Choose the experimental features you want to try

This document is an excerpt from the EUR-Lex website

Document 62009TJ0528

    Sentenza del Tribunale (Seconda Sezione) del 29 gennaio 2014.
    Hubei Xinyegang Steel Co. Ltd contro Consiglio dell'Unione europea.
    Dumping - Importazioni di alcuni tipi di tubi senza saldatura, di ferro o di acciaio, originari della Cina - Accertamento dell’esistenza di una minaccia di pregiudizio - Articolo 3, paragrafo 9, e articolo 9, paragrafo 4, del regolamento (CE) n. 384/96 [divenuti articolo 3, paragrafo 9, e articolo 9, paragrafo 4, del regolamento (CE) n. 1225/2009].
    Causa T-528/09.

    Court reports – general

    ECLI identifier: ECLI:EU:T:2014:35

    SENTENZA DEL TRIBUNALE (Seconda Sezione)

    29 gennaio 2014 ( *1 )

    «Dumping — Importazioni di alcuni tipi di tubi senza saldatura, di ferro o di acciaio, originari della Cina — Accertamento dell’esistenza di una minaccia di pregiudizio — Articolo 3, paragrafo 9, e articolo 9, paragrafo 4, del regolamento (CE) n. 384/96 [divenuti articolo 3, paragrafo 9, e articolo 9, paragrafo 4, del regolamento (CE) n. 1225/2009]»

    Nella causa T‑528/09,

    Hubei Xinyegang Steel Co. Ltd, con sede in Huang Shi (Cina), rappresentata da F. Carlin, barrister, Q. Azau, avvocato, A. MacGregor, solicitor, e N. Niejahr, avvocato,

    ricorrente,

    contro

    Consiglio dell’Unione europea, rappresentato da J.‑P. Hix e B. Driessen, in qualità di agenti, assistiti da B. O’Connor, solicitor,

    convenuto,

    sostenuto da

    Commissione europea, rappresentata inizialmente da H. van Vliet e M. França, successivamente da M. França e J.‑F. Brakeland, in qualità di agenti, assistiti da R. Bierwagen, avvocato,

    e da

    ArcelorMittal Tubular Products Ostrava a.s., con sede in Ostrava‑Kunčice (Repubblica ceca),

    ArcelorMittal Tubular Products Roman SA, con sede in Roman (Romania),

    Benteler Stahl/Rohr GmbH, con sede in Paderborn (Germania),

    Ovako Tube & Ring AB, con sede in Hofors (Svezia),

    Rohrwerk Maxhütte GmbH, con sede in Sulzbach-Rosenberg (Germania),

    Dalmine SpA, con sede in Dalmine (Italia),

    Silcotub SA, con sede in Zalău (Romania),

    TMK-Artrom SA, con sede in Slatina (Romania),

    Tubos Reunidos SA, con sede in Amurrio (Spagna),

    Vallourec Mannesmann Oil & Gas Francia, con sede in Aulnoye‑Aymeries (Francia),

    V & M France, con sede in Boulogne-Billancourt (Francia),

    V & M Deutschland GmbH, con sede in Düsseldorf (Germania),

    Voestalpine Tubulars GmbH, con sede in Linz (Austria),

    Železiarne Podbrezová a.s., con sede in Podbrezová (Slovacchia),

    rappresentate da G. Berrisch, G. Wolf, avvocati, e N. Chesaites, barrister,

    intervenienti

    avente ad oggetto un ricorso diretto all’annullamento del regolamento (CE) n. 926/2009 del Consiglio, del 24 settembre 2009, che istituisce un dazio antidumping definitivo e dispone la riscossione definitiva del dazio provvisorio istituito sulle importazioni di determinati tubi senza saldatura, di ferro o di acciaio, originari della Repubblica popolare cinese (GU L 262, pag. 19),

    IL TRIBUNALE (Seconda Sezione),

    composto da N. J. Forwood, presidente, F. Dehousse (relatore) e J. Schwarcz, giudici,

    cancelliere: S. Spyropoulos, amministratore

    vista la fase scritta del procedimento e in seguito all’udienza del 17 aprile 2013,

    ha pronunciato la seguente

    Sentenza

    Fatti

    1

    Il 9 luglio 2008, in seguito a una denuncia presentata dal Comitato di difesa dell’industria dei tubi di acciaio senza saldatura dell’Unione europea, la Commissione delle Comunità europee ha pubblicato un avviso di apertura di un procedimento antidumping relativo alle importazioni di taluni tipi di tubi e condotte senza saldatura, di ferro o di acciaio, provenienti dalla Repubblica popolare cinese (GU C 174, pag. 7).

    2

    Il punto 2 dell’avviso di apertura definiva nei seguenti termini il prodotto di cui trattasi:

    «I prodotti asserivamente oggetto di dumping sono taluni tipi di tubi e condotte senza saldature, di ferro o di acciaio, a sezione circolare, con un diametro esterno non superiore a 406,4 mm e un valore di carbonio equivalente (Carbon Equivalent Value — CEV) [o] non superiore a 0,86 secondo la formula e analisi chimica dell’Istituto internazionale della saldatura (International Institute of Welding — IIW), provenienti dalla [Cina] e normalmente dichiarati nei codici [della nomenclatura tariffaria combinata] ex 7304 11 00, ex 7304 19 10, ex 7304 19 30, ex 7304 22 00, ex 7304 23 00, ex 7304 24 00, ex 7304 29 10, ex 7304 29 30, ex 7304 31 80, ex 7304 39 58, ex 7304 39 92, ex 7304 39 93, ex 7304 51 89, ex 7304 59 92 e ex 7304 59 93. Questi codici NC sono forniti a titolo puramente informativo».

    3

    Conformemente all’articolo 17 del regolamento (CE) n. 384/96 del Consiglio, del 22 dicembre 1995, relativo alla difesa contro le importazioni oggetto di dumping da parte di paesi non membri della Comunità europea (GU 1996, L 56, pag. 1), come modificato (in prosieguo: il «regolamento di base») [sostituito dal regolamento (CE) n. 1225/2009 del Consiglio, del 30 novembre 2009, relativo alla difesa contro le importazioni oggetto di dumping da parte di paesi non membri della Comunità europea (GU L 343, pag. 51, rettifica in GU 2010, L 7, pag. 22)], la Commissione ha deciso di limitare la sua inchiesta a un campione. In tale ambito, essa ha selezionato quattro produttori-esportatori cinesi che rappresentavano il 70% del volume totale delle esportazioni del prodotto di cui trattasi verso l’Unione europea durante il periodo dell’inchiesta. Tra tali produttori-esportatori comparivano la ricorrente, Hubei Xinyegang Steel Co. Ltd, e un produttore collegato, appartenente al medesimo gruppo.

    4

    Il 23 luglio 2008 la ricorrente e il produttore collegato hanno proposto entrambi una domanda di concessione del trattamento riservato alle imprese operanti in condizioni di economia di mercato (in prosieguo: il «TEM»), quale previsto all’articolo 2, paragrafo 7, lettere b) e c), del regolamento di base [divenuto articolo 2, paragrafo 7, lettere b) e c), del regolamento n. 1225/2009] e, in subordine, una domanda diretta a ottenere un trattamento individuale (in prosieguo: il «TI»), quale previsto all’articolo 9, paragrafo 5, del regolamento di base [divenuto articolo 9, paragrafo 5, del regolamento n. 1225/2009].

    5

    Il 6 febbraio 2009 la Commissione ha inviato alla ricorrente e al produttore collegato un documento informativo che riportava i fatti e le considerazioni principali sulla base dei quali essa intendeva negare loro il TEM. In tale documento informativo la Commissione concludeva che non risultavano soddisfatti il primo e il terzo criterio enunciati all’articolo 2, paragrafo 7, lettera c), del regolamento di base.

    6

    Il 16 febbraio 2009 la ricorrente ha inviato alla Commissione talune osservazioni in ordine al documento informativo del 6 febbraio 2009.

    7

    Il 7 aprile 2009 la Commissione ha adottato il regolamento (CE) n. 289/2009, che istituisce un dazio antidumping provvisorio sulle importazioni di alcuni tipi di tubi senza saldatura, di ferro o di acciaio, originari della Repubblica popolare cinese (GU L 94, pag. 48) (in prosieguo: il «regolamento provvisorio»).

    8

    Al considerando 13 del regolamento provvisorio, la Commissione ha dichiarato che l’inchiesta relativa al dumping e al pregiudizio aveva riguardato il periodo compreso tra il 1o luglio 2007 e il 30 giugno 2008 (in prosieguo: il «periodo dell’inchiesta»). L’analisi delle tendenze utili per la valutazione del pregiudizio ha riguardato il periodo compreso tra il 1o gennaio 2005 e la fine del periodo dell’inchiesta (in prosieguo: il «periodo considerato»).

    9

    Al considerando 14 del regolamento provvisorio, la Commissione ha precisato, con riferimento al prodotto di cui trattasi, che l’inchiesta aveva consentito di stabilire che «tre [dei] codici NC non si riferi[vano] al prodotto in esame, vale a dire i codici ex 7304 11 00, ex 7304 22 00 e ex 7304 24 00, e che altri cinque manca[va]no, ossia i codici ex 7304 31 20, ex 7304 39 10, ex 7304 39 52, ex 7304 51 81 e ex 7304 59 10».

    10

    Ai considerando da 20 a 32 del regolamento provvisorio, la Commissione ha respinto la domanda di TEM presentata dalla ricorrente, ma ha accolto invece la sua domanda di TI.

    11

    Ai considerando da 33 a 38 del regolamento provvisorio, la Commissione ha precisato che gli Stati Uniti erano stati scelti come paese di riferimento ai fini del calcolo del valore normale.

    12

    Ai considerando da 53 a 126 del regolamento provvisorio, la Commissione ha concluso nel senso dell’assenza di pregiudizio per l’industria comunitaria, ma ha preso in considerazione l’esistenza di una minaccia di pregiudizio per detta industria.

    13

    L’8 aprile 2009 la Commissione ha trasmesso alla ricorrente un documento informativo che riportava i fatti e le considerazioni principali per il calcolo del dumping e del pregiudizio sulla cui base erano state istituite le misure antidumping provvisorie. L’11 maggio 2009 la ricorrente ha presentato osservazioni in ordine a tale documento.

    14

    Il 10 luglio 2009 la Commissione ha inviato alla ricorrente un documento informativo finale che esponeva i fatti e gli elementi principali in base ai quali si intendevano adottare misure antidumping definitive. Il 21 luglio 2009 la ricorrente ha presentato osservazioni in ordine a tale documento.

    15

    Il 24 settembre 2009 il Consiglio ha adottato il regolamento (CE) n. 926/2009, che istituisce un dazio antidumping definitivo e dispone la riscossione definitiva del dazio provvisorio istituito sulle importazioni di determinati tubi senza saldatura, di ferro o di acciaio, originari della Repubblica popolare cinese (GU L 262, pag. 19) (in prosieguo: il «regolamento impugnato»).

    16

    Ai considerando da 10 a 17 del regolamento impugnato, il Consiglio ha confermato le affermazioni contenute nel regolamento provvisorio circa la definizione del prodotto di cui trattasi.

    17

    Al considerando 18 del regolamento impugnato, il Consiglio ha confermato le conclusioni del regolamento provvisorio riguardo al rigetto della domanda di TEM presentata dalla ricorrente. Inoltre, ai considerando da 19 a 24 del suddetto regolamento, esso ha concluso che in definitiva la ricorrente non soddisfaceva i requisiti per la concessione del TI. In particolare, esso ha osservato che, dopo il periodo dell’inchiesta, lo Stato cinese aveva acquisito più quote della società che controllava la ricorrente, diventando in tal modo un azionista maggioritario (considerando 20 di detto regolamento).

    18

    Ai considerando da 25 a 27 del regolamento impugnato, il Consiglio ha confermato la scelta degli Stati Uniti come paese di riferimento ai fini del calcolo del valore normale.

    19

    Ai considerando da 35 a 81 del regolamento impugnato, il Consiglio ha confermato le constatazioni della Commissione contenute nel regolamento provvisorio relativamente all’assenza di pregiudizio e all’esistenza di una minaccia di pregiudizio per l’industria comunitaria. A tal riguardo, esso ha in particolare tenuto conto dei dati relativi a un periodo successivo a quello dell’inchiesta, ossia dal luglio 2008 al marzo 2009 (in prosieguo: il «periodo successivo a quello dell’inchiesta»).

    Procedimento e conclusioni delle parti

    20

    Con atto introduttivo depositato presso la cancelleria del Tribunale il 30 dicembre 2009, la ricorrente ha proposto il presente ricorso.

    21

    Con atto depositato presso la cancelleria del Tribunale il 25 marzo 2010, la Commissione ha chiesto di intervenire nella presente causa a sostegno delle conclusioni del Consiglio. Le parti principali non si sono opposte a tale domanda.

    22

    Con atto depositato presso la cancelleria del Tribunale il 6 aprile 2010, le imprese ArcelorMittal Tubular Products Ostrava a.s., ArcelorMittal Tubular Products Roman SA, Benteler Stahl/Rohr GmbH, Ovako Tube & Ring AB, Rohrwerk Maxhütte GmbH, Dalmine SpA, Silcotub SA, TMK‑VArtrom SA, Tubos Reunidos SA, Vallourec Mannesmann Oil & Gas France, V & M France, V & M Deutschland Gmb H, Voestalpine Tubulars GmbH e Železiarne Podbrezová a.s. (in prosieguo: le «imprese intervenienti») hanno chiesto di intervenire nella presente causa a sostegno delle conclusioni del Consiglio. Le parti principali non si sono opposte a tale domanda.

    23

    Con ordinanza del 31 maggio 2010 il presidente della prima sezione del Tribunale ha accolto la domanda di intervento della Commissione.

    24

    Con atti depositati presso la cancelleria del Tribunale il 21 e il 30 giugno nonché il 25 agosto 2010 la ricorrente ha chiesto il trattamento riservato, nei confronti delle imprese intervenienti, di talune parti dell’atto introduttivo, della replica e della controreplica. Le imprese intervenienti non hanno sollevato obiezioni alle suddette domande.

    25

    Il 14 luglio 2010 la Commissione ha depositato la sua memoria di intervento. Le parti principali hanno avuto la possibilità di presentare osservazioni in ordine a tale memoria di intervento.

    26

    Con ordinanza del 31 agosto 2010 il presidente della prima sezione del Tribunale ha accolto le domande di intervento delle imprese intervenienti.

    27

    Con atto depositato presso la cancelleria del Tribunale il 30 settembre 2010 la ricorrente ha chiesto il trattamento riservato, nei confronti delle imprese intervenienti, di talune parti della memoria di intervento della Commissione nonché delle osservazioni che essa aveva presentato in ordine alla suddetta memoria. Le imprese intervenienti non hanno sollevato obiezioni alla suddetta domanda.

    28

    Il 23 novembre 2010 le imprese intervenienti hanno depositato la loro memoria di intervento. Le parti principali hanno avuto la possibilità di presentare osservazioni in ordine a tale memoria di intervento.

    29

    In seguito alla modifica della composizione delle sezioni del Tribunale, il giudice relatore è stato assegnato alla seconda sezione alla quale, di conseguenza, è stata attribuita la causa.

    30

    Con ordinanza del 16 maggio 2011 il presidente della seconda sezione del Tribunale ha sospeso il presente procedimento fino alla pronuncia della sentenza della Corte nella causa C‑337/09 P, Consiglio/Zhejiang Xinan Chemical Industrial Group.

    31

    Il 22 maggio 2012 la ricorrente ha chiesto la prosecuzione del procedimento e la trattazione, in via prioritaria, della presente causa.

    32

    Il 19 luglio 2012 è stata pronunciata la sentenza della Corte nella causa C‑337/09 P, Consiglio/Zhejiang Xinan Chemical Industrial Group. In tale data, quindi, il procedimento è proseguito.

    33

    Su relazione del giudice relatore, il Tribunale (Seconda Sezione) ha deciso di avviare la fase orale del procedimento e, nell’ambito delle misure di organizzazione del procedimento previste dall’articolo 64 del regolamento di procedura del Tribunale, ha invitato le parti a rispondere a taluni quesiti scritti e a fornire taluni documenti. Le parti hanno ottemperato a tali domande entro i termini impartiti.

    34

    Le parti hanno esposto le loro difese orali e hanno risposto ai quesiti posti dal Tribunale nel corso dell’udienza del 17 aprile 2013.

    35

    La ricorrente chiede che il Tribunale voglia:

    annullare il regolamento impugnato, nella parte in cui impone dazi antidumping sulle esportazioni della ricorrente e dispone la riscossione dei dazi provvisori istituiti su tali esportazioni;

    o, in subordine, annullare il regolamento impugnato, nella parte in cui dispone la riscossione dei dazi provvisori imposti alla ricorrente;

    condannare il Consiglio alle spese;

    condannare le parti intervenienti a sopportare le proprie spese.

    36

    Il Consiglio chiede che il Tribunale voglia:

    respingere il ricorso;

    condannare la ricorrente alle spese.

    37

    La Commissione chiede che il Tribunale voglia respingere il ricorso.

    38

    Le imprese intervenienti chiedono che il Tribunale voglia:

    respingere il ricorso;

    condannare la ricorrente alle spese.

    In diritto

    Sulla portata del ricorso

    39

    Le imprese intervenienti, senza sollevare un’eccezione di irricevibilità nei confronti del ricorso, come confermato dalle stesse in udienza, evidenziano il fatto che la ricorrente chiede l’annullamento del regolamento impugnato nella parte in cui impone dazi antidumping sulle «esportazioni della ricorrente». Orbene, la ricorrente potrebbe chiedere l’annullamento del regolamento impugnato soltanto nella parte in cui impone dazi antidumping sui prodotti da essa fabbricati.

    40

    In udienza la ricorrente ha precisato che le sue conclusioni dovevano essere intese nel senso indicato dalle imprese intervenienti, e di ciò è stato preso atto.

    41

    Pertanto, fatti salvi gli obblighi che potrebbero derivare dall’articolo 266 TFUE in caso di annullamento per motivi che interessano in una misura più ampia il regolamento impugnato, occorre interpretare le conclusioni della ricorrente nel senso che esse sono dirette a ottenere l’annullamento del regolamento impugnato nella parte in cui impone dazi antidumping sulle esportazioni dei prodotti fabbricati dalla ricorrente e dispone la riscossione dei dazi provvisori imposti su tali esportazioni.

    Nel merito

    42

    A sostegno del ricorso la ricorrente deduce tre motivi. Il primo motivo verte su un errore manifesto di valutazione nella definizione del prodotto di cui trattasi. Il secondo motivo si riferisce a una violazione dell’articolo 9, paragrafo 5, del regolamento di base. Il terzo motivo verte su una violazione dell’articolo 3, paragrafo 9, dell’articolo 9, paragrafo 4, e dell’articolo 10, paragrafo 2, del regolamento di base.

    43

    Il Tribunale ritiene opportuno pronunciarsi in primo luogo sul terzo motivo dedotto dalla ricorrente.

    44

    Il terzo motivo del ricorso si articola, in sostanza, in due parti. La prima parte verte su una violazione dell’articolo 3, paragrafo 9, e dell’articolo 9, paragrafo 4, del regolamento di base. La seconda parte, dedotta in subordine, come confermato in udienza dalla ricorrente, attiene a una violazione dell’articolo 10, paragrafo 2, del regolamento di base.

    45

    Pertanto, occorre esaminare, anzitutto, la prima parte del terzo motivo.

    46

    La ricorrente sostiene che l’esistenza di una minaccia di pregiudizio deve essere accertata sulla base di un livello probatorio più elevato rispetto a quello concernente l’esistenza di un grave pregiudizio. La stessa Commissione avrebbe riconosciuto tale fatto nell’ambito della causa da cui è scaturita la sentenza del Tribunale del 20 giugno 2001, Euroalliages/Commissione (T-188/99, Racc. pag. II-1757). I rari casi menzionati dal Consiglio nelle sue memorie avvalorerebbero tale conclusione. Nella fattispecie, le istituzioni non avrebbero soddisfatto il livello probatorio richiesto. Esse non avrebbero neppure preso debitamente in considerazione i dati successivi al periodo dell’inchiesta. In particolare, la ricorrente mette in discussione le conclusioni del Consiglio secondo le quali l’industria comunitaria si trovava in una situazione di vulnerabilità alla fine del periodo dell’inchiesta e nuove importazioni oggetto di dumping sarebbero state imminenti.

    47

    Il Consiglio contesta la presentazione cha la ricorrente ha fornito degli argomenti della Commissione nell’ambito della causa da cui è scaturita la sentenza Euroalliages/Commissione, citata supra al punto 46. Inoltre, il Consiglio sottolinea che le istituzioni hanno già adottato misure sulla base di una minaccia di pregiudizio. Nessun elemento consentirebbe di considerare il livello probatorio in materia di minaccia di pregiudizio più elevato di quello in materia di pregiudizio grave. Il Consiglio afferma altresì di avere debitamente preso in considerazione i dati successivi al periodo dell’inchiesta. Lo stesso contesta poi gli argomenti della ricorrente relativi alla situazione di vulnerabilità dell’industria comunitaria alla fine del periodo dell’inchiesta e all’imminenza di nuove importazioni oggetto di dumping.

    48

    La Commissione sottolinea che nella fattispecie è stata prestata particolare attenzione alla determinazione di una minaccia di pregiudizio, giacché sono stati presi in considerazione dati successivi al periodo dell’inchiesta, cosa che di norma non avviene.

    49

    L’articolo 9, paragrafo 4, del regolamento di base prevede che un dazio antidumping sia imposto quando dalla constatazione definitiva dei fatti risulta, in particolare, l’esistenza di un pregiudizio. A termini dell’articolo 3, paragrafo 1, del regolamento di base «si intende per pregiudizio, salvo altrimenti disposto, un pregiudizio notevole, la minaccia di un pregiudizio materiale a danno dell’industria comunitaria, oppure un grave ritardo nella creazione di tale industria».

    50

    L’articolo 3, paragrafo 9, del regolamento di base, definisce nei seguenti termini la minaccia di notevole pregiudizio:

    «L’esistenza di una minaccia di un pregiudizio materiale deve essere accertata sulla base di fatti e non di semplici asserzioni, congetture o remote possibilità. Il mutamento di circostanze atto a creare una situazione in cui il dumping causerebbe un pregiudizio deve essere chiaramente prevedibile ed imminente.

    Per accertare l’esistenza di una minaccia di notevole pregiudizio, vengono presi in considerazione, tra l’altro, i seguenti fattori:

    a)

    un sensibile tasso di incremento delle importazioni oggetto di dumping sul mercato comunitario, tale da far prevedere un sostanziale aumento delle importazioni;

    b)

    una sufficiente disponibilità di capacità da parte dell’esportatore, ovvero l’imminente e sensibile aumento della medesima, che denotino un probabile e sostanziale incremento delle esportazioni oggetto di dumping nella Comunità, in considerazione della disponibilità di altri mercati d’esportazione con capacità residua di assorbimento;

    c)

    il fatto che le importazioni siano effettuate a prezzi tali da provocare una significativa diminuzione dei prezzi oppure impedirne gli aumenti che altrimenti si sarebbero verificati e tali da stimolare la domanda di altre importazioni e

    d)

    la situazione delle scorte dei prodotti soggetti all’inchiesta.

    Nessuno dei fattori sopra elencati costituisce, di per sé, una base di giudizio determinante, ma in presenza di tutti i fattori considerati si può concludere che sono imminenti ulteriori importazioni a prezzi di dumping dalle quali, se non venissero prese misure di difesa, deriverebbe un notevole pregiudizio».

    51

    Nella fattispecie, il Consiglio ha concluso che l’industria comunitaria non aveva subito un notevole pregiudizio durante il periodo dell’inchiesta, pur essendo in una situazione di vulnerabilità alla fine del suddetto periodo.

    52

    Dopo aver concluso che l’industria comunitaria non aveva subito un notevole pregiudizio durante il periodo dell’inchiesta, il Consiglio ha ritenuto sussistere, nella fattispecie, una minaccia di pregiudizio.

    53

    In limine, occorre ricordare che, in materia di politica commerciale comune, e specialmente nell’ambito delle misure di difesa commerciale, le istituzioni dell’Unione godono di un ampio potere discrezionale in considerazione della complessità delle situazioni economiche, politiche e giuridiche che devono esaminare (sentenze della Corte del 27 settembre 2007, Ikea Wholesale, C-351/04, Racc. pag. I-7723, punto 40, e dell’11 febbraio 2010, Hoesch Metals and Alloys, C-373/08, Racc. pag. I-951, punto 61). In tale contesto è necessario considerare che l’esame di una minaccia di pregiudizio presuppone la valutazione di questioni economiche complesse e che il sindacato giurisdizionale di tale valutazione deve pertanto limitarsi all’accertamento del rispetto delle norme procedurali, dell’esattezza materiale dei fatti considerati nell’operare la scelta contestata e dell’assenza di errore manifesto nella valutazione di tali fatti o di sviamento di potere. Tale sindacato giurisdizionale limitato non implica che il giudice dell’Unione si astenga dal controllare l’interpretazione, da parte delle istituzioni, dei dati di natura economica. In particolare, è compito del Tribunale verificare non solo l’esattezza materiale degli elementi di prova addotti, la loro attendibilità e la loro coerenza, ma altresì accertare se tali elementi costituiscano l’insieme dei dati rilevanti che devono essere presi in considerazione per valutare una situazione complessa e se siano di natura tale da corroborare le conclusioni che se ne traggono (v., in tal senso, sentenza del Tribunale dell’8 maggio 2012, Dow Chemical/Consiglio, T‑158/10, punto 59).

    54

    Si deve inoltre sottolineare che, ai sensi dell’articolo 3, paragrafo 9, del regolamento di base, l’esistenza di una minaccia di un pregiudizio materiale deve essere accertata «sulla base di fatti e non di semplici asserzioni, congetture o remote possibilità». Inoltre, il mutamento di circostanze atto a creare una situazione in cui il dumping causerebbe un pregiudizio deve essere «chiaramente prevedibile ed imminente». Ne consegue che l’accertamento di una minaccia di pregiudizio deve risultare chiaramente dai fatti su cui verte la causa. Ne consegue altresì che il pregiudizio oggetto di una minaccia deve prodursi in tempi brevi.

    55

    La ricorrente contesta, da un lato, la conclusione del Consiglio secondo la quale, pur non subendo un pregiudizio, l’industria comunitaria si trovava in una situazione di vulnerabilità alla fine del periodo dell’inchiesta e, dall’altro, la conclusione del Consiglio relativa all’esistenza di una minaccia di pregiudizio.

    Sulla prima censura della prima parte del terzo motivo, relativa alla situazione dell’industria comunitaria alla fine del periodo dell’inchiesta

    56

    Per giungere alla conclusione che l’industria comunitaria era in una situazione di vulnerabilità alla fine del periodo dell’inchiesta, le istituzioni hanno ricordato che nel 2006 erano state istituite misure antidumping per compensare il pregiudizio causato dalle importazioni in dumping provenienti da vari paesi. L’industria comunitaria tuttavia non avrebbe potuto beneficiare pienamente dell’espansione del mercato, dal momento che le importazioni oggetto di misure antidumping dal 2006 sono state sostituite da importazioni provenienti dalla Cina. L’industria comunitaria non si sarebbe dunque ripresa pienamente. Se la situazione del mercato dovesse cambiare, l’industria comunitaria sarebbe esposta agli effetti potenzialmente pregiudizievoli delle importazioni in dumping. Tale situazione si sarebbe già prodotta nel passato, quando la domanda era a livelli normali, determinando l’adozione di misure antidumping nel 2006 (considerando da 47 a 49 del regolamento impugnato, letti alla luce dei considerando da 87 a 89 del regolamento provvisorio).

    57

    La ricorrente sottolinea, in particolare, le contraddizioni esistenti tra la conclusione delle istituzioni e i dati economici rilevanti del caso di specie. Il Consiglio contesta gli argomenti della ricorrente ed evidenzia, in particolare, le previsioni o i dati economici relativi al periodo successivo a quello dell’inchiesta.

    58

    In limine, va osservato che, sebbene la conclusione del Consiglio riguardo alla situazione dell’industria comunitaria alla fine del periodo dell’inchiesta sia ripresa nella parte relativa al pregiudizio, essa non è priva di nesso con l’analisi della minaccia di pregiudizio. In particolare, la Commissione ha affermato, al considerando 126 del regolamento provvisorio che, in assenza di misure, le importazioni in dumping dalla Cina causerebbero nell’immediato un pregiudizio notevole a un’industria comunitaria «già vulnerabile», in particolare in termini di riduzione delle vendite, delle quote di mercato, della produzione e della redditività. Il Consiglio, nell’ambito del regolamento impugnato, ha espressamente confermato le conclusioni della Commissione in proposito (considerando 81 del regolamento impugnato).

    59

    In primo luogo, è necessario ricordare gli elementi rilevanti del caso di specie, che sono stati menzionati dalla Commissione nel regolamento provvisorio e che mostrano l’evoluzione della situazione dell’industria comunitaria durante il periodo considerato, dunque sino alla fine del periodo dell’inchiesta:

    la produzione dell’industria comunitaria è aumentata del 7% (considerando 67 del regolamento provvisorio);

    l’utilizzo degli impianti produttivi è aumentato del 9% fino a raggiungere il 90% durante il periodo dell’inchiesta, registrando parimenti percentuali di crescita elevate nel 2006 e nel 2007 (considerando 69 del regolamento provvisorio);

    le scorte sono aumentate del 12%, pur osservando la Commissione che «l’importanza attribuita a questo indicatore ai fini dell’analisi del pregiudizio è limitata» dal momento che la maggior parte della produzione viene realizzata sulla base di ordinativi (considerando 72 del regolamento provvisorio);

    il volume delle vendite dell’industria comunitaria è aumentato del 14% (considerando 73 del regolamento provvisorio);

    la quota di mercato dell’industria comunitaria è diminuita di 5,2 punti (considerando 75 del regolamento provvisorio);

    il livello d’occupazione si è mantenuto stabile (considerando 77 del regolamento provvisorio);

    la produttività è aumentata del 7% (considerando 78 del regolamento provvisorio);

    il salario medio per dipendente è aumentato del 16% (considerando 79 del regolamento provvisorio);

    i prezzi di vendita dell’industria comunitaria sono aumentati del 21% (considerando 80 del regolamento provvisorio);

    la redditività delle vendite dell’industria comunitaria ad acquirenti indipendenti, in percentuale delle vendite nette, è aumentata del 27%, o di 3,3 punti percentuali, collocandosi al 15,4% durante il periodo dell’inchiesta, così come molto elevati erano i tassi di redditività per il 2005 e, più in particolare, per il 2006 e il 2007 (considerando 82 del regolamento provvisorio);

    l’utile sul capitale investito, ossia l’utile espresso in percentuale del valore contabile netto degli investimenti, è aumentato del 10%, o di 4,6 punti percentuali, collocandosi al 51,7% durante il periodo dell’inchiesta, dopo aver raggiunto rispettivamente l’85,1 e il 79,2% nel 2006 e nel 2007 (considerando 82 del regolamento provvisorio);

    il flusso di cassa netto derivante da attività operative è aumentato del 73% sino a raggiungere il valore di EUR 634 milioni durante il periodo dell’inchiesta, e la Commissione precisa, peraltro, che «non [erano] emersi elementi che [facessero] ritenere che l’industria comunitaria [avesse avuto] difficoltà a reperire capitali» (considerando 84 del regolamento provvisorio);

    gli investimenti annuali dell’industria comunitaria sono aumentati del 185% sino a raggiungere il valore di EUR 284 milioni durante il periodo dell’inchiesta (considerando 85 del regolamento provvisorio).

    60

    Tali elementi sono stati confermati dal Consiglio al considerando 46 del regolamento impugnato.

    61

    A tal proposito va rilevato che, come sostiene in sostanza, giustamente, la ricorrente, eccezion fatta per l’evoluzione della quota di mercato dell’industria comunitaria, i fattori economici riportati precedentemente sono tutti positivi e tracciano, nel loro insieme, il profilo di un’industria in situazione di forza e non di fragilità, o di vulnerabilità. Del resto, la stessa Commissione ha affermato al considerando 88 del regolamento provvisorio che «il potenziale pregiudizio subito dall’industria comunitaria si [era] mantenuto entro certi limiti e non [aveva] causato problemi economici di rilievo». Tale constatazione tende a dimostrare che, nel contesto della situazione del mercato comunitario durante il periodo considerato – ossia sino alla fine del periodo dell’inchiesta –, l’industria comunitaria non era in una situazione di vulnerabilità, cioè esposta a subire un pregiudizio dalle importazioni originarie della Cina. Per quanto riguarda la circostanza, ricordata dal Consiglio nelle sue memorie, che l’industria comunitaria avrebbe perso alcuni punti di quote di mercato durante il periodo considerato, essa, di per sé, non può suffragare la conclusione secondo la quale la suddetta industria si trovava in una situazione di vulnerabilità alla fine del periodo dell’inchiesta. Inoltre, tale circostanza deve essere considerata in connessione con il fatto che l’industria comunitaria disponeva di una quota di mercato rilevante durante il periodo dell’inchiesta, ossia il 63,6%, e aveva visto aumentare il volume delle sue vendite sensibilmente, oltre il 14%, durante il periodo considerato. Essa deve parimenti essere considerata in relazione con il fatto che il volume delle importazioni dagli altri paesi terzi non oggetto di dumping è aumentato del 35% durante il periodo considerato (considerando 142 del regolamento provvisorio) e che la quota di mercato corrispondente a tali importazioni è aumentata, passando dal 7,8 all’8,5%. Pertanto, alla luce dell’insieme di tali elementi, occorre considerare che la conclusione delle istituzioni secondo la quale l’industria comunitaria si trovava in una situazione di vulnerabilità alla fine del periodo dell’inchiesta non è suffragata dai dati economici rilevanti del caso di specie (in senso analogo, con altri dati economici, sentenza del Tribunale del 2 maggio 1995, NTN Corporation e Koyo Seiko/Consiglio, T-163/94 e T-165/94, Racc. pag. II-1381, punti 95 e 96).

    62

    Gli altri elementi addotti nel regolamento impugnato o dalle istituzioni nell’ambito delle loro memorie dinanzi al Tribunale non possono inficiare tale conclusione.

    63

    In particolare, per quanto riguarda la circostanza addotta dalle istituzioni secondo la quale l’industria comunitaria sarebbe esposta agli effetti potenzialmente pregiudizievoli delle importazioni in dumping se la tendenza economica dovesse invertirsi (considerando 89 del regolamento provvisorio, confermato dal Consiglio al considerando 47 del regolamento impugnato), essa consentirebbe di stabilire, se del caso, una situazione di vulnerabilità per il futuro. Tale circostanza è dunque ininfluente ai fini della conclusione che l’industria comunitaria si trovava in una situazione di vulnerabilità alla fine del periodo dell’inchiesta. Lo stesso dicasi per gli elementi addotti dal Consiglio nelle sue memorie dinanzi al Tribunale relativamente ai dati economici successivi al periodo dell’inchiesta, e per le conclusioni che il Consiglio trae dal peggioramento della situazione dell’industria comunitaria. Inoltre, occorre sottolineare che la circostanza addotta dalle istituzioni relativamente al peggioramento del contesto economico è stata già considerata dai giudici dell’Unione come fondata su un errore di diritto, in quanto il regolamento di base prevede espressamente, nella sua parte relativa all’analisi del pregiudizio, che fattori quali la contrazione della domanda non debbano essere attribuiti alle importazioni oggetto di dumping [sentenze della Corte del 10 febbraio 1998, Commissione/NTN e Koyo Seiko, C-245/95 P, Racc. pag. I-401, punto 43, e sentenza NTN Corporation e Koyo Seiko/Consiglio, cit. supra al punto 61, punti da 97 a 99; v. altresì il considerando 35 del regolamento (CEE) n. 2849/92 del Consiglio, del 28 settembre 1992, che modifica il dazio antidumping definitivo sulle importazioni di cuscinetti a sfera con diametro esterno massimo superiore a 30 mm, originari del Giappone, imposto dal regolamento (CEE) n. 1739/85 (GU L 286, pag. 2), cui si riferiscono tali due sentenze].

    64

    Per quanto attiene al fatto, addotto dalla Commissione al considerando 87 del regolamento provvisorio e confermato dal Consiglio al considerando 46 del regolamento impugnato, secondo il quale l’aumento delle importazioni originarie della Cina ha sicuramente ostacolato la tendenza dell’industria comunitaria «ad investire e a sviluppare le capacità di produzione per stare al passo con un mercato in espansione», essa non è corroborata dagli elementi rilevanti del caso di specie. Anzitutto, risulta chiaramente dai dati riportati precedentemente che la tendenza dell’industria comunitaria a investire non è stata ostacolata, poiché gli investimenti annuali dell’industria comunitaria sono aumentati del 185% nel periodo considerato. Inoltre, come risulta in particolare dai considerando 91 e 92 del regolamento provvisorio, l’esistenza di una minaccia di pregiudizio nel caso di specie si fonda sul rischio prevedibile e imminente che il consumo comunitario subirà, a breve termine, una forte contrazione. Le valutazioni della Commissione sarebbero fondate su talune informazioni rese pubbliche nonché sui dati forniti dall’industria comunitaria. Del pari, le istituzioni hanno ricordato, in diverse occasioni, che l’incremento del mercato comunitario aveva un carattere «eccezionale» (v., in particolare, il considerando 87 del regolamento provvisorio, nonché i considerando 47 e 48 del regolamento impugnato). Di conseguenza, esiste un apparente contrasto tra il fatto, da un lato, di sostenere che le importazioni originarie della Cina abbiano ostacolato la tendenza dell’industria comunitaria a sviluppare le sue capacità di produzione e, dall’altro, di evidenziare un incremento «eccezionale» del mercato comunitario e un rischio imminente di forte contrazione della domanda. Infatti, nelle circostanze del caso di specie, quali accertate dalle istituzioni, era invece logico che l’industria comunitaria non sviluppasse capacità di produzione. Infine, occorre ricordare che la stessa Commissione ha dichiarato al considerando 88 del regolamento provvisorio che «il potenziale pregiudizio subito dall’industria comunitaria si è mantenuto entro certi limiti e non ha causato problemi economici di rilievo». Tale constatazione tende a minimizzare fortemente l’impatto delle importazioni in dumping originarie della Cina sulla situazione dell’industria comunitaria nel periodo considerato.

    65

    Per quanto riguarda, infine, le affermazioni delle istituzioni secondo le quali l’industria comunitaria non si sarebbe ripresa completamente dagli effetti delle pratiche di dumping precedenti al 2006, esse non si fondano su alcun elemento concreto. In particolare, non è stato fornito alcun elemento che consenta di individuare cosa le istituzioni intendessero con «piena ripresa» dell’industria comunitaria alla luce, segnatamente, dei dati economici precedentemente citati. Giustamente, dunque, la ricorrente sostiene, nelle sue memorie, che le istituzioni non hanno dimostrato che l’industria comunitaria non si sarebbe ripresa da un precedente dumping.

    66

    Alla luce di tutti i suesposti elementi e, in particolare, del fatto che la conclusione delle istituzioni non è corroborata dai dati rilevanti del caso di specie, si deve dichiarare che il Consiglio è incorso in un errore manifesto di valutazione nel confermare la conclusione della Commissione secondo la quale l’industria comunitaria si trovava in una situazione di vulnerabilità alla fine del periodo dell’inchiesta.

    Sulla seconda censura della prima parte del terzo motivo, relativa all’esistenza di una minaccia di pregiudizio

    67

    Il regolamento impugnato, conformandosi in questo modo alla struttura del regolamento provvisorio, si articola in due parti. La prima parte verte sui «[p]ossibili sviluppi del consumo comunitario, delle importazioni dal paese interessato e della situazione dell’industria comunitaria dopo il periodo dell’inchiesta» (considerando da 90 a 112 del regolamento provvisorio e considerando da 50 a 65 del regolamento impugnato). La seconda parte riguarda specificamente la «minaccia di pregiudizio» (considerando da 113 a 125 del regolamento provvisorio e considerando da 66 a 81 del regolamento impugnato).

    68

    Occorre sottolineare che, nel regolamento impugnato, il Consiglio ha confermato la conclusione della Commissione secondo la quale esisteva una minaccia di pregiudizio «alla fine del periodo dell’inchiesta» (considerando 81 del regolamento impugnato), pur avendo considerato dati disponibili durante il periodo successivo a quello dell’inchiesta.

    69

    Per quanto riguarda la prima parte del regolamento impugnato, si deve rilevare che i dati successivi al periodo dell’inchiesta confermano la previsione delle istituzioni relativamente alla contrazione del mercato comunitario. In particolare, gli elementi riportati al considerando 51 del regolamento impugnato mostrano che il consumo comunitario è diminuito del 27,7% tra la fine del periodo dell’inchiesta, ossia il 30 giugno 2008, e il mese di marzo 2009. Tuttavia, si deve ricordare che fattori di pregiudizio quali la contrazione della domanda non devono essere attribuiti alle importazioni oggetto di dumping (v. punto 63 supra e giurisprudenza ivi citata).

    70

    Per quanto riguarda la seconda parte del regolamento impugnato, che costituisce lo specifico oggetto della presente controversia, la conclusione del Consiglio è fondata sull’analisi di quattro fattori. Tali fattori riprendono i criteri previsti dal regolamento di base. Essi riguardano l’evoluzione delle importazioni in dumping (considerando da 66 a 68 del regolamento impugnato), la riserva di capacità disponibile presso gli esportatori (considerando da 69 a 71 del regolamento impugnato), il prezzo delle importazioni dalla Cina (considerando 72 e 73 del regolamento impugnato) nonché il livello delle scorte (considerando 74 del regolamento impugnato). Riguardo a quest’ultimo fattore, il Consiglio ha ritenuto, in sostanza, che non fosse determinante per l’analisi della minaccia di pregiudizio.

    71

    Gli argomenti della ricorrente si concentrano sull’evoluzione delle importazioni cinesi, in termini di volume e di prezzo, nonché sugli altri mercati di esportazione considerate le capacità disponibili degli esportatori cinesi. La ricorrente sostiene, in sostanza, che esistono contraddizioni tra le previsioni della Commissione, confermate dal Consiglio, e i dati relativi al periodo successivo a quello dell’inchiesta, e che l’analisi degli altri mercati di esportazione è lacunosa.

    72

    In primo luogo, relativamente all’andamento delle importazioni in dumping, la Commissione ha anzitutto considerato che una tendenza al ribasso nella situazione globale del mercato comunitario «non avrebbe un impatto rilevante sull’andamento del volume» delle importazioni in dumping (considerando 115 del regolamento provvisorio). Essa ha aggiunto che i risultati relativi a questo fattore non dovrebbero basarsi sulla semplice osservazione dell’evoluzione dei volumi delle importazioni in dumping in termini assoluti, ma dovrebbero tener conto del contesto del mercato interessato da tale evoluzione, nonché della possibilità o meno che tale evoluzione determini un aumento o una diminuzione della quota di mercato detenuta da queste importazioni in dumping. In tale contesto, essa ha ritenuto che nel periodo considerato le quote di mercato corrispondenti alle importazioni in dumping avessero registrato una «crescita sostanziale», e che tuttavia «tale tendenza non [sembrasse] arrestarsi o invertirsi» in un periodo in cui la domanda aveva già cominciato a diminuire. La Commissione ne ha tratto la seguente conclusione (considerando 116 del regolamento provvisorio): «La quota di mercato delle importazioni in dumping dalla RPC è destinata ad aumentare [ed] è probabile che la pressione di queste importazioni in dumping sul mercato comunitario si rafforzi in maniera sostanziale».

    73

    A tal riguardo, si deve osservare che, stando ai dati riportati nel regolamento impugnato, il volume delle importazioni originarie della Cina ha subito, durante il periodo successivo a quello dell’inchiesta, una drastica riduzione in termini assoluti, il che è fondatamente rilevato dalla ricorrente nelle sue memorie. Infatti, secondo quanto riportato nella tabella di cui al considerando 52 del regolamento impugnato, le suddette importazioni sono diminuite del 24,6%. Inoltre, in termini relativi, l’aumento della quota di mercato corrispondente alle citate importazioni è stato basso, ossia di 0,7 punti percentuali durante tale periodo.

    74

    L’affermazione summenzionata della Commissione, secondo la quale la situazione generale del mercato comunitario non avrebbe un impatto «rilevante» sull’«andamento del volume» delle importazioni originarie della Cina e secondo cui è probabile che la pressione di queste importazioni sul mercato comunitario si rafforzi «in maniera sostanziale», è contraddetta dai dati successivi al periodo dell’inchiesta, che sono stati presi in considerazione dal Consiglio nel regolamento impugnato.

    75

    Il Consiglio, nel regolamento impugnato, non ravvisa alcuna contraddizione tra le affermazioni della Commissione e i dati economici in questione. Interpretando il considerando 116 del regolamento provvisorio in tal senso, esso considera che «ciò che conta non è il volume assoluto di tali importazioni, ma la loro relativa importanza in relazione al consumo, ovvero la loro quota sul mercato». A tal riguardo, esso osserva che, in termini relativi, le importazioni originarie della Cina hanno registrato un «lieve aumento» (considerando 68 del regolamento impugnato).

    76

    Tuttavia, se è pur vero che la Commissione ha effettivamente indicato l’andamento del volume delle importazioni originarie della Cina in termini assoluti, ma anche in termini relativi, essa ha però posto il suo ragionamento nella prospettiva di un’evoluzione «notevole» del suddetto volume. In tale contesto essa riteneva probabile un rafforzamento «sostanziale» della pressione di dette importazioni in dumping sul mercato comunitario.

    77

    Tale interpretazione del considerando 116 del regolamento provvisorio trova conferma in altri considerando del medesimo regolamento. Infatti, la Commissione ha affermato, al considerando 95 del regolamento provvisorio, che, anche se, a seguito della flessione della domanda, il «volume totale» delle importazioni fosse diminuito, «si [sarebbe trattato] comunque di una diminuzione limitata» e la quota di mercato corrispondente alle importazioni originarie della Cina sarebbe aumentata proporzionalmente. Essa ha confermato la propria posizione, al considerando 133 del regolamento provvisorio e ha dichiarato che l’iniziale rallentamento del consumo «non [aveva] avuto conseguenze sul volume» delle importazioni la cui quota di mercato, al contrario, aumentava. Essa ha aggiunto che non vi era «motivo di ritenere che questa tendenza potrebbe invertirsi in uno scenario a breve termine simile o addirittura peggiore».

    78

    Esiste pertanto una differenza considerevole tra le previsioni della Commissione al momento del regolamento provvisorio e i dati economici del periodo successivo a quello dell’inchiesta, presi in considerazione dal Consiglio nell’ambito del regolamento impugnato. Si deve ricordare a tale proposito che uno dei criteri per accertare l’esistenza di una minaccia di pregiudizio è un sensibile tasso di incremento delle importazioni oggetto di dumping sul mercato comunitario, tale da far prevedere un «sostanziale» aumento delle importazioni (articolo 3, paragrafo 9, del regolamento di base). Orbene, stando alle stesse affermazioni del Consiglio nel regolamento impugnato, le importazioni originarie della Cina hanno registrato un «leggero aumento» nel periodo successivo a quello dell’inchiesta (considerando 68 del regolamento impugnato). Tale leggero aumento, in termini relativi, e la drastica diminuzione, in termini assoluti, delle importazioni originarie della Cina non suffragano la constatazione secondo la quale sussisterebbe, nella fattispecie, la probabilità di un sostanziale aumento delle importazioni. Inoltre, occorre mettere in relazione l’aumento di 0,7 punti percentuali della quota di mercato corrispondente alle importazioni originarie della Cina con la diminuzione di 0,1 punti percentuali della quota di mercato corrispondente ai prodotti dell’industria comunitaria nel periodo successivo a quello dell’inchiesta (considerando 53 del regolamento impugnato).

    79

    In secondo luogo, quanto alla riserva di capacità disponibili presso gli esportatori, l’analisi delle istituzioni verte, da un lato, sulle riserve di capacità di produzione propriamente dette e, dall’altro, sul rischio di riorientamento delle esportazioni cinesi verso il mercato comunitario.

    80

    A tal riguardo, occorre ricordare che, ai sensi dell’articolo 3, paragrafo 9, del regolamento di base, le istituzioni devono esaminare, in particolare, una sufficiente disponibilità di capacità da parte dell’esportatore, ovvero l’imminente e sensibile aumento della medesima, che denotino un probabile e sostanziale incremento delle esportazioni oggetto di dumping nella Comunità, in considerazione della disponibilità di altri mercati d’esportazione con capacità residua di assorbimento.

    81

    In tale contesto, si deve considerare che, quando le istituzioni valutano un rischio di riorientamento delle esportazioni verso l’Unione, tenuto conto di un aumento delle capacità di produzione e di esportazione nel paese esportatore, esse devono tener conto non soltanto dell’esistenza di altri mercati di esportazione, ma anche di un’eventuale evoluzione del consumo interno nel paese esportatore (v., in tal senso e per analogia, sentenza NTN Corporation e Koyo Seiko, cit. supra al punto 61, punto 109).

    82

    Nel caso di specie, dopo aver concluso che esisteva una riserva notevole di capacità di produzione in Cina e che gli esportatori cinesi avevano rafforzato la loro tendenza all’esportazione, la Commissione ha rilevato che la percentuale delle esportazioni cinesi verso la Comunità, in misura percentuale rispetto al totale delle esportazioni dalla Cina, era fortemente aumentata durante il periodo considerato, «passando dall’1% nel 2005 al 9% durante il [periodo dell’inchiesta]». Essa ha inoltre affermato che «[g]li altri mercati principali [erano] gli Stati Uniti con il 36% (rispetto al 31% del 2007), l’Algeria (6% rispetto al 2% del 2006) e la Corea del Sud (6% rispetto al 3% del 2005)» e che, su questa base, si poteva prevedere «che una parte significativa delle sovraccapacità generate recentemente [sarebbe stata] orientata verso il mercato comunitario» e «a breve un netto ridimensionamento di alcuni di questi mercati, in particolare del mercato statunitense» (considerando 119 del regolamento provvisorio). Nel regolamento impugnato, il Consiglio ha confermato le considerazioni della Commissione, senza fornire ulteriori elementi.

    83

    Orbene, si deve constatare, come fa giustamente osservare la ricorrente nelle sue memorie, che le istituzioni non hanno tenuto conto nella loro analisi «della disponibilità di altri mercati d’esportazione con capacità residua di assorbimento», sebbene sia previsto dall’articolo 3, paragrafo 9, del regolamento di base. Infatti, risulta dal considerando 119 del regolamento provvisorio che la Commissione ha menzionato gli Stati Uniti, l’Algeria e Corea del Sud al solo scopo di indicare quale quota tali paesi rappresentavano nelle esportazioni totali cinesi. Nessun dato preciso è stato addotto per quanto riguarda l’evoluzione dei suddetti mercati e la loro eventuale capacità residua di assorbimento. Pertanto, «su questa base» la Commissione ha dichiarato che «una parte significativa delle sovraccapacità generate recentemente sar[ebbe stata] orientata verso il mercato comunitario». Orbene, se è vero che, come affermano le istituzioni, le capacità di produzione in Cina nonché i volumi esportati sono aumentati (considerando 118 del regolamento provvisorio) e, allo stesso tempo, la quota dei tre paesi summenzionati nel totale delle esportazioni cinesi è aumentata, come risulta dal considerando 119 del regolamento provvisorio, ciò significa che i volumi di esportazione verso detti tre paesi sono, anch’essi, aumentati. L’unico riferimento all’evoluzione dei mercati degli altri paesi è l’affermazione secondo la quale si può prevedere inoltre «a breve un netto ridimensionamento di alcuni di questi mercati, in particolare del mercato statunitense». Tale affermazione, oltre ad essere imprecisa per quanto riguarda in particolare i paesi e i volumi interessati e ad essere pronunciata dopo la conclusione della Commissione secondo la quale una parte significativa delle sovraccapacità generate recentemente sarà orientata verso il mercato comunitario, deve essere relazionata al fatto che, per quanto riguarda il mercato dell’Unione, le istituzioni prospettavano altresì una netta contrazione della domanda. Orbene, quest’ultimo elemento è assente nell’analisi delle istituzioni riguardo a un eventuale riorientamento delle esportazioni cinesi verso il mercato dell’Unione.

    84

    Del resto, occorre sottolineare che mai le istituzioni menzionano il mercato interno cinese e l’eventuale incidenza di tale mercato sulla possibilità di assorbimento di capacità di produzione complementari. Le istituzioni hanno fatto riferimento soltanto alla quota delle esportazioni rispetto alle vendite totali dei produttori esportatori del campione. Orbene, tale circostanza, che è stata addotta anche dal Consiglio nelle sue memorie dinanzi al Tribunale, è irrilevante al fine di stabilire se il mercato interno cinese possa assorbire una riserva notevole di capacità di produzione.

    85

    Infine, la Commissione constata, al considerando 119 del regolamento provvisorio, che la percentuale delle esportazioni cinesi destinate all’Unione è fortemente aumentata durante il periodo considerato. Tale constatazione deve tuttavia essere messa in relazione con il fatto, più volte rilevato dalle stesse istituzioni, che le suddette esportazioni avrebbero «rimpiazzato» le importazioni originarie, in particolare, della Russia e dell’Ucraina, assoggettate a dazi antidumping dal 2006. La Commissione ha inoltre rilevato, al considerando 130 del regolamento provvisorio, che l’impennata della quota di mercato dei prodotti cinesi «ha chiaramente coinciso» con l’erosione sostanziale delle quote di mercato detenute dalle importazioni provenienti dalla Russia e dall’Ucraina, «che erano le loro concorrenti più immediate in termini di prezzi». Orbene, nell’ambito dell’analisi di un probabile riorientamento delle esportazioni, le istituzioni non hanno fatto riferimento a tale elemento, che è tuttavia rilevante in quanto la scomparsa delle «concorrenti più immediate in termini di prezzi» può spiegare, quanto meno in parte, l’aumento della percentuale delle esportazioni cinesi destinate all’Unione durante il periodo considerato.

    86

    In terzo luogo, per quanto riguarda i prezzi delle importazioni originarie della Cina, la Commissione sosteneva nel regolamento provvisorio che «non v’[era] motivo» di ritenere che, in un ambiente economico caratterizzato da una sostanziale flessione della domanda, «i prezzi bassi avranno tendenza ad aumentare». «Al contrario», a suo avviso, dal punto di vista del fornitore, quando il consumo cala, «i prezzi bassi dovrebbero essere tenuti bassi», allo scopo di acquisire altre quote di mercato o, quanto meno, di mantenere e consolidare quelle esistenti (considerando 121 del regolamento provvisorio). Essa ne traeva la conclusione che i prezzi molto bassi avevano un duplice effetto negativo. Da un lato, il significativo differenziale dei prezzi causerebbe probabilmente un riorientamento verso le importazioni in dumping in quanto gli utilizzatori avranno la tendenza ad acquistare sempre maggiori quantità di prodotti venduti a basso prezzo. Dall’altro, è indubbio che l’esistenza di prezzi così bassi sul mercato sia usata dagli acquirenti come strumento di negoziazione per far abbassare i prezzi offerti dai produttori comunitari e da altri fornitori, provocando quindi un effetto depressivo sia sui volumi che sui prezzi (considerando 123 del regolamento provvisorio).

    87

    Orbene, come risulta dalla tabella di cui al considerando 52 del regolamento impugnato, i dati successivi al periodo dell’inchiesta mostrano che, contrariamente a quanto affermava la Commissione, i prezzi delle importazioni originarie della Cina sono aumentati considerevolmente in un contesto di contrazione del mercato comunitario, come osserva giustamente la ricorrente nelle sue memorie. Infatti, i dati disponibili dimostrano un aumento dei prezzi delle importazioni originarie della Cina di oltre il 35% durante il periodo successivo a quello dell’inchiesta (considerando 52 del regolamento impugnato). Allo stesso tempo, i prezzi dell’industria comunitaria sono aumentati del 18,7% (considerando 53 del regolamento impugnato). Va osservato, a tal riguardo che, contrariamente a quanto sembra suggerire la Commissione nel regolamento provvisorio, la contrazione della domanda non agisce necessariamente sul livello dei prezzi. Infatti, l’operatore economico che si trovi ad affrontare un calo della domanda può scegliere se diminuire il suo volume di vendite oppure ridurre i suoi prezzi.

    88

    Il Consiglio, al considerando 73 del regolamento impugnato, non fornisce alcun elemento atto a spiegare la contraddizione esistente tra gli elementi addotti dalla Commissione e i dati del periodo successivo a quello dell’inchiesta. Il Consiglio si limita a rilevare che l’aumento dei prezzi era stato già riscontrato nell’ambito del regolamento provvisorio. Ebbene, se è indubbiamente vero che la Commissione aveva menzionato, ai considerando 98 e 122 del regolamento provvisorio, tale rialzo dei prezzi dopo il periodo dell’inchiesta, attribuendolo al rialzo dei prezzi delle materie prime e dei costi energetici, la stessa aveva precisato che quest’ultimo rialzo era avvenuto tra aprile e ottobre 2008. Orbene, nel regolamento impugnato, il Consiglio non fornisce alcuna precisazione né spiegazione integrativa per quanto riguarda, in particolare, l’evoluzione dei prezzi delle materie prime e dei costi energetici relativi al periodo successivo a quello dell’inchiesta. Tale vaghezza deve peraltro essere considerata in connessione con gli argomenti di talune parti, menzionati dal Consiglio al considerando 93 del regolamento impugnato, secondo i quali alcuni produttori avrebbero concluso accordi a prezzi fissi con i fornitori di minerali di ferro e di altri importanti fattori di produzione, cosicché i suddetti produttori non potevano beneficiare del «rapido crollo dei costi che ha interessato tali materie prime immediatamente dopo il [periodo dell’inchiesta]». Il Consiglio, nel regolamento impugnato, non ha rimesso in discussione quest’ultima affermazione.

    89

    Il Consiglio menziona altresì, al considerando 73 del regolamento impugnato, un andamento dei prezzi «parallelo» dell’industria comunitaria. Orbene, l’andamento dei prezzi «parallelo» non si evince dai dati economici successivi al periodo dell’inchiesta poiché i prezzi dell’industria comunitaria sono aumentati del 18,7% mentre, allo stesso tempo, quelli delle importazioni cinesi sono aumentati di oltre il 35% (considerando 52 e 53 del regolamento impugnato). Del resto, il divario tra i prezzi di vendita dell’industria comunitaria e le importazioni originarie della Cina si è notevolmente ridotto, passando da 476 EUR/t durante il periodo dell’inchiesta a 448 EUR/t durante il periodo successivo a quello dell’inchiesta. Espressa in percentuale del prezzo di vendita dell’industria comunitaria, detta differenza di prezzo è quindi passata dal 40% durante il periodo dell’inchiesta al 30% durante il periodo successivo a quello dell’inchiesta.

    90

    In ogni caso, anche supponendo che l’aumento dei prezzi del prodotto di cui trattasi per il periodo successivo a quello dell’inchiesta possa trovare una spiegazione nell’aumento dei prezzi delle materie prime e dei costi energetici, tale circostanza non è idonea a suffragare le conclusioni che la Commissione trae, al considerando 123 del regolamento provvisorio, riguardo all’effetto negativo dei prezzi «molto bassi» delle importazioni originarie della Cina sui prezzi e sui volumi dell’industria comunitaria. Occorre ricordare, a tal proposito, che uno dei criteri per accertare l’esistenza di una minaccia di pregiudizio è il fatto che le importazioni siano effettuate a prezzi tali da provocare una «significativa diminuzione» dei prezzi «oppure impedirne gli aumenti che altrimenti si sarebbero verificati» (articolo 3, paragrafo 9, del regolamento di base). Orbene, se si prendono in considerazione i dati successivi al periodo dell’inchiesta, la fattispecie in esame non consente di ritenere soddisfatto il criterio previsto dal regolamento di base. Per quanto riguarda inoltre l’effetto depressivo dei prezzi «molto bassi» sui volumi dell’industria comunitaria, menzionato dalla Commissione al considerando 123 del regolamento provvisorio, è opportuno ricordare che la quota di mercato dell’industria comunitaria durante il periodo successivo a quello dell’inchiesta è diminuita soltanto di 0,1 punti percentuali.

    91

    Concludendo, si deve constatare che, dei quattro fattori, previsti dall’articolo 3, paragrafo 9, del regolamento di base, relativi all’analisi di una minaccia di pregiudizio, un fattore è ritenuto non determinante dalle istituzioni (scorte), due fattori presentano incongruenze tra le previsioni della Commissione, confermate dal Consiglio nel regolamento impugnato, e i dati di riferimento relativi al periodo successivo a quello dell’inchiesta (volume delle importazioni e prezzo delle importazioni), e un fattore (capacità da parte dell’esportatore e rischio di riorientamento delle esportazioni) è lacunoso riguardo agli elementi rilevanti da prendere in considerazione. Tali incoerenze e lacune devono essere considerate in connessione con quanto richiesto dal regolamento di base, il quale prevede che la minaccia di pregiudizio debba essere accertata «sulla base di fatti e non di semplici asserzioni, congetture o remote possibilità» e che il mutamento di circostanze atto a creare una situazione in cui il dumping causerebbe un pregiudizio debba essere «chiaramente prevedibile ed imminente».

    92

    Alla luce del complesso di tali elementi e del fatto che è stato accertato nell’ambito della prima censura che il Consiglio aveva commesso un errore manifesto di valutazione nel ritenere che industria comunitaria si trovasse in una situazione di vulnerabilità alla fine del periodo dell’inchiesta, si deve dichiarare che il Consiglio ha violato l’articolo 3, paragrafo 9, del regolamento di base laddove ha considerato che, nel caso di specie, esisteva una minaccia di pregiudizio. Pertanto, il Consiglio ha altresì violato l’articolo 9, paragrafo 4, del regolamento di base, nell’imporre un dazio antidumping definitivo sulle esportazioni dei prodotti fabbricati dalla ricorrente e disponendo la riscossione dei dazi provvisori imposti su tali esportazioni.

    93

    Di conseguenza, si deve accogliere la prima parte del terzo motivo dedotto dalla ricorrente. Poiché il regolamento impugnato si fondava sull’accertamento di una minaccia di pregiudizio e il Consiglio è incorso in errore a tal riguardo, si deve annullare il suddetto regolamento nella parte in cui impone dazi antidumping sulle esportazioni dei prodotti fabbricati dalla ricorrente e dispone la riscossione dei dazi provvisori imposti su tali esportazioni, senza che sia necessario esaminare la seconda parte del terzo motivo né gli altri motivi dedotti a sostegno del ricorso.

    Sulle spese

    94

    Ai sensi dell’articolo 87, paragrafo 2, del regolamento di procedura, la parte soccombente è condannata alle spese se ne è stata fatta domanda. Il Consiglio, rimasto soccombente, deve essere condannato alle spese, conformemente alla domanda in tal senso della ricorrente.

    95

    Inoltre, conformemente all’articolo 87, paragrafo 4, primo comma, del regolamento di procedura, le istituzioni intervenute nella causa sopportano le proprie spese. Conseguentemente, la Commissione, intervenuta a sostegno del Consiglio, sopporterà le proprie spese.

    96

    Infine, le imprese intervenienti sopporteranno le proprie spese, conformemente alla domanda in tal senso della ricorrente.

     

    Per questi motivi,

    IL TRIBUNALE (Seconda Sezione)

    dichiara e statuisce:

     

    1)

    Il regolamento (CE) n. 926/2009 del Consiglio, del 24 settembre 2009, che istituisce un dazio antidumping definitivo e dispone la riscossione definitiva del dazio provvisorio istituito sulle importazioni di determinati tubi senza saldatura, di ferro o di acciaio, originari della Repubblica popolare cinese, è annullato nella parte in cui impone dazi antidumping sulle esportazioni dei prodotti fabbricati dalla Hubei Xinyegang Steel Co. Ltd e dispone la riscossione dei dazi provvisori istituiti su tali esportazioni.

     

    2)

    Il Consiglio dell’Unione europea sopporterà le proprie spese nonché quelle sostenute dalla Hubei Xinyegang Steel Co.

     

    3)

    La Commissione europea sopporterà le proprie spese.

     

    4)

    La ArcelorMittal Tubular Products Ostrava a.s., la ArcelorMittal Tubular Products Roman SA, la Benteler Stahl/Rohr GmbH, la Ovako Tube & Ring AB, la Rohrwerk Maxhütte GmbH, la Dalmine SpA, Silcotub SA, la TMK‑Artrom SA, la Tubos Reunidos SA, la Vallourec Mannesmann Oil & Gas France, la V & M France, la V & M Deutschland GmbH, la Voestalpine Tubulars GmbH e la Železiarne Podbrezová a.s. sopporteranno le proprie spese.

     

    Forwood

    Dehousse

    Schwarcz

    Così deciso e pronunciato a Lussemburgo il 29 gennaio 2014.

    Firme


    ( *1 ) Lingua processuale: l’inglese.

    Top