Choose the experimental features you want to try

This document is an excerpt from the EUR-Lex website

Document 62010CJ0070

    Sentenza della Corte (Terza Sezione) del 24 novembre 2011.
    Scarlet Extended SA contro Société belge des auteurs, compositeurs et éditeurs SCRL (SABAM).
    Domanda di pronuncia pregiudiziale: Cour d'appel de Bruxelles - Belgio.
    Società dell’informazione - Diritto d’autore - Internet - Programmi "peer-to-peer" - Fornitori di accesso a Internet - Predisposizione di un sistema di filtraggio delle comunicazioni elettroniche al fine di impedire gli scambi dei file che ledono i diritti d’autore - Assenza di un obbligo generale di sorvegliare le informazioni trasmesse.
    Causa C-70/10.

    Raccolta della Giurisprudenza 2011 -00000

    ECLI identifier: ECLI:EU:C:2011:771

    Causa C‑70/10

    Scarlet Extended SA

    contro

    Société belge des auteurs, compositeurs et éditeurs SCRL (SABAM)

    (domanda di pronuncia pregiudiziale proposta dalla cour d’appel de Bruxelles)

    «Società dell’informazione — Diritto d’autore — Internet — Programmi “peer-to-peer” — Fornitori di accesso a Internet — Predisposizione di un sistema di filtraggio delle comunicazioni elettroniche al fine di impedire gli scambi dei file che ledono i diritti d’autore — Assenza di un obbligo generale di sorvegliare le informazioni trasmesse»

    Massime della sentenza

    Ravvicinamento delle legislazioni — Società dell’informazione — Diritto d’autore e diritti connessi — Tutela dei dati personali nel settore delle comunicazioni elettroniche — Ingiunzione ad un fornitore di accesso ad Internet di predisporre un sistema di filtraggio di tutte le comunicazioni elettroniche, che si applica indistintamente a tutta la sua clientela, a titolo preventivo e a sue spese, senza limiti nel tempo, per prevenire le violazioni di un diritto di proprietà intellettuale — Inammissibilità

    (Carta dei diritti fondamentali dell’Unione europea, artt. 8 e 11; direttive del Parlamento europeo e del Consiglio 95/46, 2000/31, art. 15, n. 1, 2001/29, 2002/58 e 2004/48, art. 3, n. 1)

    Le direttive 2000/31, relativa a taluni aspetti giuridici dei servizi della società dell’informazione, in particolare il commercio elettronico, nel mercato interno, 2001/29, sull’armonizzazione di taluni aspetti del diritto d’autore e dei diritti connessi nella società dell’informazione, 2004/48, sul rispetto dei diritti di proprietà intellettuale, 95/46, relativa alla tutela delle persone fisiche con riguardo al trattamento dei dati personali, nonché alla libera circolazione di tali dati, e 2002/58, relativa al trattamento dei dati personali e alla tutela della vita privata nel settore delle comunicazioni elettroniche, lette nel loro combinato disposto ed interpretate alla luce delle condizioni che la tutela dei diritti fondamentali applicabili implica, devono essere interpretate nel senso che ostano ad un’ingiunzione rivolta ad un fornitore di accesso ad Internet di predisporre un sistema di filtraggio:

    –      di tutte le comunicazioni elettroniche che transitano per i suoi servizi, in particolare mediante programmi «peer-to-peer»;

    –      che si applica indistintamente a tutta la sua clientela;

    –      a titolo preventivo;

    –      a sue spese esclusive, e

    –      senza limiti nel tempo,

    idoneo ad identificare nella rete di tale fornitore la circolazione di file contenenti un’opera musicale, cinematografica o audiovisiva rispetto alla quale il richiedente affermi di vantare diritti di proprietà intellettuale, onde bloccare il trasferimento di file il cui scambio pregiudichi il diritto d’autore.

    Un’ingiunzione di questo tipo obbligherebbe infatti il fornitore a prestare una sorveglianza attiva su tutti i dati di ciascuno dei suoi clienti per prevenire qualsiasi futura violazione di diritti di proprietà intellettuale, costringendolo in tal modo ad effettuare una sorveglianza generalizzata, che è vietata dall’art. 15, n. 1, della direttiva 2000/31. Essa comporterebbe inoltre una grave violazione della libertà di impresa del fornitore di cui trattasi, poiché l’obbligherebbe a predisporre un sistema informatico complesso, costoso, permanente e unicamente a suo carico, il che risulterebbe peraltro contrario alle condizioni stabilite dall’art. 3, n. 1, della direttiva 2004/48, il quale richiede che le misure adottate per assicurare il rispetto dei diritti di proprietà intellettuale non siano inutilmente complesse o costose. Pertanto, siffatta ingiunzione non rispetterebbe l’esigenza di garantire un giusto equilibrio tra, da un lato, la tutela del diritto di proprietà intellettuale, di cui godono i titolari dei diritti d’autore, e, dall’altro, quella della libertà d’impresa, appannaggio di operatori come i fornitori di accesso a Internet. Gli effetti di detta ingiunzione, tra l’altro, non si limiterebbero a colpire tali fornitori, poiché il sistema di filtraggio è idoneo a ledere anche i diritti fondamentali dei clienti, ossia il loro diritto alla tutela dei dati personali e la loro libertà di ricevere o di comunicare informazioni, diritti, questi ultimi, tutelati dagli artt. 8 e 11 della Carta dei diritti fondamentali dell’Unione europea. Da un lato, l’ingiunzione implicherebbe un’analisi sistematica di tutti i contenuti, nonché la raccolta e l’identificazione degli indirizzi IP degli utenti all’origine dell’invio dei contenuti illeciti sulla rete, indirizzi che costituiscono dati personali protetti, in quanto consentono di identificare in modo preciso i suddetti utenti. Dall’altro, rischierebbe di ledere la libertà di informazione, poiché tale sistema potrebbe non essere in grado di distinguere adeguatamente tra un contenuto lecito ed un contenuto illecito, sicché il suo impiego potrebbe produrre il risultato di bloccare comunicazioni aventi un contenuto lecito.

    (v. punti 40, 48-52 e dispositivo)







    SENTENZA DELLA CORTE (Terza Sezione)

    24 novembre 2011 (*)

    «Società dell’informazione – Diritto d’autore – Internet – Programmi “peer-to-peer” – Fornitori di accesso a Internet – Predisposizione di un sistema di filtraggio delle comunicazioni elettroniche al fine di impedire gli scambi dei file che ledono i diritti d’autore – Assenza di un obbligo generale di sorvegliare le informazioni trasmesse»

    Nel procedimento C‑70/10,

    avente ad oggetto la domanda di pronuncia pregiudiziale proposta alla Corte, ai sensi dell’art. 267 TFUE, dalla cour d’appel de Bruxelles (Belgio), con decisione 28 gennaio 2010, pervenuta in cancelleria il 5 febbraio 2010, nella causa

    Scarlet Extended SA

    contro

    Société belge des auteurs, compositeurs et éditeurs SCRL (SABAM),

    con l’intervento di:

    Belgian Entertainment Association Video ASBL (BEA Video),

    Belgian Entertainment Association Music ASBL (BEA Music),

    Internet Service Provider Association ASBL (ISPA),

    LA CORTE (Terza Sezione),

    composta dal sig. K. Lenaerts, presidente di sezione, dal sig. J. Malenovský (relatore), dalla sig.ra R. Silva de Lapuerta, dai sigg. E. Juhász e G. Arestis, giudici,

    avvocato generale: sig. P. Cruz Villalón

    cancelliere: sig.ra C. Strömholm, amministratore

    vista la fase scritta del procedimento e in seguito all’udienza del 13 gennaio 2011,

    considerate le osservazioni presentate:

    –        per la Scarlet Extended SA, dagli avv.ti T. De Meese e B. Van Asbroeck, avocats;

    –        per la Société belge des auteurs, compositeurs et éditeurs SCRL (SABAM), la Belgian Entertainment Association Video ASBL (BEA Video) e la Belgian Entertainment Association Music ASBL (BEA Music), dagli avv.ti F. de Visscher, B. Michaux e F. Brison, avocats;

    –        per la Internet Service Provider Association ASBL (ISPA), dall’avv. G. Somers, avocat;

    –        per il governo belga, dai sigg. T. Materne e J.‑C. Halleux, nonché dalla sig.ra C. Pochet, in qualità di agenti;

    –        per il governo ceco, dal sig. M. Smolek e dalla sig.ra K. Havlíčková, in qualità di agenti;

    –        per il governo italiano, dalla sig.ra G. Palmieri, in qualità di agente, assistita dal sig. S. Fiorentino, avvocato dello Stato;

    –        per il governo olandese, dalle sig.re C. Wissels e B. Koopman, in qualità di agenti;

    –        per il governo polacco, dai sigg. M. Szpunar, M. Drwięcki e J. Goliński, in qualità di agenti;

    –        per il governo finlandese, dalla sig.ra M. Pere, in qualità di agente;

    –        per la Commissione europea, dalle sig.re J. Samnadda e C. Vrignon, in qualità di agenti,

    sentite le conclusioni dell’avvocato generale, presentate all’udienza del 14 aprile 2011,

    ha pronunciato la seguente

    Sentenza

    1        La domanda di pronuncia pregiudiziale verte sull’interpretazione delle seguenti direttive:

    –        direttiva del Parlamento europeo e del Consiglio 8 giugno 2000, 2000/31/CE, relativa a taluni aspetti giuridici dei servizi della società dell’informazione, in particolare il commercio elettronico, nel mercato interno («Direttiva sul commercio elettronico») (GU L 178, pag. 1);

    –        direttiva del Parlamento europeo e del Consiglio 22 maggio 2001, 2001/29/CE, sull’armonizzazione di taluni aspetti del diritto d’autore e dei diritti connessi nella società dell’informazione (GU L 167, pag. 10);

    –        direttiva del Parlamento europeo e del Consiglio 29 aprile 2004, 2004/48/CE, sul rispetto dei diritti di proprietà intellettuale (GU L 157, pag. 45; rettifiche nella GU 2004, L 195, pag. 16);

    –        direttiva del Parlamento europeo e del Consiglio 24 ottobre 1995, 95/46/CE, relativa alla tutela delle persone fisiche con riguardo al trattamento dei dati personali, nonché alla libera circolazione di tali dati (GU L 281, pag. 31), e

    –        direttiva del Parlamento europeo e del Consiglio 12 luglio 2002, 2002/58/CE, relativa al trattamento dei dati personali e alla tutela della vita privata nel settore delle comunicazioni elettroniche (direttiva relativa alla vita privata e alle comunicazioni elettroniche) (GU L 201, pag. 37).

    2        Questa domanda è stata presentata nel contesto di una controversia tra la Scarlet Extended SA (in prosieguo: la «Scarlet») e la Société belge des auteurs, compositeurs et éditeurs SCRL (SABAM) (in prosieguo: la «SABAM») vertente sul rifiuto della Scarlet di predisporre un sistema di filtraggio delle comunicazioni elettroniche realizzate tramite programmi per lo scambio di archivi (detti «peer-to-peer»), onde impedire gli scambi dei file che ledono i diritti d’autore.

     Contesto normativo

     Il diritto dell’Unione

     La direttiva 2000/31

    3        Ai sensi del quarantacinquesimo e del quarantasettesimo ‘considerando’ della direttiva 2000/31:

    «(45) Le limitazioni alla responsabilità dei prestatori intermedi previste nella presente direttiva lasciano impregiudicata la possibilità di azioni inibitorie di altro tipo. Siffatte azioni inibitorie possono, in particolare, essere ordinanze di organi giurisdizionali o autorità amministrative che obbligano a porre fine a una violazione o impedirla, anche con la rimozione dell’informazione illecita o la disabilitazione dell’accesso alla medesima.

    (...)

    (47)      Gli Stati membri non possono imporre ai prestatori un obbligo di sorveglianza di carattere generale. Tale disposizione non riguarda gli obblighi di sorveglianza in casi specifici e, in particolare, lascia impregiudicate le ordinanze emesse dalle autorità nazionali secondo le rispettive legislazioni».

    4        L’art. 1 di questa direttiva così recita:

    «1.      La presente direttiva mira a contribuire al buon funzionamento del mercato interno garantendo la libera circolazione dei servizi della società dell’informazione tra Stati membri.

    2.      La presente direttiva ravvicina, nella misura necessaria alla realizzazione dell’obiettivo di cui al paragrafo 1, talune norme nazionali sui servizi della società dell’informazione che interessano il mercato interno, lo stabilimento dei prestatori, le comunicazioni commerciali, i contratti per via elettronica, la responsabilità degli intermediari, i codici di condotta, la composizione extragiudiziaria delle controversie, i ricorsi giurisdizionali e la cooperazione tra Stati membri.

    (...)».

    5        L’art. 12 di detta direttiva, che figura nella Sezione 4 del Capo II della stessa ed è intitolato «Responsabilità dei prestatori intermediari», dispone quanto segue:

    «1.      Gli Stati membri provvedono affinché, nella prestazione di un servizio della società dell’informazione consistente nel trasmettere, su una rete di comunicazione, informazioni fornite da un destinatario del servizio, o nel fornire un accesso alla rete di comunicazione, il prestatore non sia responsabile delle informazioni trasmesse a condizione che egli:

    a)      non dia origine alla trasmissione;

    b)      non selezioni il destinatario della trasmissione; e

    c)      non selezioni né modifichi le informazioni trasmesse.

    (...)

    3.      Il presente articolo lascia impregiudicata la possibilità, secondo gli ordinamenti degli Stati membri, che un organo giurisdizionale o un’autorità amministrativa esiga che il prestatore impedisca o ponga fine ad una violazione».

    6        Ai sensi dell’art. 15 della direttiva 2000/31, anch’esso incluso nella sua Sezione 4 del Capo II:

    «1.      Nella prestazione dei servizi di cui agli articoli 12, 13 e 14, gli Stati membri non impongono ai prestatori un obbligo generale di sorveglianza sulle informazioni che trasmettono o memorizzano né un obbligo generale di ricercare attivamente fatti o circostanze che indichino la presenza di attività illecite.

    2.      Gli Stati membri possono stabilire che i prestatori di servizi della società dell’informazione siano tenuti ad informare senza indugio la pubblica autorità competente di presunte attività o informazioni illecite dei destinatari dei loro servizi o a comunicare alle autorità competenti, a loro richiesta, informazioni che consentano l’identificazione dei destinatari dei loro servizi con cui hanno accordi di memorizzazione dei dati».

     La direttiva 2001/29

    7        A norma del sedicesimo e del cinquantanovesimo ‘considerando’ della direttiva 2001/29:

    «(16)(...) La presente direttiva dovrebbe essere attuata in tempi analoghi a quelli previsti per [la direttiva 2000/31], in quanto tale direttiva fornisce un quadro armonizzato di principi e regole che riguardano tra l’altro alcune parti importanti della presente direttiva. Questa direttiva lascia impregiudicate le regole relative alla responsabilità della direttiva suddetta.

    (...)

    (59)      In particolare in ambito digitale, i servizi degli intermediari possono essere sempre più utilizzati da terzi per attività illecite. In molti casi siffatti intermediari sono i più idonei a porre fine a dette attività illecite. Pertanto fatte salve le altre sanzioni e i mezzi di tutela a disposizione, i titolari dei diritti dovrebbero avere la possibilità di chiedere un provvedimento inibitorio contro un intermediario che consenta violazioni in rete da parte di un terzo contro opere o altri materiali protetti. Questa possibilità dovrebbe essere disponibile anche ove gli atti svolti dall’intermediario siano soggetti a eccezione ai sensi dell’articolo 5. Le condizioni e modalità relative a tale provvedimento ingiuntivo dovrebbero essere stabilite dal diritto nazionale degli Stati membri».

    8        L’art. 8 della direttiva 2001/29 stabilisce quanto segue:

    «1.      Gli Stati membri prevedono adeguate sanzioni e mezzi di ricorso contro le violazioni dei diritti e degli obblighi contemplati nella presente direttiva e adottano tutte le misure necessarie a garantire l’applicazione delle sanzioni e l’utilizzazione dei mezzi di ricorso. Le sanzioni previste devono essere efficaci, proporzionate e dissuasive.

    (...)

    3.      Gli Stati membri si assicurano che i titolari dei diritti possano chiedere un provvedimento inibitorio nei confronti degli intermediari i cui servizi siano utilizzati da terzi per violare un diritto d’autore o diritti connessi».

     La direttiva 2004/48

    9        Il ventitreesimo ‘considerando’ della direttiva 2004/48 così recita:

    «[Senza pregiudizio di] eventuali altre misure, procedure e mezzi di ricorso disponibili, i titolari dei diritti dovrebbero avere la possibilità di richiedere un provvedimento inibitorio contro un intermediario i cui servizi sono utilizzati da terzi per violare il diritto di proprietà industriale del titolare. Le condizioni e modalità relative a tale provvedimento inibitorio dovrebbero essere stabilite dal diritto nazionale degli Stati membri. Per quanto riguarda le violazioni del diritto d’autore e dei diritti connessi, la direttiva [2001/29] prevede già un ampio livello di armonizzazione. Pertanto l’articolo 8, paragrafo 3, della direttiva [2001/29] non dovrebbe essere pregiudicato dalla presente direttiva».

    10      Ai termini dell’art. 2, n. 3, della direttiva 2004/48:

    «La presente direttiva fa salve:

    a)      le disposizioni comunitarie che disciplinano il diritto sostanziale di proprietà intellettuale (…), la direttiva [2000/31] in generale e le disposizioni degli articoli da 12 a 15 [di quest’ultima] in particolare;

    (...)».

    11      L’art. 3 della direttiva 2004/48 così recita:

    «1.      Gli Stati membri definiscono le misure, le procedure e i mezzi di ricorso necessari ad assicurare il rispetto dei diritti di proprietà intellettuale di cui alla presente direttiva. Tali misure, procedure e mezzi di ricorso sono leali ed equi, non inutilmente complessi o costosi e non comportano termini irragionevoli né ritardi ingiustificati.

    2.      Le misure, le procedure e i mezzi di ricorso sono effettivi, proporzionati e dissuasivi e sono applicati in modo da evitare la creazione di ostacoli al commercio legittimo e da prevedere salvaguardie contro gli abusi».

    12      L’art. 11 della direttiva 2004/48 così dispose:

    «Gli Stati membri assicurano che, in presenza di una decisione giudiziaria che ha accertato una violazione di un diritto di proprietà intellettuale, le autorità giudiziarie possano emettere nei confronti dell’autore della violazione un’ingiunzione diretta a vietare il proseguimento della violazione. Se previsto dalla legislazione nazionale, il mancato rispetto di un’ingiunzione è oggetto, ove opportuno, del pagamento di una pena pecuniaria suscettibile di essere reiterata, al fine di assicurarne l’esecuzione. Gli Stati membri assicurano che i titolari possano chiedere un provvedimento ingiuntivo nei confronti di intermediari i cui servizi sono utilizzati da terzi per violare un diritto di proprietà intellettuale, senza pregiudizio dell’articolo 8, paragrafo 3, della direttiva [2001/29]».

     Il diritto nazionale

    13      L’art. 87, n. 1, primo e secondo comma, della legge 30 giugno 1994, sul diritto d’autore e sui diritti connessi (Moniteur belge del 27 luglio 1994, pag. 19297) prevede quanto segue:

    «Il presidente del tribunal de première instance (…) consta[ta] l’esistenza e [ordina] la cessazione di qualsiasi violazione del diritto d’autore o di un diritto connesso.

    [Può] altresì emanare un provvedimento inibitorio contro intermediari i cui servizi siano utilizzati da un terzo per violare il diritto d’autore o un diritto connesso».

    14      Gli artt. 18 e 21 della legge 11 marzo 2003, su taluni aspetti giuridici dei servizi della società dell’informazione (Moniteur belge del 17 marzo 2003, pag. 12962), recepiscono nel diritto nazionale gli artt. 12 e 15 della direttiva 2000/31.

     Causa principale e questioni pregiudiziali

    15      La SABAM è una società di gestione che rappresenta gli autori, i compositori e gli editori di opere musicali ed autorizza l’utilizzo delle loro opere tutelate da parte di terzi.

    16      La Scarlet è un fornitore di accesso ad Internet (in prosieguo: «FAI») che procura ai propri clienti tale accesso, senza proporre altri servizi come lo scaricamento o la condivisione dei file.

    17      Nel corso del 2004, la SABAM perveniva alla conclusione che gli utenti di Internet che si avvalevano dei servizi della Scarlet scaricavano da Internet, senza autorizzazione e senza pagarne i diritti, opere contenute nel suo catalogo utilizzando reti «peer-to-peer», che costituiscono uno strumento aperto per la condivisione di contenuti, indipendente, decentralizzato e dotato di avanzate funzioni di ricerca e di scaricamento di file.

    18      Con atto di ricorso del 24 giugno 2004 essa citava pertanto la Scarlet dinanzi al presidente del tribunal de première instance de Bruxelles, sostenendo che, nella sua qualità di FAI, tale società si trovava nella situazione ideale per adottare misure volte a far cessare le violazioni del diritto d’autore commesse dai suoi clienti.

    19      LA SABAM chiedeva, anzitutto, che venisse riconosciuta la violazione dei diritti d’autore sulle opere musicali appartenenti al suo repertorio, in particolare dei diritti di riproduzione e di comunicazione al pubblico, dovuta allo scambio non autorizzato di file musicali realizzato grazie a software «peer to peer». Tali violazioni sarebbero state commesse avvalendosi dei servizi della Scarlet.

    20      Essa domandava inoltre che la Scarlet fosse condannata, a pena di ammenda, a far cessare tali violazioni rendendo impossibile o bloccando qualsiasi forma di invio o di ricezione da parte dei suoi clienti, mediante programmi «peer to peer», senza autorizzazione dei titolari dei diritti, di file contenenti un’opera musicale, pretendendo infine che la Scarlet le comunicasse la descrizione delle misure che intendeva applicare per ottemperare all’emananda sentenza, a pena di ammenda.

    21      Con sentenza 26 novembre 2004, il presidente del tribunal de première instance de Bruxelles accertava l’esistenza delle violazioni del diritto d’autore denunciate dalla SABAM. Tuttavia, prima di statuire sull’istanza di provvedimenti inibitori, esso incaricava un perito di verificare se le soluzioni tecniche proposte dalla SABAM fossero tecnicamente realizzabili, se esse consentissero di filtrare unicamente gli scambi illeciti di file e se esistessero altri dispositivi idonei a controllare l’utilizzo di programmi «peer to peer», nonché di quantificare il costo dei dispositivi considerati.

    22      Nella sua relazione, il perito designato traeva la conclusione che, nonostante la presenza di numerosi ostacoli tecnici, non si poteva escludere completamente che il filtraggio ed il blocco degli scambi illeciti di file fosse realizzabile.

    23      Con sentenza 29 giugno 2007, il presidente del tribunal de première instance de Bruxelles condannava pertanto la Scarlet a far cessare le violazioni del diritto d’autore accertate con la sentenza 26 novembre 2004, rendendo impossibile qualsiasi forma, realizzata mediante un programma «peer to peer», di invio o di ricezione, da parte dei suoi clienti, di file che contenessero un’opera musicale appartenente al repertorio della Sabam, a pena di ammenda.

    24      La Scarlet interponeva appello contro tale sentenza dinanzi al giudice del rinvio, affermando, anzitutto, che le risultava impossibile ottemperare a tale ingiunzione poiché l’efficacia e la durata nel tempo dei dispositivi di blocco o di filtraggio non erano dimostrate e l’attuazione di tali dispositivi era ostacolata da diversi fattori pratici, quali problemi di capacità della rete e di impatto sulla stessa. Inoltre, qualsiasi tentativo di bloccare i file incriminati, a suo avviso, sarebbe stato destinato al fallimento a breve termine, stante l’esistenza di numerosi programmi «peer-to-peer» che avrebbero reso impossibile la verifica del loro contenuto da parte di terzi.

    25      La Scarlet sosteneva poi che detta ingiunzione non era conforme all’art. 21 della legge 11 marzo 2003, su taluni aspetti giuridici dei servizi della società dell’informazione, che recepisce nel diritto nazionale l’art. 15 della direttiva 2000/31, in quanto imponeva, de facto, un obbligo generale di sorveglianza sulle comunicazioni veicolate dalla sua rete, posto che qualsiasi dispositivo di blocco o di filtraggio del traffico «peer to peer» presuppone una sorveglianza generalizzata su tutte le comunicazioni che passano per tale rete.

    26      Infine, la Scarlet spiegava che la predisposizione di un sistema di filtraggio avrebbe leso le disposizioni del diritto dell’Unione in materia di tutela dei dati personali e di segreto delle comunicazioni, in quanto tale filtraggio implica il trattamento degli indirizzi IP, che sono dati personali.

    27      In tale contesto il giudice del rinvio ha ritenuto che, prima di verificare se un meccanismo di filtraggio e di blocco dei file «peer-to-peer» esista e possa essere efficace, occorre assicurarsi che gli obblighi da porre eventualmente a carico della Scarlet siano conformi al diritto dell’Unione.

    28      In tale contesto, la cour d’appel de Bruxelles ha deciso di sospendere il procedimento e di sottoporre alla Corte le seguenti questioni pregiudiziali:

    «1)      Se le direttive 2001/29 e 2004/48, lette in combinato disposto con le direttive 95/46, 2000/31 e 2002/58, interpretate, in particolare, alla luce degli artt. 8 e 10 della Convenzione europea per la salvaguardia dei diritti dell’uomo e delle libertà fondamentali, consentano agli Stati membri di autorizzare un giudice nazionale, adito nell’ambito di un procedimento nel merito e in base alla sola disposizione di legge che prevede che “[i giudici nazionali] possono altresì emettere un’ingiunzione recante un provvedimento inibitorio nei confronti di intermediari i cui servizi siano utilizzati da un terzo per violare il diritto d’autore o un diritto connesso”, ad ordinare ad un [FAI] di predisporre, nei confronti della sua intera clientela, in abstracto e a titolo preventivo, esclusivamente a spese di tale FAI e senza limitazioni nel tempo, un sistema di filtraggio di tutte le comunicazioni elettroniche, sia entranti che uscenti, che transitano per i suoi servizi, in particolare mediante l’impiego di software “peer to peer”, al fine di individuare, nella sua rete, la circolazione di file contenenti un’opera musicale, cinematografica o audiovisiva sulla quale il richiedente affermi di vantare diritti, e in seguito di bloccare il trasferimento di questi, al momento della richiesta o in occasione dell’invio.

    2)      In caso di risposta affermativa alla [prima] questione (…), se tali direttive obblighino il giudice nazionale, adito per statuire su una richiesta di ingiunzione nei confronti di un intermediario dei cui servizi si avvalgano terzi per violare il diritto d’autore, ad applicare il principio della proporzionalità quando è chiamato a pronunciarsi sull’efficacia e sull’effetto dissuasivo della misura richiesta».

     Sulle questioni pregiudiziali

    29      Con le sue questioni il giudice del rinvio chiede, in sostanza, se le direttive 2000/31, 2001/29, 2004/48, 95/46 e 2002/58, lette nel loro combinato disposto ed interpretate alla luce delle condizioni che la tutela dei diritti fondamentali applicabili implica, debbano essere interpretate nel senso che ostano all’ingiunzione rivolta ad un FAI di predisporre un sistema di filtraggio:

    –        di tutte le comunicazioni elettroniche che transitano per i suoi servizi, in particolare mediante programmi «peer-to-peer»;

    –        che si applichi indistintamente a tutta la sua clientela;

    –        a titolo preventivo;

    –        a sue spese esclusive, e

    –        senza limiti nel tempo,

    idoneo ad identificare nella rete di tale fornitore la circolazione di file contenenti un’opera musicale, cinematografica o audiovisiva rispetto alla quale il richiedente affermi di vantare diritti di proprietà intellettuale, onde bloccare il trasferimento di file il cui scambio pregiudichi il diritto d’autore (in prosieguo: il «sistema di filtraggio controverso»).

    30      In proposito, occorre anzitutto ricordare che, ai sensi degli artt. 8, n. 3, della direttiva 2001/29 e 11, terza frase, della direttiva 2004/48, i titolari di diritti di proprietà intellettuale possono chiedere un provvedimento inibitorio nei confronti degli intermediari, come i FAI, i cui servizi siano utilizzati da terzi per violare i loro diritti.

    31      Dalla giurisprudenza della Corte risulta poi che la competenza attribuita, a norma di tali disposizioni, agli organi giurisdizionali nazionali deve consentire a questi ultimi di ingiungere a detti intermediari di adottare provvedimenti che contribuiscano in modo effettivo, non solo a porre fine alle violazioni già inferte ai diritti di proprietà intellettuale mediante i loro servizi della società dell’informazione, ma anche a prevenire nuove violazioni (v., in questo senso, sentenza 12 luglio 2011, causa C‑324/09, L’Oréal e a., non ancora pubblicata nella Raccolta, punto 131).

    32      Infine, dalla medesima giurisprudenza si evince che le modalità delle ingiunzioni che gli Stati membri devono prevedere ai sensi di detti artt. 8, n. 3, e 11, terza frase, quali quelle relative alle condizioni che devono essere soddisfatte e alla procedura da seguire, devono essere stabilite dal diritto nazionale (v., mutatis mutandis, sentenza L’Oréal e a., cit., punto 135).

    33      Pertanto, tali norme nazionali, al pari della loro applicazione da parte degli organi giurisdizionali nazionali, devono rispettare i limiti derivanti dalle direttive 2001/29 e 2004/48, nonché dalle fonti del diritto alle quali tali direttive fanno riferimento (v., in questo senso, sentenza L’Oréal e a., cit., punto 138).

    34      Di conseguenza, in conformità al sedicesimo ‘considerando’ della direttiva 2001/29 e all’art. 2, n. 3, lett. a), della direttiva 2004/48, dette norme, emanate dagli Stati membri, non possono intaccare le disposizioni della direttiva 2000/31 e, più precisamente, i suoi artt. 12‑15.

    35      Tali norme devono quindi rispettare l’art. 15, n. 1, della direttiva 2000/31, che vieta alle autorità nazionali di adottare misure che impongano ad un FAI di procedere ad una sorveglianza generalizzata sulle informazioni che esso trasmette sulla propria rete.

    36      A questo riguardo, la Corte ha già statuito che siffatto divieto abbraccia in particolare le misure nazionali che obbligherebbero un prestatore intermedio, come un FAI, a realizzare una vigilanza attiva su tutti i dati di ciascuno dei suoi clienti per prevenire qualsiasi futura violazione di diritti di proprietà intellettuale. Peraltro, un obbligo siffatto di vigilanza generale sarebbe incompatibile con l’art. 3 della direttiva 2004/48, il quale enuncia che le misure contemplate da detta direttiva devono essere eque e proporzionate e non eccessivamente costose (v. sentenza L’Oréal e a., cit., punto 139).

    37      Ciò considerato, occorre verificare se l’ingiunzione oggetto della causa principale, che impone al FAI di predisporre il sistema di filtraggio controverso, implichi in tale circostanza l’obbligo di procedere ad una sorveglianza attiva su tutti i dati di ciascuno dei suoi clienti per prevenire qualsiasi futura violazione di diritti di proprietà intellettuale.

    38      A questo proposito, è pacifico che l’attuazione di tale sistema di filtraggio presuppone:

    –        che il FAI identifichi, in primo luogo, nell’insieme delle comunicazioni elettroniche di tutti i suoi clienti, i file che appartengono al traffico «peer-to-peer»;

    –        che esso identifichi, in secondo luogo, nell’ambito di tale traffico, i file che contengono opere sulle quali i titolari dei diritti di proprietà intellettuale affermino di vantare diritti;

    –        in terzo luogo, che esso determini quali tra questi file sono scambiati in modo illecito e,

    –        in quarto luogo, che proceda al blocco degli scambi di file che esso stesso qualifica come illeciti.

    39      Siffatta sorveglianza preventiva richiederebbe così un’osservazione attiva sulla totalità delle comunicazioni elettroniche realizzate sulla rete del FAI coinvolto e, pertanto, includerebbe tutte le informazioni da trasmettere e ciascun cliente che si avvale di tale rete.

    40      Alla luce di quanto precede, occorre dichiarare che l’ingiunzione rivolta al FAI in questione di predisporre il sistema di filtraggio controverso lo obbligherebbe a procedere ad una sorveglianza attiva su tutti i dati di ciascuno dei suoi clienti per prevenire qualsiasi futura violazione di diritti di proprietà intellettuale. Da ciò si evince che tale ingiunzione imporrebbe a detto FAI una sorveglianza generalizzata, che è vietata dall’art. 15, n. 1, della direttiva 2000/31.

    41      Per vagliare la conformità di tale ingiunzione al diritto dell’Unione, occorre inoltre tenere conto delle condizioni che discendono dalla tutela dei diritti fondamentali applicabili, come quelli menzionati dal giudice del rinvio.

    42      In proposito va ricordato che l’ingiunzione oggetto della causa principale è volta a garantire la tutela dei diritti d’autore, che appartengono alla sfera del diritto di proprietà intellettuale e che possono essere lesi dalla natura e dal contenuto di talune comunicazioni elettroniche realizzate per il tramite della rete del FAI in questione.

    43      Sebbene la tutela del diritto di proprietà intellettuale sia sancita dall’art. 17, n. 2, della Carta dei diritti fondamentali dell’Unione europea (in prosieguo: la «Carta»), non può desumersi né da tale disposizione né dalla giurisprudenza della Corte che tale diritto sia intangibile e che la sua tutela debba essere garantita in modo assoluto.

    44      Come emerge, infatti, dai punti 62‑68 della sentenza 29 gennaio 2008, causa C‑275/06, Promusicae (Racc. pag. I‑271), la tutela del diritto fondamentale di proprietà, di cui fanno parte i diritti di proprietà intellettuale, deve essere bilanciata con quella di altri diritti fondamentali.

    45      Più precisamente, dal punto 68 di tale sentenza emerge che è compito delle autorità e dei giudici nazionali, nel contesto delle misure adottate per proteggere i titolari di diritti d’autore, garantire un giusto equilibrio tra la tutela di tali diritti e quella dei diritti fondamentali delle persone su cui incidono dette misure.

    46      Pertanto, in circostanze come quelle della causa principale, le autorità ed i giudici nazionali devono in particolare garantire un giusto equilibrio tra la tutela del diritto di proprietà intellettuale, di cui godono i titolari di diritti d’autore, e quella della libertà d’impresa, appannaggio di operatori come i FAI in forza dell’art. 16 della Carta.

    47      Orbene, nella presente fattispecie, l’ingiunzione di predisporre il sistema di filtraggio controverso implica una sorveglianza, nell’interesse di tali titolari, su tutte le comunicazioni elettroniche realizzate sulla rete del FAI coinvolto. Tale sorveglianza è inoltre illimitata nel tempo, riguarda qualsiasi futura violazione e postula che si debbano tutelare non solo opere esistenti, bensì anche opere future, che non sono state ancora create nel momento in cui viene predisposto detto sistema.

    48      Pertanto, un’ingiunzione di questo genere causerebbe una grave violazione della libertà di impresa del FAI in questione, poiché l’obbligherebbe a predisporre un sistema informatico complesso, costoso, permanente e unicamente a suo carico, il che risulterebbe peraltro contrario alle condizioni stabilite dall’art. 3, n. 1, della direttiva 2004/48, il quale richiede che le misure adottate per assicurare il rispetto dei diritti di proprietà intellettuale non siano inutilmente complesse o costose.

    49      Ciò premesso, occorre dichiarare che l’ingiunzione di predisporre il sistema di filtraggio controverso non rispetta l’esigenza di garantire un giusto equilibrio tra, da un lato, la tutela del diritto di proprietà intellettuale, di cui godono i titolari dei diritti d’autore, e, dall’altro, quella della libertà d’impresa, appannaggio di operatori come i FAI.

    50      Per di più, gli effetti di detta ingiunzione non si limiterebbero al FAI coinvolto, poiché il sistema di filtraggio controverso è idoneo a ledere anche i diritti fondamentali dei clienti di tale FAI, ossia il loro diritto alla tutela dei dati personali e la loro libertà di ricevere o di comunicare informazioni, diritti, questi ultimi, tutelati dagli artt. 8 e 11 della Carta.

    51      Da un lato, infatti, è pacifico che l’ingiunzione di predisporre il sistema di filtraggio controverso implicherebbe un’analisi sistematica di tutti i contenuti, nonché la raccolta e l’identificazione degli indirizzi IP degli utenti all’origine dell’invio dei contenuti illeciti sulla rete, indirizzi che costituiscono dati personali protetti, in quanto consentono di identificare in modo preciso i suddetti utenti.

    52      Dall’altro, detta ingiunzione rischierebbe di ledere la libertà di informazione, poiché tale sistema potrebbe non essere in grado di distinguere adeguatamente tra un contenuto lecito ed un contenuto illecito, sicché il suo impiego potrebbe produrre il risultato di bloccare comunicazioni aventi un contenuto lecito. Infatti, è indiscusso che la questione della liceità di una trasmissione dipende anche dall’applicazione di eccezioni di legge al diritto di autore che variano da uno Stato membro all’altro. Inoltre, in certi Stati membri talune opere possono rientrare nel pubblico dominio o possono essere state messe in linea gratuitamente da parte dei relativi autori.

    53      Pertanto, occorre dichiarare che, adottando l’ingiunzione che costringe il FAI a predisporre il sistema di filtraggio controverso, il giudice nazionale in questione non rispetterebbe l’obbligo di garantire un giusto equilibrio tra, da un lato, il diritto di proprietà intellettuale e, dall’altro, la libertà di impresa, il diritto alla tutela dei dati personali e la libertà di ricevere o di comunicare informazioni.

    54      Alla luce di quanto precede, occorre risolvere le questioni sottoposte dichiarando che le direttive 2000/31, 2001/29, 2004/48, 95/46 e 2002/58, lette in combinato disposto e interpretate tenendo presenti le condizioni derivanti dalla tutela dei diritti fondamentali applicabili, devono essere interpretate nel senso che ostano all’ingiunzione ad un FAI di predisporre il sistema di filtraggio controverso.

     Sulle spese

    55      Nei confronti delle parti nella causa principale il presente procedimento costituisce un incidente sollevato dinanzi al giudice nazionale, cui spetta quindi statuire sulle spese. Le spese sostenute da altri soggetti per presentare osservazioni alla Corte non possono dar luogo a rifusione.

    Per questi motivi, la Corte (Terza Sezione) dichiara:

    Le direttive:

    –        del Parlamento europeo e del Consiglio 8 giugno 2000, 2000/31/CE, relativa a taluni aspetti giuridici dei servizi della società dell’informazione, in particolare il commercio elettronico, nel mercato interno («Direttiva sul commercio elettronico»);

    –        del Parlamento europeo e del Consiglio 22 maggio 2001, 2001/29/CE, sull’armonizzazione di taluni aspetti del diritto d’autore e dei diritti connessi nella società dell’informazione;

    –        del Parlamento europeo e del Consiglio 29 aprile 2004, 2004/48/CE, sul rispetto dei diritti di proprietà intellettuale;

    –        del Parlamento europeo e del Consiglio 24 ottobre 1995, 95/46/CE, relativa alla tutela delle persone fisiche con riguardo al trattamento dei dati personali, nonché alla libera circolazione di tali dati, e

    –        del Parlamento europeo e del Consiglio 12 luglio 2002, 2002/58/CE, relativa al trattamento dei dati personali e alla tutela della vita privata nel settore delle comunicazioni elettroniche (direttiva relativa alla vita privata e alle comunicazioni elettroniche),

    lette nel loro combinato disposto e interpretate alla luce delle condizioni che la tutela dei diritti fondamentali applicabili implica, devono essere interpretate nel senso che ostano ad un’ingiunzione rivolta ad un fornitore di accesso ad Internet di predisporre un sistema di filtraggio:

    –        di tutte le comunicazioni elettroniche che transitano per i suoi servizi, in particolare mediante programmi «peer-to-peer»;

    –        che si applica indistintamente a tutta la sua clientela;

    –        a titolo preventivo;

    –        a sue spese esclusive, e

    –        senza limiti nel tempo,

    idoneo ad identificare nella rete di tale fornitore la circolazione di file contenenti un’opera musicale, cinematografica o audiovisiva rispetto alla quale il richiedente affermi di vantare diritti di proprietà intellettuale, onde bloccare il trasferimento di file il cui scambio pregiudichi il diritto d’autore.

    Firme


    * Lingua processuale: il francese.

    Top