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Document 62008CJ0543

    Sentenza della Corte (Prima Sezione) dell'11 novembre 2010.
    Commissione europea contro Repubblica portoghese.
    Inadempimento di uno Stato - Artt. 56 CE e 43 CE - Libera circolazione dei capitali - Azioni privilegiate ("golden shares") detenute dallo Stato portoghese nella EDP - Energias de Portugal - Restrizioni all’acquisto di partecipazioni e intervento nella gestione di una società privatizzata.
    Causa C-543/08.

    Raccolta della Giurisprudenza 2010 I-11241

    ECLI identifier: ECLI:EU:C:2010:669

    Causa C‑543/08

    Commissione europea

    contro

    Repubblica portoghese

    «Inadempimento di uno Stato — Artt. 56 CE e 43 CE — Libera circolazione dei capitali — Azioni privilegiate (“golden shares”) detenute dallo Stato portoghese nella EDP — Energias de Portugal — Restrizioni all’acquisto di partecipazioni e intervento nella gestione di una società privatizzata»

    Massime della sentenza

    1.        Ricorso per inadempimento — Oggetto della lite — Determinazione durante il procedimento precontenzioso

    (Art. 258 TFUE)

    2.        Libera circolazione dei capitali — Restrizioni — Diritto delle società

    (Artt. 56, n. 1, CE, 58 CE e 86, n. 2, CE)

    1.        Una parte non può, nel corso del procedimento, modificare l’oggetto stesso della controversia e la fondatezza del ricorso deve essere valutata soltanto rispetto alle conclusioni contenute nell’atto introduttivo del procedimento. Inoltre, in forza dell’art. 21 dello Statuto della Corte di giustizia e dell’art. 38, n. 1, lett. c), del regolamento di procedura di quest’ultima, la Commissione è tenuta ad indicare, in ogni ricorso depositato ai sensi dell’art. 258 TFUE, le esatte censure sulle quali la Corte è chiamata a pronunciarsi nonché, quanto meno sommariamente, gli elementi di diritto e di fatto sui quali tali censure si fondano. Tuttavia, il fatto che, nell’ambito di un ricorso per inadempimento, la Commissione, nella propria replica, abbia specificato una censura già fatta valere in maniera più generica nel ricorso, facendo riferimento, quale argomento supplementare diretto a illustrare la fondatezza della propria censura, ad un altro diritto di cui uno Stato beneficia nell’ambito di una società privatizzata, non modifica l’oggetto dell’asserito inadempimento e non ha, quindi, alcuna incidenza sulla portata della controversia.

    (v. punti 20‑21, 23)

    2.        Viene meno agli obblighi che gli incombono in forza dell’art. 56 CE uno Stato membro che detiene in una società per azioni dei diritti speciali previsti a favore del medesimo Stato e di altri enti pubblici, attribuiti in connessione con azioni privilegiate («golden shares») detenute da tale Stato nel capitale sociale della suddetta società, e relativi all’esenzione dal limite massimo di voto del 5% previsto in relazione alle manifestazioni di voto da parte degli altri azionisti, al diritto di designare un amministratore della società, nel caso in cui lo Stato voti contro la proposta che ha avuto il maggior numero di voti in sede di elezione degli amministratori di detta società, e al diritto di veto rispetto a talune delibere dell’assemblea generale degli azionisti relative a:

    - la modifica dello statuto, compreso l’aumento di capitale, la fusione, la scissione e lo scioglimento,

    - la conclusione di patti sociali di coordinazione e subordinazione,

    - la soppressione o la limitazione del diritto di sottoscrizione privilegiata degli azionisti in caso di aumento di capitale.

    Difatti, il diritto di veto, dal momento che conferisce a tale Stato un’influenza sulla gestione e sul controllo della società che non è giustificata dall’ampiezza della partecipazione da esso detenuta in detta società, è idoneo a scoraggiare gli operatori di altri Stati membri dall’effettuare investimenti diretti in quest’ultima, dato che non potrebbero concorrere alla gestione e al controllo di tale società in proporzione al valore delle loro partecipazioni. Allo stesso modo il diritto di veto in esame può avere un effetto dissuasivo sugli investimenti di portafoglio nella società atteso che un eventuale rifiuto dello Stato interessato di approvare una decisione importante, indicata dagli organi di tale società come rispondente all’interesse della stessa, può avere, infatti, un’influenza sul valore delle azioni di tale società e, quindi, sull’appetibilità di un investimento in siffatte azioni.

    Per quanto attiene alla limitazione ad un limite massimo del 5% per l’esercizio da parte di ogni azionista dei diritti di voto inerenti alle azioni ordinarie da esso detenuto, ad eccezione dello Stato interessato che non è assoggettato a tale limitazione, i diritti di voto relativi alle azioni costituiscono uno dei principali strumenti di cui dispone l’azionista per partecipare attivamente alla gestione di una società o al suo controllo. Di conseguenza, qualsiasi misura volta a ostacolare l’esercizio di tali diritti o a subordinarli a condizioni può dissuadere gli investitori di altri Stati membri dall’acquisto delle partecipazioni nelle società interessate e costituisce una restrizione alla libera circolazione dei capitali. Inoltre, i limiti massimi di voto costituiscono uno strumento idoneo a circoscrivere la possibilità degli investitori diretti di partecipare alla società con l’obiettivo di creare o mantenere legami economici durevoli e diretti con quest’ultima, tali da consentire una partecipazione effettiva alla sua gestione o al suo controllo, che riducono l’interesse all’acquisto di una partecipazione nel capitale di una società.

    Per quanto riguarda il diritto di designare un amministratore, esso configura una restrizione alla libera circolazione dei capitali, dal momento che un simile specifico diritto costituisce una deroga rispetto al diritto societario comune, previsto ad esclusivo beneficio degli operatori pubblici da una misura legislativa nazionale. Sebbene sia vero che tale possibilità possa essere attribuita dalla legge quale diritto di una minoranza qualificata, in tal caso, essa deve essere accessibile a tutti gli azionisti e non deve essere riservata esclusivamente allo Stato. Difatti, limitando la possibilità degli azionisti diversi dallo Stato di partecipare alla società allo scopo di creare o di mantenere legami economici duraturi e diretti con essa che consentano una partecipazione effettiva alla sua gestione o al suo controllo, il diritto di nominare un amministratore è idoneo a dissuadere gli investitori diretti di altri Stati membri dall’investire nel capitale di tale società.

    Quanto alle deroghe consentite dall’art. 58 CE, certamente, la necessità di garantire la sicurezza dell’approvvigionamento energetico dello Stato membro interessato in caso di crisi, di guerra o di terrorismo può costituire un motivo di pubblica sicurezza ai sensi dell’art. 58 CE. Tuttavia, le esigenze di pubblica sicurezza, in particolare in quanto deroga al principio fondamentale della libera circolazione dei capitali, devono essere intese in senso restrittivo, di guisa che la loro portata non può essere determinata unilateralmente da ogni Stato membro senza il controllo delle istituzioni dell’Unione. Pertanto, la pubblica sicurezza può essere invocata solamente in caso di minaccia effettiva e sufficientemente grave ad uno degli interessi fondamentali della collettività. Qualora uno Stato si limiti a far valere il motivo relativo alla sicurezza dell’approvvigionamento energetico senza precisare le ragioni esatte per cui essa ritiene che ciascuno dei diritti speciali controversi o l’insieme degli stessi consenta di evitare un simile pregiudizio a un interesse fondamentale della società, non può ritenersi dimostrata una giustificazione fondata sulla sicurezza pubblica.

    Inoltre, quanto alla proporzionalità della restrizione in esame, l’incertezza, creata dal fatto che l’esercizio dei diritti speciali conferiti allo Stato dalla titolarità di azioni privilegiate nel capitale sociale della società, non è subordinato ad alcuna condizione o circostanza specifica ed obiettiva, costituisce un grave pregiudizio alla libertà di circolazione dei capitali in quanto conferisce alle autorità nazionali, per quanto attiene alla facoltà di ricorrere a siffatti diritti, un margine di discrezionalità talmente ampio da non potersi ritenere proporzionato rispetto agli obiettivi perseguiti.

    Infine, l’art. 86, n. 2, CE non è applicabile alle citate disposizioni nazionali e non può, pertanto, essere fatto valere quale giustificazione di dette disposizioni, in quanto queste configurano restrizioni alla libera circolazione dei capitali sancita dal Trattato. Infatti, l’art. 86, n. 2, CE, in combinato disposto con il n. 1 dello stesso articolo, consente di giustificare la concessione da parte di uno Stato membro, ad un’impresa incaricata della gestione di servizi di interesse economico generale, di diritti speciali o esclusivi contrari alle disposizioni del Trattato, qualora l’adempimento della specifica missione affidatale possa essere garantito unicamente grazie alla concessione di tali diritti e purché lo sviluppo degli scambi non risulti compromesso in misura contraria agli interessi dell’Unione. Tuttavia, tale non è l’oggetto di una normativa nazionale che concede ad uno Stato membro dei diritti speciali in una società per azioni connessi ad azioni privilegiate detenute da questo Stato nel capitale sociale di tale società.

    (v. punti 56‑58, 62‑64, 84‑85, 87, 90, 92‑97 e dispositivo)







    SENTENZA DELLA CORTE (Prima Sezione)

    11 novembre 2010 (*)

    «Inadempimento di uno Stato – Artt. 56 CE e 43 CE – Libera circolazione dei capitali – Azioni privilegiate (“golden shares”) detenute dallo Stato portoghese nella EDP – Energias de Portugal – Restrizioni all’acquisto di partecipazioni e intervento nella gestione di una società privatizzata»

    Nella causa C‑543/08,

    avente ad oggetto il ricorso per inadempimento, ai sensi dell’art. 226 CE, proposto il 4 dicembre 2008,

    Commissione europea, rappresentata dai sigg. G. Braun e P. Guerra e Andrade nonché dalla sig.ra M. Teles Romão, in qualità di agenti, con domicilio eletto in Lussemburgo,

    ricorrente,

    contro

    Repubblica portoghese, rappresentata dal sig. L. Inez Fernandes, assistito dagli avv.ti C. Botelho Moniz e P. Gouveia e Melo, advogados,

    convenuta,

    LA CORTE (Prima Sezione),

    composta dal sig. A. Tizzano, presidente di sezione, dai sigg. A. Borg Barthet, M. Ilešič, M. Safjan e dalla sig.ra M. Berger (relatore), giudici,

    avvocato generale: sig. P. Cruz Villalón

    cancelliere: sig.ra M. Ferreira, amministratore principale

    vista la fase scritta del procedimento e in seguito all’udienza del 22 aprile 2010,

    vista la decisione, adottata dopo aver sentito l’avvocato generale, di giudicare la causa senza conclusioni,

    ha pronunciato la seguente

    Sentenza

    1        Con il suo ricorso, la Commissione delle Comunità europee chiede alla Corte di dichiarare che la Repubblica portoghese, mantenendo diritti speciali a favore dello Stato portoghese nella EDP – Energias de Portugal (in prosieguo: la «EDP»), attribuiti in connessione con azioni privilegiate («golden shares») detenute da tale Stato, è venuta meno agli obblighi ad essa incombenti in forza degli artt. 56 CE e 43 CE.

     Contesto normativo

     La normativa nazionale

    2        L’art. 13, n. 2, della legge 5 aprile 1990, n. 11, recante la legge quadro relativa alle privatizzazioni (Lei n. 11/90, Lei Quadro das Privatizações; Diário da República I, serie A, n. 80, del 5 aprile 1990; in prosieguo: la «LQP»), dispone quanto segue:

    «Nelle riprivatizzazioni attuate mediante procedura concorrenziale pubblica, offerta sul mercato dei cambi o sottoscrizione pubblica, nessuna entità, fisica o giuridica, può acquisire o sottoscrivere azioni in misura superiore ad una determinata percentuale del capitale da riprivatizzare, percentuale anch’essa definita nel testo di cui all’art. 4, n. 1, a pena, in funzione di quanto sarà previsto, di vendita forzata delle azioni che eccedano tale limite, di perdita del diritto di voto conferito da tali azioni ovvero di nullità».

    3        A tale proposito, i decreti legge di esecuzione relativi alla riprivatizzazione della EDP, segnatamente i decreti legge 7 aprile 1997, n. 78‑A, di approvazione della prima fase del processo di riprivatizzazione del capitale sociale della EDP – Electricidade de Portugal SA (Diário da República I, serie A, n. 81, del 7 aprile 1997); 17 aprile 1998, n. 94-C, di approvazione della terza fase del processo di riprivatizzazione del capitale sociale della EDP – Electricidade de Portugal SA (Diário da República I, serie A, n. 90, del 17 aprile 1998), e 15 luglio 2000, n. 141, di approvazione della quarta fase del processo di riprivatizzazione del capitale sociale della EDP – Electricidade de Portugal SA (Diário da República I, serie A, n. 162, del 15 luglio 2000), ai loro rispettivi artt. 9, n. 1, prevedono quanto segue:

    «Nell’ambito delle operazioni oggetto del presente decreto legge, nessuna entità fisica o giuridica può acquisire azioni che rappresentino una frazione del capitale sociale della EDP superiore al 5%. Vengono ridotte a tale limite le proposte di acquisto ad esso superiori».

    4        Ai termini dell’art. 384, n. 2, del codice delle società commerciali portoghese (in prosieguo: il «CSC»), lo statuto di tali società può disporre che:

    «a)      a tale numero di azioni corrisponda soltanto un voto, purché siano prese in considerazione tutte le azioni emesse dalla società e ad ogni EUR 1 000 di capitale corrisponda almeno un voto;

    b)      i voti superiori a tale numero non siano computati, qualora siano espressi da un unico azionista in nome proprio o in rappresentanza di un altro azionista».

    5        Il n. 3 dello stesso art. 384 così recita:

    «La limitazione del numero dei voti consentita al paragrafo precedente, lett. b), può essere stabilita per tutte le azioni o soltanto per azioni appartenenti ad una o più categorie, ma non per azionisti determinati».

    6        L’art. 15, n. 3, della LQP prevede la possibilità di creare azioni privilegiate nei seguenti termini:

    «In via eccezionale, l’atto di cui all’art. 4, n. 1 [di approvazione dello statuto dell’impresa da privatizzare o da trasformare in società per azioni] può altresì prevedere, ove motivi di interesse nazionale lo impongano, l’esistenza di azioni privilegiate destinate a restare di proprietà dello Stato e che, indipendentemente dal loro numero, attribuiscano ad esso un diritto di veto sulle modifiche statutarie e su altre delibere afferenti ad un determinato settore, debitamente specificato nello statuto».

    7        A proposito dei poteri speciali dello Stato, l’art. 13, n. 1, del decreto legge n. 141/2000 dispone quanto segue:

    «Quando lo Stato detiene azioni della società, a prescindere dal numero delle azioni di cui è titolare e indipendentemente dal fatto che le possegga direttamente o indirettamente, tramite organismi pubblici ai sensi dell’art. 1, n. 2, lett. c), della legge 24 maggio 1988, n. 71, le delibere dell’assemblea generale qui di seguito indicate si considerano adottate solo qualora ottengano il voto favorevole dello Stato:

    a)      delibere sulla modifica dello statuto, compreso l’aumento di capitale, la fusione, la scissione e lo scioglimento;

    b)      delibere sulla conclusione di patti sociali di coordinazione e subordinazione;

    c)      delibere sulla soppressione o sulla limitazione del diritto di sottoscrizione privilegiata degli azionisti in caso di aumento di capitale».

    8        L’art. 15, n. 1, della LQP dispone quanto segue:

    «In via eccezionale, e qualora motivi di interesse nazionale lo impongano, per salvaguardare l’interesse generale l’atto recante adozione dello statuto dell’impresa da riprivatizzare può prevedere che le delibere relative a determinate materie debbano essere ratificate da un amministratore nominato dallo Stato».

    9        Per quanto concerne i poteri speciali dello Stato, l’art. 13, nn. 2 e 3, del decreto legge n. 141/2000 prevede che:

    «2.      Lo Stato, quando detiene azioni della società ai sensi del paragrafo precedente, e qualora voti in senso contrario alla proposta che ha ottenuto la maggioranza dei voti nell’elezione degli amministratori, dispone altresì del diritto di designare un amministratore, il quale sostituisce automaticamente la persona che ha ricevuto il minor numero di voti sulla lista che ha ottenuto la maggioranza o, in caso di parità di voti, quella che figura all’ultimo posto nella medesima lista.

    3.      Il diritto riconosciuto allo Stato dal paragrafo precedente prevale sui diritti analoghi concessi agli azionisti di minoranza dall’art. 392 del [CSC]».

    10      L’art. 10 del decreto legge 25 ottobre 2004, n. 218‑A, di approvazione della quinta fase del processo di riprivatizzazione del capitale sociale della EDP – Electricidade de Portugal SA (Diário da República I, serie A, n. 251, del 25 ottobre 2004), e l’art. 6 del decreto legge 2 dicembre 2005, n. 209‑A, di approvazione della sesta fase del processo di riprivatizzazione del capitale sociale della EDP – Energie del Portogallo SA (Diário da República I, serie A, n. 231, del 2 dicembre 2005), mantengono espressamente in vigore i diritti speciali dello Stato portoghese.

     Lo statuto della EDP

    11      L’art. 4, n. 4, dello statuto della EDP prevede quanto segue:

    «Le azioni di categoria B sono le azioni oggetto di riprivatizzazione e, quale unico privilegio, attribuiscono agli azionisti che ne sono titolari o ai loro rappresentanti l’esenzione dalla limitazione del numero di voti di cui all’art. 14, nn. 3 e seguenti, relativamente a queste stesse azioni».

    12      L’art. 14, nn. 2 e 3, di detto statuto enuncia quanto segue:

    «2.      Ogni azione dà diritto a un voto.

    3.      Non si tiene conto dei voti appartenenti alla categoria A, espressi da un’azionista a nome proprio o in rappresentanza di un altro azionista, che siano superiori al 5% del totale dei voti corrispondenti al capitale sociale».

    13      L’art. 17, n. 2, dello stesso statuto ha il seguente tenore:

    «L’approvazione del piano strategico della società e l’esecuzione, da parte della società o da società controllate dalla EDP, delle operazioni qui di seguito indicate deve ottenere il parere favorevole del consiglio di vigilanza:

    a)      acquisto e vendita di beni, di diritti o di quote sociali di valore economico rilevante;

    b)      ricorso a finanziamenti di valore rilevante;

    c)      apertura o chiusura di stabilimenti o di parti importanti di stabilimenti e notevole estensione o riduzione dell’attività;

    d)      altri affari od operazioni di valore economico o strategico rilevante;

    e)      istituzione o cessazione di partenariati strategici o di altre forme di cooperazione duratura;

    f)      progetti di scissione, di fusione o di trasformazione;

    g)      modifiche dello statuto, compreso il cambiamento di sede o l’aumento di capitale, quando avvengono su iniziativa del consiglio di amministrazione esecutivo».

     Fatti e procedimento precontenzioso

    14      Dagli inizi degli anni ‘90 il settore dell’energia elettrica portoghese è stato oggetto di un ampio processo di ristrutturazione. In tale contesto, nel 1991 la EDP, creata nel 1976 quale impresa pubblica per mezzo del decreto legge 30 giugno 1976, n. 502 (Diário da República I, serie A, n. 151, del 30 giugno 1976), è stata trasformata in società per azioni. In seguito, lo Stato portoghese ha proceduto alla riprivatizzazione di detta impresa secondo un processo attuato in più fasi. Attualmente, secondo la Repubblica portoghese, lo Stato detiene il 25,73% del capitale sociale della EDP tramite la Parpública – Participações Públicas SGPS SA e la Caixa Geral de Depósitos SA.

    15      La EDP è il principale concessionario dell’attività di distribuzione di energia elettrica in Portogallo, nonché dell’attività di impresa di vendita di ultima istanza ed è altresì presente nel settore delle attività di distribuzione e di fornitura di gas naturale nella regione del Grand Porto, tramite la sua controllata EDP Gás SA.

    16      Il 18 ottobre 2006 la Commissione ha trasmesso alla Repubblica portoghese una lettera di diffida con cui le addebitava di aver violato gli obblighi ad essa incombenti in forza degli artt. 43 CE e 56 CE a causa della detenzione, da parte dello Stato e di altri azionisti pubblici, di azioni privilegiate connesse a diritti speciali nel capitale della EDP, segnatamente al diritto di veto rispetto a talune delibere dell’assemblea generale degli azionisti di tale società e al diritto di designare un amministratore, nell’ipotesi in cui lo Stato abbia votato contro la proposta che ha ottenuto la maggioranza dei voti in sede di elezione degli amministratori, nonché l’esenzione dello Stato dal limite massimo di voto del 5% previsto in relazione alle manifestazioni di voto.

    17      Ritenendo insufficiente la risposta fornita il 18 dicembre 2006 dalla Repubblica portoghese, il 29 luglio 2007 la Commissione ha emanato un parere motivato in cui reiterava i termini della suddetta lettera di diffida e invitava tale Stato membro a conformarsi a tale parere entro il termine di due mesi a partire dalla sua ricezione.

    18      Le autorità portoghesi hanno risposto a detto parere motivato con lettera datata 30 ottobre 2007. Non ritenendo soddisfacente tale risposta, la Commissione ha deciso di presentare il ricorso in esame.

     Sulla ricevibilità del ricorso

     Argomenti delle parti

    19      Nella controreplica la Repubblica portoghese sostiene che il ricorso è parzialmente irricevibile in quanto, nella replica, la Commissione ha addotto un nuovo argomento giuridico relativo al fatto che l’amministratore di cui all’art. 13, n. 1, del decreto legge n. 141/2000 ha il potere di confermare le delibere dell’assemblea generale della EDP in conformità all’art. 15 della LQP, circostanza che comporta l’introduzione, a tale avanzato stadio del procedimento, di una nuova censura inerente all’inadempimento di detto Stato membro, censura che dovrebbe essere dichiarata irricevibile.

     Giudizio della Corte

    20      A questo proposito va innanzi tutto rammentato che una parte non può, nel corso del procedimento, modificare l’oggetto della controversia e che la fondatezza del ricorso deve essere valutata soltanto rispetto alle conclusioni contenute nell’atto introduttivo del procedimento (v., in particolare, sentenze 25 settembre 1979, causa 232/78, Commissione/Francia, Racc. pag. 2729, punto 3; 6 aprile 2000, causa C‑256/98, Commissione/Francia, Racc. pag. I‑2487, punto 31, e 4 maggio 2006, causa C‑508/03, Commissione/Regno Unito, Racc. pag. I‑3969, punto 61).

    21      Inoltre, in forza dell’art. 21 dello Statuto della Corte di giustizia dell’Unione europea e dell’art. 38, n. 1, lett. c), del regolamento di procedura di quest’ultima, la Commissione è tenuta ad indicare, in ogni ricorso depositato ai sensi dell’art. 258 TFUE, le esatte censure sulle quali la Corte è chiamata a pronunciarsi nonché, quanto meno sommariamente, gli elementi di diritto e di fatto sui quali tali censure si fondano (v., in tal senso, sentenze 31 marzo 1992, causa C‑52/90, Commissione/Danimarca, Racc. pag. I‑2187, punto 17; Commissione/Regno Unito, cit., punto 62, e 3 giugno 2010, causa C‑487/08, Commissione/Spagna, Racc. pag. I‑4843, punto 71).

    22      Nel caso di specie si deve rilevare che la Commissione, nelle conclusioni dell’atto introduttivo del ricorso, ha indicato chiaramente che essa addebitava alla Repubblica portoghese la detenzione, da parte dello Stato portoghese e di altri azionisti pubblici, di azioni privilegiate connesse a diritti speciali nel capitale sociale della EDP, ossia il diritto di veto rispetto a talune delibere della società, il diritto di designare un amministratore quando lo Stato vota contro la proposta che ha ottenuto la maggioranza dei voti in sede di elezione degli amministratori nonché l’esenzione dal limite massimo di voto del 5% previsto in relazione alle manifestazioni di voto. La Commissione, facendo inoltre valere gli obblighi degli Stati membri derivanti dagli artt. 43 CE e 56 CE, ai quali la Repubblica portoghese non si sarebbe conformata, ha dunque definito l’oggetto della causa in termini sufficientemente precisi.

    23      È vero che, per la prima volta, solo nella replica la Commissione si è fondata sull’art. 15, n. 1, della LQP e sul diritto previsto da tale disposizione. Tuttavia, contrariamente a quanto asserito dalla Repubblica portoghese, dal fascicolo risulta che nella replica la Commissione non ha ritenuto che lo Stato portoghese detenesse un nuovo potere speciale, bensì ha fatto riferimento, quale argomento supplementare diretto a illustrare la fondatezza della propria censura, ad un altro diritto di cui tale Stato beneficia. Pertanto, il fatto che la Commissione abbia specificato una censura già fatta valere in maniera più generica nel ricorso non ha modificato l’oggetto dell’asserito inadempimento e non ha, quindi, alcuna incidenza sulla portata della controversia (v. sentenze 27 novembre 2003, causa C‑185/00, Commissione/Finlandia, Racc. pag. I‑14189, punti 84‑87, e 8 luglio 2010, causa C‑171/08, Commissione/Portogallo, non ancora pubblicata nella Raccolta, punto 29).

    24      Alla luce di quanto precede si deve respingere l’eccezione di irricevibilità sollevata dalla Repubblica portoghese.

     Nel merito

     Sull’esistenza di restrizioni

     Argomenti delle parti

    25      La Commissione afferma in primo luogo che la creazione di azioni privilegiate nel capitale sociale della EDP non sarebbe riconducibile ad una normale applicazione del diritto delle società e costituirebbe pertanto una misura statale, che ricade nell’ambito di applicazione degli artt. 56 CE e 43, n. 1, CE.

    26      La Commissione a questo proposito sostiene che i diritti speciali connessi a simili azioni devono essere considerati atti compiuti nell’esercizio del potere pubblico e non già atti di carattere privato. Infatti, il diritto di veto ed il diritto di designare un amministratore sono previsti dalla legge e sono direttamente applicabili. Indipendentemente dal numero di azioni che detiene, direttamente o indirettamente, lo Stato portoghese può esercitare tali diritti speciali che prevalgono sui diritti speciali degli azionisti di minoranza. Quanto al limite massimo di voto, ad avviso della Commissione, il suo carattere di misura statale deriva dal fatto che lo Stato ha, da un lato, inserito nello statuto della EDP la disposizione che ha fissato il limite di voto per ciascun azionista, riservando a sé stesso un’esenzione, e, dall’altro, ha previsto, a seguito e per mezzo di una legge, il diritto specifico di veto che riguarda le delibere recanti modifica di detto statuto.

    27      Per quanto riguarda le restrizioni vietate dagli artt. 56 CE e 43 CE, relativamente al diritto di veto la Commissione ritiene che questo riduca e limiti il diritto degli azionisti di partecipare effettivamente alla gestione e al controllo della EDP in modo proporzionale al valore delle azioni detenute dagli stessi, privando questi ultimi del potere di adottare delibere strategiche di gestione e decidere mutamenti di proprietà dell’impresa. Oltretutto, tale diritto limita anche la libera circolazione dei capitali e la libertà di stabilimento, dal momento che è atto ad incidere sugli investimenti effettuati con l’intento di realizzare un investimento finanziario ed è tale da dissuadere gli investitori di altri Stati membri dall’effettuare siffatti investimenti.

    28      La Commissione sostiene, in secondo luogo, che il diritto di veto inerente alle azioni privilegiate dello Stato portoghese va inteso quale sistema di autorizzazione e quindi quale regime che limita la libertà di stabilimento. La LQP non contempla alcun criterio relativo all’esercizio del diritto di veto, mentre la Commissione ritiene che un simile sistema dovrebbe fondarsi su criteri oggettivi e previamente noti alle imprese interessate.

    29      Per quanto riguarda il diritto dello Stato di designare un amministratore, la Commissione ritiene che anch’esso configuri una restrizione contraria agli artt. 56 CE e 43 CE, in quanto rappresenta un ostacolo all’investimento diretto, dato che tale diritto specifico deroga al diritto comune delle società essendo previsto ad unico beneficio degli azionisti pubblici mediante un provvedimento legislativo nazionale. L’argomento della Repubblica portoghese secondo cui, sulla scorta di un’interpretazione attualizzata del CSC, in definitiva il diritto dello Stato di designare un amministratore non dovrebbe considerarsi tale, ma dovrebbe essere inteso quale diritto di designare un membro del consiglio generale e di vigilanza (in prosieguo: il «CGV») e quindi un controllore, viene respinto dalla Commissione. A tale proposito quest’ultima fa valere l’art. 17, n. 2, dello statuto della EDP, secondo cui le decisioni strategiche rilevanti e le modifiche di detto statuto sono, in ogni caso, soggette al previo parere favorevole del CGV.

    30      Per quanto riguarda la limitazione del numero di voti di cui dispongono gli azionisti ordinari al 5% del capitale sociale della EDP, limitazione non applicabile alle azioni privilegiate detenute dallo Stato portoghese, la Commissione ritiene che una simile normativa limiti la possibilità di partecipare effettivamente alla gestione di un’impresa o al suo controllo e possa dissuadere gli investitori di altri Stati membri dall’acquisire partecipazioni nell’impresa interessata.

    31      La Repubblica portoghese contesta integralmente l’asserito inadempimento affermando, anzitutto, che le disposizioni nazionali in esame non ricadono nell’ambito di applicazione degli artt. 43 CE e 56 CE, poiché non hanno né l’effetto né l’obiettivo di costituire un ostacolo diretto e sostanziale all’ingresso di investitori diretti o di investitori di portafogli nel capitale sociale della EDP. Infatti, i diritti speciali di cui gode lo Stato portoghese non condizionerebbero né direttamente né sostanzialmente l’accesso all’investimento in tale società e, pertanto, non avrebbero l’effetto di scoraggiare l’investimento di portafoglio né gli investimenti diretti realizzati da investitori o imprese, nazionali o straniere. Peraltro, la Commissione, non esibendo alcuna analisi degli effetti dei suddetti diritti speciali sulle decisioni degli investitori stabiliti nell’Unione europea e sugli incentivi loro destinati, non avrebbe fornito la prova ad essa incombente in forza dell’art. 226 CE.

    32      Le autorità portoghesi ritengono poi che la portata della nozione di «misura restrittiva» della libera circolazione dei capitali e del diritto di stabilimento debba essere precisata, poiché le misure nazionali applicabili indistintamente agli investitori nazionali e agli investitori di altri Stati membri possono costituire misure restrittive alla luce degli artt. 43 CE e 56 CE solo quando condizionano direttamente e in modo sostanziale l’accesso degli investitori al mercato. Tale Stato membro invita pertanto la Corte a interpretare la nozione di «restrizione» alla libera circolazione dei capitali e al diritto di stabilimento alla luce della sentenza 24 novembre 1993, cause riunite C‑267/91 e C‑268/91, Keck e Mithouard (Racc. pag. I‑6097), relativa alle modalità di vendita inerenti alla libertà di circolazione delle merci.

    33      Quanto al carattere di provvedimento statale del limite massimo di voto del 5%, prescrizione contenuta nello statuto della EDP, la Repubblica portoghese sostiene che esso costituisce non già un provvedimento statale, bensì un atto di diritto privato che non ricade nell’ambito di applicazione degli artt. 43 CE e 56 CE.

    34      Infine, la Repubblica portoghese contesta l’analisi della Commissione relativa al diritto di veto, secondo cui tale diritto speciale configurerebbe un sistema di autorizzazione preventiva che riduce e limita il diritto degli azionisti di partecipare effettivamente alla gestione e al controllo della società in proporzione al valore delle azioni detenute da questi ultimi o di adottare decisioni di gestione strategiche. Nello stretto rispetto dell’interesse pubblico della tutela della sicurezza dell’approvvigionamento energetico del paese, le disposizioni nazionali di cui trattasi conferirebbero allo Stato portoghese unicamente il diritto di veto per quanto riguarda le delibere dell’assemblea generale che modificherebbero in modo fondamentale la struttura della EDP e che, per tale motivo, comprometterebbero detta sicurezza. Pertanto, tale diritto non priverebbe gli azionisti del potere di adottare decisioni di gestione strategiche.

    35      Per quanto riguarda il diritto dello Stato portoghese di nominare un amministratore, la Repubblica portoghese sottolinea il fatto che, a seguito di una revisione del CSC nel 2006, tale diritto va inteso quale possibilità di nominare un membro del CGV e non, come erroneamente ritiene la Commissione, un amministratore. In realtà, dunque, dal momento che in un organo collegiale di vigilanza quale il CGV viene attribuito un unico rappresentante ed un unico voto allo Stato, quest’ultimo non beneficia di un’influenza determinante nell’organo di amministrazione della EDP e non limita pertanto la partecipazione effettiva degli altri azionisti alla gestione o al controllo di tale società. In ogni caso, secondo tale Stato membro il suddetto diritto non è idoneo ad avere alcun impatto sull’interesse delle imprese nazionali o stabilite in altri Stati membri ad acquisire partecipazioni finanziarie o qualificate nel capitale sociale della EDP.

    36      In risposta agli argomenti presentati nel controricorso dalla Repubblica portoghese, la Commissione, riferendosi alla sentenza 13 maggio 2003, causa C‑463/00, Commissione/Spagna (Racc. pag. I‑4581), afferma che non si impone l’applicazione della giurisprudenza instaurata dalla citata sentenza Keck e Mithouard.

    37      Nella controreplica la Repubblica portoghese ritiene inoltre che le disposizioni nazionali in esame nel presente ricorso debbano essere analizzate esclusivamente alla luce dell’art. 43 CE e non rispetto all’art. 56 CE. Riferendosi alla sentenza 26 marzo 2009, causa C‑326/07, Commissione/Italia (Racc. pag. I‑2291), essa è dell’avviso che i diritti speciali di cui beneficia lo Stato possano riguardare unicamente gli azionisti che dispongono di una quota del capitale sociale della EDP tale da conferire loro una sicura influenza sulla gestione della società. Supponendo che le disposizioni di cui trattasi possano avere effetto restrittivo sulla libera circolazione dei capitali, circostanza contestata da tale Stato membro, quest’ultimo sostiene che un simile effetto è ipotetico nonché assai limitato e che, in ogni caso, sarebbe solo la conseguenza ineluttabile di un eventuale ostacolo alla libertà di stabilimento e non giustificherebbe un autonomo esame delle disposizioni nazionali in discussione con riferimento all’art. 56 CE.

    38      Inoltre, la Repubblica portoghese sostiene che la Commissione, omettendo di procedere a qualsivoglia analisi delle predette disposizioni nazionali in relazione agli argomenti addotti dallo Stato portoghese sul fondamento dell’art. 86, n. 2, CE, è venuta meno in modo grave all’obbligo inerente all’onere della prova ad essa incombente nell’ambito degli artt. 226 CE e 86, n. 2, CE.

     Giudizio della Corte

    –       Sull’applicabilità degli artt. 56 CE e 43 CE

    39      La Commissione ritiene che l’inadempimento addebitato debba essere esaminato alla luce tanto dell’art. 56 CE, relativo alla libera circolazione dei capitali, quanto dell’art. 43 CE, relativo alla libertà di stabilimento. Invece, la Repubblica portoghese ritiene che le disposizioni nazionali in discussione nel presente ricorso debbano essere esaminate esclusivamente alla luce dell’art. 43 CE e non rispetto all’art. 56 CE.

    40      Per quanto riguarda la questione se una normativa nazionale rientri nell’una o nell’altra delle suddette libertà fondamentali, da consolidata giurisprudenza risulta che occorre prendere in considerazione l’oggetto della normativa in questione (v., in particolare, sentenze 24 maggio 2007, causa C‑157/05, Holböck, Racc. pag. I‑4051, punto 22, e Commissione/Italia, cit., punto 33).

    41      Ricadono nell’ambito di applicazione ratione materiae delle prescrizioni dell’art. 43 CE, relativo alla libertà di stabilimento, le disposizioni nazionali applicabili alla detenzione da parte di un cittadino di uno Stato membro, nel capitale di una società stabilita in un altro Stato membro, di una partecipazione tale da conferirgli una sicura influenza sulle decisioni di tale società e da consentirgli di indirizzarne le attività (v., in particolare, sentenze 13 aprile 2000, causa C‑251/98, Baars, Racc. pag. I‑2787, punto 22, e Commissione/Italia, cit., punto 34).

    42      Ricadono nell’ambito delle prescrizioni di cui all’art. 56 CE, relativo alla libera circolazione dei capitali, in particolare gli investimenti diretti, ossia gli investimenti di qualsiasi tipo effettuati dalle persone fisiche o giuridiche ed aventi lo scopo di stabilire o mantenere legami durevoli e diretti tra il finanziatore e la società cui tali fondi sono destinati per l’esercizio di un’attività economica. Tale obiettivo presuppone che le azioni detenute dall’azionista conferiscano a quest’ultimo la possibilità di partecipare effettivamente alla gestione di tale società o al suo controllo (v., in particolare, sentenze 23 ottobre 2007, causa C‑112/05, Commissione/Germania, Racc. pag. I‑8995, punto 18 e giurisprudenza ivi citata, nonché Commissione/Italia, cit., punto 35).

    43      Una normativa nazionale che non è destinata ad applicarsi esclusivamente alle partecipazioni tali da conferire una sicura influenza sulle decisioni di una società e da consentire di indirizzarne le attività, ma che si applichi indipendentemente dall’entità della partecipazione detenuta da un azionista in una società, può rientrare nell’ambito di applicazione sia dell’art. 43 CE sia dell’art. 56 CE (sentenza Commissione/Italia, cit., punto 36).

    44      Si deve necessariamente rilevare che nel presente ricorso per inadempimento non è escluso che le disposizioni nazionali in discussione riguardino tutti gli azionisti nonché i potenziali investitori e non solo gli azionisti in grado di esercitare una sicura influenza sulla gestione e sul controllo della EDP. Pertanto, le disposizioni controverse devono essere esaminate sotto il profilo degli artt. 56 CE e 43 CE.

    –       Sull’inadempimento degli obblighi derivanti dall’art. 56 CE

    45      In via preliminare va rammentato che, in ossequio ad una costante giurisprudenza, l’art. 56, n. 1, CE vieta in via generale le restrizioni ai movimenti di capitali tra gli Stati membri (v., in particolare, sentenze 28 settembre 2006, cause riunite C‑282/04 e C‑283/04, Commissione/Paesi Bassi, Racc. pag. I‑9141, punto 18 e giurisprudenza ivi citata; Commissione/Germania, cit., punto 17, nonché Commissione/Portogallo, cit., punto 48).

    46      Difettando nel Trattato CE una definizione della nozione di «movimenti di capitali» ai sensi dell’art. 56, n. 1, CE, la Corte ha riconosciuto valore indicativo alla nomenclatura dei movimenti di capitali contenuta nell’allegato I della direttiva del Consiglio 24 giugno 1988, 88/361/CEE, per l’attuazione dell’articolo [67] del Trattato [articolo abrogato dal Trattato di Amsterdam] (GU L 178, pag. 5). In tal modo la Corte ha dichiarato che costituiscono movimenti di capitali, ai sensi dell’art. 56, n. 1, CE, segnatamente, gli investimenti detti «diretti», vale a dire gli investimenti sotto forma di partecipazione a un’impresa mediante la detenzione di azioni che conferisce la possibilità di partecipare effettivamente alla sua gestione e al suo controllo, nonché gli investimenti detti «di portafoglio», ossia gli investimenti sotto forma di acquisto di titoli sul mercato dei capitali effettuato soltanto per realizzare un investimento finanziario, senza l’intento di esercitare un’influenza sulla gestione e sul controllo dell’impresa (v. sentenze citate Commissione/Paesi Bassi, punto 19 e giurisprudenza ivi citata; Commissione/Germania, punto 18, nonché Commissione/Portogallo, punto 49).

    47      In relazione a tali due forme di investimento, la Corte ha precisato che devono qualificarsi quali «restrizioni», ai sensi dell’art. 56, n. 1, CE, i provvedimenti nazionali che possono impedire o limitare l’acquisto di azioni nelle imprese interessate o che possono dissuadere gli investitori di altri Stati membri dall’investire nel capitale delle stesse (v. sentenze 4 giugno 2002, causa C‑367/98, Commissione/Portogallo, Racc. pag. I‑4731, punto 45; 4 giugno 2002, causa C‑483/99, Commissione/Francia, Racc. pag. I‑4781, punto 40; 13 maggio 2003, Commissione/Spagna, cit., punti 61 e 62; 13 maggio 2003, causa C‑98/01, Commissione/Regno Unito, Racc. pag. I‑4641, punti 47 e 49; 2 giugno 2005, causa C‑174/04, Commissione/Italia, Racc. pag. I‑4933, punti 30 e 31; Commissione/Paesi Bassi, cit., punto 20; Commissione/Germania, cit., punto 19, nonché 8 luglio 2010, Commissione/Portogallo, cit., punto 50).

    48      Per quanto riguarda il limite massimo di voto del 5%, la Repubblica portoghese, facendo valere la natura privata dello statuto della EDP, contesta il carattere di provvedimento nazionale dell’art. 14, n. 3, di detto statuto ai sensi della giurisprudenza citata al punto precedente. Di conseguenza, secondo le autorità portoghesi, la disposizione di cui trattasi non costituisce una misura statale e non rientra nell’ambito di applicazione degli artt. 43 CE e 56 CE.

    49      A tale proposito si deve rilevare che, in effetti, risulta che il CSC si limita ad ammettere la possibilità di prevedere una limitazione dei voti per azioni di una determinata categoria, nel contratto di società della EDP, e che tali azioni sono state introdotte e attribuite allo Stato portoghese per l’appunto in forza delle disposizioni dello statuto di tale società, adottato in applicazione di detta normativa.

    50      Tuttavia ciò non toglie che, come emerge dal fascicolo, la predetta disposizione dello statuto della EDP è stata adottata prima del completamento della prima fase della privatizzazione della EDP, vale a dire in un momento in cui lo Stato portoghese deteneva la grande maggioranza del capitale sociale di quest’ultima. Dopo la fissazione di detto limite di voto e in un momento in cui tale Stato era sul punto di avere la titolarità di una quota minore del capitale in parola, esso ha stabilito a proprio vantaggio, per mezzo dell’art. 15, n. 3, della LQP, un diritto specifico di veto, da esercitare segnatamente in relazione alle delibere di modifica dello statuto di tale società. Pertanto, la clausola relativa al limite di voto, di cui all’art. 14, n. 3, di detto statuto, a questo punto non può più essere annullata dai soci senza il consenso dello Stato.

    51      In tali circostanze si deve ritenere che la stessa Repubblica portoghese ha, da un lato, autorizzato mediante il proprio legislatore la creazione di azioni privilegiate nel capitale sociale della EDP e, dall’altro, in applicazione dell’art. 15, n. 3, della LQP, ha deciso, nella sua qualità di autorità pubblica, di introdurre azioni privilegiate in tale capitale, di attribuirle allo Stato e di definire i diritti speciali da esse conferiti.

    52      Inoltre, si deve altresì rilevare che la creazione di dette azioni privilegiate non deriva da un’applicazione normale del diritto delle società in quanto tali azioni sono, in deroga alle disposizioni del CSC, destinate a restare di proprietà dello Stato e, pertanto, non sono trasmissibili.

    53      Quindi, l’esenzione dal limite di voto del 5% in favore dello Stato portoghese deve essere considerata imputabile allo Stato e ricade, di conseguenza, nell’ambito di applicazione dell’art. 56, n. 1, CE.

    54      Quanto alla natura restrittiva della detenzione, da parte dello Stato portoghese, di azioni privilegiate connesse a diritti speciali nel capitale sociale della EDP, prevista della normativa nazionale e, in parte, in combinato disposto con lo statuto di detta società, si deve rilevare che tali azioni sono idonee a dissuadere gli operatori di altri Stati membri dall’investire nel capitale di quest’ultima.

    55      Infatti, per quanto riguarda il diritto di veto, dall’art. 13, n. 1, del decreto legge n. 141/2000 risulta che l’approvazione di un numero notevole di importanti delibere concernenti la EDP è subordinata al consenso dello Stato portoghese. A questo riguardo va precisato che il voto favorevole di quest’ultimo è necessario, in particolare, per ogni delibera recante modifica dello statuto della EDP, di modo che l’influenza dello Stato portoghese su tale società può essere diminuita solo ove lo stesso Stato lo consenta.

    56      Pertanto, il predetto diritto di veto, dal momento che conferisce a tale Stato un’influenza sulla gestione e sul controllo della EDP non giustificata dall’ampiezza della partecipazione da esso detenuta in detta società, è idoneo a scoraggiare gli operatori di altri Stati membri dall’effettuare investimenti diretti in quest’ultima, dato che non potrebbero concorrere alla gestione e al controllo di tale società in proporzione al valore delle loro partecipazioni (v., in particolare, sentenze citate Commissione/Germania, punti 50‑52, e 8 luglio 2010, Commissione/Portogallo, punto 60).

    57      Allo stesso modo il diritto di veto in esame può avere un effetto dissuasivo sugli investimenti di portafoglio nella EDP, atteso che un eventuale rifiuto dello Stato portoghese di approvare una decisione importante, indicata dagli organi di tale società come rispondente all’interesse della stessa, può avere, infatti, un’influenza sul valore delle azioni di tale società e, quindi, sull’appetibilità di un investimento in siffatte azioni (v., in tal senso, sentenze citate Commissione/Paesi Bassi, punto 27, e 8 luglio 2010, Commissione/Portogallo, punto 61).

    58      Per quanto attiene alla limitazione ad un limite massimo del 5% per l’esercizio da parte di ogni azionista dei diritti di voto inerenti alle azioni ordinarie da esso detenuto, ad eccezione dello Stato portoghese non assoggettato a tale limitazione, si deve necessariamente rilevare che i diritti di voto relativi alle azioni costituiscono uno dei principali strumenti di cui dispone l’azionista per partecipare attivamente alla gestione di una società o al suo controllo. Di conseguenza, qualsiasi misura volta a ostacolare l’esercizio di tali diritti o a subordinarli a condizioni può dissuadere gli investitori di altri Stati membri dall’acquisto delle partecipazioni nelle società interessate e costituisce una restrizione alla libera circolazione dei capitali (v. sentenza 14 febbraio 2008, causa C‑274/06, Commissione/Spagna, punto 24). Inoltre, i limiti massimi di voto costituiscono uno strumento idoneo a circoscrivere la possibilità degli investitori diretti di partecipare alla società con l’obiettivo di creare o mantenere legami economici durevoli e diretti con quest’ultima, tali da consentire una partecipazione effettiva alla sua gestione o al suo controllo, che riducono l’interesse all’acquisto di una partecipazione nel capitale di una società (sentenza Commissione/Germania, cit., punto 54).

    59      Per quanto attiene al diritto di designare un amministratore, la Repubblica portoghese sostiene anzitutto che, in forza di un’interpretazione attualizzata del CSC, tale diritto, previsto dagli artt. 15, n. 1, della LQP e 13, nn. 2 e 3, del decreto legge n. 141/2000, deve essere inteso quale possibilità di designare un membro del CGV e, quindi, un controllore. La Commissione si oppone a tale interpretazione.

    60      L’argomentazione della Repubblica portoghese non può essere accolta. Anche supponendo che siffatta interpretazione «attualizzata» sia corretta, detto Stato membro non ha tuttavia fornito la prova di tale interpretazione, che viene contestata dalla Commissione. Infatti, da un lato, essa non trova alcun fondamento nella lettera dei testi menzionati al punto precedente. Invero, tanto l’art. 15, n. 1, della LQP, quanto l’art. 13, nn. 2 e 3, del decreto-legge n. 141/2000 prevedono esplicitamente la designazione di un amministratore e non di un controllore. Dall’altro, tale Stato membro non ha dimostrato per quali motivi dalla modifica di talune norme del CSC, che disciplinano il diritto delle società commerciali portoghesi, conseguirebbe necessariamente che la facoltà di designare un «amministratore», stabilita da tali disposizioni, sia da interpretarsi quale facoltà di designare un «controllore» senza che il dettato di tali disposizioni sia stato espressamente modificato, dato che dette norme si riferiscono a privatizzazioni in particolare nel settore dell’energia e, quindi, appartengono al diritto pubblico.

    61      Inoltre, il fatto che il CGV non sia un organo decisionale, ma di controllo, non è idoneo a mettere in discussione la posizione e l’influenza degli operatori pubblici interessati. Infatti, sebbene il diritto delle società portoghese assegni a tale organo la funzione di vigilare sulla gestione della società, al fine dell’esercizio di tale funzione gli attribuisce importanti competenze. Oltretutto, come rilevato dalla Commissione, in forza dell’art. 17, n. 2, dello statuto della EDP, l’approvazione della CGV è necessaria per un determinato numero di operazioni tra cui, oltre all’acquisizione e alla vendita di beni, di diritti o di quote sociali di valore economico rilevante, figurano in particolare l’apertura o la chiusura di stabilimenti o di parti importanti di stabilimenti, l’istituzione o la cessazione di partenariati strategici o di altre forme di cooperazione duratura, la scissione, la fusione o la trasformazione della società e le modifiche dello statuto di quest’ultima, compreso il cambiamento di sede o l’aumento del capitale (v., in tal senso, sentenza Commissione/Germania, cit., punto 65).

    62      Dopo aver precisato quanto sopra, si deve rilevare che il diritto di designare un amministratore configura una restrizione alla libera circolazione dei capitali, dal momento che un simile specifico diritto costituisce una deroga rispetto al diritto societario comune, previsto ad esclusivo beneficio degli operatori pubblici da una misura legislativa nazionale (v. sentenza Commissione/Germania, cit., punto 61). Sebbene sia vero che tale possibilità possa essere attribuita dalla legge quale diritto di una minoranza qualificata, è giocoforza rilevare che essa, in tal caso, deve essere accessibile a tutti gli azionisti e non deve essere riservata esclusivamente allo Stato.

    63      Difatti, limitando la possibilità degli azionisti diversi dallo Stato portoghese di partecipare alla società allo scopo di creare o di mantenere legami economici duraturi e diretti con essa che consentano una partecipazione effettiva alla sua gestione o al suo controllo, il diritto di nominare un amministratore, di cui agli artt. 15, n. 1, della LQP e 13, nn. 2 e 3, del decreto legge n. 141/2000, è idoneo a dissuadere gli investitori diretti di altri Stati membri dall’investire nel capitale di tale società.

    64      Ne consegue che il diritto di veto rispetto a talune delibere dell’assemblea generale della EDP, l’esenzione dal limite massimo di voto del 5% a favore dello Stato portoghese e il diritto di designare un amministratore, nel caso in cui lo Stato voti contro la proposta che ha avuto il maggior numero di voti in sede di elezione degli amministratori configurano restrizioni alla libertà di circolazione dei capitali ai sensi dell’art. 56, n. 1, CE.

    65      Tale constatazione non può del resto essere rimessa in discussione dagli argomenti fatti valere dalla Repubblica portoghese relativamente all’applicabilità della logica asseritamente sottesa alla sentenza citata Keck e Mithouard.

    66      In proposito si deve rilevare che i provvedimenti nazionali in esame non sono analoghi alle normative concernenti le modalità di vendita che la Corte, nella sentenza citata Keck e Mithouard, ha ritenuto che esulassero dall’ambito di applicazione dell’art. 28 CE.

    67      Difatti, secondo la tale sentenza, non è idonea ad ostacolare il commercio tra gli Stati membri l’applicazione a prodotti provenienti da altri Stati membri di disposizioni nazionali che limitino o interdicano, nel territorio dello Stato membro d’importazione, talune modalità di vendita, sempreché, innanzi tutto, si applichino nei confronti di tutti gli operatori interessati che esercitino la propria attività nel territorio nazionale e, in secondo luogo, incidano in egual misura, tanto sotto il profilo giuridico quanto sotto quello sostanziale, sullo smercio dei prodotti nazionali e di quelli provenienti da altri Stati membri. Il motivo di ciò risiede nel fatto che essa non è atta ad impedire a questi ultimi l’accesso al mercato dello Stato membro d’importazione o ad ostacolarlo più di quanto non ostacoli quello dei prodotti nazionali (sentenza 10 maggio 1995, causa C‑384/93, Alpine Investments, Racc. pag. I‑1141, punto 37).

    68      Orbene, nel caso di specie, sebbene sia vero che le disposizioni nazionali in questione sono indistintamente applicabili sia ai residenti che ai non residenti, tuttavia si deve constatare che esse incidono sulla situazione dell’acquirente di una quota sociale in quanto tale e sono quindi idonee a dissuadere gli investitori di altri Stati membri dall’effettuare simili investimenti e, pertanto, a condizionare l’accesso al mercato (v. sentenze citate 13 maggio 2003, Commissione/Spagna, punto 61 e giurisprudenza ivi citata, nonché 8 luglio 2010, Commissione/Portogallo, punto 67).

    69      Inoltre, la constatazione secondo cui le suddette disposizioni nazionali configurano restrizioni alla libera circolazione dei capitali non può essere rimessa in discussione dall’argomento della Repubblica portoghese in base al quale i diritti speciali contestati sarebbero ininfluenti sugli investimenti diretti nonché sugli investimenti di portafoglio nella EDP, dato che le azioni di quest’ultima risultano tra quelle maggiormente acquistate alla Borsa di Lisbona e un gran numero delle stesse si trova in possesso di investitori stranieri.

    70      È giocoforza rilevare, come menzionato ai punti 56 e 58 della presente sentenza, che le disposizioni nazionali controverse, istituendo strumenti idonei a limitare la possibilità degli investitori di partecipare al capitale sociale della EDP con l’obiettivo di creare o mantenere legami economici durevoli e diretti con quest’ultima, tali da consentire una partecipazione effettiva alla gestione o al controllo di tale società, riducono l’interesse all’acquisto di una partecipazione in detto capitale (v., in tal senso, sentenza Commissione/Germania, cit., punto 54).

    71      Tale rilievo non è inficiato dalla presenza, in seno all’azionariato della EDP, di un certo numero di investitori diretti. Infatti, detta circostanza non è tale da contraddire il fatto che, a causa delle disposizioni nazionali controverse, taluni investitori diretti di altri Stati membri, attuali o potenziali, siano stati possibilmente dissuasi dall’acquisire una partecipazione nel capitale di tale società al fine di partecipare ad essa con l’obiettivo di creare o mantenere legami economici durevoli e diretti con essa, tali da consentire una partecipazione effettiva alla sua gestione o al suo controllo, pur avendo il diritto di beneficiare del principio della libera circolazione dei capitali e della tutela da esso instaurata a loro vantaggio (v., in tal senso, sentenza Commissione/Germania, cit., punto 55).

    72      Alla luce di quanto precede, si deve dichiarare che la detenzione da parte dello Stato portoghese di azioni privilegiate connesse a diritti speciali conferite al loro titolare da siffatte azioni configura una restrizione alla libera circolazione dei capitali ai sensi dell’art. 56, n. 1, CE.

     Sulla giustificazione delle restrizioni

     Argomenti delle parti

    73      La Commissione ritiene che restrizioni come quelle istituite dalle disposizioni nazionali in discussione non possano essere giustificate da alcuno degli obiettivi di interesse generale fatti valere dalla Repubblica portoghese e che esse, in ogni caso, contravvengano al principio di proporzionalità.

    74      Quanto alla necessità di assicurare la certezza dell’approvvigionamento energetico della Repubblica portoghese, la Commissione sottolinea che tale certezza non si colloca nell’ambito della sicurezza pubblica ai sensi del Trattato, come sostiene detto Stato membro. Al riguardo, la Commissione ritiene che, contrariamente a quanto richiesto dalla giurisprudenza e, in particolare, dai punti 71 e 72 della citata sentenza 13 maggio 2003, Commissione/Spagna, detto Stato non avrebbe dimostrato l’esistenza di una «minaccia effettiva e sufficientemente grave ad uno degli interessi fondamentali della collettività», idonea a giustificare i diritti di cui trattasi in base a motivi di sicurezza e di ordine pubblici.

    75      La Commissione ritiene che la Repubblica portoghese potrebbe reagire a qualsivoglia concreta minaccia a danno della sicurezza dell’approvvigionamento energetico mediante il proprio sistema di regolamentazione che rientra nel proprio diritto amministrativo e non per mezzo di diritti speciali concessi nel capitale sociale della EDP, connessi ad azioni privilegiate, e, quindi, senza porre ostacoli alla libera circolazione dei capitali né al diritto di stabilimento.

    76      La Commissione contesta altresì il fatto che le attività della EDP facciano parte del servizio pubblico. Essa è dell’avviso che la fornitura di energia elettrica e di gas sono servizi di interesse generale, ma non sono un servizio pubblico. Per quanto attiene a siffatti servizi di interesse generale lo Stato ha una responsabilità di garanzia, vale a dire che tali servizi possono essere forniti da organismi privati. Quanto alle attività della EDP, ossia quelle di distribuzione e di vendita di ultima istanza, esse sono coperte dalla responsabilità dello Stato, il cui strumento essenziale è la garanzia del buon funzionamento del proprio sistema di regolamentazione dell’approvvigionamento energetico e non l’assunzione di partecipazioni specifiche dello Stato nelle società interessate.

    77      La Commissione afferma inoltre che, in ogni caso, le disposizioni nazionali in questione contravvengono al principio di proporzionalità. L’esercizio dei diritti speciali di cui trattasi non è soggetto ad alcun criterio obiettivo e preciso che orienti l’attuazione del regime istituito, fatta eccezione per quello secondo cui tali diritti devono essere esercitati unicamente quando motivi di interesse nazionale lo impongano. Orbene, anche ammettendo che gli obiettivi fatti valere dalla Repubblica portoghese siano legittimi, un potere a tal punto discrezionale andrebbe al di là di quanto è necessario per conseguire gli stessi.

    78      Infine, la Commissione confuta il ragionamento della Repubblica portoghese per quanto riguarda l’applicabilità dell’art. 86, n. 2, CE sostenendo che essa disconosce il contesto in cui tale disposizione si colloca. 

    79      La Repubblica portoghese sottolinea che, anche supponendo che i diritti speciali detenuti dallo Stato nel capitale sociale della EDP configurino restrizioni delle libertà invocate dalla Commissione, tali restrizioni sono giustificate da motivi imperativi di interesse generale. Infatti, in primo luogo, facendo riferimento alla sentenza 10 luglio 1984, causa 72/83, Campus Oil e a. (Racc. pag. 2727), detto Stato membro evidenzia che le misure nazionali di cui trattasi mirano a garantire la certezza dell’approvvigionamento energetico del paese, che costituisce un interesse di pubblica sicurezza. Quale giustificazione esso fa altresì valere il fatto che i diritti speciali detenuti dallo Stato portoghese riguardano attività soggette ad obblighi di servizio pubblico e, quindi, sono in ogni caso giustificati in forza degli artt. 58, n. 1, lett. b), CE e 46, n. 1, CE.

    80      Inoltre, la Repubblica portoghese precisa che, dal momento che, allo stato attuale, il diritto dell’Unione non contempla norme né misure che garantiscano in modo sufficiente la certezza dell’approvvigionamento di energia degli Stati membri, essa mantiene il potere nonché il corrispondente obbligo, impostole tanto dal diritto nazionale quanto dal diritto dell’Unione, di adottare provvedimenti nazionali adeguati a garantire la tutela di tale interesse fondamentale per la società, nel rispetto delle norme del Trattato, come emerge dalla sentenza citata Campus Oil e a.

    81      In aggiunta, la Repubblica portoghese afferma che detti diritti speciali sono strumenti adeguati a tutelare la sicurezza del settore energetico in Portogallo che rispettano il principio di proporzionalità, dato che non esistono altri mezzi meno coercitivi che consentano di contrastare l’adozione di delibere da parte degli organi dirigenti di una società quale la EDP idonee ad incidere sulla regolarità, la certezza e la continuità dell’approvvigionamento energetico.

    82      Inoltre, a giudizio della Repubblica portoghese, le disposizioni nazionali in esame sono necessarie a consentire alla EDP di assicurare la missione di servizio di interesse economico generale ad essa affidata dallo Stato portoghese in forza dell’art. 86, n. 2, CE. Ove si affermasse che le disposizioni citate sono contrarie agli artt. 43 CE e 56 CE, l’applicazione di tali articoli costituirebbe un ostacolo alla missione di servizio d’interesse economico generale ai sensi dell’art. 86, n. 2, CE, assegnata alla EDP. In ogni caso, il mantenimento in vigore delle disposizioni nazionali di cui trattasi, che conferiscono diritti speciali allo Stato portoghese, non pregiudica gli scambi nell’Unione né l’interesse di quest’ultima. Per di più, la Commissione ha l’onere di specificare quale sia l’interesse dell’Unione alla luce del quale si deve valutare l’eventuale incidenza sugli scambi che può derivare dall’esistenza dei diritti di cui beneficia lo Stato portoghese nella EDP, e pertanto la Commissione non assolve l’onere della prova ad essa incombente in forza dell’art. 226 CE.

     Giudizio della Corte

    83      Secondo una giurisprudenza consolidata, la libera circolazione dei capitali può essere limitata da provvedimenti nazionali che si giustificano per le ragioni di cui all’art. 58 CE o per motivi imperativi di interesse generale, purché siano idonei a garantire il conseguimento dello scopo perseguito e non vadano oltre quanto necessario per il suo raggiungimento (v. citate sentenze Commissione/Germania, punti 72 e 73 nonché giurisprudenza ivi citata, e 8 luglio 2010, Commissione/Portogallo, punto 69).

    84      Per quanto riguarda le deroghe consentite dall’art. 58 CE, non si può negare che l’obiettivo invocato dalla Repubblica portoghese di garantire la sicurezza dell’approvvigionamento energetico di tale Stato membro in caso di crisi, di guerra o di terrorismo possa costituire un motivo di pubblica sicurezza (v. sentenze citate 14 febbraio 2008, Commissione/Spagna, punto 38, e 8 luglio 2010, Commissione/Portogallo, punto 72) e giustificare, eventualmente, un ostacolo alla libera circolazione dei capitali. L’importanza data dagli Stati membri e dall’Unione alla tutela della sicurezza dell’approvvigionamento energetico si manifesta d’altronde, segnatamente, nella direttiva del Parlamento europeo e del Consiglio 13 luglio 2009, 2009/72/CE, relativa a norme comuni per il mercato interno dell’energia elettrica e che abroga la direttiva 2003/54/CE (GU L 211, pag. 55).

    85      Tuttavia, è pacifico che le esigenze di pubblica sicurezza, in particolare in quanto deroga al principio fondamentale della libera circolazione dei capitali, devono essere intese in senso restrittivo, di guisa che la loro portata non può essere determinata unilateralmente da ogni Stato membro senza il controllo delle istituzioni dell’Unione. Pertanto, la pubblica sicurezza può essere invocata solamente in caso di minaccia effettiva e sufficientemente grave ad uno degli interessi fondamentali della collettività (v., in particolare, sentenze 14 marzo 2000, causa C‑54/99, Église de scientologie, Racc. pag. I‑1335, punto 17, e 8 luglio 2010, Commissione/Portogallo, cit., punto 73).

    86      A tale proposito la Repubblica portoghese afferma che una simile minaccia, in considerazione dell’importanza cruciale dell’energia sotto forma di elettricità e di gas naturale per tutte le economie e le società contemporanee, non deve essere immediata. Tenuto conto dell’obbligo a carico di uno Stato membro di garantire la sicurezza di un approvvigionamento regolare e continuativo di elettricità e gas naturale, sarebbe legittimo che tale Stato si doti dei mezzi necessari ad assicurare l’interesse fondamentale della certezza dell’approvvigionamento anche ove non esista alcuna minaccia imminente. A questo riguardo, dal momento che non può escludersi il rischio di minacce serie per la certezza dell’approvvigionamento energetico e dato che, per definizione, siffatte minacce sono improvvise e, nella maggior parte dei casi, imprevedibili, spetta allo Stato membro interessato vegliare a che siano istituiti strumenti adeguati che consentano di reagire in modo rapido ed efficace per garantire la sicurezza continuativa di tale approvvigionamento.

    87      Tale argomentazione non è del tutto priva di fondamento. Tuttavia, nel caso di specie, dal momento che la Repubblica portoghese si è limitata a far valere il motivo relativo alla sicurezza dell’approvvigionamento energetico senza precisare le ragioni esatte per cui essa ritiene che ciascuno dei diritti speciali controversi o l’insieme degli stessi consenta di evitare un simile pregiudizio a un interesse fondamentale della società, non può ritenersi dimostrata una giustificazione fondata sulla sicurezza pubblica.

    88      Inoltre, l’argomento della Repubblica portoghese, secondo cui il diritto dell’Unione, allo stato attuale, non garantisce in modo sufficiente la sicurezza dell’approvvigionamento energetico degli Stati membri, circostanza che la obbligherebbe ad adottare i provvedimenti nazionali adeguati a garantire la tutela di tale interesse fondamentale per la collettività, è del tutto privo di pertinenza.

    89      Anche ammettendo l’esistenza, in virtù delle norme del diritto derivato dell’Unione, di un obbligo a carico degli Stati membri di garantire l’approvvigionamento energetico nel proprio territorio nazionale, come sostenuto dalla Repubblica portoghese, il rispetto di un simile obbligo non può essere invocato per giustificare una qualsivoglia misura in linea di principio contraria ad una libertà fondamentale.

    90      Inoltre, quanto alla proporzionalità delle disposizioni nazionali in esame, si deve rilevare, come giustamente osservato dalla Commissione, che l’esercizio dei diritti speciali conferiti allo Stato portoghese dalla titolarità di azioni privilegiate nel capitale sociale della EDP non è subordinato ad alcuna condizione o circostanza specifica ed obiettiva, contrariamente a quanto affermato dallo Stato membro convenuto.

    91      Difatti, sebbene l’art. 15, n. 3, della LQP disponga che la creazione di azioni privilegiate nel capitale sociale della EDP, che conferiscono diritti speciali allo Stato portoghese, sia subordinata alla condizione, formulata del resto in modo assai generico ed impreciso, che ciò sia imposto da motivi di interesse nazionale, tuttavia si deve necessariamente rilevare che né detta legge né lo statuto della EDP stabiliscono criteri in ordine alle circostanze specifiche in cui i predetti diritti speciali possano essere esercitati (v. sentenza 26 marzo 2009, Commissione/Italia, cit., punto 51). Lo stesso rilievo si applica al n. 1 di detto art. 15, in quanto tale disposizione subordina la designazione di un amministratore da parte dello Stato portoghese ad una condizione, anch’essa formulata in modo assai generico ed impreciso, relativa alla salvaguardia dell’interesse generale.

    92      Pertanto, una simile incertezza costituisce un grave pregiudizio alla libertà di circolazione dei capitali in quanto conferisce alle autorità nazionali, per quanto attiene alla facoltà di ricorrere a siffatti diritti, un margine di discrezionalità talmente ampio da non potersi ritenere proporzionato rispetto agli obiettivi perseguiti (v., in tal senso, sentenza 26 marzo 2009, Commissione/Italia, cit., punto 52).

    93      Infine, per quanto concerne la giustificazione relativa all’art. 86, n. 2, CE, si deve rilevare che questa disposizione, in combinato disposto con il n. 1 dello stesso articolo, consente di giustificare la concessione da parte di uno Stato membro, ad un’impresa incaricata della gestione di servizi di interesse economico generale, di diritti speciali o esclusivi contrari alle disposizioni del Trattato, qualora l’adempimento della specifica missione affidatale possa essere garantito unicamente grazie alla concessione di tali diritti e purché lo sviluppo degli scambi non risulti compromesso in misura contraria agli interessi dell’Unione (sentenze 17 maggio 2001, causa C‑340/99, TNT Traco, Racc. pag. I‑4109, punto 52; 18 dicembre 2007, causa C‑220/06, Asociación Profesional de Empresas de Reparto y Manipulado de Correspondencia, Racc. pag. I‑12175, punto 78, e 1° ottobre 2009, causa C‑567/07, Woningstichting Sint Servatius, Racc. pag. I‑9021, punto 44).

    94      Nel caso in esame, tuttavia, si deve necessariamente rilevare che non è questo l’obiettivo delle disposizioni previste dalla normativa nazionale di cui trattasi nell’ambito del presente procedimento per inadempimento avviato contro la Repubblica portoghese.

    95      Infatti, come giustamente sostenuto dalla Commissione, detto procedimento non verte sulla concessione di diritti speciali o esclusivi alla EDP né sulla qualificazione delle attività di quest’ultima quali servizi di interesse economico generale, ma concerne la legittimità dell’attribuzione allo Stato portoghese, nella sua qualità di azionista di tale società, di diritti speciali connessi ad azioni privilegiate detenute da quest’ultimo nel capitale sociale della EDP.

    96      Ne consegue che l’art. 86, n. 2, CE non è applicabile ad una situazione come quella del caso di specie e non può, pertanto, essere fatto valere dalla Repubblica portoghese quale giustificazione delle disposizioni nazionali in esame, in quanto queste configurano restrizioni alla libera circolazione dei capitali sancita dal Trattato.

    97      Di conseguenza, si deve dichiarare che la Repubblica portoghese, mantenendo nella EDP diritti speciali come quelli previsti nel caso di specie dalla LQP, dal decreto legge n. 141/2000 e dallo statuto di detta società a favore dello Stato portoghese e di altri organismi pubblici, attribuiti in connessione con azioni privilegiate detenute da tale Stato nel capitale sociale della suddetta società, è venuta meno agli obblighi ad essa incombenti in forza dell’art. 56 CE.

     Sull’inadempimento degli obblighi risultanti dall’art. 43 CE

    98      La Commissione chiede altresì che sia dichiarato un inadempimento degli obblighi che incombono alla Repubblica portoghese in forza dell’art. 43 CE, in quanto l’attribuzione di diritti speciali allo Stato portoghese, in connessione con le azioni privilegiate da quest’ultimo detenute, è idonea ad impedire agli altri azionisti di esercitare un’influenza effettiva sulle decisioni della EDP e, quindi, di indirizzarne le attività.

    99      Al riguardo è sufficiente rilevare che, per giurisprudenza costante della Corte, laddove il provvedimento o i provvedimenti nazionali in esame comportino restrizioni alla libertà di stabilimento, tali restrizioni sono la conseguenza diretta degli ostacoli alla libera circolazione dei capitali esaminati ai punti 45‑72 della presente sentenza, da cui sono inscindibili. Pertanto, essendo stata riscontrata una violazione dell’art. 56, n. 1, CE, non è necessario esaminare in separata sede le predette misure alla luce delle norme del Trattato relative alla libertà di stabilimento (v., in particolare, sentenze citate 13 maggio 2003, Commissione/Spagna, punto 86; Commissione/Paesi Bassi, punto 43, e 8 luglio 2010, Commissione/Portogallo, punto 80).

     Sulle spese

    100    A norma dell’art. 69, n. 2, del regolamento di procedura, la parte soccombente è condannata alle spese se ne è stata fatta domanda. Poiché la Commissione ne ha fatto domanda, la Repubblica portoghese, rimasta soccombente, dev’essere condannata alle spese.

    Per questi motivi, la Corte (Prima Sezione) dichiara e statuisce:

    1)      Mantenendo nella EDP – Energias de Portugal diritti speciali come quelli previsti nel caso di specie dalla legge 5 aprile 1990, n. 11, recante la legge quadro relativa alle privatizzazioni (Lei n. 11/90, Lei Quadro das Privatizações), dal decreto legge 15 luglio 2000, n. 141, di approvazione della quarta fase del processo di riprivatizzazione del capitale sociale della EDP – Electricidade de Portugal SA e dallo statuto di detta società a favore dello Stato portoghese e di altri organismi pubblici, attribuiti in connessione con azioni privilegiate («golden shares») detenute da tale Stato nel capitale sociale della suddetta società, la Repubblica portoghese è venuta meno agli obblighi ad essa incombenti in forza dell’art. 56 CE.

    2)      La Repubblica portoghese è condannata alle spese.

    Firme


    * Lingua processuale: il portoghese.

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