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Document 62009CJ0337

Sentenza della Corte (Grande Sezione) del 19 luglio 2012.
Consiglio dell’Unione europea contro Zhejiang Xinan Chemical Industrial Group Co. Ltd.
Impugnazione — Politica commerciale — Dumping — Importazioni di glifosato originario della Cina — Regolamento (CE) n. 384/96 — Articolo 2, paragrafo 7, lettere b) e c) — Status di impresa operante in condizioni di economia di mercato — Nozione di “significative interferenze statali” ai sensi dell’articolo 2, paragrafo 7, lettera c), primo trattino — Azionista pubblico che controlla de facto l’assemblea generale degli azionisti della società produttrice — Equiparazione di tale controllo a una “significativa interferenza” — Valutazione di un meccanismo di visto dei contratti all’esportazione — Limiti del controllo giurisdizionale — Valutazione degli elementi di prova presentati.
Causa C‑337/09 P.

Court reports – general

ECLI identifier: ECLI:EU:C:2012:471

SENTENZA DELLA CORTE (Grande Sezione)

19 luglio 2012 ( *1 )

«Impugnazione — Politica commerciale — Dumping — Importazioni di glifosato originario della Cina — Regolamento (CE) n. 384/96 — Articolo 2, paragrafo 7, lettere b) e c) — Status di impresa operante in condizioni di economia di mercato — Nozione di “significative interferenze statali” ai sensi dell’articolo 2, paragrafo 7, lettera c), primo trattino — Azionista pubblico che controlla de facto l’assemblea generale degli azionisti della società produttrice — Equiparazione di tale controllo a una “significativa interferenza” — Valutazione di un meccanismo di visto dei contratti all’esportazione — Limiti del controllo giurisdizionale — Valutazione degli elementi di prova presentati»

Nella causa C-337/09 P,

avente ad oggetto l’impugnazione, ai sensi dell’articolo 56 dello Statuto della Corte di giustizia, proposta il 18 agosto 2009,

Consiglio dell’Unione europea, rappresentato dal sig. J.-P. Hix, in qualità di agente, assistito da G. Berrisch, Rechtsanwalt,

ricorrente,

procedimento in cui le altre parti sono:

Zhejiang Xinan Chemical Industrial Group Co. Ltd, con sede in Jiande City (Cina), rappresentata inizialmente da D. Horovitz, avocat, successivamente da F. Graafsma, J. Cornelis e A. Woolich, advocaten, nonché da K. Adamantopoulos, dikigoros, e da D. Moulis, barrister,

ricorrente in primo grado,

Commissione europea, rappresentata da T. Scharf, N. Khan e K. Talabér-Ritz, in qualità di agenti,

Association des utilisateurs e distributeurs de l’agrochimie européenne (Audace), rappresentata da J. Flynn, QC,

intervenienti in primo grado,

LA CORTE (Grande Sezione),

composta dal sig. V. Skouris, presidente, dai sigg. A. Tizzano, J.N. Cunha Rodrigues, K. Lenaerts, J.-C. Bonichot, J. Malenovský e M. Safjan, presidenti di sezione, dai sigg. G. Arestis, A. Borg Barthet, M. Ilešič (relatore), A. Arabadjiev, dalla sig.ra C. Toader e dal sig. J.-J. Kasel, giudici,

avvocato generale: sig.ra J. Kokott

cancelliere: sig.ra L. Hewlett, amministratore principale

vista la fase scritta del procedimento e in seguito all’udienza del 29 novembre 2011,

sentite le conclusioni dell’avvocato generale, presentate all’udienza del 19 gennaio 2012,

ha pronunciato la seguente

Sentenza

1

Con la sua impugnazione, il Consiglio dell’Unione europea chiede l’annullamento della sentenza del Tribunale di primo grado delle Comunità europee del 17 giugno 2009, Zhejiang Xinan Chemical Industrial Group/Consiglio, T-498/04 (Racc. pag. II-1969; in prosieguo: la «sentenza impugnata»), con la quale tale giudice ha annullato l’articolo 1 del regolamento (CE) n. 1683/2004 del Consiglio, del 24 settembre 2004, che istituisce un dazio antidumping definitivo sulle importazioni di glifosato originario della Repubblica popolare cinese (GU L 303, pag. 1; in prosieguo: il «regolamento controverso»), nella parte che riguarda la società Zhejiang Xinan Chemical Industrial Group Co. Ltd (in prosieguo: la «Xinanchem»).

Contesto normativo

2

Ai fini dell’accertamento dell’esistenza di un dumping, il regolamento (CE) n. 384/96 del Consiglio, del 22 dicembre 1995, relativo alla difesa contro le importazioni oggetto di dumping da parte di paesi non membri della Comunità europea (GU 1996, L 56, pag. 1), come modificato dal regolamento (CE) n. 461/2004 del Consiglio, dell’8 marzo 2004 (GU L 77, pag. 12; in prosieguo: il «regolamento di base»), stabilisce, all’articolo 2, paragrafi 1-6, le regole generali concernenti il metodo di determinazione dell’importo cosiddetto «del valore normale».

3

L’articolo 2, paragrafo 7, lettera a), del regolamento di base detta una regola particolare riguardante il metodo di determinazione di tale valore normale per le importazioni in provenienza da paesi non retti da un’economia di mercato. Per tali paesi, il valore normale viene determinato, di norma, sulla base del prezzo o del valore costruito in un paese terzo ad economia di mercato (metodo cosiddetto «del paese di riferimento»).

4

Tuttavia, a norma dell’articolo 2, paragrafo 7, lettera b), del regolamento di base, le regole generali enunciate nei paragrafi 1-6 di tale articolo trovano applicazione nei riguardi di alcuni Stati non retti da un’economia di mercato, tra i quali la Repubblica popolare cinese, qualora, in base a richieste debitamente motivate di uno o più produttori oggetto dell’inchiesta antidumping, sia dimostrata la prevalenza delle condizioni di un’economia di mercato per il produttore o per i produttori in questione relativamente alla produzione e alla vendita del prodotto simile di cui trattasi.

5

I criteri e le procedure che consentono di appurare l’esistenza delle condizioni di un’economia di mercato vengono precisati all’articolo 2, paragrafo 7, lettera c), del regolamento di base. Tale norma dispone quanto segue:

«La domanda di cui [al paragrafo 7,] lettera b), dev’essere fatta per iscritto e deve contenere prove sufficienti in ordine al fatto che il produttore opera in condizioni di economia di mercato. Ciò si verifica quando:

le decisioni delle imprese in materia di prezzi, costi e fattori produttivi, inclusi ad esempio le materie prime, le spese per gli impianti tecnologici e la manodopera, la produzione, le vendite e gli investimenti, vengano prese in risposta a [segnali] del mercato che rispecchiano [la situazione della] domanda e [dell’]offerta, senza significative interferenze statali [al riguardo], ed i costi dei principali [fattori produttivi] riflettano nel complesso i valori di mercato;

le imprese dispongano di una serie ben definita di documenti contabili di base soggetti a revisione contabile indipendente e che siano d’applicazione in ogni caso in linea con le norme internazionali in materia di contabilità;

i costi di produzione e la situazione finanziaria delle imprese non siano soggette a distorsioni di rilievo derivanti dal precedente sistema ad economia non di mercato[, segnatamente in relazione] alle svalutazioni (...) degli attivi, alle [cancellazioni contabili] di altro genere, al commercio di scambio e ai pagamenti effettuati mediante compensazione dei debiti;

le imprese in questione siano soggette a leggi in materia fallimentare e di proprietà che garantiscano certezza del diritto e stabilità per la loro attività, e

le [operazioni] di cambio siano effettuate ai tassi di mercato.

(…)».

6

Le disposizioni contenute nell’articolo 2, paragrafo 7, lettere b) e c), del regolamento di base sono state introdotte dall’articolo 1 del regolamento (CE) n. 905/98 del Consiglio, del 27 aprile 1998, che modifica il regolamento n. 384/96 (GU L 128, pag. 18). Prima di tale modifica, il valore normale per le importazioni provenienti da paesi non retti da un’economia di mercato era stato sempre calcolato secondo il metodo del paese di riferimento. Dal quinto considerando del regolamento n. 905/98 consta che detta modifica è stata introdotta «per poter tener conto delle mutate condizioni economiche in Russia e nella Repubblica popolare cinese». Al riguardo, il quarto considerando del medesimo regolamento dichiara che «il processo di riforma in corso in Russia e nella Repubblica popolare cinese ha modificato in modo essenziale le economie di entrambi i paesi e ha portato all’emergere di imprese per le quali prevalgono condizioni dell’economia di mercato», e che, «di conseguenza, i due paesi si sono discostati dal modello economico che aveva suggerito il ricorso al metodo del paese di riferimento».

7

L’articolo 9 del regolamento di base riguarda l’imposizione di dazi definitivi nonché la chiusura del procedimento senza istituzione di misure. Il paragrafo 5 di tale articolo così dispone:

«Il dazio antidumping viene istituito per l’importo adeguato a ciascun caso e senza discriminazione sulle importazioni di prodotti per le quali è stato accertato che sono oggetto di dumping e che causano pregiudizio, indipendentemente dalla fonte (...). Il regolamento che impone i dazi indica [l’importo del dazio applicato a ciascun fornitore] oppure, qualora non sia possibile e, come regola generale, nei casi citati nell’articolo 2, paragrafo 7, lettera a), il nome del paese fornitore interessato.

Nei casi in cui si applica l’articolo 2, paragrafo 7, lettera a), viene tuttavia fissato un dazio individuale per gli esportatori in grado di dimostrare, presentando richieste debitamente motivate, che:

a)

nel caso di imprese di proprietà interamente o parzialmente straniera o di joint venture, [detti esportatori] sono liberi di rimpatriare i capitali e i profitti;

b)

i prezzi e i quantitativi dei prodotti esportati, come pure le condizioni di vendita, sono determinati liberamente;

c)

la maggior parte delle azioni appartiene a privati, che i funzionari statali che ricoprono cariche nel consiglio di amministrazione o si trovano in una posizione direttiva chiave sono in minoranza o che la società è sufficientemente libera dall’ingerenza dello Stato;

d)

le [operazioni] di cambio vengono effettuate ai tassi di mercato, e

e)

l’ingerenza dello Stato non è tale da consentire l’elusione dei dazi qualora si concedano aliquote diverse ai singoli esportatori».

Fatti

8

La Xinanchem è una società di diritto cinese, quotata alla borsa di Shanghai (Cina), la quale fabbrica e vende, sul mercato cinese e su quello mondiale, segnatamente il glifosato, un erbicida chimico di base ampiamente utilizzato dagli agricoltori di tutto il mondo.

9

Mediante il regolamento (CE) n. 368/98, del 16 febbraio 1998 (GU L 47, pag. 1), il Consiglio ha istituito un dazio antidumping definitivo sulle importazioni di glifosato originario della Cina. Detto regolamento è stato modificato dal regolamento (CE) n. 1086/2000 del Consiglio, del 22 maggio 2000 (GU L 124, pag. 1), e dal regolamento (CE) n. 163/2002 del Consiglio, del 28 gennaio 2002 (GU L 30, pag. 1).

10

Il 18 novembre 2002, in seguito alla pubblicazione di un avviso di imminente scadenza di alcune misure antidumping (GU C 120, pag. 3), applicabili alle importazioni di glifosato originario della Repubblica popolare cinese, è stata presentata alla Commissione delle Comunità europee una domanda di riesame di tali misure ai sensi dell’articolo 11, paragrafo 2, del regolamento di base, da parte dell’Associazione europea del glifosato (European Glyphosate Association; in prosieguo: la «EGA»). Il 15 febbraio 2003, la Commissione ha pubblicato un avviso di apertura di un riesame in previsione della scadenza e di un riesame intermedio delle misure antidumping applicabili alle importazioni di glifosato originarie della Repubblica popolare cinese (GU C 36, pag. 18), ai sensi dell’articolo 11, paragrafi 2 e 3, del regolamento di base.

11

Il 4 aprile 2003, in seguito all’avvio dell’inchiesta, la Xinanchem ha consegnato alla Commissione il questionario completato destinato ai produttori che reclamano lo status di impresa operante in condizioni di economia di mercato (in prosieguo: il «SEM»), chiedendo a detta istituzione di riconoscerle tale status ai sensi dell’articolo 2, paragrafo 7, lettera b), del regolamento di base. Inoltre, il 30 aprile 2003 detta società ha parimenti consegnato alla Commissione il questionario completato destinato ai produttori-esportatori di glifosato stabiliti in Cina. Successivamente, essa ha risposto a diverse domande di informazioni supplementari della Commissione e ha replicato alle osservazioni della EGA, in cui questa si opponeva alla concessione dello status suddetto alla Xinanchem. Inoltre, dal 2 al 4 settembre 2003, la Commissione ha effettuato una visita di verifica in loco presso la società summenzionata.

12

Il 5 dicembre 2003, la Commissione ha comunicato alla Xinanchem la propria intenzione di respingere la domanda di concessione del SEM. Il 16 e il 23 dicembre 2003, detta società ha presentato le proprie osservazioni in ordine a tale comunicazione. Con lettera del 6 aprile 2004, la Commissione ha confermato la propria decisione di rifiutare la concessione dello status in questione alla citata società. Il 7 aprile 2004 la Commissione ha notificato a quest’ultima i fatti e le considerazioni essenziali in base ai quali essa contava di proporre misure antidumping definitive. La Xinanchem ha presentato le proprie osservazioni in ordine a tale comunicazione il 19 aprile 2004.

13

Il 24 settembre 2004, su proposta della Commissione, il Consiglio ha adottato il regolamento controverso. Quanto alla domanda di riconoscimento del SEM presentata dalla Xinanchem, i considerando 13-17 di tale regolamento enunciano quanto segue:

«(13)

Sebbene la maggior parte delle azioni della società appartenesse a privati, vista la notevole dispersione delle azioni non di proprietà dello Stato e considerato che quest’ultimo deteneva un pacchetto azionario di gran lunga superiore agli altri, si è stabilito che la società era controllata dallo Stato. Per di più il consiglio d’amministrazione veniva nominato di fatto dagli azionisti statali e si componeva per la maggior parte di funzionari dello Stato o di imprese pubbliche. Si è pertanto concluso che la società era soggetta ad un controllo e ad un’influenza notevoli da parte dello Stato.

(14)

Per di più, il governo della RPC aveva [conferito alla] China Chamber of Commerce Metals, Minerals & Chemicals Importers and Exporters [Camera di commercio degli importatori ed esportatori di metalli, minerali e prodotti chimici] (CCCMC) [il potere di vistare i contratti e di svolgere] la verifica dei prezzi all’esportazione [ai] fini [dello] sdoganamento. Questo sistema, nel cui ambito veniva fissato un prezzo minimo per le esportazioni di glifosato, consentiva alla CCCMC di vietare le esportazioni che non rispettavano i prezzi stabiliti.

(15)

Dopo aver sentito il comitato consultivo, quindi, si è deciso di non concedere il SEM alla Xinanchem perché la società non rispettava tutti i criteri di cui all’articolo 2, paragrafo 7, lettera c), del regolamento di base.

(16)

Non avendo ottenuto [il SEM], la Xinanchem ha chiesto il trattamento individuale, cioè la determinazione di un margine di dumping individuale sulla base dei suoi prezzi all’esportazione. La Commissione ha quindi verificato se la società avesse, de iure e de facto, un’autonomia sufficiente nei confronti dello Stato per fissare il suo prezzo all’esportazione.

(17)

Essendosi accertato che lo Stato esercitava un notevole controllo sulla Xinanchem per quanto riguarda la fissazione dei prezzi [all’esportazione] del prodotto in esame, come spiegato al punto (14), si è concluso che la Xinanchem non soddisfaceva i requisiti necessari per la concessione del trattamento individuale ai sensi dell’articolo 9, paragrafo 5 del regolamento di base».

14

Dato che la domanda di concessione del SEM era stata respinta, il valore normale è stato determinato, ai sensi dell’articolo 2, paragrafo 7, lettera a), del regolamento di base, sul fondamento di dati ottenuti presso produttori di un paese terzo a economia di mercato, vale a dire la Repubblica federativa del Brasile. È stato così istituito, a norma dell’articolo 1 del regolamento controverso, un dazio antidumping definitivo del 29,9% sulle importazioni di glifosato originario della Cina.

Procedimento dinanzi al Tribunale e sentenza impugnata

15

Con atto introduttivo depositato presso la cancelleria del Tribunale il 23 dicembre 2004, la Xinanchem ha proposto un ricorso inteso all’annullamento del regolamento controverso nella parte che la riguarda. Nel procedimento dinanzi al Tribunale sono intervenute, da un lato, la Association des utilisateurs et distributeurs de l’agrochimie européenne [Associazione degli utilizzatori e dei distributori del settore agrochimico europeo] (in prosieguo: la «Audace») a sostegno delle conclusioni della società suddetta e, dall’altro, la Commissione a sostegno delle conclusioni del Consiglio.

16

Con la sentenza impugnata, il Tribunale ha accolto il primo motivo dedotto dalla Xinanchem, relativo al fatto che le istituzioni dell’Unione europea, rifiutando di concederle il SEM, avevano violato l’articolo 2, paragrafo 7, lettera c), primo trattino, del regolamento di base. Detto giudice ha così annullato l’articolo 1 del regolamento controverso nella parte riguardante la società summenzionata, senza esaminare gli altri motivi da questa dedotti a sostegno del proprio ricorso.

17

Il Tribunale ha anzitutto constatato, ai punti 38 e 39 della sentenza impugnata, che era pacifico tra le parti che il SEM era stato rifiutato alla Xinanchem per la sola ragione che essa non aveva dimostrato di soddisfare il requisito previsto dall’articolo 2, paragrafo 7, lettera c), primo trattino, del regolamento di base. Il Tribunale ha aggiunto che la Commissione, infatti, aveva ritenuto che gli altri criteri enunciati nei trattini secondo, terzo, quarto e quinto della citata disposizione fossero soddisfatti, e che la suddetta istituzione non aveva inoltre formulato alcuna obiezione riguardo all’ultima condizione stabilita nel primo trattino di cui sopra, ossia quella secondo cui i costi dei principali fattori produttivi devono riflettere nel complesso i valori di mercato.

18

Il Tribunale ha poi esaminato, in una prima parte dell’analisi da esso svolta ai punti 43-109 della sentenza impugnata, le censure riguardanti i motivi di diniego enunciati al considerando 13 del regolamento controverso, vale a dire quelli relativi al controllo esercitato dallo Stato sulla Xinanchem nonché quelli relativi alla nomina e alla composizione del consiglio di amministrazione di tale società.

19

In tale contesto il Tribunale ha rilevato, ai punti 80-82 della sentenza impugnata, che il Consiglio e la Commissione si erano limitati a constatare l’esistenza del controllo statale sulla base di considerazioni attinenti alla ripartizione dell’azionariato della società suddetta, senza pronunciarsi sulla questione relativa alle modalità con cui tale controllo era o poteva essere esercitato in pratica, e che occorreva esaminare se la constatazione di tale controllo implicasse necessariamente l’esistenza di «significative interferenze statali» ai sensi dell’articolo 2, paragrafo 7, lettera c), primo trattino, del regolamento di base.

20

Al riguardo il Tribunale ha osservato, ai punti 84 e 85 della sentenza impugnata, che dal tenore letterale della succitata disposizione risulta chiaramente che l’esistenza o meno di una significativa interferenza dello Stato deve essere valutata alla luce del modo in cui sono prese le «decisioni delle imprese in materia di prezzi, costi e fattori produttivi». Infatti, la disposizione in questione esige che il produttore interessato dimostri che le sue decisioni sono prese, da una parte, «in risposta a [segnali] del mercato» e, dall’altra, «senza significative interferenze statali». Conseguentemente, un comportamento dello Stato che non sia idoneo ad influire su tali decisioni non può costituire una «significativa interferenza» ai sensi della disposizione summenzionata. Inoltre, in considerazione del tenore letterale di quest’ultima, della sua finalità e del suo contesto, la nozione di «significative interferenze statali» non può essere assimilata a una qualsivoglia influenza sulle attività di un’impresa o a una qualsivoglia partecipazione nel suo processo decisionale, ma deve essere intesa come un’azione dei poteri pubblici tale da rendere le decisioni di tale impresa incompatibili con le condizioni di un’economia di mercato.

21

Il Tribunale ha da ciò concluso, al punto 88 della sentenza impugnata, che la condizione di cui si discute mira a verificare se le pertinenti decisioni dei produttori-esportatori interessati siano guidate da considerazioni puramente commerciali, proprie di un’impresa operante in condizioni di economia di mercato, oppure siano falsate da considerazioni di altro tipo, proprie delle economie di Stato.

22

Ai punti 89 e 90 della sentenza impugnata, il Tribunale ha inoltre constatato che, ai fini dell’interpretazione e dell’applicazione dell’articolo 2, paragrafo 7, lettera c), primo trattino, del regolamento di base, occorre tener conto del fatto che, malgrado le riforme da essi intraprese, gli Stati in questione non sono considerati come Stati che conoscono un’economia di mercato, e che è legittimo, per il Consiglio e la Commissione, tener conto, nel loro esame delle prove prodotte da un produttore di uno di questi paesi, della circostanza che l’impresa di cui trattasi è controllata dallo Stato.

23

Ai punti 91 e 92 della sentenza impugnata, il Tribunale ha aggiunto che il controllo statale, come accertato nel caso di specie, non è tuttavia di per sé incompatibile con l’adozione, da parte dell’impresa interessata, di decisioni commerciali secondo le condizioni di un’economia di mercato. Orbene, l’approccio sostenuto dal Consiglio, consistente nell’equiparare il controllo statale a una «significativa interferenza statale», porta ad escludere, per principio, le società controllate dallo Stato dal beneficio del SEM, indipendentemente sia dal contesto concreto in cui queste operano sia dalle prove che esse hanno presentato al riguardo.

24

In tale contesto, il Tribunale ha statuito, al punto 93 della sentenza impugnata, che le affermazioni del Consiglio relative alla nomina e alla composizione del consiglio di amministrazione della Xinanchem non consentivano, alla luce degli atti di causa, di mettere in dubbio il fatto che il controllo esercitato dallo Stato in tale società si manteneva entro i limiti dei normali meccanismi del mercato.

25

Su tale base il Tribunale ha concluso, al punto 97 della sentenza impugnata, che, dal momento che il criterio del controllo statale non è espressamente previsto tra le condizioni enunciate all’articolo 2, paragrafo 7, lettera c), primo trattino, del regolamento di base e che tale controllo non è sufficiente, di per sé solo, a dimostrare l’esistenza di una «significativa interferenza statale» ai sensi di detta disposizione, l’approccio del Consiglio è incompatibile con il sistema che esso stesso ha istituito. Dopo aver ricordato, al punto 99 della medesima sentenza, che l’onere della prova incombe sul produttore, il Tribunale ha sottolineato che la Xinanchem aveva fornito diversi elementi di prova, i quali erano stati tuttavia ritenuti inconferenti in ragione dell’approccio suddetto. Al punto 102 della sua sentenza, il Tribunale ha dichiarato che, date tali premesse, le circostanze elencate al considerando 13 del regolamento controverso non consentivano di giustificare la conclusione cui il Consiglio era giunto.

26

Di conseguenza, al punto 109 della sentenza impugnata, il Tribunale ha accolto le censure della Xinanchem rivolte contro la valutazione effettuata dal Consiglio in merito al controllo esercitato dallo Stato su tale società, nonché in merito alla nomina e alla composizione del consiglio di amministrazione di quest’ultima. Per contro, il Tribunale non si è pronunciato sulla questione se le prove fornite dalla società suddetta fossero sufficienti per ritenere soddisfatta la condizione enunciata all’articolo 2, paragrafo 7, lettera c), primo trattino, del regolamento di base, affermando che tale valutazione era riservata al Consiglio ed alla Commissione.

27

Infine, in una seconda parte della sua analisi, effettuata ai punti 110-159 della sentenza impugnata, il Tribunale ha esaminato le censure relative ai motivi di diniego enunciati ai considerando 14 e 17 del regolamento controverso, vale a dire quelli riguardanti la fissazione dei prezzi all’esportazione.

28

Dopo aver respinto, ai punti 114-120 della sentenza impugnata, la prima di tali censure, relativa al fatto che il Consiglio avrebbe compiuto un’erronea interpretazione dell’articolo 2, paragrafo 7, lettere b) e c), del regolamento di base, dichiarando che le vendite all’esportazione sono pertinenti ai fini dell’esame della domanda di riconoscimento del SEM, il Tribunale ha esaminato la seconda censura, attinente ad un asserito errore manifesto inficiante la valutazione del Consiglio relativa alla fissazione dei prezzi all’esportazione della società suddetta.

29

Al punto 137 della sentenza impugnata, il Tribunale ha anzitutto ricordato che spettava alla Xinanchem dimostrare che le proprie vendite all’esportazione erano conformi al comportamento di un’impresa operante in condizioni di economia di mercato e, in particolare, che essa era libera di decidere i prezzi all’esportazione, in funzione di considerazioni puramente commerciali e senza significative interferenze statali. Il giudice di primo grado ha poi rilevato, al punto 139 della sua sentenza, che le istituzioni avevano ritenuto che lo Stato esercitasse al riguardo un controllo notevole su detta società mediante il meccanismo di visto dei contratti all’esportazione da parte della Camera di commercio cinese rappresentante gli importatori e gli esportatori di metalli, di minerali e di prodotti chimici (in prosieguo: la «CCCMC»). Infine, il Tribunale ha concluso, al punto 140 della medesima sentenza, che occorreva verificare se, alla luce degli elementi presentati dalla Xinanchem durante l’inchiesta, le istituzioni potessero affermare, senza incorrere in un manifesto errore di valutazione, che il motivo di diniego attinente al citato meccanismo di visto permetteva di constatare che tale società non aveva dimostrato il soddisfacimento della condizione in questione.

30

Al riguardo il Tribunale ha constatato, in primo luogo, al punto 141 della sentenza impugnata, che dalle dichiarazioni della Xinanchem, corroborate dall’opuscolo informativo della CCCMC e da una lettera della EGA, risultava che il meccanismo in questione era stato instaurato su iniziativa dei produttori di glifosato, membri della CCCMC, la quale è un organismo non governativo, al fine di facilitare il loro adeguamento alle normative antidumping e di premunirli in tal modo contro eventuali denunce al riguardo. È in tale ottica che il governo cinese ha adottato misure che concedono alla CCCMC il diritto di apporre il visto ai contratti e di verificare i prezzi all’esportazione ai fini dello sdoganamento.

31

Il Tribunale ha rilevato, in secondo luogo, al punto 142 di detta sentenza, che dai citati documenti e da un documento della CCCMC risultava che il prezzo veniva fissato proprio dai membri del gruppo dei produttori di glifosato.

32

In terzo luogo, il Tribunale ha indicato, ai punti 143-150 della sentenza impugnata, che la Xinanchem aveva presentato una serie di elementi di prova – comprendenti dichiarazioni tanto proprie quanto della CCCMC, nonché fatture e contratti di vendita all’esportazione – idonei a dimostrare che il prezzo in questione non era vincolante durante il periodo dell’inchiesta e che la società suddetta era libera di fissare i prezzi all’esportazione a un livello inferiore a quello deciso dai membri del gruppo sopra menzionato.

33

Il Tribunale ne ha dedotto, al punto 151 della sentenza impugnata, che tali elementi erano idonei a dimostrare che il meccanismo di visto dei contratti all’esportazione non era stato imposto dallo Stato, che il prezzo era fissato dagli stessi produttori di glifosato membri della CCCMC e che esso non aveva comportato alcuna restrizione effettiva per quanto riguardava le attività di esportazione della Xinanchem. Di conseguenza, il Tribunale ha giudicato che, in assenza di contestazione del carattere probante o sufficiente di tali elementi, le istituzioni non potevano concludere, senza incorrere in un manifesto errore di valutazione, che, mediante il meccanismo in questione, lo Stato avesse esercitato un controllo notevole sui prezzi del prodotto in parola e che tale meccanismo costituisse una «significativa interferenza statale» ai sensi dell’articolo 2, paragrafo 7, lettera c), primo trattino, del regolamento di base.

34

Il Tribunale ha poi rilevato, ai punti 152-159 della sentenza impugnata, che tali elementi di prova e tali dichiarazioni non erano stati contestati dalle istituzioni, ed ha statuito che la valutazione di queste ultime relativa al ruolo della CCCMC non era sufficiente, alla luce degli elementi presentati dalla Xinanchem durante l’inchiesta, per fondare il diniego di riconoscimento del SEM. Il Tribunale ha così accolto la censura relativa ad un manifesto errore di valutazione commesso dal Consiglio riguardo alla fissazione dei prezzi all’esportazione della società suddetta.

35

Infine, al punto 160 della sua sentenza, riferendosi all’argomento del Consiglio secondo cui, ai fini dell’accoglimento della propria domanda, la Xinanchem avrebbe dovuto dimostrare che era la conclusione complessiva in ordine alla sussistenza di una significativa interferenza statale ad essere viziata da un manifesto errore di valutazione, il Tribunale ha statuito che, anche in combinazione tra loro, le motivazioni esposte nei considerando 13, 14 e 17 del regolamento controverso non erano idonee a giustificare il rifiuto di riconoscimento del SEM. Dopo aver ricordato la propria conclusione secondo cui, nella loro analisi, le istituzioni non avevano tenuto conto di tutti gli elementi pertinenti che la società suddetta aveva dedotto, il Tribunale ha constatato che gli errori così commessi inficiavano anche la conclusione complessiva cui il Consiglio era giunto.

Gli sviluppi intervenuti nel corso del procedimento dinanzi alla Corte

36

A seguito di una domanda della EGA, la Commissione ha avviato, il 29 settembre 2009, un procedimento di riesame a motivo della scadenza del regolamento controverso, invitando tutti i produttori-esportatori interessati, tra i quali la Xinanchem, a cooperare a tale procedura. Ritenendo di non essere tenuta, in virtù degli effetti della sentenza impugnata, a partecipare a tale procedura di riesame, la società suddetta ha proposto, il 30 dicembre 2009, una domanda di provvedimenti provvisori dinanzi alla Corte per ottenere che gli effetti della citata sentenza non fossero sospesi in attesa dell’esito dell’impugnazione proposta dal Consiglio contro tale pronuncia.

37

L’11 febbraio 2010 il Consiglio ha adottato il regolamento di esecuzione (UE) n. 126/2010 (GU L 40, pag. 1), che proroga di un anno la sospensione del dazio antidumping definitivo istituito dal regolamento n. 1683/2004. Tale proroga faceva seguito alla decisione 2009/383/CE della Commissione, del 14 maggio 2009, che sospende il dazio antidumping definitivo istituito dal regolamento n. 1683/2004 (GU L 120, pag. 20), sospensione disposta per un periodo di nove mesi.

38

Il 13 dicembre 2010 il Consiglio ha adottato il regolamento di esecuzione (UE) n. 1187/2010, che chiude il procedimento antidumping sulle importazioni di glifosato originario della Repubblica popolare cinese (GU L 332, pag. 31), il quale ha abrogato, a partire dalla sua entrata in vigore in data 17 dicembre 2010, le misure antidumping concernenti tali importazioni e concluso il procedimento relativo a queste ultime.

39

Con ordinanza del 18 maggio 2011, Consiglio/Zhejiang Xinan Chemical Industrial Group, C-337/09 P-R, il presidente della Corte ha statuito che, a seguito dell’adozione del regolamento n. 1187/2010, non vi era più luogo a provvedere sulla domanda di provvedimenti provvisori.

Conclusioni delle parti

40

Il Consiglio e la Commissione chiedono che la Corte voglia:

in via principale, annullare la sentenza impugnata e respingere il ricorso proposto dalla Xinanchem ai fini dell’annullamento del regolamento controverso;

in via subordinata, rinviare la causa dinanzi al Tribunale, e

condannare la Xinanchem alle spese dei due gradi di giudizio.

41

La Xinanchem chiede che la Corte voglia:

in via principale, respingere l’impugnazione nella sua interezza perché irricevibile, oppure, in subordine, perché infondata;

in ulteriore subordine, ove la Corte decida di accogliere in tutto o in parte l’impugnazione, confermare la decisione del Tribunale secondo cui le istituzioni non hanno rispettato i diritti della difesa, ed annullare su tale base l’articolo 1 del regolamento controverso nella parte riguardante la società suddetta, e

condannare il Consiglio alle spese.

42

La Audace chiede alla Corte di respingere il primo motivo di impugnazione e di condannare il Consiglio alle spese.

Sull’impugnazione

43

A sostegno della sua impugnazione il Consiglio deduce tre motivi, con i quali esso contesta la valutazione compiuta dal Tribunale in ordine, rispettivamente, ai motivi di diniego esposti nel considerando 13 del regolamento controverso e, dunque, agli effetti della partecipazione dello Stato nel capitale della Xinanchem, ai motivi di diniego esposti nei considerando 14 e 17 di tale regolamento e, dunque, al meccanismo di visto dei contratti all’esportazione gestito dalla CCCMC, nonché all’argomento del Consiglio secondo cui non era sufficiente mettere in discussione tali motivi di diniego separatamente.

Sulla ricevibilità

Sulle conseguenze dell’adozione del regolamento n. 1187/2010

44

Su invito della Corte, il Consiglio ha precisato, con lettera del 25 gennaio 2011, che manteneva ferma la propria impugnazione per due ragioni. In primo luogo, la rinuncia agli atti del giudizio avrebbe avuto come conseguenza che il regolamento controverso, là dove riguardante la Xinanchem, sarebbe stato annullato con effetto ex tunc, mentre, nell’ipotesi in cui l’impugnazione fosse stata accolta, detto regolamento avrebbe interamente mantenuto la propria validità fino alla sua abrogazione ad opera del regolamento n. 1187/2010. In secondo luogo, la sentenza impugnata solleverebbe importanti questioni di principio relative all’interpretazione dell’articolo 2, paragrafo 7, lettera c), del regolamento di base, aventi implicazioni che superano i confini della presente controversia.

45

A seguito della pronuncia della citata ordinanza Consiglio/Zhejiang Xinan Chemical Industrial Group, la Xinanchem ha chiesto alla Corte, con lettera del 29 giugno 2011, di constatare che non vi è più luogo a statuire sull’impugnazione. Essa reputa che una constatazione in tal senso s’imponga segnatamente alla luce del punto 44 di detta ordinanza, a mente del quale l’interesse alla soluzione di questioni giuridiche che potrebbero porsi in avvenire in situazioni analoghe a quella all’origine della domanda di provvedimenti provvisori non può essere sufficiente per giustificare il mantenimento di tale domanda.

46

Si deve a questo proposito ricordare che la Corte può dichiarare un’impugnazione irricevibile qualora un fatto successivo alla sentenza del Tribunale abbia privato quest’ultima dei suoi effetti pregiudizievoli per la parte impugnante. Infatti, l’esistenza di un interesse ad agire del ricorrente presuppone che l’impugnazione possa, con il suo risultato, procurare un beneficio alla parte che l’ha proposta (v. sentenza del 19 ottobre 1995, Rendo e a./Commissione, C-19/93 P, Racc. pag. I-3319, punto 13; ordinanze del 25 gennaio 2001, Lech-Stahlwerke/Commissione, C-111/99 P, Racc. pag. I-727, punto 18, e dell’8 aprile 2008, Saint-Gobain Glass Deutschland/Commissione, C-503/07 P, Racc. pag. I-2217, punto 48).

47

È però giocoforza constatare che l’adozione del regolamento n. 1187/2010 non ha assolutamente fatto venir meno le conseguenze che la sentenza impugnata determina per il Consiglio.

48

Infatti, la sentenza impugnata ha annullato il regolamento controverso, là dove riguardante la Xinanchem, con effetto ex tunc, motivo per cui, salvo che detta sentenza venga annullata dalla Corte, deve ritenersi che il regolamento in questione non abbia mai prodotto effetti nei confronti della società suddetta. Per contro, il regolamento n. 1187/2010 ha abrogato il regolamento controverso soltanto a partire dalla data della propria entrata in vigore, ossia dal 17 dicembre 2010.

49

Di conseguenza, se la Corte dovesse accogliere l’impugnazione del Consiglio e respingere il ricorso di annullamento proposto dalla Xinanchem dinanzi al Tribunale avverso il regolamento controverso, ne conseguirebbe che quest’ultimo produrrebbe pienamente effetto nell’ordinamento giuridico dell’Unione per il periodo compreso tra la data della sua adozione, il 24 settembre 2004, e quella della sua abrogazione, divenuta efficace il 17 dicembre 2010. È dunque indiscutibile che l’impugnazione può ancora procurare, con il suo risultato, un beneficio al Consiglio.

50

La situazione si differenzia dunque radicalmente da quella all’origine della citata ordinanza Consiglio/Zhejiang Xinan Chemical Industrial Group, la quale era caratterizzata dal fatto che le ragioni invocate dalla Xinanchem a sostegno della propria domanda di provvedimenti provvisori avevano cessato di esistere a partire dall’entrata in vigore del regolamento n. 1187/2010, sicché tale domanda era ormai motivata unicamente dall’interesse che la soluzione delle questioni giuridiche sollevate avrebbe potuto avere per analoghe situazioni che si fossero presentate in futuro, nonché dal rischio ipotetico che la Commissione potesse decidere in futuro di riaprire il procedimento antidumping relativo alle importazioni di glifosato originario della Cina (v. punti 39-48 della suddetta ordinanza).

51

Occorre peraltro aggiungere che non consta neppure che l’adozione del regolamento n. 1187/2010 abbia avuto la conseguenza di porre fine alla controversia tra le parti e che dunque l’impugnazione sia divenuta per tale motivo priva d’oggetto (v. per analogia, in particolare, ordinanza del 1o dicembre 2004, UAMI/Zapf Creation, C-498/01 P, Racc. pag. I-11349, punto 12, e sentenza del 21 dicembre 2011, Francia/People’s Mojahedin Organization of Iran, C-27/09 P, Racc. pag. I-13427, punto 48).

52

Infatti, il Consiglio continua a sostenere che era giustificato rifiutare alla Xinanchem il beneficio del SEM e che il regolamento controverso avrebbe dovuto applicarsi nei confronti di detta società fino alla data della sua abrogazione.

53

Risulta da quanto sopra che l’impugnazione non è divenuta irricevibile a motivo dell’adozione del regolamento n. 1187/2010.

Sugli altri motivi di irricevibilità invocati

54

La Xinanchem fa valere che l’impugnazione è irricevibile per il fatto che il Consiglio mette in discussione le constatazioni di fatto e le valutazioni relative agli elementi di prova effettuate dal Tribunale, senza indicare l’errore di diritto in cui sarebbe incorso tale giudice.

55

A tale riguardo, si deve rammentare che dagli articoli 256 TFUE e 58, primo comma, dello Statuto della Corte di giustizia dell’Unione europea risulta che il Tribunale è il solo competente, da un lato, ad accertare i fatti e, dall’altro, a valutare tali fatti. Soltanto nel caso in cui l’inesattezza materiale dell’accertamento dei fatti operato dal Tribunale risulti dai documenti del fascicolo a questo presentati, oppure in caso di snaturamento degli elementi di prova assunti a fondamento di tali fatti, il suddetto accertamento e la valutazione di tali elementi di prova costituiscono questioni di diritto assoggettate al controllo della Corte nell’ambito del giudizio di impugnazione. Per contro, la Corte è competente ad esercitare, a norma dell’articolo 256 TFUE, un controllo sulla qualificazione giuridica di tali fatti e sulle conseguenze di diritto che il Tribunale ne ha tratto (v. in tal senso, segnatamente, sentenze del 16 luglio 2009, Commissione/Schneider Electric, C-440/07 P, Racc. pag. I-6413, punti 103 e 104, nonché del 29 marzo 2011, ThyssenKrupp Nirosta/Commissione, C-352/09 P, Racc. pag. I-2359, punti 179 e 180 e la giurisprudenza ivi citata).

56

Orbene, con il suo primo motivo di impugnazione, il Consiglio addebita al Tribunale di aver interpretato in modo erroneo l’articolo 2, paragrafo 7, lettera c), primo trattino, del regolamento di base e di avere, sulla scorta di tale interpretazione, erroneamente qualificato i fatti che erano stati rilevati nel regolamento controverso – in particolare la circostanza che la Xinanchem fosse de facto controllata dallo Stato – come insufficienti di per sé soli per dimostrare l’esistenza di una «significativa interferenza statale» ai sensi della citata disposizione e dunque insufficienti per rifiutare a detta società il beneficio del SEM senza che venissero presi in considerazione gli elementi di prova forniti da quest’ultima.

57

Tale motivo verte dunque non già sull’accertamento dei fatti o sulla valutazione degli elementi di prova da parte del Tribunale, bensì sull’interpretazione di una norma giuridica e sulla sua applicazione ai fatti quali constatati dal Consiglio.

58

Per quanto riguarda il secondo motivo dedotto a sostegno dell’impugnazione, esso riguarda in particolare il fatto che il Tribunale, constatando un manifesto errore del Consiglio e della Commissione nella loro valutazione del meccanismo di visto dei contratti all’esportazione gestito dalla CCCMC, avrebbe disconosciuto l’ampio margine di discrezionalità di cui tali istituzioni dispongono per l’applicazione dei criteri enunciati all’articolo 2, paragrafo 7, lettera c), del regolamento di base. Come rilevato dall’avvocato generale al paragrafo 33 delle sue conclusioni, la questione dell’ampiezza del potere discrezionale di cui godono le istituzioni dell’Unione ai fini della valutazione di situazioni economiche complesse e, in tale contesto, quella dei limiti del controllo da parte dei giudici dell’Unione in ordine all’esercizio di tale potere sono questioni di diritto assoggettate al controllo della Corte nel giudizio di impugnazione.

59

Quanto al terzo motivo di impugnazione, occorre constatare che il Consiglio deduce a sostegno del medesimo errori giuridici, asseritamente commessi dal Tribunale, che sono identici a quelli costituenti il fondamento del primo e del secondo motivo. Di conseguenza, le considerazioni svolte ai punti 56-58 della presente sentenza si applicano anche al terzo motivo.

60

Inoltre, la Xinanchem eccepisce l’irricevibilità dell’impugnazione per il fatto che il Consiglio mirerebbe ad imporre la propria interpretazione dell’articolo 2, paragrafo 7, lettera c), primo trattino, del regolamento di base, così come da esso applicata in occasione dell’inchiesta amministrativa e difesa nel procedimento dinanzi al Tribunale, la quale sarebbe però stata censurata da quest’ultimo. L’impugnazione costituirebbe dunque una semplice reiterazione degli argomenti che erano già stati sottoposti al Tribunale.

61

Al riguardo è sufficiente constatare che, qualora un ricorrente contesti l’interpretazione o l’applicazione del diritto dell’Unione effettuata dal Tribunale, i punti di diritto esaminati in primo grado possono essere nuovamente discussi nel corso di un giudizio di impugnazione. Infatti, se un ricorrente non potesse così fondare la propria impugnazione su argomenti già utilizzati dinanzi al Tribunale, il procedimento di impugnazione sarebbe privato di una parte del suo significato (v. sentenze del 23 aprile 2009, AEPI/Commissione, C-425/07 P, Racc. pag. I-3205, punto 24, e del 29 luglio 2010, Grecia/Commissione, C-54/09 P, Racc. pag. I-7537, punto 43).

62

Risulta da quanto sopra esposto che l’impugnazione deve essere dichiarata ricevibile.

Nel merito

Sul primo motivo, relativo agli effetti della partecipazione dello Stato nel capitale della Xinanchem

– Argomenti delle parti

63

Il Consiglio e la Commissione fanno valere che il Tribunale ha effettuato un’erronea interpretazione della nozione di «significativa interferenza statale» di cui all’articolo 2, paragrafo 7, lettera c), primo trattino, del regolamento di base, statuendo che il fatto che la ripartizione delle azioni consentisse agli azionisti pubblici di controllare la Xinanchem non era automaticamente equiparabile ad un’interferenza siffatta.

64

In primo luogo, tale interpretazione sarebbe contraria al tenore letterale della suddetta disposizione e sopprimerebbe il requisito dell’assenza di una significativa interferenza dello Stato quale autonomo criterio. In secondo luogo, tale interpretazione non corrisponderebbe al senso abituale del termine «significativo», il quale si riferirebbe al grado di interferenza dello Stato, e non al tipo o agli effetti di tale interferenza. In terzo luogo, la suddetta interpretazione contrasterebbe con l’esigenza di interpretare l’articolo 2, paragrafo 7, lettere b) e c), del regolamento di base in modo restrittivo in ragione del carattere di eccezione di tale norma. In quarto luogo, l’interpretazione effettuata dal Tribunale ignorerebbe il fatto che la citata disposizione deve essere interpretata alla luce dell’articolo 9, paragrafo 5, del regolamento di base e che il SEM non può essere concesso ad un produttore che non soddisfi neppure le condizioni richieste per ottenere il beneficio del trattamento individuale. In quinto luogo, l’interpretazione adottata dal Tribunale porterebbe ad un’inversione dell’onere della prova e a risultati impraticabili.

65

La Xinanchem e la Audace ritengono che gli argomenti invocati dal Consiglio e dalla Commissione siano privi di fondamento e che giustamente il Tribunale abbia respinto l’interpretazione proposta da tali istituzioni per il fatto che essa finisce per introdurre condizioni che vanno al di là di quelle enunciate all’articolo 2, paragrafo 7, lettera c), primo trattino, del regolamento di base.

– Giudizio della Corte

66

In limine, occorre rilevare che, a termini dell’articolo 2, paragrafo 7, lettera a), del regolamento di base, nel caso di importazioni in provenienza da paesi non retti da un’economia di mercato, in deroga alle norme di cui ai paragrafi 1-6 del medesimo articolo, il valore normale è determinato, in linea di principio, in base al prezzo o al valore costruito in un paese terzo ad economia di mercato. Detta disposizione mira così ad evitare che vengano presi in considerazione i prezzi e i costi vigenti in paesi non retti da un’economia di mercato, nella misura in cui in questi ultimi tali parametri non sono la risultante normale delle forze che si esercitano sul mercato (v. sentenze del 29 maggio 1997, Rotexchemie, C-26/96, Racc. pag. I-2817, punto 9, e del 22 marzo 2012, GLS, C-338/10, punto 20).

67

Tuttavia, in virtù della lettera b) del citato articolo 2, paragrafo 7, del regolamento di base, nel caso di inchieste antidumping relative ad importazioni provenienti in particolare dalla Cina, il valore normale è determinato conformemente ai paragrafi 1-6 del medesimo articolo qualora, in base a richieste debitamente motivate di uno o più produttori oggetto dell’inchiesta e nel rispetto dei criteri e delle procedure di cui alla successiva lettera c) del citato articolo 2, paragrafo 7, sia dimostrata la prevalenza di condizioni dell’economia di mercato per il produttore o per i produttori in questione relativamente alla produzione e alla vendita del prodotto simile di cui trattasi.

68

Risulta dai considerando quarto e quinto del regolamento n. 905/98 che l’introduzione nel regolamento di base dell’articolo 2, paragrafo 7, lettere b) e c), è stata motivata dal fatto che le riforme intraprese segnatamente in Cina hanno modificato in modo essenziale l’economia di tale paese e hanno portato all’emergere di imprese per le quali prevalgono condizioni dell’economia di mercato, sicché il paese suddetto si è discostato dal modello economico che aveva suggerito il ricorso sistematico al metodo del paese di riferimento.

69

Tuttavia, nella misura in cui, malgrado tali riforme, la Repubblica popolare cinese non costituisce ancora un paese ad economia di mercato, alle cui esportazioni si applichino automaticamente le regole stabilite all’articolo 2, paragrafi 1-6, del regolamento di base, il paragrafo 7, lettera c), di questo medesimo articolo impone a ciascun produttore che desideri beneficiare delle regole suddette di fornire prove sufficienti, come specificate in questa stessa disposizione, atte a dimostrare che esso opera in condizioni di economia di mercato.

70

Spetta al Consiglio e alla Commissione valutare se gli elementi forniti dal produttore interessato siano sufficienti a dimostrare che i criteri enunciati al citato articolo 2, paragrafo 7, lettera c), sono soddisfatti in vista del riconoscimento a favore di detto produttore del beneficio del SEM, ed al giudice dell’Unione verificare che tale valutazione non sia viziata da un errore manifesto [v. sentenza del 2 febbraio 2012, Brosmann Footwear (HK) e a./Consiglio, C-249/10 P, punto 32].

71

È pacifico che, nel caso di specie, il beneficio del SEM è stato rifiutato alla Xinanchem unicamente a motivo del fatto che tale società non aveva dimostrato di soddisfare il criterio enunciato all’articolo 2, paragrafo 7, lettera c), primo trattino, del regolamento di base, mentre la Commissione aveva considerato soddisfatti gli altri criteri.

72

A norma del citato articolo 2, paragrafo 7, lettera c), primo trattino, il produttore deve presentare prove sufficienti a dimostrare che le proprie decisioni in materia di prezzi, costi e fattori produttivi, ad esempio per le materie prime, per gli impianti tecnologici e la manodopera, per la produzione, le vendite e gli investimenti, vengono prese in risposta a segnali del mercato rispecchianti la situazione della domanda e dell’offerta e senza significative interferenze statali al riguardo, e che i costi dei principali fattori produttivi riflettono nel complesso i valori di mercato.

73

Detta disposizione istituisce così, da un lato, una duplice condizione in riferimento a talune decisioni commerciali del produttore e, dall’altro, una condizione attinente ai costi effettivi dei principali fattori produttivi.

74

Come rilevato dal Tribunale al punto 39 della sentenza impugnata, la Commissione non ha formulato alcuna obiezione riguardo alla condizione secondo cui i costi dei principali fattori produttivi devono riflettere nel complesso i valori di mercato. Il contenzioso tra le parti verte dunque esclusivamente sull’interpretazione e sull’applicazione della duplice condizione di cui sopra, in virtù della quale il produttore deve prendere le proprie decisioni in materia di prezzi, costi e fattori produttivi tenendo conto dei segnali del mercato e senza significative interferenze statali al riguardo.

75

Più precisamente, il Consiglio e la Commissione mettono in discussione l’interpretazione adottata dal Tribunale in riferimento al secondo elemento di tale duplice condizione, facendo valere, in sostanza, che il controllo dello Stato, così come descritto nel considerando 13 del regolamento controverso, equivale automaticamente ad una «significativa interferenza statale» ai sensi dell’articolo 2, paragrafo 7, lettera c), primo trattino, del regolamento di base. Di conseguenza, contrariamente a quanto statuito dal Tribunale, il Consiglio e la Commissione sarebbero stati legittimati a rifiutare alla Xinanchem il beneficio del SEM senza tener conto degli elementi di prova forniti da tale società per dimostrare che le proprie decisioni in materia di prezzi, costi e fattori produttivi venivano prese nel rispetto della duplice condizione sopra menzionata.

76

Al considerando 13 del regolamento controverso, il Consiglio ha constatato che, sebbene la maggior parte delle azioni della Xinanchem fosse detenuta da soggetti privati, tale società risultava controllata dallo Stato a motivo della notevole dispersione delle partecipazioni private, nonché del fatto che lo Stato deteneva un pacchetto azionario di gran lunga superiore agli altri. Il medesimo considerando precisa che, per di più, il consiglio d’amministrazione era nominato dagli azionisti pubblici e si componeva per la maggior parte di funzionari dello Stato o provenienti da imprese pubbliche.

77

Quanto a quest’ultima constatazione, il Tribunale, senza essere contraddetto sul punto né dal Consiglio né dalla Commissione, ha rilevato ai punti 94 e 95 della sentenza impugnata che, per quanto riguarda, in primo luogo, l’affermazione relativa alla nomina del consiglio di amministrazione, risultava dal fascicolo che essa era correlata al fatto che, a motivo della dispersione delle partecipazioni private, gli azionisti pubblici controllano l’assemblea generale, la quale elegge i membri del consiglio di amministrazione, sicché in pratica detti azionisti decidono della composizione di tale consiglio. Per quanto riguarda, in secondo luogo, l’affermazione secondo cui la maggior parte degli amministratori erano funzionari dello Stato o provenienti da imprese pubbliche, il Tribunale ha rilevato che anch’essa era fondata sulla semplice circostanza che la Xinanchem è controllata dallo Stato e, in particolare, sul fatto che tre dei nove amministratori erano legati a tale società da un rapporto di lavoro dipendente o da un contratto di prestazione di servizi.

78

Orbene, è giocoforza constatare che il Tribunale ha correttamente statuito, segnatamente ai punti 98 e 107 della sentenza impugnata, che un controllo da parte dello Stato, quale quello rilevato nella specie, non può essere equiparato, per principio, ad una «significativa interferenza statale» ai sensi dell’articolo 2, paragrafo 7, lettera c), primo trattino, del regolamento di base e non può dunque dispensare il Consiglio e la Commissione dall’obbligo di tener conto degli elementi di prova, forniti dal produttore interessato, riguardanti il concreto contesto di fatto, di diritto ed economico nel quale questi opera.

79

Infatti, risulta chiaramente dal tenore letterale dell’articolo 2, paragrafo 7, lettera c), primo trattino, del regolamento di base che tale disposizione non contempla le interferenze statali di qualsiasi natura nelle imprese produttrici, bensì soltanto quelle afferenti le decisioni di queste ultime in materia di prezzi, costi e fattori produttivi.

80

Inoltre, l’impiego stesso del termine «interferenza» indica che non è sufficiente che lo Stato possa avere una certa influenza su dette decisioni, bensì implica un’ingerenza effettiva in queste ultime.

81

Per giunta, l’interferenza nelle decisioni del produttore interessato riguardanti prezzi, costi e fattori produttivi deve essere «significativa». È dunque pacifico che l’articolo 2, paragrafo 7, lettera c), primo trattino, del regolamento di base consente – così come d’altronde riconosciuto dal Consiglio e dalla Commissione – un certo grado di interferenza dello Stato in tali decisioni.

82

Il carattere significativo o meno di un’interferenza dello Stato nelle decisioni suddette deve essere valutato in rapporto alla finalità della disposizione sopra citata, la quale mira a garantire che il produttore operi in condizioni di economia di mercato e, in particolare, che i costi che egli deve sostenere ed i prezzi da lui praticati siano la risultante del libero gioco delle forze di mercato. Di conseguenza, un’interferenza statale che non sia idonea, né per la sua natura né per i suoi effetti, a rendere incompatibili con le condizioni di un’economia di mercato le decisioni del produttore in materia di prezzi, costi e fattori produttivi non può essere considerata significativa.

83

Nella specie, occorre constatare che il controllo da parte dello Stato, quale rilevato dalle istituzioni suddette, segnatamente nel considerando 13 del regolamento controverso, non è per sua natura incompatibile con le condizioni di un’economia di mercato. Inoltre, pur essendo innegabile che lo Stato si trova a disporre di una certa influenza sulla Xinanchem per il fatto che la suddivisione delle azioni di tale società consente agli azionisti pubblici, seppur minoritari, di controllare de facto l’assemblea generale degli azionisti e dunque di nominare il consiglio di amministrazione, non ne consegue per questo che lo Stato interferisca effettivamente, e per giunta in maniera significativa, nelle decisioni della società suddetta in materia di prezzi, costi e fattori produttivi. Un’interferenza siffatta neppure consegue automaticamente dalla circostanza che alcuni degli amministratori di detta società sono legati a quest’ultima da contratti di lavoro o di prestazione di servizi.

84

Occorre peraltro rilevare come il considerando 13 del regolamento controverso non faccia neppure riferimento ad un’interferenza da parte dello Stato nelle suddette decisioni della Xinanchem, ma si limiti a constatare che tale società è assoggettata ad un controllo e ad un’influenza notevoli da parte dello Stato.

85

Pertanto, nella misura in cui i fatti esposti al citato considerando 13 non escludono in definitiva che la Xinanchem prenda le proprie decisioni in materia di prezzi, costi e fattori produttivi tenendo conto dei segnali del mercato rispecchianti la situazione della domanda e dell’offerta e senza significative interferenze statali al riguardo, spettava al Consiglio ed alla Commissione valutare se gli elementi forniti da detta società fossero sufficienti per dimostrare che essa soddisfaceva la duplice condizione enunciata all’articolo 2, paragrafo 7, lettera c), primo trattino, del regolamento di base.

86

Come rilevato dal Tribunale ai punti 90 e 98 della sentenza impugnata, era legittimo per il Consiglio e la Commissione, nell’esame di tali prove e alla luce dell’ampio margine di discrezionalità di cui essi godono in tale settore, tener conto della circostanza che la Xinanchem è controllata, ai sensi del diritto societario, dallo Stato. Infatti, nell’ambito di uno Stato privo di un’economia di mercato, la circostanza che una società in questo stabilita sia de facto controllata dagli azionisti pubblici rende lecito dubitare seriamente che la direzione di tale società sia sufficientemente indipendente dallo Stato per poter prendere le decisioni in materia di prezzi, costi e fattori produttivi in modo autonomo ed in risposta ai segnali del mercato.

87

Tuttavia, come constatato dal Tribunale, segnatamente ai punti 99, 100 e 107 della sentenza impugnata, e come espressamente confermato dal Consiglio in occasione dell’udienza dinanzi alla Corte, il Consiglio e la Commissione hanno omesso, a motivo della loro interpretazione dell’articolo 2, paragrafo 7, lettera c), primo trattino, del regolamento di base, di procedere ad una valutazione degli elementi di prova forniti dalla Xinanchem, ignorando quindi tali elementi.

88

L’interpretazione poc’anzi adottata riguardo alla succitata disposizione, la quale corrisponde, in sostanza, all’interpretazione su cui il Tribunale ha fondato la propria analisi, non viene rimessa in discussione dagli argomenti dedotti a sostegno del primo motivo di impugnazione.

89

A questo proposito, occorre constatare che il fatto di interpretare il citato articolo 2, paragrafo 7, lettera c), primo trattino, nel senso che il controllo dello Stato, così com’è stato descritto al considerando 13 del regolamento controverso, non equivale automaticamente ad una «significativa interferenza statale» ai sensi di tale disposizione, non produce l’effetto di sopprimere la condizione secondo cui il produttore deve prendere le proprie decisioni in materia di prezzi, costi e fattori produttivi senza interferenze di questo tipo.

90

Infatti, anche quando il produttore abbia adottato tali decisioni tenendo conto unicamente dei segnali del mercato, la condizione suddetta osta a che il produttore in questione si veda attribuito il beneficio del SEM nell’ipotesi in cui lo Stato abbia interferito in modo significativo nel libero gioco delle forze del mercato. Occorre ricordare a questo proposito che il beneficio del SEM può essere concesso ad un operatore soltanto se i costi che egli deve sostenere ed i prezzi da lui praticati sono la risultante del libero gioco dell’offerta e della domanda. Tale situazione non ricorrerebbe se, ad esempio, lo Stato intervenisse direttamente sul prezzo di alcune materie prime ovvero sul prezzo della manodopera. Anche se, in simili circostanze, il produttore si lasciasse guidare dai segnali del mercato per le proprie decisioni in materia di prezzi, costi e fattori produttivi, la significativa interferenza dello Stato al riguardo non consentirebbe di ritenere che per un simile produttore prevalgano le condizioni di un’economia di mercato. Pertanto, il secondo elemento della duplice condizione enunciata nella succitata disposizione mantiene, tanto per le imprese che sono de facto controllate dallo Stato quanto per qualsiasi altro produttore, la propria autonomia rispetto al primo elemento della medesima duplice condizione.

91

Inoltre, la suddetta interpretazione non inverte minimamente l’onere della prova, che – come ricordato sia ai punti 35 e 99 della sentenza impugnata, sia ai punti 70 e 85 della presente sentenza – incombe al produttore. Per di più, tale interpretazione, se certo costringe il Consiglio e la Commissione a tener conto, anche in una situazione come quella del caso di specie, degli elementi di prova forniti da detto produttore e ad esaminare questi ultimi con tutta la diligenza necessaria per stabilire se essi siano sufficienti a dimostrare che il produttore medesimo soddisfa la duplice condizione sopra citata, lascia però intatto l’ampio potere discrezionale di cui tali istituzioni godono per valutare gli elementi in questione.

92

Come rilevato dall’avvocato generale ai paragrafi 84-88 delle sue conclusioni, l’approccio delle suddette istituzioni non è giustificabile neppure con la presunta necessità di interpretare l’articolo 2, paragrafo 7, lettera c), del regolamento di base alla luce dell’articolo 9, paragrafo 5, secondo comma, del medesimo regolamento, nel caso concreto di un’impresa la maggioranza delle cui azioni appartenga a soggetti privati, ma che sia controllata de facto dallo Stato.

93

Infine, per quanto riguarda l’argomento relativo al carattere di eccezione dell’articolo 2, paragrafo 7, lettere b) e c), del regolamento di base, è importante constatare che la necessità di un’interpretazione restrittiva non può consentire alle istituzioni di interpretare e di applicare tale disposizione in un modo incompatibile con la formulazione e la finalità di quest’ultima.

94

Risulta dall’insieme delle considerazioni che precedono che il primo motivo dedotto a sostegno dell’impugnazione deve essere respinto perché infondato.

Sul secondo motivo di impugnazione, relativo al meccanismo di visto dei contratti all’esportazione

– Argomenti delle parti

95

Con il loro secondo motivo, il Consiglio e la Commissione sostengono che il Tribunale ha travalicato i limiti del controllo giurisdizionale constatando un manifesto errore commesso da dette istituzioni nella loro valutazione del meccanismo di visto dei contratti all’esportazione gestito dalla CCCMC. Le suddette istituzioni ritengono infatti che la loro conclusione, secondo cui tale meccanismo rappresentava un’interferenza significativa dello Stato nella fissazione dei prezzi all’esportazione dei prodotti della Xinanchem, non esorbitasse dai limiti dell’ampio potere discrezionale del quale esse dispongono nell’applicazione dei criteri enunciati all’articolo 2, paragrafo 7, lettera c), del regolamento di base.

96

Il Consiglio e la Commissione fanno valere in particolare che la conclusione del Tribunale, secondo cui la CCCMC è un organismo non governativo e secondo cui il sistema dei prezzi ed il prezzo minimo erano stabiliti dai membri di tale organismo, è priva di rilevanza ed è inoltre errata. Nessun elemento di prova indicherebbe che le società che erano membri della CCCMC operassero in condizioni di economia di mercato. Al contrario, la circostanza che su 39 produttori cinesi soltanto 2 abbiano chiesto di beneficiare del SEM costituirebbe un indizio del fatto che la maggioranza di tali produttori non operava in condizioni di economia di mercato. Occorrerebbe dunque presumere che gli atti della CCCMC costituiscano atti di un organismo operante in base ai principi di un’economia diretta dallo Stato e che il suddetto sistema di controllo dei prezzi introduca una restrizione alla libertà degli esportatori individuali, fondata su considerazioni che non sono quelle di un’economia di mercato. Peraltro, quest’ultima constatazione sarebbe corroborata dal fatto che le autorità doganali cinesi consentono l’esportazione soltanto quando il contratto di esportazione rechi il visto della CCCMC.

97

Inoltre, contrariamente a quanto statuito dal Tribunale, il Consiglio e la Commissione avrebbero giustamente considerato che gli elementi di prova forniti dalla Xinanchem in merito ai propri prezzi all’esportazione fossero privi di pertinenza. Infatti, tali elementi mostrerebbero soltanto che esistevano operazioni di esportazione, vistate dalla CCCMC, nelle quali il prezzo era inferiore al prezzo minimo. Tuttavia, simili elementi di prova non sarebbero sufficienti per confutare il fatto che il sistema istituito consentiva alla CCCMC di controllare i prezzi all’esportazione. In particolare, il fatto che alcune esportazioni siano state effettuate a prezzi inferiori al prezzo minimo non fornirebbe alcuna indicazione atta a stabilire se siano state rifiutate altre esportazioni a prezzi siffatti. La considerazione sulla quale si è fondato il Tribunale – secondo cui le istituzioni devono valutare la prassi seguita riguardo ai prezzi per poter stabilire se un sistema, quale quello in questione nella presente controversia, limiti effettivamente la capacità degli esportatori di fissare i prezzi all’esportazione in modo indipendente – finirebbe non soltanto per invertire l’onere della prova, ma renderebbe impossibile per dette istituzioni assolvere tale onere, in quanto esse non potrebbero praticamente mai fornire la prova di una partecipazione effettiva dello Stato nel processo di fissazione dei prezzi.

98

La Xinanchem fa valere che, anche a supporlo ricevibile, il secondo motivo di impugnazione è infondato.

– Giudizio della Corte

99

Dopo aver esaminato, ai punti 141-150 della sentenza impugnata, il contenuto degli elementi di prova presentati dalla Xinanchem, il Tribunale ha constatato, al punto 151 della medesima sentenza, che tali elementi erano idonei a dimostrare che il meccanismo di visto dei prezzi all’esportazione non era stato imposto dallo Stato, che il prezzo era fissato dagli stessi produttori di glifosato membri della CCCMC e che esso non aveva comportato una limitazione effettiva quanto alle attività di esportazione della Xinanchem. Il Tribunale ne ha inferito che, in assenza di contestazione del carattere probante o sufficiente di tali elementi, il Consiglio e la Commissione non potevano concludere, senza incorrere in un manifesto errore di valutazione, che, mediante il meccanismo in questione, lo Stato avesse esercitato un controllo notevole sui prezzi del prodotto in questione e che tale meccanismo costituisse una «significativa interferenza statale» ai sensi dell’articolo 2, paragrafo 7, lettera c), primo trattino, del regolamento di base.

100

Orbene, il Consiglio e la Commissione non fanno valere alcuno snaturamento per quanto riguarda l’esame suddetto e le constatazioni in punto di fatto compiute dal Tribunale ai punti 141-151 della sentenza impugnata. Inoltre, tali istituzioni non negano che, come rilevato dal Tribunale ai punti 152-155 di detta sentenza, esse non avevano contestato il carattere probante o sufficiente di tali elementi di prova.

101

Occorre inoltre precisare come il Tribunale non abbia affatto statuito che i suddetti elementi fossero probanti e dimostrassero in termini giuridicamente sufficienti che la CCCMC non aveva imposto alla Xinanchem il prezzo da praticare per le sue esportazioni di glifosato. Al contrario, il Tribunale ha espressamente affermato, ai punti 151-155 della sentenza impugnata, che il Consiglio e la Commissione avrebbero legittimamente potuto mettere in discussione il carattere probante o sufficiente di detti elementi.

102

Quanto all’argomento della Commissione, secondo cui il fatto che la CCCMC avesse la possibilità di rifiutare il visto dei contratti all’esportazione in caso di mancato rispetto del prezzo di riferimento costituisce una prova a prima vista sufficiente dell’interferenza nella fissazione dei prezzi, occorre constatare che le istituzioni non possono limitare la propria valutazione ad un’analisi della situazione quale essa si presenta «a prima vista» qualora il produttore fornisca elementi di prova idonei per l’appunto a confutare tale analisi.

103

Inoltre, contrariamente a quanto sostenuto dal Consiglio e dalla Commissione, il Tribunale non ha affatto invertito l’onere della prova constatando, al punto 157 della sentenza impugnata, che dette istituzioni erano nella fattispecie tenute a prendere in considerazione, nella valutazione del meccanismo di visto dei contratti all’esportazione gestito dalla CCCMC, gli elementi di prova forniti dalla Xinanchem e idonei a dimostrare che tale meccanismo non aveva comportato alcuna restrizione effettiva relativamente alle attività di esportazione di tale impresa.

104

Infatti, occorre rilevare che, sebbene non spetti al Consiglio e alla Commissione provare che il meccanismo di visto dei contratti all’esportazione gestito dalla CCCMC porta realmente ad una significativa interferenza dello Stato nelle decisioni riguardanti i prezzi all’esportazione, le istituzioni suddette sono nondimeno tenute, in virtù del principio di buona amministrazione, ad esaminare con tutta la diligenza e l’imparzialità richieste gli elementi di prova forniti dal produttore e a tenere in debita considerazione tutti gli elementi pertinenti nell’ambito della loro valutazione degli effetti del citato meccanismo sulle decisioni di tale produttore in merito ai propri prezzi all’esportazione.

105

Nel caso di specie, il Tribunale non ha giudicato che spettasse a tali istituzioni fornire la prova che il meccanismo suddetto aveva effettivamente limitato la capacità della Xinanchem di fissare i propri prezzi all’esportazione, bensì ha unicamente constatato che dette istituzioni non avevano proceduto ad una valutazione degli elementi di prova presentati dalla Xinanchem che soddisfacesse l’obbligo risultante dal punto precedente.

106

In tale contesto, è importante rilevare che, considerata la complessità delle situazioni economiche, politiche e giuridiche che esse debbono esaminare nel settore della politica commerciale comune, e più specificamente in materia di misure di difesa commerciale (sentenze del 27 settembre 2007, Ikea Wholesale, C-351/04, Racc. pag. I-7723, punto 40; del 28 febbraio 2008, AGST Draht- und Biegetechnik, C-398/05, Racc. pag. I-1057, punto 33; dell’11 febbraio 2010, Hoesch Metals and Alloys, C-373/08, Racc. pag. I-951, punto 61, nonché del 16 febbraio 2012, Consiglio e Commissione/Interpipe Niko Tube e Interpipe NTRP, C-191/09 P e C-200/09 P, punto 63), le suddette istituzioni avrebbero disposto, nell’ambito della valutazione di cui sopra, di un ampio potere discrezionale ed avrebbero potuto tenere conto di qualsiasi indizio a loro disposizione al fine di stabilire se gli elementi di prova forniti dalla Xinanchem fossero convincenti e sufficienti a dissipare il timore che tale società non fosse, a motivo del suddetto meccanismo, libera di fissare i propri prezzi all’esportazione. Inoltre, come rilevato d’altronde dal Tribunale al punto 36 della sentenza impugnata, qualora sussista un dubbio riguardo al soddisfacimento delle condizioni enunciate all’articolo 2, paragrafo 7, lettera c), del regolamento di base, il SEM non può essere concesso.

107

Tuttavia, tale ampio potere discrezionale non esime le istituzioni dall’obbligo di tenere debito conto degli elementi di prova pertinenti forniti dal produttore. A questo proposito, occorre ricordare come la Corte abbia già constatato che, nel caso in cui tali istituzioni dispongano di un potere discrezionale siffatto, il rispetto delle garanzie riconosciute dall’ordinamento giuridico dell’Unione nei procedimenti amministrativi riveste importanza ancor più essenziale (v. sentenze del 21 novembre 1991, Technische Universität München, C-269/90, Racc. pag. I-5469, punto 14, e del 6 novembre 2008, Paesi Bassi/Commissione, C-405/07 P, Racc. pag. I-8301, punto 56).

108

Dall’insieme delle considerazioni che precedono risulta che il secondo motivo deve essere respinto.

Sul terzo motivo, relativo alla validità della conclusione complessiva cui sono giunti il Consiglio e la Commissione

109

Con il suo terzo motivo, il Consiglio contesta il punto 160 della sentenza impugnata, con il quale il Tribunale ha statuito che i motivi di diniego del beneficio del SEM, illustrati nei considerando 13, 14 e 17 del regolamento controverso, non possono, neppure combinati tra loro, giustificare un simile diniego, dato che gli errori constatati in relazione a ciascuno di tali motivi di diniego singolarmente considerati viziano anche la conclusione complessiva cui sono pervenute le istituzioni al riguardo. Senza invocare alcun argomento specifico, il Consiglio si limita a sostenere che tale constatazione del Tribunale è inficiata dal medesimo errore che vizia le conclusioni di tale giudice costituenti l’oggetto del primo e del secondo motivo di impugnazione.

110

Orbene, poiché si è constatato che nessuno di questi due motivi è fondato ed il Consiglio non invoca alcun argomento specifico a sostegno del suo terzo motivo, anche quest’ultimo motivo deve essere respinto.

111

Di conseguenza, occorre respingere l’impugnazione nella sua interezza.

Sulle spese

112

A norma dell’articolo 122, primo comma, del regolamento di procedura, quando l’impugnazione è respinta la Corte statuisce sulle spese. Ai sensi dell’articolo 69, paragrafo 2, del medesimo regolamento, applicabile al procedimento di impugnazione in forza dell’articolo 118 di quest’ultimo, la parte soccombente è condannata alle spese se ne è stata fatta domanda. Poiché la Xinanchem e la Audace hanno chiesto la condanna del Consiglio e quest’ultimo è rimasto soccombente nei motivi proposti, tale istituzione deve essere condannata alle spese, ivi comprese quelle relative al procedimento sommario.

113

A norma del paragrafo 4, primo comma, del citato articolo 69, la Commissione, interveniente in primo grado, sopporta le proprie spese.

 

Per questi motivi, la Corte (Grande Sezione) dichiara e statuisce:

 

1)

L’impugnazione è respinta.

 

2)

Il Consiglio dell’Unione europea è condannato alle spese, ivi comprese quelle relative al procedimento sommario.

 

3)

La Commissione europea sopporta le proprie spese.

 

Firme


( *1 ) Lingua processuale: l’inglese.

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