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Document 62012CC0521

    Conclusioni dell'avvocato generale Sharpston del 27 febbraio 2014.
    T. C. Briels e a. contro Minister van Infrastructuur en Milieu.
    Domanda di pronuncia pregiudiziale: Raad van State - Paesi Bassi.
    Rinvio pregiudiziale - Ambiente - Direttiva 92/43/CEE- Articolo 6, paragrafi 3 e 4 - Conservazione degli habitat naturali - Zone speciali di conservazione - Valutazione dell’incidenza di un piano o di un progetto su un sito protetto - Autorizzazione di un piano o di un progetto su un sito protetto - Misure compensative - Sito Natura 2000 "Vlijmens Ven, Moerputten & Bossche Broek" - Progetto sul tracciato dell’autostrada A2 "’s-Hertogenbosch-Eindhoven".
    Causa C-521/12.

    Court reports – general

    ECLI identifier: ECLI:EU:C:2014:113

    CONCLUSIONI DELL’AVVOCATO GENERALE

    ELEANOR SHARPSTON

    presentate il 27 febbraio 2014 ( 1 )

    Causa C‑521/12

    T.C. Briels e altri

    contro

    Minister van Infrastructuur en Milieu

    [Domanda di pronuncia pregiudiziale proposta dal Raad van State (Paesi Bassi)]

    «Direttiva «habitat» — Progetto che pregiudica un habitat all’interno di un sito Natura 2000 — Misure di attenuazione — Misure compensative»

    1. 

    Un progetto di ampliamento stradale nei Paesi Bassi incide su una zona speciale di conservazione ai sensi della direttiva «habitat» ( 2 ). In particolare, è probabile che tale ampliamento riduca l’area e/o la qualità delle praterie di molinia ( 3 ) all’interno di tale area. Sono state disposte determinate misure al fine di assicurare la creazione di nuove praterie di molinia in altri luoghi all’interno dello stesso sito, per sostituire o incrementare quelli danneggiati, e sono state avviate azioni legali per contestare le ordinanze ministeriali che hanno approvato il progetto subordinatamente alle predette misure.

    2. 

    In tale contesto, il Raad van State (Consiglio di Stato) desidera sapere, essenzialmente, se l’integrità di un sito sia pregiudicata, ai sensi della direttiva «habitat», qualora il progetto includa la creazione di un’area di quel tipo di habitat di dimensioni uguali o superiori all’interno dello stesso sito; e, in caso affermativo, se tale creazione debba essere considerata come una «misura compensativa» ai sensi della stessa direttiva.

    Diritto dell’Unione europea

    La direttiva «habitat»

    3.

    L’articolo 1 della direttiva «habitat» contiene alcune definizioni, tra cui:

    «a)

    Conservazione: un complesso di misure necessarie per mantenere o ripristinare gli habitat naturali (...) in uno stato soddisfacente ai sensi delle lettere e) (...);

    (…)

    e)

    Stato di conservazione di un habitat naturale: l’effetto della somma dei fattori che influiscono sull’habitat naturale in causa, nonché sulle specie tipiche che in esso si trovano, che possono alterare a lunga scadenza la sua ripartizione naturale, la sua struttura e le sue funzioni, nonché la sopravvivenza delle sue specie tipiche nel territorio di cui all’articolo 2.

    Lo “stato di conservazione” di un habitat naturale è considerato “soddisfacente” quando

    la sua area di ripartizione naturale e le superfici che comprende sono stabili o in estensione,

    le strutture e le funzioni specifiche necessarie per il suo mantenimento a lungo termine esistono e continueranno verosimilmente a esistere in un futuro prevedibile e

    lo stato di conservazione delle specie tipiche è soddisfacente (...)

    (…)

    k)

    Sito di importanza comunitaria: un sito che, nella o nelle regioni biogeografiche cui appartiene, contribuisce in modo significativo a mantenere o a ripristinare un tipo di habitat naturale di cui all’allegato I o una specie di cui all’allegato II in uno stato di conservazione soddisfacente e che può inoltre contribuire in modo significativo alla coerenza di Natura 2000 di cui all’articolo 3, e/o che contribuisce in modo significativo al mantenimento della diversità biologica nella regione biogeografica o nelle regioni biogeografiche in questione.

    (…)

    l)

    Zona speciale di conservazione: un sito di importanza comunitaria designato dagli Stati membri mediante un atto regolamentare, amministrativo e/o contrattuale in cui sono applicate le misure di conservazione necessarie al mantenimento o al ripristino, in uno stato di conservazione soddisfacente, degli habitat naturali e/o delle popolazioni delle specie per cui il sito è designato.

    (…)».

    4.

    L’articolo 2 dispone che:

    «1.   Scopo della presente direttiva è contribuire a salvaguardare la biodiversità mediante la conservazione degli habitat naturali, nonché della flora e della fauna selvatiche nel territorio europeo degli Stati membri al quale si applica il trattato.

    2.   Le misure adottate a norma della presente direttiva sono intese ad assicurare il mantenimento o il ripristino, in uno stato di conservazione soddisfacente, degli habitat naturali e delle specie di fauna e flora selvatiche di interesse comunitario.

    3.   Le misure adottate a norma della presente direttiva tengono conto delle esigenze economiche, sociali e culturali, nonché delle particolarità regionali e locali».

    5.

    L’articolo 3, paragrafo 1, dispone che:

    «È costituita una rete ecologica europea coerente di zone speciali di conservazione, denominata Natura 2000. Questa rete, formata dai siti in cui si trovano tipi di habitat naturali elencati nell’allegato I e habitat delle specie di cui all’allegato II, deve garantire il mantenimento ovvero, all’occorrenza, il ripristino, in uno stato di conservazione soddisfacente, dei tipi di habitat naturali e degli habitat delle specie interessati nella loro area di ripartizione naturale.

    (…)».

    6.

    L’articolo 6 della direttiva «habitat» prevede quanto segue:

    «1.   Per le zone speciali di conservazione, gli Stati membri stabiliscono le misure di conservazione necessarie che implicano all’occorrenza appropriati piani di gestione specifici o integrati ad altri piani di sviluppo e le opportune misure regolamentari, amministrative o contrattuali che siano conformi alle esigenze ecologiche dei tipi di habitat naturali di cui all’allegato I e delle specie di cui all’allegato II presenti nei siti.

    2.   Gli Stati membri adottano le opportune misure per evitare nelle zone speciali di conservazione il degrado degli habitat naturali e degli habitat di specie nonché la perturbazione delle specie per cui le zone sono state designate, nella misura in cui tale perturbazione potrebbe avere conseguenze significative per quanto riguarda gli obiettivi della presente direttiva.

    3.   Qualsiasi piano o progetto non direttamente connesso e necessario alla gestione del sito ma che possa avere incidenze significative su tale sito, singolarmente o congiuntamente ad altri piani e progetti, forma oggetto di una opportuna valutazione dell’incidenza che ha sul sito, tenendo conto degli obiettivi di conservazione del medesimo. Alla luce delle conclusioni della valutazione dell’incidenza sul sito e fatto salvo il paragrafo 4, le autorità nazionali competenti danno il loro accordo su tale piano o progetto soltanto dopo aver avuto la certezza che esso non pregiudicherà l’integrità del sito in causa e, se del caso, previo parere dell’opinione pubblica.

    4.   Qualora, nonostante conclusioni negative della valutazione dell’incidenza sul sito e in mancanza di soluzioni alternative, un piano o progetto debba essere realizzato per motivi imperativi di rilevante interesse pubblico, inclusi motivi di natura sociale o economica, lo Stato membro adotta ogni misura compensativa necessaria per garantire che la coerenza globale di Natura 2000 sia tutelata. Lo Stato membro informa la Commissione delle misure compensative adottate.

    Qualora il sito in causa sia un sito in cui si trovano un tipo di habitat naturale e/o una specie prioritari, possono essere addotte soltanto considerazioni connesse con la salute dell’uomo e la sicurezza pubblica o relative a conseguenze positive di primaria importanza per l’ambiente ovvero, previo parere della Commissione, altri motivi imperativi di rilevante interesse pubblico».

    7.

    Infine, l’elenco dei tipi di habitat presente nell’allegato I della direttiva «habitat» include, tra le praterie umide seminaturali con piante erbacee alte, «6410 Praterie con Molinia su terreni calcarei, torbosi o argilloso‑limosi (Molinion caeruleae)». Non si tratta di un habitat prioritario.

    L’orientamento della Commissione

    8.

    La Commissione ha pubblicato un documento di orientamento (2007/2012; in prosieguo: il «documento di orientamento») sull’articolo 6, paragrafo 4, della direttiva «habitat», il cui paragrafo 1.4.1. prevede tra l’altro che, nell’ambito dell’articolo 6 della direttiva «habitat», occorre fare una netta distinzione tra misure di attenuazione e misure compensative. Benché le «misure compensative» non siano definite nella direttiva, come indica il documento di orientamento, l’esperienza suggerisce che:

    «–

    misure di attenuazione in senso lato: sono quelle volte a ridurre al minimo o addirittura a eliminare gli impatti negativi su un sito che potrebbero risultare dalla realizzazione di un piano o di un progetto. Tali misure sono parte integrante delle specifiche di un piano o progetto (...);

    misure compensative in senso stretto: sono provvedimenti indipendenti dal progetto (comprese le eventuali misure di attenuazione connesse) e finalizzati a contrastare l’impatto negativo di un piano o progetto per mantenere la coerenza ecologica globale della rete Natura 2000».

    9.

    Il documento di orientamento prosegue dicendo che le misure compensative dovrebbero andare ad aggiungersi agli interventi considerati prassi normale nell’ambito della direttiva «habitat» o imposti dalla legge, come ad esempio l’attuazione di un piano di gestione, e che esse dovrebbero quindi andare oltre le misure usuali o standard richieste per la tutela e la gestione dei siti Natura 2000. «Le misure compensative non sono, pertanto, un modo per permettere la realizzazione di piani o progetti eludendo gli obblighi fissati dall’articolo 6, ma devono invece essere prese in considerazione soltanto dopo aver determinato con precisione un impatto negativo sull’integrità di un sito Natura 2000». Solo una volta deciso che si può procedere all’esecuzione del progetto o piano, è opportuno passare ad esaminare le misure compensative. Esse costituiscono «un’ultima spiaggia», e vanno usate soltanto quando le altre misure di tutela previste dalla direttiva non sono efficaci ed è stata comunque presa la decisione di esaminare un progetto o piano che abbia un effetto negativo su un sito Natura 2000.

    10.

    La Commissione ha pubblicato inoltre la «Guida metodologica alle disposizioni dell’articolo 6, paragrafi 3 e 4, della direttiva «habitat»» (novembre 2001; in prosieguo: la «guida metodologica»), in cui espone il suo parere sull’approccio da adottare in base a tali disposizioni. Essa elenca quattro fasi consecutive: in primo luogo, lo screening; in secondo luogo, la valutazione appropriata (che tiene conto degli obiettivi di conservazione e include la valutazione delle misure di attenuazione); in terzo luogo, la valutazione di soluzioni alternative; in quarto luogo, la valutazione in caso di mancanza di soluzioni alternative e di permanenza dell’incidenza negativa (che include l’individuazione e la valutazione di misure compensative).

    La giurisprudenza della Corte

    11.

    La Corte ha esaminato l’articolo 6 della direttiva «habitat» in varie occasioni. Di recente, essa ha riassunto la propria giurisprudenza nella sentenza Sweetman e a. ( 4 ), di cui può essere utile riportare di seguito i punti pertinenti:

    «28

    L’articolo 6, paragrafo 3, della direttiva “habitat” prevede una procedura di valutazione volta a garantire, mediante un controllo preventivo, che un piano o un progetto non direttamente connesso o necessario alla gestione del sito interessato, ma idoneo ad avere incidenze significative sullo stesso, sia autorizzato solo se non pregiudicherà l’integrità di tale sito (v. sentenza Waddenvereniging e Vogelbeschermingsvereniging [ ( 5 )], cit., punto 34, nonché sentenza del 16 febbraio 2012, Solvay e a., C‑182/10, punto 66).

    29

    Detta disposizione prevede così due fasi. La prima, di cui al primo periodo della stessa disposizione, richiede che gli Stati membri effettuino un’opportuna valutazione dell’incidenza di un piano o un progetto su un sito protetto quando è probabile che tale piano o progetto pregiudichi significativamente detto sito (v., in tal senso, sentenza Waddenvereniging e Vogelbeschermingsvereniging, cit., punti 41 e 43).

    30

    Ebbene, un piano o un progetto non direttamente connesso o necessario alla gestione di un sito che rischi di comprometterne gli obiettivi di conservazione deve essere ritenuto pregiudicare significativamente tale sito. La valutazione di detto rischio va effettuata segnatamente alla luce delle caratteristiche e delle condizioni ambientali specifiche del sito interessato da un tale piano o progetto (v., in tal senso, sentenza Waddenvereniging e Vogelbeschermingsvereniging, cit., punto 49).

    31

    La seconda fase, di cui all’articolo 6, paragrafo 3, secondo periodo, della direttiva “habitat”, che interviene una volta effettuata detta opportuna valutazione, subordina l’autorizzazione di un tale piano o progetto alla condizione che lo stesso non pregiudichi l’integrità del sito interessato, fatte salve le disposizioni del paragrafo 4 del medesimo articolo.

    32

    A tale riguardo, al fine di contestualizzare la portata dell’espressione “pregiudica l’integrità del sito”, occorre precisare che, come ha rilevato l’avvocato generale al paragrafo 43 delle sue conclusioni, le disposizioni dell’articolo 6 della direttiva “habitat” devono essere interpretate come un insieme coerente con riferimento agli obiettivi di conservazione perseguiti dalla direttiva. In effetti, i paragrafi 2 e 3 di detto articolo mirano ad assicurare uno stesso livello di protezione degli habitat naturali e degli habitat delle specie (v., in tal senso, sentenza del 24 novembre 2011, Commissione/Spagna, C-404/09, Racc. pag. 11853, punto 142), mentre il paragrafo 4 del medesimo articolo costituisce solo una disposizione in deroga al secondo periodo del paragrafo 3.

    33

    La Corte ha già affermato che le disposizioni dell’articolo 6, paragrafo 2, della direttiva «habitat» consentono di rispondere all’obiettivo essenziale della preservazione e della protezione della qualità dell’ambiente, compresa la conservazione degli habitat naturali nonché della fauna e della flora selvatiche, e stabiliscono un obbligo di tutela generale, al fine di evitare degrado o perturbazioni che possano avere conseguenze significative per quanto riguarda gli obiettivi di tale direttiva (sentenza del 14 gennaio 2010, Stadt Papenburg, C-226/08, Racc. pag. I-131, punto 49 e la giurisprudenza ivi citata).

    34

    L’articolo 6, paragrafo 4, della direttiva “habitat” prevede che, qualora, nonostante conclusioni negative nella valutazione dell’incidenza effettuata in conformità all’articolo 6, paragrafo 3, prima frase, di detta direttiva, un piano o un progetto debba essere comunque realizzato per motivi imperativi di rilevante interesse pubblico, inclusi motivi di natura sociale o economica, e in mancanza di soluzioni alternative, lo Stato membro adotti ogni misura compensativa necessaria per garantire che la coerenza globale di Natura 2000 sia tutelata (v. sentenze del 20 settembre 2007, Commissione/Italia, C-304/05, Racc. pag. I-7495, punto 81, e Solvay e a., cit., punto 72).

    35

    Ebbene, in quanto disposizione derogatoria rispetto al criterio di autorizzazione previsto dal secondo periodo del paragrafo 3 dell’articolo 6 della direttiva “habitat”, il paragrafo 4 del medesimo articolo può trovare applicazione solo dopo che gli effetti di un piano o di un progetto siano stati esaminati conformemente alle disposizioni di detto paragrafo 3 (v. sentenza Solvay e a., cit., punti 73 e 74).

    36

    Ne consegue che le disposizioni dell’articolo 6, paragrafi 2‑4, della direttiva “habitat” impongono agli Stati membri una serie di obblighi e di procedure specifiche intesi ad assicurare, come risulta dall’articolo 2, paragrafo 2, della medesima direttiva, il mantenimento o, se del caso, il ripristino, in uno stato di conservazione soddisfacente, degli habitat naturali e, in particolare, delle zone speciali di conservazione.

    (…)

    40

    L’autorizzazione di un piano o di un progetto, ai sensi dell’articolo 6, paragrafo 3, della direttiva “habitat”, può quindi essere concessa solo a condizione che le autorità competenti, una volta identificati tutti gli aspetti di detto piano o progetto idonei, da soli o insieme ad altri piani o progetti, a compromettere gli obiettivi di conservazione del sito di cui trattasi, e allo stato della scienza, abbiano acquisito la certezza che esso è privo di effetti pregiudizievoli stabili per l’integrità di detto sito. Ciò avviene quando non sussiste alcun dubbio ragionevole da un punto di vista scientifico quanto all’assenza di tali effetti (v., in tal senso, citate sentenze del 24 novembre 2011, Commissione/Spagna, punto 99, e Solvay e a., punto 67).

    41

    Al riguardo, si deve constatare che, dovendo l’autorità negare l’autorizzazione per il piano o il progetto considerato quando non è certa l’assenza di effetti pregiudizievoli per l’integrità del sito, il criterio di autorizzazione previsto all’articolo 6, paragrafo 3, secondo periodo, della direttiva “habitat” integra il principio di precauzione e consente di prevenire efficacemente i pregiudizi all’integrità dei siti protetti dovuti ai piani o progetti previsti. Un criterio di autorizzazione meno rigoroso di quello in questione non può garantire in modo altrettanto efficace la realizzazione dell’obiettivo di protezione dei siti cui tende detta disposizione (sentenza Waddenvereniging e Vogelbeschermingsvereniging, cit., punti 57 e 58).

    (…)

    43

    Le autorità nazionali competenti non possono, pertanto, autorizzare gli interventi che rischiano di compromettere stabilmente le caratteristiche ecologiche dei siti che comprendono tipi di habitat naturali prioritari. Sarebbe questo il caso qualora l’intervento rischi di condurre alla scomparsa o alla distruzione parziale e irreversibile di un tipo di habitat naturale prioritario presente sul sito interessato (v., riguardo alla scomparsa di specie prioritarie, citate sentenze del 20 maggio 2010, Commissione/Spagna [ ( 6 )], punto 21, e del 24 novembre 2011, Commissione/Spagna, punto 163).

    44

    Per quanto attiene alla valutazione effettuata ai sensi dell’articolo 6, paragrafo 3, della direttiva “habitat”, occorre precisare che essa non può comportare lacune e deve contenere rilievi e conclusioni completi, precisi e definitivi atti a dissipare qualsiasi ragionevole dubbio scientifico in merito agli effetti dei lavori previsti sul sito protetto in questione (v., in tal senso, sentenza del 24 novembre 2011, Commissione/Spagna, cit., punto 100 e la giurisprudenza ivi citata). (…)

    (…)

    46

    (…) se, in seguito ad opportuna valutazione dell’incidenza di un piano o di un progetto su un sito, effettuata sulla base dell’articolo 6, paragrafo 3, primo periodo, della direttiva “habitat”, l’autorità nazionale competente conclude che tale piano o progetto comporterà la perdita duratura e irreversibile, totale o parziale, di un tipo di habitat naturale prioritario, per conservare il quale il sito in questione è stato designato come [sito di importanza comunitaria], tale piano o progetto deve essere ritenuto pregiudicare l’integrità del sito.

    47

    In tal caso, un piano o progetto siffatto non potrà essere autorizzato ai sensi della predetta disposizione. Nondimeno, nelle stesse circostanze, l’autorità competente potrà eventualmente concedere un’autorizzazione ai sensi dell’articolo 6, paragrafo 4, della direttiva “habitat”, purché vengano soddisfatte le condizioni ivi stabilite (v., in tal senso, sentenza Waddenvereniging e Vogelbeschermingsvereniging, cit., punto 60)».

    12.

    Può essere utile anche tenere presenti alcuni orientamenti enunciati, in particolare, dall’avvocato generale Kokott al paragrafo 17 delle sue conclusioni nella causa Commissione/Paesi Bassi ( 7 ): «(...) sono configurabili anche soluzioni alternative che non modificano il piano o progetto nel senso di prevedere un piano o progetto alternativo, bensì riguardano soltanto la sua esecuzione. [S]i potrebbe per esempio pensare di svolgere attività pregiudizievoli in periodi di tempo in cui l’effetto pregiudizievole sia ridotto al minimo. Siffatte modalità alternative di esecuzione possono costituire parte degli aspetti del piano o progetto da esaminare già nell’ambito della valutazione ai sensi dell’art. 6, n. 3, della direttiva habitat. Nella loro decisione di autorizzazione le autorità competenti devono tener conto delle conclusioni dell’esame relativo a tali aspetti, ai sensi dell’art. 6, n. 3, seconda frase, anche quando non vi sia pregiudizio dell’integrità del sito. Il rispetto di tali condizioni può infatti contribuire (...) al mantenimento di uno stato di conservazione soddisfacente degli habitat naturali e delle specie di fauna e flora selvatiche di interesse comunitario. L’art. 6, n. 4, non riguarda tuttavia le dette modalità alternative di esecuzione, bensì piani o progetti alternativi».

    13.

    Inoltre, al paragrafo 35 delle sue conclusioni nella causa Commissione/Portogallo ( 8 ), l’avvocato generale Kokott ha affermato che «(...) il deterioramento di una zona dev’essere nettamente distinto, nel contesto dell’art. 6 della direttiva sugli habitat, dalle misure compensative. Secondo il sistema normativo della direttiva sugli habitat, i deterioramenti devono essere evitati per quanto possibile. Ciò avviene prevalentemente escludendo ogni rischio di danno o adottando corrispondenti misure di riduzione e di prevenzione del danno. Diversamente, misure compensative vengono prese in considerazione solo qualora debbano essere accettati pregiudizi per motivi imperativi di rilevante interesse pubblico e in mancanza di un’alternativa. Infatti, la conservazione di beni naturali esistenti dev’essere anteposta alle misure compensative già per il fatto che il successo di queste ultime raramente può essere previsto con certezza».

    Fatti, procedimento e questioni pregiudiziali

    14.

    Il giudice del rinvio fornisce il seguente resoconto dei fatti e delle argomentazioni relativi alla causa principale.

    15.

    Il 6 giugno 2011, il Minister van Infrastructuur en Milieu (Ministro dell’Infrastruttura e dell’Ambiente; in prosieguo: il «Ministro») ha emesso una decisione relativa all’ampliamento dell’autostrada A2, modificata con una successiva decisione del 25 gennaio 2012 (insieme, in prosieguo: la «decisione sul tracciato»). Diversi soggetti hanno contestato tali decisioni, ma la maggior parte dei motivi proposti è stata respinta. Tuttavia, il giudice del rinvio non ha ancora deciso su un motivo riguardante gli effetti dell’ampliamento dell’autostrada sul sito Natura 2000 di Vlijmens Ven, Moerputten e Bossche Broek (in prosieguo: il «sito Natura 2000»), che è una zona speciale di conservazione segnatamente per il tipo di habitat praterie di molinia ( 9 ). Gli obiettivi di conservazione per il sito sono l’ampliamento dell’area e il miglioramento della qualità.

    16.

    Un rapporto preliminare di valutazione dell’impatto ambientale ha indicato che non possono escludersi effetti dannosi causati dal deposito di azoto. Un secondo rapporto ha evidenziato che, nel sito Moerputten, un aumento temporaneo del deposito di azoto comporterebbe una lieve accelerazione della diminuzione di qualità già in corso. Nel sito Bossche Broek, le praterie di molinia erano di buona qualità, ma vulnerabili. Non possono escludersi effetti dannosi causati dall’aumento del deposito di azoto. Inoltre, benché le praterie di molinia possano diffondersi nel corso di diversi decenni, vi sarebbe comunque un aumento del deposito di azoto nel 2020, e tale sviluppo potrebbe risultarne frenato. Nel sito Vlijmens Ven potrebbero svilupparsi rapidamente praterie di molinia dopo il ripristino dal sistema idrologico, e l’aumento temporaneo del deposito di azoto non provocherebbe effetti dannosi. Il rapporto ha concluso che dovrebbero essere adottate misure di attenuazione per eliminare gli effetti dannosi dell’ampliamento stradale.

    17.

    L’articolo 6, paragrafo 2, della decisione sul tracciato ha previsto, come misura di attenuazione dei possibili effetti dannosi sulle praterie di molinia, il miglioramento della situazione idrologica nel sito Vlijmens Ven, consentendo l’ampliamento di tale tipo di habitat naturale all’interno del sito. Il piano di attenuazione ha previsto il rinnovamento del sito Vlijmens Ven a partire dal 2012, con la prima comparsa di nuove praterie di molinia nel 2013. Le nuove praterie di molinia nel sito Vlijmens Ven compenserebbero in ampia misura le conseguenze dell’aumento del deposito di azoto per gli attuali 11,5 ettari di praterie di molinia nel sito Natura 2000, risultante dal traffico sulla A2 ampliata.

    18.

    Diverse parti del procedimento principale sostengono che la creazione proposta di nuove praterie di molinia nel sito Natura 2000 non avrebbe dovuto essere presa in considerazione nel valutare se venga pregiudicata l’integrità del sito, e che il Ministro erra nel considerare la creazione di nuove praterie di molinia come una misura di attenuazione.

    19.

    A giudizio del Ministro, non sussiste un pregiudizio per l’integrità del sito, in quanto, grazie alla piantagione di nuove praterie di molinia, prevista nella decisione sul tracciato, verranno conseguiti gli obiettivi di conservazione per questo tipo di habitat naturale.

    20.

    Il giudice del rinvio ritiene necessario stabilire se il Ministro possa legittimamente sostenere che l’integrità del sito Natura 2000 non sarebbe pregiudicata.

    21.

    L’ampliamento stradale ha di per sé un impatto negativo sull’area esistente delle praterie di molinia. Tuttavia, la decisione sul tracciato contiene un piano di attenuazione volto a creare un’area più estesa di praterie di molinia, di qualità migliore di quella esistente. Il Ministro sostiene che, qualora un progetto sia suscettibile di produrre effetti dannosi per un’area di habitat naturale protetto in un sito Natura 2000, nel valutare se sussista un pregiudizio per l’integrità di detto sito si debba tenere conto della creazione, all’interno di esso, di un’area dello stesso tipo di habitat di dimensioni uguali o superiori, che non subirà effetti dannosi.

    22.

    Il giudice del rinvio ritiene che né il testo della direttiva «habitat», né la giurisprudenza della Corte indichino come determinare se l’integrità del sito sia pregiudicata ai fini dell’articolo 6, paragrafo 3, e richiede pertanto una pronuncia pregiudiziale sulle seguenti questioni:

    «1)   Se l’espressione “non pregiudicherà l’integrità del sito in causa”, di cui all’articolo 6, paragrafo 3, della direttiva [“habitat”], debba essere interpretata nel senso che non sussiste alcun pregiudizio per l’integrità del sito in causa nel caso di un progetto che incide sull’area esistente di un tipo di habitat protetto qualora, nel contesto del progetto stesso, nel sito di cui si tratta venga sviluppata un’area di superficie uguale o maggiore dello stesso tipo di habitat.

    2)   Nel caso in cui la prima questione venga risolta nel senso che l’espressione “non pregiudicherà l’integrità del sito in causa” deve essere interpretata nel senso che non sussiste alcun pregiudizio per l’integrità del sito Natura 2000, se lo sviluppo di una nuova area di un tipo di habitat debba in tal caso essere considerato come una misura compensativa, ai sensi dell’articolo 6, paragrafo 4, della direttiva».

    23.

    Quando nella presenta causa è stata ricevuta l’ordinanza di rinvio, la causa Sweetman era in una fase troppo avanzata perché i due procedimenti potessero essere riuniti. Il presente procedimento è stato quindi sospeso, concedendo alle parti interessate di presentare le proprie osservazioni a seguito della sentenza emessa nella causa Sweetman.

    24.

    Sono state presentate osservazioni scritte da uno dei ricorrenti del procedimento principale (Stichting Overlast A2 Vught en omstreken; in prosieguo: la «Stichting»), dal Regno dei Paesi Bassi, dal Regno Unito e dalla Commissione europea, i quali, inoltre, hanno tutti esposto osservazioni orali all’udienza dell’11 dicembre 2013, che si è incentrata in particolare sui concetti di «misure di attenuazione» nel documento di orientamento della Commissione e di «misure compensative» nella direttiva «habitat».

    25.

    Riguardo ai fatti di cui al procedimento principale, sia la Stichting che la Commissione hanno fatto rilevare l’esistenza di un progetto LIFE+ ( 10 ), indipendente dal progetto di ampliamento stradale, avente l’obiettivo specifico di ampliare e migliorare segnatamente aree di praterie di molinia all’interno del sito Natura 2000 come habitat per due specie di farfalle. Il progetto, intitolato «Blues in the Marshes» ( 11 ), comprende «170 ettari di habitat di nuove praterie di molinia» nella parte più ampia del sito (Vlijmens Ven e Moerputten). Esso ha ricevuto un finanziamento parziale dall’Unione europea nel giugno 2012 e la sua realizzazione è prevista tra la data del finanziamento e il dicembre 2013.

    Analisi

    26.

    Il giudice del rinvio pone in sostanza le due domande seguenti: se, nel caso in cui l’area esistente di un tipo di habitat naturale protetto all’interno di un sito Natura 2000 sia interessata da un progetto che è comunque subordinato alla creazione di una nuova area (di dimensioni uguali o maggiori) dello stesso tipo di habitat in un altro luogo all’interno dello stesso sito, l’integrità del sito in questione sia pregiudicata ai sensi dell’articolo 6, paragrafo 3, della direttiva «habitat». In caso di risposta affermativa, se la creazione della nuova area debba considerarsi come una misura compensativa ai sensi dell’articolo 6, paragrafo 4, della stessa direttiva.

    27.

    La connessione tra queste domande – che a mio avviso dovrebbero ricevere entrambe una risposta affermativa – è tale che mi sembra utile esaminarle insieme.

    28.

    A tal riguardo, una breve analisi dell’articolo 6 della direttiva «habitat» potrebbe fornire una risposta preliminare. L’articolo 6, paragrafo 4, prescrive l’adozione di misure compensative quando: i) vi sia stata una valutazione negativa ai sensi dell’articolo 6, paragrafo 3, ii) non vi siano soluzioni alternative, e iii) il piano o progetto debba essere realizzato per motivi imperativi di rilevante interesse pubblico. Dalla struttura dei due paragrafi, letti assieme, risulta quindi chiaro che tali misure non sono contemplate nel quadro dell’articolo 6, paragrafo 3. Logicamente e cronologicamente, esse fanno seguito a una valutazione negativa ai sensi di tale disposizione. Se le misure compensative previste dall’articolo 6, paragrafo 4, fossero prese in considerazione nel contesto della valutazione di cui all’articolo 6, paragrafo 3, esse a) sarebbero insufficienti a impedire un’incidenza negativa, nel qual caso il piano o progetto non potrebbe essere realizzato, oppure b) sarebbero adottate insieme al piano o progetto senza che sia necessario considerare prima se vi siano soluzioni alternative o motivi imperativi di rilevante interesse pubblico per procedere. In entrambi i casi, l’articolo 6, paragrafo 4, sarebbe privo di effetti. Seguendo tale approccio, non si interpreterebbe l’articolo 6 – il cui paragrafo 4 è chiaramente destinato a produrre effetti – come un insieme coerente, come richiesto dalla giurisprudenza ( 12 ).

    29.

    Comunque, è consigliabile non limitarsi a tale analisi piuttosto formale e guardare alla sostanza delle disposizioni. Prima di farlo, è utile esaminare l’espressione «misure di attenuazione», che, sebbene non usata nella legislazione né definita dalla giurisprudenza, è stata ampiamente dibattuta davanti alla Corte nella presente causa.

    30.

    È opinione comune tra gli specialisti dell’ambiente, nonché tra tutti coloro che hanno esposto osservazioni in udienza, che i piani o progetti suscettibili di avere un’incidenza sull’ambiente dovrebbero essere valutati alla luce di una «gerarchia di attenuazione». Il contenuto di tale gerarchia può essere espresso in maniera più o meno dettagliata e in forme leggermente diverse, ma nella sostanza può essere descritto come segue: «la compensazione per il danno residuo è l’ultimo stadio e viene dopo la valutazione di come il danno può essere evitato prima di tutto, e poi, se ciò non sia possibile, di come il danno può essere minimizzato attraverso misure di attenuazione» ( 13 ). I tre stadi o livelli principali sono quindi, in ordine decrescente di preferenza: evitare, attenuare, compensare ( 14 ).

    31.

    Una gerarchia simile può rinvenirsi nell’articolo 6 della direttiva «habitat», benché non vi sia menzione dell’attenuazione come tale. L’articolo 6, paragrafo 1, prescrive l’adozione di misure di conservazione, e in particolare, a norma degli articoli 1, lettera a), 2, paragrafo 2, e 3, paragrafo 1, di misure necessarie «per mantenere o ripristinare» gli habitat naturali «in uno stato soddisfacente». Tale livello è quindi in una certa misura più elevato del semplice evitare, poiché comporta un mantenimento attivo o anche un miglioramento della qualità o dell’estensione degli habitat. Successivamente, l’articolo 6, paragrafo 2, prescrive l’adozione di opportune misure per evitare qualsiasi degrado o perturbazione. Al fine di garantire lo stesso livello di protezione ( 15 ), l’articolo 6, paragrafo 3, consente che il piano o progetto sia approvato solo se «non pregiudicherà l’integrità del sito in causa». Infine, l’articolo 6, paragrafo 4, prescrive l’adozione di ogni misura compensativa necessaria ogniqualvolta un piano o progetto, benché pregiudichi l’integrità del sito, debba essere realizzato per motivi imperativi di rilevante interesse pubblico e non vi siano soluzioni alternative.

    32.

    Pertanto, sebbene l’articolo 6 della direttiva «habitat» non menzioni specificamente le misure di attenuazione, non può ragionevolmente sostenersi che nella sua struttura non vi sia spazio per esse. Concordo con tutti coloro che hanno presentato osservazioni e con l’avvocato generale Kokott nei passaggi che ho citato sopra, sul fatto che le misure che fanno parte di un piano o progetto e che minimizzano effettivamente il suo impatto possono essere prese in considerazione nel valutare, a norma dell’articolo 6, paragrafo 3, se il piano o progetto pregiudichi l’integrità di un sito. Sembra chiaro, tuttavia, che l’articolo 6, paragrafo 1, richiede una gestione attiva della conservazione, piuttosto che la mera assenza di incidenza negativa, e che l’articolo 6, paragrafo 4, riguarda situazioni in cui tutte le misure che si possano attuare al fine di ridurre un’incidenza negativa si sono dimostrate insufficienti nel contesto della valutazione di cui all’articolo 6, paragrafo 3.

    33.

    Tutti coloro che hanno presentato osservazioni concordano quindi sul fatto che l’espressione «misura di attenuazione» designa una nozione rilevante ai fini dell’articolo 6, paragrafo 3, della direttiva «habitat», che è diversa da quella di «misura di compensazione» menzionata nell’articolo 6, paragrafo 4. Inoltre, il posto occupato dall’articolo 6, paragrafo 3, nella struttura complessiva dell’articolo 6 corrisponde al posto della «attenuazione» o «minimizzazione» nella gerarchia di attenuazione generalmente accettata.

    34.

    Passo ora ad esaminare le questioni sollevate dal giudice nazionale. Dinanzi alla Corte si è discusso essenzialmente se una misura del tipo di cui trattasi nel procedimento principale sia una misura di attenuazione che (come è pacifico) può essere presa in considerazione nel quadro dell’articolo 6, paragrafo 3, oppure una misura compensativa; e, in quest’ultimo caso, se anche tale misura possa essere presa in considerazione nel quadro dell’articolo 6, paragrafo 3, oppure soltanto in quello dell’articolo 6, paragrafo 4. Non è stato sostenuto che tali misure non possano essere qualificate neanche come misure compensative, ma è stato asserito che le specifiche misure di cui trattasi nel procedimento principale non dovrebbero essere prese in considerazione nella valutazione degli effetti del progetto di ampliamento stradale se le stesse sono in realtà misure ordinarie di gestione del sito Natura 2000.

    35.

    In primo luogo, pertanto, occorre tracciare due linee di demarcazione: tra misure di attenuazione e misure compensative, e tra misure che possono essere prese in considerazione nel quadro dell’articolo 6, paragrafo 3, della direttiva «habitat» e quelle che possono essere prese in considerazione solo nel quadro dell’articolo 6, paragrafo 4. Non è possibile affermare a priori che tali due linee di demarcazione siano identiche ( 16 ).

    36.

    La distinzione semantica elementare tra attenuazione (o minimizzazione, o riduzione) e compensazione (o contropartita) non mi sembra molto controversa. Nel quadro dell’articolo 6, paragrafi 3 e 4, della direttiva «habitat», una misura di attenuazione deve essere una misura che attenua gli effetti negativi di un piano o progetto, allo scopo di far sì che, per quanto possibile, l’«integrità del sito» in quanto tale non sia pregiudicata (per quanto alcuni effetti trascurabili e/o transitori possano non essere eliminati del tutto). Viceversa, una misura compensativa è una misura che non ottiene tale obiettivo nell’ambito più limitato del piano o progetto stesso, ma cerca di controbilanciare tale insuccesso mediante effetti diversi, positivi, allo scopo di evitare, perlomeno, un risultato netto negativo (e, se possibile, di ottenere un risultato netto positivo) in qualche ambito più ampio ( 17 ).

    37.

    Alla luce di quanto precede, classificherei in via di principio le misure di cui trattasi nel procedimento principale come misure compensative. Dalla loro descrizione, sembra pacifico che la qualità e/o l’estensione di (alcune delle) praterie di molinia nel sito Natura 2000 potrebbero degradarsi a seguito dell’ampliamento dell’autostrada. Sembra che tali praterie di molinia siano a rischio di degrado a causa dell’aumento del deposito di azoto (nel lungo termine) dovuto all’incremento del traffico stradale e che, sebbene non siano adottate o previste misure finalizzate a ridurre adeguatamente tale inquinamento o ad impedire ad esso di raggiungere le aree di praterie di molinia, sono previste nuove praterie di molinia in zone non raggiungibili dall’accresciuto inquinamento.

    38.

    Non posso pertanto essere d’accordo con il governo dei Paesi Bassi sul fatto che la creazione di nuove praterie di molinia in altri luoghi all’interno del sito Natura 2000 costituisca una misura di attenuazione. Si tratta piuttosto di una misura compensativa.

    39.

    Tuttavia, tale conclusione non implica, di per sé, che detta misura non possa essere presa in considerazione nel quadro dell’articolo 6, paragrafo 3, della direttiva «habitat». Tale disposizione non menziona né misure di attenuazione, né misure compensative, ma si concentra sul risultato da raggiungere: nessun pregiudizio per l’«integrità del sito».

    40.

    Secondo i governi dei Paesi Bassi e del Regno Unito, l’«integrità del sito» deve essere considerata globalmente, in termini di degrado o miglioramento netto: non importa che un particolare habitat sia perso in una parte del sito, purché sia creata in un altro luogo dello stesso sito un’area del medesimo habitat di dimensioni e qualità equivalenti (e, preferibilmente, superiori). Pertanto, specie secondo la tesi del Regno Unito, una misura compensativa di tal genere può essere presa in considerazione nel quadro dell’articolo 6, paragrafo 3, della direttiva «habitat».

    41.

    Posso essere d’accordo sul fatto che l’«integrità del sito» debba essere considerata globalmente, nel senso che occorre aver riguardo alla permanenza della sua natura essenziale, piuttosto che a variazioni trascurabili e transitorie nella qualità o nelle dimensioni di un particolare habitat. Tuttavia, mi sembra che il degrado di lungo periodo di un habitat naturale esistente riguardi necessariamente la permanenza della natura essenziale, piuttosto che variazioni trascurabili e transitorie. Lo stesso deve dirsi quando vi sia (o sia probabile) un’accelerazione di un degrado qualitativo esistente o una limitazione di una possibile espansione dimensionale (che sono entrambe previste in parti del sito Natura 2000 nel caso di specie). In tutti i casi, l’articolo 6, paragrafo 3, prescrive che la valutazione sia effettuata «tenendo conto degli obiettivi di conservazione del [sito]», che, nella fattispecie, sono l’espansione dell’area di praterie di molinia e il miglioramento della sua qualità. Qualora non possano escludersi forme di degrado come quelle sopra descritte, a mio avviso occorre concludere che l’integrità del sito, considerata alla luce dell’obiettivo della sua conservazione, sia pregiudicata.

    42.

    E a tal riguardo non mi sembra rilevante il fatto che in altri luoghi dello stesso sito possano essere create nuove aree di habitat, anche se sia previsto un risultato netto positivo. Vi è comunque un effetto negativo – forse anche irreparabile – sull’habitat naturale esistente, e quindi sull’integrità del sito. Il nuovo habitat sarà, in una certa misura, creato artificialmente e non potrà diventare un vero habitat naturale prima di un certo – forse lungo – tempo. In verità, come è stato rilevato in udienza dall’avvocato della Stichting, non vi è alcuna certezza sul fatto che le misure volte a creare una nuova area di un particolare habitat otterranno effettivamente il risultato auspicato, e, in applicazione del principio di precauzione, l’assenza di incertezza è una condizione per l’approvazione nel quadro dell’articolo 6, paragrafo 3, della direttiva «habitat» ( 18 ). Se i risultati non possono essere garantiti nell’ambito dell’agricoltura intensiva, è ancora più difficile garantirli quando si cerca di incoraggiare la natura a seguire il suo corso. La Corte ha dichiarato che non deve sussistere alcun dubbio, prima che si possa concludere che non vi siano effetti dannosi durevoli per l’integrità di un sito. Lo stesso criterio deve essere applicato, a mio avviso, alle previsioni di successo relative alle nuove aree pianificate di habitat «naturale» creato.

    43.

    E non mi convince la tesi del Regno Unito, secondo cui l’approccio da me qui suggerito potrebbe condurre al risultato «assurdo» per cui un piano che provochi un effetto dannoso per un habitat potrebbe essere approvato ai sensi dell’articolo 6, paragrafo 3, della direttiva «habitat» se tale effetto fosse troppo lieve per costituire un pregiudizio per l’integrità del sito, mentre un altro piano che comporti il degrado di un’area limitata di habitat e la sua sostituzione con un’area più ampia dello stesso habitat, con un beneficio netto globale, non potrebbe essere approvato. Da un lato, come ho detto, non vi può essere alcuna garanzia di successo per il nuovo habitat, e, quindi, di un beneficio netto, per cui la tesi del Regno Unito potrebbe non essere conforme al principio di precauzione. Dall’altro lato, il fatto che l’approvazione non sia possibile ai sensi dell’articolo 6, paragrafo 3, non preclude di per sé l’approvazione ai sensi dell’articolo 6, paragrafo 4, il cui testo menziona espressamente le misure compensative.

    44.

    Né mi convince la tesi del governo dei Paesi Bassi, secondo cui, mentre un progetto come l’ampliamento dell’autostrada A2 può indubbiamente soddisfare il requisito dei «motivi imperativi di rilevante interesse pubblico», e quindi ottenere l’approvazione ai sensi dell’articolo 6, paragrafo 4, della direttiva «habitat» grazie alle misure compensative adottate, ciò sarebbe improbabile nel caso di un progetto privato (ad esempio, l’ampliamento di un’azienda di allevamento di suini), anche se esso includesse misure compensative identiche, o addirittura più efficaci, e quindi determinasse un beneficio netto identico o addirittura maggiore. È chiaro che, nei paragrafi 3 e 4 dell’articolo 6, il legislatore ha stabilito criteri diversi. Ai sensi del paragrafo 3 dell’articolo 6, qualsiasi progetto può essere approvato, purché non pregiudichi l’integrità del sito. A norma del paragrafo 4 dell’articolo 6, un progetto che non possa essere approvato ai sensi del paragrafo 3 dello stesso articolo può nondimeno essere approvato, purché, tra l’altro, debba essere realizzato per motivi imperativi di rilevante interesse pubblico. Il fatto che molti (se non la maggior parte dei) progetti privati non rispettino tale criterio non giustifica che una misura inidonea a minimizzare un effetto pregiudizievole per l’integrità del sito sia considerata come una misura idonea a tal fine.

    45.

    A questo punto, è necessario esaminare anche un’ulteriore argomentazione esposta dagli Stati membri presenti all’udienza, secondo cui, poiché l’articolo 6, paragrafo 4, della direttiva «habitat» richiede l’adozione di «ogni misura compensativa necessaria per garantire che la coerenza globale di Natura 2000 sia tutelata» (il corsivo è mio), tale disposizione riguarderebbe solo le misure adottate al di fuori del particolare sito danneggiato dal piano o progetto.

    46.

    Posso convenire che risulta chiaro, dal testo dell’articolo 6, paragrafo 4, che le misure compensative ivi menzionate non devono necessariamente essere attuate all’interno del sito danneggiato, ma possono riguardare altri siti nell’ambito della rete Natura 2000 ( 19 ). Tuttavia, ciò non significa, a mio avviso, che esse siano espressamente limitate a tali altri siti. Una misura compensativa differisce da una misura di attenuazione, minimizzazione o riduzione, per sua natura, e non per la sua collocazione geografica. Benché sia improbabile che un effetto pregiudizievole per l’integrità di un sito sia attenuato da misure attuate in un altro sito, tale logica non si applica nel caso della compensazione. Una misura compensativa è, per sua natura, separata da ciò che è destinata a compensare, mentre una misura di attenuazione è necessariamente legata a ciò che mira ad attenuare. Tuttavia, il fatto che le misure compensative possano essere attuate in luoghi diversi dal sito danneggiato non implica che esse non possano essere attuate all’interno (eventualmente in un’altra parte) di tale sito. Né è meno probabile che una misura tuteli la coerenza globale di Natura 2000 nel caso in cui sia attuata all’interno del sito danneggiato rispetto al caso in cui sia attuata in un’altra parte della rete Natura 2000 (semmai, può essere più probabile). E non rinvengo alcun elemento, nel testo dell’articolo 6, paragrafo 4, della direttiva «habitat», che mi convinca del contrario.

    47.

    Un altro punto rilevante che è stato sollevato, ma che riguarda questioni di fatto che possono essere accertate solo dal giudice nazionale competente, è il rapporto tra la creazione di nuove aree di praterie di molinia, come condizione per l’attuazione del progetto di ampliamento stradale, e la creazione di tali aree nel contesto del progetto LIFE+ di cui ho parlato sopra al paragrafo 25. La Stichting e la Commissione hanno sostenuto, se ho ben compreso le loro argomentazioni, che la condizione di cui all’articolo 6, paragrafo 2, della decisione sul tracciato potrebbe in realtà non aver posto un nuovo requisito al cui rispetto è stata subordinata l’attuazione del progetto, ma che, piuttosto, lo scopo di essa sarebbe stato quello di sfruttare gli effetti benefici del progetto LIFE+ per controbilanciare gli effetti pregiudizievoli del progetto di ampliamento stradale.

    48.

    Se si accertasse che è così, ritengo che non sarebbe possibile considerare le misure di cui trattasi nel procedimento principale come misure compensative ai fini dell’articolo 6, paragrafo 4, della direttiva «habitat». Il progetto LIFE+ in questione sembra rientrare nell’ambito delle misure di conservazione e dei piani di gestione prescritti dall’articolo 6, paragrafo 1, di tale direttiva. L’articolo 6, paragrafo 3, riguarda soltanto piani o progetti «non direttamente conness[i] e necessar[i] alla gestione del sito», e prescrive che siano valutati «tenendo conto degli obiettivi di conservazione del medesimo». La mia interpretazione di ciò è che tali obiettivi e tale gestione debbano essere considerati come parte dell’«integrità del sito» rispetto a cui devono essere valutati gli effetti del piano o progetto. Essi non possono servire, allo stesso tempo, come (un elemento di attenuazione in) parte del piano o progetto stesso. Lo stesso deve valere a fortiori quando un piano o progetto già valutato nel quadro dell’articolo 6, paragrafo 3, sia sottoposto ad un’ulteriore esame nel quadro dell’articolo 6, paragrafo 4.

    49.

    Ritengo pertanto che le misure del tipo descritto nell’ordinanza di rinvio non siano pertinenti per determinare se, ai fini dell’articolo 6, paragrafo 3, della direttiva «habitat», un piano o progetto pregiudica l’integrità del sito, ma che esse possano essere prese in considerazione ai fini dell’articolo 6, paragrafo 4, purché siano specifiche al piano o progetto e non facciano parte di un piano di gestione o conservazione da attuare in ogni caso. Di conseguenza, non è rigorosamente necessario considerare quali requisiti dovrebbero essere rispettati affinché una misura di tipo diverso sia presa in considerazione nel quadro dell’articolo 6, paragrafo 3. Tuttavia, può essere utile esporre brevemente le caratteristiche essenziali di tali requisiti, con particolare riferimento a due aspetti che forse non sono stati ancora enunciati in modo specifico nelle sentenze della Corte. Su questo punto, concordo in linea di massima sui criteri indicati in udienza dagli Stati membri presenti.

    50.

    Da un lato, non soltanto una misura di attenuazione è necessariamente legata all’effetto che mira ad attenuare – per cui essa deve riguardare lo stesso sito e il medesimo tipo di habitat – ma, per essere considerata nel quadro dell’articolo 6, paragrafo 3, deve anche costituire parte integrante del piano o progetto in esame. Essa può, come ha sostenuto il Regno Unito, essere inclusa nel piano o progetto originale oppure essere inserita come condizione in una fase successiva (ma prima dell’approvazione del piano o progetto) per attenuarne gli effetti previsti. Tuttavia, il semplice fatto che una misura sia suscettibile di attenuare gli effetti di un piano o progetto non è sufficiente: essa deve essere specifica a tale piano o progetto e non fare parte di un contesto indipendente.

    51.

    Dall’altro lato, da quanto sopra deriva come corollario che le misure devono costituire una condizione giuridicamente vincolante per l’attuazione del piano o progetto, se questo viene approvato. Inoltre (e ciò costituisce, per così dire, l’altra faccia della medaglia) esse non devono essere richieste se il piano o progetto non viene approvato. Ciò non significa che tali misure non possano essere attuate se il piano o progetto non è approvato (poiché potrebbero naturalmente servire a qualche diverso scopo utile), ma solo che esse non possano essere considerate come specificamente incluse nel piano o progetto se costituiscono in realtà l’oggetto di qualche obbligo giuridico indipendente.

    Conclusione

    52.

    Alla luce di tutte le considerazioni che precedono, suggerisco alla Corte di rispondere alle questioni sollevate dal Raad van State come segue:

    1)

    Qualora l’area esistente di un tipo di habitat naturale protetto all’interno di un sito Natura 2000 sia interessata da un progetto che prevede la creazione di una nuova area (di dimensioni uguali o maggiori) dello stesso tipo di habitat in un altro luogo all’interno dello stesso sito, l’integrità del sito in questione deve ritenersi pregiudicata ai sensi dell’articolo 6, paragrafo 3, della direttiva 92/43/CEE del Consiglio, del 21 maggio 1992, relativa alla conservazione degli habitat naturali e seminaturali e della flora e della fauna selvatiche. Di conseguenza, il progetto non può essere approvato nel quadro di tale disposizione.

    2)

    Nelle predette circostanze, la creazione della nuova area può essere considerata come una misura compensativa ai sensi dell’articolo 6, paragrafo 4, della stessa direttiva, purché sia specificamente legata al progetto in questione e non sarebbe stata comunque attuata nel quadro della gestione ordinaria del sito come prescritto dall’articolo 6, paragrafi 1 o 2. Se è così, il progetto può essere attuato purché tutte le condizioni e i requisiti di cui all’articolo 6, paragrafo 4, siano rispettati o soddisfatti.


    ( 1 ) Lingua originale: l’inglese.

    ( 2 ) Direttiva 92/43/CEE del Consiglio, del 21 maggio 1992, relativa alla conservazione degli habitat naturali e seminaturali e della flora e della fauna selvatiche (GU L 206, pag. 7).

    ( 3 ) Molinia caerulea (prati di Cirsio dissecti-Molinietum) è una pianta da fiore della famiglia delle graminacee, comune nelle brughiere, negli acquitrini e nelle lande umide.

    ( 4 ) Sentenza dell’11 aprile 2013, Sweetman e a. (C‑258/11).

    ( 5 ) Sentenza del 7 settembre 2004 (C-127/02, Racc. pag. I-7405).

    ( 6 ) C-308/08, Racc. pag. I-4281.

    ( 7 ) Sentenza del 14 aprile 2005 (C-441/03, Racc. pag. I-3043).

    ( 8 ) Sentenza del 26 ottobre 2006 (C-239/04, Racc. pag. I-10183).

    ( 9 ) Il sito in questione è immediatamente a sud di ’s-Hertogenbosch, nella parte centro‑meridionale dei Paesi Bassi. Le mappe che ne mostrano i confini indicano che Vlijmens Ven e Moerputten fanno parte di un’area continua più ampia sita nella parte occidentale del sito (altre parti di essa sono denominate De Maij e Honderd Morgen), da cui l’area più piccola di Bossche Broek è separata mediante un corridoio largo circa 500 metri che contiene strade, case e una linea ferroviaria. L’autostrada A2, che collega Amsterdam a Maastricht, oltrepassa il margine meridionale di Bossche Broek, a circa due chilometri dal punto più vicino dell’area di Moerputten e a diversi chilometri da Vlijmens Ven. In udienza, il governo dei Paesi Bassi ha informato la Corte che l’intero sito è stato designato come sito Natura 2000 a causa della presenza di praterie di molinia.

    ( 10 ) Il regolamento (CE) n. 614/2007 del Parlamento europeo e del Consiglio, del 23 maggio 2007, riguardante lo strumento finanziario per l’ambiente (LIFE+) (GU L 149, pag. 1), prevede finanziamenti per progetti ambientali, compresi quelli relativi alla gestione di siti Natura 2000 a norma della direttiva «habitat» (v. considerando 5 del preambolo).

    ( 11 ) «Blues in the Marshes – Habitat restoration & development for Scarce and Dusky Large Blue in the N2K area Vlijmens Ven, Moerputten and Bossche Broek» (LIFE11 NAT/NL/000770).

    ( 12 ) V. sentenza Sweetman e a., cit., punto 32.

    ( 13 ) Estratto da «Biodiversity Offsetting Pilots 1 – Guidance for developers» (marzo 2012), pubblicata dal Department for Environment, Food and Rural Affairs del Regno Unito, paragrafo 16.

    ( 14 ) Tra le altre formulazioni: evitare, minimizzare, compensare; evitare, ridurre, rimediare; evitare l’impatto, ridurre l’impatto inevitabile, compensare l’impatto residuo; o (più in dettaglio) migliorare, evitare, minimizzare, ridurre, ripristinare, compensare, controbilanciare.

    ( 15 ) V. sentenza Sweetman e a., cit., punto 32 e la giurisprudenza ivi citata.

    ( 16 ) V. infra, paragrafo 39.

    ( 17 ) V. anche i successivi paragrafi 47 e 48.

    ( 18 ) V. punto 41 della sentenza Sweetman e a. e paragrafo 35 delle conclusioni dell’avvocato generale Kokott nella causa Commissione/Portogallo, entrambe citate supra.

    ( 19 ) In pratica, affinché la «coerenza globale» sia tutelata, è probabile che tali altri siti presentino una connessione ragionevolmente stretta con il sito danneggiato, in termini di vicinanza geografica e di tipo di habitat.

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