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Document 62012CJ0065

Sentenza della Corte (Prima Sezione) del 6 febbraio 2014.
Leidseplein Beheer BV e Hendrikus de Vries contro Red Bull GmbH e Red Bull Nederland BV.
Domanda di pronuncia pregiudiziale proposta dallo Hoge Raad der Nederlanden.
Rinvio pregiudiziale – Marchi – Direttiva 89/104/CEE – Diritti conferiti dal marchio – Marchio notorio – Tutela estesa a prodotti o servizi non simili – Utilizzo da parte di un terzo senza giusto motivo di un segno identico o simile al marchio notorio – Nozione di “giusto motivo”.
Causa C‑65/12.

Court reports – general

ECLI identifier: ECLI:EU:C:2014:49

SENTENZA DELLA CORTE (Prima Sezione)

6 febbraio 2014 ( *1 )

«Rinvio pregiudiziale — Marchi — Direttiva 89/104/CEE — Diritti conferiti dal marchio — Marchio notorio — Tutela estesa a prodotti o servizi non simili — Utilizzo da parte di un terzo senza giusto motivo di un segno identico o simile al marchio notorio — Nozione di “giusto motivo”»

Nella causa C‑65/12,

avente ad oggetto la domanda di pronuncia pregiudiziale proposta alla Corte, ai sensi dell’articolo 267 TFUE, dallo Hoge Raad der Nederlanden (Paesi Bassi), con decisione del 3 febbraio 2012, pervenuta in cancelleria l’8 febbraio 2012, nel procedimento

Leidseplein Beheer BV,

Hendrikus de Vries

contro

Red Bull GmbH,

Red Bull Nederland BV,

LA CORTE (Prima Sezione),

composta da A. Tizzano, presidente di sezione, K. Lenaerts, vicepresidente della Corte, facente funzione di giudice della Prima Sezione, A. Borg Barthet, E. Levits (relatore) e M. Berger, giudici,

avvocato generale: J. Kokott

cancelliere: M. Ferreira, amministratore principale

vista la fase scritta del procedimento e in seguito all’udienza del 27 febbraio 2013,

considerate le osservazioni presentate:

per la Leidseplein Beheer BV e H. de Vries, da T. Cohen Jehoram e L. Bakers, advocaten;

per la Red Bull GmbH e la Red Bull Nederland BV, da S. Klos, advocaat;

per il governo italiano, da G. Palmieri, in qualità di agente, assistita da S. Fiorentino, avvocato dello Stato;

per la Commissione europea, da F. Wilman e F. Bulst, in qualità di agenti,

sentite le conclusioni dell’avvocato generale, presentate all’udienza del 21 marzo 2013,

ha pronunciato la seguente

Sentenza

1

La domanda di pronuncia pregiudiziale verte sull’interpretazione dell’articolo 5, paragrafo 2, della prima direttiva 89/104/CEE del Consiglio, del 21 dicembre 1988, sul ravvicinamento delle legislazioni degli Stati membri in materia di marchi d’impresa (GU 1989, L 40, pag. 1).

2

Tale domanda è stata presentata nell’ambito di una controversia insorta tra la Leidseplein Beheer BV e il sig. de Vries (in prosieguo, congiuntamente: «De Vries»), da un lato, e la Red Bull GmbH e la Red Bull Nederland BV (in prosieguo, congiuntamente: la «Red Bull»), dall’altro, e avente ad oggetto la produzione e la commercializzazione da parte di De Vries di bevande energetiche in confezioni recanti il segno «Bull Dog» o un altro segno comprendente l’elemento denominativo «Bull» o altri segni idonei, a causa della loro somiglianza, ad ingenerare confusione con i marchi registrati della Red Bull.

Contesto normativo

Diritto dell’Unione

3

L’articolo 5 della direttiva 89/104, successivamente ripreso, sostanzialmente, nell’articolo 5 della direttiva 2008/95/CE del Parlamento europeo e del Consiglio, del 22 ottobre 2008, sul ravvicinamento delle legislazioni degli Stati membri in materia di marchi d’impresa (GU L 299, pag. 25, e rettifica in GU 2009, L 11, pag. 86), nel titolo «Diritti conferiti dal marchio di impresa», dispone quanto segue:

«1.   Il marchio di impresa registrato conferisce al titolare un diritto esclusivo. II titolare ha il diritto di vietare ai terzi, salvo proprio consenso, di usare nel commercio:

a)

un segno identico al marchio di impresa per prodotti o servizi identici a quelli per cui esso è stato registrato;

b)

un segno che, a motivo dell’identità o della somiglianza di detto segno col marchio di impresa e dell’identità o somiglianza dei prodotti o servizi contraddistinti dal marchio di impresa e dal segno, possa dare adito a un rischio di confusione per il pubblico, comportante anche un rischio di associazione tra il segno e il marchio di impresa.

2.   Uno Stato membro può inoltre prevedere che il titolare abbia il diritto di vietare ai terzi, salvo proprio consenso, di usare nel commercio un segno identico o simile al marchio di impresa per i prodotti o servizi che non sono simili a quelli per cui esso è stato registrato, se il marchio di impresa gode di notorietà nello Stato membro e se l’uso immotivato del segno consente di trarre indebitamente vantaggio dal carattere distintivo o dalla notorietà del marchio di impresa o reca pregiudizio agli stessi.

(...)».

Il diritto dei Paesi Bassi

4

In materia di diritto dei marchi la normativa dei Paesi Bassi consegue alla Convenzione del Benelux sulla proprietà intellettuale (marchi, disegni o modelli), firmata a L’Aia il 25 febbraio 2005 (in prosieguo: la «Convenzione Benelux»).

5

L’articolo 2.20, paragrafo 1, lettera c), di tale di tale Convenzione, che ha sostituito l’ex articolo 13, A, paragrafo 1, lettera c), della legge uniforme del Benelux sui marchi, è così formulato:

«1.   Il marchio registrato conferisce al titolare un diritto esclusivo. Fatta salva l’eventuale applicazione del diritto comune in materia di responsabilità civile, il diritto esclusivo del marchio consente al titolare di vietare ai terzi, salvo proprio consenso:

(...)

c.

di usare nel commercio un segno identico o simile al marchio per prodotti o servizi che non sono simili a quelli per i quali questo è stato registrato, se tale marchio gode di notorietà nel territorio Benelux e se l’uso del segno senza giusto motivo consente di trarre indebito vantaggio dal carattere distintivo o dalla notorietà del marchio o reca pregiudizio agli stessi;

(...)».

Procedimento principale e questione pregiudiziale

6

La Red Bull è titolare nel Benelux, in particolare, del marchio denominativo e figurativo Red Bull Krating-Daeng (in prosieguo: il «marchio Red Bull Krating-Daeng»), registrato l’11 luglio 1983 per prodotti compresi, segnatamente, nella classe 32 relativa alle bevande analcoliche.

7

De Vries è titolare nel Benelux, per taluni prodotti compresi in tale classe 32, dei seguenti marchi:

il marchio denominativo e figurativo The Bulldog, registrato il 14 luglio 1983,

il marchio denominativo The Bulldog, registrato il 23 dicembre 1999, nonché

il marchio denominativo e figurativo The Bulldog Energy Drink, registrato il 15 giugno 2000.

8

Emerge dalla decisione di rinvio che le parti non contestano che prima che la Red Bull, nel 1983, registrasse il suo marchio, De Vries utilizzava il segno «The Bulldog» come denominazione commerciale di un’attività di servizi di ristorazione, alberghieri e punti vendita (in prosieguo: i «servizi horeca»), nell’ambito dei quali esercitava la vendita di bevande. È parimenti pacifico che il marchio Red Bull Krating-Daeng gode di notorietà certa nel territorio del Benelux.

9

La Red Bull, ritenendo che l’utilizzo da parte di De Vries del segno distintivo «The Bulldog» arrecasse pregiudizio al marchio Red Bull Krating-Daeng in quanto costituito dall’elemento denominativo «Bull», ha adito il Rechtbank Amsterdam (Tribunale distrettuale di Amsterdam), il 27 giugno 2005, perché imponesse a De Vries di cessare la produzione e la commercializzazione di bevande energetiche in confezioni recanti il segno «Bull Dog», un altro segno contenente l’elemento denominativo «Bull», o altri segni idonei, a motivo della loro somiglianza, ad ingenerare confusione con i marchi registrati della Red Bull.

10

Nella domanda riconvenzionale, De Vries ha chiesto la dichiarazione di decadenza e la cancellazione per il Benelux dei diritti della Red Bull relativi al marchio denominativo e figurativo Red Bull Krating-Daeng.

11

Con sentenza del 17 gennaio 2007, il Rechtbank Amsterdam ha respinto tutte le domande.

12

Con sentenza del 2 febbraio 2010, il Gerechtshof te Amsterdam (Corte d’appello di Amsterdam) ha accolto in gran parte l’impugnazione della Red Bull proposta avverso la pronuncia del Rechtbank Amsterdam. Il Gerechtshof te Amsterdam ha considerato, da un lato, che il marchio Red Bull Krating-Daeng godeva di notorietà nel Benelux e, dall’altro, che, a motivo della somiglianza, derivante dall’impiego dell’elemento comune «Bull», di tale marchio e del segno «The Bulldog» utilizzato da De Vries per le bevande energetiche, il pubblico pertinente collegava detto marchio con tale segno, senza tuttavia confonderli.

13

Il Gerechtshof te Amsterdam ha ritenuto che detto segno fosse simile al marchio Red Bull Krating-Daeng e che De Vries, ponendosi nella scia tracciata da tale marchio notorio, abbia inteso approfittarne per beneficiare della quota di mercato delle bevande energetiche detenuta dalla Red Bull corrispondente ad un fatturato di diversi miliardi di euro.

14

La circostanza, sollevata da De Vries, che il marchio The Bulldog fosse stato utilizzato in prosecuzione di un utilizzo anteriore, iniziato prima del 1983, del segno «The Bulldog» per attività di merchandising e per la denominazione di un’attività di servizi horeca consistenti, segnatamente, nella vendita di bevande, non è stata qualificata dal Gerechtshof te Amsterdam quale giusto motivo atto a consentire l’utilizzo di tale segno.

15

Infatti, secondo il Gerechtshof te Amsterdam, De Vries non ha giustificato la sussistenza di una necessità di utilizzare il citato segno tale da non poter ragionevolmente pretendere che egli si astenesse da detto uso.

16

De Vries ha impugnato in cassazione, dinanzi allo Hoge Raad der Nederlanden (Corte suprema), la decisione del Gerechtshof te Amsterdam contestando, in particolare, a quest’ultimo, di aver interpretato restrittivamente la nozione di «giusto motivo» ai sensi dell’articolo 5, paragrafo 2, della direttiva 89/104 (in prosieguo: la «nozione di “giusto motivo”»). Nella specie, l’utilizzo in buona fede del segno «The Bulldog» come denominazione commerciale prima della registrazione del marchio Red Bull Krating-Daeng costituirebbe un siffatto motivo.

17

Il giudice del rinvio constata che il Gerechtshof te Amsterdam ha applicato, nella causa sottopostagli, il criterio della necessità dell’utilizzo del segno formulato nella sentenza della Corte di giustizia del Benelux del 1o marzo 1975, Colgate Palmolive/Bols (Claeryn/Klarein), per valutare l’esistenza di un giusto motivo che consenta tale utilizzo.

18

Il giudice del rinvio solleva dubbi quanto all’interpretazione fornita dal Gerechtshof te Amsterdam della nozione di «giusto motivo». Da un lato, tale nozione, come prevista nell’articolo 2.20, paragrafo 1, lettera c), della Convenzione Benelux, dovrebbe essere interpretata conformemente all’articolo 5, paragrafo 2, della direttiva 89/104. Dall’altro, nella sentenza del 22 settembre 2011, Interflora e Interflora British Unit (C-323/09, Racc. pag. I-8625), la Corte di giustizia dell’Unione europea conferirebbe a detta nozione una portata più ampia di quella fornita dalla Corte di giustizia del Benelux nella citata sentenza Colgate Palmolive/Bols (Claeryn/Klarein).

19

Alla luce di queste considerazioni, lo Hoge Raad der Nederlanden ha deciso di sospendere il procedimento e di sottoporre alla Corte la seguente questione pregiudiziale:

«Se l’articolo 5, paragrafo 2, della direttiva [89/104] debba essere interpretato nel senso che può configurarsi un giusto motivo, ai sensi di tale disposizione, anche se il segno identico o simile al marchio che gode di notorietà veniva già utilizzato in buona fede dal terzo interessato o dai terzi interessati prima che siffatto marchio venisse registrato».

Sulla questione pregiudiziale

20

Con la sua questione, il giudice del rinvio chiede, sostanzialmente, se l’articolo 5, paragrafo 2, della direttiva 89/104 debba essere interpretato nel senso che può essere qualificato come «giusto motivo», ai sensi di tale disposizione, l’utilizzo da parte di un terzo di un segno simile ad un marchio notorio per un prodotto identico a quello per il quale tale marchio è stato registrato qualora si verifichi che tale segno sia stato utilizzato prima della registrazione del citato marchio.

21

Alla luce delle circostanze del procedimento principale e nei limiti in cui la questione pregiudiziale sottoposta richiede l’interpretazione del testo dell’articolo 5, paragrafo 2, della direttiva 89/104, occorre rammentare che, pur se tale disposizione si riferisce espressamente solo all’ipotesi in cui sia fatto uso di un segno identico o simile ad un marchio che gode di notorietà per prodotti o servizi che non sono simili a quelli per i quali tale marchio è stato registrato, la tutela in essa enunciata vale, a maggior ragione, anche nei confronti dell’uso di un segno identico o simile ad un marchio che gode di notorietà per prodotti o servizi che sono identici o simili a quelli per i quali il marchio è stato registrato (sentenza Interflora e Interflora British Unit, cit., punto 68 e giurisprudenza ivi citata).

22

Inoltre, poiché è pacifico che il marchio Red Bull Krating-Daeng gode di notorietà e che il titolare di tale marchio chiede la cessazione della produzione e della commercializzazione da parte di De Vries, mediante confezioni in cui figuri un segno simile a detto marchio, di un prodotto identico a quello per il quale il medesimo marchio è stato registrato, l’articolo 5, paragrafo 2, della direttiva 89/104 è destinato ad applicarsi al procedimento principale.

23

Le parti nel procedimento principale non concordano, tuttavia, sulla portata della nozione di «giusto motivo». Mentre De Vries considera che possa rientrare in tale nozione l’utilizzo in buona fede di un segno simile ad un marchio notorio quando tale utilizzo sia anteriore alla registrazione di tale marchio, la Red Bull fa valere che la citata nozione comprende unicamente ragioni oggettivamente imperative.

24

In primo luogo la Red Bull sostiene che l’interpretazione estensiva della nozione di «giusto motivo» come emerge dall’argomento di De Vries conduce indirettamente al riconoscimento dei marchi non registrati, mentre la Convenzione Benelux ha attuato, conformemente alla direttiva 89/104, un sistema di tutela dei marchi che si basa unicamente sulla loro registrazione.

25

In secondo luogo, la Red Bull fa valere che tale interpretazione condurrebbe, erroneamente, a che la portata dei diritti conferiti dall’articolo 5, paragrafo 2, della citata direttiva al titolare di un marchio registrato per la tutela di quest’ultimo sia inferiore a quella dei diritti conferiti al titolare dal paragrafo 1 di tale articolo.

26

Occorre pertanto, in un primo tempo, valutare la portata della nozione di «giusto motivo» prima di determinare, in un secondo tempo, in considerazione di tale valutazione, se l’utilizzo, anteriormente alla registrazione di un marchio notorio, di un segno simile a tale marchio possa rientrare in tale nozione qualora tale segno sia utilizzato per prodotti o servizi identici a quelli per i quali il citato marchio è stato registrato.

Sulla portata della nozione di «giusto motivo»

27

È giocoforza constatare, anzitutto, che la nozione di «giusto motivo» non è definita nella direttiva 89/104. Inoltre, la formulazione dell’articolo 5, paragrafo 2, di tale direttiva non è tale da confermare l’interpretazione restrittiva di tale nozione fornita dalla Red Bull.

28

Pertanto, occorre interpretare tale nozione in considerazione dell’economia generale e degli obiettivi del sistema del quale fa parte (v., in tal senso, sentenza del 9 gennaio 2003, Davidoff, C-292/00, Racc. pag. I-389, punto 24), nonché, in particolare, tenendo conto del contesto della disposizione in cui si situa (v., in tal senso, sentenza del 27 giugno 2013, Malaysia Dairy Industries, C‑320/12, punto 25).

29

In via preliminare, occorre rammentare che, pur se l’articolo 5 della direttiva 89/104 prevede che il marchio registrato conferisce al suo titolare un diritto esclusivo, tuttavia anche talune restrizioni all’esercizio di tale diritto discendono da tale disposizione.

30

Risulta quindi da una consolidata giurisprudenza che il diritto esclusivo previsto da tale disposizione è concesso al fine di consentire al titolare del marchio di tutelare i propri interessi specifici quale titolare di quest’ultimo, ossia garantire che il marchio possa adempiere le proprie funzioni. Pertanto, l’esercizio di tale diritto dev’essere riservato ai casi nei quali l’utilizzo del segno da parte di un terzo pregiudichi o possa pregiudicare una delle funzioni del marchio. Fra tali funzioni rientrano non solo quella essenziale del marchio, che consiste nel garantire ai consumatori l’origine del prodotto o del servizio di cui trattasi, ma anche le altre sue funzioni, quali quella di garantire la qualità del prodotto o del servizio in questione, o quelle di comunicazione, investimento o pubblicità (sentenza del 19 settembre 2013, Martin Y Paz Diffusion, C‑661/11, punto 58 e giurisprudenza ivi citata).

31

A tale proposito, occorre rilevare che emerge dalla formulazione dell’articolo 5, paragrafo 1, della direttiva 89/104 e dal considerando 2 di quest’ultima che il diritto degli Stati membri è stato armonizzato nel senso che il diritto esclusivo conferito da un marchio offre al titolare di quest’ultimo una protezione «assoluta» contro l’uso fatto da terzi di segni identici a tale marchio per prodotti o servizi identici (sentenza Interflora e Interflora British Unit, cit., punto 36).

32

Pur se il legislatore ha qualificato come «assoluta» la tutela contro l’uso non consentito di segni identici ad un marchio per prodotti o servizi identici a quelli per i quali tale marchio è stato registrato, la Corte ha contestualizzato tale qualificazione rilevando che, per quanto importante essa possa essere, la protezione offerta dall’articolo 5, paragrafo 1, lettera a), della direttiva 89/104 mira solo a consentire al titolare del marchio di tutelare i propri interessi specifici in quanto titolare di quest’ultimo, ossia garantire che il marchio possa adempiere le sue proprie funzioni. La Corte ne ha dedotto che l’esercizio del diritto esclusivo conferito dal marchio deve essere riservato ai casi in cui l’uso del segno da parte di un terzo pregiudichi o possa pregiudicare le funzioni del marchio (sentenza Interflora e Interflora British Unit, cit., punto 37).

33

Orbene, l’articolo 5, paragrafo 2, della citata direttiva introduce, a favore dei marchi che godono di notorietà, una tutela più ampia di quella prevista al paragrafo 1 di tale medesimo articolo. La condizione specifica di tale tutela è costituita da un uso privo di giusto motivo di un segno identico o simile ad un marchio registrato che trae o trarrebbe indebitamente vantaggio dal carattere distintivo o dalla notorietà del marchio in questione oppure arreca o arrecherebbe loro pregiudizio (sentenza del 18 giugno 2009, L’Oréal e a., C-487/07, Racc. pag. I-5185, punto 34 e giurisprudenza ivi citata).

34

Pertanto, uno Stato membro, nel trasporre l’articolo 5, paragrafo 2, della direttiva 89/104 nella sua normativa, deve accordare per prodotti o servizi identici o simili una tutela almeno altrettanto ampia di quella prevista per prodotti o servizi non simili. L’opzione dello Stato membro riguarda pertanto il principio stesso della concessione di una tutela rafforzata a vantaggio dei marchi notori, ma non le situazioni contraddistinte da detta tutela qualora lo stesso la accordi (v. sentenza del 23 ottobre 2003, Adidas-Salomon e Adidas Benelux, C-408/01, Racc. pag. I-12537, punto 20).

35

Tuttavia, una siffatta constatazione non può significare che la nozione di «giusto motivo» debba essere interpretata in considerazione dell’ambito di applicazione dell’articolo 5, paragrafo 1, della direttiva 89/104.

36

Infatti, come sostanzialmente rilevato dall’avvocato generale al paragrafo 29 delle sue conslusioni, i paragrafi 1 e 2 dell’articolo 5 di tale direttiva non hanno lo stesso oggetto, di modo che le norme relative alla tutela dei marchi ordinari possono essere applicate nei casi che non sono disciplinati dalle disposizioni relative alla tutela dei marchi notori. Viceversa, tali ultime disposizioni possono essere applicate in casi che non sono disciplinati dalle norme relative alla tutela dei marchi ordinari.

37

Di conseguenza, ingiustamente la Red Bull e il governo italiano fanno valere che il sistema di tutela dei marchi basato sulla loro registrazione, ripreso dalla Convenzione Benelux, osterebbe a che la portata dei diritti riconosciuti al titolare di un marchio registrato possa essere limitata.

38

Infatti, occorre rilevare che l’articolo 5, paragrafo 2, della direttiva 89/104 autorizza solo a determinate condizioni i titolari di un marchio notorio a vietare ai terzi l’uso di segni identici o simili ai loro marchi per prodotti o servizi che non sono simili a quelli per i quali tali marchi sono registrati.

39

La tutela dei marchi notori è più estesa di quella dei marchi ordinari in quanto il divieto di utilizzo di un segno da parte di un terzo non dipende né dall’identità, di cui all’articolo 5, paragrafo 1, lettera a), della citata direttiva, del segno e del marchio, né dal rischio di confusione menzionato all’articolo 5, paragrafo 1, lettera b), della medesima direttiva.

40

In particolare, il titolare di un marchio notorio non deve giustificare, per avvalersi della tutela prevista dall’articolo 5, paragrafo 2, della direttiva 89/104, l’esistenza di un pregiudizio al carattere distintivo o alla notorietà di tale marchio, qualora un terzo tragga, mediante l’utilizzo di un segno identico o simile al citato marchio, indebitamente vantaggio dalla sua notorietà.

41

Tuttavia, la direttiva 89/104 è diretta, in maniera generale, a contemperare, da un lato, gli interessi del titolare di un marchio a salvaguardare la funzione essenziale di quest’ultimo e, dall’altro, l’interesse di altri operatori economici alla disponibilità di segni idonei a identificare i loro prodotti e servizi (sentenza del 27 aprile 2006, Levi Strauss, C-145/05, Racc. pag. I-3703, punto 29).

42

Ne consegue che la tutela dei diritti che il titolare di un marchio trae da tale direttiva non è incondizionata, poiché tale tutela è segnatamente limitata, allo scopo di contemperare i suddetti interessi, ai casi in cui tale titolare si mostri sufficientemente vigile opponendosi all’utilizzazione, da parte di altri operatori, di segni idonei a ledere il suo marchio (sentenza Levi Strauss, cit., punto 30).

43

Orbene, in un sistema di tutela dei marchi come quello adottato, sul fondamento della direttiva 89/104, dalla Convenzione Benelux, l’interesse di un terzo ad usare nel commercio un segno simile ad un marchio notorio è preso in considerazione, nel contesto dell’articolo 5, paragrafo 2, di tale direttiva, mediante la possibilità per l’utilizzatore di tale segno di addurre un «giusto motivo».

44

Infatti, quando il titolare del marchio notorio riesce a provare l’esistenza di uno dei pregiudizi previsti dall’articolo 5, paragrafo 2, di tale direttiva e, in particolare, l’indebito vantaggio tratto dal carattere distintivo o dalla notorietà del citato marchio, spetta al terzo che ha usato un segno simile al marchio notorio dimostrare di avere un giusto motivo per l’uso di tale segno (v., per analogia, sentenza del 27 novembre 2008, Intel Corporation, C-252/07, Racc. pag. I-8823, punto 39).

45

Ne consegue che la nozione di «giusto motivo» non può comprendere unicamente ragioni oggettivamente imperative, ma può anche collegarsi agli interessi soggettivi di un terzo che utilizza un segno identico o simile al marchio notorio.

46

Quindi, la nozione di «giusto motivo» mira non a dirimere un conflitto tra marchio notorio e un segno simile il cui utilizzo è anteriore alla registrazione di tale marchio o a limitare i diritti riconosciuti al titolare del citato marchio, bensì a trovare un equilibrio tra gli interessi in questione tenendo conto, nel contesto specifico dell’articolo 5, paragrafo 2, della direttiva 89/104 e in considerazione della tutela estesa di cui gode il medesimo marchio, degli interessi del terzo utilizzatore di tale segno. In tal modo, l’invocazione da parte di un terzo di un giusto motivo per l’uso di un segno simile a un marchio notorio non può condurre al riconoscimento, a suo vantaggio, dei diritti connessi ad un marchio registrato, bensì obbliga il titolare del marchio notorio a tollerare l’utilizzo del segno simile.

47

La Corte stessa ha così deciso, al punto 91 della citata sentenza Interflora e Interflora British Unit, relativa ad una causa sull’utilizzo di parole chiave per un posizionamento su Internet, che, qualora l’annuncio pubblicitario che è mostrato su Internet a partire da una parola chiave corrispondente ad un marchio notorio proponga, senza offrire una semplice imitazione dei prodotti o dei servizi del titolare di tale marchio, senza pregiudicare la notorietà del marchio né il suo carattere distintivo e senza del resto pregiudicare le funzioni di detto marchio, un’alternativa rispetto ai prodotti o ai servizi del titolare del marchio notorio, si deve concludere che un uso siffatto rientra, in linea di principio, in una concorrenza sana e leale nel settore dei prodotti o dei servizi considerati e abbia quindi luogo per un «giusto motivo».

48

Di conseguenza, la nozione di «giusto motivo» non può essere interpretata nel senso che sia limitata a ragioni oggettivamente imperative.

49

Occorre anche esaminare a quali condizioni possa rientrare in tale nozione l’utilizzo da parte di un terzo di un segno simile ad un marchio notorio per un prodotto identico a quello per il quale tale marchio è stato registrato qualora tale segno sia stato utilizzato anteriormente alla registrazione di tale marchio.

Sulle condizioni alle quali l’utilizzo anteriore di un segno simile a quello di un marchio notorio può rientrare nella nozione di «giusto motivo»

50

De Vries fa valere nelle sue osservazioni che egli utilizza il segno «The Bulldog» per taluni servizi horeca dall’anno 1975. Emerge dalla decisione di rinvio che tale utilizzo è dimostrato a partire da una data antecedente alla registrazione del marchio Red Bull Krating-Daeng. Inoltre, De Vries è titolare del marchio denominativo e figurativo The Bulldog in particolare per bevande analcoliche, registrato il 14 luglio 1983. La data a decorrere dalla quale De Vries produce e commercializza bevande energetiche in confezioni recanti il segno «Bull Dog» non è precisata.

51

Non è contestato il fatto che De Vries utilizzava il segno «The Bulldog» per servizi e prodotti diversi da quelli per i quali il marchio Red Bull è stato registrato prima che tale marchio acquistasse la sua notorietà.

52

La Corte ha statuito che, quando un terzo tenta, mediante l’uso di un segno simile a un marchio notorio, di porsi nel solco tracciato da quest’ultimo, al fine di beneficiare del suo potere attrattivo, della sua reputazione e del suo prestigio, nonché di sfruttare, senza alcun corrispettivo economico e senza dover operare sforzi propri a tale scopo, lo sforzo commerciale effettuato dal titolare del marchio per creare e mantenere l’immagine di detto marchio, si deve considerare il vantaggio derivante da siffatto uso come indebitamente tratto dal carattere distintivo o dalla notorietà del marchio in parola (v. sentenza L’Oréal e a., cit., punto 49).

53

Per determinare se un utilizzo, da parte di un terzo, anteriore alla registrazione di un marchio notorio, di un segno simile a tale marchio possa essere qualificato come un «giusto motivo» ai sensi dell’articolo 5, paragrafo 2, della direttiva 89/104, e consentire di giustificare il fatto che tale terzo tragga vantaggio dalla notorietà di detto marchio, spetta al giudice del rinvio procedere ad una valutazione tenendo conto, in particolare, di due elementi.

54

In primo luogo, una siffatta analisi richiede di determinare quale sia il radicamento di tale segno e di valutare la notorietà di cui gode presso il pubblico interessato. Nella specie, non è contestato che il segno «The Bulldog» è utilizzato per un insieme di prodotti e servizi horeca a decorrere da una data anteriore o contemporanea all’anno 1983. La data a decorrere dalla quale De Vries ha posto in vendita talune bevande energetiche non emerge tuttavia precisamente dalla decisione di rinvio.

55

In secondo luogo, occorre valutare l’intenzione dell’utilizzatore del medesimo segno.

56

A tale proposito, per qualificare come buona fede l’utilizzo di un segno simile al marchio notorio, occorre tener conto del grado di contiguità fra i prodotti o i servizi per i quali tale segno è stato utilizzato e il prodotto per il quale tale marchio è stato registrato, nonché della cronologia del primo utilizzo di detto segno per un prodotto identico a quello di detto marchio e dell’acquisizione da parte di quest’ultimo della propria notorietà.

57

Da un lato, dal momento che un segno è stato utilizzato anteriormente alla registrazione di un marchio notorio per servizi e prodotti collegabili al prodotto per il quale tale marchio è stato registrato, l’utilizzo di tale segno per quest’ultimo prodotto può apparire come una naturale estensione della gamma di servizi e di prodotti per la quale detto segno godeva già di una data notorietà presso il pubblico interessato.

58

Nella specie, non è contestato che De Vries utilizza il segno «The Bulldog» per prodotti e servizi horeca, nell’ambito dei quali vengono vendute talune bevande. Pertanto, in considerazione della notorietà di cui gode tale segno presso il pubblico interessato e della natura dei prodotti e dei servizi per i quali è stato utilizzato, la vendita di bevande energetiche contenute in confezioni recanti detto segno può essere considerata non come un tentativo di trarre vantaggio dalla notorietà del marchio Red Bull, bensì come una vera estensione della gamma di prodotti e servizi offerti da De Vries. Tale considerazione si avvalora nell’ipotesi in cui il segno «The Bulldog» sia stato utilizzato per talune bevande energetiche prima che il marchio Red Bull Krating-Daeng avesse acquisito la sua notorietà.

59

D’altra parte, quanto più il segno utilizzato anteriormente alla registrazione di un marchio notorio simile è noto per una determinata gamma di prodotti o servizi, tanto più il suo utilizzo è necessario per la commercializzazione di un prodotto identico a quello per il quale il marchio è stato registrato, e ciò a maggior ragione a seconda del grado di contiguità di tale prodotto, per le sue caratteristiche, alla gamma di prodotti e di servizi per i quali tale segno è stato anteriormente utilizzato.

60

Emerge, pertanto, da tutte le considerazioni suesposte che si deve rispondere alla questione sottoposta dichiarando che l’articolo 5, paragrafo 2, della direttiva 89/104 dev’essere interpretato nel senso che il titolare di un marchio notorio può essere obbligato, in forza di un «giusto motivo» ai sensi di tale disposizione, a tollerare l’utilizzo da parte di un terzo di un segno simile a tale marchio per un prodotto identico a quello per il quale tale marchio è stato registrato, qualora sia assodato che tale segno è stato utilizzato anteriormente alla registrazione del medesimo marchio e l’utilizzo fatto per il prodotto identico ha avuto luogo in buona fede. Per valutare se ciò si verifichi nel caso di specie, spetta al giudice nazionale tener conto, in particolare:

del radicamento e della notorietà di tale segno presso il pubblico interessato,

del grado di contiguità fra i prodotti e i servizi per i quali lo stesso segno è stato originariamente utilizzato e il prodotto per il quale il marchio notorio è stato registrato e

della pertinenza economica e commerciale dell’utilizzo per tale prodotto del segno simile al citato marchio.

Sulle spese

61

Nei confronti delle parti nel procedimento principale la presente causa costituisce un incidente sollevato dinanzi al giudice nazionale, cui spetta quindi statuire sulle spese. Le spese sostenute da altri soggetti per presentare osservazioni alla Corte non possono dar luogo a rifusione.

 

Per questi motivi, la Corte (Prima Sezione) dichiara:

 

L’articolo 5, paragrafo 2, della prima direttiva 89/104/CEE del Consiglio, del 21 dicembre 1988, sul ravvicinamento delle legislazioni degli Stati membri in materia di marchi d’impresa, dev’essere interpretato nel senso che il titolare di un marchio notorio può essere obbligato, in forza di un «giusto motivo» ai sensi di tale disposizione, a tollerare l’utilizzo da parte di un terzo di un segno simile a tale marchio per un prodotto identico a quello per il quale il citato marchio è stato registrato, qualora sia assodato che tale segno è stato utilizzato anteriormente alla registrazione di detto marchio e l’utilizzo fatto per il prodotto identico ha avuto luogo in buona fede. Per valutare se ciò si verifichi nel caso di specie, spetta al giudice nazionale tener conto, in particolare:

 

del radicamento e della notorietà di tale segno presso il pubblico interessato,

 

del grado di contiguità fra i prodotti e i servizi per i quali lo stesso segno è stato originariamente utilizzato e il prodotto per il quale il marchio notorio è stato registrato e

 

della pertinenza economica e commerciale dell’utilizzo per tale prodotto del segno simile al citato marchio.

 

Firme


( *1 ) Lingua processuale: il neerlandese.

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