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Document 62011CJ0472

Sentenza della Corte (Prima Sezione) del 21 febbraio 2013.
Banif Plus Bank Zrt contro Csaba Csipai e Viktória Csipai.
Domanda di pronuncia pregiudiziale proposta dal Fővárosi Bíróság (divenuto Fővárosi Törvényszék).
Direttiva 93/13/CEE — Clausole abusive figuranti nei contratti conclusi con i consumatori — Esame d’ufficio, da parte del giudice nazionale, del carattere abusivo di una clausola — Obbligo, per il giudice nazionale che abbia rilevato d’ufficio il carattere abusivo di una clausola, di invitare le parti a presentare le loro osservazioni prima di trarre le conseguenze derivanti da tale accertamento — Clausole contrattuali che devono essere prese in considerazione nell’esame del carattere abusivo.
Causa C‑472/11.

Court reports – general

ECLI identifier: ECLI:EU:C:2013:88

SENTENZA DELLA CORTE (Prima Sezione)

21 febbraio 2013 ( *1 )

«Direttiva 93/13/CEE — Clausole abusive figuranti nei contratti conclusi con i consumatori — Esame d’ufficio, da parte del giudice nazionale, del carattere abusivo di una clausola — Obbligo, per il giudice nazionale che abbia rilevato d’ufficio il carattere abusivo di una clausola, di invitare le parti a presentare le loro osservazioni prima di trarre le conseguenze derivanti da tale accertamento — Clausole contrattuali che devono essere prese in considerazione nell’esame del carattere abusivo»

Nella causa C-472/11,

avente ad oggetto la domanda di pronuncia pregiudiziale proposta alla Corte, ai sensi dell’articolo 267 TFUE, dal Fővárosi Bíróság (divenuto Fővárosi Törvényszék) (Ungheria), con decisione del 16 giugno 2011, pervenuta in cancelleria il 16 settembre 2011, nel procedimento

Banif Plus Bank Zrt

contro

Csaba Csipai,

Viktória Csipai,

LA CORTE (Prima Sezione),

composta dal sig. A. Tizzano, presidente di sezione, dai sigg. M. Ilešič, E. Levits, M. Safjan e dalla sig.ra M. Berger (relatore), giudici,

avvocato generale: sig. P. Mengozzi

cancelliere: sig.ra A. Impellizzeri, amministratore

vista la fase scritta del procedimento e in seguito all’udienza del 12 settembre 2012,

considerate le osservazioni presentate:

per la Banif Plus Bank Zrt, da E. Héjja, ügyvéd;

per il governo ungherese, da Z. Fehér e K. Szíjjártó, in qualità di agenti;

per il governo spagnolo, da S. Martínez-Lage Sobredo, in qualità di agente;

per il governo slovacco, da M. Kianička, in qualità di agente;

per la Commissione europea, da B. Simon e M. van Beek, in qualità di agenti,

vista la decisione, adottata dopo aver sentito l’avvocato generale, di giudicare la causa senza conclusioni,

ha pronunciato la seguente

Sentenza

1

La domanda di pronuncia pregiudiziale verte sull’interpretazione degli articoli 6 e 7 della direttiva 93/13/CEE del Consiglio, del 5 aprile 1993, concernente le clausole abusive nei contratti stipulati con i consumatori (GU L 95, pag. 29; in prosieguo: la «direttiva»).

2

Tale domanda è stata presentata nell’ambito di una controversia tra la Banif Plus Bank Zrt (in prosieguo: la «Banif Plus Bank») e i coniugi Csipai, in merito al pagamento di somme dovute in forza di un contratto di credito in caso di risoluzione anticipata di tale contratto da parte dell’ente che concede il prestito a causa di un comportamento imputabile al mutuatario.

Contesto normativo

Il diritto dell’Unione

3

L’articolo 3, paragrafo 1, della direttiva definisce la clausola abusiva nei seguenti termini:

«Una clausola contrattuale, che non è stata oggetto di negoziato individuale, si considera abusiva se, malgrado il requisito della buona fede, determina, a danno del consumatore, un significativo squilibrio dei diritti e degli obblighi delle parti derivanti dal contratto».

4

Riguardo all’esame del carattere abusivo di una clausola, l’articolo 4, paragrafo 1, della direttiva così precisa:

«Fatto salvo l’articolo 7, il carattere abusivo di una clausola contrattuale è valutato tenendo conto della natura dei beni o servizi oggetto del contratto e facendo riferimento, al momento della conclusione del contratto, a tutte le circostanze che accompagnano detta conclusione e a tutte le altre clausole del contratto o di un altro contratto da cui esso dipende».

5

Quanto agli effetti connessi all’accertamento del carattere abusivo di una clausola, l’articolo 6, paragrafo 1, della direttiva stabilisce quanto segue:

«Gli Stati membri prevedono che le clausole abusive contenute in un contratto stipulato fra un consumatore ed un professionista non vincolano il consumatore, alle condizioni stabilite dalle loro legislazioni nazionali, e che il contratto resti vincolante per le parti secondo i medesimi termini, sempre che esso possa sussistere senza le clausole abusive».

6

L’articolo 7, paragrafo 1, della direttiva aggiunge quanto segue:

«Gli Stati membri, nell’interesse dei consumatori e dei concorrenti professionali, provvedono a fornire mezzi adeguati ed efficaci per far cessare l’inserzione di clausole abusive nei contratti stipulati tra un professionista e dei consumatori».

Il diritto nazionale

7

Ai sensi dell’articolo 209, paragrafo 1, del codice civile, «[u]na condizione contrattuale generale o una clausola di un contratto stipulato con un consumatore che non sia stata oggetto di negoziato individuale è abusiva se, in violazione dei requisiti di buona fede e di lealtà, determina, unilateralmente e senza giustificato motivo, i diritti e gli obblighi delle parti derivanti dal contratto, in modo tale da svantaggiare la parte contraente che non è l’autore della clausola».

8

L’articolo 209/A, paragrafo 2, del codice civile prevede che siffatte clausole siano nulle.

9

L’articolo 2, lettera j), del decreto governativo n. 18/1999, del 5 febbraio 1999, sulle clausole ritenute abusive nei contratti stipulati con i consumatori, stabilisce quanto segue:

«(…) deve essere considerata abusiva, salvo prova contraria, in particolare, la clausola che

(…)

j)

obbliga il consumatore al pagamento di somme eccessive nel caso in cui non abbia adempiuto i propri obblighi o che non vi abbia dato esecuzione conformemente al contratto».

10

In base all’articolo 3, paragrafo 2, della legge n. III del 1952, che ha istituito il codice di procedura civile, il giudice, salva contraria disposizione di legge, è vincolato dalle conclusioni e dagli argomenti giuridici sottoposti dalle parti.

Procedimento principale e questioni pregiudiziali

11

Il 16 giugno 2006 il sig. Csipai ha concluso un contratto di credito con la Banif Plus Bank, la cui scadenza era fissata al 15 giugno 2012.

12

La clausola n. 29 del contratto predisposto dalla Banif Plus Bank stabiliva che, se il contratto fosse stato risolto prima del termine a causa dell’inadempimento del mutuatario o per qualsiasi altro motivo derivante da un comportamento a quest’ultimo imputabile, il mutuatario avrebbe dovuto pagare, oltre agli interessi moratori e alle spese, l’importo complessivo delle rate residue. Le rate rese esigibili includevano, oltre all’importo del capitale, gli interessi del prestito e il premio assicurativo.

13

Il sig. Csipai ha versato per l’ultima volta una rata nel febbraio 2008. La Banif Plus Bank ha quindi risolto il contratto e ha chiesto al mutuatario il pagamento delle somme residue in applicazione della clausola n. 29 di quest’ultimo. Poiché il sig. Csipai non ha ottemperato a tale richiesta, essa ha proposto un ricorso nei suoi confronti e, basandosi sulle norme del diritto di famiglia, nei confronti della moglie di quest’ultimo.

14

Nell’ambito del procedimento dinanzi ad esso pendente, il Pesti Központi kerületi bíróság (Tribunale distrettuale del centro di Pest), adito quale giudice di primo grado, ha informato le parti che esso riteneva che la clausola n. 29 fosse abusiva e le ha invitate a presentare le proprie osservazioni in merito. Il sig. Csipai ha fatto valere che egli considerava eccessive le richieste della Banif Plus Bank e che riconosceva unicamente la fondatezza dell’importo del capitale. La Banif Plus Bank ha contestato il carattere abusivo della clausola in esame.

15

Con decisione del 6 luglio 2010, il Pesti Központi kerületi bíróság ha condannato il sig. Csipai a versare alla Banif Plus Bank un importo calcolato senza applicare la clausola n. 29 del contratto.

16

La Banif Plus Bank ha impugnato detta decisione. È in tale contesto che il Fővárosi Bíróság ha deciso di sospendere il procedimento e di sottoporre alla Corte le seguenti questioni pregiudiziali:

«1)

Se l’operato di un giudice nazionale sia conforme all’articolo 7, paragrafo 1, della direttiva (…) ove, avendo rilevato l’esistenza di una clausola contrattuale abusiva, in mancanza di una domanda delle parti in tal senso, le informi che considera nulla la quarta frase della clausola 29 delle condizioni generali del contratto di prestito stipulato tra le parti della controversia (…). La nullità risulta dalla violazione di disposizioni di legge, ossia [degli articoli] 1, paragrafo 1, lettera c), e 2, lettera j), del decreto governativo n. 18/1999 (…).

2)

In relazione alla prima questione, se tale giudice sia legittimato a invitare le parti della controversia a rendere una dichiarazione relativa a detta clausola contrattuale, affinché possano essere tratte le conseguenze giuridiche connesse al suo carattere eventualmente abusivo e si raggiungano gli obiettivi previsti all’articolo 6, paragrafo 1, della direttiva.

3)

Ove si configurino le circostanze precedentemente delineate, in fase di esame di una clausola contrattuale abusiva, se il giudice sia legittimato ad esaminare ciascuna clausola contrattuale o possa soltanto soffermarsi su quelle clausole su cui la controparte del consumatore fonda la sua domanda».

Sulle questioni pregiudiziali

Sulla prima e sulla seconda questione

17

Con la prima e la seconda questione, che occorre esaminare congiuntamente, il giudice del rinvio chiede, in sostanza, se gli articoli 6, paragrafo 1, e 7, paragrafo 1, della direttiva debbano essere interpretati nel senso che essi ostano o, al contrario, consentono che il giudice nazionale che abbia accertato d’ufficio il carattere abusivo di una clausola contrattuale informi le parti di aver rilevato l’esistenza di una causa di nullità e le inviti a presentare una dichiarazione al riguardo.

18

Dagli atti emerge che dette questioni sono connesse all’esistenza, nel diritto nazionale, di una norma secondo cui il giudice che abbia rilevato d’ufficio una causa di nullità deve informarne le parti e dare loro la possibilità di rendere una dichiarazione sull’eventuale constatazione che il rapporto giuridico di cui trattasi sia invalido, in mancanza della quale esso non può pronunciare la nullità.

19

Per rispondere a tali questioni, va ricordato che il sistema di tutela istituito dalla direttiva è fondato sull’idea che il consumatore si trovi in una situazione di inferiorità rispetto al professionista per quanto riguarda sia il potere nelle trattative che il grado di informazione, situazione che lo induce ad aderire alle condizioni predisposte dal professionista senza poter incidere sul contenuto delle stesse (v., segnatamente, sentenze del 6 ottobre 2009, Asturcom Telecomunicaciones, C-40/08, Racc. pag.I-9579, punto 29, e del 14 giugno 2012, Banco Español de Crédito, C-618/10, punto 39).

20

Alla luce di una siffatta situazione di inferiorità, l’articolo 6, paragrafo 1, della direttiva prevede che le clausole abusive non vincolino i consumatori. Come risulta dalla giurisprudenza, si tratta di una norma imperativa che mira a sostituire all’equilibrio formale che il contratto determina fra i diritti e gli obblighi delle parti un equilibrio reale, finalizzato a ristabilire l’uguaglianza delle parti stesse (v., in particolare, sentenze del 9 novembre 2010, VB Pénzügyi Lízing, C-137/08, Racc. pag. I-10847, punto 47, e Banco Español de Crédito, cit., punto 40).

21

Per garantire la tutela voluta dalla direttiva, la Corte ha già più volte sottolineato che la disuguaglianza tra il consumatore e il professionista può essere riequilibrata solo grazie a un intervento positivo da parte di soggetti estranei al rapporto contrattuale (v., segnatamente, citate sentenze VB Pénzügyi Lízing, punto 48, e Banco Español de Crédito, punto 41).

22

Sulla base di tali considerazioni la Corte ha statuito che il giudice nazionale è tenuto ad esaminare d’ufficio la natura abusiva di una clausola contrattuale che ricade nell’ambito di applicazione della direttiva e, in tal modo, a porre un argine allo squilibrio che esiste tra il consumatore e il professionista (v., in particolare, citate sentenze VB Pénzügyi Lízing, punto 49, e Banco Español de Crédito, punto 42).

23

Di conseguenza, il ruolo attribuito al giudice nazionale dal diritto dell’Unione nell’ambito di cui trattasi non si limita alla semplice facoltà di pronunciarsi sull’eventuale natura abusiva di una clausola contrattuale, bensì comporta parimenti l’obbligo di esaminare d’ufficio tale questione, a partire dal momento in cui dispone degli elementi di diritto e di fatto necessari a tal fine (v., segnatamente, sentenze del 4 giugno 2009, Pannon GSM, C-243/08, Racc. pag. I-4713, punto 32, e Banco Español de Crédito, cit., punto 43).

24

Al riguardo, statuendo su una domanda di pronuncia pregiudiziale sollevata da un giudice nazionale adìto nell’ambito di un procedimento contraddittorio tra un consumatore e un professionista, la Corte ha dichiarato che detto giudice deve adottare d’ufficio misure istruttorie al fine di accertare se una clausola inserita in un contratto stipulato tra un professionista e un consumatore rientri nell’ambito di applicazione della direttiva e, in caso affermativo, valutare d’ufficio la natura eventualmente abusiva di una clausola siffatta (v., in tal senso, citate sentenze VB Pénzügyi Lízing, punto 56, e Banco Español de Crédito, punto 44).

25

Quanto alle conseguenze da trarre dall’accertamento del carattere abusivo di una clausola, l’articolo 6, paragrafo 1, della direttiva richiede che gli Stati membri prevedano che una clausola siffatta non vincoli i consumatori, «alle condizioni stabilite dalle loro legislazioni nazionali».

26

In proposito occorre ricordare che le modalità procedurali dei ricorsi intesi a garantire la tutela dei diritti spettanti ai singoli in forza del diritto dell’Unione, in assenza di disposizioni al riguardo nel diritto dell’Unione, rientrano nell’ordinamento giuridico interno degli Stati membri in virtù del principio dell’autonomia procedurale di questi ultimi. Tuttavia, tali modalità non devono essere meno favorevoli di quelle che riguardano situazioni analoghe di natura interna (principio di equivalenza) né essere strutturate in modo da rendere in pratica impossibile o eccessivamente difficile l’esercizio dei diritti conferiti dall’ordinamento giuridico dell’Unione (principio di effettività) (v., in tal senso, cit. sentenze Asturcom Telecomunicaciones, punto 38, e Banco Español de Crédito, punto 46).

27

Quanto all’obbligo di garantire l’effettività della tutela prevista dalla direttiva per quanto concerne la sanzione di una clausola abusiva, la Corte ha già precisato che il giudice nazionale deve trarre tutte le conseguenze che, secondo il diritto nazionale, derivano dall’accertamento del carattere abusivo della clausola in esame affinché il consumatore di cui trattasi non sia vincolato da quest’ultima (sentenza Asturcom Telecomunicaciones, cit., punto 59). Tuttavia, la Corte ha precisato che il giudice nazionale non deve, in forza della direttiva, disapplicare la clausola in esame qualora il consumatore, dopo essere stato avvisato da detto giudice, non intenda invocarne la natura abusiva e non vincolante (v. sentenza Pannon GSM, cit., punti 33 e 35).

28

Da detta giurisprudenza discende che la piena efficacia della tutela prevista dalla direttiva richiede che il giudice nazionale che abbia accertato d’ufficio il carattere abusivo di una clausola possa trarre tutte le conseguenze derivanti da tale accertamento, senza attendere che il consumatore, informato dei suoi diritti, presenti una dichiarazione diretta ad ottenere l’annullamento di detta clausola.

29

Tuttavia, il giudice nazionale, nell’attuare il diritto dell’Unione, deve altresì rispettare i requisiti di una tutela giurisdizionale effettiva dei diritti spettanti ai singoli in forza del diritto dell’Unione, quale garantita dall’articolo 47 della Carta dei diritti fondamentali dell’Unione europea. Tra detti requisiti figura il principio del contraddittorio, che fa parte dei diritti della difesa e che vincola il giudice, in particolare qualora dirima una controversia sulla base di un motivo rilevato d’ufficio (v., in tal senso, sentenza del 2 dicembre 2009, Commissione/Irlanda e a., C-89/08 P, Racc. pag. I-11245, punti 50 e 54).

30

La Corte ha dichiarato pertanto che, di regola, il principio del contraddittorio non si limita a conferire a ciascuna parte in un processo il diritto di prendere conoscenza dei documenti e delle osservazioni presentati al giudice ex adverso, e di discuterli, ma implica, parimenti, il diritto delle parti di prendere conoscenza e di discutere i motivi di diritto rilevati d’ufficio dal giudice, sui quali quest’ultimo intenda fondare la propria decisione. La Corte ha sottolineato che, per soddisfare le condizioni connesse al diritto a un processo equo, occorre infatti che le parti abbiano conoscenza e possano discutere in contraddittorio gli elementi di fatto e di diritto decisivi per l’esito del procedimento (v. sentenza Commissione/Irlanda e a., cit., punti 55 e 56).

31

Ne consegue che il giudice nazionale, nell’ipotesi in cui, dopo aver stabilito, sulla base degli elementi di fatto e di diritto di cui dispone, o che gli sono stati comunicati in seguito alle misure istruttorie che ha adottato d’ufficio a tal fine, che una clausola rientra nell’ambito di applicazione della direttiva, constati, al termine di una valutazione cui ha proceduto d’ufficio, che tale clausola presenta carattere abusivo, esso deve, di norma, informarne le parti della controversia e invitarle a discuterne in contraddittorio secondo le forme previste al riguardo dalle norme processuali nazionali.

32

La norma nazionale di cui trattasi nel procedimento principale, secondo cui il giudice che abbia rilevato d’ufficio una causa di nullità deve informarne le parti e dare loro la possibilità di rendere una dichiarazione sull’eventuale constatazione che il rapporto giuridico di cui trattasi è invalido, soddisfa tale requisito.

33

Inoltre, nell’ipotesi di un accertamento d’ufficio del carattere abusivo di una clausola, l’obbligo di informare le parti e di dare loro la possibilità di presentare osservazioni non può essere considerato, di per sé, incompatibile con il principio di effettività, che disciplina l’applicazione da parte degli Stati membri dei diritti conferiti dall’ordinamento giuridico dell’Unione. Infatti, è pacifico che tale principio deve essere applicato tenendo conto, in particolare, dei principi che sono alla base del sistema giurisdizionale nazionale, quali la tutela dei diritti della difesa, di cui fa parte il principio del contraddittorio (v., in tal senso, sentenza Asturcom Telecomunicaciones, cit., punto 39).

34

Ciò considerato, si deve osservare che, nell’ambito del procedimento principale, il giudice del rinvio, rispettando il principio del contraddittorio e senza compromettere l’effettività della tutela prevista dalla direttiva a vantaggio del consumatore, ha invitato sia l’ente finanziario – ricorrente in tale procedimento – sia il consumatore, convenuto nell’ambito di quest’ultimo, a presentare le loro osservazioni sulla sua valutazione relativa al carattere abusivo della clausola controversa.

35

Tale possibilità data al consumatore di presentare osservazioni in merito risponde altresì all’obbligo del giudice nazionale, come ricordato al punto 25 della presente sentenza, di tener conto, se necessario, della volontà espressa dal consumatore quando quest’ultimo, consapevole del carattere non vincolante di una clausola abusiva, afferma tuttavia di opporsi alla sua disapplicazione, dando quindi un consenso libero e informato alla clausola di cui trattasi.

36

Di conseguenza, occorre rispondere alla prima e alla seconda questione dichiarando che gli articoli 6, paragrafo 1, e 7, paragrafo 1, della direttiva devono essere interpretati nel senso che il giudice nazionale che abbia rilevato d’ufficio il carattere abusivo di una clausola contrattuale non è tenuto, per poter trarre le conseguenze derivanti da tale accertamento, ad attendere che il consumatore, informato dei suoi diritti, presenti una dichiarazione diretta ad ottenere l’annullamento di detta clausola. Tuttavia, il principio del contraddittorio impone, di norma, al giudice nazionale che abbia rilevato d’ufficio il carattere abusivo di una clausola contrattuale di informarne le parti della controversia e di dare loro la possibilità di discuterne in contraddittorio secondo le forme previste al riguardo dalle norme processuali nazionali.

Sulla terza questione

37

Con la sua terza questione, il giudice del rinvio chiede se la direttiva debba essere interpretata nel senso che essa consente al giudice nazionale, o addirittura gli impone, nell’esaminare una clausola abusiva, di analizzare tutte le clausole del contratto o se, al contrario, esso debba limitare il proprio esame alle clausole su cui si basa la domanda di cui è investito.

38

In via preliminare va rilevato che dagli atti emerge che, nel procedimento principale, la domanda presentata dalla Banif Plus Bank nei confronti dei coniugi Csipai è fondata sulla clausola n. 29 del contratto di credito da essi concluso e che stabilire se tale clausola abbia o meno carattere abusivo è determinante ai fini della decisione sulla domanda di pagamento delle diverse indennità richieste dalla Banif Plus Bank.

39

Pertanto, la terza questione va interpretata nel senso che il giudice del rinvio chiede se, nella valutazione del carattere abusivo della clausola su cui si basa la domanda, esso possa o debba tener conto delle altre clausole contrattuali.

40

In forza dell’articolo 3, paragrafo 1, della direttiva, una clausola contrattuale si considera abusiva se, malgrado il requisito della buona fede, determina, a danno del consumatore, un significativo squilibrio dei diritti e degli obblighi delle parti derivanti dal contratto. Conformemente all’articolo 4, paragrafo 1, della medesima direttiva, tale valutazione deve essere fatta tenendo conto della natura dei servizi oggetto del contratto e facendo riferimento a tutte le circostanze che hanno accompagnato detta conclusione e a tutte le altre clausole del contratto o di un altro contratto da cui esso dipende.

41

Pertanto, occorre rispondere alla terza questione dichiarando che il giudice nazionale, per valutare il carattere eventualmente abusivo della clausola contrattuale su cui è basata la domanda di cui è investito, deve tener conto di tutte le altre clausole contrattuali.

Sulle spese

42

Nei confronti delle parti nel procedimento principale la presente causa costituisce un incidente sollevato dinanzi al giudice del rinvio, cui spetta quindi statuire sulle spese. Le spese sostenute da altri soggetti per presentare osservazioni alla Corte non possono dar luogo a rifusione.

 

Per questi motivi, la Corte (Prima Sezione) dichiara:

 

1)

Gli articoli 6, paragrafo 1, e 7, paragrafo 1, della direttiva 93/13/CEE del Consiglio, del 5 aprile 1993, concernente le clausole abusive nei contratti stipulati con i consumatori, devono essere interpretati nel senso che il giudice nazionale che abbia accertato d’ufficio il carattere abusivo di una clausola contrattuale non è tenuto, per poter trarre le conseguenze derivanti da tale accertamento, ad attendere che il consumatore, informato dei suoi diritti, presenti una dichiarazione diretta ad ottenere l’annullamento di detta clausola. Tuttavia, il principio del contraddittorio impone, di norma, al giudice nazionale che abbia rilevato d’ufficio il carattere abusivo di una clausola contrattuale di informarne le parti della controversia e di dare loro la possibilità di discuterne in contraddittorio secondo le forme previste al riguardo dalle norme processuali nazionali.

 

2)

Il giudice nazionale, per valutare il carattere eventualmente abusivo della clausola contrattuale su cui è basata la domanda di cui è investito, deve tener conto di tutte le altre clausole contrattuali.

 

Firme


( *1 ) Lingua processuale: l’ungherese.

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