolo [102 TFUE]. Nel conformarsi a una decisione della Commissione le imprese non possono essere costrette ad ammettere di aver commesso un’infrazione, ma sono in ogni caso tenute a rispondere a quesiti concreti e a fornire documenti, anche se tali informazioni possono essere utilizzate per accertare contro di esse o contro un’altra impresa l’esistenza di un’infrazione».

    5.        L’articolo 18 («Richiesta di informazioni») del regolamento n. 1/2003 prevede, nelle parti qui di rilievo, quanto segue:

    «1. Per l’assolvimento dei compiti affidatile dal presente regolamento, la Commissione può, mediante semplice domanda o con decisione, richiedere alle imprese e associazioni di imprese di fornire tutte le informazioni necessarie.

    2. Nell’inviare una semplice domanda di informazioni ad un’impresa o associazione di imprese, la Commissione indica le basi giuridiche e lo scopo della domanda, precisa le informazioni richieste e stabilisce il termine entro il quale le informazioni devono essere fornite nonché le sanzioni previste dall’articolo 23 nel caso in cui siano fornite informazioni inesatte o fuorvianti.

    3. Quando richiede alle imprese o associazioni di imprese di comunicare informazioni mediante decisione, la Commissione indica le basi giuridiche e lo scopo della domanda, precisa le informazioni richieste e stabilisce un termine entro il quale esse devono essere fornite. Indica altresì le sanzioni previste dall’articolo 23 e indica o commina le sanzioni di cui all’articolo 24. Fa menzione inoltre del diritto di presentare ricorso dinanzi alla Corte di giustizia delle Comunità europee avverso la decisione.

    (…)».

    II – Fatti

    6.        Nel 2008 e nel 2009 la Commissione, in applicazione dell’articolo 20 del regolamento n. 1/2003, effettuava varie ispezioni nei locali di diverse società attive nel settore del cemento, ivi compresi i locali della Italcementi Fabbriche Riunite Cemento SpA (in prosieguo: l’«Italcementi»), la Ciments français SA, la Ciment Calcia SA e la Ciment Belges SA, società controllate, in base alla sentenza impugnata, direttamente o indirettamente dalla ricorrente. A tali ispezioni seguiva l’invio, nel 2009 e nel 2010, di una serie di richieste di informazioni ai sensi dell’articolo 18, paragrafo 2, del regolamento n. 1/2003, indirizzate, tra le altre, all’Italcementi.

    7.        Con lettera del 4 novembre 2010, la Commissione informava l’Italcementi della propria intenzione di inviarle una decisione di richiesta d’informazioni ai sensi dell’articolo 18, paragrafo 3, del regolamento n. 1/2003 e le trasmetteva la bozza di questionario che intendeva allegare a detta decisione. Il 15 novembre e il 1° dicembre 2010, l’Italcementi presentava alla Commissione le sue osservazioni.

    8.        Il 6 dicembre 2010, la Commissione informava la ricorrente della propria decisione di avviare un procedimento ai sensi dell’articolo 11, paragrafo 6, del regolamento n. 1/2003 e dell’articolo 2 del regolamento (CE) n. 773/2004 (4) nei confronti suoi e di altre sette società per presunte infrazioni all’articolo 101 TFUE, consistenti in restrizioni delle importazioni verso il SEE provenienti da paesi non SEE, ripartizione del mercato, coordinamento dei prezzi e connesse pratiche anticompetitive nel mercato del cemento e dei prodotti ad esso correlati.

    9.        Il 30 marzo 2011, la Commissione adottava la decisione C (2011) 2364 definitivo, relativa a un procedimento ai sensi dell’articolo 18, paragrafo 3, del regolamento n. 1/2003 (Caso 39520 – Cemento e prodotti collegati) (in prosieguo: la «decisione impugnata»).

    10.      Nella decisione impugnata la Commissione dichiarava che, conformemente all’articolo 18 del regolamento n. 1/2003, per l’assolvimento dei compiti affidatile da tale regolamento essa può, mediante semplice domanda o con decisione, richiedere alle imprese e associazioni di imprese di fornire tutte le informazioni necessarie (considerando 3 della decisione impugnata). Dopo aver ricordato che l’Italcementi era stata informata della sua intenzione di adottare una decisione ai sensi dell’articolo 18, paragrafo 3, del regolamento n. 1/2003 e che tale impresa aveva presentato osservazioni in merito ad una bozza di questionario (considerando 4 e 5 della decisione impugnata), la Commissione chiedeva alla ricorrente e alle sue controllate, mediante decisione, di rispondere al questionario contenuto nell’allegato I. L’allegato I comprendeva, in particolare, 78 pagine e 10 serie di domande. Le istruzioni per rispondere alle domande del questionario erano contenute nell’allegato II, mentre i modelli di risposta erano contenuti nell’allegato III.

    11.      La Commissione richiamava l’attenzione anche sulle presunte infrazioni (considerando 2 della decisione impugnata), che essa descriveva come segue: «[l]e presunte infrazioni rivestono la forma di restrizioni degli scambi commerciali nello Spazio economico europeo (SEE), comprese restrizioni delle importazioni nel SEE da paesi non SEE, ripartizione del mercato, coordinamento dei prezzi e connesse pratiche anticoncorrenziali nei mercati del cemento e dei prodotti collegati». Data la natura e la quantità delle informazioni richieste, nonché la gravità delle presunte infrazioni alle regole di concorrenza, la Commissione riteneva opportuno accordare alla ricorrente un termine di dodici settimane per la risposta alla richiesta di informazioni.

    12.      Il dispositivo della decisione impugnata è così formulato:

    «Articolo 1

    Italmobiliare SpA, insieme alle sue società consociate direttamente o indirettamente controllate situate nell’Unione europea, fornisce, entro dodici settimane calcolate dalla data della notifica della presente decisione, le informazioni indicate nell’allegato I alla presente decisione nella forma richiesta nell’allegato II e nell’allegato III della presente decisione. Entrambi gli allegati costituiscono parte integrante della presente decisione.

    Articolo 2

    Italmobiliare SpA, insieme alle sue società consociate direttamente o indirettamente controllate situate nell’Unione europea, è destinataria della presente decisione».

    13.      Il 27 giugno e l’11 luglio 2011, la ricorrente ha fornito le sue risposte al questionario inviato dalla Commissione.

    III – Procedimento dinanzi al Tribunale e sentenza impugnata

    14.      Con atto introduttivo depositato l’8 giugno 2011, l’Italmobiliare ha chiesto al Tribunale di annullare la decisione impugnata.

    15.      Con sentenza del 14 marzo 2014, Italmobiliare/Commissione, T‑305/11 (in prosieguo: la «sentenza impugnata») (5), il Tribunale ha respinto il ricorso e ha condannato l’Italmobiliare alle spese.

    IV – Procedimento dinanzi alla Corte e conclusioni

    16.      Con l’impugnazione, proposta alla Corte il 26 maggio 2014, l’Italmobiliare chiede che la Corte voglia:

    –        annullare la sentenza nella causa T‑305/11 e annullare la decisione impugnata;

    –        ove ritenute opportune e necessarie, disporre le misure di organizzazione del procedimento o d’istruttoria previste negli articoli 62 e 64 del regolamento di procedura della Corte;

    –        condannare la Commissione alle spese relative al primo grado e all’impugnazione;

    –        in subordine, rinviare la causa dinanzi al Tribunale, affinché si pronunci nuovamente in merito.

    17.      La Commissione, dal canto suo, chiede che la Corte voglia:

    –        respingere l’impugnazione;

    –        in subordine, ove necessario, confermare la legittimità della decisione impugnata;

    –        condannare l’Italmobiliare alle spese.

    V –    Analisi dei motivi d’impugnazione

    18.      L’Italmobiliare solleva cinque motivi d’impugnazione, vertenti, essenzialmente, sulla questione se il Tribunale abbia correttamente interpretato i poteri della Commissione di chiedere informazioni a norma del regolamento n. 1/2003.

    19.      Le disposizioni normative fondamentali e la giurisprudenza sui poteri della Commissione di richiedere informazioni sono oggetto delle mie conclusioni relative alla causa HeidelbergCement AG/Commissione (6), anch’esse presentate in data odierna.

    20.      È in tale contesto che valuterò i motivi di impugnazione dedotti dalla ricorrente.

    A –    Destinatario della decisione

    1.      Argomenti delle parti

    21.      Con il suo primo motivo d’impugnazione, l’Italmobiliare sostiene che il Tribunale, nel ritenere che la Commissione potesse, nel caso in esame, inviare una domanda di informazioni a una semplice holding finanziaria il cui controllo sull’Italcementi non era stato dimostrato, avrebbe interpretato e applicato erroneamente l’articolo 18 del regolamento n. 1/2003. La ricorrente eccepisce, inoltre, una violazione del principio del legittimo affidamento in quanto, all’interno di comunicazioni precedenti, la Commissione aveva affermato che l’Italcementi sarebbe stata destinataria di una decisione ai sensi dell’articolo 18, paragrafo 3. La ricorrente lamenta, infine, una violazione del principio di non discriminazione: nell’ambito dell’indagine di cui trattasi, essa era l’unica holding finanziaria cui è stata inviata una decisione a norma dell’articolo 18, paragrafo 3, benché altri gruppi societari oggetto della medesima indagine avessero una siffatta holding al vertice della propria struttura societaria.

    22.      La Commissione sostiene che la prima parte del presente motivo d’impugnazione è inammissibile in quanto solleva questioni di fatto e che, in ogni caso, l’articolo 18, paragrafo 3, del regolamento n. 1/2003 autorizza la Commissione a richiedere informazioni a chiunque essa ritenga ragionevolmente essere in possesso di informazioni rilevanti. La Commissione aggiunge, da un lato, che l’Italmobiliare non poteva inferire nessuna conclusione certa dal fatto che la bozza di questionario era stata inviata all’Italcementi e, dall’altro, che non aveva fornito assicurazioni precise e incondizionate all’Italcementi sull’invio di una futura decisione.

    2.      Analisi

    23.      Con il primo motivo d’impugnazione, la ricorrente eccepisce tre differenti presunti errori che il Tribunale avrebbe commesso nel considerare che la decisione impugnata poteva legittimamente essere indirizzata alla ricorrente.

    24.      Prima di affrontare la parte più complessa del presente motivo – ossia, se un’impresa possa essere destinataria di una richiesta di informazioni che riguarda primariamente l’attività di un’altra impresa di cui essa detiene azioni –, desidero occuparmi delle altre parti del primo motivo d’impugnazione.

    25.      Ritengo, anzitutto, che il Tribunale non abbia commesso alcun errore di diritto nel ritenere che la ricorrente non avesse ricevuto dalla Commissione assicurazioni precise, incondizionate e concordanti circa il fatto che una futura decisione ai sensi dell’articolo 18, paragrafo 3, del regolamento n. 1/2003 sarebbe stata indirizzata all’Italcementi. In primo luogo, il questionario inviato all’Italcementi il 4 novembre 2010 era solo una bozza, realizzata dai servizi della Commissione per ricevere commenti nell’ottica di migliorare il testo del questionario finale. Una mera consultazione non può, di per sé, vincolare la Commissione rispetto all’adozione di una decisione vincolante ai sensi dell’articolo 18, paragrafo 3 (7). Comunque, il testo della bozza di questionario non può essere preso in considerazione per escludere che altre società, appartenenti allo stesso gruppo o aventi un qualche collegamento societario con l’Italcementi, possano essere destinatarie di una decisione ai sensi dell’articolo 18, paragrafo 3. In secondo luogo, il fatto che la ricorrente fosse la destinataria della decisione di avvio del procedimento, adottata solo pochi giorni dopo l’invio della bozza di questionario all’Italcementi, esclude che eventuali rassicurazioni che la ricorrente affermi aver ricevuto dalla Commissione al riguardo possano essere «precise, incondizionate e concordanti» ai sensi della giurisprudenza della Corte in materia di legittimo affidamento (8).

    26.      Per quanto attiene alla presunta discriminazione, ritengo che tale censura non sia fondata. Come spiegherò nei paragrafi che seguono, l’articolo 18 del regolamento n. 1/2003 autorizza la Commissione a richiedere informazioni da ogni impresa che essa ritenga essere in possesso di informazioni rilevanti ai fini della sua indagine. Pertanto, la natura delle attività svolte da un’impresa destinataria della richiesta di informazione è, in linea di principio, irrilevante. È quindi irrilevante se l’Italmobiliare sia stata trattata in modo diverso rispetto ad altre società che erano, anch’esse, holding finanziarie. Non si può, infatti, escludere che tali società, in termini di possesso di informazioni ricercate dalla Commissione, si trovassero in una posizione diversa rispetto a quella dell’Italmobiliare. Nulla risulta dagli atti che avrebbe potuto consentire al Tribunale di confrontare l’Italmobiliare con tali società sotto tale profilo.

    27.      Ciò detto, esaminerò ora quella che costituisce, a mio avviso, la questione centrale sollevata dal primo motivo d’impugnazione, ossia se la Commissione, nel caso di specie, potesse inviare una decisione di richiesta di informazioni a una società titolare di azioni delle società sospettate di aver violato l’articolo 101 TFUE.

    28.      Tale questione – in punto di diritto e, quindi, ammissibile in sede d’impugnazione – trae origine dal fatto che la ricorrente afferma di aver operato, all’epoca dell’adozione della decisione impugnata, solo come «holding finanziaria». Né la decisione impugnata né la sentenza impugnata, a detta della ricorrente, forniscono prove del fatto che essa controllasse le società del gruppo Italcementi. Secondo la ricorrente, in mancanza di simili prove, era illogico ritenere che essa fosse in possesso di informazioni rilevanti ai fini dell’indagine.

    29.      A questo proposito occorre ricordare che, a norma dell’articolo 18 del regolamento n. 1/2003, la Commissione può inviare una richiesta di informazioni a ogni impresa che possa detenere informazioni rilevanti, a prescindere dal suo coinvolgimento nella sospetta violazione.

    30.      La Commissione gode di un’ampia discrezionalità nell’esercizio dei poteri ad essa conferiti dal regolamento n. 1/2003, compresi quelli a norma dell’articolo 18. Tale discrezionalità non è, però, del tutto libera. Infatti, nell’esercizio dei suoi poteri d’indagine, la Commissione è tenuta a rispettare i principi generali del diritto e i diritti fondamentali riconosciuti dalla normativa dell’Unione europea (9). A mio avviso, tali limiti non riguardano soltanto aspetti quali la quantità delle informazioni richieste o il periodo durante il quale tali informazioni devono essere fornite, ma anche la scelta dell’impresa cui detta richiesta di informazioni deve essere indirizzata.

    31.      Tre principi generali del diritto assumono particolare rilievo nel caso di specie.

    32.      In primo luogo, secondo una giurisprudenza costante, il principio di proporzionalità è un principio generale del diritto dell’Unione europea ed esige che gli strumenti istituiti dalle sue disposizioni siano idonei a realizzare i legittimi obiettivi perseguiti dalla normativa di cui trattasi e non vadano oltre quanto è necessario per raggiungerli (10). Qualora sia possibile una scelta fra più misure appropriate, si deve ricorrere alla meno restrittiva e, in particolare, gli inconvenienti causati devono essere proporzionati rispetto agli scopi perseguiti (11). Nel contesto delle disposizioni dell’Unione in materia di concorrenza, la Corte ha già stabilito che un accertamento è sproporzionato quando genera un inconveniente eccessivo e, quindi, intollerabile rispetto ai diritti delle imprese considerate (12).

    33.      In secondo luogo, dalla giurisprudenza della Corte risulta chiaramente che il principio della certezza del diritto, che costituisce un principio generale del diritto dell’Unione, esige che ogni atto dell’Unione, in particolare quando impone o consente di imporre sanzioni, sia chiaro e preciso, affinché le persone interessate possano essere inequivocabilmente consapevoli dei diritti e degli obblighi che ne derivano e possano agire in modo adeguato (13).

    34.      In terzo luogo, in base a una giurisprudenza consolidata, la Commissione deve, nel corso dei procedimenti amministrativi vertenti su sospette violazioni delle disposizioni dell’Unione in materia di concorrenza, rispettare il diritto ad una buona amministrazione, sancito dall’articolo 41 della Carta dei diritti fondamentali dell’Unione europea (14). Tale diritto comprende, segnatamente, il dovere dell’amministrazione dell’Unione di «motivare la propria decisione».

    35.      Nel caso in esame, la decisione della Commissione solleva questioni inerenti ai tre suddetti principi generali.

    36.      In primo luogo, per quanto attiene al principio di proporzionalità, è indubbio che l’Italmobiliare non era attiva nei mercati oggetto dell’accertamento. Allo stesso tempo, è pacifico che la Commissione sapeva – con grande precisione – quali fossero le imprese che, nell’ambito del gruppo societario Italmobiliare, erano sospettate di aver violato le regole dell’Unione in materia di concorrenza. Quattro di tali società sono state, infatti, sottoposte a ispezioni in loco nel novembre 2008. Inoltre, nel 2009 e nel 2010, l’Italcementi era stata destinataria di una serie di richieste di informazioni e della bozza di questionario inviata il 4 novembre 2010. La stessa decisione impugnata, aspetto questo importante, non si concentrava sulle attività dell’Italmobiliare, ma riguardava principalmente le attività delle suddette altre imprese.

    37.      Anche presumendo che l’Italmobiliare fosse in possesso delle informazioni ricercate o, quantomeno, potesse avere accesso ad esse, le informazioni fornite sarebbero comunque pervenute da una fonte che poteva essere considerata soltanto «di seconda mano». In altre parole, le informazioni richieste perverrebbero comunque da un’impresa che non è quella cui esse si riferiscono e da cui esse verosimilmente provengono.

    38.      Ciò detto, mi stupisce che la Commissione abbia inviato la decisione impugnata non alle suddette società – le quali, lo ripeto, erano ben note –, ma alla ricorrente. È evidente che le informazioni avrebbero potuto essere fornite più rapidamente e agevolmente da tali società.

    39.      Comunque, se la ragione per la quale la decisione impugnata è stata inviata alla ricorrente era l’ottenimento di dati da tutte le imprese del gruppo societario Italmobiliare riuniti in un singolo pacchetto di informazioni, io non la considero valida. Come spiegato dettagliatamente nelle mie conclusioni nella causa HeidelbergCement, l’articolo 18, paragrafo 3, del regolamento n. 1/2003 non permette alla Commissione di imporre al destinatario di una richiesta di informazioni di svolgere compiti appartenenti all’indagine sul caso e che quindi, in linea di principio, dovrebbero essere svolti dal personale della Commissione (15).

    40.      La ricorrente osserva, inoltre – a mio avviso, in modo convincente –, che non si può semplicemente presumere, come sembra fare la Commissione, che essa avesse, in ragione della sua mera titolarità di una partecipazione, il «controllo» su tali società e che questo significhi, a sua volta, che essa era in possesso delle informazioni ricercate o che potesse ottenerle in modo agevole e rapido. In ogni caso, anche se si ammettesse che la ricorrente, in forza del collegamento societario in essere con tali società, può avere accesso a tali informazioni, è difficile contestare che la raccolta, la formattazione e la presentazione delle informazioni richieste è resa più complicata, laboriosa e costosa. Allo stesso tempo, l’esercizio dei diritti di difesa dell’Italcementi, compreso il diritto a non autoincriminarsi, è reso più difficile in quanto tali diritti devono essere esercitati mediante il «filtro» dell’Italmobiliare.

    41.      Ciò risulta particolarmente vero nel caso in esame, posto che la decisione impugnata conteneva un numero straordinariamente ampio di domande, riguardanti aspetti tra loro molto diversi e che richiedevano risposte molto dettagliate (16). A mio avviso, la Commissione non poteva ragionevolmente aspettarsi che la ricorrente – una mera holding finanziaria – fosse già in possesso di tutte le informazioni di cui trattasi. E non poteva neppure pretendere che il personale di una holding finanziaria fosse in grado di formattare e comunicare tali informazioni in modo altrettanto efficiente e rapido quanto il personale delle società cui le suddette informazioni effettivamente appartenevano.

    42.      Tanto più che tre richieste di informazioni ai sensi dell’articolo 18, paragrafo 2, del regolamento n. 1/2003 erano state precedentemente inviate all’Italcementi, la quale vi aveva adeguatamente dato risposta. Il Tribunale ha ritenuto che molte delle domande contenute nella decisione impugnata riguardassero le stesse informazioni richieste in precedenza a norma dell’articolo 18, paragrafo 2 (17). Ritengo illogico che una decisione la quale, in larga misura, si limita a chiedere che siano nuovamente presentate informazioni già fornite, nell’ottica di riunire tali informazioni in un diverso formato (18) o di arricchirle di ulteriori dettagli (19), non sia inviata alla stessa impresa cui erano state indirizzate le precedenti richieste.

    43.      Inoltre, visto il formato particolarmente complesso e rigido richiesto per la comunicazione delle informazioni richieste, i costi implicati dalla decisione impugnata erano certamente consistenti (20). È difficile individuare una valida ragione per cui tali costi dovessero essere sostenuti da uno solo dei soci delle società oggetto dell’accertamento.

    44.      Alla luce di ciò, reputo che l’adozione di una decisione diretta alle società oggetto dell’accertamento poteva essere considerata una misura meno restrittiva, in particolare rispetto alla ricorrente.

    45.      In secondo luogo, per quanto attiene al principio della certezza del diritto, ritengo che la mancata adozione da parte della Commissione di una posizione chiara e univoca rispetto alle imprese che erano soggette all’accertamento – come indicato nei paragrafi 25 e 37 delle presenti conclusioni – abbia potuto essere fonte di incertezza per la ricorrente.

    46.      Occorre inoltre osservare, a questo proposito, che l’articolo 1 della decisione impugnata indica che «Italmobiliare SpA, insieme alle sue società consociate direttamente o indirettamente controllate situate nell’Unione europea (…) fornisce (…) le informazioni». Inoltre, l’articolo 2 della medesima decisione presenta il seguente tenore: «Italmobiliare SpA, insieme alle sue società consociate direttamente o indirettamente controllate situate nell’Unione europea, è destinataria della presente decisione». La Commissione non ha chiarito, però, in alcun modo come dovesse essere intesa la nozione di controllo diretto o indiretto.

    47.      È ovvio che tali disposizioni non possono essere interpretate nel senso che l’obbligo giuridico di fornire le informazioni richieste si applicava a tutte le imprese diverse dall’Italmobiliare: nessun obbligo di tal genere (accompagnato da sanzioni economiche) può logicamente trovare applicazione a imprese che non sono identificate e che non possono essere agevolmente identificate. Tuttavia, continuava a essere chiesto all’Italmobiliare di fornire informazioni rispetto a imprese del cui numero e della cui identità essa non poteva essere certa.

    48.      È noto che, nell’ambito delle regole dell’Unione europea in materia di concorrenza, la nozione di «controllo» può risultare talvolta piuttosto oscura. Una nozione di «controllo» è impiegata nell’ambito delle disposizioni dell’Unione applicabili al controllo delle concentrazioni (21). Allo stesso tempo, nell’ambito dei procedimenti vertenti sull’applicazione degli articoli 101 TFUE e 102 TFUE, si ricorre spesso alla nozione di «entità economica unica». Ne è espressione la copiosa giurisprudenza dei giudici dell’Unione in materia di responsabilità delle controllanti per le violazioni relative ai cartelli commesse dalle controllate; tale giurisprudenza si basa altresì sull’idea che le prime possano esercitare un «controllo» sulle seconde. Esistono, inoltre, regole a livello nazionale e internazionale sui principi contabili che fissano criteri idonei a imporre l’obbligo di consolidare i bilanci delle diverse società appartenenti a un gruppo.

    49.      Ciò premesso, in mancanza di un’indicazione esplicita da parte della Commissione su come la ricorrente avrebbe dovuto intendere il riferimento alle «sue società consociate direttamente o indirettamente controllate situate nell’Unione europea», ritengo che la decisione impugnata potesse creare per essa una situazione di incertezza del diritto.

    50.      Nel caso di specie, ciò era particolarmente problematico poiché la ricorrente, quale destinataria della decisione impugnata, era tenuta ad adempiere alla decisione in parola sotto la minaccia delle sanzioni economiche previste dagli articoli 23 e 24 del regolamento n. 1/2003. Una tale minaccia era stata sottolineata anche nel testo del questionario allegato alla decisione impugnata, in base al quale le informazioni presentate potevano essere ritenute errate o fuorvianti semplicemente perché non erano state comunicate secondo le definizioni e le istruzioni indicate negli allegati II e III della decisione impugnata (22).

    51.      In terzo luogo, per quanto attiene al diritto a una buona amministrazione – in quanto, nel caso di specie, ciò aggiunge qualcosa a quanto direttamente desunto dall’articolo 296 TFUE –, vorrei osservare che la Commissione non ha fornito alcuna spiegazione chiara del motivo per cui le informazioni siano state richieste alla ricorrente e non direttamente alle società oggetto dell’accertamento. Era, quindi, difficile per l’Italmobiliare comprendere le ragioni per cui essa, e non le suddette società, sia stata destinataria della decisione. Tale problema era acuito dal carattere vago e succinto della motivazione contenuta nella decisione impugnata (23).

    52.      Alla luce di quanto precede, ritengo che la prima parte del primo motivo d’impugnazione sia fondata e che la sentenza impugnata debba essere, quindi, annullata.

    B –    Obiettivo della richiesta di informazioni

    1.      Argomenti delle parti

    53.      Con il secondo motivo d’impugnazione, l’Italmobiliare lamenta che il Tribunale avrebbe commesso un errore di diritto nell’interpretare l’articolo 296 TFUE rispetto alla motivazione richiesta in una decisione emessa ai sensi dell’articolo 18, paragrafo 3, del regolamento n. 1/2003. La ricorrente critica, inoltre, il Tribunale per aver respinto, senza adeguata motivazione, le sue argomentazioni in merito all’errore commesso dalla Commissione nell’adottare una richiesta di informazioni vincolante ai sensi dell’articolo 18, paragrafo 3, in luogo di una semplice richiesta a norma del paragrafo 2 della medesima disposizione.

    54.      Secondo la Commissione, il motivo d’impugnazione in parola dovrebbe essere respinto. Essa sottolinea che il procedimento era ancora in una fase iniziale quando è stata adottata la decisione impugnata. Una richiesta di informazioni non può contenere il numero di dettagli richiesti rispetto a decisioni adottate al termine dell’accertamento. La Commissione aggiunge, inoltre, che l’articolo 18, paragrafo 3, del regolamento n. 1/2003 non impone alla Commissione di spiegare le ragioni che l’hanno indotta ad adottare una decisione vincolante in luogo di una semplice domanda di informazioni.

    2.      Analisi

    55.      Anzitutto, vorrei ricordare che, secondo una giurisprudenza consolidata, la motivazione degli atti adottati dalle istituzioni dell’Unione europea prescritta dall’articolo 296 TFUE deve essere adeguata alla natura dell’atto di cui trattasi e deve fare apparire in forma chiara e inequivocabile l’iter logico seguito dall’istituzione da cui esso promana, in modo da consentire agli interessati di conoscere le ragioni del provvedimento adottato e ai giudici dell’Unione di esercitare il proprio controllo. L’obbligo di motivazione dev’essere valutato in funzione delle circostanze del caso. La motivazione non deve necessariamente specificare tutti gli elementi di fatto e di diritto pertinenti, in quanto l’accertamento dell’osservanza, da parte della motivazione di un atto, degli obblighi imposti dall’articolo 296 TFUE dev’essere effettuato alla luce non solo del suo tenore, ma anche del suo contesto e del complesso delle norme giuridiche che disciplinano la materia (24).

    56.      Con riguardo alle decisioni di accertamento ai sensi dell’articolo 20 del regolamento n. 1/2003, la Corte ha recentemente confermato che la Commissione non è tenuta a comunicare ai destinatari di tali decisioni tutte le informazioni di cui è in possesso in merito a presunte infrazioni, né a procedere a una rigorosa qualificazione giuridica di tali infrazioni, purché indichi chiaramente gli addebiti che intende verificare. Se è pur vero che la Commissione è tenuta a indicare, con la maggiore precisione possibile, ciò che si ricerca e gli elementi che devono essere oggetto dell’accertamento, non è però indispensabile che una decisione di accertamento contenga una delimitazione esatta del mercato di cui trattasi, né un’esatta qualificazione giuridica delle asserite infrazioni o l’indicazione del periodo durante il quale le infrazioni sarebbero state commesse, purché la stessa decisione contenga gli elementi essenziali sopra indicati. Le ispezioni hanno infatti luogo, di norma, all’inizio di un accertamento e, di conseguenza, la Commissione non dispone ancora, in quel momento, di informazioni precise su tali aspetti. Lo scopo di un accertamento è proprio quello di raccogliere elementi di prova in relazione a una presunta infrazione così da permettere alla Commissione di verificare la fondatezza dei suoi sospetti e di compiere una valutazione giuridica più specifica (25).

    57.      Ritengo che i suddetti principi siano applicabili – mutatis mutandis – alle decisioni di richiesta di informazioni ai sensi dell’articolo 18, paragrafo 3, del regolamento n. 1/2003. È evidente che entrambi i tipi di misure perseguono il medesimo obiettivo e consistono in un’attività di raccolta di informazioni. Benché tali misure non siano formulate in termini identici, la relativa somiglianza tra le due disposizioni sembrerebbe così deporre nel senso di una loro lettura uniforme (26).

    58.      Ciò detto, la questione cruciale è se il Tribunale abbia correttamente esaminato l’adeguatezza della motivazione contenuta nella decisione impugnata. In altre parole, la questione è la seguente: tenuto conto della fase del procedimento in cui la decisione impugnata era stata adottata, la motivazione in questione è sufficientemente chiara da permettere, da un lato, al destinatario di esercitare i suoi diritti di difesa e di valutare il suo obbligo di cooperazione con la Commissione e, dall’altro, ai giudici dell’Unione di esercitare il controllo giurisdizionale?

    59.      Occorre, a mio avviso, rispondere a questa domanda in senso negativo.

    60.      Al punto 68 della sentenza impugnata, il Tribunale osserva che la motivazione della decisione impugnata era redatta «in termini molto generali che avrebbero meritato una precisazione ed è, quindi, criticabile a tal proposito». Si tratta, a mio avviso, di una circostanza difficilmente contestabile: mancano, infatti, dettagli sufficienti in relazione a tre aspetti importanti della motivazione. Mi riferisco, in particolare, alla descrizione delle asserite infrazioni, alla loro portata geografica e ai prodotti interessati dalle infrazioni.

    61.      Riguardo alle asserite infrazioni, il considerando 2 della decisione impugnata afferma quanto segue: «[l]e presunte infrazioni rivestono la forma di restrizioni degli scambi commerciali (…), comprese restrizioni delle importazioni (…), ripartizione del mercato, coordinamento dei prezzi e connesse pratiche anticoncorrenziali». Detta descrizione delle possibili infrazioni risulta non solo vaga («restrizioni degli scambi commerciali», «comprese restrizioni delle importazioni»), ma anche omnicomprensiva («connesse pratiche anticoncorrenziali»). Il riferimento alla «ripartizione del mercato» e al «coordinamento dei prezzi» è talmente generico da non contribuire a delimitare con maggiore precisione la natura della condotta sospettata dalla Commissione. La maggior parte dei cartelli comprende, infatti, elementi di ripartizione del mercato e di coordinamento dei prezzi. In pratica, la descrizione in parola sembra abbracciare la maggioranza delle tipologie di condotte vietate dall’articolo 101 TFUE.

    62.      Quanto alla portata geografica delle presunte infrazioni, la decisione impugnata indica le restrizioni dei flussi commerciali nel SEE, includendo restrizioni delle importazioni verso di esso provenienti da paesi non SEE. È vero che in una decisione ai sensi dell’articolo 18 non è necessario definire la componente geografica del mercato rilevante (27), ma un qualche riferimento ad almeno alcuni degli Stati interessati doveva pur essere possibile. In particolare, non è chiaro se il mercato potenzialmente leso sia l’intero SEE o soltanto una parte di esso e, in tal caso, quale parte.

    63.      La decisione impugnata è infine ancor più vaga quando si tratta di spiegare i prodotti oggetto dell’indagine. In pratica, viene identificato soltanto il cemento come prodotto rilevante, dato che – quanto al resto – la decisione fa riferimento a «mercati dei prodotti (…) correlati [al cemento]». Ancora una volta, la descrizione in parola non è soltanto estremamente vaga (quanto strettamente devono essere «correlati» i prodotti?), ma ricomprende potenzialmente tutti i prodotti di cui la ricorrente si occupa (come venditrice o acquirente).

    64.      Secondo il Tribunale (28), la scarsità di dettagli nella decisione impugnata è in parte compensata dal fatto che essa fa espressamente riferimento alla decisione della Commissione di avvio del procedimento, contenente informazioni aggiuntive sulla portata geografica della presunte infrazioni e sulla tipologia dei prodotti interessati.

    65.      La ricorrente contesta che i vizi della decisione impugnata possano essere sanati mediante un mero rinvio a una precedente decisione e osserva che, in ogni caso, la decisione di avvio del procedimento è anch’essa priva di alcuni dettagli.

    66.      A mio avviso, gli atti dell’Unione che impongono obblighi gravanti sulla sfera privata dei singoli o delle imprese e che, se non rispettati, comportano il rischio di pesanti sanzioni economiche dovrebbero essere suffragati, in linea di principio, da un’autonoma motivazione (29). È infatti importante mettere tali persone o imprese nelle condizioni di comprendere le motivazioni di un atto di tale tipo senza un eccessivo sforzo interpretativo (30), al fine di permettere loro di esercitare i propri diritti in modo efficace e tempestivo. Ciò è tanto più vero per gli atti che contengono riferimenti espliciti ad atti precedenti aventi una motivazione diversa. Ogni significativa differenza tra i due atti in parola può essere fonte di incertezza per il destinatario.

    67.      Ciononostante, ritengo, in via eccezionale, che nel presente caso il Tribunale abbia correttamente stabilito che la motivazione della decisione impugnata può essere letta insieme alle motivazioni contenute nella decisione di avvio del procedimento. Le due decisioni sono state adottate nel contesto della stessa indagine e riguardano le stesse presunte infrazioni. Esse sono state anche adottate nell’arco di un periodo breve. Aspetto ancora più importante, non sembrano esserci differenze rilevanti tra le motivazioni presenti nelle due decisioni. Ritengo quindi che, nel presente caso, la prima decisione debba essere considerata come il «contesto» della seconda, di cui il destinatario non poteva non essere a conoscenza (31).

    68.      Tuttavia, se è vero che la prima decisione comprendeva dettagli più significativi quanto alla portata geografica delle presunte infrazioni (elencando gli Stati membri potenzialmente interessati), essa non era altrettanto precisa quanto alla natura di tali infrazioni e ai prodotti interessati. In particolare, la spiegazione fornita della nozione di «cemento e prodotti collegati», di cui alla nota a pag. 4 della decisione in parola, comprende una serie di prodotti potenzialmente molto ampia e varia.

    69.      Ciò detto, ritengo che il fatto che una motivazione possa essere troppo generica o in qualche modo vaga rispetto a determinati aspetti non comporti l’invalidità se il resto della decisione permette al destinatario e ai giudici dell’Unione di comprendere con sufficiente precisione le informazioni ricercate dalla Commissione e le relative ragioni (32). Infatti, anche se soltanto in modo indiretto o implicito, l’oggetto delle questioni poste può fare ulteriore chiarezza su una motivazione redatta senza la precisione dovuta. Dopo tutto, questioni molto precise e focalizzate rivelano inevitabilmente la portata dell’indagine della Commissione. Ciò è, a mio avviso, particolarmente vero per gli atti adottati in una fase iniziale del procedimento, quando la portata dell’indagine non è ancora pienamente e definitivamente stabilita e può, di fatto, dover essere limitata o ampliata in seguito, alla luce delle informazioni raccolte in un momento successivo.

    70.      Nel caso di specie, tuttavia, è vero piuttosto il contrario. Le domande poste all’Italmobiliare sono eccezionalmente numerose e coprono tipologie di informazioni molto diverse tra di loro. A mio avviso, è estremamente difficile individuare un filo conduttore tra le domande contenute nel questionario (33). Alcune di esse non sembrano inoltre essere pienamente in linea con quanto stabilito nella precedente decisione di avvio del procedimento: ad esempio, le domande 3 e 4 (che richiedono un numero particolarmente significativo di informazioni su un periodo di oltre dieci anni) non sono limitate agli Stati membri individuati come potenzialmente oggetto della decisione di avvio del procedimento.

    71.      Per inciso, qualora il filo conduttore che lega alcune delle questioni in parola dovesse essere una completa mappatura della struttura dei costi e dei ricavi dell’impresa al fine di permettere alla Commissione di analizzarla mediante metodi econometrici (confrontandoli con quelli di altre società attive nel settore del cemento), ci si potrebbe chiedere se una siffatta ampia e omnicomprensiva richiesta di informazioni sia in linea con l’articolo 18. A meno che la Commissione sia in possesso di concreti indizi di una condotta censurabile cui una tale analisi potrebbe fornire il necessario sostegno, una tale richiesta sembrerebbe più adatta a fondare un’indagine settoriale a norma dell’articolo 17 del regolamento n. 1/2003.

    72.      Date le circostanze, concordo con la ricorrente che la finalità della richiesta di informazioni della Commissione non era sufficientemente chiara e inequivocabile. Era, quindi, eccessivamente difficile per l’impresa comprendere le presunte infrazioni e valutare la portata del suo obbligo di cooperazione con la Commissione e, se necessario, esercitare il suo diritto di difesa, ad esempio rifiutandosi di rispondere alle domande che riteneva illegittime. Tanto più che talune domande si riferivano a informazioni non meramente di fatto, implicanti un giudizio di valore (34), mentre altre erano piuttosto vaghe (35). Stando così le cose, la ricorrente non poteva, rispetto a tali domande, evitare facilmente il rischio che le risposte fornite contribuissero alla sua incriminazione (36).

    73.      La mancanza di dettagli non può – contrariamente a quanto sostiene la Commissione – essere giustificata dal fatto che la decisione impugnata era stata adottata in una fase iniziale dell’indagine. La decisione è stata, infatti, emanata quasi tre anni dopo il suo avvio. Durante quel periodo, erano state compiute numerose ispezioni e la Commissione aveva formulato richieste di informazioni estremamente dettagliate cui le imprese avevano dato risposta. Qualche mese prima dell’adozione della decisione impugnata, la Commissione aveva, infatti, ritenuto di aver raccolto elementi sufficienti per avviare un procedimento ai sensi dell’articolo 11, paragrafo 6, del regolamento n. 1/2003 e dell’articolo 2 del regolamento n. 773/2004. Tali elementi avrebbero dovuto permettere alla Commissione di motivare in modo più dettagliato la decisione impugnata.

    74.      Concordo con la Commissione che il numero di informazioni richiesto in una motivazione dipende, in particolare, dalle informazioni di cui la Commissione è in possesso al momento dell’adozione di una decisione ai sensi dell’articolo 18 (37). Tuttavia, a mio avviso, ciò implica necessariamente che una motivazione che può essere accettabile rispetto a una decisione adottata all’inizio di un’indagine (vale a dire una decisione che ordina a un’impresa di sottoporsi a un accertamento ai sensi dell’articolo 20 o la prima richiesta di informazioni ai sensi dell’articolo 18, paragrafo 3) possa non esserlo altrettanto rispetto a una decisione adottata in una fase molto più avanzata dell’indagine, quando la Commissione dispone di informazioni più ampie sulle presunte infrazioni.

    75.      In tale contesto, reputo ingiustificabile che, nonostante tutte le informazioni già fornite alla Commissione negli anni precedenti e nonostante gli sforzi aggiuntivi che la decisione impugnata imponeva, l’Italcementi sia stata lasciata all’oscuro della precisa portata dell’indagine della Commissione.

    76.      Credo, inoltre, che la ricorrente giustamente sostenga che l’esercizio del controllo giurisdizionale da parte dei giudici dell’Unione sulla legittimità della decisione impugnata è stato reso significativamente più difficile. Come spiegato più nel dettaglio nelle mie conclusioni relative alla causa HeidelbergCement (38), viste le scarse informazioni sulle presunte infrazioni contenute nella decisione impugnata (anche se letta alla luce della decisione di avvio del procedimento), diviene difficile per la Corte verificare il soddisfacimento dei requisiti di necessità e di proporzionalità della richiesta (39). Quanto al primo requisito, la Corte è chiamata a valutare se il collegamento tra la presunta infrazione e le informazioni richieste sia sufficientemente stretto da giustificare la richiesta della Commissione. Riguardo al secondo dei requisiti succitati, la Corte deve stabilire se gli sforzi richiesti a un’impresa siano o meno giustificati nell’interesse pubblico e se siano o meno eccessivi.

    77.      Per le ragioni che precedono, ritengo che il Tribunale abbia erroneamente interpretato e applicato l’articolo 296 TFUE e l’articolo 18, paragrafo 3, del regolamento n. 1/2003 rispetto alla necessaria motivazione di una decisione di richiesta di informazioni. La sentenza impugnata deve, quindi, essere annullata nei limiti in cui il Tribunale ha ritenuto, per le ragioni indicate nei punti da 51 a 72 della sentenza in parola, che la decisione impugnata fosse adeguatamente motivata.

    C –    Sufficienti indizi di una violazione

    1.      Argomenti delle parti

    78.      Con il suo terzo motivo d’impugnazione, l’Italmobiliare critica l’analisi svolta dal Tribunale rispetto alla contestazione da essa mossa alla Commissione, ossia di aver agito, nell’adottare la decisione ai sensi dell’articolo 18, paragrafo 3, del regolamento n. 1/2003, ultra vires. Secondo la ricorrente, risulta evidente dalla significativa quantità e vaghezza delle informazioni richieste che la Commissione non disponeva, all’atto dell’emanazione della decisione impugnata, di indizi sufficienti dell’esistenza di una violazione dell’articolo 101 TFUE. La Commissione avrebbe dovuto, quindi, agire ai sensi dell’articolo 17 del regolamento in parola. La ricorrente contesta, inoltre, al Tribunale di non aver disposto alcun mezzo istruttorio volto a verificare se la Commissione fosse in possesso di indizi sufficienti per adottare una decisione ai sensi dell’articolo 18, paragrafo 3.

    79.      La Commissione sostiene che il motivo d’impugnazione in parola è irricevibile e, in ogni caso, infondato.

    2.      Analisi

    80.      Con tale motivo d’impugnazione, l’Italmobiliare contesta essenzialmente che la Commissione non disponeva di motivi sufficienti per sospettare una violazione e che la quantità e il tipo di informazioni richieste rivelano che la Commissione stava conducendo una «fishing expedition».

    81.      Concordo con la Commissione nel ritenere che il motivo d’impugnazione in parola sia in parte inammissibile e in parte infondato.

    82.      In primo luogo, la ricorrente, quando afferma che il Tribunale ha errato nel valutare gli elementi forniti in primo grado a fondamento del motivo attinente a un’azione ultra vires da parte della Commissione, sta essenzialmente chiedendo alla Corte di valutare ex novo tali elementi. Ciò non è però ammesso in sede d’impugnazione.

    83.      In secondo luogo, occorre respingere anche la censura mossa alla decisione del Tribunale di non aver disposto d’ufficio mezzi istruttori o misure di organizzazione del procedimento diretti a verificare l’effettiva esistenza di sufficienti indizi rivelatori di un’infrazione. In base a una giurisprudenza consolidata, il Tribunale è il solo giudice dell’eventuale necessità di integrare gli elementi di informazione di cui dispone nelle cause di cui è investito. Il valore probatorio o meno degli atti del processo rientra nella sua valutazione insindacabile dei fatti che sfugge al controllo della Corte nell’ambito del ricorso d’impugnazione, eccetto in caso di snaturamento degli elementi di prova presentati al Tribunale o quando l’inesattezza materiale degli accertamenti effettuati da quest’ultimo risulti dagli atti (40). Tale principio è tanto più valido quando si discute dell’adozione ex officio di mezzi istruttori o di misure di organizzazione del procedimento (41).

    84.      Nel caso di specie, la ricorrente poteva chiedere al Tribunale di adottare tali misure al fine di verificare se la Commissione fosse in possesso di indizi sufficienti. Nella causa «parallela» Cementos Portland Valderrivas/Commissione, il Tribunale, a fronte di un’espressa richiesta da parte del ricorrente, ha, infatti, ordinato alla Commissione di produrre gli indizi in suo possesso per permettergli di sincerarsi dell’assenza di arbitrarietà della decisione impugnata (42).

    85.      Tuttavia, nel caso di specie, la ricorrente non ha presentato una domanda del genere. Ritengo quindi difficile censurare il Tribunale per aver deciso, vista la genericità degli argomenti dedotti dalla ricorrente (valutazione questa che non può essere rivista in sede d’impugnazione) e in mancanza di una specifica richiesta, che non era necessario indagare ulteriormente la questione (43).

    D –    Proporzionalità

    1.      Argomenti delle parti

    86.      Con il quarto motivo d’impugnazione, la ricorrente sostiene essenzialmente che il Tribunale ha erroneamente interpretato e applicato il principio di proporzionalità. Secondo la ricorrente, il Tribunale avrebbe mancato, da un lato, di riconoscere l’esistenza di misure meno restrittive per raggiungere l’obiettivo perseguito (come un’indagine settoriale o una semplice domanda di informazioni) e, dall’altro, di censurare l’onere eccessivo e intollerabile procurato alla ricorrente dalla decisione impugnata.

    87.      La Commissione sostiene che il Tribunale ha correttamente valutato il principio di proporzionalità nel caso in esame; la decisione impugnata non viola tale principio.

    2.      Analisi

    88.      Il motivo d’impugnazione in esame solleva due diversi interrogativi sotto il profilo della proporzionalità. Li esaminerò uno alla volta.

    a)      Scelta dello strumento giuridico

    89.      Con la prima parte del motivo d’impugnazione in questione, si chiede essenzialmente se la Commissione – come suggerito dalla ricorrente – abbia violato il principio di proporzionalità adottando una decisione vincolante ai sensi dell’articolo 18, paragrafo 3, del regolamento n. 1/2003 invece di emettere una semplice domanda di informazioni a norma del secondo paragrafo della disposizione di cui trattasi o di ricorrere a un’indagine settoriale ai sensi dell’articolo 17 del medesimo regolamento.

    90.      Tale posizione non mi convince.

    91.      In primo luogo, per quanto attiene alle indagini settoriali, osservo che il Tribunale non ha accertato che la Commissione mancasse di indizi sufficienti per poter inviare una richiesta di informazioni ai sensi dell’articolo 18, paragrafo 3, del regolamento n. 1/2003. La censura sollevata dalla ricorrente a questo proposito non può essere accolta per le ragioni illustrate in precedenza (44). Non vi è, quindi, alcuna ragione per sostenere che la Commissione avrebbe potuto o avrebbe dovuto avviare un’indagine settoriale ai sensi dell’articolo 17 del regolamento n. 1/2003.

    92.      Se la Commissione era in possesso di indizi sufficienti dell’esistenza di possibili violazioni delle disposizioni dell’Unione in materia di concorrenza (aspetto questo su cui la presente Corte non può esprimersi in sede d’impugnazione), allora l’articolo 18 del regolamento n. 1/2003 costituisce la corretta base giuridica per indagare in proposito.

    93.      In secondo luogo, per quanto attiene alle semplici domande di informazioni a norma dell’articolo 18, paragrafo 2, del regolamento n. 1/2003, vorrei osservare quanto segue. Le informazioni richieste nella decisione impugnata consistono per lo più in dati che la Commissione aveva domandato a tutte le imprese sospettate di aver preso parte alla presunta violazione per metterli a confronto. La Commissione poteva fare un confronto utile solamente ove le informazioni richieste fossero state fornite all’incirca nello stesso momento, e in modo preciso e completo. Eventuali errori o ritardi, anche solo da parte di un singolo interlocutore, avrebbero impedito alla Commissione di procedere al confronto voluto o, comunque, non lo avrebbero reso sufficientemente attendibile.

    94.      Date le circostanze, la Commissione poteva legittimamente ritenere che l’adozione di una decisione vincolante ai sensi dell’articolo 18, paragrafo 3, fosse il metodo più appropriato per garantire al meglio la completezza e la correttezza delle informazioni richieste e la loro tempestiva comunicazione.

    95.      La prima parte del presente motivo d’impugnazione dovrebbe, pertanto, essere respinta.

    b)      Proporzionalità in senso stretto

    96.      Vorrei anzitutto ricordare che la Corte ha più volte sottolineato che l’esigenza di proteggere i singoli da interventi arbitrari o sproporzionati delle autorità pubbliche nella loro sfera di attività privata, compresi i casi in cui tali autorità stanno dando attuazione alle regole in materia di concorrenza, è un principio generale del diritto dell’Unione (45). In particolare, una misura istruttoria è sproporzionata quando costituisce un’eccessiva e, quindi, intollerabile interferenza in tali diritti (46).

    97.      Ovviamente, non esiste esame inequivocabile per stabilire se una determinata richiesta di informazioni inviata a una data impresa sia eccessiva o meno. Solo una valutazione caso per caso che tenga in considerazione tutte le circostanze rilevanti permette di rispondere a tale questione.

    98.      Due elementi, in particolare, dovrebbero essere soppesati gli uni con gli altri per valutare la proporzionalità di una specifica richiesta di informazioni. Da un lato, vi è l’interesse pubblico che giustifica l’indagine della Commissione e la necessità per tale istituzione di ricevere le informazioni che le permettono di svolgere i compiti affidatile dal Trattato. Quanto più una sospetta infrazione è dannosa per la concorrenza, tanto più la Commissione dovrebbe potersi aspettare da un’impresa uno sforzo per fornire le informazioni richieste per adempiere al suo obbligo di cooperazione attiva. Dall’altro, vi è la mole di lavoro derivante, in capo a un’impresa, dalla richiesta di informazioni. Quanto maggiore è la mole di lavoro generata, che distoglie l’attenzione del personale dell’impresa dalle normali attività lavorative e comporta costi aggiuntivi, tanto più eccessiva può essere considerata la richiesta di informazioni in parola.

    99.      Nel caso in esame, la Commissione afferma che la presunta condotta della ricorrente costituisce una violazione molto grave delle regole dell’Unione in materia di concorrenza. Malgrado le scarse informazioni fornite al riguardo nella decisione impugnata o nella decisione di avvio del procedimento, l’opinione della Commissione, a detta della quale le conseguenze delle sospette infrazioni potrebbero essere, se provate, particolarmente gravi per i consumatori europei, può probabilmente essere condivisa (47).

    100. Ciononostante, la mole di lavoro procurata alla ricorrente dalla decisione impugnata (descritta come comportante una «mole di lavoro particolarmente significativa» nella sentenza impugnata) (48) sembra eccessivamente e irragionevolmente onerosa.

    101. Non si può certo negare che la decisione impugnata richieda la comunicazione di una straordinaria quantità di dati, che coprono quasi tutte le attività economiche della ricorrente in dodici Stati membri nell’arco di un decennio.

    102. La mera compilazione di alcune risposte ha, inoltre, generato un notevole carico di lavoro per la ricorrente, obbligandola a rivedere praticamente tutte le transazioni economiche effettuate da diverse società appartenenti al suo gruppo in un periodo di oltre dieci anni per estrapolare e riunire i dati richiesti.

    103. L’enorme mole di lavoro procurata dalla decisione impugnata è imputabile anche al formato imposto dalla Commissione per la comunicazione delle informazioni richieste. Infatti, nell’era digitale il fatto che una richiesta di informazioni imponga la comunicazione di un numero molto elevato di informazioni può spesso assumere un’importanza secondaria. In molti casi, la mole di lavoro procurata da una domanda di informazioni dipenderà principalmente dalle modalità con cui la Commissione chiede al destinatario di tale richiesta di comunicare le informazioni. In altre parole, il carico di lavoro maggiore per l’impresa può spesso derivare dal formato imposto dalla Commissione per comunicare le informazioni richieste.

    104. A tal riguardo, osservo che l’allegato II (informazioni dettagliate per rispondere al questionario) e l’allegato III (modelli di risposta) della decisione impugnata raggiungono insieme una lunghezza di quasi 30 pagine di estrema complessità. Il formato imposto era di una rigidità assoluta e le istruzioni erano eccezionalmente dettagliate.

    105. Riguardo alla rigidità del modello, vorrei sottolineare che il pieno rispetto del formato richiesto era accompagnato da un’esplicita minaccia di sanzioni. Nel riquadro in apertura del questionario, la Commissione scrive (in grassetto sottolineato): «Vi preghiamo di considerare che la Vostra risposta può essere ritenuta errata o fuorviante in caso di mancato rispetto delle definizioni e delle istruzioni che seguono».

    106. Per quanto attiene alla natura eccezionalmente dettagliata delle istruzioni, vorrei semplicemente fare riferimento alle prescrizioni oltremodo meticolose previste per le risposte che la Commissione ha richiesto fossero fornite all’interno di un file Excel. La ricorrente poteva utilizzare soltanto i modelli contenuti nell’allegato III e le veniva chiesto di seguire rigorosamente le istruzioni riguardanti, in particolare, il numero di file da fornire, il numero di fogli di calcolo per ogni file, il nome di ciascun foglio di calcolo, le abbreviazioni da usare, i nomi e i numeri delle colonne o delle righe, il formato delle date e l’uso di spazi, caratteri speciali o simboli (49).

    107. Inoltre, i numerosi e quasi criptici codici che il destinatario della decisione era tenuto ad utilizzare – «in modo uniforme» e «nelle risposte a tutte le domande», come sottolineato dalla Commissione (50) – non aumentavano certo la comprensibilità per il destinatario e la facilità d’uso della decisione impugnata, né agevolavano il compito dell’impresa di compilare le risposte.

    108. È corretto affermare che, anche per un imprenditore esperto, il formato in questione sembra, a prima vista, un rompicapo.

    109. Come ho spiegato nelle mie conclusioni relative alla causa HeidelbergCement, la nozione di «informazioni» ai sensi dell’articolo 18 del regolamento n. 1/2003 non può essere interpretata nel senso di autorizzare la Commissione a richiedere all’impresa di comunicare le informazioni richieste in uno specifico formato. I destinatari delle richieste di informazioni sono ovviamente tenuti a rispondervi fornendo informazioni, non solo corrette e complete, ma anche precise e chiare. Inoltre, se è loro richiesto di comunicare le informazioni in un determinato formato al fine di fornire informazioni utili, è giusto pretendere che, dato il loro dovere di cooperazione attiva, essi prendano in considerazione il formato richiesto dalla Commissione. Quest’ultima non può tuttavia imporre alle imprese, nel comunicare le informazioni richieste, operazioni di segreteria e amministrative talmente ampie, complesse e lunghe da far sembrare che la preparazione e l’avvio di un procedimento a loro carico siano stati, in realtà, «esternalizzati» a loro. Spetta, in definitiva, alla Commissione provare la violazione delle disposizioni dell’Unione in materia di concorrenza (51).

    110. Ad ogni modo, a prescindere da una possibile violazione dell’articolo 18 (che la ricorrente non ha lamentato), mi sembra che il formato imposto dalla decisione impugnata abbia chiaramente generato un elevato carico di lavoro per la ricorrente. Ciò è tanto più inaccettabile in quanto le operazioni di formattazione richieste riguardano dati già in possesso della Commissione o pubblicamente accessibili.

    111. Quanto al primo aspetto, non si può tralasciare che la decisione impugnata è arrivata dopo che l’Italcementi aveva risposto a richieste di informazioni particolarmente gravose (sotto forma di semplici domande ai sensi dell’articolo 18, paragrafo 2, del regolamento n. 1/2003). Le suddette precedenti richieste riguardavano in larga misura lo stesso tipo di informazioni con qualche dettaglio diverso o con un differente formato.

    112. La decisione impugnata obbligava così la ricorrente – a causa del formato richiesto per la comunicazione delle informazioni – a compiere altri sforzi per una mera riformattazione di dati già forniti alla Commissione. Non trovo giustificazione alcuna per una simile richiesta. Invero, la richiesta della Commissione di un grandissimo numero di dati riformattati potrebbe essere equiparata, mutatis mutandis, alla richiesta di tradurre in un’altra lingua un gran numero di voluminosi documenti in possesso di un’impresa. Il fatto che il personale della Commissione potrebbe non disporre delle necessarie competenze linguistiche non giustificherebbe, dal mio punto di vista, una simile richiesta.

    113. Se la Commissione, richiedendo le informazioni ai sensi dell’articolo 18, paragrafo 2, del regolamento n. 1/2003, avesse formulato le proprie domande come erano formulate nella decisione impugnata o avesse poi semplicemente accettato la comunicazione delle ulteriori informazioni richieste, alla ricorrente sarebbe stata risparmiata una notevole mole di lavoro.

    114. Per quanto attiene al secondo aspetto, nella decisione impugnata si chiede alla ricorrente di formattare informazioni che erano di pubblico dominio. Il punto 10 dell’allegato II della decisione impugnata prevede, ad esempio, quanto segue: «Tutti i valori monetari devono essere espressi in euro. Se la valuta locale utilizzata non è l’euro, si prega di convertire in euro utilizzando il tasso di cambio ufficiale della Banca centrale europea per il periodo di riferimento». Non è chiaro perché tali calcoli non potessero essere effettuati dal personale della Commissione (52).

    115. Per tutte le ragioni che precedono, ritengo che la ricorrente abbia correttamente lamentato che la decisione impugnata violava il principio di proporzionalità. La seconda parte del quarto motivo d’impugnazione della ricorrente dovrebbe, quindi, essere accolto e la sentenza impugnata, di conseguenza, dovrebbe essere annullata.

    E –    Il diritto al contraddittorio

    1.      Argomenti delle parti

    116. Con il quinto motivo d’impugnazione, l’Italmobiliare sostiene che la sentenza impugnata non affronta adeguatamente le sue argomentazioni attinenti a una presunta violazione del diritto al contraddittorio.

    117. La Commissione, dal canto suo, ritiene che tale motivo d’impugnazione debba essere respinto.

    2.      Analisi

    118. In linea con la Commissione, ritengo anch’io che il motivo d’impugnazione in esame sia privo di fondamento.

    119. Né le disposizioni del regolamento n. 1/2003 né la giurisprudenza della Corte riconoscono un diritto ad essere sentiti prima dell’adozione di misure investigative quali le richieste di informazioni dirette alle imprese interessate (53).

    120. Se la Commissione decide, in taluni casi, di consultare le imprese interessate prima di adottare una delle misure succitate (54), essa lo fa di propria iniziativa e nel proprio interesse. Le imprese non possono trarre alcun diritto specifico da tale consultazione, se non forse il diritto a che la Commissione prenda in debita considerazione le osservazioni che esse possono presentare in risposta (55).

    121. La ricorrente non può pertanto contestare che, benché l’Italcementi fosse stata consultata sulla bozza di questionario in data 4 novembre 2010, prima dell’adozione della decisione impugnata, il termine fissato per la presentazione delle sue osservazioni era troppo breve o lamentare il fatto che la Commissione, alla fine, ha emesso una decisione corredata di un questionario che era in parte diverso da quello inviato nella bozza.

    122. Ne consegue che il quinto motivo d’impugnazione dovrebbe essere respinto.

    VI – Conseguenze dell’analisi

    123. In forza dell’articolo 61, primo comma, dello Statuto della Corte di giustizia, quando l’impugnazione è accolta, la Corte annulla la decisione del Tribunale. Essa può statuire definitivamente sulla controversia qualora lo stato degli atti lo consenta, oppure rinviare la causa al Tribunale.

    124. Ho concluso nel senso che tre dei cinque motivi d’impugnazione sollevati dalla ricorrente dovrebbero essere accolti, in tutto o in parte, e che la sentenza impugnata dovrebbe essere di conseguenza annullata.

    125. Alla luce dei dati disponibili e dello scambio di pareri dinanzi al Tribunale e dinanzi alla presente Corte, ritengo che quest’ultima possa statuire definitivamente sulla presente controversia, senza dover adottare alcuna misura di organizzazione del procedimento, come richiesto dalla ricorrente.

    126. Nel suo ricorso dinanzi al Tribunale, l’Italmobiliare ha sollevato cinque motivi d’impugnazione a fondamento della sua domanda di annullamento della decisione impugnata.

    127. Alla luce delle considerazioni sopra svolte, ritengo che la decisione impugnata sia illegittima per tre ragioni principali: essa era erroneamente diretta all’Italmobiliare (v. paragrafi da 23 a 52 delle presenti conclusioni), conteneva una motivazione insufficiente rispetto all’obiettivo della domanda (v. paragrafi da 55 a 77 delle presenti conclusioni) e non soddisfaceva il requisito della proporzionalità (v. paragrafi da 96 a 115 delle presenti conclusioni). Ciascuno dei suddetti errori di diritto è, da solo, sufficiente a giustificare l’annullamento dell’intera decisione. Di conseguenza, non ritengo necessario esaminare se gli altri motivi sollevati dalla ricorrente nel corso del giudizio di primo grado fossero fondati.

    VII – Sulle spese

    128. Ai sensi dell’articolo 138, paragrafo 1, del regolamento di procedura della Corte, la parte soccombente è condannata alle spese se ne è stata fatta domanda.

    129. Qualora la Corte concordi con la mia valutazione dell’impugnazione, allora, in linea con gli articoli 137, 138 e 184 del regolamento di procedura, la Commissione dovrà sostenere le spese dei presenti procedimenti sia di primo grado sia d’impugnazione.

    VIII – Conclusione

    130. Alla luce di quanto precede, propongo alla Corte di:

    –        annullare la sentenza del Tribunale del 14 marzo 2014, Italmobiliare/Commissione, T‑305/11;

    –        annullare la decisione C (2011) 2364 definitivo della Commissione, relativa a un procedimento ai sensi dell’articolo 18, paragrafo 3, del regolamento del Consiglio (CE) n. 1/2003 (Caso 39520 – Cemento e prodotti collegati);

    –        condannare la Commissione alle spese relative al primo grado e all’impugnazione.


    1 –      Lingua originale: l’inglese.


    2 –      Regolamento del Consiglio, del 16 dicembre 2002, concernente l’applicazione delle regole di concorrenza di cui agli articoli 81 e 82 del Trattato (GU 2003, L 1, pag. 1).


    3 –      Cause HeidelbergCement/Commissione, C‑247/14 P; Schwenk Zement/Commissione, C‑248/14 P, e Buzzi Unicem/Commissione, C‑267/14 P.


    4 –      Regolamento n. 773/2004 della Commissione, del 7 aprile 2004, relativo ai procedimenti svolti dalla Commissione a norma degli articoli 81 e 82 del Trattato CE (GU L 123, pag. 18).


    5 –      EU:T:2014:126.


    6 –      C‑247/14 P, paragrafi da 22 a 27.


    7 –      Cfr. le mie conclusioni relative alla causa Buzzi Unicem/Commissione, C‑267/14 P, paragrafi da 120 a 125.


    8 –      V., in particolare, sentenza HGA e a./Commissione, da C‑630/11 P a C‑633/11 P, EU:C:2013:387, punto 132 e giurisprudenza citata.


    9 –      V. le mie conclusioni relative alla causa HeidelbergCement/Commissione, C‑247/14 P, paragrafi 23 e 24.


    10 –      V., al riguardo, sentenze ABNA e a., C‑453/03, C‑11/04, C‑12/04 e C‑194/04, EU:C:2005:741, punto 68; S.P.C.M. e a., C‑558/07, EU:C:2009:430, punto 41, nonché Vodafone e a., C‑58/08, EU:C:2010:321, punto 51.


    11 –      V., in particolare, sentenza Fédesa e a., C‑331/88, EU:C:1990:391, punto 13.


    12 –      V., al riguardo, sentenza Roquette Frères, C‑94/00, EU:C:2002:603, punti 76 e 80 nonché giurisprudenza citata.


    13 –      V., al riguardo, sentenze Gondrand e Garancini, 169/80, EU:C:1981:171, punto 17, nonché Van Es Douane Agenten, C‑143/93, EU:C:1996:45, punto 27 e giurisprudenza ivi citata.


    14 –      V. sentenza Ziegler/Commissione, C‑439/11 P, EU:C:2013:513, punto 154 e giurisprudenza ivi citata.


    15 –      V. le mie conclusioni relative alla causa HeidelbergCement/Commissione, C‑247/14 P, paragrafi da 98 a 112.


    16 –      V., sul punto, infra, paragrafi 70 e 71 delle presenti conclusioni.


    17 –      V. punto 107 della sentenza impugnata.


    18 –      V. punti 106 e 109 della sentenza impugnata.


    19 –      V. punti da 115 a 117 della sentenza impugnata.


    20 –      Cfr., su questo aspetto, le mie conclusioni relative alla causa HeidelbergCement/Commissione, C‑247/14 P, paragrafo 121.


    21 –      V., in particolare, articolo 3 del regolamento (CE) n. 139/2004 del Consiglio, del 20 gennaio 2004 relativo al controllo delle concentrazioni tra imprese (regolamento comunitario sulle concentrazioni) (GU L 24, pag. 1).


    22 –      V. infra, paragrafo 105 delle presenti conclusioni.


    23 –      V. infra, paragrafi da 55 a 77 delle presenti conclusioni.


    24 –      V. sentenza Nexans e Nexans France/Commissione, C‑37/13 P, EU:C:2014:2030, punti 31 e 32 nonché giurisprudenza ivi citata.


    25 –      Ibidem, punti da 34 a 37 e giurisprudenza ivi citata.


    26 –      In base all’articolo 18 del regolamento n. 1/2003, la decisione «indica le basi giuridiche e lo scopo della domanda, precisa le informazioni richieste e stabilisce il termine entro il quale le informazioni devono essere fornite». L’articolo 20, paragrafo 4, del medesimo regolamento stabilisce che la decisione «precisa l’oggetto e lo scopo degli accertamenti, ne fissa la data di inizio».


    27 –      Conclusioni dell’avvocato generale Kokott nella causa Nexans e Nexans France/Commissione, C‑37/13 P, EU:C:2014:223, paragrafi da 35 a 38.


    28 –      Punti 67 e 68 della sentenza impugnata.


    29 –      V. conclusioni dell’avvocato generale Léger nella causa BPB Industries e British Gypsum/Commissione, C‑310/93 P, EU:C:1994:408, paragrafo 22.


    30 –      V. conclusioni dell’avvocato generale Lenz nella causa SITPA, C‑27/90, EU:C:1990:407, paragrafo 59.


    31 –      V. giurisprudenza citata al paragrafo 55 delle presenti conclusioni. V. anche sentenza Acciaierie e ferriere Lucchini/Commissione, 1252/79, EU:C:1980:288, punto 14, nonché conclusioni dell’avvocato generale Poiares Maduro nella causa Commissione/max.mobil, C‑141/02 P, EU:C:2004:646, paragrafo 97.


    32 –      V. conclusioni dell’avvocato generale Kokott nella causa Nexans e Nexans France/Commissione, C‑37/13 P, EU:C:2014:223, paragrafo 52.


    33 –      V., per maggiori dettagli, le mie conclusioni relative alla causa HeidelbergCement/Commissione, C‑247/14 P, paragrafi 46 e 47.


    34 –      Come la domanda 1D.V. le mie conclusioni relative alla causa HeidelbergCement/Commissione, C‑247/14 P, paragrafo 161.


    35 –      V. le mie conclusioni relative alla causa HeidelbergCement/Commissione, C‑247/14 P, paragrafi da 138 a 146.


    36 –      V. le mie conclusioni relative alla causa HeidelbergCement/Commissione, C‑247/14 P, paragrafi da 149 a 168.


    37 –      V. le mie conclusioni relative alla causa HeidelbergCement/Commissione, C‑247/14 P, paragrafo 50.


    38 –      C‑247/14 P, paragrafi da 52 a 54.


    39 –      V. conclusioni dell’avvocato generale Jacobs nella causa SEP/Commissione, C‑36/92 P, EU:C:1993:928, paragrafo 30.


    40 –      V. sentenza Der Grüne Punkt – Duales System Deutschland/Commissione, C‑385/07 P, EU:C:2009:456, punto 163 e giurisprudenza ivi citata.


    41 –      V., al riguardo, sentenza Chalkor/Commissione, C‑386/10 P, EU:C:2011:815, punti 65 e 66.


    42 –      T‑296/11, EU:T:2014:121, punti da 41a 56.


    43 –      Punto 79 della sentenza impugnata.


    44 –      V. supra, paragrafi da 81 a 85 delle presenti conclusioni.


    45 –      V. sentenze Hoechst/Commissione, 46/87 e 227/88, EU:C:1989:337, punto 19, e Roquette Frères, C‑94/00, EU:C:2002:603, punti 27, 50 e 52.


    46 –      V., al riguardo, sentenza Roquette Frères, C‑94/00, EU:C:2002:603, punti 76 e 80 nonché giurisprudenza ivi citata.


    47 –      Tengo conto, in particolare, del numero di società coinvolte, della portata geografica delle sospette infrazioni e delle restrizioni fondamentali contenute nei sospetti accordi.


    48 –      Punti 98 e 101 della sentenza impugnata.


    49 –      V. punti 2, 6, 7, 8, 9, 13, 14 e 15 dell’allegato III. Per istruzioni analogamente complesse, v., in particolare, le domande 1A e 2 dell’allegato I.


    50 –      V. punti 16 e 17 dell’allegato II.


    51 –      V. articolo 2 del regolamento n. 1/2003.


    52 –      V. le mie conclusioni relative alla causa HeidelbergCement/Commissione, C‑247/14 P, paragrafo 120.


    53 –      V., per analogia, sentenza National Panasonic/Commissione, 136/79, EU:C:1980:169, punto 21.


    54 –      Come propone di fare, ad esempio, nella sezione 3.4.3 delle sue Best Practices for the submission of economic evidence and data collection in cases concerning the application of Article 101 and 102 and in merger cases (Staff working paper) [Migliori pratiche per la presentazione di elementi di prova di natura economica e la raccolta di dati nei casi riguardanti l’applicazione degli articoli 101 TFUE e 102 TFUE e nei casi di concentrazione (Documento di lavoro dei servizi della Commissione)], «se opportuno e utile». Documento pubblicato sul sito Internet della DG «Concorrenza» della Commissione europea.


    55 –      V. le mie conclusioni relative alla causa Buzzi Unicem/Commissione, C‑267/14 P, paragrafi da 120 a 125.

    Top