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Dokument 62008CJ0334

    Sentenza della Corte (Seconda Sezione) dell'8 luglio 2010.
    Commissione europea contro Repubblica italiana.
    Inadempimento di uno Stato - Risorse proprie dell’Unione - Rifiuto di mettere a disposizione dell’Unione risorse proprie corrispondenti ad alcune autorizzazioni doganali illegittime - Forza maggiore - Comportamento fraudolento delle autorità doganali - Responsabilità degli Stati membri - Regolarità dell’iscrizione dei diritti accertati nella contabilità separata.
    Causa C-334/08.

    Raccolta della Giurisprudenza 2010 I-06869

    ECLI-indikator: ECLI:EU:C:2010:414

    Causa C‑334/08

    Commissione europea

    contro

    Repubblica italiana

    «Inadempimento di uno Stato — Risorse proprie dell’Unione — Rifiuto di mettere a disposizione dell’Unione risorse proprie corrispondenti ad alcune autorizzazioni doganali illegittime — Forza maggiore — Comportamento fraudolento delle autorità doganali — Responsabilità degli Stati membri — Regolarità dell’iscrizione dei diritti accertati nella contabilità separata»

    Massime della sentenza

    1.        Risorse proprie delle Comunità europee — Accertamento e messa a disposizione da parte degli Stati membri

    [Regolamento del Consiglio n. 1150/2000, art. 17, nn. 1 e 2; decisione del Consiglio 2000/597, artt. 2, n. 1, lett. a) e b), e 8, n. 1]

    2.        Risorse proprie delle Comunità europee — Accertamento e messa a disposizione da parte degli Stati membri

    (Regolamento del Consiglio n. 1150/2000, art. 17, n. 2)

    3.        Risorse proprie delle Comunità europee — Accertamento e messa a disposizione da parte degli Stati membri

    (Regolamento del Consiglio n. 1150/2000, art. 17, n. 2; decisione del Consiglio 2000/597, artt. 2 e 8)

    4.        Risorse proprie delle Comunità europee — Accertamento e messa a disposizione da parte degli Stati membri

    [Regolamento del Consiglio n. 1150/2000, artt. 6, n. 3, lett. a) e b), e 17, n. 2]

    1.        Ai sensi dell’art. 8, n. 1, della decisione 2000/597, relativa al sistema delle risorse proprie delle Comunità europee, le risorse proprie dell’Unione contemplate all’art. 2, n. 1, lett. a) e b), di tale decisione sono riscosse dagli Stati membri e questi hanno l’obbligo di metterle a disposizione della Commissione. A norma dell’art. 17, nn. 1 e 2, del regolamento n. 1150/2000, recante applicazione della decisione 94/728, relativa al sistema delle risorse proprie delle Comunità, gli Stati membri sono tenuti a prendere tutte le misure necessarie affinché gli importi corrispondenti ai diritti accertati in conformità dell’art. 2 del medesimo regolamento siano messi a disposizione della Commissione. Gli Stati membri sono dispensati da tale obbligo di messa a disposizione soltanto se la riscossione non abbia potuto essere effettuata per ragioni di forza maggiore, oppure quando risulti definitivamente impossibile procedere alla riscossione per motivi che non possono essere loro imputati.

    A questo proposito, la condotta di qualsiasi organo dello Stato è, in linea di principio, imputabile a quest’ultimo. Per organo si intende qualsiasi persona o entità che abbia tale status secondo l’ordinamento interno dello Stato interessato. La circostanza che una persona o entità di questo tipo, legittimata all’esercizio di potestà pubbliche e operante in tale veste, ponga in essere, con il suo comportamento, una violazione di legge, uno sviamento di potere o un’inosservanza di istruzioni dei propri superiori gerarchici non costituisce un elemento idoneo ad infirmare la conclusione suddetta.

    (v. punti 34-35, 39)

    2.        La nozione di forza maggiore contemplata dall’art. 17, n. 2, del regolamento n. 1150/2000, recante applicazione della decisione 94/728, relativa al sistema delle risorse proprie delle Comunità, deve essere intesa nel senso di circostanze estranee e non riferibili al soggetto che l’invoca, anormali e imprevedibili, le cui conseguenze non avrebbero potuto evitarsi nonostante ogni diligenza impiegata. Uno degli elementi costitutivi della nozione di forza maggiore è il realizzarsi di un accadimento estraneo e non riferibile al soggetto che intende avvalersene, ossia il sopravvenire di un fatto che si produce al di fuori della sfera di intervento di tale soggetto.

    Il comportamento dei funzionari doganali, che, nell’esercizio delle loro funzioni, rilasciano autorizzazioni illegittime, non può essere considerato estraneo e non riferibile all’amministrazione cui essi appartengono. Inoltre, non è stato dimostrato che le conseguenze di tale comportamento, imputabile allo Stato membro, non avrebbero potuto essere evitate malgrado la diligenza di cui tale Stato membro potesse aver dato prova. Pertanto, tale Stato membro non può invocare la forza maggiore al fine di essere esonerato dall’obbligo di mettere a disposizione della Commissione le risorse proprie dell’Unione.

    (v. punti 42, 46-47, 49)

    3.        Se un errore commesso dalle autorità doganali di uno Stato membro ha come conseguenza la mancata riscossione delle risorse proprie dell’Unione, tale errore non può rimettere in discussione l’obbligo dello Stato membro in questione di versare i diritti accertati e gli interessi di mora.

    Stanti tali premesse, lo Stato membro che si astenga dall’accertare il diritto dell’Unione sulle risorse proprie e dal mettere il relativo importo a disposizione della Commissione, senza che ricorra una delle situazioni previste dall’art. 17, n. 2, del regolamento n. 1150/2000, recante applicazione della decisione 94/728, relativa al sistema delle risorse proprie delle Comunità, viene meno agli obblighi che gli incombono in forza della normativa dell’Unione e, segnatamente, degli artt. 2 e 8 della decisione 2000/597, relativa al sistema delle risorse proprie delle Comunità.

    (v. punti 50-51)

    4.        La possibilità, per gli Stati membri, di vedersi esonerati dal loro obbligo di mettere a disposizione della Commissione gli importi corrispondenti ai diritti accertati presuppone non soltanto il rispetto delle condizioni enunciate all’art. 17, n. 2, del regolamento n. 1150/2000, recante applicazione della decisione 94/728, relativa al sistema delle risorse proprie delle Comunità, come modificato, ma anche che tali diritti siano stati iscritti regolarmente nella contabilità B.

    Infatti, l’art. 6, n. 1, del citato regolamento stabilisce che gli Stati membri devono tenere una contabilità delle risorse proprie presso il Tesoro pubblico o l’organismo da essi designato. Conformemente al n. 3, lett. a) e b), di tale articolo, gli Stati membri sono obbligati a riportare nella contabilità A i diritti accertati a norma dell’art. 2 del medesimo regolamento al più tardi il primo giorno feriale dopo il 19 del secondo mese successivo a quello nel corso del quale ha avuto luogo l’accertamento, salva la facoltà di iscrivere nella contabilità B, entro il medesimo termine, i diritti accertati che non sono «stati ancora riscossi» e per i quali «non è stata fornita alcuna garanzia», nonché i diritti accertati e «coperti da garanzie [che] formano oggetto di contestazione e possono subire variazioni in seguito alle controversie sorte».

    L’iscrizione delle risorse proprie nella contabilità B corrisponde dunque ad una situazione eccezionale, caratterizzata dal fatto che agli Stati membri viene consentito sia di non mettere tali importi a disposizione della Commissione subito dopo il loro accertamento, perché non ancora riscossi, secondo quanto previsto dall’art. 6, n. 3, lett. b), del regolamento n. 1150/2000, sia di essere esonerati da tale messa a disposizione, nel caso in cui i diritti in questione risultino irrecuperabili per cause di forza maggiore o per altri motivi non imputabili agli Stati stessi, ai sensi dell’art. 17, n. 2, del citato regolamento.

    Date tali premesse, per poter beneficiare di una simile situazione eccezionale, è necessario che l’iscrizione dei diritti accertati nella contabilità B sia stata effettuata dagli Stati membri nel rispetto del diritto dell’Unione.

    (v. punti 65-66, 68-69)







    SENTENZA DELLA CORTE (Seconda Sezione)

    8 luglio 2010 (*)

    «Inadempimento di uno Stato – Risorse proprie dell’Unione – Rifiuto di mettere a disposizione dell’Unione risorse proprie corrispondenti ad alcune autorizzazioni doganali illegittime – Forza maggiore – Comportamento fraudolento delle autorità doganali – Responsabilità degli Stati membri – Regolarità dell’iscrizione dei diritti accertati nella contabilità separata»

    Nella causa C‑334/08,

    avente ad oggetto il ricorso per inadempimento, ai sensi dell’art. 226 CE, proposto il 18 luglio 2008,

    Commissione europea, rappresentata dai sigg. A. Aresu e A. Caeiros, in qualità di agenti, con domicilio eletto in Lussemburgo,

    ricorrente,

    contro

    Repubblica italiana, rappresentata dalla sig.ra I. Bruni, in qualità di agente, assistita dal sig. G. Albenzio, avvocato dello Stato, con domicilio eletto in Lussemburgo,

    convenuta,

    sostenuta da:

    Repubblica federale di Germania, rappresentata dai sigg. M. Lumma e B. Klein, in qualità di agenti, con domicilio eletto in Lussemburgo,

    interveniente,

    LA CORTE (Seconda Sezione),

    composta dal sig. J.N. Cunha Rodrigues (relatore), presidente di sezione, nonché dai sigg. A. Rosas, U. Lõhmus, A. Ó Caoimh e A. Arabadjiev, giudici,

    avvocato generale: sig.ra J. Kokott

    cancelliere: sig. N. Nanchev, amministratore

    vista la fase scritta del procedimento e in seguito all’udienza del 17 dicembre 2009,

    sentite le conclusioni dell’avvocato generale, presentate all’udienza del 15 aprile 2010,

    ha pronunciato la seguente

    Sentenza

    1        Con il suo ricorso, la Commissione delle Comunità europee chiede alla Corte di constatare che la Repubblica italiana ha mancato agli obblighi che le incombono in virtù dell’art. 10 CE, dell’art. 8 della decisione del Consiglio 29 settembre 2000, 2000/597/CE, Euratom, relativa al sistema delle risorse proprie delle Comunità europee (GU L 253, pag. 42), e degli artt. 2, 6, 10, 11 e 17 del regolamento (CE, Euratom) del Consiglio 22 maggio 2000, n. 1150, recante applicazione della decisione 94/728/CE, Euratom, relativa al sistema delle risorse proprie delle Comunità (GU L 130, pag. 1), per aver rifiutato di mettere a disposizione della Commissione le risorse proprie corrispondenti all’obbligazione doganale derivante dal rilascio, dal 27 febbraio 1997, da parte della Direzione Compartimentale delle Dogane per le Regioni Puglia e Basilicata, sita a Bari, di autorizzazioni irregolari a creare e gestire a Taranto magazzini doganali di tipo C, seguite da consecutive autorizzazioni alla trasformazione sotto controllo doganale e al perfezionamento attivo, fino alla loro revoca il 4 dicembre 2002.

     Contesto normativo

    2        In materia di risorse proprie dell’Unione, la decisione del Consiglio 31 ottobre 1994, 94/728/CE, relativa al sistema delle risorse proprie delle Comunità europee (GU L 293, pag. 9), è stata abrogata e sostituita, con effetto dal 1° gennaio 2002, dalla decisione 2000/597.

    3        L’art. 2, n. 1, della decisione 2000/597 così dispone:

    «1.      Costituiscono risorse proprie iscritte nel bilancio dell’Unione europea le entrate provenienti:

    (...)

    b)      dai dazi della tariffa doganale comune e da altri dazi fissati o da fissare da parte delle istituzioni delle Comunità sugli scambi con i paesi terzi (...)

    (...)».

    4        L’art. 8, n. 1, della decisione 2000/597 così recita:

    «Le risorse proprie delle Comunità di cui all’articolo 2, paragrafo 1, lettere a) e b), sono riscosse dagli Stati membri ai sensi delle disposizioni legislative, regolamentari e amministrative nazionali, eventualmente adattate alle esigenze della normativa comunitaria.

    La Commissione procede, ad intervalli regolari, all’esame delle disposizioni nazionali che le sono comunicate dagli Stati membri, comunica agli Stati membri gli adattamenti che ritiene necessari per garantire che esse siano conformi alle normative comunitarie e riferisce all’autorità di bilancio.

    Gli Stati membri mettono a disposizione della Commissione le risorse di cui all’articolo 2, paragrafo 1, lettere da a) a d)».

    5        L’art. 2, n. 1, del regolamento n. 1150/2000, che figura nel titolo I di quest’ultimo, rubricato «Disposizioni generali», recita:

    «Ai fini dell’applicazione del presente regolamento, un diritto delle Comunità sulle risorse proprie di cui all’articolo 2, paragrafo 1, lettere a) e b), della decisione 94/728/CE, Euratom, è accertato non appena ricorrono le condizioni previste dalla normativa doganale per quanto riguarda la registrazione dell’importo del diritto e la comunicazione del medesimo al soggetto passivo».

    6        L’art. 6, nn. 1‑3, lett. a) e b), del regolamento n. 1150/2000, inserito nel titolo II di quest’ultimo, rubricato «Contabilizzazione delle risorse proprie», prevede quanto segue:

    «1.      Presso il Tesoro di ogni Stato membro o l’organismo designato da quest’ultimo viene tenuta una contabilità delle risorse proprie, ripartita secondo la natura delle risorse.

    2.      Per le esigenze della contabilità delle risorse proprie, la chiusura contabile è effettuata non prima delle ore tredici dell’ultimo giorno feriale del mese in cui è stato effettuato l’accertamento.

    3.a)      Con riserva della lettera b) del presente paragrafo, i diritti accertati conformemente all’articolo 2 sono riportati nella contabilità [usualmente denominata “contabilità A”] al più tardi il primo giorno feriale dopo il 19 del secondo mese successivo a quello nel corso del quale ha avuto luogo l’accertamento.

    b)      I diritti accertati e non riportati nella contabilità di cui alla lettera a), poiché non sono stati ancora riscossi e non è stata fornita alcuna garanzia, sono iscritti in una contabilità separata [usualmente denominata “contabilità B”] entro il termine previsto alla lettera a). Gli Stati membri possono procedere nello stesso modo allorché i diritti accertati e coperti da garanzie formano oggetto di contestazione e possono subire variazioni in seguito alle controversie sorte».

    7        L’art. 9, n. 1, del regolamento n. 1150/2000, collocato nel titolo III di quest’ultimo, rubricato «Messa a disposizione delle risorse proprie», dispone:

    «Secondo le modalità definite dall’articolo 10, le risorse proprie vengono accreditate da ogni Stato membro sul conto aperto a tale scopo a nome della Commissione presso il Tesoro o l’organismo da esso designato. (...)».

    8        L’art. 10, n. 1, di cui al medesimo titolo III del regolamento n. 1150/2000, ha il seguente tenore:

    «Dopo la deduzione del 10% a titolo di spese di riscossione in applicazione dell’articolo [2], paragrafo 3, della decisione 94/728/CE, Euratom, l’iscrizione delle risorse proprie, di cui all’articolo 2, paragrafo 1, lettere a) e b), della summenzionata decisione, ha luogo entro il primo giorno feriale dopo il 19 del secondo mese successivo a quello in cui il diritto è stato constatato in conformità dell’articolo 2 del presente regolamento.

    Tuttavia, per i diritti contemplati nella contabilità [B] conformemente all’articolo 6, paragrafo 3, lettera b), l’iscrizione deve aver luogo entro il primo giorno feriale dopo il 19 del secondo mese successivo a quello della riscossione dei diritti».

    9        L’art. 11 del regolamento n. 1150/2000 prescrive:

    «Ogni ritardo nelle iscrizioni sul conto di cui all’articolo 9, paragrafo 1, dà luogo al pagamento, da parte dello Stato membro in questione, di un interesse il cui tasso è pari al tasso di interesse applicato il giorno della scadenza sul mercato monetario dello Stato membro interessato per i finanziamenti a breve termine, maggiorato di 2 punti. Tale tasso è aumentato di 0,25 punti per ogni mese di ritardo. Il tasso così aumentato è applicabile a tutto il periodo del ritardo».

    10      L’art. 17, nn. 1 e 2, del regolamento n. 1150/2000, compreso nel titolo VII di quest’ultimo, rubricato «Disposizioni relative al controllo», stabilisce quanto segue:

    «1.      Gli Stati membri sono tenuti a prendere tutte le misure necessarie affinché gli importi corrispondenti ai diritti accertati in conformità dell’articolo 2 siano messi a disposizione della Commissione alle condizioni previste dal presente regolamento.

    2.      Gli Stati membri sono dispensati dall’obbligo di mettere a disposizione della Commissione gli importi corrispondenti ai diritti accertati soltanto se la riscossione non abbia potuto essere effettuata per ragioni di forza maggiore. Inoltre, in casi particolari, gli Stati membri sono dispensati dal mettere tali importi a disposizione della Commissione, quando, dopo attento esame di tutti i dati pertinenti del caso, risulta definitivamente impossibile procedere alla riscossione per motivi che non potrebbero essere loro imputabili. Questi casi debbono essere menzionati nella relazione di cui al paragrafo 3, qualora gli importi superino i 10 000 EUR, convertiti in moneta nazionale al tasso nel primo giorno feriale del mese d’ottobre dell’anno civile appena trascorso; questa relazione deve contenere un’indicazione delle ragioni che hanno indotto lo Stato membro a non mettere a disposizione gli importi di cui trattasi. La Commissione dispone di un termine di sei mesi per comunicare, se del caso, le proprie osservazioni allo Stato membro interessato».

    11      Il regolamento n. 1150/2000 è stato modificato dal regolamento (CE, Euratom) del Consiglio 16 novembre 2004, n. 2028 (GU L 352, pag. 1; in prosieguo: il «regolamento n. 1150/2000 come modificato»), il quale è entrato in vigore il 28 novembre 2004.

    12      L’art. 17, n. 2, del regolamento n. 1150/2000 come modificato ha il seguente tenore:

    «Gli Stati membri sono dispensati dall’obbligo di mettere a disposizione della Commissione gli importi corrispondenti ai diritti accertati che risultano irrecuperabili:

    a)      o per cause di forza maggiore;

    b)      o per altri motivi che non sono loro imputabili.

    Gli importi di diritti accertati sono dichiarati irrecuperabili con decisione dell’autorità amministrativa competente che constata l’impossibilità del recupero.

    Gli importi di diritti accertati sono considerati irrecuperabili al più tardi dopo un periodo di cinque anni dalla data alla quale l’importo è stato accertato a norma dell’articolo 2 oppure, in caso di ricorso amministrativo o giudiziario, dalla pronuncia, dalla notifica o dalla pubblicazione della decisione definitiva.

    In caso di pagamento scaglionato, il periodo massimo di cinque anni inizia a decorrere dalla data dell’ultimo pagamento effettivo nella misura in cui quest’ultimo non saldi il debito.

    Gli importi dichiarati o considerati irrecuperabili sono ritirati definitivamente dalla contabilità [B] di cui all’articolo 6, paragrafo 3, lettera b). Sono segnalati nell’allegato dell’estratto trimestrale di cui all’articolo 6, paragrafo 4, lettera b), e, se del caso, nell’estratto trimestrale di cui all’articolo 6, paragrafo 5».

     Il procedimento precontenzioso

    13      In seguito ad una denuncia circa presunte irregolarità doganali verificatesi presso la Circoscrizione Doganale di Taranto, la Commissione, con lettera del 27 ottobre 2003, chiedeva alle autorità italiane che le venissero forniti chiarimenti al riguardo.

    14      Nella loro risposta, le autorità suddette trasmettevano alla Commissione una relazione di audit interno del 18 febbraio 2003, da cui risultava che:

    –        in data 27 febbraio e 7 aprile 1997, le competenti autorità doganali italiane avevano rilasciato, in particolare alla società Fonderie SpA (in prosieguo: la «Fonderie»), una serie di autorizzazioni finalizzate alla creazione di due magazzini doganali privati di tipo C ed alla trasformazione dei pani di alluminio che vi si trovavano (rientranti nella voce tariffaria doganale 7601, cui corrisponde un dazio doganale del 6%) in rottami di alluminio (voce 7602, per la quale è prevista un’esenzione dai dazi), utilizzando la procedura di trasformazione sotto controllo doganale;

    –        le suddette autorizzazioni erano state rilasciate in violazione della legislazione doganale comunitaria ed avevano dato luogo al mancato accertamento e alla mancata riscossione, durante il periodo 1997‑2002, di risorse proprie comunitarie quantificate in circa 46,6 miliardi di lire italiane;

    –        successivamente ad un reclamo presentato da una società del medesimo settore, le competenti autorità doganali avevano revocato le autorizzazioni in questione il 4 dicembre 2002 e accertato i diritti delle Comunità sulle relative risorse proprie;

    –        oltre alle società interessate, anche taluni funzionari della dogana italiana erano stati chiamati a rispondere per l’importo dell’obbligazione doganale e per il rilascio delle autorizzazioni illecite e si era avviato nei loro confronti un procedimento penale per «contrabbando aggravato» e «falso in atto pubblico».

    15      Con nota del 30 settembre 2005, le autorità italiane trasmettevano alla Commissione informazioni supplementari, dalle quali si evinceva che l’ammontare complessivo delle minori entrate comunitarie era pari ad EUR 22 730 818,35 e che, nei mesi di marzo, giugno e luglio 2003, tale importo era stato iscritto nella contabilità B, a norma dell’art. 6, n. 3, lett. b), del regolamento n. 1150/2000.

    16      Dopo uno scambio di corrispondenza fra le autorità italiane e la Commissione, quest’ultima inviava alla Repubblica italiana, il 23 marzo 2007, una lettera di costituzione in mora, invitandola a mettere a sua disposizione, quanto prima, l’importo di EUR 22 730 818,35, corrispondente alle risorse proprie accertate dallo stesso Stato membro, e ad indicare questo importo nell’allegato dell’estratto mensile della contabilità A, prevista dall’art. 6, n. 3, lett. a), del regolamento n. 1150/2000.

    17      Le autorità italiane rispondevano con lettera del 7 maggio 2007, esprimendo il loro disaccordo riguardo alla posizione adottata dalla Commissione. In particolare, esse sostenevano che, nella fattispecie, non si trattava di «errori» o «negligenze» dell’amministrazione, ma di conseguenze dannose causate da altrui atteggiamenti dolosi ed a carattere fraudolento che non potevano essere addossate allo Stato membro.

    18      Il 23 ottobre 2007 la Commissione inviava alla Repubblica italiana un parere motivato, chiedendole di adottare, entro due mesi dal ricevimento dello stesso, le misure necessarie affinché fosse versato alla succitata istituzione l’importo di EUR 22 730 818,35 a titolo di risorse proprie delle Comunità. Il 24 dicembre 2007 le autorità italiane rispondevano a tale parere motivato, ribadendo le proprie obiezioni agli addebiti della Commissione.

    19      In tali circostanze la Commissione ha deciso di proporre il presente ricorso.

    20      Con ordinanza del presidente della Corte 3 dicembre 2008, la Repubblica federale di Germania è stata ammessa ad intervenire a sostegno delle conclusioni della Repubblica italiana.

     Sul ricorso

     Sulla censura relativa alla violazione dell’art. 8 della decisione 2000/597 e degli artt. 2, 6, 10, 11 e 17 del regolamento n. 1150/2000


     Argomenti delle parti

    21      La Commissione prende atto del fatto che le autorità doganali italiane ritengono che tanto il rilascio delle autorizzazioni illegittime quanto il funzionamento dei regimi doganali interessati costituiscano una conseguenza della frode organizzata da funzionari nazionali; essa afferma però che lo Stato italiano non può declinare ogni responsabilità riguardo alle conseguenze di atti amministrativi compiuti in suo nome. Pertanto, senza attendere l’esito della procedura penale né quello della procedura di recupero presso i debitori, lo Stato italiano sarebbe tenuto a farsi carico delle conseguenze finanziarie delle azioni dei propri organi amministrativi. Sarebbe quindi secondario accertare se l’irregolarità fosse imputabile all’amministrazione italiana a seguito di errore o frode commessi da uno dei membri del suo personale, o a seguito della mancanza di sorveglianza adeguata, o ancora a seguito di irregolarità a carattere sistematico.

    22      La Commissione fa valere che, nel contesto del sistema delle risorse proprie comunitarie e alla luce del principio di leale cooperazione, è inammissibile che lo Stato membro sia sollevato dalla responsabilità per l’importo dell’obbligazione doganale derivante direttamente dalle azioni della propria amministrazione. A suo avviso ne consegue che, nel presente caso, la Comunità non può essere gravata da un rischio finanziario collegato alle azioni di recupero a posteriori presso i debitori.

    23      La Repubblica italiana osserva che le circostanze da cui la controversia ha tratto origine sono ricollegabili in maniera indiscutibile ad illeciti penali commessi. Tenuto conto del carattere personale della responsabilità penale, i relativi fatti non potrebbero in alcun modo essere imputati all’amministrazione della quale i funzionari corrotti erano dipendenti.

    24      La Repubblica italiana ricorda che, ai sensi dell’art. 17, n. 2, del regolamento n. 1150/2000, gli Stati membri non sono tenuti a mettere a disposizione della Commissione gli importi la cui riscossione non abbia potuto essere effettuata per ragioni di forza maggiore. Secondo lo Stato membro suddetto, la forza maggiore sussiste quando il soggetto ha fatto quanto normalmente in suo potere e, per cause indipendenti dalla sua volontà, legate a comportamenti dolosi o fraudolenti, non ha potuto impedire l’evento o la condotta antigiuridica. La condotta illecita dei funzionari costituirebbe un quid alieni rispetto a quella dell’amministrazione ed al dovere di vigilanza e controllo cui questa era tenuta. Non si potrebbe dunque addebitare allo Stato italiano una responsabilità oggettiva per il pagamento delle risorse comunitarie, tenuto conto dell’attivazione dei rimedi penalistici e civilistici contro i responsabili dei citati comportamenti e della diligenza mostrata in fase di controllo ed in fase di repressione di tali comportamenti.

    25      La Commissione precisa, nella sua replica, che se la forza maggiore costituisce in effetti un’esimente, ciò è dovuto al fatto che scaturisce da un accadimento esterno all’organismo nel cui ambito si è prodotto il fatto pregiudizievole, di cui tale organismo non può che subire l’effetto perverso. Nel caso di specie, invece, l’azione dolosa dei funzionari si sarebbe verificata all’interno dell’amministrazione stessa, alla quale l’attività di tali agenti viene imputata. Dunque, non di causa di forza maggiore si tratterebbe nella fattispecie, bensì di condotta antigiuridica direttamente ascrivibile alla Repubblica italiana.

    26      Lo Stato membro convenuto ribatte affermando che, nel momento in cui un funzionario pubblico agisce per propri personali ed illeciti interessi, disinteressandosi completamente della funzione istituzionale da lui ricoperta, tale soggetto si pone al di fuori dell’apparato amministrativo cui appartiene. Se così non fosse, ogni e qualunque condotta, anche fraudolenta, di un funzionario nazionale dovrebbe comportare la responsabilità dell’amministrazione, dello Stato membro nel caso di specie, cui organicamente il soggetto agente in abstracto si ricollega.

    27      Nella sua memoria di intervento, la Repubblica federale di Germania sostiene che la Commissione non poteva, allo scadere del termine impartito nel parere motivato, esigere la messa a disposizione delle risorse proprie, poiché a tale data l’inadempimento addebitato alla Repubblica italiana non sussisteva.

    28      La Repubblica federale di Germania fa valere, anzitutto, che le autorità italiane avevano correttamente iscritto le risorse proprie in parola nella contabilità B e non nella contabilità A, dal momento che si trattava di diritti accertati ma non ancora riscossi e che non era stata fornita alcuna garanzia. Dalla giurisprudenza della Corte, peraltro, risulterebbe che non vi era un obbligo di trasferire gli importi accertati dalla contabilità B alla contabilità A.

    29      Lo Stato interveniente ricorda, inoltre, che dal combinato disposto degli artt. 6, n. 3, lett. b), e 10, n. 1, secondo comma, del regolamento n. 1150/2000 come modificato risulta, quale principio, che l’obbligo di messa a disposizione dei diritti riportati nella contabilità B presuppone la previa riscossione dei relativi importi da parte di ciascun Stato membro.

    30      A tale principio potrebbe derogarsi soltanto in via eccezionale, sulla base dell’art. 17, nn. 2‑4, del regolamento n. 1150/2000 come modificato. La Repubblica federale di Germania aggiunge che tali disposizioni del regolamento n. 1150/2000 come modificato fissano i presupposti in presenza dei quali gli Stati membri sono esonerati dal loro obbligo di mettere a disposizione della Comunità le risorse proprie iscritte nella contabilità B, fra i quali rientra quello costituito dalla necessità che gli importi risultino irrecuperabili. Ad avviso del governo tedesco, qualora tale requisito non fosse soddisfatto, ossia se gli importi che le autorità nazionali hanno dichiarato irrecuperabili fossero in realtà recuperabili, sugli Stati membri graverebbe allora eccezionalmente l’obbligo di mettere a disposizione della Commissione le risorse proprie, e ciò ancor prima della loro riscossione.

    31      Orbene, lo Stato interveniente rileva che nel caso di specie le autorità nazionali non hanno dichiarato irrecuperabili gli importi in questione e nemmeno li hanno classificati come importi irrecuperabili. Date tali circostanze, sarebbe stato necessario attendere la scadenza del termine quinquennale di cui all’art. 17, n. 2, terzo comma, del regolamento n. 1150/2000 come modificato, decorrente dall’iscrizione delle risorse nella contabilità B, perché la Commissione potesse esigere dalla Repubblica italiana il versamento delle risorse in parola. Siccome il termine di cui trattasi non sarebbe scaduto prima del luglio 2008, bisognerebbe concluderne che alla scadenza del termine impartito nel parere motivato, ossia alla fine del dicembre 2007, la Repubblica italiana non era inadempiente.

    32      Nelle sue osservazioni in risposta alla memoria di intervento della Repubblica federale di Germania, la Commissione obietta che il combinato disposto degli artt. 40, quarto comma, dello Statuto della Corte di giustizia dell’Unione europea e 93, n. 4, del regolamento di procedura di quest’ultima impedisce alla parte interveniente di sviluppare nella sua memoria di intervento mezzi nuovi o che comunque alterino o deformino il quadro giuridico del litigio quale definito dal ricorso introduttivo. Pertanto, l’argomentazione del governo tedesco relativa al regolamento n. 1150/2000 come modificato dovrebbe essere dichiarata irricevibile, in quanto totalmente estranea al quadro giuridico definito dalle parti nella presente causa, e non pertinente rispetto alle conclusioni formulate dalle autorità italiane.

    33      Ad ogni modo, l’argomentazione suddetta sarebbe destituita di qualsiasi fondamento, considerato che, da un lato, l’intera procedura speciale prevista dall’art. 17, nn. 2‑4, del regolamento n. 1150/2000 come modificato non sarebbe operante e, dall’altro, non troverebbe applicazione il termine quinquennale ivi previsto. Secondo la Commissione, tale procedura può applicarsi soltanto alle risorse che figurano legittimamente nella contabilità B, e che pertanto non possono essere messe a disposizione delle Comunità in quanto non recuperabili. Nella specie, invece, le somme in questione sarebbero state iscritte nella contabilità B a causa di un errore commesso dalle autorità italiane, che avrebbero dovuto iscriverle nella contabilità A al momento dell’importazione – e del conseguente sdoganamento – delle merci oggetto delle autorizzazioni illegalmente emesse dalle autorità stesse.

     Giudizio della Corte

    34      Come risulta dall’art. 8, n. 1, della decisione 2000/597, le risorse proprie dell’Unione contemplate dall’art. 2, n. 1, lett. a) e b), della medesima decisione sono riscosse dagli Stati membri, e questi hanno l’obbligo di metterle a disposizione della Commissione.

    35      A norma dell’art. 17, nn. 1 e 2, del regolamento n. 1150/2000, gli Stati membri sono tenuti a prendere tutte le misure necessarie affinché gli importi corrispondenti ai diritti accertati in conformità dell’art. 2 del medesimo regolamento siano messi a disposizione della Commissione. Gli Stati membri sono dispensati da tale obbligo di messa a disposizione soltanto se la riscossione non abbia potuto essere effettuata per ragioni di forza maggiore, oppure quando risulti definitivamente impossibile procedere alla riscossione per motivi che non possono essere loro imputati (v., in tal senso, sentenza 15 novembre 2005, causa C‑392/02, Commissione/Danimarca, Racc. pag. I‑9811, punto 66).

    36      Nel caso di specie, non sono contestati né l’esistenza di un’obbligazione doganale né l’importo delle risorse proprie, tanto più che quest’ultimo è stato accertato dalle autorità italiane.

    37      La Repubblica italiana sostiene che la mancata riscossione delle risorse proprie è dovuta non ad errori amministrativi imputabili alle autorità nazionali, bensì a comportamenti fraudolenti di funzionari doganali che hanno agito in collusione con i responsabili della società coinvolta. Un simile comportamento non potrebbe non recidere il legame esistente tra l’amministrazione e l’atto pregiudizievole, consentendo in tal modo di riconoscere l’esistenza di una situazione di forza maggiore, ai sensi dell’art. 17, n. 2, del regolamento n. 1150/2000.

    38      Tale argomento non può essere accolto.

    39      Anzitutto, occorre rilevare che la condotta di qualsiasi organo dello Stato è, in linea di principio, imputabile a quest’ultimo. Per organo si intende qualsiasi persona o entità che abbia tale status secondo l’ordinamento interno dello Stato interessato. La circostanza che una persona o entità di questo tipo, legittimata all’esercizio di potestà pubbliche e operante in tale veste, ponga in essere, con il suo comportamento, una violazione di legge, uno sviamento di potere o un’inosservanza di istruzioni dei propri superiori gerarchici non costituisce un elemento idoneo ad infirmare la conclusione suddetta.

    40      Nel caso di specie, dalla relazione di audit interno del 18 febbraio 2003, trasmessa dall’amministrazione italiana delle dogane alla Commissione, risulta che, con decisioni datate rispettivamente 27 febbraio e 7 aprile 1997, le autorità doganali competenti hanno rilasciato alla Fonderie una serie di autorizzazioni illegittime riguardanti la creazione di due magazzini doganali privati di tipo C e la trasformazione dei pani di alluminio che vi si trovavano in rottami di alluminio, ed hanno così collocato i prodotti in questione in un regime di esenzione dai dazi doganali, malgrado che essi fossero normalmente assoggettabili a tali dazi.

    41      Risulta altresì dalla citata relazione che le irregolarità sopra descritte hanno avuto come conseguenza il mancato accertamento dei diritti sulle risorse proprie dell’Unione e la mancata riscossione di tali risorse nel periodo 1997‑2002.

    42      È pacifico che, nel momento in cui le autorizzazioni illegittime sono state rilasciate dai funzionari doganali, costoro si trovavano nell’esercizio delle loro funzioni.

    43      Tali atti, posti in essere da funzionari nell’esercizio delle loro funzioni, debbono dunque considerarsi compiuti nell’ambito stesso dell’amministrazione.

    44      Consegue da tali premesse che la condotta illegittima dell’amministrazione nazionale deve essere imputata alla Repubblica italiana.

    45      Ciò precisato, si pone la questione se lo Stato convenuto sia legittimato ad invocare ragioni di forza maggiore, ai sensi dell’art. 17, n. 2, del regolamento n. 1150/2000, al fine di essere esonerato dall’obbligo di messa a disposizione degli importi corrispondenti ai diritti accertati.

    46      Secondo una costante giurisprudenza, la nozione di «forza maggiore» deve essere intesa nel senso di circostanze estranee e non riferibili al soggetto che l’invoca, anormali e imprevedibili, le cui conseguenze non avrebbero potuto evitarsi nonostante ogni diligenza impiegata (v., in particolare, sentenze 5 febbraio 1987, causa 145/85, Denkavit België, Racc. pag. 565, punto 11, nonché 5 ottobre 2006, causa C‑105/02, Commissione/Germania, Racc. pag. I‑9659, punto 89, e causa C‑377/03, Commissione/Belgio, Racc. pag. I‑9733, punto 95).

    47      Uno degli elementi costitutivi della nozione di forza maggiore è il realizzarsi di un accadimento estraneo e non riferibile al soggetto che intende avvalersene, ossia il sopravvenire di un fatto che si produce al di fuori della sfera di intervento di tale soggetto.

    48      Peraltro, come rilevato dall’avvocato generale al paragrafo 31 delle sue conclusioni, la Repubblica italiana, per cercare di sottrarsi a qualsiasi responsabilità, non può opporre l’esistenza di una forza maggiore fondata sul fatto che non sarebbero stati i controlli ordinari a portare alla scoperta delle irregolarità ma soltanto la denuncia di un’impresa concorrente. Poiché la causa della mancata riscossione dei dazi doganali ricade, nel caso di specie, nella sfera di responsabilità della Repubblica italiana, non assume più alcun rilievo la questione di quali misure concrete avrebbero potuto o no prevenire le condotte di cui qui si discute.

    49      I rilievi svolti ai punti precedenti mostrano che il comportamento tenuto nel caso di specie dai funzionari doganali coinvolti non può essere considerato estraneo e non riferibile all’amministrazione cui essi appartengono. Inoltre, non è stato dimostrato che le conseguenze di tale comportamento, imputabile alla Repubblica italiana, non avrebbero potuto essere evitate malgrado la diligenza di cui tale Stato membro potesse aver dato prova. Pertanto, la Repubblica italiana non può invocare la forza maggiore al fine di essere esonerata dall’obbligo di mettere a disposizione della Commissione le risorse proprie dell’Unione.

    50      Infine, quanto all’obbligo della Repubblica italiana di mettere l’importo corrispondente ai diritti accertati a disposizione della Commissione, occorre ricordare che, secondo una giurisprudenza consolidata, se un errore commesso dalle autorità doganali di uno Stato membro ha come conseguenza la mancata riscossione delle risorse proprie dell’Unione, tale errore non può rimettere in discussione l’obbligo dello Stato membro in questione di versare i diritti accertati e gli interessi di mora (v., in tal senso, sentenze Commissione/Danimarca, cit., punto 63, e 19 marzo 2009, causa C‑275/07, Commissione/Italia, Racc. pag. I‑2005, punto 100).

    51      Stanti tali premesse, lo Stato membro che si astenga dall’accertare il diritto dell’Unione sulle risorse proprie e dal mettere il relativo importo a disposizione della Commissione, senza che ricorra una delle situazioni previste dall’art. 17, n. 2, del regolamento n. 1150/2000, viene meno agli obblighi che gli incombono in forza della normativa dell’Unione e, segnatamente, degli artt. 2 e 8 della decisione 2000/597 (v., in tal senso, sentenza 18 ottobre 2007, causa C‑19/05, Commissione/Danimarca, Racc. pag. I‑8597, punto 32).

    52      Per quanto riguarda, inoltre, l’intervento della Repubblica federale di Germania a sostegno delle conclusioni della Repubblica italiana, occorre rilevare quanto segue.

    53      Ai sensi dell’art. 40, quarto comma, dello Statuto della Corte di giustizia, le conclusioni dell’istanza d’intervento possono avere come oggetto soltanto l’adesione alle conclusioni di una delle parti.

    54      Del pari, l’art. 93, n. 5, del regolamento di procedura della Corte dispone, in particolare, che la memoria d’intervento contiene i motivi e gli argomenti dedotti dall’interveniente.

    55      Pur concludendo, al pari della Repubblica italiana, per il rigetto del ricorso della Commissione, la Repubblica federale di Germania deduce, nella sua memoria d’intervento, un motivo defensionale supplementare rispetto a quelli sui quali lo Stato membro convenuto ha fondato la propria argomentazione. Pertanto, così facendo, la Repubblica federale di Germania non ha violato le sopra menzionate disposizioni dello Statuto e del regolamento di procedura della Corte di giustizia (v., in tal senso, sentenze 23 febbraio 1961, causa 30/59, De Gezamenlijke Steenkolenmijnen in Limburg/Alta Autorità, Racc. pag. 3, e 15 luglio 2004, causa C‑501/00, Spagna/Commissione, Racc. pag. I‑6717, punti 131‑157).

    56      Di conseguenza, la memoria d’intervento della Repubblica federale di Germania deve essere esaminata dalla Corte.

    57      Il motivo dedotto dal citato Stato interveniente, relativo all’inesistenza dell’inadempimento contestato alla Repubblica italiana alla scadenza del termine fissato nel parere motivato, si basa sul presupposto che le modifiche apportate dal regolamento n. 2028/2004 al regolamento n. 1150/2000 e, in particolare, all’art. 17, n. 2, di quest’ultimo siano applicabili alla presente fattispecie.

    58      Infatti, la Repubblica federale di Germania sostiene che, poiché le autorità italiane non avevano dichiarato gli importi in questione irrecuperabili, e neppure li avevano classificati come tali, sarebbe stato necessario che la Commissione attendesse la scadenza del termine quinquennale previsto dall’art. 17, n. 2, del regolamento n. 1150/2000 come modificato, che decorre dall’iscrizione dei diritti accertati nella contabilità B – ossia dai mesi di marzo, giugno e luglio dell’anno 2003 –, prima che essa potesse imporre al governo italiano il pagamento di tali diritti. Secondo lo Stato membro interveniente, poiché tale termine non sarebbe scaduto prima del mese di luglio del 2008, risulterebbe che, alla data di scadenza del termine fissato nel parere motivato, ossia alla fine del dicembre 2007, la Repubblica italiana non era venuta meno agli obblighi ad essa incombenti.

    59      A questo proposito, è importante ricordare che la presente procedura d’infrazione mira a far constatare che la Repubblica italiana è venuta meno agli obblighi ad essa incombenti in forza del diritto dell’Unione, a causa del suo rifiuto di mettere a disposizione della Commissione risorse proprie dell’Unione derivanti da importazioni effettuate negli anni 1997‑2002, e per le quali i relativi diritti accertati sono stati iscritti dallo Stato membro suddetto nella contabilità B nel corso dei mesi di marzo, giugno e luglio del 2003, dovendosi però tener presente che il regolamento n. 2028/2004 è entrato in vigore soltanto il 28 novembre 2004.

    60      Secondo una costante giurisprudenza, le norme procedurali si considerano generalmente applicabili a tutte le controversie pendenti al momento in cui esse entrano in vigore, a differenza delle norme sostanziali che sono abitualmente interpretate come non applicabili a situazioni maturate antecedentemente alla loro entrata in vigore (v., segnatamente, sentenze 12 novembre 1981, cause riunite 212/80‑217/80, Meridionale Industria Salumi e a., Racc. pag. 2735, punto 9, e 1° luglio 2004, cause riunite C‑361/02 e C‑362/02, Tsapalos e Diamantakis, Racc. pag. I‑6405, punto 19).

    61      L’art. 17, n. 2, del regolamento n. 1150/2000 come modificato istituisce una nuova procedura, la quale consente alle autorità amministrative degli Stati membri di dichiarare che taluni importi relativi a diritti accertati sono irrecuperabili, oppure, in alternativa, di ritenere che gli importi di diritti accertati si considerano irrecuperabili al più tardi dopo un periodo di cinque anni a decorrere dalla data del loro accertamento. Tali importi sono definitivamente ritirati dalla contabilità B e, salvo un’eventuale opposizione della Commissione alle ragioni invocate dagli Stati membri fondate sulla forza maggiore o su altre circostanze ad essi non imputabili, gli Stati membri sono dispensati dal mettere tali importi a disposizione della citata istituzione.

    62      Mediante la modifica dell’art. 17, n. 2, del regolamento n. 1150/2000, il legislatore dell’Unione ha inteso creare un nuovo meccanismo procedurale volto a rimediare alle insufficienze del vecchio sistema di doppia contabilità, prevedendo che taluni importi di diritti accertati che non abbiano potuto essere riscossi cessino di figurare nella contabilità B, senza che gli Stati membri siano obbligati a metterli a disposizione della Commissione.

    63      Tale obiettivo risulta, in particolare, dal sesto ‘considerando’ del regolamento n. 2028/2004, ai termini del quale «[i]l sistema di una doppia contabilità, introdotto nel 1989, mirava a stabilire una distinzione tra diritti recuperati e diritti in sospeso. Questo sistema ha risposto soltanto parzialmente ai suoi obiettivi quanto al meccanismo di appuramento della contabilità [B]. I controlli della Corte dei conti europea e della Commissione hanno evidenziato anomalie ricorrenti nella tenuta della contabilità [B], che impediscono a detta contabilità di riflettere la situazione reale in materia di recupero. [Occorre, in particolare,] eliminare dalla contabilità [B] gli importi il cui recupero risulta improbabile al termine di un determinato periodo ed il cui mantenimento falsa il saldo».

    64      Trattandosi di disposizioni di natura procedurale, occorre, in conformità della giurisprudenza ricordata al punto 60 della presente sentenza, dare ad esse applicazione nella presente controversia.

    65      Tuttavia, è importante rilevare anzitutto che la possibilità, per gli Stati membri, di vedersi esonerati dal loro obbligo di mettere a disposizione della Commissione gli importi corrispondenti ai diritti accertati presuppone non soltanto il rispetto delle condizioni enunciate all’art. 17, n. 2, del regolamento n. 1150/2000 come modificato, ma anche che tali diritti siano stati iscritti regolarmente nella contabilità B.

    66      Infatti, l’art. 6, n. 1, del regolamento n. 1150/2000 stabilisce che gli Stati membri devono tenere una contabilità delle risorse proprie presso il Tesoro pubblico o l’organismo da essi designato. Conformemente a quanto prescritto dal n. 3, lett. a) e b), di tale articolo, gli Stati membri sono obbligati a riportare nella contabilità A i diritti accertati a norma dell’art. 2 del medesimo regolamento al più tardi il primo giorno feriale dopo il 19 del secondo mese successivo a quello nel corso del quale ha avuto luogo l’accertamento, salva la facoltà di iscrivere nella contabilità B, entro il medesimo termine, i diritti accertati che non sono «stati ancora riscossi» e per i quali «non è stata fornita alcuna garanzia», nonché i diritti accertati e «coperti da garanzie [che] formano oggetto di contestazione e possono subire variazioni in seguito alle controversie sorte» (v., in tal senso, sentenza Commissione/Germania, cit., punto 74).

    67      Inoltre, ai fini della messa a disposizione delle risorse proprie, l’art. 9, n. 1, del regolamento n. 1150/2000 impone che ciascuno Stato membro accrediti le risorse proprie sul conto aperto a tale scopo a nome della Commissione, nel rispetto delle modalità definite dall’art. 10 del citato regolamento. A norma dell’art. 10, n. 1, del regolamento n. 1150/2000, una volta dedotte le spese di riscossione, l’iscrizione in conto delle risorse proprie ha luogo entro il primo giorno feriale dopo il 19 del secondo mese successivo a quello in cui il diritto è stato accertato in conformità dell’art. 2 del medesimo regolamento, ad eccezione dei diritti riportati nella contabilità B conformemente all’art. 6, n. 3, lett. b), di quest’ultimo, per i quali l’iscrizione in conto deve aver luogo entro il primo giorno feriale dopo il 19 del secondo mese successivo a quello della «riscossione» dei diritti stessi (v., in tal senso, sentenza Commissione/Germania, cit., punto 75).

    68      L’iscrizione delle risorse proprie nella contabilità B corrisponde dunque ad una situazione eccezionale, caratterizzata dal fatto che agli Stati membri viene consentito sia di non mettere tali importi a disposizione della Commissione subito dopo il loro accertamento, perché non ancora riscossi, secondo quanto previsto dall’art. 6, n. 3, lett. b), del regolamento n. 1150/2000, sia di essere esonerati da tale messa a disposizione, nel caso in cui i diritti in questione risultino irrecuperabili per cause di forza maggiore o per altri motivi non imputabili agli Stati stessi, ai sensi dell’art. 17, n. 2, del citato regolamento.

    69      Date tali premesse, per poter beneficiare di una simile situazione eccezionale, è necessario che l’iscrizione dei diritti accertati nella contabilità B sia stata effettuata dagli Stati membri nel rispetto del diritto dell’Unione.

    70      Nel caso di specie, l’omesso accertamento e la mancata riscossione dei diritti sulle risorse proprie dell’Unione derivanti dalle tasse sulle importazioni effettuate dalla Fonderie nel periodo 1997‑2002 trae origine dal comportamento dei funzionari doganali italiani, che – come constatato dalla Corte al punto 44 della presente sentenza – deve essere imputato alla Repubblica italiana.

    71      Se tale comportamento fosse stato conforme agli obblighi imposti, in particolare, dagli artt. 2, nn. 1 e 2, e 6, n. 3, lett. a), del regolamento n. 1150/2000, i diritti sulle risorse proprie in questione sarebbero stati accertati sin dall’effettuazione delle operazioni di importazione e dal conseguente sdoganamento e, per tale motivo, avrebbero dovuto essere iscritti nella contabilità A al più tardi il primo giorno feriale dopo il 19 del secondo mese successivo a quello nel corso del quale aveva avuto luogo il loro accertamento.

    72      Ne consegue che, come rilevato dall’avvocato generale al paragrafo 77 delle sue conclusioni, da un lato, alla Repubblica italiana deve essere attribuita, per il periodo 1997‑2002, una posizione equivalente a quella in cui essa si sarebbe trovata se avesse accertato i diritti e li avesse iscritti nella contabilità A. Dall’altro lato, tale Stato membro non può invocare l’esistenza dei presupposti per un’iscrizione nella contabilità B, dal momento che, avendo omesso di accertare i diritti, è stata essa stessa a determinare il sorgere delle condizioni per l’applicazione dell’art. 6, n. 3, lett. b), del regolamento n. 1150/2000.

    73      Poiché le autorità italiane hanno irregolarmente iscritto i diritti sulle risorse proprie nella contabilità B, lo Stato convenuto non può beneficiare dell’applicazione delle disposizioni dell’art. 17, n. 2, del regolamento n. 1150/2000 come modificato.

    74      Pertanto, il motivo defensionale supplementare avanzato dalla Repubblica federale di Germania deve essere respinto.

     Sulla censura relativa alla violazione dell’art. 10 CE

    75      Per quanto riguarda la violazione dell’art. 10 CE, pure dedotta dalla Commissione, è sufficiente rilevare che non vi è luogo per la constatazione di un inadempimento agli obblighi generali sanciti dalle disposizioni di tale articolo, diverso e ulteriore rispetto al constatato inadempimento degli obblighi più specifici cui era tenuta la Repubblica italiana in forza dell’art. 8 della decisione 2000/597 e degli artt. 2, 6, 10, 11 e 17 del regolamento n. 1150/2000 (v., in tal senso, sentenza 18 ottobre 2007, Commissione/Danimarca, cit., punto 36).

    76      Alla luce di quanto sopra esposto, occorre constatare che, avendo rifiutato di mettere a disposizione della Commissione le risorse proprie corrispondenti all’obbligazione doganale derivante dal rilascio, dal 27 febbraio 1997, da parte della Direzione Compartimentale delle Dogane per le Regioni Puglia e Basilicata, sita a Bari, di autorizzazioni irregolari a creare e gestire a Taranto magazzini doganali di tipo C, seguite da consecutive autorizzazioni alla trasformazione sotto controllo doganale e al perfezionamento attivo, fino alla loro revoca il 4 dicembre 2002, la Repubblica italiana è venuta meno agli obblighi che le incombono in forza dell’art. 8 della decisione 2000/597 e degli artt. 2, 6, 10, 11 e 17 del regolamento n. 1150/2000.

     Sulle spese

    77      A norma dell’art. 69, n. 2, del regolamento di procedura, la parte soccombente è condannata alle spese se ne è stata fatta domanda. Poiché la Commissione ha concluso per la condanna della Repubblica italiana e quest’ultima è rimasta soccombente nei motivi proposti, occorre condannare tale Stato membro alle spese. Ai sensi dell’art. 69, n. 4, del medesimo regolamento, la Repubblica federale di Germania sopporta le proprie spese.

    Per questi motivi, la Corte (Seconda Sezione) dichiara e statuisce:

    1)      Avendo rifiutato di mettere a disposizione della Commissione delle Comunità europee le risorse proprie corrispondenti all’obbligazione doganale derivante dal rilascio, dal 27 febbraio 1997, da parte della Direzione Compartimentale delle Dogane per le Regioni Puglia e Basilicata, sita a Bari, di autorizzazioni irregolari a creare e gestire a Taranto magazzini doganali di tipo C, seguite da consecutive autorizzazioni alla trasformazione sotto controllo doganale e al perfezionamento attivo, fino alla loro revoca il 4 dicembre 2002, la Repubblica italiana è venuta meno agli obblighi che le incombono in forza dell’art. 8 della decisione del Consiglio 29 settembre 2000, 2000/597/CE, Euratom, relativa al sistema delle risorse proprie delle Comunità europee, e degli artt. 2, 6, 10, 11 e 17 del regolamento (CE, Euratom) del Consiglio 22 maggio 2000, n. 1150, recante applicazione della decisione 94/728/CE, Euratom, relativa al sistema delle risorse proprie delle Comunità.

    2)      La Repubblica italiana è condannata alle spese.

    3)      La Repubblica federale di Germania sopporta le proprie spese.

    Firme


    * Lingua processuale: l’italiano.

    Op