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Document 62012TJ0081
Judgment of the General Court (Second Chamber) of 12 February 2014. # Beco Metallteile-Handels GmbH v European Commission. # Dumping - Imports of stainless steel fasteners originating in China and Taiwan - Application for recovery of charges levied - Second subparagraph of Article 11(8) of Regulation (EC) No 1225/2009 - Legal certainty. # Case T-81/12.
Sentenza del Tribunale (Seconda Sezione) del 12 febbraio 2014.
Beco Metallteile-Handels GmbH contro Commissione europea.
Dumping - Importazioni di elementi di fissaggio di acciaio inossidabile originari della Cina e di Taiwan - Domanda di rimborso dei dazi riscossi - Articolo 11, paragrafo 8, secondo comma, del regolamento (CE) n. 1225/2009 - Certezza del diritto.
Causa T-81/12.
Sentenza del Tribunale (Seconda Sezione) del 12 febbraio 2014.
Beco Metallteile-Handels GmbH contro Commissione europea.
Dumping - Importazioni di elementi di fissaggio di acciaio inossidabile originari della Cina e di Taiwan - Domanda di rimborso dei dazi riscossi - Articolo 11, paragrafo 8, secondo comma, del regolamento (CE) n. 1225/2009 - Certezza del diritto.
Causa T-81/12.
Court reports – general
ECLI identifier: ECLI:EU:T:2014:71
SENTENZA DEL TRIBUNALE (Seconda Sezione)
12 febbraio 2014 ( *1 )
«Dumping — Importazioni di elementi di fissaggio di acciaio inossidabile originari della Cina e di Taiwan — Domanda di rimborso dei dazi riscossi — Articolo 11, paragrafo 8, secondo comma, del regolamento (CE) n. 1225/2009 — Certezza del diritto»
Nella causa T‑81/12,
Beco Metallteile-Handels GmbH, con sede in Spaichingen (Germania), rappresentata da T. Pfeiffer, avvocato,
ricorrente,
contro
Commissione europea, rappresentata da H. van Vliet e T. Maxian Rusche, in qualità di agenti,
convenuta,
avente ad oggetto la domanda di annullamento della decisione C(2011) 9112 def. della Commissione, del 13 dicembre 2011, relativa ad una domanda di rimborso dei dazi antidumping pagati sulle importazioni di elementi di fissaggio di acciaio inossidabile originari della Repubblica popolare cinese e di Taiwan,
IL TRIBUNALE (Seconda Sezione),
composto da N. J. Forwood, presidente, F. Dehousse e J. Schwarcz (relatore), giudici,
cancelliere: K. Andová, amministratore
vista la fase scritta del procedimento e in seguito all’udienza del 5 giugno 2013,
ha pronunciato la seguente
Sentenza
Fatti
1 |
La Beco Metallteile-Handels GmbH, ricorrente, ha importato in Germania, tra l’8 settembre 2000 e il 5 maggio 2003, elementi di fissaggio di acciaio inossidabile, ritenuti dallo Hauptzollamt Karlsruhe [ufficio doganale principale di Karlsruhe (Germania); in prosieguo: lo «Hauptzollamt»] originari della Cina e di Taiwan. |
2 |
In applicazione del regolamento (CE) n. 393/98 del Consiglio del 16 febbraio 1998, che istituisce un dazio antidumping definitivo sulle importazioni di elementi di fissaggio di acciaio inossidabile e di loro parti originari della Repubblica popolare cinese, dell’India, della Repubblica di Corea, della Malaysia, di Taiwan e della Thailandia (GU L 50, pag. 1), lo Hauptzollamt ha emesso, il 17 agosto 2005, un avviso di accertamento mediante il quale la ricorrente è stata informata di essere debitrice della somma di EUR 815 754,32 a titolo di dazi antidumping applicati alle importazioni summenzionate (in prosieguo: l’«avviso di accertamento del 2005»). |
3 |
Il 22 agosto 2005 la ricorrente ha proposto un ricorso avverso l’avviso di accertamento del 2005 dinanzi allo Hauptzollamt e ha chiesto che ne fosse sospesa l’esecuzione. |
4 |
Con decisione del 2 settembre 2005 lo Hauptzollamt ha sospeso l’esecuzione dell’avviso di accertamento del 2005 in attesa della decisione nel merito. |
5 |
Con un avviso di accertamento in rettifica del 14 aprile 2010 (in prosieguo: il «primo avviso di accertamento in rettifica del 2010»), lo Hauptzollamt ha ridotto i dazi antidumping dovuti dalla ricorrente ad un importo di EUR 633 475,99 imponendole il pagamento entro e non oltre il 30 aprile 2010. Al momento della presentazione del ricorso in esame, tale avviso di accertamento in rettifica era oggetto di un ricorso dinanzi al Finanzgericht Baden-Württemberg (Sezione tributaria del Tribunale del Baden-Württemberg, Germania). |
6 |
Il 19 aprile 2010 la ricorrente ha presentato, ai sensi dell’articolo 11, paragrafo 8, del regolamento (CE) n. 1225/2009 del Consiglio, del 30 novembre 2009, relativo alla difesa contro le importazioni oggetto di dumping da parte di paesi non membri della Comunità europea (GU L 343, pag. 51, e rettifica GU 2010, L 7, pag. 22; in prosieguo: il «regolamento di base»), una domanda di rimborso dei dazi antidumping fissati nell’avviso di accertamento del 2005, ovvero un importo di EUR 815 754,32. In risposta ad una questione posta dal Tribunale la ricorrente ha indicato, senza essere contestata dalla Commissione europea, le ragioni per le quali tale domanda di rimborso si riferiva all’importo indicato nell’avviso di accertamento del 2005 e non a quello indicato nel primo avviso di accertamento in rettifica del 2010. Infatti, poiché quest’ultimo avviso è stato ricevuto dall’avvocato della ricorrente soltanto il 19 aprile 2010, non è stato preso in considerazione da detta domanda di rimborso spedita il medesimo giorno, dato che l’avvocato della ricorrente non aveva potuto prenderne conoscenza prima del summenzionato invio. |
7 |
Nella sua domanda di rimborso la ricorrente ha sostenuto che il margine di dumping alla base dell’avviso di accertamento del 2005 era stato eliminato, ovvero ridotto a un valore inferiore al livello del dazio antidumping applicato. Ritenendo che una tale domanda presupponesse che i dazi antidumping in esame fossero già stati pagati, la ricorrente, sulla base della nota a piè di pagina n. 6 della comunicazione della Commissione relativa alla restituzione dei dazi antidumping (GU 2002, C 127, pag. 10; in prosieguo: la «comunicazione interpretativa»), ha altresì richiesto la sospensione dell’inchiesta fino alla determinazione definitiva di detti dazi. |
8 |
Il 28 aprile 2010 lo Hauptzollamt ha emesso un secondo avviso di accertamento in rettifica (in prosieguo: il «secondo avviso di accertamento in rettifica del 2010»), nel quale richiedeva, a posteriori, alla ricorrente un importo di EUR 101 356,15 a titolo di imposta sulla cifra d’affari all’importazione, poiché quest’ultima era stata oggetto di un’esenzione errata. |
9 |
Il 30 aprile e il 14 maggio 2010 la ricorrente ha pagato, rispettivamente, l’importo di EUR 633 475,99 in esecuzione del primo avviso di accertamento in rettifica del 2010, nonché l’importo di EUR 101 356,15 in esecuzione del secondo avviso di accertamento in rettifica del 2010. |
10 |
Con lettera del 15 novembre 2010 la Commissione ha informato la ricorrente che la domanda di rimborso in esame sarebbe stata considerata irricevibile ai sensi dell’articolo 11, paragrafo 8, del regolamento di base e della comunicazione interpretativa. |
11 |
Con lettera del 15 dicembre 2010 la ricorrente ha risposto che, in applicazione del paragrafo 2.1 della comunicazione interpretativa, il termine per la proposizione di una domanda di rimborso dei dazi antidumping non inizia a decorrere fintanto che detti dazi non siano stati pagati. A suo avviso, alla luce della nota a piè di pagina n. 6, inserita al paragrafo 2.1. della comunicazione interpretativa, essa poteva proporre la domanda di rimborso dei dazi antidumping prima di aver pagato detti dazi, anche se non era tenuta a farlo. Poiché essa ha pagato i dazi antidumping di cui trattasi soltanto il 30 aprile 2010, la domanda di rimborso in esame avrebbe quindi dovuto essere considerata proposta nel termine di sei mesi e, pertanto, ricevibile. |
12 |
Con lettera del 2 agosto 2011 la Commissione ha informato la ricorrente di fatti e considerazioni essenziali sulla base dei quali la domanda di rimborso in esame doveva essere respinta. |
13 |
Nella sua risposta del 15 settembre 2011 la ricorrente ha ribadito la propria interpretazione della comunicazione interpretativa, quale sintetizzata al precedente punto 11. Essa ha altresì affermato che, respingendo la domanda di rimborso in esame, la Commissione non agirebbe in buona fede e violerebbe il principio della certezza del diritto nonché le legittime aspettative derivanti dalla formulazione letterale della comunicazione interpretativa. |
14 |
Con la sua decisione C(2011) 9112 def., del 13 dicembre 2011, relativa a una domanda di rimborso di dazi antidumping pagati sulle importazioni di elementi di fissaggio di acciaio inossidabile originari della Repubblica popolare cinese e di Taiwan (in prosieguo: la «decisione impugnata»), la Commissione ha respinto la domanda di rimborso in esame. |
15 |
Al considerando 5 della decisione impugnata la Commissione ha precisato che il termine di sei mesi per la proposizione della domanda di rimborso in esame aveva iniziato a decorrere dal momento in cui l’importo dei dazi antidumping era stato debitamente determinato, ovvero il 17 agosto 2005. A suo avviso detto termine era perciò scaduto il 17 febbraio 2006. Dato che tale domanda di rimborso era stata depositata dalla ricorrente soltanto il 19 aprile 2010, essa non aveva potuto essere trattata nel merito in quanto manifestamente irricevibile. |
16 |
Per confutare l’argomento esposto dalla ricorrente durante il procedimento amministrativo, la Commissione ha, innanzitutto, indicato ai considerando 8, 9 e 15 della decisione impugnata che è l’articolo 11, paragrafo 8, secondo comma, del regolamento di base che fa riferimento specificamente ai termini entro i quali una domanda di rimborso deve essere presentata. A suo avviso tale disposizione prevede che sia il momento in cui l’importo dei dazi antidumping dovuto è stato debitamente stabilito, ovvero il 17 agosto 2005, e non il momento del loro pagamento, quello da cui decorre il termine per il deposito di una domanda di rimborso. La circostanza che lo Hauptzollamt abbia sospeso l’esecuzione dell’avviso di accertamento del 2005 non inciderebbe minimamente su tale conclusione. |
17 |
In seguito, ai considerando 10, 11 e 15 della decisione impugnata la Commissione ha indicato che la formulazione letterale del paragrafo 2.1, lettera b), della comunicazione interpretativa doveva essere letta integralmente, ciò significando che occorreva tenere conto allo stesso tempo del testo di tale disposizione e della nota a piè di pagina n. 6 ivi inserita. In quest’ultima essa ha precisato che, quando un importatore contesta l’applicazione del dazio antidumping alla sua operazione, esso dovrebbe comunque presentare, se lo desidera, una domanda di rimborso dei dazi antidumping entro il termine di sei mesi, nonché una domanda di sospensione dell’inchiesta della Commissione fintanto che non sia stata fatta luce sull’esigibilità dei dazi. Le espressioni «dovrebbe» e «se lo desidera», usate in detta nota a piè di pagina, si riferirebbero al fatto che un importatore potrebbe decidere di inoltrare o meno una tale domanda entro il termine di sei mesi previsto all’articolo 11, paragrafo 8, del regolamento di base, ma non significherebbe, tuttavia, che l’importatore possa ancora validamente chiedere un rimborso dopo la scadenza di tale termine. Al considerando 15 della decisione impugnata la Commissione afferma che il paragrafo 3.1.3 della comunicazione interpretativa conferma tale punto di vista, precisando che il termine di sei mesi va rispettato, anche quando l’applicazione del regolamento che istituisce i dazi antidumping in esame sia contestata dinanzi agli organi giudiziari e amministrativi nazionali. |
18 |
Di conseguenza, al considerando 17 della decisione impugnata la Commissione ha concluso che la comunicazione interpretativa non è in contraddizione con l’articolo 11, paragrafo 8, del regolamento di base e che non può creare legittime aspettative nel caso in cui i dazi non siano stati pagati. |
19 |
Al considerando 16 della decisione impugnata la Commissione ha rilevato altresì che il comportamento della ricorrente appariva contraddittorio con riguardo all’argomento sostenuto, secondo il quale una domanda di rimborso dei dazi antidumping è ricevibile soltanto se detti dazi sono stati già pagati. La ricorrente avrebbe infatti depositato la sua domanda di rimborso il 19 aprile 2010, laddove i dazi antidumping in esame sarebbero stati pagati soltanto il 30 aprile successivo. |
20 |
Infine, relativamente alle diverse sentenze citate dalla ricorrente per affermare che, respingendo la sua domanda di rimborso, la Commissione non agirebbe in buona fede e violerebbe il principio della certezza del diritto nonché le legittime aspettative derivanti dal testo della comunicazione interpretativa, quest’ultima ha ritenuto, ai punti da 19 a 21 della decisione impugnata, che dette sentenze non erano idonee a sostenere la domanda della ricorrente. |
Procedimento e conclusioni delle parti
21 |
Con atto introduttivo depositato presso la cancelleria del Tribunale il 15 febbraio 2012 la ricorrente ha proposto il presente ricorso. |
22 |
Nell’ambito delle misure di organizzazione del procedimento il Tribunale (Seconda Sezione) ha invitato le parti a produrre taluni documenti e a rispondere ad alcune domande. Le parti hanno dato seguito a tali richieste nel termine impartito. |
23 |
Su relazione del giudice relatore, il Tribunale (Seconda Sezione) ha deciso di aprire la fase orale del procedimento. |
24 |
Le parti non hanno formulato osservazioni sulla relazione d’udienza. |
25 |
Esse hanno svolto le loro difese orali e hanno risposto ai quesiti posti dal Tribunale all’udienza del 5 giugno 2013. |
26 |
La ricorrente conclude che il Tribunale voglia:
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27 |
La Commissione chiede che il Tribunale voglia:
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In diritto
28 |
A sostegno del suo ricorso la ricorrente deduce, in sostanza, due motivi. Il primo verte su violazioni dell’articolo 11, paragrafo 8, del regolamento di base e della comunicazione interpretativa. Il secondo verte su violazioni dei principi di tutela del legittimo affidamento, di buona fede e della certezza del diritto. |
Sul primo motivo, vertente su violazioni dell’articolo 11, paragrafo 8, del regolamento di base e della comunicazione interpretativa
29 |
Il primo motivo si articola in due censure. La prima verte su una violazione dell’articolo 11, paragrafo 8, del regolamento di base, e la seconda su una violazione della comunicazione interpretativa. |
Sulla prima censura, vertente sulla violazione dell’articolo 11, paragrafo 8, del regolamento di base
30 |
La ricorrente ritiene, con riferimento all’articolo 11, paragrafo 8, primo comma, del regolamento di base, ai sensi del quale «un importatore può chiedere la restituzione dei dazi pagati se dimostra che il margine di dumping in base al quali sono stati pagati i dazi è stato eliminato o ridotto ad un livello inferiore al dazio in vigore», che una tale domanda di rimborso sia ricevibile soltanto in seguito al pagamento dei dazi antidumping in esame. |
31 |
La Commissione, per contro, afferma che l’articolo 11, paragrafo 8, primo comma, del regolamento di base prevedrebbe soltanto condizioni sostanziali alle quali i dazi antidumping pagati da un importatore interessato possono essere rimborsati, e che sarebbe il secondo comma di tale paragrafo a prevedere norme speciali in materia di procedura. |
32 |
Secondo la Commissione l’importo dei dazi antidumping è, peraltro, debitamente determinato con la comunicazione del debito doganale ai sensi dell’articolo 221, paragrafo 1, del regolamento (CEE) n. 2913/92 del Consiglio, del 12 ottobre 1992, che istituisce un codice doganale comunitario (GU L 302, pag. 1; in prosieguo: il «codice doganale comunitario»), poiché è da tale momento che il debitore verrebbe a conoscenza dello stesso. Non esisterebbe alcuna ragione di sistema che renda necessario attendere l’esito di un ricorso di annullamento a livello nazionale per depositare una domanda di rimborso ai sensi dell’articolo 11, paragrafo 8, del regolamento di base, poiché non sono le autorità nazionali, ma unicamente la Commissione a poter constatare nel caso concreto dell’importatore di cui trattasi la riduzione o l’eliminazione del margine di dumping sulla base del quale i dazi antidumping sono stati calcolati. |
33 |
A tale riguardo, se l’articolo 11, paragrafo 8, primo comma, del regolamento di base prevede che «[n]onostante il paragrafo 2, un importatore può chiedere la restituzione di dazi pagati se dimostra che il margine di dumping in base al quale sono stati pagati i dazi è stato eliminato o ridotto ad un livello inferiore al dazio in vigore», le espressioni «dazi pagati» e «i dazi sono stati pagati», presenti in tale disposizione, precisano unicamente che oggetto del rimborso possono essere soltanto le somme che sono già state pagate. Tale disposizione definisce pertanto solamente il principio e le condizioni sostanziali di un rimborso. |
34 |
Riguardo alla procedura da seguire, la disposizione rilevante è l’articolo 11, paragrafo 8, secondo comma, del regolamento di base. La formulazione letterale di tale disposizione fa riferimento ai dazi antidumping «da riscuotere». Non lascia, dunque, apparire condizioni legate al pagamento di detti dazi affinché una domanda di rimborso sia ricevibile. |
35 |
Di conseguenza, il punto di partenza del termine di sei mesi previsto all’articolo 11, paragrafo 8, secondo comma, del regolamento di base non è assolutamente soggetto alla condizione del previo pagamento dei dazi antidumping. |
36 |
Tuttavia, in seguito ad una domanda posta dal Tribunale, la ricorrente sostiene che l’articolo 11, paragrafo 8, terzo comma, del regolamento di base, ha un effetto indiretto sulla determinazione del punto di partenza del termine di sei mesi previsto al secondo comma del medesimo paragrafo. |
37 |
L’articolo 11, paragrafo 8, terzo comma, del regolamento di base dispone che una «domanda di restituzione si considera sostenuta da sufficienti elementi di prova se contiene informazioni precise sull’importo della restituzione dei dazi antidumping richiesta e tutti i documenti doganali relativi al calcolo e al pagamento di detto importo», che «[e]ssa deve inoltre contenere elementi di prova, per un periodo rappresentativo, relativi ai valori normali e ai prezzi all’esportazione nell’[Unione] per l’esportatore o il produttore al quale si applica il dazio», che, «[q]ualora l’importatore non sia collegato all’esportatore o al produttore interessato e tali informazioni non siano immediatamente disponibili oppure l’esportatore o il produttore non sia disposto a comunicarle all’importatore, la domanda deve contenere una dichiarazione del produttore o dell’esportatore attestante che il margine di dumping è stato ridotto o eliminato, secondo quanto è specificato nel presente articolo e che gli elementi di prova pertinenti saranno comunicati alla Commissione» e che «[s]e l’esportatore o il produttore non comunicano tali informazioni entro un congruo termine, la domanda è respinta». |
38 |
La ricorrente afferma che, siccome l’articolo 11, paragrafo 8, terzo comma, del regolamento di base prevede alla prima frase che, per «essere sostenuta da sufficienti elementi di prova» la domanda di rimborso deve contenere tutti i documenti doganali relativi al calcolo e al pagamento dell’importo dei dazi antidumping in esame, detto pagamento è pertanto una condizione di ricevibilità della domanda di rimborso. |
39 |
A tale riguardo, come è stato sostenuto dalla Commissione, l’articolo 11, paragrafo 8, terzo comma, del regolamento di base ha conseguenze unicamente riguardo alla determinazione del punto di partenza del termine di cui all’articolo 11, paragrafo 8, quarto comma, seconda frase, del medesimo regolamento. Infatti, tale frase prevede che «[l]e restituzioni dei dazi [antidumping] sono eseguite di norma entro dodici mesi e, comunque non oltre [18] mesi, dalla data alla quale la domanda di restituzione debitamente sostenuta da elementi di prova, è stata presentata dall’importatore del prodotto soggetto al dazio antidumping». |
40 |
Inoltre, nella lettera dell’articolo 11, paragrafo 8, secondo comma, del regolamento di base nulla consente di ritenere che le domande di rimborso debbano essere debitamente sostenute da elementi di prova ai sensi del terzo comma del medesimo articolo già al momento del loro deposito. Queste ultime possono essere completate nel corso del procedimento. Se cosi non fosse, il legislatore avrebbe indicato, all’articolo 11, paragrafo 8, quarto comma, seconda frase, che detto termine di 12, o 18, mesi decorre dal deposito della domanda di rimborso e non dal momento in cui tale domanda è «debitamente sostenuta da elementi di prova». |
41 |
Ne deriva che l’argomento vertente sull’articolo 11, paragrafo 8, terzo comma, del regolamento di base non può inficiare le conclusioni di cui ai precedenti punti 34 e 35. |
42 |
Nella replica la ricorrente sostiene altresì che, per poter considerare i dazi antidumping debitamente determinati, è necessario che il loro importo sia stato calcolato correttamente. Orbene, poiché il primo avviso di accertamento in rettifica del 2010 ha sostanzialmente ridotto i dazi antidumping da pagare, non si può ritenere che l’importo dei dazi antidumping definitivi da riscuotere fosse stato «debitamente» stabilito dall’avviso di accertamento del 2005. La sua domanda di rimborso non può dunque essere considerata tardiva. |
43 |
Nella fattispecie è sufficiente costatare, come ha sostenuto correttamente la Commissione, che l’argomento in parola si basa sull’adozione da parte delle autorità nazionali del primo avviso di accertamento in rettifica del 2010, di cui la Commissione ignorava l’esistenza al momento dell’adozione della decisione impugnata. |
44 |
Orbene, secondo una costante giurisprudenza, la legittimità di un atto impugnato deve essere valutata sulla scorta degli elementi di fatto e di diritto esistenti al momento in cui l’atto è stato adottato (sentenze della Corte del 7 febbraio 1979, Francia/Commissione, 15/76 e 16/76, Racc. pag. 321, punto 7, e del 5 luglio 1984, Société d’initiatives et de coopération agricoles e Société interprofessionnelle des producteurs et expéditeurs de fruits, légumes, bulbes et fleurs d’Ille‑et‑Vilaine/Commissione, 114/83, Racc. pag. 2589, punto 22; sentenze del Tribunale del 22 ottobre 1996, SNCF e British Railways/Commissione, T-79/95 e T-80/95, Racc. pag. II-1491, punto 48, e del 22 gennaio 2013, Grecia/Commissione, T‑46/09, punto 149). In particolare, le valutazioni operate dalla Commissione devono essere esaminate alla luce dei soli elementi di cui essa disponeva quando le ha effettuate (sentenza del Tribunale dell’11 maggio 2005, Saxonia Edelmetalle e ZEMAG/Commissione, T-111/01 e T-133/01, Racc. pag. II-1579, punto 67). |
45 |
Tuttavia la ricorrente fa valere, in sostanza, che la mancata produzione o mancata menzione del primo avviso di accertamento in rettifica durante il procedimento amministrativo sarebbe interamente imputabile alla mancanza di diligenza della Commissione. Essa sostiene che, contrariamente a quanto previsto al paragrafo 3.2.1, lettera b), della comunicazione interpretativa, la Commissione non le avrebbe richiesto altre informazioni, segnatamente riguardo alla base di calcolo e all’importo esatto dei dazi antidumping pagati. |
46 |
Se è vero che il paragrafo 3.2.1 della comunicazione interpretativa prevede che la Commissione informi il richiedente degli elementi di prova che esso è tenuto a presentare entro un periodo di tempo ragionevole e che tali elementi comprendono i documenti doganali che indicano le importazioni per le quali si chiede il rimborso, specificando la base impiegata per determinare l’importo dei dazi da riscuotere nonché l’importo esatto dei dazi riscossi, la Commissione sostiene legittimamente di non avere l’obbligo di verificare d’ufficio e in presuntiva quali elementi potessero esserle sottoposti. Infatti, tale disposizione può essere intesa soltanto come diretta ad imporre alla Commissione di comunicare al ricorrente i tipi o le categorie di informazioni o di documenti da fornire alla stessa per poter istruire una domanda di rimborso. |
47 |
Di conseguenza, l’argomento della ricorrente secondo il quale l’importo dei dazi antidumping definitivi da riscuotere non sarebbe stato «debitamente» determinato dall’avviso di accertamento del 2005 non può essere accolto. |
48 |
La censura relativa ad una violazione dell’articolo 11, paragrafo 8, del regolamento di base deve pertanto essere respinta. |
Sulla seconda censura, vertente su una violazione della comunicazione interpretativa
49 |
La ricorrente sostiene che la decisione impugnata violi il paragrafo 1, il paragrafo 2.1, lettera b), nonché la nota a piè di pagina n. 6 ivi inserita, e il paragrafo 2.2, lettera a), della comunicazione interpretativa. |
50 |
A tale riguardo è sufficiente rilevare che, da una giurisprudenza costante, emerge che un atto interpretativo, quale la comunicazione interpretativa, che, conformemente al suo preambolo, definisce gli orientamenti per l’applicazione dell’articolo 11, paragrafo 8, del regolamento di base, non può modificare le norme imperative contenute in un regolamento (sentenza della Corte del 28 gennaio 1992, Soba, C-266/90, Racc. pag. I-287, punto 19, e sentenza del Tribunale del 22 aprile 1993, Peugeot/Commissione, T-9/92, Racc. pag. II-493, punto 44). |
51 |
Da una giurisprudenza ben consolidata deriva infatti che la Commissione è vincolata dalle discipline e dalle comunicazioni da essa emanate, ma unicamente nei limiti in cui non derogano a norme gerarchicamente superiori (v., in tal senso, sentenza della Corte del 2 dicembre 2010, Holland Malt/Commissione, C-464/09 P, Racc. pag. I-12443, punto 47, e giurisprudenza ivi citata). |
52 |
Perciò, nel caso di sovrapposizione e d’incompatibilità con una tale norma, è l’atto interpretativo a dover cedere (v., in tal senso, sentenza della Corte del 14 aprile 2005, Belgio/Commissione, C-110/03, Racc. pag. I-2801, punto 33). |
53 |
Ne deriva che un eventuale mancato rispetto di talune disposizioni della comunicazione interpretativa da parte della decisione impugnata non può avere conseguenze sulla correttezza dell’applicazione da parte della Commissione dell’articolo 11, paragrafo 8, del regolamento di base, fondamento giuridico della decisione impugnata. Nella misura in cui, con i suoi argomenti, la ricorrente lamenta in realtà la violazione del principio della certezza del diritto, questi si confondono con gli argomenti sviluppati nell’ambito del secondo motivo e saranno di conseguenza esaminati ai successivi punti 55 e seguenti. |
54 |
Da quanto precede deriva che occorre respingere la seconda censura e, di conseguenza, il primo motivo nella sua integralità. |
Sul secondo motivo, vertente sulla violazione dei principi della tutela del legittimo affidamento, della buona fede e della certezza del diritto
55 |
Il Tribunale ritiene che occorra esaminare in primo luogo la censura vertente su di una violazione del principio della certezza del diritto. |
56 |
La ricorrente sostiene che il principio della certezza del diritto impone che la normativa sia chiara e precisa, affinché le persone interessate possano conoscere senza ambiguità i propri diritti ed obblighi. Orbene, in sostanza, allorquando il paragrafo 1, il paragrafo 2.1, lettera b), e il paragrafo 2.2, lettera a), della comunicazione interpretativa si riferiscono rispettivamente ai «dazi antidumping riscossi», alle «operazioni per le quali i dazi antidumping sono stati pagati integralmente» e a «[t]utti gli importatori in grado di dimostrare di aver pagato (…) i dazi antidumping per un’importazione specifica», detto principio osterebbe al rigetto della domanda di rimborso della ricorrente adducendo a motivazione che essa avrebbe dovuto presentare la sua domanda persino prima del pagamento dei dazi antidumping. |
57 |
Analogamente, il modello di domanda di rimborso, allegato alla comunicazione interpretativa, contiene, tra le «informazioni minime obbligatorie» da fornire, una dichiarazione che i dazi antidumping di cui è richiesto il rimborso sono stati integralmente pagati. |
58 |
Inoltre, la nota a piè di pagina n. 6 della comunicazione interpretativa, inserita al paragrafo 2.1, lettera b), di detta comunicazione, precisa che «[s]e un importatore contesta l’applicazione del dazio antidumping alla(e) sua(e) operazione(i) (a prescindere dal fatto che ciò comporti o meno la sospensione del pagamento dei dazi) o se l’autorità nazionale ha imposto una garanzia contro la responsabilità connessa al dazio antidumping, l’importatore dovrebbe comunque presentare (se lo desidera) la domanda di rimborso dei dazi antidumping entro il termine di 6 mesi, chiedendo inoltre che la Commissione sospenda l’inchiesta fintanto che non sarà stata definitivamente stabilita la responsabilità per i dazi». Le espressioni «dovrebbe» e «se lo desidera» presenti in tale nota a piè di pagina indicherebbero che, in caso di contestazione dell’importo dei dazi antidumping da corrispondere, il termine di sei mesi non inizia a decorrere. |
59 |
Dalla nota a piè di pagina n. 6 della comunicazione interpretativa deriverebbe che, fintanto che i dazi antidumping in esame non siano pagati, l’importatore interessato può, senza esservi obbligato, presentare una domanda di rimborso. Contrariamente a quanto affermerebbe la Commissione, detta nota a piè di pagina non sarebbe applicabile unicamente ai casi in cui sia stata sottoscritta una garanzia. |
60 |
Orbene, la ricorrente afferma di aver rispettato le disposizioni applicabili introducendo, il 19 aprile 2010, la propria domanda di rimborso dei dazi antidumping determinati nell’avviso di accertamento del 2005, e unendovi una richiesta di sospensione dell’inchiesta in quanto detti dazi non erano ancora stati pagati. |
61 |
Per tale ragione la ricorrente sostiene che il termine previsto all’articolo 11, paragrafo 8, secondo comma, del regolamento di base non possa scadere prima che essa abbia potuto regolarmente depositare una domanda di rimborso. |
62 |
La Commissione ritiene, dal canto suo, che la comunicazione interpretativa abbia chiaramente previsto che il termine per l’introduzione della domanda di rimborso sia di sei mesi dal momento in cui l’importo dei dazi antidumping da versare sia stato debitamente determinato. |
63 |
La formulazione letterale del paragrafo 2.1, lettera b), della comunicazione interpretativa dovrebbe essere letta nel suo complesso, ovvero insieme alla nota a piè di pagina n. 6 di detta comunicazione, ivi inserita. Da ciò deriverebbe che, qualora un importatore contesti l’applicazione di un dazio antidumping alla sua operazione, esso dovrebbe comunque presentare una domanda di rimborso dei dazi antidumping entro il termine di sei mesi nonché una domanda di sospensione dell’inchiesta della Commissione, fintanto che non sia stata fatta luce sull’esigibilità dei dazi. |
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Infatti, il paragrafo 2.1, lettera b), della comunicazione interpretativa riguarderebbe essenzialmente la situazione nella quale l’importo del dazio antidumping non sia stato ancora debitamente determinato e l’importatore costituisce una garanzia fino a che tale importo sia determinato. La nota a piè di pagina n. 6 di tale comunicazione si riferirebbe ad un caso di specie nel quale il codice doganale comunitario stesso imporrebbe la costituzione di una garanzia. |
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Tale sarebbe la situazione nella quale l’importatore, ai sensi dell’articolo 243 del codice doganale comunitario, ha proposto un ricorso dinanzi alle autorità nazionali avverso la corretta determinazione del dazio antidumping. L’articolo 244 del medesimo codice prevede che, qualora le autorità nazionali dispongano in via eccezionale la sospensione dell’esecuzione, quest’ultima è subordinata alla costituzione di una garanzia. La nota a piè di pagina n. 6 della comunicazione interpretativa indicherebbe che è consentito, in tale seconda ipotesi, proporre una domanda di rimborso. Ciò deriverebbe dal fatto che, a differenza della prima ipotesi, disciplinata dal paragrafo 2.1, lettera b), di detta comunicazione, il dazio antidumping sarebbe stato già debitamente determinato. La Commissione sostiene che, usando le espressioni «dovrebbe» e «se lo desidera», essa ha inteso sottolineare, da un lato, che la proposizione di una domanda di rimborso non è una condizione preliminare per l’esercizio di un ricorso dinanzi alle autorità nazionali, e, dall’altro, che spetta all’importatore decidere se presentare una domanda siffatta. Non può essere dedotto da tali espressioni che l’importatore può ancora validamente chiedere un rimborso dopo lo scadere del termine. |
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Analogamente all’articolo 11, paragrafo 8, primo comma, del regolamento di base, il paragrafo 1, il paragrafo 2.1, lettera b), e il paragrafo 2.2, lettera a), della comunicazione interpretativa, sui quali si fonda la ricorrente, enuncerebbero soltanto condizioni sostanziali di rimborso. Infatti, è normale che un importo debba essere pagato prima di poter essere rimborsato. Per contro, le disposizioni sulla procedura da seguire sarebbero, quanto a loro, previste al paragrafo 2.6, lettera a), e al paragrafo 3.1.3, lettera a), secondo comma, della comunicazione interpretativa, rubricati rispettivamente «Termini» e «Termine di sei mesi». Enunciando che «[l]e domande presentate a norma dell’articolo 11, paragrafo 8, del regolamento di base devono pervenire (…) entro sei mesi dalla determinazione dei dazi antidumping dovuti sulle merci in questione» e che «[tale] termine di sei mesi va rispettato anche quando il regolamento che istituisce il dazio in questione sia impugnato dinanzi al Tribunale (…) o quando l’applicazione del regolamento sia impugnata dinanzi agli organi amministrativi o giudiziari nazionali», essi confermerebbero il carattere giuridicamente vincolante del termine di sei mesi dal momento in cui l’importo dei dazi antidumping definitivi è stato debitamente determinato. |
67 |
Orbene, secondo una giurisprudenza consolidata, ai fini dell’interpretazione di una norma di diritto dell’Unione si deve tener conto non soltanto della lettera della stessa, ma anche del suo contesto e degli scopi perseguiti alla normativa di cui essa fa parte (sentenza della Corte del 17 novembre 1983, Merck, 292/82, Racc. pag. 3781, punto 12). Pertanto, il paragrafo 1, il paragrafo 2.1, lettera b), e il paragrafo 2.2, lettera a), della comunicazione interpretativa non dovrebbero essere considerati separatamente, bensì nel contesto delle altre disposizioni di tale comunicazione e dell’articolo 11, paragrafo 8, del regolamento di base. |
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A tale riguardo, deriva dalla giurisprudenza che il principio della certezza del diritto costituisce un principio fondamentale di diritto dell’Unione, che esige, segnatamente, che la normativa sia chiara e precisa, affinché i singoli possano conoscere senza ambiguità i propri diritti ed obblighi e regolarsi di conseguenza. Tuttavia, quando a una norma giuridica sia inerente un determinato grado di incertezza quanto al suo senso e alla sua portata, occorre esaminare se la norma giuridica di cui trattasi sia viziata da un’ambiguità tale da costituire un ostacolo a che i singoli possano eliminare, con sufficiente certezza, eventuali dubbi quanto alla portata o al senso di tale norma (sentenza del Tribunale del 22 maggio 2007, Mebrom/Commissione, T-216/05, Racc. pag. II-1507, punto 108). |
69 |
In limine, si deve ricordare che, come concluso nell’ambito dell’analisi della prima censura del primo motivo, l’interpretazione dell’articolo 11, paragrafo 8, del regolamento di base proposta dalla ricorrente deve essere respinta. Tuttavia, si deve altresì rilevare che tale disposizione, che costituisce la base giuridica della decisione impugnata, comporta un determinato grado d’incertezza quanto al senso e alla portata della norma giuridica in parola. Tale grado d’incertezza proviene dall’uso simultaneo, nella medesima disposizione, dei termini «dazi pagati» o «dazi riscossi», in opposizione ai termini «dazi definitivi da riscuotere» il cui importo «è stato debitamente accertato». |
70 |
Si deve ricordare che linee guida contenute nelle comunicazioni o nei pareri interpretativi della Commissione sono adottate con la finalità di di garantire la trasparenza, la prevedibilità e la certezza del diritto dell’azione condotta dalla Commissione (sentenza della Corte del 30 maggio 2013, Commissione/Svezia, C‑270/11, punto 41). |
71 |
Dalla sentenza Mebrom/Commissione, punto 68 supra (punto 109), risulta altresì che una comunicazione interpretativa può, in talune circostanze, costituire un ostacolo a che i singoli possano dissipare con sufficiente certezza eventuali dubbi sulla portata o sul senso della norma interpretata. |
72 |
Nella fattispecie, dal preambolo della comunicazione interpretativa emerge che quest’ultima ha l’obiettivo di definire gli orientamenti per l’applicazione dell’articolo 11, paragrafo 8, del regolamento di base e, pertanto, d’informare le parti coinvolte in un procedimento di rimborso, segnatamente, delle condizioni che la domanda deve soddisfare. è stata quindi adottata nell’interesse di rafforzare la certezza del diritto dell’articolo 11, paragrafo 8, del regolamento di base a beneficio di dette parti. |
73 |
Poiché la comunicazione interpretativa è destinata ad operatori economici che non hanno l’obbligo di avvalersi sistematicamente di assistenza giuridica per le loro operazioni correnti, è primordiale che l’interpretazione che essa fornisce dell’articolo 11, paragrafo 8, del regolamento di base sia realizzata in termini quanto più possibile chiari e univoci. Considerato l’obiettivo e la natura di detta comunicazione, la lettura delle sue disposizioni deve consentire, ad un operatore economico accorto e diligente, di conoscere senza ambiguità i suoi diritti e i suoi obblighi, e persino di dissipare eventuali dubbi sulla portata o sul senso di dette disposizioni. |
74 |
Orbene, tali condizioni non sono soddisfatte dalla comunicazione interpretativa, che fornisce segnali contraddittori quanto alle condizioni della proposizione di una domanda di rimborso dei dazi antidumping. |
75 |
Nella fattispecie, il paragrafo 2.6, lettera a), della comunicazione interpretativa prevede, in sostanza, che le domande ai sensi dell’articolo 11, paragrafo 8, del regolamento di base, debbano essere presentate entro sei mesi dalla data alla quale l’importo dei dazi antidumping è stato debitamente determinato. |
76 |
Quanto al paragrafo 1 della comunicazione interpretativa, esso indica soltanto, analogamente all’articolo 11, paragrafo 8, primo comma, del regolamento di base, che oggetto del rimborso possono essere solamente gli importi che sono già stati pagati (v. punto 33 supra). Tale disposizione si limita perciò a definire i principi e le condizioni sostanziali del rimborso. |
77 |
Tuttavia, nella misura in cui il paragrafo 2.1, lettera b), e il paragrafo 2.2, lettera a), della comunicazione interpretativa prevedono, da un lato, che possono essere oggetto di domande di rimborso solo le operazioni per le quali i dazi antidumping sono stati pagati integralmente, e, dall’altro, che può chiedere il rimborso dei dazi antidumping l’importatore che ha dimostrato di averli pagati, tali disposizioni sono in contrasto con il paragrafo 2.6, lettera a), della comunicazione interpretativa. |
78 |
La posizione della ricorrente è avvalorata altresì dall’allegato della comunicazione interpretativa che contiene un modello e un promemoria per le domande di rimborso, in quanto esso prevede, alla rubrica «Informazioni minime obbligatorie», che il richiedente il rimborso dichiari che i dazi dei quali chiede il rimborso sono stati pagati integralmente. |
79 |
Quanto alla nota a piè di pagina n. 6 della comunicazione interpretativa, sulla quale la ricorrente ha specificamente fondato le sue domande, e che prevede che l’importatore «dovrebbe» comunque, se lo desidera, e non «deve», proporre una domanda di rimborso entro il termine di sei mesi nonché una domanda di sospensione dell’indagine della Commissione fintanto che non sia stata definitivamente stabilita la responsabilità per i dazi, se contesta l’applicazione del dazio antidumping alla(e) sua(e) operazione(i), a prescindere dal fatto che ciò comporti o meno la sospensione del pagamento dei dazi, essa non può essere intesa come se imponesse a un importatore che si trovi in tale situazione, l’obbligo di proporre una domanda entro il termine di sei mesi dal momento in cui l’importo dei dazi antidumping sia stato debitamente determinato. Essa è in opposizione, dunque, in quanto tale, con il paragrafo 2.6, lettera a), della comunicazione interpretativa. |
80 |
Eppure, poiché dalla prima frase alla rubrica del paragrafo 2 della comunicazione interpretativa deriva che il complesso di tale paragrafo è un riepilogo della procedura di rimborso esposta in modo più approfondito al paragrafo 3 di detta comunicazione, si deve interpretare la nota a piè di pagina n. 6 di tale comunicazione alla luce del suo paragrafo 3.1.3, lettera a), secondo comma, che prevede altresì una situazione nella quale l’importo dei dazi antidumping da versare sia impugnato dinanzi alle autorità nazionali. Tale disposizione indica, dal canto suo, che il termine di sei mesi stabilito all’articolo 11, paragrafo 8, secondo comma, del regolamento di base deve essere rispettato anche in un siffatto caso di specie. |
81 |
Tuttavia, ai sensi del paragrafo 3.1.3, lettera a), terzo e ultimo comma, della comunicazione interpretativa le domande devono soddisfare tutte le condizioni di cui al paragrafo 3.1.1 della medesima comunicazione entro il termine di sei mesi dal momento in cui l’importo dei dazi antidumping è stato debitamente determinato. Orbene, poiché il paragrafo 3.1.1, sub i) e ii), indica che il richiedente il rimborso deve inserire nella domanda una dichiarazione che attesti l’avvenuto pagamento integrale dei dazi antidumping per i quali è richiesto il rimborso, la ricevibilità di una tale domanda è in realtà condizionata al pagamento dei dazi antidumping di cui trattasi nel termine previsto all’articolo 11, paragrafo 8, secondo comma, del regolamento di base. Un obbligo siffatto non è conforme a quest’ultima disposizione né al paragrafo 2.6, lettera a), della comunicazione interpretativa e può peraltro essere impossibile da rispettare per un importatore che desideri usufruire di una sospensione dell’esecuzione dell’avviso di accertamento, accordatagli dalle autorità nazionali in applicazione del codice doganale comunitario. Per preservare l’effetto utile di quest’ultima misura, il termine per la proposizione di una domanda di rimborso dei dazi antidumping non può dunque iniziare a decorrere fintanto che l’interessato non abbia l’obbligo di pagare i dazi antidumping di cui trattasi. |
82 |
Da ciò deriva che la nota a piè di pagina n. 6 e il paragrafo 3.1.3, lettera a), terzo comma, della comunicazione interpretativa, letti in combinato disposto, sono in contrasto con il paragrafo 2.6, lettera a), di tale comunicazione. |
83 |
Di conseguenza, la comunicazione interpretativa, pur essendo destinata a fornire agli operatori economici un chiarimento sulla procedura di rimborso dei dazi antidumping, e dunque a rinforzare la loro certezza del diritto, perviene invece al risultato contrario (v., in tal senso, sentenza della Corte del 16 dicembre 1975, Suiker Unie e a./Commissione, da 40/73 a 48/73, 50/73, da 54/73 a 56/73, 111/73, 113/73 e 114/73, Racc. pag. 1663, punti 556 e 557). Pertanto, gli operatori economici, come la ricorrente, che ad essa fanno riferimento nell’esercizio delle loro operazioni correnti, leggendola, possono nutrire dubbi legittimi quanto alla corretta interpretazione da dare all’articolo 11, paragrafo 8, del regolamento di base. |
84 |
Ciò considerato, la conclusione esposta al precedente punto 83 è avvalorata dalle risposte della Commissione a taluni quesiti del Tribunale durante l’udienza, vertenti sull’incoerenza di talune disposizioni della comunicazione interpretativa, in cui essa, in sostanza, ha ammesso che le redazione di quest’ultima sarebbe potuta essere migliore. |
85 |
La censura relativa alla violazione del principio di certezza del diritto è dunque fondata. |
86 |
Senza che sia necessario esaminare le altre censure, si deve accogliere il secondo motivo e, pertanto, annullare la decisione impugnata. |
Sulle spese
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Ai sensi dell’articolo 87, paragrafo 2, del regolamento di procedura, la parte soccombente è condannata alle spese se ne è stata fatta domanda. Poiché la ricorrente ne ha fatto domanda, la Commissione, rimasta soccombente, va condannata alle spese. |
Per questi motivi, IL TRIBUNALE (Seconda Sezione) dichiara e statuisce: |
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Forwood Dehousse Schwarcz Così deciso e pronunciato a Lussemburgo il 12 febbraio 2014. Firme |
( *1 ) Lingua processuale: il tedesco.