EUR-Lex Access to European Union law

Back to EUR-Lex homepage

This document is an excerpt from the EUR-Lex website

Document 62012TJ0505

Sentenza del Tribunale (Quinta Sezione) del 12 febbraio 2015.
Compagnie des montres Longines, Francillon SA contro Ufficio per l'armonizzazione nel mercato interno (marchi, disegni e modelli) (UAMI).
Marchio comunitario - Opposizione - Domanda di marchio comunitario figurativo B - Marchio internazionale figurativo anteriore rappresentante due ali spiegate - Impedimenti relativi alla registrazione - Insussistenza di rischio di confusione - Articolo 8, paragrafo 1, lettera b), del regolamento (CE) n. 207/2009 - Insussistenza di pregiudizio alla notorietà - Articolo 8, paragrafo 5, del regolamento n. 207/2009.
Causa T-505/12.

Court reports – general

ECLI identifier: ECLI:EU:T:2015:95

Parti
Motivazione della sentenza
Dispositivo

Parti

Nella causa T‑505/12,

Compagnie des montres Longines, Francillon SA, con sede in Saint‑Imier (Svizzera), rappresentata da P. González‑Bueno Catalán de Ocón, avvocato,

ricorrente,

contro

Ufficio per l’armonizzazione nel mercato interno (marchi, disegni e modelli (UAMI), rappresentato inizialmente da F. Mattina, successivamente da P. Bullock, in qualità di agenti,

convenuto,

controinteressato nel procedimento dinanzi alla commissione di ricorso dell’UAMI:

Xiuxiu Cheng, residente in Budapest (Ungheria),

avente ad oggetto un ricorso proposto contro la decisione della quinta commissione di ricorso dell’UAMI, del 14 settembre 2012 (procedimento R 193/2012‑5), relativa ad un procedimento di opposizione tra la Compagnie des montres Longines, Francillon SA e Xiuxiu Cheng,

IL TRIBUNALE (Quinta Sezione),

composto da A. Dittrich, presidente, J. Schwarcz (relatore) e V. Tomljenović, giudici,

cancelliere: J. Weychert, amministratore

visto il ricorso depositato nella cancelleria del Tribunale il 19 novembre 2012,

vista la comparsa di risposta dell’UAMI depositata presso la cancelleria del Tribunale il 12 febbraio 2013,

vista la decisione del 25 marzo 2013 recante diniego di autorizzare il deposito di una memoria di replica,

vista la modifica della composizione delle sezioni del Tribunale,

in seguito all’udienza del 27 marzo 2014,

ha pronunciato la seguente

Motivazione della sentenza

Sentenza

Fatti

1. Il 20 luglio 2009 Xiuxiu Cheng ha presentato all’Ufficio per l’armonizzazione nel mercato interno (marchi, disegni e modelli) (UAMI) una domanda di registrazione di marchio comunitario, ai sensi del regolamento (CE) n. 207/2009 del Consiglio, del 26 febbraio 2009, sul marchio comunitario (GU L 78, pag. 1).

2. Il marchio oggetto della domanda di registrazione è il seguente segno figurativo in bianco e nero:

>image>23

3. I prodotti per i quali è stata chiesta la registrazione rientrano nelle classi 9 e 25 ai sensi dell’Accordo di Nizza relativo alla classificazione internazionale dei prodotti e dei servizi ai fini della registrazione dei marchi, del 15 giugno 1957, come riveduto e modificato, e corrispondono, per ciascuna di tali classi, alla seguente descrizione:

– classe 9: «Occhiali da sole graduati»;

– classe 25: «Abbigliamento e scarpe».

4. La domanda di marchio comunitario è stata pubblicata nel Bollettino dei marchi comunitari n. 84/2010, del 10 maggio 2010.

5. Il 30 luglio 2010 la Compagnie des montres Longines, Francillon SA, ricorrente, ha proposto opposizione ai sensi dell’articolo 41 del regolamento n. 207/2009 avverso la registrazione del marchio richiesto per i prodotti di cui al precedente punto 3.

6. L’opposizione si fondava sul marchio internazionale figurativo anteriore n. 401319 di seguito riprodotto, che produceva i suoi effetti in particolare in Germania, in Austria, nel Benelux, in Bulgaria, in Spagna, in Estonia, in Francia, in Grecia, in Ungheria, in Italia, in Lettonia, in Lituania, in Portogallo, nella Repubblica ceca, in Romania, in Slovacchia e in Slovenia, designava segnatamente i prodotti della classe 14 e corrispondeva alla seguente descrizione: «Orologi, meccanismi, casse, quadranti, cinturini per orologi, forniture d’orologeria; cronometri; cronografi; apparecchi per cronometraggio sportivo; pendole, orologi da tavolo e sveglie; tutti gli apparecchi cronometrici, orologi gioiello, oreficeria e gioielleria; apparecchiature orarie, dispositivi e pannelli indicatori dell’ora».

>image>24

7. I motivi dedotti a sostegno dell’opposizione erano quelli di cui all’articolo 8, paragrafo 1, lettera b), e paragrafo 5, del regolamento n. 207/2009.

8. Con decisione del 25 novembre 2011, la divisione d’opposizione ha respinto in toto l’opposizione, per il fatto che i prodotti designati dai marchi in questione erano diversi, di modo che non era rispettato uno dei requisiti necessari all’applicazione dell’articolo 8, paragrafo 1, lettera b), del regolamento n. 207/2009. Per quanto riguarda il fondamento dell’opposizione vertente sull’applicazione dell’articolo 8, paragrafo 5, del regolamento n. 207/2009, essa ha concluso nel senso che la ricorrente non era riuscita a dimostrare, per tutti gli Stati membri di riferimento, che il marchio internazionale anteriore godesse di notorietà per i prodotti della categoria «orologeria e strumenti cronometrici» della classe 14, unica categoria per cui la notorietà era stata rivendicata.

9. Il 25 gennaio 2012 la ricorrente ha proposto un ricorso dinanzi all’UAMI, a titolo degli articoli da 58 a 64 del regolamento n. 207/2009, avverso la decisione della divisione d’opposizione.

10. Con decisione del 14 settembre 2012 (in prosieguo: la «decisione impugnata»), la quinta commissione di ricorso dell’UAMI ha respinto il ricorso e ha confermato in toto la decisione della divisione d’opposizione.

11. In primo luogo, la commissione di ricorso ha sostanzialmente constatato, per quanto riguarda il pubblico di riferimento cui si rivolgevano i prodotti tutelati dai marchi in conflitto, che esso era costituito sia dal grande pubblico sia da professionisti specializzati nel settore dell’orologeria e che, in entrambi i casi, tale pubblico doveva essere considerato normalmente informato e ragionevolmente attento e avveduto.

12. In secondo luogo, la commissione di ricorso ha affermato che i prodotti in questione erano diversi sia per la loro natura sia per quanto concerne i loro canali di distribuzione. A suo avviso, essi non erano in concorrenza e non erano nemmeno complementari. Essa ha concluso nel senso che, in mancanza di una qualsiasi somiglianza tra i prodotti, uno dei requisiti necessari per l’applicazione dell’articolo 8, paragrafo 1, lettera b), del regolamento n. 207/2009 non era soddisfatto e che non poteva pertanto sussistere un rischio di confusione ai sensi di tale disposizione.

13. In terzo luogo, per quanto riguarda l’applicazione dell’articolo 8, paragrafo 5, del regolamento n. 207/2009, anzitutto la commissione di ricorso ha affermato di voler prendere in considerazione anche le prove supplementari vertenti sulla notorietà dei prodotti della categoria «orologeria e strumenti cronometrici» della classe 14, che la ricorrente aveva prodotto per la prima volta dinanzi ad essa e che si aggiungevano a quelle già presentate, a tale riguardo, dinanzi alla divisione d’opposizione.

14. In seguito, la commissione di ricorso ha constatato che, nonostante tali prove presentate dalla ricorrente dimostrassero chiaramente che i prodotti erano molto pregiati e che erano in commercio nel mercato di riferimento da ben oltre un secolo, esse dimostravano anche che tali prodotti non erano solitamente, o addirittura quasi mai, designati con il segno di cui trattasi nel caso di specie, considerato isolatamente. Al contrario, il marchio che vi era apposto era composto dal marchio figurativo su cui l’opposizione era basata combinato con la parola stilizzata «longines».

15. Infine, la commissione di ricorso ha ritenuto che non fosse stato dimostrato che il marchio internazionale figurativo, su cui si basava l’opposizione, era identificabile in quanto tale senza la parola «longines» nell’ambito dell’«orologeria e [degli] strumenti cronometrici» da una parte significativa del pubblico di riferimento in una parte considerevole dei territori della Bulgaria, del Benelux, della Repubblica ceca, della Danimarca, dell’Estonia, della Spagna, della Francia, della Grecia, dell’Ungheria, dell’Italia, della Lituania, della Lettonia, del Portogallo, della Romania, della Slovacchia e della Slovenia. Secondo la commissione di ricorso, la ricorrente non ha dimostrato che il pubblico di riferimento sarebbe in grado, senza particolari sforzi, di associare il marchio figurativo in questione ai suoi prodotti appartenenti alla suddetta categoria.

Conclusioni delle parti

16. La ricorrente chiede che il Tribunale voglia:

– annullare la decisione impugnata;

– condannare l’UAMI e la controinteressata dinanzi alla commissione di ricorso dell’UAMI alle spese.

17. L’UAMI chiede che il Tribunale voglia:

– respingere integralmente l’impugnazione;

– condannare la ricorrente alle spese.

In diritto

18. La ricorrente deduce due motivi a sostegno del ricorso in esame. Il primo motivo verte sulla violazione dell’articolo 8, paragrafo 1, lettera b), del regolamento n. 207/2009. Il secondo motivo verte sulla violazione dell’articolo 8, paragrafo 5, di detto regolamento.

Sul primo motivo, vertente sulla violazione dell’articolo 8, paragrafo 1, lettera b), del regolamento n. 207/2009

19. La ricorrente fa sostanzialmente valere che la commissione di ricorso ha concluso erroneamente nel senso dell’insussistenza di somiglianza tra i prodotti designati dai marchi in questione e ha omesso di prendere in considerazione le somiglianze visive e concettuali tra i medesimi. Di conseguenza, la commissione di ricorso avrebbe erroneamente ritenuto che l’articolo 8, paragrafo 1, lettera b), del regolamento n. 207/2009 non fosse applicabile.

20. L’UAMI contesta gli argomenti della ricorrente.

21. Ai sensi dell’articolo 8, paragrafo 1, lettera b), del regolamento n. 207/2009, su opposizione del titolare di un marchio anteriore, il marchio richiesto è escluso dalla registrazione se, a causa dell’identità o della somiglianza di detto marchio con un marchio anteriore e dell’identità o somiglianza dei prodotti o servizi designati dai due marchi, sussiste un rischio di confusione per il pubblico del territorio nel quale il marchio anteriore è tutelato. Il rischio di confusione comprende il rischio di associazione con il marchio anteriore.

22. Secondo una giurisprudenza costante, costituisce un rischio di confusione la possibilità che il pubblico possa credere che i prodotti o i se rvizi in questione provengano dalla stessa impresa o eventualmente da imprese economicamente legate tra loro. Secondo questa stessa giurisprudenza, il rischio di confusione dev’essere valutato globalmente, in base alla percezione che il pubblico di riferimento ha dei segni e dei prodotti o servizi di cui trattasi, e prendendo in considerazione tutti i fattori pertinenti del caso di specie, in particolare l’interdipendenza tra la somiglianza dei segni e quella dei prodotti o dei servizi designati [v. sentenza del 9 luglio 2003, Laboratorios RTB/UAMI – Giorgio Beverly Hills (GIORGIO BEVERLY HILLS), T‑162/01, Racc., EU:T:2003:199, punti da 30 a 33 e giurisprudenza ivi citata].

23. Ai fini di tale valutazione globale, si ritiene che il consumatore medio della categoria dei prodotti o dei servizi interessati sia normalmente informato e ragionevolmente attento e avveduto. Tuttavia occorre tener conto del fatto che il consumatore medio solo raramente ha la possibilità di procedere a un confronto diretto dei vari marchi e deve fare affidamento sull’immagine non perfetta che ne ha mantenuto nella memoria. Occorre anche tener conto del fatto che il livello di attenzione del consumatore medio può variare in funzione della categoria dei prodotti o servizi di cui trattasi [v. sentenza GIORGIO BEVERLY HILLS, cit. al punto 22 supra, EU:T:2003:199, punto 33 e giurisprudenza ivi citata).

24. Ai fini dell’applicazione dell’articolo 8, paragrafo 1, lettera b), del regolamento n. 207/2009, un rischio di confusione presuppone sia un’identità o una somiglianza tra i marchi in conflitto sia un’identità o una somiglianza tra i prodotti o servizi che essi designano. Si tratta di condizioni cumulative [v. sentenza del 22 gennaio 2009, Commercy/UAMI – easyGroup IP Licensing (easyHotel), T‑316/07, Racc., EU:T:2009:14, punto 42 e giurisprudenza ivi citata].

25. Del resto, il rischio di confusione è tanto più elevato quanto più rilevante è il carattere distintivo del marchio anteriore. In tal senso, i marchi che hanno un elevato carattere distintivo, intrinsecamente o a motivo della loro notorietà sul mercato, godono di una tutela più ampia rispetto ai marchi il cui carattere distintivo è inferiore. Il carattere distintivo del marchio anteriore, in particolare la sua notorietà, deve dunque essere preso in considerazione per valutare se sussista un rischio di confusione [v. sentenza del 17 aprile 2008, Ferrero Deutschland/UAMI, C‑108/07 P, EU:C:2008:234, punti 32 e 33 nonché giurisprudenza ivi citata; sentenza del 28 ottobre 2010, Farmeco/UAMI – Allergan (BOTUMAX), T‑131/09, EU:T:2010:458, punto 67].

26. Infine occorre ricordare che, per rifiutare la registrazione di un marchio comunitario, è sufficiente che un impedimento relativo alla registrazione ai sensi dell’articolo 8, paragrafo 1, lettera b), del regolamento n. 207/2009 esista in una parte dell’Unione europea [v., in tal senso, sentenza del 14 dicembre 2006, Mast-Jägermeister/UAMI – Licorera Zacapaneca (VENADO con riquadro e a.), T‑81/03, T‑82/03 e T‑103/03, Racc. EU:T:2006:397, punto 76 e giurisprudenza ivi citata].

27. È con riguardo ai principi esposti supra ai punti da 21 a 26 che occorre nella fattispecie esaminare il primo motivo della ricorrente.

Sul pubblico di riferimento e sul suo grado d’attenzione

28. Anzitutto si deve constatare che il marchio anteriore è un marchio internazionale che produce i suoi effetti in particolare in determinati Stati membri dell’Unione, quali ricordati al punto 6 supra. Pertanto, al fine di stabilire l’eventuale sussistenza di un rischio di confusione tra i marchi in conflitto, occorre tener conto del punto di vista del pubblico di riferimento in tali Stati membri.

29. Occorre poi ricordare che, secondo la giurisprudenza, il pubblico di riferimento è composto di consumatori che possono utilizzare sia i prodotti contrassegnati dal marchio anteriore sia quelli contrassegnati dal marchio richiesto [v. sentenza del 30 settembre 2010, PVS/UAMI – MeDiTA Medizinische Kurierdienst (medidata), T‑270/09, EU:T:2010:419, punto 28 e giurisprudenza ivi citata]. Peraltro si deve anche ricordare che dalla giurisprudenza emerge che la valutazione dei motivi di impedimento alla registrazione deve vertere su ciascuno dei prodotti per i quali la registrazione del marchio è richiesta (v., in tal senso, sentenza del 15 febbraio 2007, BVBA Management, Training en Consultancy, C‑239/05, Racc., EU:C:2007:99, punto 34).

30. La commissione di ricorso ha affermato, al punto 15 della decisione impugnata, che i prodotti in conflitto erano destinati sia al grande pubblico sia a professionisti specializzati nel settore dell’orologeria, i quali, in entrambi i casi, dovevano essere considerati normalmente informati e ragionevolmente attenti e avveduti.

31. La ricorrente non contesta la definizione del pubblico di riferimento o del suo grado d’attenzione, ma sostiene semplicemente che i «veri clienti» e i clienti potenziali dei prodotti in questione costituiscono categorie che si sovrappongono. A suo avviso, un consumatore che acquista taluni dei prodotti in questione può acquistarne anche altri. La ricorrente sottolinea in particolare il fatto che coloro che acquistano oggetti costosi e prodotti di lusso possono anche acquistare prodotti economici. Pertanto i consumatori dei prodotti in questione sarebbero gli stessi.

32. Il Tribunale ritiene che tutti i prodotti in questione si rivolgano al grande pubblico e, per quanto riguarda i prodotti tutelati dal marchio anteriore, che essi si rivolgano anche a professionisti specializzati nel settore dell’orologeria. La commissione di ricorso ha quindi giustamente tenuto conto di un pubblico così composto.

33. Per quanto concerne il grado d’attenzione del pubblico di riferimento, si deve constatare che le categorie di prodotti in questione sono denominate in modo sufficientemente ampio da comprenderne alcuni che possono essere acquistati da chiunque, vale a dire anche da consumatori che non presentano un elevato grado d’attenzione al momento dell’acquisto.

34. Infatti, anche se i prodotti designati dal marchio anteriore, quali gli occhiali da sole graduati designati dal marchio richiesto e rientranti nella classe 9, sono per la maggior parte acquistati in modo non regolare, tramite un venditore, vale a dire in circostanze in cui il grado di attenzione del consumatore medio dev’essere considerato superiore al grado normale di attenzione e, pertanto, piuttosto elevato [v., in tal senso, sentenza del 12 gennaio 2006, Devinlec/UAMI – TIME ART (QUANTUM), T‑147/03, Racc. EU:T:2006:10, punto 63], tuttavia ciò non avviene per tutti questi prodotti, in quanto alcuni orologi, alcuni cinturini da orologio, alcune sveglie, alcuni gioielli fantasia o addirittura alcuni occhiali da sole graduati possono essere acquistati senza che il consumatore vi presti particolare attenzione, segnatamente quando si tratta di prodotti «economici».

35. Quanto al grado d’attenzione del pubblico che acquista l’abbigliamento e le scarpe designati dal marchio richiesto e rientranti nella classe 25, da un lato, si deve rilevare che, essendo tali prodotti di largo consumo, spesso acquistati ed utilizzati dal consumatore medio, il grado d’attenzione al momento dell’acquisto di tali prodotti non sarà superiore alla media. Dall’altro, occorre considerare che il grado d’attenzione del pubblico non è inferiore alla media, dato che i prodotti in questione sono articoli di moda e il consumatore dedica pertanto una certa attenzione alla scelta dei medesimi [v., in tal senso, sentenza del 10 novembre 2011, Esprit International/UAMI – Marc O’Polo International (Rappresentazione di una lettera su una tasca), T‑22/10, EU:T:2011:651, punti da 45 a 47].

Sul confronto tra i prodotti

36. Secondo costante giurisprudenza, per valutare la somiglianza tra i prodotti in questione, occorre tener conto di tutti i fattori pertinenti che caratterizzano il rapporto tra di essi. Tali fattori includono, in particolare, la loro natura, la loro destinazione, il loro impiego nonché la loro concorrenzialità o complementarità. Anche altri fattori possono essere esaminati, come i canali di distribuzione dei prodotti interessati [v. sentenza dell’11 luglio 2007, El Corte Inglés/UAMI – Bolaños Sabri (PiraÑAM diseño original Juan Bolaños), T‑443/05, Racc. EU:T:2007:219, punto 37 e giurisprudenza ivi citata].

37. Nel caso di specie, la commissione di ricorso ha approvato la conclusione della divisione d’opposizione relativa alla differenza sussistente tra i prodotti in questione. Ha affermato che essi erano diversi sia per la loro natura sia per quanto concerne i loro canali di distribuzione e che non erano in concorrenza tra loro. Ha concluso nel senso di «un’assoluta insussistenza di somiglianza tra i prodotti».

38. Più precisamente, per quanto concerne gli «occhiali da sole graduati» designati dal marchio richiesto, la commissione di ricorso ha constatato che il loro scopo era completamente diverso da quello dei cronometri e dei gioielli designati dal marchio anteriore. Tale conclusione non è, a suo avviso, modificata dal fatto che, in un caso come nell’altro, essi potrebbero essere indossati come un accessorio di moda. Per gli «occhiali da sole graduati» la finalità estetica rimarrebbe secondaria rispetto al loro scopo principale, che è, secondo il suo parere, quello di correggere i difetti della vista e di proteggere gli occhi dalla luce intensa.

39. Per quanto concerne l’«abbigliamento e [le] scarpe» designati dal marchio richiesto, la commissione di ricorso rileva che ancora una volta lo scopo principale di tali prodotti consiste nell’abbigliare il corpo umano e i piedi. A suo avviso, i «gioielli» della ricorrente si indossano altresì sul corpo, ma solo per motivi estetici. Il nesso tra queste due categorie di prodotti sarebbe pertanto troppo debole.

40. La commissione di ricorso respinge anche l’allegazione della ricorrente secondo cui i prodotti in questione sarebbero complementari per il fatto che si tratta di accessori di moda. Al contrario, a suo avviso, il nesso tra tali prodotti è troppo vago. Gli occhiali da sole verrebbero scelti principalmente in ragione delle loro caratteristiche tecniche e non per il fatto che dovrebbero necessariamente essere abbinati all’orologio o agli orecchini che si indossano. Lo stesso avverrebbe nel caso dell’abbigliamento e delle scarpe, che abitualmente non verrebbero acquistati attenendosi rigorosamente allo stile dell’orologio e dei gioielli che si indossano. Pur se, in funzione dell’importanza che un consumatore attribuisce alla moda, taluni prodotti quali orologi e occhiali da sole possono essere percepiti o meno quali accessori di moda, tuttavia, secondo la commissione di ricorso, il loro scopo principale è diverso.

41. Infine la commissione di ricorso fa riferimento alla sentenza del 7 dicembre 2010, Nute Partecipazioni e La Perla/UAMI – Worldgem Brands (NIMEI LA PERLA MODERN CLASSIC) (T‑59/08, Racc., EU:T:2010:500, punto 36), affermando che ne risultava che la bigiotteria e l’abbigliamento femminile appartenevano a segmenti di mercato vicini e che era pertanto necessario che vi fosse un certo grado di somiglianza tra i marchi per poter applicare l’articolo 8, paragrafo 5, del regolamento n. 207/2009. Tuttavia, secondo la commissione di ricorso, il Tribunale non aveva stabilito né confermato la sussistenza di una somiglianza tra i suddetti prodotti. Al contrario, in un’altra causa, che ha dato luogo alla sentenza del 24 marzo 2010, 2nine/UAMI – Pacific Sunwear of California (nollie) (T‑363/08, EU:T:2010:114, punti da 33 a 41), esso avrebbe confermato la conclusione della seconda commissione di ricorso, secondo cui i prodotti della classe 25 e quelli della classe 14, ai sensi dell’Accordo di Nizza, erano diversi e non era possibile stabilire né la loro somiglianza né un asserito carattere complementare basandosi su semplici considerazioni estetiche.

42. La ricorrente sostiene che i prodotti designati dal marchio richiesto e i prodotti tutelati dal marchio anteriore sono simili. A suo avviso, essi hanno una stessa natura, uno scopo e una destinazione identici, sono complementari, interscambiabili e pertanto in concorrenza, soddisfano una domanda analoga, condividono gli stessi canali di distribuzione e sono spesso venduti negli stessi stabilimenti. Essa sostiene infine, da un lato, che è diventato usuale per i produttori ampliare la propria attività a diversi mercati connessi, che spaziano dall’abbigliamento ai cosmetici passando per i gioielli e, dall’altro, che i consumatori di tali prodotti sono gli stessi.

43. L’UAMI contesta gli argomenti della ricorrente.

44. In via preliminare si deve sottolineare che la commissione di ricorso ha sostenuto che non vi era alcun rischio di confusione per il pubblico di riferimento sulla sola base di un confronto tra i prodotti in questione. Tuttavia una somiglianza, anche tenue, tra i prodotti in questione avrebbe imposto alla commissione di ricorso di verificare se un eventuale elevato grado di somiglianza tra i segni non fosse idoneo a far sorgere, nel consumatore, un rischio di confusione in merito all’origine dei prodotti [v., in tal senso, sentenza PiraÑAM diseño original Juan Bolaños, EU:T:2007:219, punto 36 supra, punto 40].

45. È in tale contesto che occorre quindi verificare se la valutazione della commissione di ricorso, secondo cui i prodotti in questione non sono simili, sia fondata.

46. A tale riguardo, si deve constatare, in via preliminare, che i prodotti che devono essere comparati nel caso di specie, vale a dire, da un lato, gli «occhiali da sole graduati» nonché l’«abbigliamento e [le] scarpe» che fanno parte rispettivamente delle classi 9 e 25 ai sensi dell’Accordo di Nizza e, dall’altro, i diversi prodotti di orologeria, oreficeria e gioielleria, elencati supra al punto 6 e che rientrano nella classe 14 ai sensi del suddetto accordo, appartengono a segmenti di mercato vicini.

47. Si può in particolare constatare, per analogia con quanto statuito dal Tribunale nell’ambito di una valutazione vertente sull’articolo 8, paragrafo 5, del regolamento n. 207/2009, nella causa che ha dato luogo alla sentenza del 27 settembre 2012, El Corte Inglés/UAMI – Pucci International (Emidio Tucci) (T‑373/09, EU:T:2012:500, punto 66), che, sebbene le suddette categorie di prodotti siano diverse, ciascuna include prodotti spesso venduti come prodotti di lusso con marchi famosi di creatori e produttori rinomati. Tale circostanza pone in rilievo il fatto che vi è una certa prossimità tra i prodotti in questione, in particolare nel settore dei prodotti di lusso.

48. Allo stesso modo, il Tribunale ha constatato, sempre nell’ambito di una valutazione relativa alla disposizione richiamata al punto 47 supra, al punto 79 della sua sentenza del 27 settembre 2012, Pucci International/UAMI – El Corte Inglés (Emidio Tucci) (T‑357/09, EU:T:2012:499), che, nell’ambito degli articoli di lusso, prodotti quali gli occhiali, l’oreficeria, la gioielleria e gli orologi sono venduti anche con marchi famosi di creatori e produttori rinomati e che i produttori di abbigliamento si rivolgono quindi verso il mercato di tali prodotti. Il Tribunale ne ha dedotto che vi fosse una certa prossimità tra i prodotti in questione.

49. Tuttavia, nonostante il fatto che i prodotti designati dal marchio richiesto e quelli tutelati dal marchio anteriore, richiamati al punto 46 supra, appartengono a segmenti di mercato vicini, in primo luogo, si deve constatare che la commissione di ricorso non ha commesso alcun errore affermando che erano diversi quanto alla loro natura, alla loro destinazione e al loro impiego.

50. Anzitutto, infatti, le materie prime a partire dalle quali essi sono prodotti sono diverse, fatta eccezione per qualche somiglianza tra alcune materie che possono essere utilizzate tanto per fabbricare occhiali da sole graduati che per taluni prodotti di orologeria o di oreficeria, quali il vetro.

51. Inoltre l’abbigliamento e le scarpe, inclusi nella classe 25, sono fabbricati al fine di coprire il corpo umano, nasconderlo, proteggerlo e agghindarlo. Gli occhiali da sole graduati sono prodotti anzitutto per garantire una vista migliore e dare una sensazione di confort a chi li utilizza in determinate condizioni meteorologiche, e in particolare per proteggere dai raggi del sole. Gli orologi e altri prodotti di orologeria hanno lo scopo, in particolare, di misurare e indicare il tempo. Infine la gioielleria e l’oreficeria hanno una funzione puramente ornamentale (v., in tal senso, sentenza nollie, punto 41 supra, EU:T:2010:114, punto 33 e giurisprudenza ivi citata).

52. In secondo luogo va osservato che, essendo diversi la natura, la destinazione e l’impiego dei prodotti in questione, essi non sono concorrenti né interscambiabili.

53. Infatti la ricorrente non ha dimostrato che sarebbe tipico, nonostante le suddette differenze, che un consumatore che, ad esempio, abbia intenzione di acquistare un nuovo orologio, gioielli od oreficeria, decida all’improvviso di acquistare invece abbigliamento, scarpe o occhiali da sole graduati, e viceversa.

54. A tale riguardo, più in particolare, occorre ancora constatare che non è dimostrata l’allegazione della ricorrente secondo cui sarebbero, in generale, il marchio e il suo prestigio tra i consumatori a motivare, nel settore dei beni di lusso e della moda, la decisione di acquistare un determinato bene e non la reale necessità di acquistare l’oggetto medesimo, in particolare per le sue funzionalità e per venire incontro ad una necessità specifica. In questo stesso senso, si deve respingere in quanto non dimostrata l’allegazione della ricorrente secondo cui i consumatori, nel settore di cui trattasi, sono soprattutto alla ricerca non di prodotti concreti, bensì di soddisfare le loro «necessità edonistiche» o che mirano ad appagare il piacere immediato che procura un acquisto fatto d’impulso, facendo prevalere l’aspetto e il valore dei prodotti su altri fattori relativi alla loro natura.

55. Si deve peraltro constatare che accettare il merito di siffatte allegazioni equivarrebbe sostanzialmente a rendere inoperante ogni differenziazione tra prodotti appartenenti al settore dei beni di lusso e tutelati dai rispettivi marchi, dato che la teoria della ricorrente vertente sull’acquisto fatto d’impulso che mira ad appagare il piacere immediato dei consumatori porta a concludere che un rischio di confusione possa realmente sussistere indipendentemente dai prodotti comparati, alla sola condizione che appartengano tutti al suddetto settore. Orbene, un simile approccio, con cui la ricorrente intende in realtà dimostrare l’interscambiabilità di tutti i prodotti in questione, è manifestamente contrario al principio di specialità dei marchi, di cui il Tribunale deve tener conto nella sua analisi conformemente all’articolo 8, paragrafo 1, lettera b), del regolamento n. 207/2009, e amplierebbe indebitamente l’area di tutela dei medesimi. Per questi stessi motivi, si deve respingere in quanto non pertinente l’allegazione della ricorrente secondo cui i prodotti sarebbero interscambiabili, dal momento che ciascuno può essere offerto in dono, poiché il consumatore sceglierebbe d’impulso l’uno o l’altro di essi. Infatti accettare un siffatto nesso vago porterebbe a ritenere che siano simili prodotti che sono invece manifestamente diversi quanto alla loro natura e alla loro destinazione.

56. Si deve inoltre sottolineare che il mercato di riferimento, di cui fanno parte i suddetti prodotti, non può essere circoscritto al solo segmento di mercato del «lusso» o dell’«alta moda» e che a quest’ultimo segmento di mercato non può nemmeno essere attribuita un’importanza particolare nel caso di specie, dal momento che le categorie di prodotti tutelati dai marchi in conflitto sono definite in maniera sufficientemente ampia da includere anche prodotti per il «grande pubblico», rientranti nella gamma di prezzo generalmente accessibile, nonché determinati prodotti «economici». Orbene, la ricorrente non ha sostenuto, rispetto ai prodotti «di base» rientranti in tali segmenti del mercato, che essi verrebbero comunque acquistati da consumatori che agiscono in modo impulsivo ed edonistico, di modo che questi ultimi potrebbero sostituire indifferentemente determinati prodotti con gli altri.

57. In terzo luogo, si deve rilevare che, con gli altri argomenti, la ricorrente cerca sostanzialmente di stabilire un nesso di complementarità tra i prodotti in questione.

58. Occorre ricordare che, secondo la giurisprudenza, i prodotti o i servizi complementari sono quelli tra i quali esiste una stretta correlazione nel senso che l’uno è indispensabile o importante per l’uso dell’altro, di modo che i consumatori possono essere indotti a credere che la responsabilità della fabbricazione di tali prodotti o della fornitura di tali servizi gravi sulla stessa impresa. Per definizione, prodotti che si rivolgono a un pubblico diverso non possono presentare un carattere complementare (v., in tal senso, sentenza Emidio Tucci, punto 48 supra, EU:T:2012:499, punto 50 e giurisprudenza ivi citata).

59. Inoltre, secondo la giurisprudenza, una complementarità estetica tra i prodotti può creare un certo grado di somiglianza ai sensi dell’articolo 8, paragrafo 1, lettera b), del regolamento n. 207/2009. Una siffatta complementarità estetica deve consistere in un vero bisogno estetico, nel senso che un prodotto è indispensabile o importante per l’uso dell’altro e che i consumatori ritengono abituale e normale utilizzare tali prodotti insieme. Tale complementarità estetica è soggettiva ed è determinata dalle abitudini o dalle preferenze dei consumatori quali possono risultare dagli sforzi di marketing delle imprese produttrici, ossia da semplici fenomeni della moda (v. sentenza Emidio Tucci, punto 48 supra, EU:T:2012:499, punto 51 e giurisprudenza ivi citata).

60. Occorre tuttavia evidenziare che l’esistenza di una complementarità estetica tra i prodotti non è di per sé sufficiente per affermare che esiste una somiglianza tra gli stessi. A tal fine è necessario che i consumatori ritengano normale che tali prodotti siano commercializzati con il medesimo marchio, il che comporta, di regola, che gran parte dei produttori o dei distributori rispettivi di tali prodotti siano i medesimi (v. sentenza Emidio Tucci, punto 48 supra, EU:T:2012:499, punto 52 e giurisprudenza ivi citata).

61. Nel caso di specie, il Tribunale ritiene opportuno procedere in due fasi alla valutazione della somiglianza tra i prodotti in questione, per quanto concerne la loro eventuale complementarità. La prima fase verte sul confronto tra «abbigliamento e scarpe», designati dal marchio richiesto, e i diversi prodotti di orologeria, i cronometri, l’oreficeria e la gioielleria tutelati dal marchi o anteriore ed elencati al punto 6 supra. La seconda fase verte sul confronto tra questi ultimi prodotti e gli «occhiali da sole graduati», designati dal marchio richiesto.

62. Per quanto riguarda la prima fase, si deve constatare che gli argomenti della ricorrente non sono sufficienti a stabilire che i prodotti in questione sono complementari da un punto di vista estetico.

63. A tale riguardo, da un lato, la ricorrente sostiene che i prodotti in questione fanno tutti parte del settore della moda, o addirittura di quello dei beni di «lusso», e che i consumatori di riferimento sono alla ricerca di uno stile particolare e di un’immagine che essi intendono trasmettere, abbinando in tal modo a loro gusto tutti i prodotti di abbigliamento e gli accessori che acquistano, facendo in modo che tali prodotti si completino a vicenda. Dall’altro, essa afferma che tali prodotti sono spesso acquistati contemporaneamente e in modo combinato.

64. Orbene, anzitutto occorre rilevare che è già stato statuito dal Tribunale, in particolare nella sentenza del 13 dicembre 2004, El Corte Inglés/UAMI – Pucci (EMILIO PUCCI) (T‑8/03, Racc. EU:T:2004:358, punto 42), che la circostanza secondo cui i prodotti controversi sono connessi alla bellezza, alla cura del corpo, all’apparenza fisica o all’immagine personale, anche supponendo che sia provata, non è sufficiente per poterli considerare simili, se differiscono sensibilmente per altri versi alla luce di tutti gli altri fattori pertinenti che caratterizzano i rapporti tra di essi.

65. Si deve poi ricordare che, anche se la ricerca di una certa armonia estetica nell’abbigliamento costituisce un tratto comune a tutto il settore della moda e dell’abbigliamento, si tratta tuttavia di un elemento troppo generico per poter giustificare, di per sé solo, la complementarità di prodotti quali gioielli e orologi, da un lato, e degli articoli di abbigliamento, dall’altro (v., in tal senso, sentenza nollie, punto 41 supra, EU:T:2010:114, punto 36 e giurisprudenza ivi citata).

66. Nelle circostanze del caso di specie, tenendo conto delle differenze tra i prodotti esaminati (v. punti da 49 a 56 supra), spettava alla ricorrente, se del caso, dimostrare che sussistevano nessi sufficientemente forti che uniscono i prodotti in questione sul piano estetico, in particolare apportando elementi concreti da cui il Tribunale avrebbe potuto dedurre che il pubblico di riferimento, acquistandoli, intendeva realmente coordinare il suo aspetto esteriore.

67. Orbene, in primo luogo, non è né dimostrato dalla ricorrente né generalmente noto che un consumatore, acquistando orologi o altri prodotti di orologeria, faccia la sua scelta prendendo come fattore preponderante il fatto che tali prodotti si abbinino all’uno o all’altro accessorio del suo abbigliamento o alle sue scarpe, e viceversa, e non valutando in via principale le caratteristiche intrinseche di tali prodotti, la loro qualità rispetto alla loro funzione principale (v. punto 51 supra), nonché prendendo in considerazione, in maniera indipendente, il loro design e il loro aspetto generale.

68. L’allegazione presentata in udienza dalla ricorrente, secondo cui il consumatore in Europa è già avvezzo ad una certa qualità tecnica dei prodotti in questione, di modo che la considera «scontata», non inficia le suddette conclusioni, in quanto in realtà, anche ritenendo vera tale allegazione, i consumatori giudicherebbero sempre opportuno comparare i diversi prodotti al fine di conseguire quelli il cui livello di qualità supera i prodotti concorrenti, nonché allo scopo di scegliere quelli le cui caratteristiche e il cui design corrispondono maggiormente alle loro attese, potendo inoltre tali considerazioni giustificare differenze di prezzo anche rilevanti tra i prodotti, contrariamente a quanto sostenuto dalla ricorrente. Ciò si applica, per analogia, ai prodotti «oreficeria e gioielleria». Sebbene la questione di una certa unitarietà di stile tra l’abbigliamento e le scarpe che si indossano abitualmente, da un lato, e i capi di vestiario, i gioielli, gli orologi o l’oreficeria, dall’altro, si possa porre per taluni consumatori più attenti alla moda, non si tratta tuttavia di un nesso sufficiente tra i prodotti esaminati, come esige la giurisprudenza richiamata ai punti 59 e 60 supra. Inoltre, contrariamente a quanto allegato dalla ricorrente, queste stesse considerazioni si applicano anche se un dato consumatore procede all’acquisto di un altro orologio o di un secondo paio di occhiali da sole, quando già ne possiede. In particolare non è stato dimostrato che, come sostiene la ricorrente, una «maggioranza» dei consumatori di riferimento abbinerebbe sempre gli orologi e gli occhiali da sole ai loro capi di vestiario a seconda dell’attività che ha intenzione di esercitare.

69. Alla luce di ciò, il Tribunale statuisce che non è dimostrato che gli orologi, gli altri prodotti di orologeria, l’oreficeria e la gioielleria sono «indispensabili o importanti» per l’utilizzo dell’abbigliamento o delle scarpe e viceversa, di modo che possa essere constatata la sussistenza di una complementarità estetica tra tali prodotti.

70. In secondo luogo, non è stato dimostrato nemmeno che i consumatori ritengono normale che tali prodotti siano commercializzati con il medesimo marchio, in particolare per il fatto che gran parte dei produttori o dei distributori rispettivi di tali prodotti sarebbero i medesimi.

71. Anzitutto, l’esempio fornito dalla ricorrente e vertente sul fatto che alcuni creatori di moda di successo, tra i quali essa cita qualche nome facendo altresì rinvio ai loro siti Internet, producono attualmente non solo abbigliamento e scarpe, ma anche accessori, inclusi orologi, oreficeria e gioielleria, costituisce tutt’al più un indizio di un fenomeno recente che dev’essere ritenuto, ad oggi e in assenza di prove contrarie, piuttosto marginale nella valutazione d’insieme del settore di mercato considerato.

72. Infatti, a tale riguardo, si deve sottolineare che sussistono differenze di rilievo nella natura dei prodotti comparati, nei loro processi di fabbricazione, nonché per quanto riguarda il know-how necessario per la creazione di un prodotto di qualità in ciascuno dei settori di cui trattasi. A titolo esemplificativo occorre rilevare che la fabbricazione di un orologio da polso necessita sia di un know-how artigianale sia di una catena di produzione automatica o semi-automatica particolarmente specializzata, di modo che ognuno di tali modi di produzione si distingue manifestamente dai processi di fabbricazione dell’abbigliamento o delle scarpe, senza che si possa peraltro ritenere che l’esperienza di un’impresa nella produzione di uno dei prodotti comparati aumenti le sue capacità o le sue competenze nella produzione degli altri.

73. In tali circostanze, anche ritenendo che i riferimenti a determinati siti Internet di creatori di moda di successo (v. punto 71 supra) consentano di considerare dimostrato che, nel settore dei beni di lusso, uno stesso fabbricante può produrre tanto i prodotti designati dal marchio richiesto quanto quelli tutelati dal marchio anteriore, estendendo in tal modo taluni marchi notori da un settore ad un altro, occorre constatare che non è stato dimostrato che i consumatori fossero necessariamente informati di una siffatta pratica nel mercato non circoscritto a quello del lusso e che si attendevano, abitualmente, che la responsabilità della fabbricazione dei diversi prodotti in questione, a prima vista non accomunabili né appartenenti allo stesso genere di prodotti, incombesse su una stessa impresa. Inoltre tale conclusione non è inficiata dal gran numero di altri rinomati fabbricanti, elencati dalla ricorrente in udienza, che produrrebbero tutti i prodotti in questione, a causa del fatto che tale enumerazione è generica e non sostenuta da prove. In ogni caso, anche ritenendo che tali fabbricanti cerchino, come regola generale, di sfruttare il loro successo apponendo i loro marchi su una vasta gamma di prodotti, non se ne può dedurre che ciò influenzerebbe le attese dei consumatori al di fuori del settore dei beni di lusso.

74. Non è pertanto dimostrato che detti consumatori dedurrebbero che sussista un qualsivoglia nesso tra i prodotti comparati o che questi ultimi costituiscano una gamma ampliata di prodotti aventi la stessa origine.

75. Contrariamente poi alle allegazioni della ricorrente, la somiglianza tra i prodotti in questione non può nemmeno risultare dalla considerazione dei loro punti vendita e dei loro distributori.

76. A tale riguardo, occorre anzitutto ricordare che dalla giurisprudenza risulta che devono essere prese in considerazione solo le condizioni «oggettive» di commercializzazione dei prodotti designati dai marchi in conflitto, vale a dire quelle che è normale attendersi per la categoria dei prodotti designati da detti marchi [v., per analogia, sentenza del 23 settembre 2009, Phildar/UAMI – Comercial Jacinto Parera (FILDOR), T‑99/06, EU:T:2009:346, punti 68 e 73 nonché giurisprudenza ivi citata].

77. Inoltre, nel caso di specie occorre constatare che, se certo non è escluso, in particolare per la parte dei prodotti in questione appartenente al settore dei beni di lusso, che essi possano essere venduti negli stessi luoghi, come all’ingresso dei negozi di lusso «multimarca», in negozi famosi e in negozi «ammiraglie» («flagship stores») di marche, in negozi «tax free», ma anche in taluni reparti di negozi della grande distribuzione, tuttavia non è stato dimostrato, né è noto, che ciò avviene per la maggior parte dei prodotti in questione e in particolare per quelli economici, accessibili a chiunque. In ogni caso non si può concludere che, nonostante la differente natura dei prodotti comparati, la loro destinazione e il loro scopo, i consumatori di riferimento riterrebbero che sussistano stretti legami tra essi e che la responsabilità della loro fabbricazione gravi su una stessa impresa per il solo fatto che essi possono, in determinate circostanze, essere venduti negli stessi spazi commerciali (v., altresì, punto 79 infra).

78. Per quanto concerne la seconda fase di cui al punto 61 supra, vertente sull’eventuale esistenza di una complementarità estetica tra gli occhiali da sole graduati, designati dal marchio richiesto, da un lato, e gli orologi, i prodotti di orologeria, l’oreficeria e la gioielleria, tutelati dal marchio anteriore, dall’altro, si deve constatare, per analogia con i suesposti rilievi, che essa non deve più essere dimostrata dalla ricorrente. In particolare, si deve necessariamente constatare, dato che gli occhiali da sole graduati hanno lo scopo di garantire una vista migliore e dare una sensazione di confort a chi li utilizza in determinate condizioni meteorologiche, in particolare proteggendolo dai raggi del sole (v. punto 51 supra), che giustamente la commissione di ricorso ha ritenuto che i consumatori focalizzassero la loro attenzione in particolar modo sulle caratteristiche ottiche e sulle capacità di protezione di detti occhiali, piuttosto che sul loro design rapportato esteticamente a occhiali, oreficeria e gioielleria, in altri termini sul loro scopo estetico. In tali circostanze, e nonostante le prove fornite dalla ricorrente attinenti alla fabbricazione di occhiali da sole da parte della propria impresa, i prodotti suddetti non sono indispensabili o importanti in relazione all’utilizzo degli occhiali da sole graduati e viceversa.

79. Inoltre, per quanto concerne le allegazioni della ricorrente vertenti sui punti vendita che sarebbero comuni a tali prodotti, si deve rilevare che il Tribunale ha già statuito, al punto 40 della sentenza nollie, punto 41 supra (EU:T:2010:114), e giurisprudenza citata, che il fatto che prodotti messi a confronto possano essere venduti negli stessi centri commerciali, quali grandi magazzini o supermercati, non è particolarmente significativo dal momento che in tali punti vendita è possibile trovare prodotti di natura molto diversa, senza che i consumatori attribuiscano loro automaticamente una stessa origine.

80. Alla luce dell’insieme delle suesposte considerazioni, né il fatto che i consumatori dei prodotti in questione possano coincidere né il fatto che, nel settore dei beni di lusso, vi siano esempi di fabbricanti che producono sia i prodotti designati dal marchio richiesto sia i prodotti tutelati dal marchio anteriore sono sufficienti, anche se considerati insieme alle altre allegazioni della ricorrente, per poter concludere nel senso di una somiglianza, per quanto debole, tra i prodotti in questione.

Sul rischio di confusione

81. Come già constatato al punto 44 supra, la commissione di ricorso ha sostenuto, sulla sola base di un confronto tra i prodotti in questione, che non vi fosse alcun rischio di confusione per il pubblico di riferimento.

82. La ricorrente sostiene che la commissione di ricorso non ha applicato correttamente l’articolo 8, paragrafo 1, lettera b), del regolamento n. 207/2009 e che la somiglianza tra i marchi in conflitto, unita alla somiglianza tra i prodotti designati da tali marchi, farà nascere un rischio di confusione.

83. A tale riguardo, poiché si è già giunti alla conclusione, al punto 80 supra, che la commissione di ricorso non ha commesso errori nel ritenere che i prodotti in questione non presentino una somiglianza, per quanto debole, e tenendo conto della giurisprudenza easyHotel (punto 24 supra, EU:T:2009:14, punto 42), secondo cui un rischio di confusione ai sensi dell’articolo 8, paragrafo 1, lettera b), del regolamento n. 207/2009 presuppone sia un’identità o una somiglianza tra i marchi in conflitto sia un’identità o una somiglianza tra i prodotti o servizi che essi designano, condizioni che sono cumulative, il Tribunale constata che, nel caso di specie, la commissione di ricorso non ha commesso errori nemmeno nell’escludere qualsiasi rischio di confusione sulla sola base di un confronto tra i prodotti in questione.

84. In assenza di somiglianza tra i prodotti controversi, e fatto salvo l’esame del secondo motivo della ricorrente vertente sulla disposizione dell’articolo 8, paragrafo 5, del regolamento n. 207/2009, occorre aggiungere che tale conclusione non può essere inficiata dalle diverse allegazioni della ricorrente vertenti sull’asserita notorietà del marchio anteriore e sull’indebito vantaggio che la richiedente il marchio ne trarrebbe, essendo queste inoperanti qualora non sia rispettata una delle condizioni cumulative previste all’articolo 8, paragrafo 1, lettera b), del regolamento in questione. Infatti l’insussistenza di somiglianza tra i prodotti in questione non può essere compensata, nell’ambito della valutazione complessiva del rischio di confusione, dal fatto che i marchi controversi sono simili o addirittura identici, e ciò per qualsiasi livello di conoscenza dei medesimi da parte dei consumatori di riferimento.

85. Infine, tenuto conto delle circostanze del caso di specie, il Tribunale ritiene che non sia necessario pronunciarsi sulla ricevibilità dei riferimenti della ricorrente a due decisioni di giudici spagnoli in una causa che essa considera analoga alla fattispecie, vale a dire, anzitutto, una decisione del Tribunal Superior de Justicia de Madrid (Corte superiore di giustizia di Madrid, Spagna), del 13 marzo 2013, e, in seguito, una decisione del Tribunal Supremo (Corte di cassazione, Spagna), del 9 gennaio 2014, con cui il suddetto Tribunal Supremo respinge in quanto irricevibile un ricorso in cassazione avverso la suddetta decisione del Tribunal Superior de Justicia de Madrid, che, da un lato, aveva annullato una decisione dell’Oficina Española de Patentes y Marcas (Ufficio spagnolo dei brevetti e dei marchi) vertente sulla registrazione di un marchio identico a quello richiesto nella fattispecie e, dall’altro, aveva revocato tale registrazione ritenendola priva di effetti.

86. A tale riguardo infatti, anche a voler considerare ricevibili i due riferimenti, si deve ricordare che da una costante giurisprudenza risulta che le decisioni nazionali relative alle registrazioni negli Stati membri e, per analogia, quelle relative alle cancellazioni o ai dinieghi di registrazione non sono che elementi i quali, senza essere determinanti, possono soltanto essere presi in considerazione ai fini della registrazione di un marchio comunitario. Le stesse considerazioni valgono per la giurisprudenza dei giudici degli Stati membri [v., in tal senso, sentenze del 16 febbraio 2000, Procter & Gamble/UAMI (Forma di un sapone), T‑122/99, Racc., EU:T:2000:39, punto 61, e del 19 settembre 2001, Henkel/UAMI (Pasticca rotonda rossa e bianca), T‑337/99, Racc., EU:T:2001:221, punto 58]. Tale giurisprudenza, adottata nell’ambito degli impedimenti assoluti alla registrazione, è applicabile per analogia agli impedimenti relativi alla registrazione.

87. Orbene, si deve rilevare che, a differenza della presente causa, quella trattata dal Tribunal Superior de Justicia de Madrid e, in seguito, dal Tribunal Supremo verteva su un caso specifico, in cui i diversi prodotti tutelati dai marchi in conflitto e appartenenti alla classe 9 dell’Accordo di Nizza erano stati ritenuti «identici». È in simili circostanze fattuali, da cui non si possono trarre conseguenze relativamente alla presente causa, che il Tribunal Superior de Justicia de Madrid ha esaminato le somiglianze tra i marchi, concludendo, nell’ambito di una valutazione globale, nel senso che sussistevano somiglianze, con un conseguente rischio di confusione. Quanto al procedimento in cassazione, il Tribunal Supremo ha respinto il ricorso, sostanzialmente per motivi attinenti alla procedura, i quali non possono nemmeno essi avere effetti sul presente procedimento.

88. Il primo motivo dedotto dalla ricorrente deve pertanto essere respinto.

Sul secondo motivo, vertente sulla violazione dell’articolo 8, paragrafo 5, del regolamento n. 207/2009

89. La ricorrente sostiene che la commissione di ricorso ha commesso un errore di valutazione affermando che il marchio anteriore non era notorio, se considerato come si presenta nella registrazione, vale a dire isolatamente dall’elemento denominativo «longines». Al contrario, secondo la ricorrente, erano presenti i requisiti per l’applicazione dell’articolo 8, paragrafo 5, del regolamento n. 207/2009.

90. L’UAMI contesta gli argomenti della ricorrente.

91. Ai sensi dell’articolo 8, paragrafo 5, del regolamento n. 207/2009, in seguito all’opposizione del titolare di un marchio anteriore ai sensi del paragrafo 2, la registrazione del marchio depositato è altresì esclusa se il marchio è identico o simile al marchio anteriore o se ne viene richiesta la registrazione per prodotti o servizi non simili a quelli per i quali è registrato il marchio anteriore, qualora, nel caso di un marchio comunitario anteriore, quest’ultimo sia il marchio che gode di notorietà nella Comunità o, nel caso di un marchio nazionale anteriore, quest’ultimo sia un marchio che gode di notorietà nello Stato membro in questione e l’uso senza giusto motivo del marchio richiesto possa trarre indebito vantaggio dal carattere distintivo o dalla notorietà del marchio anteriore o recare pregiudizio agli stessi (v., in tal senso, sentenza Emidio Tucci, punto 47 supra, EU:T:2012:500, punto 55).

92. Secondo la giurisprudenza, lo scopo dell’articolo 8, paragrafo 5, del regolamento n. 207/2009 non è di impedire la registrazione di qualsiasi marchio identico ad un marchio notorio o che presenti una somiglianza con quest’ultimo. Obiettivo di tale disposizione è, segnatamente, di permettere al titolare di un marchio nazionale anteriore notorio di opporsi alla registrazione di marchi idonei a recare pregiudizio alla notorietà o al carattere distintivo del marchio anteriore o a trarre indebitamente vantaggio da tali notorietà o carattere distintivo (v., in tal senso, sentenza Emidio Tucci, punto 47 supra, EU:T:2012:500, punto 56 e giurisprudenza ivi citata). Queste stesse considerazioni si applicano per analogia, in forza dell’articolo 8, paragrafo 2, lettera a), iii), del suddetto regolamento, in combinato disposto con il suo paragrafo 5, ai marchi anteriori notori registrati in base ad accordi internazionali con effetto in uno Stato membro dell’Unione.

93. Nel caso di specie, come già ricordato ai punti da 13 a 15 supra, la commissione di ricorso ha sostanzialmente ritenuto che, benché le prove presentate dalla ricorrente dimostrassero chiaramente che i suoi prodotti erano molto pregiati ed erano in commercio nel mercato di riferimento da ben oltre un secolo, esse dimostrassero anche che tali prodotti non erano solitamente designati con il segno di cui trattasi nel caso di specie considerato isolatamente, bensì con un marchio composto che includeva anche la parola stilizzata «longines». Secondo la commissione di ricorso, l’utilizzo che veniva fatto del segno di cui trattasi non era sufficiente a dimostrare che una parte significativa del pubblico interessato, in una parte considerevole dei territori dei paesi elencati al punto 15 supra, avrebbe collocato il segno medesimo, considerato isolatamente e senza la parte denominativa, nel contesto dell’orologeria e degli strumenti cronometrici. Orbene, non sarebbe possibile stabilire la notorietà di un marchio astrattamente . Secondo la commissione di ricorso, la ricorrente non è stata in grado di dimostrare che il pubblico di riferimento potrebbe associare senza sforzi il segno figurativo consistente in una «clessidra alata» ai prodotti di orologeria e agli strumenti cronometrici prodotti dalla ricorrente stessa.

94. Le allegazioni della ricorrente si possono sostanzialmente suddividere in due gruppi. Il primo gruppo verte sul fatto che, a suo avviso, il marchio figurativo anteriore godeva di una notorietà mondiale per quanto concerne i prodotti di orologeria e gli strumenti cronometrici, nonché l’oreficeria e la gioielleria, rientranti nella classe 14, come risulterebbe dalla documentazione presentata dinanzi all’UAMI.

95. Con il secondo gruppo delle sue allegazioni, la ricorrente mira, in linea di massima, a dimostrare che la registrazione del marchio richiesto pregiudicherebbe l’idea di esclusività e le immagini di lusso e di alta qualità trasmesse dal marchio anteriore e, pertanto, la sua notorietà ed il suo carattere distintivo. La ricorrente sottolinea il fatto che la registrazione del marchio richiesto indebolirebbe l’idoneità del marchio anteriore, consistente in un «clessidra alata», a contraddistinguere prodotti ben definiti e a stimolare il desiderio dei consumatori. Essa fa altresì riferimento al carattere «parassitario» del marchio richiesto, che trarrebbe un indebito profitto, che essa ritiene altamente probabile e prevedibile, dal fatto che il marchio anteriore è molto noto.

96. A tale riguardo, poiché, come giustamente sottolineato dalla commissione di ricorso al punto 24 della decisione impugnata, l’applicazione dell’articolo 8, paragrafo 5, del regolamento n. 207/2009 è soggetta a determinate condizioni cumulative (v., altresì, punto 91 supra), inclusa quella di dimostrare la notorietà del marchio anteriore su cui si fonda l’opposizione, il Tribunale ritiene che occorra valutare anzitutto il primo gruppo delle allegazioni della ricorrente. In tal senso, si deve valutare se la commissione di ricorso abbia avuto ragione nel ritenere che una siffatta notorietà non fosse stata dimostrata nel caso di specie e nel decidere in seguito, unicamente su tale base, che la ricorrente non poteva fondarsi sulla suddetta disposizione al fine di opporsi alla registrazione del marchio richiesto.

97. Anzitutto, nell’ambito delle sue allegazioni vertenti sul primo gruppo summenzionato, la ricorrente afferma che, contrariamente a quanto ritenuto dalla commissione di ricorso, il marchio anteriore è utilizzato normalmente anche senza la parola «longines», ad esempio su alcune «fibbie» utilizzate in oreficeria, in gioielleria e nell’orologeria e sulle corone di carica per orologi. Inoltre, a suo avviso, tutte le prove che sono state sufficienti affinché la commissione di ricorso ritenesse che la parola «longines», in combinazione con il marchio anteriore, è un marchio notorio, devono altresì fungere da prova per quanto riguarda la notorietà del marchio anteriore considerato isolatamente. Esso, secondo la ricorrente, può essere utilizzato con o senza la parola «longines».

98. La ricorrente pone quindi in rilievo il fatto che il marchio anteriore è utilizzato dal 1874 per designare i suoi prodotti, che il suo primo utilizzo risale addirittura al 1867 e che esso è «molto noto» non solo ai professionisti specializzati nel settore dell’orologeria, ma anche al consumatore medio. Secondo la ricorrente, il fatto che tale marchio sia impresso sui metalli e sui prodotti consente ai consumatori e ai professionisti di verificare che si tratta degli originali.

99. La ricorrente sottolinea poi che il marchio anteriore, che trasmette al consumatore diversi messaggi positivi attinenti ai prodotti, ha un valore autonomo e distinto che va oltre i prodotti della classe 14 che esso designa, raggiungendo quindi quelli delle classi 9 e 25.

100. Il Tribunale rileva che, secondo la giurisprudenza, per soddisfare il requisito della notorietà, un marchio dev’essere conosciuto da una parte significativa del pubblico interessato ai prodotti o ai servizi coperti dal marchio stesso. Nell’esaminare tale requisito, vanno presi in considerazione tutti gli elementi rilevanti del caso, cioè, in particolare, la quota di mercato coperta dal marchio anteriore, l’intensità, l’ambito geografico e la durata del suo uso, nonché l’entità degli investimenti realizzati dall’impresa per promuoverlo, non richiedendosi che tale marchio sia conosciuto da una determinata percentuale del pubblico così definito o che la sua notorietà si estenda alla totalità del territorio di cui trattasi, purché la notorietà esista in una parte sostanziale di quest’ultimo (v., in tal senso, sentenza Emidio Tucci, punto 47 supra, EU:T:2012:500, punto 58 e giurisprudenza ivi citata).

101. Nel caso di specie, dall’esame degli elementi di prova forniti dalla ricorrente dinanzi all’UAMI risulta che i suoi prodotti sono effettivamente presenti in modo significativo e durevole, quanto meno in taluni Stati membri dell’Unione nei quali il marchio anteriore è tutelato. La commissione di ricorso ha peraltro espressamente confermato tale circostanza nella decisione impugnata, sottolineando al contempo che tali prodotti non erano generalmente commercializzati con il marchio anteriore considerato isolatamente o lo erano solo assai raramente, ma che erano designati da un marchio composto che include in particolare il segno figurativo che compone il marchio anteriore.

102. Come risulta dal punto 35 della decisione impugnata, la commissione di ricorso ha ritenuto particolarmente importante il fatto che, «nella combinazione utilizzata della rappresentazione figurativa della clessidra alata e della parola “longines”, quest’ultima costituisce l’elemento visivamente dominante». Essa ha inoltre affermato, allo stesso punto della decisione impugnata, che una conclusione diversa da quella adottata sarebbe stata possibile se, ad esempio, il marchio anteriore «fosse stato rappresentato diversamente in modo costante, sotto forma di combinazione di un’immagine di grande formato e di un elemento denominativo di piccole dimensioni, o se la ricorrente avesse fornito prove che avessero confermato che i consumatori si erano abituati a concentrarsi sulla rappresentazione figurativa della clessidra alata piuttosto che sull’elemento “longines”». Secondo la commissione di ricorso, queste ultime considerazioni dovrebbero tuttavia essere accantonate alla luce dei fatti di causa.

103. A tale riguardo, e in via preliminare, il Tribunale constata che, per quanto concerne gli elementi di prova presentati dalla ricorrente, la commissione di ricorso ha giustamente affermato che non ne risulterebbe che i consumatori si erano abituati a concentrarsi sull’elemento consistente in una «clessidra alata» del marchio composto utilizzato. A titolo esemplificativo occorre rilevare che detti elementi di prova non contengono sondaggi d’opinione effettuati presso il pubblico di riferimento vertenti, in particolare, sulla sua percezione del marchio composto utilizzato, sulla questione relativa a quali ne fossero gli elementi memorizzati o, quanto meno, quali fossero quelli identificabili da tale pubblico, posto in presenza di diversi marchi durante i suoi acquisti, come riconducibili ai prodotti della ricorrente. Più in particolare, la ricorrente non ha nemmeno presentato sondaggi d’opinione in cui le persone interessate, poste dinanzi solo al segno figurativo rappresentante una «clessidra alata», dovessero dichiarare se conoscevano tale segno ed eventualmente a cosa lo associavano.

104. In seguito, contrariamente a quanto allegato dalla ricorrente, il Tribunale statuisce che gli elementi di prova che essa ha portato dinanzi all’UAMI per quanto riguarda l’utilizzo del marchio anteriore consistente in una «clessidra alata» non sono sufficienti per constatare che la sua notorietà è stata dimostrata.

105. Infatti, da un lato, ne risulta, come peraltro giustamente sostenuto dall’UAMI, che, sugli orologi, quando il marchio anteriore è utilizzato da solo, esso non occupa una posizione visivamente importante. Al contrario, esso è talvolta apposto in parti dove potrebbe passare inosservato a causa delle sue dimensioni e della sua posizione. Tali considerazioni si applicano in particolare ai riferimenti della ricorrente all’utilizzo del marchio anteriore sulle fibbie, sui cinturini e sulle corone di carica per orologi.

106. Dall’altro lato, dagli elementi di prova presentati dalla ricorrente dinanzi all’UAMI non risulta nemmeno che il marchio anteriore, considerato isolatamente, sarebbe utilizzato nel materiale promozionale, sulle fatture o sulle riviste in maniera sufficientemente rilevante, né dal punto di vista quantitativo né qualitativo, e costante nel tempo, perché ciò possa avere un ruolo nella valutazione della sua notorietà. Infatti, come giustamente constatato dalla commissione di ricorso, dagli elementi di prova risulta che, tranne alcune eccezioni, è il marchio composto, costituito dal marchio anteriore e dalla parola «longines», ad essere regolarmente utilizzato.

107. In tali circostanze, la questione principale che dev’essere ancora risolta dal Tribunale è quella di stabilire se il pubblico di riferimento, che è stato più volte messo di fronte a pubblicità, documenti o addirittura prodotti nei quali o sui quali compariva il marchio composto, costituito dal marchio anteriore e dalla parola «longines», abbia notato e memorizzato anche detto marchio anteriore, considerato isolatamente, in modo sufficientemente costante perché se ne possa dedurre che esso era notorio conformemente ai criteri richiamati al punto 100 supra.

108. In primo luogo, a tale riguardo, il Tribunale deve tener conto del fatto che gli elementi di prova presentati dalla ricorrente dimostrano, in particolare, che le suddette pubblicità comparivano su ogni tipo di rivista o quotidiano, scritti in diverse lingue e commercializzati in particolare negli Stati membri dell’Unione, rilevanti nel caso di specie. Inoltre la commissione di ricorso indica, a tale riguardo, al punto 25 della decisione impugnata, sesto trattino, che 31 di tali ritagli di stampa corrispondono a riviste o quotidiani provenienti da paesi membri dell’Unione.

109. In secondo luogo, occorre tener conto del fatto che si trattava prevalentemente non di riviste rivolte a un pubblico circoscritto ai professionisti, bensì che avevano come target di consumatori il grande pubblico, sia che si trattasse di un consumatore interessato alla moda, alle novità «VIP», sia di colui che cerca di informarsi sui suoi hobby, inclusi diversi sport. Alcune pubblicità apparivano su riviste per collezionisti, altre su riviste «generiche». Il Tribunale constata anche che più volte tali pubblicità occupavano una pagina intera o metà pagina di tali riviste o quotidiani.

110. In terzo luogo, dagli elementi di prova presentati dalla ricorrente dinanzi all’UAMI risulta che le pubblicità per il marchio composto in questione o i prodotti designati da tale marchio erano spesso apparsi in un contesto o in associazione a personaggi famosi del mondo culturale o sportivo. In tal senso, dai diversi documenti presentati dalla ricorrente risulta che le sue pubblicità si avvalevano della collaborazione con personaggi noti in tutto il mondo, inclusi attori, poeti, giocatori di tennis, sportivi del settore degli sport equestri, sciatori, ciclisti, atleti del tiro con l’arco, ginnasti o ancora alcuni modelli. In tal senso, i prodotti in questione erano stati indossati, a fini pubblicitari, da sportivi o da attori di fama mondiale quali André Agassi, Audrey Hepburn e Humphrey Bogart.

111. In quarto luogo, il Tribunale non omette di prendere in considerazione il fatto, risultante dagli elementi di prova, che, in più occasioni, pubblicità del marchio composto di cui trattasi, costituito dall’elemento grafico consistente in una «clessidra alata» e dalla parola «longines», sono apparse durante diverse competizioni sportive, almeno alcune delle quali ritrasmesse in televisione.

112. In quinto luogo, risulta inoltre dalle tabelle e da altri elementi di prova presentati dalla ricorrente dinanzi all’UAMI che essa ha speso, per molti anni e in particolare tra il 2002 e il 2010, rilevanti somme in pubblicità, e ciò in diversi paesi, quali la Francia, la Spagna o l’Italia, rilevanti nel caso di specie. La ricorrente ha apportato altresì esempi di fatture relative alla vendita dei prodotti in questione, segnatamente di orologi. Dette fatture riportano sempre il marchio composto e dimostrano una presenza importante della ricorrente nel mercato europeo, in particolare in Francia, in Germania, in Italia e in Spagna. Infine la ricorrente ha anche presentato alcuni studi di mercato relativi all’introduzione del marchio composto nel mercato in alcuni Stati membri dell’Unione, inclusi la Francia, la Germania, l’Italia e il Regno Unito.

113. In tal senso, elementi di prova concordanti dimostrano un utilizzo a lungo termine del marchio composto non solo in Svizzera, ma anche in taluni Stati membri dell’Unione rilevanti nel caso di specie.

114. Orbene, il Tribunale statuisce che le suddette circostanze, considerate nel loro insieme, non inficiano le considerazioni della commissione di ricorso richiamate al punto 93 supra.

115. Infatti, in assenza di elementi di prova concreti che dimostrino che i consumatori si erano abituati a concentrarsi, più in particolare, sull’elemento consistente in una «clessidra alata» del marchio composto utilizzato (v. punto 103 supra), occorre valutare, procedendo ad un’analisi globale di tale marchio e delle sue diverse componenti, quale percezione ne avrebbe il pubblico di riferimento.

116. A tale riguardo, si deve necessariamente constatare, così come la commissione di ricorso, che dagli elementi di prova presentati dalla ricorrente dinanzi all’UAMI e vertenti sull’utilizzo del marchio composto risulta che era chiaramente il suo elemento denominativo, consistente nella parola «longines», a prevalere nell’impressione complessiva prodotta da tale segno, in particolare sul piano visivo.

117. Anzitutto la ragione risiede nella posizione di tale parola all’interno del marchio composto, vale a dire nella sua metà superiore, e nel fatto che essa superava sia in lunghezza che in larghezza l’elemento grafico, consistente in una «clessidra alata», di dimensioni considerevolmente minori.

118. Inoltre la parola «longines» si legge facilmente, essendo scritta in caratteri maiuscoli e con un tipo di carattere la cui grafica non si discosta particolarmente dal tipo di carattere generalmente utilizzato. Infatti l’unico elemento grafico un po’ specifico della parola «longines» consiste in un certo prolungamento, per mezzo dell’aggiunta di un piccolo trattino, alle estremità delle lettere maiuscole che lo compongono.

119. Si deve ancora sottolineare che l’elemento grafico consistente, secondo la ricorrente, in una «clessidra alata», senza poter essere considerato trascurabile nel marchio composto utilizzato, rimane tuttavia chiaramente accessorio e di secondo piano nell’impressione d’insieme che avrebbero i consumatori che percepiscono tale marchio, non solo a causa delle sue dimensioni, più piccole rispetto alla parola «longines», ma anche a causa del suo carattere piuttosto complicato, nel senso che è costituito da una rappresentazione di ali spiegate, con al centro una sorta di rettangolo che poggia sul lato corto ed è diviso da due diagonali, unite esse stesse da due linee orizzontali, facendo sì che l’insieme non sia facilmente memorizzabile. Questa stessa analisi vale per le diverse varianti di tale grafica utilizzate dalla ricorrente.

120. Inoltre il Tribunale stabilisce che non è affatto dimostrato che il pubblico di riferimento, il quale peraltro non dirige la sua attenzione sui dettagli del marchio composto utilizzato, percepirebbe la parte situata al centro della grafica come costituente una sorta di «clessidra» stilizzata. Pur se una siffatta evocazione può, se del caso, venire in mente più facilmente ai consumatori che sono a conoscenza del fatto che un marchio figurativo consistente in una «clessidra alata», sebbene con una grafica diversa, era già stato utilizzato dalla ricorrente nel XIX secolo ed è stato in seguito una delle prime registrazioni internazionali presso l’Organizzazione mondiale della proprietà intellettuale (OMPI), fatto cui la ricorrente fa rinvio, si deve necessariamente constatare che, come giustamente affermato dalla commissione di ricorso al punto 34 della decisione impugnata, non si tratta in tal caso di una circostanza che può essere ritenuta ben nota al pubblico di cui trattasi, il quale, va ricordato, non si limita ai soli professionisti specializzati nel settore dell’orologeria (v., altresì, punto 125 infra). Non esistono pertanto nemmeno motivi connessi al contenuto concettuale dell’elemento grafico in questione che facciano sì che una parte considerevole del pubblico di riferimento lo memorizzi più dettagliatamente.

121. Alla luce dell’insieme delle suesposte considerazioni, il Tribunale statuisce che la commissione di ricorso non ha commesso alcun errore nel ritenere che la notorietà del marchio anteriore, considerato come si presenta nella registrazione, non sia stata dimostrata. Infatti, nonostante l’utilizzo costante nel tempo, importante sul piano quantitativo e su quello qualitativo, del marchio composto dal marchio anteriore e dalla parola «longines», è quest’ultima parola ad attirare l’attenzione dei consumatori e a rimanere verosimilmente nella loro memoria, non essendo dimostrato che una parte considerevole del pubblico di riferimento, in uno o più Stati membri dell’Unione per i quali la notorietà è stata rivendicata, conoscerebbe il marchio anteriore anche in quanto tale e l’assocerebbe senza sforzo ai prodotti di orologeria e ai cronometri della ricorrente, i soli interessati dalla rivendicazione di notorietà.

122. Nessuna delle allegazioni della ricorrente può inficiare tale conclusione.

123. In primo luogo, è vero che, come sostenuto dalla ricorrente, non è in teoria escluso che l’utilizzo di un marchio anteriore nell’ambito di un marchio composto possa essere sufficiente per concludere nel senso della notorietà di tale marchio anteriore, malgrado il fatto che esso non è stato utilizzato da solo, isolatamente dal marchio composto, o lo è stato poco.

124. Infatti una simile possibilità risulta da un’applicazione per analogia della giurisprudenza secondo cui il carattere distintivo particolare di un marchio può essere acquisito grazie al suo uso prolungato e alla sua notorietà in quanto parte di un altro marchio registrato, nei limiti in cui il pubblico di riferimento percepisce il marchio come atto a indicare la provenienza dei prodotti da una determinata impresa [v., in tal senso, sentenza del 7 settembre 2006, L & D/UAMI – Sämann (Aire Limpio), T‑168/04, Racc. EU:T:2006:245, punto 74]. Nel caso di specie tuttavia, come giustamente sottolineato dalla commissione di ricorso al punto 35 della decisione impugnata, per giungere eventualmente a concludere che il marchio anteriore era notorio sarebbe stato necessario rappresentarlo diversamente nel marchio composto utilizzato, affinché fosse memorizzato dal pubblico di riferimento.

125. In secondo luogo, per quanto concerne le diverse allegazioni della ricorrente che pongono in evidenza la lunga storia e il costante utilizzo del marchio anteriore, esse non sono decisive per dimostrare la sua notorietà, mancando prove sufficientemente concrete del fatto che una parte considerevole del pubblico di riferimento ne avrebbe preso conoscenza. In particolare, mentre la ricorrente ha invero presentato tra gli elementi di prova anche taluni articoli vertenti sulla lunga durata dell’utilizzo e della registrazione di un segno costituito da una «clessidra alata», occorre, da un lato, constatare che si trattava, per alcuni, di articoli diretti piuttosto ad un pubblico di professionisti o, per altri, di articoli diretti a lettori svizzeri, non essendo dimostrato che essi avevano effettivamente raggiunto una parte considerevole del pubblico di riferimento nella fattispecie. In ogni caso occorre rilevare che la grafica di una «clessidra alata» utilizzata storicamente, eseguita in modo più dettagliato, differisce notevolmente dalla grafica attualmente utilizzata dal marchio anteriore.

126. In terzo luogo, per ragioni analoghe a quelle menzionate al punto 125 supra, si deve respingere in quanto non dimostrata l’allegazione della ricorrente, secondo cui non solo i professionisti, ma anche il grande pubblico erano a conoscenza del fatto che era attraverso la grafica di una «clessidra alata» che i prodotti originali della ricorrente erano identificabili e potevano essere distinti dai prodotti contraffatti. In particolare, il Tribunale ritiene che, per una parte considerevole del pubblico di riferimento, sia l’utilizzo stesso della parola «longines» sui prodotti in questione a svolgere tale funzione.

127. In tal senso, tenuto conto di tutte queste circostanze, la ricorrente non può sostenere che è attraverso il marchio anteriore «notorio» che essa trasmette ai consumatori diversi messaggi positivi attinenti ai prodotti e che esso avrebbe un valore autonomo e distinto che va oltre i prodotti della classe 14 che esso designa, raggiungendo quindi quelli delle classi 9 e 25. Infatti, anche se una siffatta notorietà non può essere esclusa per quanto riguarda il segno composto utilizzato, a causa della presenza della parola «longines», ciò non può valere per quanto concerne il solo marchio anteriore.

128. Pertanto, e in quanto la commissione di ricorso si è limitata, nella sua analisi dell’articolo 8, paragrafo 5, del regolamento n. 207/2009, a constatare che la notorietà del marchio anteriore non era stata dimostrata (v. punto 96 supra), non spetta al Tribunale valutare, per la prima volta, le allegazioni della ricorrente relative alla questione di stabilire se gli altri requisiti per l’applicazione di detta disposizione (v. punti 91 e 92 supra) siano o meno rispettati, essendo tali allegazioni irrilevanti per la soluzione della presente controversia.

129. Ne risulta che occorre respingere anche il secondo motivo della ricorrente, nonché il ricorso nel suo insieme.

Sulle spese

130. Ai sensi dell’articolo 87, paragrafo 2, del regolamento di procedura, la parte soccombente è condannata alle spese se ne è stata fatta domanda.

131. Poiché l’UAMI ne ha fatto domanda, la ricorrente, rimasta soccombente, dev’essere condannata alle spese.

Dispositivo

Per questi motivi,

IL TRIBUNALE (Quinta Sezione)

dichiara e statuisce:

1) Il ricorso è respinto.

2) La Compagnie des montres Longines, Francillon SA, è condannata alle spese.

Top

SENTENZA DEL TRIBUNALE (Quinta Sezione)

12 febbraio 2015 ( *1 )

«Marchio comunitario — Opposizione — Domanda di marchio comunitario figurativo B — Marchio internazionale figurativo anteriore rappresentante due ali spiegate — Impedimenti relativi alla registrazione — Insussistenza di rischio di confusione — Articolo 8, paragrafo 1, lettera b), del regolamento (CE) n. 207/2009 — Insussistenza di pregiudizio alla notorietà — Articolo 8, paragrafo 5, del regolamento n. 207/2009»

Nella causa T‑505/12,

Compagnie des montres Longines, Francillon SA, con sede in Saint‑Imier (Svizzera), rappresentata da P. González‑Bueno Catalán de Ocón, avvocato,

ricorrente,

contro

Ufficio per l’armonizzazione nel mercato interno (marchi, disegni e modelli (UAMI), rappresentato inizialmente da F. Mattina, successivamente da P. Bullock, in qualità di agenti,

convenuto,

controinteressato nel procedimento dinanzi alla commissione di ricorso dell’UAMI:

Xiuxiu Cheng, residente in Budapest (Ungheria),

avente ad oggetto un ricorso proposto contro la decisione della quinta commissione di ricorso dell’UAMI, del 14 settembre 2012 (procedimento R 193/2012‑5), relativa ad un procedimento di opposizione tra la Compagnie des montres Longines, Francillon SA e Xiuxiu Cheng,

IL TRIBUNALE (Quinta Sezione),

composto da A. Dittrich, presidente, J. Schwarcz (relatore) e V. Tomljenović, giudici,

cancelliere: J. Weychert, amministratore

visto il ricorso depositato nella cancelleria del Tribunale il 19 novembre 2012,

vista la comparsa di risposta dell’UAMI depositata presso la cancelleria del Tribunale il 12 febbraio 2013,

vista la decisione del 25 marzo 2013 recante diniego di autorizzare il deposito di una memoria di replica,

vista la modifica della composizione delle sezioni del Tribunale,

in seguito all’udienza del 27 marzo 2014,

ha pronunciato la seguente

Sentenza

Fatti

1

Il 20 luglio 2009 Xiuxiu Cheng ha presentato all’Ufficio per l’armonizzazione nel mercato interno (marchi, disegni e modelli) (UAMI) una domanda di registrazione di marchio comunitario, ai sensi del regolamento (CE) n. 207/2009 del Consiglio, del 26 febbraio 2009, sul marchio comunitario (GU L 78, pag. 1).

2

Il marchio oggetto della domanda di registrazione è il seguente segno figurativo in bianco e nero:

Image

3

I prodotti per i quali è stata chiesta la registrazione rientrano nelle classi 9 e 25 ai sensi dell’Accordo di Nizza relativo alla classificazione internazionale dei prodotti e dei servizi ai fini della registrazione dei marchi, del 15 giugno 1957, come riveduto e modificato, e corrispondono, per ciascuna di tali classi, alla seguente descrizione:

classe 9: «Occhiali da sole graduati»;

classe 25: «Abbigliamento e scarpe».

4

La domanda di marchio comunitario è stata pubblicata nel Bollettino dei marchi comunitari n. 84/2010, del 10 maggio 2010.

5

Il 30 luglio 2010 la Compagnie des montres Longines, Francillon SA, ricorrente, ha proposto opposizione ai sensi dell’articolo 41 del regolamento n. 207/2009 avverso la registrazione del marchio richiesto per i prodotti di cui al precedente punto 3.

6

L’opposizione si fondava sul marchio internazionale figurativo anteriore n. 401319 di seguito riprodotto, che produceva i suoi effetti in particolare in Germania, in Austria, nel Benelux, in Bulgaria, in Spagna, in Estonia, in Francia, in Grecia, in Ungheria, in Italia, in Lettonia, in Lituania, in Portogallo, nella Repubblica ceca, in Romania, in Slovacchia e in Slovenia, designava segnatamente i prodotti della classe 14 e corrispondeva alla seguente descrizione: «Orologi, meccanismi, casse, quadranti, cinturini per orologi, forniture d’orologeria; cronometri; cronografi; apparecchi per cronometraggio sportivo; pendole, orologi da tavolo e sveglie; tutti gli apparecchi cronometrici, orologi gioiello, oreficeria e gioielleria; apparecchiature orarie, dispositivi e pannelli indicatori dell’ora».

Image

7

I motivi dedotti a sostegno dell’opposizione erano quelli di cui all’articolo 8, paragrafo 1, lettera b), e paragrafo 5, del regolamento n. 207/2009.

8

Con decisione del 25 novembre 2011, la divisione d’opposizione ha respinto in toto l’opposizione, per il fatto che i prodotti designati dai marchi in questione erano diversi, di modo che non era rispettato uno dei requisiti necessari all’applicazione dell’articolo 8, paragrafo 1, lettera b), del regolamento n. 207/2009. Per quanto riguarda il fondamento dell’opposizione vertente sull’applicazione dell’articolo 8, paragrafo 5, del regolamento n. 207/2009, essa ha concluso nel senso che la ricorrente non era riuscita a dimostrare, per tutti gli Stati membri di riferimento, che il marchio internazionale anteriore godesse di notorietà per i prodotti della categoria «orologeria e strumenti cronometrici» della classe 14, unica categoria per cui la notorietà era stata rivendicata.

9

Il 25 gennaio 2012 la ricorrente ha proposto un ricorso dinanzi all’UAMI, a titolo degli articoli da 58 a 64 del regolamento n. 207/2009, avverso la decisione della divisione d’opposizione.

10

Con decisione del 14 settembre 2012 (in prosieguo: la «decisione impugnata»), la quinta commissione di ricorso dell’UAMI ha respinto il ricorso e ha confermato in toto la decisione della divisione d’opposizione.

11

In primo luogo, la commissione di ricorso ha sostanzialmente constatato, per quanto riguarda il pubblico di riferimento cui si rivolgevano i prodotti tutelati dai marchi in conflitto, che esso era costituito sia dal grande pubblico sia da professionisti specializzati nel settore dell’orologeria e che, in entrambi i casi, tale pubblico doveva essere considerato normalmente informato e ragionevolmente attento e avveduto.

12

In secondo luogo, la commissione di ricorso ha affermato che i prodotti in questione erano diversi sia per la loro natura sia per quanto concerne i loro canali di distribuzione. A suo avviso, essi non erano in concorrenza e non erano nemmeno complementari. Essa ha concluso nel senso che, in mancanza di una qualsiasi somiglianza tra i prodotti, uno dei requisiti necessari per l’applicazione dell’articolo 8, paragrafo 1, lettera b), del regolamento n. 207/2009 non era soddisfatto e che non poteva pertanto sussistere un rischio di confusione ai sensi di tale disposizione.

13

In terzo luogo, per quanto riguarda l’applicazione dell’articolo 8, paragrafo 5, del regolamento n. 207/2009, anzitutto la commissione di ricorso ha affermato di voler prendere in considerazione anche le prove supplementari vertenti sulla notorietà dei prodotti della categoria «orologeria e strumenti cronometrici» della classe 14, che la ricorrente aveva prodotto per la prima volta dinanzi ad essa e che si aggiungevano a quelle già presentate, a tale riguardo, dinanzi alla divisione d’opposizione.

14

In seguito, la commissione di ricorso ha constatato che, nonostante tali prove presentate dalla ricorrente dimostrassero chiaramente che i prodotti erano molto pregiati e che erano in commercio nel mercato di riferimento da ben oltre un secolo, esse dimostravano anche che tali prodotti non erano solitamente, o addirittura quasi mai, designati con il segno di cui trattasi nel caso di specie, considerato isolatamente. Al contrario, il marchio che vi era apposto era composto dal marchio figurativo su cui l’opposizione era basata combinato con la parola stilizzata «longines».

15

Infine, la commissione di ricorso ha ritenuto che non fosse stato dimostrato che il marchio internazionale figurativo, su cui si basava l’opposizione, era identificabile in quanto tale senza la parola «longines» nell’ambito dell’«orologeria e [degli] strumenti cronometrici» da una parte significativa del pubblico di riferimento in una parte considerevole dei territori della Bulgaria, del Benelux, della Repubblica ceca, della Danimarca, dell’Estonia, della Spagna, della Francia, della Grecia, dell’Ungheria, dell’Italia, della Lituania, della Lettonia, del Portogallo, della Romania, della Slovacchia e della Slovenia. Secondo la commissione di ricorso, la ricorrente non ha dimostrato che il pubblico di riferimento sarebbe in grado, senza particolari sforzi, di associare il marchio figurativo in questione ai suoi prodotti appartenenti alla suddetta categoria.

Conclusioni delle parti

16

La ricorrente chiede che il Tribunale voglia:

annullare la decisione impugnata;

condannare l’UAMI e la controinteressata dinanzi alla commissione di ricorso dell’UAMI alle spese.

17

L’UAMI chiede che il Tribunale voglia:

respingere integralmente l’impugnazione;

condannare la ricorrente alle spese.

In diritto

18

La ricorrente deduce due motivi a sostegno del ricorso in esame. Il primo motivo verte sulla violazione dell’articolo 8, paragrafo 1, lettera b), del regolamento n. 207/2009. Il secondo motivo verte sulla violazione dell’articolo 8, paragrafo 5, di detto regolamento.

Sul primo motivo, vertente sulla violazione dell’articolo 8, paragrafo 1, lettera b), del regolamento n. 207/2009

19

La ricorrente fa sostanzialmente valere che la commissione di ricorso ha concluso erroneamente nel senso dell’insussistenza di somiglianza tra i prodotti designati dai marchi in questione e ha omesso di prendere in considerazione le somiglianze visive e concettuali tra i medesimi. Di conseguenza, la commissione di ricorso avrebbe erroneamente ritenuto che l’articolo 8, paragrafo 1, lettera b), del regolamento n. 207/2009 non fosse applicabile.

20

L’UAMI contesta gli argomenti della ricorrente.

21

Ai sensi dell’articolo 8, paragrafo 1, lettera b), del regolamento n. 207/2009, su opposizione del titolare di un marchio anteriore, il marchio richiesto è escluso dalla registrazione se, a causa dell’identità o della somiglianza di detto marchio con un marchio anteriore e dell’identità o somiglianza dei prodotti o servizi designati dai due marchi, sussiste un rischio di confusione per il pubblico del territorio nel quale il marchio anteriore è tutelato. Il rischio di confusione comprende il rischio di associazione con il marchio anteriore.

22

Secondo una giurisprudenza costante, costituisce un rischio di confusione la possibilità che il pubblico possa credere che i prodotti o i servizi in questione provengano dalla stessa impresa o eventualmente da imprese economicamente legate tra loro. Secondo questa stessa giurisprudenza, il rischio di confusione dev’essere valutato globalmente, in base alla percezione che il pubblico di riferimento ha dei segni e dei prodotti o servizi di cui trattasi, e prendendo in considerazione tutti i fattori pertinenti del caso di specie, in particolare l’interdipendenza tra la somiglianza dei segni e quella dei prodotti o dei servizi designati [v. sentenza del 9 luglio 2003, Laboratorios RTB/UAMI – Giorgio Beverly Hills (GIORGIO BEVERLY HILLS), T‑162/01, Racc., EU:T:2003:199, punti da 30 a 33 e giurisprudenza ivi citata].

23

Ai fini di tale valutazione globale, si ritiene che il consumatore medio della categoria dei prodotti o dei servizi interessati sia normalmente informato e ragionevolmente attento e avveduto. Tuttavia occorre tener conto del fatto che il consumatore medio solo raramente ha la possibilità di procedere a un confronto diretto dei vari marchi e deve fare affidamento sull’immagine non perfetta che ne ha mantenuto nella memoria. Occorre anche tener conto del fatto che il livello di attenzione del consumatore medio può variare in funzione della categoria dei prodotti o servizi di cui trattasi [v. sentenza GIORGIO BEVERLY HILLS, cit. al punto 22 supra, EU:T:2003:199, punto 33 e giurisprudenza ivi citata).

24

Ai fini dell’applicazione dell’articolo 8, paragrafo 1, lettera b), del regolamento n. 207/2009, un rischio di confusione presuppone sia un’identità o una somiglianza tra i marchi in conflitto sia un’identità o una somiglianza tra i prodotti o servizi che essi designano. Si tratta di condizioni cumulative [v. sentenza del 22 gennaio 2009, Commercy/UAMI – easyGroup IP Licensing (easyHotel), T‑316/07, Racc., EU:T:2009:14, punto 42 e giurisprudenza ivi citata].

25

Del resto, il rischio di confusione è tanto più elevato quanto più rilevante è il carattere distintivo del marchio anteriore. In tal senso, i marchi che hanno un elevato carattere distintivo, intrinsecamente o a motivo della loro notorietà sul mercato, godono di una tutela più ampia rispetto ai marchi il cui carattere distintivo è inferiore. Il carattere distintivo del marchio anteriore, in particolare la sua notorietà, deve dunque essere preso in considerazione per valutare se sussista un rischio di confusione [v. sentenza del 17 aprile 2008, Ferrero Deutschland/UAMI, C‑108/07 P, EU:C:2008:234, punti 32 e 33 nonché giurisprudenza ivi citata; sentenza del 28 ottobre 2010, Farmeco/UAMI – Allergan (BOTUMAX), T‑131/09, EU:T:2010:458, punto 67].

26

Infine occorre ricordare che, per rifiutare la registrazione di un marchio comunitario, è sufficiente che un impedimento relativo alla registrazione ai sensi dell’articolo 8, paragrafo 1, lettera b), del regolamento n. 207/2009 esista in una parte dell’Unione europea [v., in tal senso, sentenza del 14 dicembre 2006, Mast-Jägermeister/UAMI – Licorera Zacapaneca (VENADO con riquadro e a.), T‑81/03, T‑82/03 e T‑103/03, Racc., EU:T:2006:397, punto 76 e giurisprudenza ivi citata].

27

È con riguardo ai principi esposti supra ai punti da 21 a 26 che occorre nella fattispecie esaminare il primo motivo della ricorrente.

Sul pubblico di riferimento e sul suo grado d’attenzione

28

Anzitutto si deve constatare che il marchio anteriore è un marchio internazionale che produce i suoi effetti in particolare in determinati Stati membri dell’Unione, quali ricordati al punto 6 supra. Pertanto, al fine di stabilire l’eventuale sussistenza di un rischio di confusione tra i marchi in conflitto, occorre tener conto del punto di vista del pubblico di riferimento in tali Stati membri.

29

Occorre poi ricordare che, secondo la giurisprudenza, il pubblico di riferimento è composto di consumatori che possono utilizzare sia i prodotti contrassegnati dal marchio anteriore sia quelli contrassegnati dal marchio richiesto [v. sentenza del 30 settembre 2010, PVS/UAMI – MeDiTA Medizinische Kurierdienst (medidata), T‑270/09, EU:T:2010:419, punto 28 e giurisprudenza ivi citata]. Peraltro si deve anche ricordare che dalla giurisprudenza emerge che la valutazione dei motivi di impedimento alla registrazione deve vertere su ciascuno dei prodotti per i quali la registrazione del marchio è richiesta (v., in tal senso, sentenza del 15 febbraio 2007, BVBA Management, Training en Consultancy, C‑239/05, Racc., EU:C:2007:99, punto 34).

30

La commissione di ricorso ha affermato, al punto 15 della decisione impugnata, che i prodotti in conflitto erano destinati sia al grande pubblico sia a professionisti specializzati nel settore dell’orologeria, i quali, in entrambi i casi, dovevano essere considerati normalmente informati e ragionevolmente attenti e avveduti.

31

La ricorrente non contesta la definizione del pubblico di riferimento o del suo grado d’attenzione, ma sostiene semplicemente che i «veri clienti» e i clienti potenziali dei prodotti in questione costituiscono categorie che si sovrappongono. A suo avviso, un consumatore che acquista taluni dei prodotti in questione può acquistarne anche altri. La ricorrente sottolinea in particolare il fatto che coloro che acquistano oggetti costosi e prodotti di lusso possono anche acquistare prodotti economici. Pertanto i consumatori dei prodotti in questione sarebbero gli stessi.

32

Il Tribunale ritiene che tutti i prodotti in questione si rivolgano al grande pubblico e, per quanto riguarda i prodotti tutelati dal marchio anteriore, che essi si rivolgano anche a professionisti specializzati nel settore dell’orologeria. La commissione di ricorso ha quindi giustamente tenuto conto di un pubblico così composto.

33

Per quanto concerne il grado d’attenzione del pubblico di riferimento, si deve constatare che le categorie di prodotti in questione sono denominate in modo sufficientemente ampio da comprenderne alcuni che possono essere acquistati da chiunque, vale a dire anche da consumatori che non presentano un elevato grado d’attenzione al momento dell’acquisto.

34

Infatti, anche se i prodotti designati dal marchio anteriore, quali gli occhiali da sole graduati designati dal marchio richiesto e rientranti nella classe 9, sono per la maggior parte acquistati in modo non regolare, tramite un venditore, vale a dire in circostanze in cui il grado di attenzione del consumatore medio dev’essere considerato superiore al grado normale di attenzione e, pertanto, piuttosto elevato [v., in tal senso, sentenza del 12 gennaio 2006, Devinlec/UAMI – TIME ART (QUANTUM), T‑147/03, Racc., EU:T:2006:10, punto 63], tuttavia ciò non avviene per tutti questi prodotti, in quanto alcuni orologi, alcuni cinturini da orologio, alcune sveglie, alcuni gioielli fantasia o addirittura alcuni occhiali da sole graduati possono essere acquistati senza che il consumatore vi presti particolare attenzione, segnatamente quando si tratta di prodotti «economici».

35

Quanto al grado d’attenzione del pubblico che acquista l’abbigliamento e le scarpe designati dal marchio richiesto e rientranti nella classe 25, da un lato, si deve rilevare che, essendo tali prodotti di largo consumo, spesso acquistati ed utilizzati dal consumatore medio, il grado d’attenzione al momento dell’acquisto di tali prodotti non sarà superiore alla media. Dall’altro, occorre considerare che il grado d’attenzione del pubblico non è inferiore alla media, dato che i prodotti in questione sono articoli di moda e il consumatore dedica pertanto una certa attenzione alla scelta dei medesimi [v., in tal senso, sentenza del 10 novembre 2011, Esprit International/UAMI – Marc O’Polo International (Rappresentazione di una lettera su una tasca), T‑22/10, EU:T:2011:651, punti da 45 a 47].

Sul confronto tra i prodotti

36

Secondo costante giurisprudenza, per valutare la somiglianza tra i prodotti in questione, occorre tener conto di tutti i fattori pertinenti che caratterizzano il rapporto tra di essi. Tali fattori includono, in particolare, la loro natura, la loro destinazione, il loro impiego nonché la loro concorrenzialità o complementarità. Anche altri fattori possono essere esaminati, come i canali di distribuzione dei prodotti interessati [v. sentenza dell’11 luglio 2007, El Corte Inglés/UAMI – Bolaños Sabri (PiraÑAM diseño original Juan Bolaños), T‑443/05, Racc., EU:T:2007:219, punto 37 e giurisprudenza ivi citata].

37

Nel caso di specie, la commissione di ricorso ha approvato la conclusione della divisione d’opposizione relativa alla differenza sussistente tra i prodotti in questione. Ha affermato che essi erano diversi sia per la loro natura sia per quanto concerne i loro canali di distribuzione e che non erano in concorrenza tra loro. Ha concluso nel senso di «un’assoluta insussistenza di somiglianza tra i prodotti».

38

Più precisamente, per quanto concerne gli «occhiali da sole graduati» designati dal marchio richiesto, la commissione di ricorso ha constatato che il loro scopo era completamente diverso da quello dei cronometri e dei gioielli designati dal marchio anteriore. Tale conclusione non è, a suo avviso, modificata dal fatto che, in un caso come nell’altro, essi potrebbero essere indossati come un accessorio di moda. Per gli «occhiali da sole graduati» la finalità estetica rimarrebbe secondaria rispetto al loro scopo principale, che è, secondo il suo parere, quello di correggere i difetti della vista e di proteggere gli occhi dalla luce intensa.

39

Per quanto concerne l’«abbigliamento e [le] scarpe» designati dal marchio richiesto, la commissione di ricorso rileva che ancora una volta lo scopo principale di tali prodotti consiste nell’abbigliare il corpo umano e i piedi. A suo avviso, i «gioielli» della ricorrente si indossano altresì sul corpo, ma solo per motivi estetici. Il nesso tra queste due categorie di prodotti sarebbe pertanto troppo debole.

40

La commissione di ricorso respinge anche l’allegazione della ricorrente secondo cui i prodotti in questione sarebbero complementari per il fatto che si tratta di accessori di moda. Al contrario, a suo avviso, il nesso tra tali prodotti è troppo vago. Gli occhiali da sole verrebbero scelti principalmente in ragione delle loro caratteristiche tecniche e non per il fatto che dovrebbero necessariamente essere abbinati all’orologio o agli orecchini che si indossano. Lo stesso avverrebbe nel caso dell’abbigliamento e delle scarpe, che abitualmente non verrebbero acquistati attenendosi rigorosamente allo stile dell’orologio e dei gioielli che si indossano. Pur se, in funzione dell’importanza che un consumatore attribuisce alla moda, taluni prodotti quali orologi e occhiali da sole possono essere percepiti o meno quali accessori di moda, tuttavia, secondo la commissione di ricorso, il loro scopo principale è diverso.

41

Infine la commissione di ricorso fa riferimento alla sentenza del 7 dicembre 2010, Nute Partecipazioni e La Perla/UAMI – Worldgem Brands (NIMEI LA PERLA MODERN CLASSIC) (T‑59/08, Racc., EU:T:2010:500, punto 36), affermando che ne risultava che la bigiotteria e l’abbigliamento femminile appartenevano a segmenti di mercato vicini e che era pertanto necessario che vi fosse un certo grado di somiglianza tra i marchi per poter applicare l’articolo 8, paragrafo 5, del regolamento n. 207/2009. Tuttavia, secondo la commissione di ricorso, il Tribunale non aveva stabilito né confermato la sussistenza di una somiglianza tra i suddetti prodotti. Al contrario, in un’altra causa, che ha dato luogo alla sentenza del 24 marzo 2010, 2nine/UAMI – Pacific Sunwear of California (nollie) (T‑363/08, EU:T:2010:114, punti da 33 a 41), esso avrebbe confermato la conclusione della seconda commissione di ricorso, secondo cui i prodotti della classe 25 e quelli della classe 14, ai sensi dell’Accordo di Nizza, erano diversi e non era possibile stabilire né la loro somiglianza né un asserito carattere complementare basandosi su semplici considerazioni estetiche.

42

La ricorrente sostiene che i prodotti designati dal marchio richiesto e i prodotti tutelati dal marchio anteriore sono simili. A suo avviso, essi hanno una stessa natura, uno scopo e una destinazione identici, sono complementari, interscambiabili e pertanto in concorrenza, soddisfano una domanda analoga, condividono gli stessi canali di distribuzione e sono spesso venduti negli stessi stabilimenti. Essa sostiene infine, da un lato, che è diventato usuale per i produttori ampliare la propria attività a diversi mercati connessi, che spaziano dall’abbigliamento ai cosmetici passando per i gioielli e, dall’altro, che i consumatori di tali prodotti sono gli stessi.

43

L’UAMI contesta gli argomenti della ricorrente.

44

In via preliminare si deve sottolineare che la commissione di ricorso ha sostenuto che non vi era alcun rischio di confusione per il pubblico di riferimento sulla sola base di un confronto tra i prodotti in questione. Tuttavia una somiglianza, anche tenue, tra i prodotti in questione avrebbe imposto alla commissione di ricorso di verificare se un eventuale elevato grado di somiglianza tra i segni non fosse idoneo a far sorgere, nel consumatore, un rischio di confusione in merito all’origine dei prodotti [v., in tal senso, sentenza PiraÑAM diseño original Juan Bolaños, EU:T:2007:219, punto 36 supra, punto 40].

45

È in tale contesto che occorre quindi verificare se la valutazione della commissione di ricorso, secondo cui i prodotti in questione non sono simili, sia fondata.

46

A tale riguardo, si deve constatare, in via preliminare, che i prodotti che devono essere comparati nel caso di specie, vale a dire, da un lato, gli «occhiali da sole graduati» nonché l’«abbigliamento e [le] scarpe» che fanno parte rispettivamente delle classi 9 e 25 ai sensi dell’Accordo di Nizza e, dall’altro, i diversi prodotti di orologeria, oreficeria e gioielleria, elencati supra al punto 6 e che rientrano nella classe 14 ai sensi del suddetto accordo, appartengono a segmenti di mercato vicini.

47

Si può in particolare constatare, per analogia con quanto statuito dal Tribunale nell’ambito di una valutazione vertente sull’articolo 8, paragrafo 5, del regolamento n. 207/2009, nella causa che ha dato luogo alla sentenza del 27 settembre 2012, El Corte Inglés/UAMI – Pucci International (Emidio Tucci) (T‑373/09, EU:T:2012:500, punto 66), che, sebbene le suddette categorie di prodotti siano diverse, ciascuna include prodotti spesso venduti come prodotti di lusso con marchi famosi di creatori e produttori rinomati. Tale circostanza pone in rilievo il fatto che vi è una certa prossimità tra i prodotti in questione, in particolare nel settore dei prodotti di lusso.

48

Allo stesso modo, il Tribunale ha constatato, sempre nell’ambito di una valutazione relativa alla disposizione richiamata al punto 47 supra, al punto 79 della sua sentenza del 27 settembre 2012, Pucci International/UAMI – El Corte Inglés (Emidio Tucci) (T‑357/09, EU:T:2012:499), che, nell’ambito degli articoli di lusso, prodotti quali gli occhiali, l’oreficeria, la gioielleria e gli orologi sono venduti anche con marchi famosi di creatori e produttori rinomati e che i produttori di abbigliamento si rivolgono quindi verso il mercato di tali prodotti. Il Tribunale ne ha dedotto che vi fosse una certa prossimità tra i prodotti in questione.

49

Tuttavia, nonostante il fatto che i prodotti designati dal marchio richiesto e quelli tutelati dal marchio anteriore, richiamati al punto 46 supra, appartengono a segmenti di mercato vicini, in primo luogo, si deve constatare che la commissione di ricorso non ha commesso alcun errore affermando che erano diversi quanto alla loro natura, alla loro destinazione e al loro impiego.

50

Anzitutto, infatti, le materie prime a partire dalle quali essi sono prodotti sono diverse, fatta eccezione per qualche somiglianza tra alcune materie che possono essere utilizzate tanto per fabbricare occhiali da sole graduati che per taluni prodotti di orologeria o di oreficeria, quali il vetro.

51

Inoltre l’abbigliamento e le scarpe, inclusi nella classe 25, sono fabbricati al fine di coprire il corpo umano, nasconderlo, proteggerlo e agghindarlo. Gli occhiali da sole graduati sono prodotti anzitutto per garantire una vista migliore e dare una sensazione di confort a chi li utilizza in determinate condizioni meteorologiche, e in particolare per proteggere dai raggi del sole. Gli orologi e altri prodotti di orologeria hanno lo scopo, in particolare, di misurare e indicare il tempo. Infine la gioielleria e l’oreficeria hanno una funzione puramente ornamentale (v., in tal senso, sentenza nollie, punto 41 supra, EU:T:2010:114, punto 33 e giurisprudenza ivi citata).

52

In secondo luogo va osservato che, essendo diversi la natura, la destinazione e l’impiego dei prodotti in questione, essi non sono concorrenti né interscambiabili.

53

Infatti la ricorrente non ha dimostrato che sarebbe tipico, nonostante le suddette differenze, che un consumatore che, ad esempio, abbia intenzione di acquistare un nuovo orologio, gioielli od oreficeria, decida all’improvviso di acquistare invece abbigliamento, scarpe o occhiali da sole graduati, e viceversa.

54

A tale riguardo, più in particolare, occorre ancora constatare che non è dimostrata l’allegazione della ricorrente secondo cui sarebbero, in generale, il marchio e il suo prestigio tra i consumatori a motivare, nel settore dei beni di lusso e della moda, la decisione di acquistare un determinato bene e non la reale necessità di acquistare l’oggetto medesimo, in particolare per le sue funzionalità e per venire incontro ad una necessità specifica. In questo stesso senso, si deve respingere in quanto non dimostrata l’allegazione della ricorrente secondo cui i consumatori, nel settore di cui trattasi, sono soprattutto alla ricerca non di prodotti concreti, bensì di soddisfare le loro «necessità edonistiche» o che mirano ad appagare il piacere immediato che procura un acquisto fatto d’impulso, facendo prevalere l’aspetto e il valore dei prodotti su altri fattori relativi alla loro natura.

55

Si deve peraltro constatare che accettare il merito di siffatte allegazioni equivarrebbe sostanzialmente a rendere inoperante ogni differenziazione tra prodotti appartenenti al settore dei beni di lusso e tutelati dai rispettivi marchi, dato che la teoria della ricorrente vertente sull’acquisto fatto d’impulso che mira ad appagare il piacere immediato dei consumatori porta a concludere che un rischio di confusione possa realmente sussistere indipendentemente dai prodotti comparati, alla sola condizione che appartengano tutti al suddetto settore. Orbene, un simile approccio, con cui la ricorrente intende in realtà dimostrare l’interscambiabilità di tutti i prodotti in questione, è manifestamente contrario al principio di specialità dei marchi, di cui il Tribunale deve tener conto nella sua analisi conformemente all’articolo 8, paragrafo 1, lettera b), del regolamento n. 207/2009, e amplierebbe indebitamente l’area di tutela dei medesimi. Per questi stessi motivi, si deve respingere in quanto non pertinente l’allegazione della ricorrente secondo cui i prodotti sarebbero interscambiabili, dal momento che ciascuno può essere offerto in dono, poiché il consumatore sceglierebbe d’impulso l’uno o l’altro di essi. Infatti accettare un siffatto nesso vago porterebbe a ritenere che siano simili prodotti che sono invece manifestamente diversi quanto alla loro natura e alla loro destinazione.

56

Si deve inoltre sottolineare che il mercato di riferimento, di cui fanno parte i suddetti prodotti, non può essere circoscritto al solo segmento di mercato del «lusso» o dell’«alta moda» e che a quest’ultimo segmento di mercato non può nemmeno essere attribuita un’importanza particolare nel caso di specie, dal momento che le categorie di prodotti tutelati dai marchi in conflitto sono definite in maniera sufficientemente ampia da includere anche prodotti per il «grande pubblico», rientranti nella gamma di prezzo generalmente accessibile, nonché determinati prodotti «economici». Orbene, la ricorrente non ha sostenuto, rispetto ai prodotti «di base» rientranti in tali segmenti del mercato, che essi verrebbero comunque acquistati da consumatori che agiscono in modo impulsivo ed edonistico, di modo che questi ultimi potrebbero sostituire indifferentemente determinati prodotti con gli altri.

57

In terzo luogo, si deve rilevare che, con gli altri argomenti, la ricorrente cerca sostanzialmente di stabilire un nesso di complementarità tra i prodotti in questione.

58

Occorre ricordare che, secondo la giurisprudenza, i prodotti o i servizi complementari sono quelli tra i quali esiste una stretta correlazione nel senso che l’uno è indispensabile o importante per l’uso dell’altro, di modo che i consumatori possono essere indotti a credere che la responsabilità della fabbricazione di tali prodotti o della fornitura di tali servizi gravi sulla stessa impresa. Per definizione, prodotti che si rivolgono a un pubblico diverso non possono presentare un carattere complementare (v., in tal senso, sentenza Emidio Tucci, punto 48 supra, EU:T:2012:499, punto 50 e giurisprudenza ivi citata).

59

Inoltre, secondo la giurisprudenza, una complementarità estetica tra i prodotti può creare un certo grado di somiglianza ai sensi dell’articolo 8, paragrafo 1, lettera b), del regolamento n. 207/2009. Una siffatta complementarità estetica deve consistere in un vero bisogno estetico, nel senso che un prodotto è indispensabile o importante per l’uso dell’altro e che i consumatori ritengono abituale e normale utilizzare tali prodotti insieme. Tale complementarità estetica è soggettiva ed è determinata dalle abitudini o dalle preferenze dei consumatori quali possono risultare dagli sforzi di marketing delle imprese produttrici, ossia da semplici fenomeni della moda (v. sentenza Emidio Tucci, punto 48 supra, EU:T:2012:499, punto 51 e giurisprudenza ivi citata).

60

Occorre tuttavia evidenziare che l’esistenza di una complementarità estetica tra i prodotti non è di per sé sufficiente per affermare che esiste una somiglianza tra gli stessi. A tal fine è necessario che i consumatori ritengano normale che tali prodotti siano commercializzati con il medesimo marchio, il che comporta, di regola, che gran parte dei produttori o dei distributori rispettivi di tali prodotti siano i medesimi (v. sentenza Emidio Tucci, punto 48 supra, EU:T:2012:499, punto 52 e giurisprudenza ivi citata).

61

Nel caso di specie, il Tribunale ritiene opportuno procedere in due fasi alla valutazione della somiglianza tra i prodotti in questione, per quanto concerne la loro eventuale complementarità. La prima fase verte sul confronto tra «abbigliamento e scarpe», designati dal marchio richiesto, e i diversi prodotti di orologeria, i cronometri, l’oreficeria e la gioielleria tutelati dal marchio anteriore ed elencati al punto 6 supra. La seconda fase verte sul confronto tra questi ultimi prodotti e gli «occhiali da sole graduati», designati dal marchio richiesto.

62

Per quanto riguarda la prima fase, si deve constatare che gli argomenti della ricorrente non sono sufficienti a stabilire che i prodotti in questione sono complementari da un punto di vista estetico.

63

A tale riguardo, da un lato, la ricorrente sostiene che i prodotti in questione fanno tutti parte del settore della moda, o addirittura di quello dei beni di «lusso», e che i consumatori di riferimento sono alla ricerca di uno stile particolare e di un’immagine che essi intendono trasmettere, abbinando in tal modo a loro gusto tutti i prodotti di abbigliamento e gli accessori che acquistano, facendo in modo che tali prodotti si completino a vicenda. Dall’altro, essa afferma che tali prodotti sono spesso acquistati contemporaneamente e in modo combinato.

64

Orbene, anzitutto occorre rilevare che è già stato statuito dal Tribunale, in particolare nella sentenza del 13 dicembre 2004, El Corte Inglés/UAMI – Pucci (EMILIO PUCCI) (T‑8/03, Racc., EU:T:2004:358, punto 42), che la circostanza secondo cui i prodotti controversi sono connessi alla bellezza, alla cura del corpo, all’apparenza fisica o all’immagine personale, anche supponendo che sia provata, non è sufficiente per poterli considerare simili, se differiscono sensibilmente per altri versi alla luce di tutti gli altri fattori pertinenti che caratterizzano i rapporti tra di essi.

65

Si deve poi ricordare che, anche se la ricerca di una certa armonia estetica nell’abbigliamento costituisce un tratto comune a tutto il settore della moda e dell’abbigliamento, si tratta tuttavia di un elemento troppo generico per poter giustificare, di per sé solo, la complementarità di prodotti quali gioielli e orologi, da un lato, e degli articoli di abbigliamento, dall’altro (v., in tal senso, sentenza nollie, punto 41 supra, EU:T:2010:114, punto 36 e giurisprudenza ivi citata).

66

Nelle circostanze del caso di specie, tenendo conto delle differenze tra i prodotti esaminati (v. punti da 49 a 56 supra), spettava alla ricorrente, se del caso, dimostrare che sussistevano nessi sufficientemente forti che uniscono i prodotti in questione sul piano estetico, in particolare apportando elementi concreti da cui il Tribunale avrebbe potuto dedurre che il pubblico di riferimento, acquistandoli, intendeva realmente coordinare il suo aspetto esteriore.

67

Orbene, in primo luogo, non è né dimostrato dalla ricorrente né generalmente noto che un consumatore, acquistando orologi o altri prodotti di orologeria, faccia la sua scelta prendendo come fattore preponderante il fatto che tali prodotti si abbinino all’uno o all’altro accessorio del suo abbigliamento o alle sue scarpe, e viceversa, e non valutando in via principale le caratteristiche intrinseche di tali prodotti, la loro qualità rispetto alla loro funzione principale (v. punto 51 supra), nonché prendendo in considerazione, in maniera indipendente, il loro design e il loro aspetto generale.

68

L’allegazione presentata in udienza dalla ricorrente, secondo cui il consumatore in Europa è già avvezzo ad una certa qualità tecnica dei prodotti in questione, di modo che la considera «scontata», non inficia le suddette conclusioni, in quanto in realtà, anche ritenendo vera tale allegazione, i consumatori giudicherebbero sempre opportuno comparare i diversi prodotti al fine di conseguire quelli il cui livello di qualità supera i prodotti concorrenti, nonché allo scopo di scegliere quelli le cui caratteristiche e il cui design corrispondono maggiormente alle loro attese, potendo inoltre tali considerazioni giustificare differenze di prezzo anche rilevanti tra i prodotti, contrariamente a quanto sostenuto dalla ricorrente. Ciò si applica, per analogia, ai prodotti «oreficeria e gioielleria». Sebbene la questione di una certa unitarietà di stile tra l’abbigliamento e le scarpe che si indossano abitualmente, da un lato, e i capi di vestiario, i gioielli, gli orologi o l’oreficeria, dall’altro, si possa porre per taluni consumatori più attenti alla moda, non si tratta tuttavia di un nesso sufficiente tra i prodotti esaminati, come esige la giurisprudenza richiamata ai punti 59 e 60 supra. Inoltre, contrariamente a quanto allegato dalla ricorrente, queste stesse considerazioni si applicano anche se un dato consumatore procede all’acquisto di un altro orologio o di un secondo paio di occhiali da sole, quando già ne possiede. In particolare non è stato dimostrato che, come sostiene la ricorrente, una «maggioranza» dei consumatori di riferimento abbinerebbe sempre gli orologi e gli occhiali da sole ai loro capi di vestiario a seconda dell’attività che ha intenzione di esercitare.

69

Alla luce di ciò, il Tribunale statuisce che non è dimostrato che gli orologi, gli altri prodotti di orologeria, l’oreficeria e la gioielleria sono «indispensabili o importanti» per l’utilizzo dell’abbigliamento o delle scarpe e viceversa, di modo che possa essere constatata la sussistenza di una complementarità estetica tra tali prodotti.

70

In secondo luogo, non è stato dimostrato nemmeno che i consumatori ritengono normale che tali prodotti siano commercializzati con il medesimo marchio, in particolare per il fatto che gran parte dei produttori o dei distributori rispettivi di tali prodotti sarebbero i medesimi.

71

Anzitutto, l’esempio fornito dalla ricorrente e vertente sul fatto che alcuni creatori di moda di successo, tra i quali essa cita qualche nome facendo altresì rinvio ai loro siti Internet, producono attualmente non solo abbigliamento e scarpe, ma anche accessori, inclusi orologi, oreficeria e gioielleria, costituisce tutt’al più un indizio di un fenomeno recente che dev’essere ritenuto, ad oggi e in assenza di prove contrarie, piuttosto marginale nella valutazione d’insieme del settore di mercato considerato.

72

Infatti, a tale riguardo, si deve sottolineare che sussistono differenze di rilievo nella natura dei prodotti comparati, nei loro processi di fabbricazione, nonché per quanto riguarda il know-how necessario per la creazione di un prodotto di qualità in ciascuno dei settori di cui trattasi. A titolo esemplificativo occorre rilevare che la fabbricazione di un orologio da polso necessita sia di un know-how artigianale sia di una catena di produzione automatica o semi-automatica particolarmente specializzata, di modo che ognuno di tali modi di produzione si distingue manifestamente dai processi di fabbricazione dell’abbigliamento o delle scarpe, senza che si possa peraltro ritenere che l’esperienza di un’impresa nella produzione di uno dei prodotti comparati aumenti le sue capacità o le sue competenze nella produzione degli altri.

73

In tali circostanze, anche ritenendo che i riferimenti a determinati siti Internet di creatori di moda di successo (v. punto 71 supra) consentano di considerare dimostrato che, nel settore dei beni di lusso, uno stesso fabbricante può produrre tanto i prodotti designati dal marchio richiesto quanto quelli tutelati dal marchio anteriore, estendendo in tal modo taluni marchi notori da un settore ad un altro, occorre constatare che non è stato dimostrato che i consumatori fossero necessariamente informati di una siffatta pratica nel mercato non circoscritto a quello del lusso e che si attendevano, abitualmente, che la responsabilità della fabbricazione dei diversi prodotti in questione, a prima vista non accomunabili né appartenenti allo stesso genere di prodotti, incombesse su una stessa impresa. Inoltre tale conclusione non è inficiata dal gran numero di altri rinomati fabbricanti, elencati dalla ricorrente in udienza, che produrrebbero tutti i prodotti in questione, a causa del fatto che tale enumerazione è generica e non sostenuta da prove. In ogni caso, anche ritenendo che tali fabbricanti cerchino, come regola generale, di sfruttare il loro successo apponendo i loro marchi su una vasta gamma di prodotti, non se ne può dedurre che ciò influenzerebbe le attese dei consumatori al di fuori del settore dei beni di lusso.

74

Non è pertanto dimostrato che detti consumatori dedurrebbero che sussista un qualsivoglia nesso tra i prodotti comparati o che questi ultimi costituiscano una gamma ampliata di prodotti aventi la stessa origine.

75

Contrariamente poi alle allegazioni della ricorrente, la somiglianza tra i prodotti in questione non può nemmeno risultare dalla considerazione dei loro punti vendita e dei loro distributori.

76

A tale riguardo, occorre anzitutto ricordare che dalla giurisprudenza risulta che devono essere prese in considerazione solo le condizioni «oggettive» di commercializzazione dei prodotti designati dai marchi in conflitto, vale a dire quelle che è normale attendersi per la categoria dei prodotti designati da detti marchi [v., per analogia, sentenza del 23 settembre 2009, Phildar/UAMI – Comercial Jacinto Parera (FILDOR), T‑99/06, EU:T:2009:346, punti 68 e 73 nonché giurisprudenza ivi citata].

77

Inoltre, nel caso di specie occorre constatare che, se certo non è escluso, in particolare per la parte dei prodotti in questione appartenente al settore dei beni di lusso, che essi possano essere venduti negli stessi luoghi, come all’ingresso dei negozi di lusso «multimarca», in negozi famosi e in negozi «ammiraglie» («flagship stores») di marche, in negozi «tax free», ma anche in taluni reparti di negozi della grande distribuzione, tuttavia non è stato dimostrato, né è noto, che ciò avviene per la maggior parte dei prodotti in questione e in particolare per quelli economici, accessibili a chiunque. In ogni caso non si può concludere che, nonostante la differente natura dei prodotti comparati, la loro destinazione e il loro scopo, i consumatori di riferimento riterrebbero che sussistano stretti legami tra essi e che la responsabilità della loro fabbricazione gravi su una stessa impresa per il solo fatto che essi possono, in determinate circostanze, essere venduti negli stessi spazi commerciali (v., altresì, punto 79 infra).

78

Per quanto concerne la seconda fase di cui al punto 61 supra, vertente sull’eventuale esistenza di una complementarità estetica tra gli occhiali da sole graduati, designati dal marchio richiesto, da un lato, e gli orologi, i prodotti di orologeria, l’oreficeria e la gioielleria, tutelati dal marchio anteriore, dall’altro, si deve constatare, per analogia con i suesposti rilievi, che essa non deve più essere dimostrata dalla ricorrente. In particolare, si deve necessariamente constatare, dato che gli occhiali da sole graduati hanno lo scopo di garantire una vista migliore e dare una sensazione di confort a chi li utilizza in determinate condizioni meteorologiche, in particolare proteggendolo dai raggi del sole (v. punto 51 supra), che giustamente la commissione di ricorso ha ritenuto che i consumatori focalizzassero la loro attenzione in particolar modo sulle caratteristiche ottiche e sulle capacità di protezione di detti occhiali, piuttosto che sul loro design rapportato esteticamente a occhiali, oreficeria e gioielleria, in altri termini sul loro scopo estetico. In tali circostanze, e nonostante le prove fornite dalla ricorrente attinenti alla fabbricazione di occhiali da sole da parte della propria impresa, i prodotti suddetti non sono indispensabili o importanti in relazione all’utilizzo degli occhiali da sole graduati e viceversa.

79

Inoltre, per quanto concerne le allegazioni della ricorrente vertenti sui punti vendita che sarebbero comuni a tali prodotti, si deve rilevare che il Tribunale ha già statuito, al punto 40 della sentenza nollie, punto 41 supra (EU:T:2010:114), e giurisprudenza citata, che il fatto che prodotti messi a confronto possano essere venduti negli stessi centri commerciali, quali grandi magazzini o supermercati, non è particolarmente significativo dal momento che in tali punti vendita è possibile trovare prodotti di natura molto diversa, senza che i consumatori attribuiscano loro automaticamente una stessa origine.

80

Alla luce dell’insieme delle suesposte considerazioni, né il fatto che i consumatori dei prodotti in questione possano coincidere né il fatto che, nel settore dei beni di lusso, vi siano esempi di fabbricanti che producono sia i prodotti designati dal marchio richiesto sia i prodotti tutelati dal marchio anteriore sono sufficienti, anche se considerati insieme alle altre allegazioni della ricorrente, per poter concludere nel senso di una somiglianza, per quanto debole, tra i prodotti in questione.

Sul rischio di confusione

81

Come già constatato al punto 44 supra, la commissione di ricorso ha sostenuto, sulla sola base di un confronto tra i prodotti in questione, che non vi fosse alcun rischio di confusione per il pubblico di riferimento.

82

La ricorrente sostiene che la commissione di ricorso non ha applicato correttamente l’articolo 8, paragrafo 1, lettera b), del regolamento n. 207/2009 e che la somiglianza tra i marchi in conflitto, unita alla somiglianza tra i prodotti designati da tali marchi, farà nascere un rischio di confusione.

83

A tale riguardo, poiché si è già giunti alla conclusione, al punto 80 supra, che la commissione di ricorso non ha commesso errori nel ritenere che i prodotti in questione non presentino una somiglianza, per quanto debole, e tenendo conto della giurisprudenza easyHotel (punto 24 supra, EU:T:2009:14, punto 42), secondo cui un rischio di confusione ai sensi dell’articolo 8, paragrafo 1, lettera b), del regolamento n. 207/2009 presuppone sia un’identità o una somiglianza tra i marchi in conflitto sia un’identità o una somiglianza tra i prodotti o servizi che essi designano, condizioni che sono cumulative, il Tribunale constata che, nel caso di specie, la commissione di ricorso non ha commesso errori nemmeno nell’escludere qualsiasi rischio di confusione sulla sola base di un confronto tra i prodotti in questione.

84

In assenza di somiglianza tra i prodotti controversi, e fatto salvo l’esame del secondo motivo della ricorrente vertente sulla disposizione dell’articolo 8, paragrafo 5, del regolamento n. 207/2009, occorre aggiungere che tale conclusione non può essere inficiata dalle diverse allegazioni della ricorrente vertenti sull’asserita notorietà del marchio anteriore e sull’indebito vantaggio che la richiedente il marchio ne trarrebbe, essendo queste inoperanti qualora non sia rispettata una delle condizioni cumulative previste all’articolo 8, paragrafo 1, lettera b), del regolamento in questione. Infatti l’insussistenza di somiglianza tra i prodotti in questione non può essere compensata, nell’ambito della valutazione complessiva del rischio di confusione, dal fatto che i marchi controversi sono simili o addirittura identici, e ciò per qualsiasi livello di conoscenza dei medesimi da parte dei consumatori di riferimento.

85

Infine, tenuto conto delle circostanze del caso di specie, il Tribunale ritiene che non sia necessario pronunciarsi sulla ricevibilità dei riferimenti della ricorrente a due decisioni di giudici spagnoli in una causa che essa considera analoga alla fattispecie, vale a dire, anzitutto, una decisione del Tribunal Superior de Justicia de Madrid (Corte superiore di giustizia di Madrid, Spagna), del 13 marzo 2013, e, in seguito, una decisione del Tribunal Supremo (Corte di cassazione, Spagna), del 9 gennaio 2014, con cui il suddetto Tribunal Supremo respinge in quanto irricevibile un ricorso in cassazione avverso la suddetta decisione del Tribunal Superior de Justicia de Madrid, che, da un lato, aveva annullato una decisione dell’Oficina Española de Patentes y Marcas (Ufficio spagnolo dei brevetti e dei marchi) vertente sulla registrazione di un marchio identico a quello richiesto nella fattispecie e, dall’altro, aveva revocato tale registrazione ritenendola priva di effetti.

86

A tale riguardo infatti, anche a voler considerare ricevibili i due riferimenti, si deve ricordare che da una costante giurisprudenza risulta che le decisioni nazionali relative alle registrazioni negli Stati membri e, per analogia, quelle relative alle cancellazioni o ai dinieghi di registrazione non sono che elementi i quali, senza essere determinanti, possono soltanto essere presi in considerazione ai fini della registrazione di un marchio comunitario. Le stesse considerazioni valgono per la giurisprudenza dei giudici degli Stati membri [v., in tal senso, sentenze del 16 febbraio 2000, Procter & Gamble/UAMI (Forma di un sapone), T‑122/99, Racc., EU:T:2000:39, punto 61, e del 19 settembre 2001, Henkel/UAMI (Pasticca rotonda rossa e bianca), T‑337/99, Racc., EU:T:2001:221, punto 58]. Tale giurisprudenza, adottata nell’ambito degli impedimenti assoluti alla registrazione, è applicabile per analogia agli impedimenti relativi alla registrazione.

87

Orbene, si deve rilevare che, a differenza della presente causa, quella trattata dal Tribunal Superior de Justicia de Madrid e, in seguito, dal Tribunal Supremo verteva su un caso specifico, in cui i diversi prodotti tutelati dai marchi in conflitto e appartenenti alla classe 9 dell’Accordo di Nizza erano stati ritenuti «identici». È in simili circostanze fattuali, da cui non si possono trarre conseguenze relativamente alla presente causa, che il Tribunal Superior de Justicia de Madrid ha esaminato le somiglianze tra i marchi, concludendo, nell’ambito di una valutazione globale, nel senso che sussistevano somiglianze, con un conseguente rischio di confusione. Quanto al procedimento in cassazione, il Tribunal Supremo ha respinto il ricorso, sostanzialmente per motivi attinenti alla procedura, i quali non possono nemmeno essi avere effetti sul presente procedimento.

88

Il primo motivo dedotto dalla ricorrente deve pertanto essere respinto.

Sul secondo motivo, vertente sulla violazione dell’articolo 8, paragrafo 5, del regolamento n. 207/2009

89

La ricorrente sostiene che la commissione di ricorso ha commesso un errore di valutazione affermando che il marchio anteriore non era notorio, se considerato come si presenta nella registrazione, vale a dire isolatamente dall’elemento denominativo «longines». Al contrario, secondo la ricorrente, erano presenti i requisiti per l’applicazione dell’articolo 8, paragrafo 5, del regolamento n. 207/2009.

90

L’UAMI contesta gli argomenti della ricorrente.

91

Ai sensi dell’articolo 8, paragrafo 5, del regolamento n. 207/2009, in seguito all’opposizione del titolare di un marchio anteriore ai sensi del paragrafo 2, la registrazione del marchio depositato è altresì esclusa se il marchio è identico o simile al marchio anteriore o se ne viene richiesta la registrazione per prodotti o servizi non simili a quelli per i quali è registrato il marchio anteriore, qualora, nel caso di un marchio comunitario anteriore, quest’ultimo sia il marchio che gode di notorietà nella Comunità o, nel caso di un marchio nazionale anteriore, quest’ultimo sia un marchio che gode di notorietà nello Stato membro in questione e l’uso senza giusto motivo del marchio richiesto possa trarre indebito vantaggio dal carattere distintivo o dalla notorietà del marchio anteriore o recare pregiudizio agli stessi (v., in tal senso, sentenza Emidio Tucci, punto 47 supra, EU:T:2012:500, punto 55).

92

Secondo la giurisprudenza, lo scopo dell’articolo 8, paragrafo 5, del regolamento n. 207/2009 non è di impedire la registrazione di qualsiasi marchio identico ad un marchio notorio o che presenti una somiglianza con quest’ultimo. Obiettivo di tale disposizione è, segnatamente, di permettere al titolare di un marchio nazionale anteriore notorio di opporsi alla registrazione di marchi idonei a recare pregiudizio alla notorietà o al carattere distintivo del marchio anteriore o a trarre indebitamente vantaggio da tali notorietà o carattere distintivo (v., in tal senso, sentenza Emidio Tucci, punto 47 supra, EU:T:2012:500, punto 56 e giurisprudenza ivi citata). Queste stesse considerazioni si applicano per analogia, in forza dell’articolo 8, paragrafo 2, lettera a), iii), del suddetto regolamento, in combinato disposto con il suo paragrafo 5, ai marchi anteriori notori registrati in base ad accordi internazionali con effetto in uno Stato membro dell’Unione.

93

Nel caso di specie, come già ricordato ai punti da 13 a 15 supra, la commissione di ricorso ha sostanzialmente ritenuto che, benché le prove presentate dalla ricorrente dimostrassero chiaramente che i suoi prodotti erano molto pregiati ed erano in commercio nel mercato di riferimento da ben oltre un secolo, esse dimostrassero anche che tali prodotti non erano solitamente designati con il segno di cui trattasi nel caso di specie considerato isolatamente, bensì con un marchio composto che includeva anche la parola stilizzata «longines». Secondo la commissione di ricorso, l’utilizzo che veniva fatto del segno di cui trattasi non era sufficiente a dimostrare che una parte significativa del pubblico interessato, in una parte considerevole dei territori dei paesi elencati al punto 15 supra, avrebbe collocato il segno medesimo, considerato isolatamente e senza la parte denominativa, nel contesto dell’orologeria e degli strumenti cronometrici. Orbene, non sarebbe possibile stabilire la notorietà di un marchio astrattamente. Secondo la commissione di ricorso, la ricorrente non è stata in grado di dimostrare che il pubblico di riferimento potrebbe associare senza sforzi il segno figurativo consistente in una «clessidra alata» ai prodotti di orologeria e agli strumenti cronometrici prodotti dalla ricorrente stessa.

94

Le allegazioni della ricorrente si possono sostanzialmente suddividere in due gruppi. Il primo gruppo verte sul fatto che, a suo avviso, il marchio figurativo anteriore godeva di una notorietà mondiale per quanto concerne i prodotti di orologeria e gli strumenti cronometrici, nonché l’oreficeria e la gioielleria, rientranti nella classe 14, come risulterebbe dalla documentazione presentata dinanzi all’UAMI.

95

Con il secondo gruppo delle sue allegazioni, la ricorrente mira, in linea di massima, a dimostrare che la registrazione del marchio richiesto pregiudicherebbe l’idea di esclusività e le immagini di lusso e di alta qualità trasmesse dal marchio anteriore e, pertanto, la sua notorietà ed il suo carattere distintivo. La ricorrente sottolinea il fatto che la registrazione del marchio richiesto indebolirebbe l’idoneità del marchio anteriore, consistente in un «clessidra alata», a contraddistinguere prodotti ben definiti e a stimolare il desiderio dei consumatori. Essa fa altresì riferimento al carattere «parassitario» del marchio richiesto, che trarrebbe un indebito profitto, che essa ritiene altamente probabile e prevedibile, dal fatto che il marchio anteriore è molto noto.

96

A tale riguardo, poiché, come giustamente sottolineato dalla commissione di ricorso al punto 24 della decisione impugnata, l’applicazione dell’articolo 8, paragrafo 5, del regolamento n. 207/2009 è soggetta a determinate condizioni cumulative (v., altresì, punto 91 supra), inclusa quella di dimostrare la notorietà del marchio anteriore su cui si fonda l’opposizione, il Tribunale ritiene che occorra valutare anzitutto il primo gruppo delle allegazioni della ricorrente. In tal senso, si deve valutare se la commissione di ricorso abbia avuto ragione nel ritenere che una siffatta notorietà non fosse stata dimostrata nel caso di specie e nel decidere in seguito, unicamente su tale base, che la ricorrente non poteva fondarsi sulla suddetta disposizione al fine di opporsi alla registrazione del marchio richiesto.

97

Anzitutto, nell’ambito delle sue allegazioni vertenti sul primo gruppo summenzionato, la ricorrente afferma che, contrariamente a quanto ritenuto dalla commissione di ricorso, il marchio anteriore è utilizzato normalmente anche senza la parola «longines», ad esempio su alcune «fibbie» utilizzate in oreficeria, in gioielleria e nell’orologeria e sulle corone di carica per orologi. Inoltre, a suo avviso, tutte le prove che sono state sufficienti affinché la commissione di ricorso ritenesse che la parola «longines», in combinazione con il marchio anteriore, è un marchio notorio, devono altresì fungere da prova per quanto riguarda la notorietà del marchio anteriore considerato isolatamente. Esso, secondo la ricorrente, può essere utilizzato con o senza la parola «longines».

98

La ricorrente pone quindi in rilievo il fatto che il marchio anteriore è utilizzato dal 1874 per designare i suoi prodotti, che il suo primo utilizzo risale addirittura al 1867 e che esso è «molto noto» non solo ai professionisti specializzati nel settore dell’orologeria, ma anche al consumatore medio. Secondo la ricorrente, il fatto che tale marchio sia impresso sui metalli e sui prodotti consente ai consumatori e ai professionisti di verificare che si tratta degli originali.

99

La ricorrente sottolinea poi che il marchio anteriore, che trasmette al consumatore diversi messaggi positivi attinenti ai prodotti, ha un valore autonomo e distinto che va oltre i prodotti della classe 14 che esso designa, raggiungendo quindi quelli delle classi 9 e 25.

100

Il Tribunale rileva che, secondo la giurisprudenza, per soddisfare il requisito della notorietà, un marchio dev’essere conosciuto da una parte significativa del pubblico interessato ai prodotti o ai servizi coperti dal marchio stesso. Nell’esaminare tale requisito, vanno presi in considerazione tutti gli elementi rilevanti del caso, cioè, in particolare, la quota di mercato coperta dal marchio anteriore, l’intensità, l’ambito geografico e la durata del suo uso, nonché l’entità degli investimenti realizzati dall’impresa per promuoverlo, non richiedendosi che tale marchio sia conosciuto da una determinata percentuale del pubblico così definito o che la sua notorietà si estenda alla totalità del territorio di cui trattasi, purché la notorietà esista in una parte sostanziale di quest’ultimo (v., in tal senso, sentenza Emidio Tucci, punto 47 supra, EU:T:2012:500, punto 58 e giurisprudenza ivi citata).

101

Nel caso di specie, dall’esame degli elementi di prova forniti dalla ricorrente dinanzi all’UAMI risulta che i suoi prodotti sono effettivamente presenti in modo significativo e durevole, quanto meno in taluni Stati membri dell’Unione nei quali il marchio anteriore è tutelato. La commissione di ricorso ha peraltro espressamente confermato tale circostanza nella decisione impugnata, sottolineando al contempo che tali prodotti non erano generalmente commercializzati con il marchio anteriore considerato isolatamente o lo erano solo assai raramente, ma che erano designati da un marchio composto che include in particolare il segno figurativo che compone il marchio anteriore.

102

Come risulta dal punto 35 della decisione impugnata, la commissione di ricorso ha ritenuto particolarmente importante il fatto che, «nella combinazione utilizzata della rappresentazione figurativa della clessidra alata e della parola “longines”, quest’ultima costituisce l’elemento visivamente dominante». Essa ha inoltre affermato, allo stesso punto della decisione impugnata, che una conclusione diversa da quella adottata sarebbe stata possibile se, ad esempio, il marchio anteriore «fosse stato rappresentato diversamente in modo costante, sotto forma di combinazione di un’immagine di grande formato e di un elemento denominativo di piccole dimensioni, o se la ricorrente avesse fornito prove che avessero confermato che i consumatori si erano abituati a concentrarsi sulla rappresentazione figurativa della clessidra alata piuttosto che sull’elemento “longines”». Secondo la commissione di ricorso, queste ultime considerazioni dovrebbero tuttavia essere accantonate alla luce dei fatti di causa.

103

A tale riguardo, e in via preliminare, il Tribunale constata che, per quanto concerne gli elementi di prova presentati dalla ricorrente, la commissione di ricorso ha giustamente affermato che non ne risulterebbe che i consumatori si erano abituati a concentrarsi sull’elemento consistente in una «clessidra alata» del marchio composto utilizzato. A titolo esemplificativo occorre rilevare che detti elementi di prova non contengono sondaggi d’opinione effettuati presso il pubblico di riferimento vertenti, in particolare, sulla sua percezione del marchio composto utilizzato, sulla questione relativa a quali ne fossero gli elementi memorizzati o, quanto meno, quali fossero quelli identificabili da tale pubblico, posto in presenza di diversi marchi durante i suoi acquisti, come riconducibili ai prodotti della ricorrente. Più in particolare, la ricorrente non ha nemmeno presentato sondaggi d’opinione in cui le persone interessate, poste dinanzi solo al segno figurativo rappresentante una «clessidra alata», dovessero dichiarare se conoscevano tale segno ed eventualmente a cosa lo associavano.

104

In seguito, contrariamente a quanto allegato dalla ricorrente, il Tribunale statuisce che gli elementi di prova che essa ha portato dinanzi all’UAMI per quanto riguarda l’utilizzo del marchio anteriore consistente in una «clessidra alata» non sono sufficienti per constatare che la sua notorietà è stata dimostrata.

105

Infatti, da un lato, ne risulta, come peraltro giustamente sostenuto dall’UAMI, che, sugli orologi, quando il marchio anteriore è utilizzato da solo, esso non occupa una posizione visivamente importante. Al contrario, esso è talvolta apposto in parti dove potrebbe passare inosservato a causa delle sue dimensioni e della sua posizione. Tali considerazioni si applicano in particolare ai riferimenti della ricorrente all’utilizzo del marchio anteriore sulle fibbie, sui cinturini e sulle corone di carica per orologi.

106

Dall’altro lato, dagli elementi di prova presentati dalla ricorrente dinanzi all’UAMI non risulta nemmeno che il marchio anteriore, considerato isolatamente, sarebbe utilizzato nel materiale promozionale, sulle fatture o sulle riviste in maniera sufficientemente rilevante, né dal punto di vista quantitativo né qualitativo, e costante nel tempo, perché ciò possa avere un ruolo nella valutazione della sua notorietà. Infatti, come giustamente constatato dalla commissione di ricorso, dagli elementi di prova risulta che, tranne alcune eccezioni, è il marchio composto, costituito dal marchio anteriore e dalla parola «longines», ad essere regolarmente utilizzato.

107

In tali circostanze, la questione principale che dev’essere ancora risolta dal Tribunale è quella di stabilire se il pubblico di riferimento, che è stato più volte messo di fronte a pubblicità, documenti o addirittura prodotti nei quali o sui quali compariva il marchio composto, costituito dal marchio anteriore e dalla parola «longines», abbia notato e memorizzato anche detto marchio anteriore, considerato isolatamente, in modo sufficientemente costante perché se ne possa dedurre che esso era notorio conformemente ai criteri richiamati al punto 100 supra.

108

In primo luogo, a tale riguardo, il Tribunale deve tener conto del fatto che gli elementi di prova presentati dalla ricorrente dimostrano, in particolare, che le suddette pubblicità comparivano su ogni tipo di rivista o quotidiano, scritti in diverse lingue e commercializzati in particolare negli Stati membri dell’Unione, rilevanti nel caso di specie. Inoltre la commissione di ricorso indica, a tale riguardo, al punto 25 della decisione impugnata, sesto trattino, che 31 di tali ritagli di stampa corrispondono a riviste o quotidiani provenienti da paesi membri dell’Unione.

109

In secondo luogo, occorre tener conto del fatto che si trattava prevalentemente non di riviste rivolte a un pubblico circoscritto ai professionisti, bensì che avevano come target di consumatori il grande pubblico, sia che si trattasse di un consumatore interessato alla moda, alle novità «VIP», sia di colui che cerca di informarsi sui suoi hobby, inclusi diversi sport. Alcune pubblicità apparivano su riviste per collezionisti, altre su riviste «generiche». Il Tribunale constata anche che più volte tali pubblicità occupavano una pagina intera o metà pagina di tali riviste o quotidiani.

110

In terzo luogo, dagli elementi di prova presentati dalla ricorrente dinanzi all’UAMI risulta che le pubblicità per il marchio composto in questione o i prodotti designati da tale marchio erano spesso apparsi in un contesto o in associazione a personaggi famosi del mondo culturale o sportivo. In tal senso, dai diversi documenti presentati dalla ricorrente risulta che le sue pubblicità si avvalevano della collaborazione con personaggi noti in tutto il mondo, inclusi attori, poeti, giocatori di tennis, sportivi del settore degli sport equestri, sciatori, ciclisti, atleti del tiro con l’arco, ginnasti o ancora alcuni modelli. In tal senso, i prodotti in questione erano stati indossati, a fini pubblicitari, da sportivi o da attori di fama mondiale quali André Agassi, Audrey Hepburn e Humphrey Bogart.

111

In quarto luogo, il Tribunale non omette di prendere in considerazione il fatto, risultante dagli elementi di prova, che, in più occasioni, pubblicità del marchio composto di cui trattasi, costituito dall’elemento grafico consistente in una «clessidra alata» e dalla parola «longines», sono apparse durante diverse competizioni sportive, almeno alcune delle quali ritrasmesse in televisione.

112

In quinto luogo, risulta inoltre dalle tabelle e da altri elementi di prova presentati dalla ricorrente dinanzi all’UAMI che essa ha speso, per molti anni e in particolare tra il 2002 e il 2010, rilevanti somme in pubblicità, e ciò in diversi paesi, quali la Francia, la Spagna o l’Italia, rilevanti nel caso di specie. La ricorrente ha apportato altresì esempi di fatture relative alla vendita dei prodotti in questione, segnatamente di orologi. Dette fatture riportano sempre il marchio composto e dimostrano una presenza importante della ricorrente nel mercato europeo, in particolare in Francia, in Germania, in Italia e in Spagna. Infine la ricorrente ha anche presentato alcuni studi di mercato relativi all’introduzione del marchio composto nel mercato in alcuni Stati membri dell’Unione, inclusi la Francia, la Germania, l’Italia e il Regno Unito.

113

In tal senso, elementi di prova concordanti dimostrano un utilizzo a lungo termine del marchio composto non solo in Svizzera, ma anche in taluni Stati membri dell’Unione rilevanti nel caso di specie.

114

Orbene, il Tribunale statuisce che le suddette circostanze, considerate nel loro insieme, non inficiano le considerazioni della commissione di ricorso richiamate al punto 93 supra.

115

Infatti, in assenza di elementi di prova concreti che dimostrino che i consumatori si erano abituati a concentrarsi, più in particolare, sull’elemento consistente in una «clessidra alata» del marchio composto utilizzato (v. punto 103 supra), occorre valutare, procedendo ad un’analisi globale di tale marchio e delle sue diverse componenti, quale percezione ne avrebbe il pubblico di riferimento.

116

A tale riguardo, si deve necessariamente constatare, così come la commissione di ricorso, che dagli elementi di prova presentati dalla ricorrente dinanzi all’UAMI e vertenti sull’utilizzo del marchio composto risulta che era chiaramente il suo elemento denominativo, consistente nella parola «longines», a prevalere nell’impressione complessiva prodotta da tale segno, in particolare sul piano visivo.

117

Anzitutto la ragione risiede nella posizione di tale parola all’interno del marchio composto, vale a dire nella sua metà superiore, e nel fatto che essa superava sia in lunghezza che in larghezza l’elemento grafico, consistente in una «clessidra alata», di dimensioni considerevolmente minori.

118

Inoltre la parola «longines» si legge facilmente, essendo scritta in caratteri maiuscoli e con un tipo di carattere la cui grafica non si discosta particolarmente dal tipo di carattere generalmente utilizzato. Infatti l’unico elemento grafico un po’ specifico della parola «longines» consiste in un certo prolungamento, per mezzo dell’aggiunta di un piccolo trattino, alle estremità delle lettere maiuscole che lo compongono.

119

Si deve ancora sottolineare che l’elemento grafico consistente, secondo la ricorrente, in una «clessidra alata», senza poter essere considerato trascurabile nel marchio composto utilizzato, rimane tuttavia chiaramente accessorio e di secondo piano nell’impressione d’insieme che avrebbero i consumatori che percepiscono tale marchio, non solo a causa delle sue dimensioni, più piccole rispetto alla parola «longines», ma anche a causa del suo carattere piuttosto complicato, nel senso che è costituito da una rappresentazione di ali spiegate, con al centro una sorta di rettangolo che poggia sul lato corto ed è diviso da due diagonali, unite esse stesse da due linee orizzontali, facendo sì che l’insieme non sia facilmente memorizzabile. Questa stessa analisi vale per le diverse varianti di tale grafica utilizzate dalla ricorrente.

120

Inoltre il Tribunale stabilisce che non è affatto dimostrato che il pubblico di riferimento, il quale peraltro non dirige la sua attenzione sui dettagli del marchio composto utilizzato, percepirebbe la parte situata al centro della grafica come costituente una sorta di «clessidra» stilizzata. Pur se una siffatta evocazione può, se del caso, venire in mente più facilmente ai consumatori che sono a conoscenza del fatto che un marchio figurativo consistente in una «clessidra alata», sebbene con una grafica diversa, era già stato utilizzato dalla ricorrente nel XIX secolo ed è stato in seguito una delle prime registrazioni internazionali presso l’Organizzazione mondiale della proprietà intellettuale (OMPI), fatto cui la ricorrente fa rinvio, si deve necessariamente constatare che, come giustamente affermato dalla commissione di ricorso al punto 34 della decisione impugnata, non si tratta in tal caso di una circostanza che può essere ritenuta ben nota al pubblico di cui trattasi, il quale, va ricordato, non si limita ai soli professionisti specializzati nel settore dell’orologeria (v., altresì, punto 125 infra). Non esistono pertanto nemmeno motivi connessi al contenuto concettuale dell’elemento grafico in questione che facciano sì che una parte considerevole del pubblico di riferimento lo memorizzi più dettagliatamente.

121

Alla luce dell’insieme delle suesposte considerazioni, il Tribunale statuisce che la commissione di ricorso non ha commesso alcun errore nel ritenere che la notorietà del marchio anteriore, considerato come si presenta nella registrazione, non sia stata dimostrata. Infatti, nonostante l’utilizzo costante nel tempo, importante sul piano quantitativo e su quello qualitativo, del marchio composto dal marchio anteriore e dalla parola «longines», è quest’ultima parola ad attirare l’attenzione dei consumatori e a rimanere verosimilmente nella loro memoria, non essendo dimostrato che una parte considerevole del pubblico di riferimento, in uno o più Stati membri dell’Unione per i quali la notorietà è stata rivendicata, conoscerebbe il marchio anteriore anche in quanto tale e l’assocerebbe senza sforzo ai prodotti di orologeria e ai cronometri della ricorrente, i soli interessati dalla rivendicazione di notorietà.

122

Nessuna delle allegazioni della ricorrente può inficiare tale conclusione.

123

In primo luogo, è vero che, come sostenuto dalla ricorrente, non è in teoria escluso che l’utilizzo di un marchio anteriore nell’ambito di un marchio composto possa essere sufficiente per concludere nel senso della notorietà di tale marchio anteriore, malgrado il fatto che esso non è stato utilizzato da solo, isolatamente dal marchio composto, o lo è stato poco.

124

Infatti una simile possibilità risulta da un’applicazione per analogia della giurisprudenza secondo cui il carattere distintivo particolare di un marchio può essere acquisito grazie al suo uso prolungato e alla sua notorietà in quanto parte di un altro marchio registrato, nei limiti in cui il pubblico di riferimento percepisce il marchio come atto a indicare la provenienza dei prodotti da una determinata impresa [v., in tal senso, sentenza del 7 settembre 2006, L & D/UAMI – Sämann (Aire Limpio), T‑168/04, Racc., EU:T:2006:245, punto 74]. Nel caso di specie tuttavia, come giustamente sottolineato dalla commissione di ricorso al punto 35 della decisione impugnata, per giungere eventualmente a concludere che il marchio anteriore era notorio sarebbe stato necessario rappresentarlo diversamente nel marchio composto utilizzato, affinché fosse memorizzato dal pubblico di riferimento.

125

In secondo luogo, per quanto concerne le diverse allegazioni della ricorrente che pongono in evidenza la lunga storia e il costante utilizzo del marchio anteriore, esse non sono decisive per dimostrare la sua notorietà, mancando prove sufficientemente concrete del fatto che una parte considerevole del pubblico di riferimento ne avrebbe preso conoscenza. In particolare, mentre la ricorrente ha invero presentato tra gli elementi di prova anche taluni articoli vertenti sulla lunga durata dell’utilizzo e della registrazione di un segno costituito da una «clessidra alata», occorre, da un lato, constatare che si trattava, per alcuni, di articoli diretti piuttosto ad un pubblico di professionisti o, per altri, di articoli diretti a lettori svizzeri, non essendo dimostrato che essi avevano effettivamente raggiunto una parte considerevole del pubblico di riferimento nella fattispecie. In ogni caso occorre rilevare che la grafica di una «clessidra alata» utilizzata storicamente, eseguita in modo più dettagliato, differisce notevolmente dalla grafica attualmente utilizzata dal marchio anteriore.

126

In terzo luogo, per ragioni analoghe a quelle menzionate al punto 125 supra, si deve respingere in quanto non dimostrata l’allegazione della ricorrente, secondo cui non solo i professionisti, ma anche il grande pubblico erano a conoscenza del fatto che era attraverso la grafica di una «clessidra alata» che i prodotti originali della ricorrente erano identificabili e potevano essere distinti dai prodotti contraffatti. In particolare, il Tribunale ritiene che, per una parte considerevole del pubblico di riferimento, sia l’utilizzo stesso della parola «longines» sui prodotti in questione a svolgere tale funzione.

127

In tal senso, tenuto conto di tutte queste circostanze, la ricorrente non può sostenere che è attraverso il marchio anteriore «notorio» che essa trasmette ai consumatori diversi messaggi positivi attinenti ai prodotti e che esso avrebbe un valore autonomo e distinto che va oltre i prodotti della classe 14 che esso designa, raggiungendo quindi quelli delle classi 9 e 25. Infatti, anche se una siffatta notorietà non può essere esclusa per quanto riguarda il segno composto utilizzato, a causa della presenza della parola «longines», ciò non può valere per quanto concerne il solo marchio anteriore.

128

Pertanto, e in quanto la commissione di ricorso si è limitata, nella sua analisi dell’articolo 8, paragrafo 5, del regolamento n. 207/2009, a constatare che la notorietà del marchio anteriore non era stata dimostrata (v. punto 96 supra), non spetta al Tribunale valutare, per la prima volta, le allegazioni della ricorrente relative alla questione di stabilire se gli altri requisiti per l’applicazione di detta disposizione (v. punti 91 e 92 supra) siano o meno rispettati, essendo tali allegazioni irrilevanti per la soluzione della presente controversia.

129

Ne risulta che occorre respingere anche il secondo motivo della ricorrente, nonché il ricorso nel suo insieme.

Sulle spese

130

Ai sensi dell’articolo 87, paragrafo 2, del regolamento di procedura, la parte soccombente è condannata alle spese se ne è stata fatta domanda.

131

Poiché l’UAMI ne ha fatto domanda, la ricorrente, rimasta soccombente, dev’essere condannata alle spese.

 

Per questi motivi,

IL TRIBUNALE (Quinta Sezione)

dichiara e statuisce:

 

1)

Il ricorso è respinto.

 

2)

La Compagnie des montres Longines, Francillon SA, è condannata alle spese.

 

Dittrich

Schwarcz

Tomljenović

Così deciso e pronunciato a Lussemburgo il 12 febbraio 2015.

Firme


( *1 ) Lingua processuale: l’inglese.

Top