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Document 62009CJ0398

    Sentenza della Corte (grande sezione) del 6 settembre 2011.
    Lady & Kid A/S e altri contro Skatteministeriet.
    Domanda di pronuncia pregiudiziale: Østre Landsret - Danimarca.
    Diniego di rimborso di un tributo corrisposto indebitamente - Arricchimento senza causa in ragione del nesso esistente tra l’introduzione di tale tributo e la soppressione di altri tributi.
    Causa C-398/09.

    Raccolta della Giurisprudenza 2011 I-07375

    ECLI identifier: ECLI:EU:C:2011:540

    Causa C‑398/09

    Lady & Kid A/S e altri

    contro

    Skatteministeriet

    (domanda di pronuncia pregiudiziale proposta dallo Østre Landsret)

    «Diniego di rimborso di un tributo corrisposto indebitamente — Arricchimento senza causa in ragione del nesso esistente tra l’introduzione di tale tributo e la soppressione di altri tributi»

    Massime della sentenza

    Diritto dell’Unione — Effetto diretto — Tributi nazionali incompatibili con il diritto dell’Unione — Restituzione — Diniego — Presupposto — Arricchimento senza causa — Nozione — Traslazione diretta sull’acquirente degli importi indebitamente versati dal soggetto passivo


    Le disposizioni del diritto dell’Unione relative alla ripetizione dell’indebito devono essere interpretate nel senso che la ripetizione dell’indebito può dar luogo ad un arricchimento senza causa unicamente qualora gli importi indebitamente versati da un soggetto passivo a titolo di un tributo percepito in uno Stato membro in violazione del diritto dell’Unione siano stati direttamente traslati sull’acquirente. Di conseguenza, il diritto dell’Unione osta a che uno Stato membro neghi il rimborso di un tributo illecito adducendo che gli importi indebitamente versati dal soggetto passivo sono stati compensati dal risparmio risultante dalla contestuale soppressione di altri prelievi, giacché una tale compensazione non può essere considerata, ai sensi del diritto dell’Unione, un arricchimento senza causa rispetto a detto tributo.

    Siccome la traslazione diretta del tributo indebito sull’acquirente costituisce l’unica eccezione al diritto di rimborso dei tributi percepiti in violazione del diritto dell’Unione, è escluso che il giudice nazionale, nell’applicare il proprio diritto, possa opporsi al rimborso di un tributo illecito per un motivo diverso dalla traslazione dello stesso.

    (v. punti 25‑26 e dispositivo)










    SENTENZA DELLA CORTE (Grande Sezione)

    6 settembre 2011 (*)

    «Diniego di rimborso di un tributo corrisposto indebitamente – Arricchimento senza causa in ragione del nesso esistente tra l’introduzione di tale tributo e la soppressione di altri tributi»

    Nel procedimento C‑398/09,

    avente ad oggetto la domanda di pronuncia pregiudiziale proposta alla Corte, ai sensi dell’art. 234 CE, dallo Østre Landsret (Danimarca), con decisione 12 ottobre 2009, pervenuta in cancelleria il 14 ottobre 2009, nella causa

    Lady & Kid A/S,

    Direct Nyt ApS,

    A/S Harald Nyborg Isenkram- og Sportsforretning,

    KID-Holding A/S

    contro

    Skatteministeriet,

    LA CORTE (Grande Sezione),

    composta dal sig. V. Skouris, presidente, dai sigg. A. Tizzano, J. N. Cunha Rodrigues, K. Lenaerts, J.‑C. Bonichot, K. Schiemann e D. Šváby, presidenti di sezione, dal sig. A. Rosas, dalla sig.ra R. Silva de Lapuerta, dai sigg. E. Juhász, M. Safjan (relatore), dalle sig.re M. Berger e A. Prechal, giudici,

    avvocato generale: sig. P. Cruz Villalón

    cancelliere: sig.ra R. Şereş, amministratore

    vista la fase scritta del procedimento e in seguito all’udienza del 28 settembre 2010,

    considerate le osservazioni presentate:

    –        per la Lady & Kid A/S e a., dall’avv. H. Peytz, advokat;

    –        per il governo danese, dal sig. T. Winkler, in qualità di agente, assistito dall’avv. S. Fugleholm, advokat;

    –        per la Commissione europea, dai sigg. R. Lyal e N. Fenger, in qualità di agenti,

    sentite le conclusioni dell’avvocato generale, presentate all’udienza del 7 dicembre 2010,

    ha pronunciato la seguente

    Sentenza

    1        La domanda di pronuncia pregiudiziale verte sull’interpretazione del diritto comunitario in materia di ripetizione dell’indebito.

    2        Tale domanda è stata sollevata nell’ambito di una controversia che vede la Lady & Kid A/S, la Direct Nyt ApS (in prosieguo: la «Direct Nyt»), la A/S Harald Nyborg Isenkram- og Sportsforretning (in prosieguo: la «Harald Nyborg») e la KID-Holding A/S opporsi allo Skatteministeriet (Ministero delle Finanze), perché ha rifiutato loro il rimborso di un tributo riscosso in violazione del diritto comunitario (in prosieguo: il «tributo illecito»).

     Contesto normativo

    3        Con legge 18 dicembre 1987, n. 840, il Regno di Danimarca introduceva un tributo a carico dei datori di lavoro, con effetto a decorrere dal 1° gennaio 1988, denominato contributo a favore del mercato del lavoro (arbejsmarkedsbidrag; in prosieguo: l’«AMBI»). L’AMBI, la cui aliquota era pari al 2,5%, era calcolato, in linea di principio, sulla stessa base imponibile utilizzata per l’imposta sul valore aggiunto (in prosieguo: l’«IVA»). Esso non veniva versato, tuttavia, all’atto dell’importazione di merci in Danimarca, bensì riscosso sul prezzo pieno di vendita di tali merci importate al momento della loro prima rivendita sul territorio danese.

    4        Come contropartita dell’introduzione dell’AMBI venivano abrogati vari tributi a carico dei datori di lavoro che comportavano per le imprese danesi un onere fiscale di circa DDK 10 300 per unità di personale occupata a tempo pieno.

    5        Lo scopo di tale riforma tributaria era di eliminare il collegamento tra i contributi da versare e il numero dei dipendenti, al fine di rilanciare la crescita e di promuovere l’occupazione, restando nondimeno neutri sul piano delle finanze pubbliche.

    6        La legge 18 dicembre 1987, n. 840, veniva abrogata con una legge del 21 dicembre 1991, con effetto dal 1° gennaio 1992; l’AMBI veniva pertanto riscosso presso le imprese danesi nel periodo compreso tra il 1° gennaio 1988 e il 31 dicembre 1991.

    7        Nel corso del 1989 la legittimità dell’AMBI veniva messa in discussione da talune imprese importatrici dinanzi allo Østre Landsret (Corte d’appello della regione orientale), che ritenne di dover sottoporre alla Corte di giustizia la questione della compatibilità dell’AMBI con il diritto comunitario. In risposta, con la sentenza 31 marzo 1992, causa C‑200/90, Dansk Denkavit e Poulsen Trading (Racc. pag. I–2217), la Corte dichiarò che l’art. 33 della sesta direttiva del Consiglio 17 maggio 1977, 77/388/CEE, in materia di armonizzazione delle legislazioni degli Stati Membri relative alle imposte sulla cifra di affari – Sistema comune di imposta sul valore aggiunto: base imponibile uniforme (GU L 145, pag. 1), ostava ad un tributo come l’AMBI, il quale:

    –        veniva versato sia per le attività soggette ad IVA sia per le altre attività a carattere industriale o commerciale consistenti nella fornitura di prestazioni a titolo oneroso;

    –        veniva riscosso, per quanto concerne le imprese soggette ad IVA, su una base imponibile identica a quella utilizzata per l’IVA, cioè sotto forma di una percentuale sull’importo delle vendite realizzate, previa deduzione dell’importo degli acquisti effettuati;

    –        a differenza dell’IVA, non veniva percepito all’importazione, bensì riscosso sul prezzo pieno di vendita delle merci importate al momento della loro prima rivendita nello Stato membro considerato;

    –        a differenza dell’IVA, non doveva essere indicato a parte nella fattura; e

    –        veniva riscosso parallelamente all’IVA.

    8        A seguito della suddetta sentenza veniva adottata la legge 20 maggio 1992, n. 389, entrata in vigore il 22 maggio 1992, per precisare le modalità di rimborso dell’AMBI illegittimamente riscosso. Essa dispone, in particolare, quanto segue:

    «Articolo 1

    Le norme generali del diritto danese determinano se ed eventualmente in quale misura sussista un diritto al rimborso o al risarcimento per gli importi versati all’erario statale in forza della legge 18 dicembre 1987, n. 840, sul contributo a favore del mercato del lavoro, come successivamente modificata.

    Articolo 2

    (…)

    2.      È necessario specificare e giustificare l’importo reclamato nonché allegare alla domanda di rimborso la documentazione che consenta di stabilire se il soggetto passivo abbia subito un danno.

    (…)».

    9        La legge 20 maggio 1992, n. 389, veniva integrata dalla circolare del 10 luglio 1996, n. 122, la quale, ai fini del trattamento amministrativo delle domande di rimborso, precisava le condizioni a carico dell’impresa importatrice, vale a dire:

    –        l’impresa deve essere stata in rapporto effettivo di concorrenza con i produttori danesi di merci analoghe;

    –        l’impresa deve aver conseguito un risparmio, a titolo di contributi sociali e/o di altri tributi, inferiore a quanto da essa versato a titolo di AMBI;

    –        la posizione concorrenziale dell’impresa deve aver subito un peggioramento in seguito alla riforma, vale a dire si deve trattare di merci danesi dagli elevati costi salariali, così che l’impresa danese ha realizzato un risparmio, a titolo di contributi sociali, maggiore rispetto a quello conseguito dall’importatore sui prodotti concorrenti;

    –        i concorrenti danesi devono aver conseguito un risparmio notevolmente maggiore, a titolo di contributi sociali, rispetto a quanto da essi versato a titolo di AMBI;

    –        la perdita di competitività non deve essere insignificante; e

    –        l’AMBI non deve essere stato traslato mediante un aumento dei prezzi.

     Procedimento principale e questioni pregiudiziali

    10      Le ricorrenti nel procedimento principale, tutte attive nel settore della vendita al dettaglio, proponevano ognuna ricorso contro lo Skatteministeriet, tra il 1997 e il 1998, dinanzi al Københavns Byret (Tribunale di Copenhagen), per ottenere l’annullamento delle decisioni di rigetto delle loro domande di rimborso dell’AMBI indebitamente riscosso. Il diniego dei rimborsi era stato giustificato con l’argomento che il risparmio realizzato da tali imprese a seguito dell’abrogazione dei contributi sociali durante il periodo in cui erano state soggette all’AMBI superava l’importo che le stesse avevano versato a titolo di AMBI, sicché dette imprese avrebbero ottenuto una piena compensazione per l’AMBI pagato.

    11      I ricorsi nei quattro procedimenti venivano respinti con sentenza del Københavns Byret del 16 dicembre 2002. Le ricorrenti nel procedimento principale interponevano, allora, appello dinanzi allo Østre Landsret in data 13 gennaio 2003.

    12      Dalla decisione di rinvio risulta quanto segue:

    –        La KID-Holding A/S gestiva, sotto il nome Daells Varehus, grandi magazzini per la vendita di numerosi prodotti di varia natura, tra cui prodotti tessili di importazione. Detta società ha versato complessivamente DDK 20 053 556 a titolo di AMBI e risparmiato, a titolo di contributi sociali, DDK 23 151 291.

    –        La Lady & Kid A/S gestiva, sotto i nomi Daells Discount A/S e Madeleine, una serie di negozi discount per la vendita di una limitata selezione del campionario della Daells Varehus, in gran parte merci tessili. Detta società ha versato DKK 779 986 a titolo di AMBI e risparmiato, nel medesimo periodo, a titolo di contributi sociali, DKK 1 872 901.

    –        La Harald Nyborg gestiva alcuni grandi magazzini per la vendita, inter alia, di ferramenta, attrezzatura sportiva, accessori per auto e attrezzi agricoli. Detta società ha versato DDK 5 333 609 a titolo di AMBI e risparmiato, a titolo di contributi sociali, DDK 3 322 105.

    –        La Direct Nyt operava unicamente nel settore della vendita per corrispondenza di merci importate. Detta società ha versato a titolo di AMBI la somma di DDK 709 933 e, non avendo propri dipendenti, non ha risparmiato alcunché, come contropartita di tale esborso, a titolo di contributi sociali.

    13      Nel corso del procedimento dinanzi allo Østre Landsret, lo Skatteministeriet ha riconosciuto che la Harald Nyborg e la Direct Nyt avevano venduto, in una certa misura, merci importate in concorrenza con analoghe merci danesi caratterizzate da costi salariali elevati, che l’abrogazione dei contributi sociali non aveva avuto ripercussioni sui prezzi delle merci danesi caratterizzate da costi salariali elevati e che, per motivi di concorrenza, tali due imprese non avevano dunque potuto aumentare i loro prezzi in seguito all’aumento dei costi dovuto all’AMBI. Ritenendo che l’AMBI non fosse stato traslato su altri soggetti, lo Skatteministeriet decideva, perciò, di rimborsarne a dette imprese l’importo nella misura, rispettivamente, di DDK 760 349, più interessi, e di DDK 319 469, più interessi.

    14      Nel corso del medesimo procedimento è risultato altresì pacifico tra le parti che il 35% delle merci acquistate dalla Harald Nyborg erano merci importate, con un 84% dell’AMBI versato da detta impresa che riguardava tali merci, e che il 40% delle merci acquistate dalla Daells Varehus erano merci importate, con un 94% dell’AMBI versato da detta impresa che riguardava tali merci. Le parti hanno parimenti riconosciuto che i contributi sociali precedenti avevano gravato in uguale misura, proporzionalmente, sul commercio relativo alle merci importate e su quello relativo alle merci danesi.

    15      Le ricorrenti nel procedimento principale hanno revocato in dubbio la compatibilità con il diritto comunitario del diritto nazionale e delle decisioni di rigetto dello Skatteministeriet. Pertanto lo Østre Landsret ha ritenuto necessario interpellare la Corte sull’interpretazione del diritto comunitario in materia di ripetizione dell’indebito. Esso ha così deciso di sospendere il giudizio e di deferire le seguenti questioni pregiudiziali:

    «1)      Se la sentenza della Corte 14 gennaio 1997, cause riunite da C‑192/95 a C‑218/95, Comateb e a. (Racc. pag. I‑165), debba essere interpretata nel senso che la traslazione di un tributo illecito gravante su un determinato prodotto presuppone che il tributo sia stato traslato sull’acquirente del prodotto in occasione dell’operazione commerciale interessata ovvero nel senso che una traslazione sui prezzi può sussistere anche con riferimento ai prezzi di altri prodotti in occasione di operazioni commerciali completamente diverse, antecedenti o successive alla vendita dei prodotti di cui trattasi, ad esempio nel contesto di una valutazione complessiva della traslazione su un periodo di quattro anni relativamente a numerosi gruppi di prodotti, comprendenti sia prodotti importati sia prodotti non importati.

    2)      Se la nozione comunitaria di “traslazione” debba essere interpretata nel senso che un tributo illecito riscosso sulla vendita di un prodotto può essere considerato traslato unicamente se il prezzo del prodotto è aumentato rispetto al prezzo praticato immediatamente prima dell’introduzione del tributo ovvero nel senso che il tributo può essere considerato traslato anche qualora l’impresa soggetta abbia beneficiato, contestualmente all’introduzione del tributo illecito, di un risparmio in relazione ad altri tributi, riscossi sulla base di un diverso fondamento, e l’impresa abbia mantenuto per tale motivo i suoi prezzi invariati.

    3)      Se la nozione comunitaria di “arricchimento senza causa” debba essere interpretata nel senso che il rimborso di un tributo illecito riscosso sulla vendita di determinati prodotti comporta un arricchimento senza causa qualora l’impresa, anteriormente o successivamente alla vendita dei prodotti soggetti ad imposta, abbia conseguito un risparmio per effetto dell’abrogazione di altri tributi riscossi sulla base di un diverso fondamento, laddove l’abrogazione di questi altri tributi conferisca un vantaggio anche ad altre imprese, tra cui imprese che non hanno versato il tributo illecito ovvero l’hanno versato solo in misura inferiore.

    4)      Nell’ipotesi in cui un tributo illecito abbia comportato, in ragione della sua struttura, un onere fiscale proporzionalmente più elevato per le imprese che importano prodotti rispetto alle imprese che acquistano in maggior misura prodotti nazionali e contemporaneamente all’introduzione del tributo illecito sia stato abrogato un altro prelievo lecito riscosso sulla base di un diverso fondamento, che gravava in misura uguale, proporzionalmente, sui due tipi di imprese e a prescindere dalla composizione dei prodotti acquistati dalle imprese medesime, se:

    a)      il diritto comunitario consenta di rifiutare, in tutto o in parte, il rimborso del tributo illecito ad un’impresa che importa prodotti invocando la traslazione e l’arricchimento senza causa, qualora detto rifiuto comporti che l’impresa che ha versato un importo proporzionalmente maggiore a titolo del tributo illecito rispetto ad un’impresa simile che abbia acquistato prodotti analoghi nazionali risulti, a parità di condizioni, svantaggiata dalla riforma del sistema d’imposta e dal diniego del rimborso rispetto ad imprese simili che si riforniscono prevalentemente sul mercato nazionale;

    b)      il rimborso del tributo illecito, nella situazione descritta, configuri concettualmente un “arricchimento senza causa” e possa pertanto essere rifiutato, qualora esso – benché si possa ritenere il tributo traslato – sia necessario per ottenere che la riforma del sistema d’imposta produca effetti identici, a parità di condizioni e dopo l’eventuale rimborso, per le imprese che importano prodotti e per quelle che acquistano prodotti nazionali;

    c)      il rifiuto del rimborso in una situazione del tipo descritto, dove le imprese che acquistano in maggior misura prodotti nazionali risultano avvantaggiate rispetto a quelle che in maggior misura importano prodotti, contrasti altrimenti con il diritto comunitario, in particolare con il principio della parità di trattamento, e

    d)      la soluzione della terza questione implichi che è illegittimo rifiutare il rimborso di un tributo indebitamente riscosso invocando un arricchimento senza causa allorché tale rimborso semplicemente annulla il vantaggio delle imprese che acquistano prodotti nazionali rispetto a quelle che in maggior misura importano prodotti».

     Sulle questioni pregiudiziali

     Sulla seconda e sulla terza questione

    16      La seconda e la terza questione, che occorre esaminare per prime e congiuntamente, devono essere considerate dirette ad accertare se solamente la traslazione di un tributo illecito operata per mezzo di un aumento del prezzo di vendita dei prodotti, vendita in occasione della quale detto tributo è riscosso, possa, in caso di ripetizione dell’indebito, generare un arricchimento senza causa del soggetto passivo o se un arricchimento senza causa possa derivare pure da un risparmio realizzato a seguito della concomitante soppressione di altri tributi calcolati su una diversa base imponibile, quand’anche il soggetto passivo non abbia modificato i suoi prezzi di vendita.

    17      Al riguardo si deve ricordare che il diritto di ottenere il rimborso dei tributi riscossi da uno Stato membro in violazione del diritto dell’Unione costituisce la conseguenza e il complemento dei diritti attribuiti ai singoli dalle disposizioni del diritto dell’Unione che vietano tali tributi. Lo Stato membro è quindi tenuto, in linea di principio, a rimborsare i tributi riscossi in violazione del diritto dell’Unione (v. sentenze 9 novembre 1983, causa 199/82, San Giorgio, Racc. pag. 3595, punto 12; 21 settembre 2000, cause riunite C‑441/98 e C‑442/98, Michaïlidis, Racc. pag. I‑7145, punto 30; 10 aprile 2008, causa C‑309/06, Marks & Spencer, Racc. pag. I‑2283, punto 35, nonché 28 gennaio 2010, causa C‑264/08, Direct Parcel Distribution Belgium, Racc. pag. I-731, punto 45).

    18      Il principio del rimborso di tributi incompatibili con il diritto dell’Unione conosce, tuttavia, un’eccezione allorché la ripetizione del tributo indebitamente percepito comporterebbe un arricchimento senza causa degli aventi diritto. La tutela dei diritti garantiti in questa materia dall’ordinamento giuridico dell’Unione non impone, quindi, il rimborso di dazi, imposte e tasse riscossi in violazione del diritto dell’Unione quando sia appurato che la persona tenuta al loro pagamento li ha di fatto riversati su altri soggetti (v. sentenza Comateb e a., cit., punto 21).

    19      In effetti, in tale situazione, l’onere del tributo indebitamente percepito non è stato sopportato dall’operatore, bensì dall’acquirente, sul quale l’onere è stato traslato. Pertanto, il rimborso all’operatore dell’importo del tributo che questi ha già riversato sull’acquirente equivarrebbe, per lui, a un doppio introito qualificabile come «arricchimento senza causa», mentre non sarebbe posto rimedio alle conseguenze che derivano all’acquirente dall’illegittimità del tributo (sentenza Comateb e a., cit., punto 22).

    20      Tuttavia, costituendo una limitazione di un diritto soggettivo tratto dall’ordinamento giuridico dell’Unione, un tale rifiuto di rimborsare un tributo applicato sulla vendita di prodotti deve essere interpretato in maniera restrittiva. La traslazione diretta del tributo indebito sull’acquirente è, dunque, l’unica eccezione al diritto al rimborso dei tributi riscossi in violazione del diritto dell’Unione.

    21      La Corte ha del pari affermato che, anche quando è provato che l’onere del tributo indebitamente riscosso è stato riversato su terzi, il rimborso all’operatore del relativo importo non gli procura necessariamente un arricchimento senza causa, giacché l’incorporazione dell’importo del tributo nei prezzi praticati può avergli arrecato un danno per diminuzione del volume delle sue vendite (v. citate sentenze Comateb e a., punti 29-32, e Michaïlidis, punti 34 e 35, nonché 2 ottobre 2003, causa C‑147/01, Weber’s Wine World e a., Racc. pag. I‑11365, punti 98 e 99).

    22      Allo stesso modo, uno Stato membro non può opporsi a una domanda di rimborso di un tributo illecito per il fatto che l’importo di detto tributo è stato economicamente compensato dalla soppressione di un prelievo lecito di ammontare equivalente.

    23      Infatti, se è vero che il rimborso di un tributo illecito a un operatore che ne ha traslato l’importo sui propri clienti può, nelle condizioni suddescritte, condurre a un arricchimento senza causa di tale operatore, non avviene altrettanto nel caso di una pretesa soppressione di altri tributi in corrispondenza dell’istituzione di un tributo contrario al diritto dell’Unione.

    24      Una tale soppressione rientra tra le scelte operate dallo Stato membro nel settore tributario, che sono espressione della sua politica generale in materia economica e sociale. Scelte siffatte possono comportare conseguenze delle più svariate, le quali, indipendentemente dalle difficoltà che possono incontrarsi nello stabilire se e in quale misura un tributo sia stato effettivamente sostituito sic et simpliciter da un altro, ostano a che il rimborso di un tributo illecito in un simile contesto possa essere considerato integrare un arricchimento senza causa.

    25      Non infirmano tale conclusione le sentenze 26 giugno 1979, causa 177/78, McCarren (Racc. pag. 2161), e 13 dicembre 1983, causa 222/82, Apple and Pear Development Council (Racc. pag. 4083). Infatti, anche se al punto 25 della sentenza McCarren e al punto 41 della sentenza Apple and Pear Development Council la Corte non ha escluso che il giudice nazionale, nell’applicare il proprio diritto, possa opporsi al rimborso di un tributo illecito per un motivo diverso dalla traslazione dello stesso, la traslazione diretta del tributo indebito sull’acquirente costituisce, come risulta dal punto 20 della presente sentenza, l’unica eccezione al diritto di rimborso dei tributi percepiti in violazione del diritto dell’Unione.

    26      La seconda e la terza questione sollevate devono, pertanto, essere risolte dichiarando che la ripetizione dell’indebito può dar luogo ad un arricchimento senza causa unicamente qualora gli importi indebitamente versati da un soggetto passivo a titolo di un tributo percepito in uno Stato membro in violazione del diritto dell’Unione siano stati direttamente traslati sull’acquirente. Di conseguenza, il diritto dell’Unione osta a che uno Stato membro neghi il rimborso di un tributo illecito adducendo che gli importi indebitamente versati dal soggetto passivo sono stati compensati dal risparmio risultante dalla contestuale soppressione di altri prelievi, giacché una tale compensazione non può essere considerata, ai sensi del diritto dell’Unione, un arricchimento senza causa rispetto a detto tributo.

    27      Alla luce della soluzione data alla seconda e alla terza questione, non occorre risolvere le questioni prima e quarta.

     Sulle spese

    28      Nei confronti delle parti nel procedimento principale il presente procedimento costituisce un incidente sollevato dinanzi al giudice nazionale, cui spetta quindi statuire sulle spese. Le spese sostenute da altri soggetti per presentare osservazioni alla Corte non possono dar luogo a rifusione.

    Per questi motivi la Corte (Grande Sezione) dichiara:

    Le disposizioni del diritto dell’Unione relative alla ripetizione dell’indebito devono essere interpretate nel senso che la ripetizione dell’indebito può dar luogo ad un arricchimento senza causa unicamente qualora gli importi indebitamente versati da un soggetto passivo a titolo di un tributo percepito in uno Stato membro in violazione del diritto dell’Unione siano stati direttamente traslati sull’acquirente. Di conseguenza, il diritto dell’Unione osta a che uno Stato membro neghi il rimborso di un tributo illecito adducendo che gli importi indebitamente versati dal soggetto passivo sono stati compensati dal risparmio risultante dalla contestuale soppressione di altri prelievi, giacché una tale compensazione non può essere considerata, ai sensi del diritto dell’Unione, un arricchimento senza causa rispetto a detto tributo.

    Firme


    * Lingua processuale: il danese.

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